#campo nomadi
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iannozzigiuseppe · 6 months ago
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"Notte isterica" di Miran Bax (Morellini Editore). Una storia di violenza e razzismo liberamente ispirata a un fatto di cronaca che ha sconvolto Torino nel 2011
Miran Bax – Notte isterica Una storia di violenza e razzismo liberamente ispirata a un fatto di cronaca che ha sconvolto Torino nel 2011 Collana Riflessi diretta da Sara Rattaro e Mauro Morellini ISBN: 9791255271703 Pagine 160 – Prezzo di copertina: 17 Euro Morellini editore L’isteria è un atto di eccitazione incontrollato e quello che è successo la notte del 10 dicembre 2011 è proprio questo.…
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sardies · 1 year ago
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Ad Alghero nuova vita per la pineta dell’Arenosu
Nel 2020 erano stati rimosse oltre 200 tonnellate di rifiuti. L’area dell’ex campo nomadi sarà adesso bonificata Continue reading Untitled
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anchesetuttinoino · 6 months ago
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https://www.imolaoggi.it/2024/06/01/milano-rerfurtiva-campo-nomadi/?s=09
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autolesionistra · 11 months ago
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Una pagina particolarmente brutta della storia bolognese ripercorsa bene anche dalla quarta puntata di "Uno Bianca reload" di Paolo Soglia.
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tempi-moderni · 1 year ago
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Quando abitavo a Roma, in un quartiere periferico, incontravo spesso una giovane donna ROM che mendicava in strada. Ogni tanto le offrivo la colazione perché non la facevano entrare nei bar. Veniva dalla Romania e in estate viveva in un campo nomadi della Capitale. Il marito girava con un furgone in cerca di ferro ed elettrodomestici abbandonati. Lei setacciava i cassonetti. Diverse volte portava con sé anche sua figlia, una ragazzina di 6 o 7 anni. Indossava sempre la stessa maglietta e gli stessi pantaloncini. Era sporca e scalza.
“Non ti fai male senza scarpe?” Le chiesi un giorno
“Sì. L’asfalto brucia. Ho le vesciche”
Dissi alla madre di prenderle almeno delle ciabatte
“Non le servono. È abituata”
“Non credo proprio. Ha bisogno di una doccia e di vestiti puliti”
“Si sporca perché cerca in cassonetti”
Qualche giorno dopo le vidi impegnate nel loro “lavoro”
La madre rimestava dentro e la piccola cerca nei rifiuti abbandonati fuori spesso calpestando i vetri rotti intorno alle campane per la raccolta differenziata. Ogni tanto si fermava, si toglieva una scheggia da un piede e continuava a frugare. Alla fine della via, la ragazzina aveva i piedi tutti insanguinati e il viso sporco rigato di lacrime.
Una rapida sciacquata alla fontanella e via di nuovo verso il campo.
Perché la mandasse in giro scalza, me lo chiedo ancora. Lei indossava le infradito e di sicuro coi soldi raccolti elemosinando avrebbe potuto comprare un paio di sandali per la figlia. Al limite poteva darle i suoi e rimanere lei a piedi nudi senza far soffrire quella povera bambina.
Ma si sa cosa succede agli angeli di questo mondo.
Angeli solitari e sfruttati che incontrai anni prima.
Pieno luglio su una panchina di una strada trafficata. All’epoca, quello dei lavavetri agli automobilisti era un vero e proprio racket. Al semaforo erano impegnate due ragazzine nomadi sui 13 anni. Alle 15:00 si sfioravano i 40°
Una di loro si avvicina.
“Che fai?”
“Aspetto un amico”
“Mi dai una sigaretta?”
“Ok ma non ti fa bene fumare alla tua età”
Si stringe nelle spalle. Indossa una camicia da ragazzo a maniche lunghe che le arriva appena sotto i fianchi. Niente pantaloncini e niente scarpe. Solo un paio di calzini grigi. La raggiunge anche la sua compagna. Si siedono sul bordo del marciapiedi passandosi la sigaretta. L’altra indossa la maglietta e i pantaloncini di un pigiama che una volta doveva essere stato rosa. Ora è pieno di macchie e bagnato dal sapone che usano per lavare i vetri. La ragazzina è scalza. Sulle unghie dei piedi lerci ha delle tracce di smalto. Un vezzo infantile e delicato.
“Ci dai una moneta?”
Dò un euro a entrambe
“Non avete le scarpe?”
“Sì ma non le mettiamo. Ci danno più soldi”
L’ultima arrivata si spruzza un po’ d’acqua sui piedi prima di riprendere a lavorare sull’asfalto rovente
Probabilmente l’altra ha messo i calzini per proteggersi un minimo dal calore
“Io so’ stanca. Sto qui da mattina”
“Da dove venite?”
“Cinecittà Est”
“Sarà meglio che tornate in autobus”
“Credo che rubiamo. Torniamo a piedi”
“Vi compro delle ciabatte”
“Non fa niente. Le abbiamo ma nostri genitori ci picchiano se non portiamo soldi”
“Vi picchiano?”
“Sì. Guarda”
Mi fa vedere i segni lasciate delle cinture sulle gambe
“Siete grandi per farvi trattare così. Non dovrete vivere in queste condizioni”
Sì stringe di nuovo nelle spalle. Mi rivolge un sorriso disarmante e riprende a lavare i vetri asciugandosi il sudore dalla fronte. Si aggira tra le auto con la coda dei capelli che ondeggia sulla camicia da uomo, le gambe segnate dalle cinturate e i calzini consumati che lasciano scoperti i talloni.
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carmenvicinanza · 2 months ago
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L’arte militante di Carla Accardi
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L’arte è sempre stata il reame dell’uomo. Noi, nello stesso momento in cui entriamo in questo campo così maschile della creatività, abbiamo il bisogno di sfatare tutto il prestigio che lo circonda e che lo ha reso inaccessibile.
Carla Accardi, pioniera dell’arte contemporanea, dal dopoguerra, è riuscita a emergere in un contesto fortemente maschile e per prima ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali.
Figura cardine della cultura visiva contemporanea, è stata la prima donna a dedicarsi all’astrattismo, nel 1947, e prima a dare alla sua arte una connotazione politica.
Lavorando su forme indecifrabili in cui protagonista è stato soprattutto il colore, ha abbattuto i pregiudizi che vedevano le opere delle donne intrise di delicatezza e realismo.
La sua pittura costellata di confronti linguistici e sperimentazione, è riuscita a raggiungere vette altissime.
Si è espressa attraverso il segno, reinventandolo o reinterpretandolo per collaudare nuove convivenze e nuovi rapporti con lo spazio e la superficie.
Ha più volte partecipato alla Biennale di Venezia e nel 1997 è entrata a far parte della Commissione.
Ha esposto in personali e collettive in tutto il pianeta.
Le sue opere hanno fatto parte di importanti rassegne internazionali alla Royal Academy di Londra, al Guggenheim Museum di New York, al MOCA di Los Angeles, al Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Nizza e fanno parte delle collezioni di istituzioni come la Tate di Londra, il MoMa di New York, il Centro Pompidou di Parigi, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Palazzo Reale di Milano e il Museo Civico di Torino, sono per citarne qualcuna.
Nata a Trapani, il 9 ottobre 1924 aveva studiato Belle Arti a Palermo e Firenze prima di stabilirsi a Roma, subito dopo la guerra.
Nel 1947 è stata l’unica donna del gruppo che ha fondato Forma 1 collettivo artistico di ispirazione formalista e marxista e prima a basare la sua ricerca sull’astrazione mirata a un rinnovamento della cultura visiva italiana.
Del 1950 è la sua prima personale alla libreria L’Age d’Or di Roma, in cui sviluppava il suo originale linguaggio incentrato su segni bianchi e neri.
Successivamente, a Milano, tramite la Libreria Salto, ha iniziato a collaborare con il MAC – Movimento Arte Concreta, gruppo artistico di cui ricordiamo Bruno Munari.
Nel 1955 nella sua personale alla Galleria San Marco di Roma ha presentato una ricerca dedicata alla riduzione cromatica e segnica e partecipato alla collettiva Individualità d’oggi invitata dal critico d’arte francese Michel Tapié che ne ha consolidato la fama di prima pittrice astrattista conosciuta e apprezzata a livello internazionale.
Nei primi anni Sessanta è tornata a utilizzare il colore e a metà del decennio ha sperimentato nuovi supporti e pigmenti, utilizzando vernici colorate e fluorescenti applicate su supporti plastici trasparenti arrotolati o assemblati.
Negli ambienti e le tende – Tenda, 1965-66, Ambiente arancio, 1966-68, Triplice tenda, 1969-71 –, ha dialogato con le esperienze più radicali e innovative del design e dell’architettura italiani, costruendo spazi nomadi e anti-istituzionali, delle «stanze tutte per sé» che riecheggiano la necessità di creare uno spazio separato, precondizione alla pratica femminista dell’autocoscienza. Forme ibride in cui si intrecciano pittura, scultura e architettura, presupponendo la partecipazione attiva di chi guarda.
Nel 1969 è stata l’unica donna protagonista di Autoritratto, libro di conversazioni con artisti dell’allora critica d’arte Carla Lonzi, poi diventata la più importante teorica del femminismo della seconda ondata. I suoi interventi nel volume ruotano spesso attorno ai temi dei rapporti uomo-donna, alla condizione femminile e alle diverse forme di oppressione, con un interesse particolare per le lotte per i diritti civili delle persone afro-americane.
Nel 1970, insieme ad altre donne, Accardi e Lonzi, hanno dato vita a Rivolta femminile, uno dei primi gruppi femministi in Italia, fondato sul separatismo e sulla pratica dell’autocoscienza. Le due sono state legate da uno straordinario sodalizio durato circa un decennio che si è spezzato in seguito a una serie di conflitti e incomprensioni che ruotavano attorno alla difficile convivenza dell’arte con il femminismo.
Carla Lonzi non riusciva a pensare la creatività femminile al di fuori del coinvolgimento con l’ordine patriarcale, mentre Carla Accardi rivendicava un’identificazione come artista all’interno di una pratica femminista.
Fuoriuscita dal collettivo, insieme a Suzanne Santoro e Anna Maria Colucci, ha dato vita alla Cooperativa di via del Beato Angelico, una delle più significative esperienze artistiche femministe in Italia.
Nel maggio del 1976, la mostra Origine, rappresenta una sorta di risposta e di elaborazione dei temi discussi all’interno del gruppo. Ruota attorno ai temi della memoria personale e delle geneaologie femminili. Attraverso l’installazione di una tenda trasparente che serve da supporto a una serie di fotografie, ha costruito una narrazione non-lineare delle relazioni femminili all’interno della sua storia familiare. Ha utilizzato tecniche innovative per dialogare coi temi affrontati negli anni Sessanta, quando era alla ricerca di modalità che le consentissero di pensarsi come artista all’interno di un contesto che la escludeva a priori.
Negli anni Ottanta è ritornata all’uso della tela mentre il suo linguaggio si evolveva ulteriormente verso segni e giustapposizioni cromatiche inediti.
Nominata a far parte dell’Accademia di Brera nel 1996, l’anno dopo è diventata consigliera della Commissione per la Biennale di Venezia.
Si è spenta il 23 febbraio 2014, all’età di novanta anni. I suoi funerali si sono svolti nella sala del Carroccio in Campidoglio.
Per commemorare il centenario dalla nascita, da marzo a giugno 2024, il Palazzo delle Esposizioni di Roma le ha dedicato una ampia retrospettiva.
Carla Accardi è stata la prima artista femminista italiana. Il suo lavoro,  stato determinante per la nascita e lo sviluppo di nuovi modi di intendere l’opera d’arte, ha lasciato un segno indelebile.
Ha vissuto la sua militanza artistica in autonomia, approfondendo i temi dell’identità, della differenza e della creatività femminile.
Attraverso la creazione di un nuovo segno, ha inventato un linguaggio indecifrabile, testimonianza diretta della sua alterità nei confronti di un mondo occidentale di appannaggio maschile.
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alephsblog · 2 months ago
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Il rapporto tra Islam e schiavismo è una storia dimenticata, sovrastata dal senso di colpa dell’Occidente. Eppure parliamo di un sistema che parte dal VII sec e arriva ai giorni nostri, la storiografia recente non ha voluto indagare pur avendo una mole impressionante di dati.
Facciamo una brevissima sintesi.
Subito dopo la morte del Profeta Maometto (632 d.C.) l’Impero islamico estende i suoi confini oltre le zone i cui abitanti sono già sottomessi all’Islam – definite “Dar el Islam”, casa dell’Islam – e si spinge sempre più a Ovest per conquistare fedeli, territori e ricchezze. I territori al di fuori del “Dar el Islam”, abitati cioè da infedeli, detti “Dar el Harb” – casa della guerra -, erano, almeno in linea teorica, i soli dai quali i musulmani potessero prelevare i loro schiavi. Così successivamente alla prima invasione araba dell’Africa avvenuta alla fine del VII secolo inizia un percorso di conquista dove l’Islam e l’arabismo prendono il sopravvento su quel territorio che chiamano Ifriqiya – provincia del califfato Omayyade3 – coincidente col Maghreb orientale, per poi estendersi verso la “Bilad es Sudan”, ovvero la “Terra dei Neri”, le zone sub-sahariane.
Seguendo le prescrizioni delle “sure” medinesi4 e l’esperienza delle prime conquiste del Profeta, lo schiavismo è già una pratica ben consolidata nella cultura dei muharibin e yakhruju – letteralmente “combattenti” e “coloro che scendono in campo” per l’Islam -, inaugurata con la strage della tribù giudaica medinese dei Banu Qurayza, del 627 che regala almeno 800 schiavi a Maometto tra donne e bambini, e come tali sono venduti.
Episodio che così ricorda l’islamista prof. Francesco Gabrieli nel suo libro Gli Arabi: “[…] questo inutile bagno di sangue resta come la più perturbante macchia nella carriera religiosa del Profeta.
La “Terra dei Neri” è una fonte di schiavi quasi illimitata: la risorsa e il commercio che frutterà grande potere alle etnie autoctone berbere degli Almoràvidi5 e Almohadi6. Dinastie che succedono a quelle orientali degli Omayyadi e Abassidi7 di Damasco e Bagdad, e che regneranno con forti e energici eserciti, spietati ma capaci generali e governatori che promuovono la vita intellettuale – in Spagna tra l’XI e XIII secolo – partendo dal loro deserto per le conquiste africane e nel Mediterraneo in nome della fede sostituendosi all’arabismo e al califfato d’Oriente.
È sotto uno dei più grandi generali omayyadi, il governatore d’Africa Musa ibn Nusair, che inizia in grande stile lo schiavismo arabo-islamico nel continente africano: gli uomini alla guida del comandante Tariq, uno spietato berbero, nel 710, in pochi mesi, riducono in schiavitù 300.000 berberi infedeli, di cui 30.000 diventeranno schiavi-soldato. Successivamente, durante la campagna “jihadista” – termine che proviene dalla radice araba JHD, che significa “lotta” e che nelle sure coraniche medinesi prende forma come JIHAD “lotta agli infedeli” – che lo vede confrontarsi vittoriosamente con il regno Visigoto (711–715), Musa riesce a riportare in nord-Africa 30.000 vergini gote.
Il mercato di esseri umani, dopo il VII secolo, diviene così fiorente per gli arabi che il commercio si struttura in un sistema: i procacciatori di schiavi sono dei mediatori autorizzati dal governatore su concessione del Califfo.
Gli schiavi vengono catturati direttamente, con incursioni nei villaggi sub-sahariani – sono gruppi berberi organizzati con piccoli eserciti, solitamente formati da tribù nomadi, squadre di “cacciatori di schiavi” di trenta-quaranta persone bene armate “per avere ragione di centinaia di indigeni nudi et ululanti” -, oppure tramite compravendite con i regni locali, come quello dell’Impero del Mali, nei vari mercati locali come quelli della città di Gao (Mali), Agordat (Eritrea) Zeila (Etiopia), Mogadiscio, Cipro, Tripoli, e anche successivamente Marrakech. Ma un altro mercato affermato di schiavi è Zanzibar, di cui si dirà in seguito.
Dal libro Slavery in Africa, Henry Drummond ci racconta un episodio che vede protagonista una di queste “squadre”:
Le genti con le lunghe vesti bianche e con il turbante erano state lì con il loro capo, chiamato Tippu Tib. All’inizio era giunto per commerciare, poi aveva iniziato a rubare e a portare via le donne. Chiunque si opponeva veniva fatto a pezzi o abbattuto con le armi da fuoco, e la maggior parte della popolazione fuggì quindi nella foresta. Gli Arabi rimasero lì in forze fino a che rimase qualche chance di cacciare e catturare i fuggitivi. Tutto ciò che non potevano usare lo distrussero o lo diedero alle fiamme, in breve, il villaggio fu raso al suolo. Poi gli Arabi andarono via. I fuggitivi ritornarono a ciò che rimaneva delle loro case e provarono a ricostruirle e rimettere in sesto le coltivazioni. Dopo tre mesi, le orde di Tippu Tib apparvero di nuovo, e si verificarono le stesse scene.
Sempre Drummond e altri esploratori e militari come R. Burton o anche il più conosciuto Livingstone, testimoniano nei loro scritti che per catturare 50 donne le vittime sacrificate sono tra 1000 e 2000, chi invece scrive di aver contato non meno di 30000 morti per la cattura do 5000 schiavi.
Oltre al “prelievo coattivo” e all’acquisto sui mercati locali, le forniture di schiavi avvengono anche dai regni vassalli conquistati dalle guerre islamiche, spesso costretti a pagare un tributo in risorse umane. Il primo tributo in questa forma è imposto a carico del regno di Nubia (tra l’Egitto e il Sudan) che contribuisce dal 652 d.C. con circa 400 te schiavi l’anno per tutta l’esistenza del regno stesso.
Nella maggior parte dei casi il “prelievo coattivo” si effettua in territorio subsahariano: per gli schiavi inizia la marcia verso i mercati locali o i porti dove vengono trasferiti in Oriente: normalmente non sono meno di 1000 chilometri a piedi, una calvario che dura anche 60 giorni.
A causa della lunghezza del viaggio, delle condizioni atmosferiche terrificanti e della scarsità d’acqua e di cibo, il numero di schiavi morti nel tragitto è enorme. Gli autori Allan G.B. Fisher e Humphrey J. Fisher nel libro Slavery and Muslim Society in Africa e altri studiosi come Paul Lovejoy calcolano che circa il 50% degli schiavi non giungevano nei mercati, mentre altri parlano di una percentuale di decessi intorno all’80%. Una vera e propria carneficina, specie se paragonata al 10% di morti complessivi calcolato per i traffici della tratta atlantica. Un dato, quest’ultimo, molto attendibile, riportato nel 1785 da Thomas Clarkson’s nel libro Slavery and Commerce In the Human Species.
La pratica delle castrazione è poi un’altra delle cause che devono aggiungersi ai numeri dell’olocausto dei neri. Nel mondo islamico c’è sempre stata un’alta richiesta di eunuchi, non solo usati per la gestione degli harem, ma anche per servire i militari di alto rango, formando una vera e propria aristocrazia tra gli schiavi. Così per lucrare un compenso decisamente più alto – si parla di compensi 20-30 volte più alti di un normale schiavo – i mercanti di schiavi fanno eseguire l’asportazione del pene e dello scroto sui bambini di età fra i 7 e i 12 anni, a cui sopravvive solo il 10%.
Inizia quindi a incrociarsi il traffico arabo-islamico con quello della tratta atlantica degli schiavi, una contaminazione che darà un’accelerazione al commercio degli schiavi dei neri d’Africa, aggiungendo altre rotte come quelle con cui dai due porti di Muscat e Sur in Oman, gli schiavi raggiungono i porti di “Kathiawar” nel Sindh (una provincia dell’attuale Pakistan) e della provincia indiana di Bombay (l’attuale Mumbai).
L’Oman costruisce, a partire dal XVI secolo, un impero coloniale con l’intenzione di controllare i ricchi traffici commerciali fra Mar Rosso, Golfo Persico e India.
Il crocevia si realizza nel XVI secolo, quando gli interessi delle potenze coloniali europee si incontrano con quelli degli spietati procacciatori di “Abeed”, gli schiavi di pelle nera, e l’espansionismo ormai conclamato dell’Islam in Occidente.
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m2024a · 4 months ago
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Ana Zahirovic, la borseggiatrice «sempre incinta» è già stata scarcerata: condannata a 30 anni, deve stare con il figlio di 3 mesi È tornata libera la borseggiatrice «sempre incinta». Ana Zahirovic, una donna di 31 anni di origini croate, è stata recentemente rilasciata dai carabinieri di Pomezia, nonostante dovesse scontare una condanna a trent'anni di carcere per 148 reati commessi dal 2004 ad oggi. La sua storia ricorda il film "Ieri, oggi e domani" con Sofia Loren, in cui il personaggio evita l'arresto restando incinta. Anche Zahirovic ha utilizzato questo stratagemma: ha dato alla luce il suo decimo figlio l'11 maggio, ottenendo così il diritto legale di rimanere fuori dal carcere in base al codice penale italiano. Il rilascio Zahirovic, domiciliata nel campo nomadi di Castel Romano, è stata rilasciata e ora è tornata a casa con la sua bambina di tre mesi. Il suo avvocato, Valerio Vitale, ha spiegato a Repubblica che la scarcerazione è dovuta a un bilanciamento tra la necessità di punizione e la tutela della maternità e della vita umana. Da sottolineare che la questione delle detenute madri e dei minori è regolata, tra gli altri, dall'articolo 146 del codice penale sul rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena. L'articolo in questione prevede che l'esecuzione di una pena che non sia pecuniaria debba essere differita per le donne incinte, per le madri che hanno un figlio di età inferiore a un anno e per coloro che sono affetti da Aids conclamata o da un'altra malattia grave. Nel caso di interruzione della gravidanza o che la donna venga dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio, il differimento non opera o viene revocato. Chi è la ladra Ha sempre agito tra il capoluogo lombardo e quello romano. Ana Zahirovic, croata del 1993 fino al 2014 ha compiuto una serie di furti e furti aggravati, con strappo e l'aiuto di complici, che le costano qualche denuncia e alcuni tentativi di reclusione. Tentativi perché, alla fine, come confermano ora i carabinieri che hanno effettuato l'arresto il fatto che la ragazza si scoprisse puntualmente incinta ha ritardato, di anni, la sua permanenza in carcere. Tra il 2015 e il 2023, Ana si è trasferita a Roma. Il suo luogo preferito per compiere furti è, ovviamente, la stazione Termini. Anche nella Capitale Zahirovic si rende responsabile di furti aggravati e, in qualche caso, resistenza a pubblico ufficiale. I carabinieri della compagnia di Pomezia hanno comunque messo fine all'impeto criminoso della nomade.
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lamilanomagazine · 4 months ago
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Roma: la Polizia di Stato e la Polizia Locale Roma Capitale, durante un controllo, sequestrano alcune valigie rubate a Fiumicino e quasi 3 quintali di rame
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Roma: la Polizia di Stato e la Polizia Locale Roma Capitale, durante un controllo, sequestrano alcune valigie rubate a Fiumicino e quasi 3 quintali di rame.  Controlli nel campo nomadi di via dei Candoni da parte della Polizia di Stato e dalla Polizia Locale Roma Capitale: in 2 box "sospetti" sono stati sequestrati 270 kg di rame e 18 valigie. Gli... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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stranotizie · 8 months ago
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La ragazzina è stata portata all'ospedale Bambin Gesù per accertamenti medici Campo nomadi di via di Salone (Fotogramma) Una 14enne ha raccontato di essere stata drogata nel campo nomadi di via di Salone a Roma. A soccorrerla una pattuglia della Polizia Locale di Roma Capitale del VI Gruppo Torri a cui la giovane, originaria della Serbia e in evidente stato confusionale, ha chiesto aiuto. Non presentava segni evidenti di aggressione o percosse ma è stata, comunque, portata al Bambin Gesù, dove al momento si trova per gli accertamenti medici del caso. Gli agenti, allertati i servizi sociali del Municipio e svolto le prime verifiche all'interno del campo per appurare presunti atteggiamenti vessatori nei confronti della minore, stanno svolgendo le ulteriori indagini per ricostruire i fatti. Fonte
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delectablywaywardbeard-blog · 9 months ago
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Colpi di pistola in campo nomadi a Caivano, indagano carabinieri
I carabinieri della sezione radiomobile di Caivano stanno indagando per ricostruire la dinamica e la matrice di quanto avvenuto nel campo nomadi in strada provinciale Cinquevie.     Ignoti hanno esploso diversi colpi d’arma da fuoco contro alcuni moduli abitativi. I militari hanno riscontrato quattro i fori di proiettile rilevati. Non ci sono feriti. Indagini in corso.     Riproduzione riservata…
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earanie · 10 months ago
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cos'è sto accento da campo nomadi. mito
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archivio-disattivato · 11 months ago
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I CAMPI ROM DI PISA E LA NASCITA DELLA “BIGATTIERA”
Dal documento L'esclusione scolastica tra il diritto d'istruzione e il diritto di sicurezza. Il caso dei minori rom del campo "La Bigattiera" di Pisa. (pagine 68-73)
IL CAMPO ROM DELLA “BIGATTIERA”
2.2. UNO SGUARDO D’INSIEME: IL PASSATO E IL PRESENTE DELLA “BIGATTIERA”
2.2.1. I CAMPI ROM DI PISA E LA NASCITA DELLA “BIGATTIERA”
Grazie a una piccola cronistoria effettuata dalla Fondazione Michelucci nel rapporto “Case Casette Baracche e Roulotte”124, è possibile ricostruire la parte “storiografica” della situazione abitativa dei rom a Pisa.
I primi campi sosta a Pisa sorsero a metà degli anni Ottanta. In quel periodo su tutto il territorio comunale, vivevano due tipi di comunità diverse: una sinta e una di rom macedoni, serbi, bosniaci e croati.
La comunità di romanì provenienti dall’Est Europa diede vita al primo insediamento sul territorio di Pisa, più precisamente nella località di “I mortellini”, in via Aurelia. Lo spazio utilizzato per il campo era molto vasto ma mancante di corrente elettrica, acqua e servizi. Nel 1988, grazie alla legge emanata lo stesso anno a tutela delle comunità [romanì], il Comune diede l’avvio al trasporto scolastico per i minori del campo, attraverso una convenzione con la Pubblica Assistenza. I disagi interni alla vita del villaggio però non si estinsero, perché a causa del carattere abusivo del campo, gli abitanti erano sottoposti a continui controlli da parte delle forze dell’ordine. Tutto questo portò pian piano allo spostamento di piccoli gruppi rom, verso case abbandonate su terreni comunali o demaniali in aree più periferiche, per rendersi meno visibili. Nel 1989 furono presentati due progetti per la costruzione di altri due campi sosta, uno a sud di Ospedaletto per i sinti italiani e uno a La Vettola per i nomadi dell’Europa orientale.
Un anno più tardi vennero ordinati degli sgomberi a tutti gli insediamenti rom abusivi presenti nel territorio pisano, con eccezione per quello sito a I Mortellini. Sette mesi dopo la Regione Toscana offre un contributo al comune di Pisa per la costruzione di almeno uno dei campi.
124 Cfr. Fondazione Michelucci, rapporto, Case, casette, baracche e roulotte. Le politiche per l’abitare dei gruppi Rom e Sinti in Toscana oltre i campi nomadi, Toscana, gennaio 2006.
Nel frattempo, i cittadini della zona di La Vettola, cominciarono a protestare contro l’apertura del campo e causando la scelta da parte dell’amministrazione comunale, di spostare la costruzione del villaggio in zona Paduletto e a rinunciare all’istituzione di quello a Ospedaletto.
Tra il settembre e novembre del ’91 il campo sito a I Mortellini fu sgomberato in seguito a dopo diverse segnalazioni effettuate dall’USL, sulla precarietà delle condizioni igieniche presenti nell’area. In compenso viene approvata dalla Giunta Municipale la realizzazione del villaggio rom a Tombolo (zona Pauletto), in una zona non visibile dalla via Aurelia. La costruzione di questo campo però ha sollevato diverse critiche da parte dei cittadini gagè che sfociarono in alcuni atti vandalici (scritte provocatorie e svastiche) nell’area in costruzione.
Dei piccoli insediamenti, sorti dagli sgomberi effettuati durante quel periodo, si formarono in diverse zone sparse nel territorio: sotto un tratto autostradale sopraelevato in località “Biscottino”, alle porte di Stagno, all’estrema periferia di Livorno, in prossimità di raccordi autostradali e in altre aree periferiche e distanti dalla città e i suoi servizi.
Sempre durante l’anno 1991 e nell’anno 1992, la Regione toscana ha stanziato diversi contributi al comune di Pisa per la realizzazione o il completamento dei campi rom, tra cui quelli di sola sosta destinati ai giostrai e quello di Coltano.
Tra l’inizio e la metà degli anni Novanta, il numero dei rom a Pisa subì un forte aumento. Ciò accadde soprattutto a causa dello scoppio della guerra nell’Ex Jugoslavia e delle persecuzioni perpetuate nei confronti dei rom su tutto il territorio Balcanico, che condizionarono l’immigrazione di circa 189 sfollati a Pisa.125
I maggiori Paesi di provenienza erano: Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia. Nel ’94, il dirigente del servizio Anagrafe annunciò di non voler concedere la residenza ai profughi arrivati, in quanto dichiarati tali dalla Questura e non in carico, per legge, al Comune.
Intanto, nell’aprile dell’anno successivo, la Regione Toscana approva la Legge Regionale n. 73, con cui viene proposta l’istituzione di un’accoglienza per i rom, che ipotizza anche vere e proprie soluzioni residenziali, attraverso interventi di recupero abitativo e di ristrutturazione di edifici pubblici e privati.126
125 Il numero dichiarato, è frutto dei censimenti fatti durante quegli anni, ma è incerto in quanto, si sono riscontrate diverse difficoltà nell’effettuare le stime.
Allo stesso tempo, viene ufficialmente aperto l’unico campo autorizzato del periodo, ancora oggi identificato come il “campo di Coltano” e finanziato con i fondi della Legge dell’88, ormai superata.127
La legge in questione raccomandava ai Comuni di realizzare dei campi rom in aree non isolate, e che non fossero situate a diretto contatto con arterie di grande traffico, ma si può osservare come il campo non risponda a questa caratteristica perché si trova presso un crocevia di strade di grande comunicazione, molto lontano dal centro urbano e dai servizi.128
Nel frattempo cominciarono anche le attività di sgomberi di tutti gli altri insediamenti dichiarati abusivi, attuate attraverso l’emissione da parte del Comune, di diverse ordinanze per la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico del territorio.
Negli anni compresi tra il ’95 e il ’98 furono effettuati interventi e controlli in tutti i villaggi o nelle aree in cui venivano segnalati postazioni di camper o roulotte: nel campo abusivo di Tombolo, nell’area ex Genovali (presenza di nomadi non autorizzata), a Ospedaletto (presenza di nomadi in area non autorizzata), in Via Maggiore (insediamento non autorizzato), in Via Emilia (segnalazione roulotte), in Via Meucci (segnalazione roulotte e camper), a La Tabaccaia (segnalazione roulotte), a Paduletto (campo abusivo) e a Pian degli Ontani (campo abusivo).129
Data la situazione molto precaria dei rom e sinti già presenti sul territorio pisano in quel periodo, il Comune ha preso la decisione di procedere anche con la politica del “numero chiuso” con cui si stabilisce un tetto massimo di presenze rom considerate “tollerabili” per il territorio.
Gli sgomberi dei vari campi costrinsero coloro che li subirono a trasferirsi negli altri campi siti nel territorio, andando a causare situazioni di sovraffollamento.
Uno degli sgomberi più incisivi fu stato quello di Pian degli Ontani, i cui abitanti (circa un centinaio) andarono a rifugiarsi da parenti e amici stabilizzatisi nel campo di Coltano. Il degrado del sovraffollamento in questo campo, determinò una successiva presa di decisione da parte del Comune nel 1999, che decise di ordinare lo sgombero anche in questo luogo. Ne seguono manifestazioni e opposizioni da parte dei rom che vi abitano e che, grazie alle loro proteste, riuscirono a far sospendere l’ordinanza.
126 Manca C., Il paese dei campi. La presenza rom a Pisa e il progetto “Città sottili”, tesi di laurea, Facoltà di Scienze per la Pace, Pisa, 2012-2013, p. 57.
127 Ibidem. 128 Ivi, p. 58. 129 Fondazione Michelucci, rapporto, Case, casette, baracche e roulotte. Le politiche per l’abitare dei gruppi Rom e Sinti in Toscana oltre i campi nomadi, Toscana, gennaio 2006, p. 16.
Nell’anno 2000, la Regione Toscana ha approvato la Legge regionale n. 2 “Interventi popoli rom e sinti” che si propone di trovare soluzioni abitative stabili. Gli interventi da attuare per riformare la situazione alloggiativa dei rom sono:
«a) aree attrezzate per la residenza con i requisiti indicati agli artt. 3 e 4; b) interventi di recupero abitativo di edifici pubblici e privati previsti dall'art. 5; c) l'utilizzo degli alloggi sociali come previsti dalla Legge 6 marzo 1998, n. 40 "Disciplina dell'Immigrazione e norme sulla condizione dello straniero";
d) il sostegno per la messa a norma e/o la manutenzione straordinaria di strutture abitative autonomamente reperite o realizzate da rom e sinti;
e) la realizzazione di spazi di servizio ad attività lavorative di carattere artigianale.».130
L’art 3. della legge indica alcune condizioni da attuare sui nuovi sistemi abitativi:
«[…] b) collocazione delle aree attrezzate, preferibilmente su terreni di proprietà comunale o di altri enti pubblici, al fine di contenere i costi e accelerare la realizzazione delle opere;
c) la localizzazione deve garantire l'inserimento in contesti di vita attiva dotati degli elementi essenziali per rendere l'esistenza quotidiana degli abitanti organizzata e interrelata con il tessuto abitativo e sociale circostante, con l'organizzazione dei servizi socio-sanitari di zona e con la rete degli istituti scolastici.
3. Le aree attrezzate per la residenza, in ragione delle famiglie destinatarie, del loro stile di vita, delle risorse disponibili, del contesto urbano, possono essere composte da strutture abitative integrate in uno spazio comune o da attrezzature fisse di servizio a roulotte, case mobili o strutture prefabbricate.
130
6. Le aree attrezzate per la residenza possono essere ricomprese nei piani di zona per l'edilizia economica popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 "Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare". […].».131
Per attuare la normativa, nello stesso anno e con il finanziamento della Regione, il Comune diede l’avvio all’ambizioso progetto di “Città Sottili”. Il progetto prese vita definitivamente nel 2002 ed era destinato ai rom censiti “in quanto presenti” nella Provincia di Pisa. Lo scopo principale del progetto consisteva nel superamento delle precarie condizioni d’abitazione nei campi e la ricerca d’inserimento dei rom in soluzioni abitative alternative. Quattro anni dopo l’avvio del progetto, un dossier di “Africa Insieme” rileva che:
«circa un quinto delle persone censite nei campi nomadi nel 2002 è stata alloggiata in casa: si tratta di un risultato non trascurabile, che ha consentito, per esempio, di smantellare il campo nomadi di Via S. Biagio, di sottrarre alla baraccopoli di Coltano quasi la metà dei suoi abitanti, e di ridurre del 20% le presenze nell’insediamento di Calambrone. Certo, sono passati quattro anni ed era forse lecito aspettarsi qualcosa di più: eppure, chi conosce le enormi difficoltà di accesso al mercato abitativo per i Rom sa che si tratta di risultati non scontati. Oggi, più di 40 famiglie dei campi hanno trovato una casa, pagano un affitto e possono legittimamente sperare di inserirsi nel mercato del lavoro».132
In effetti, il progetto “Città sottili” ha colto nelle sue fasi iniziali, il carattere innovativo della Legge regionale che ha sottolineato alcune caratteristiche importanti che le aree attrezzate devono possedere. Una delle innovazioni più importanti che vennero attuate, fu quella di decidere di porre gli alloggi rom in prossimità dei centri abitati, al fine di rendere l’esistenza quotidiana delle comunità romanì con il tessuto abitativo e sociale circostante, correlata con l’organizzazione dei servizi socio-sanitari di zona e con la rete degli istituti scolastici.
131 Ivi, art. 3. punto 2. 132 Associazione Africa Insieme, Vite di scarto. Marginalità sociale e marginalità abitativa dei migranti a Pisa, Bozza, 4 giugno 2006, p. 25.
Quando il progetto è cominciato, il campo della Bigattiera ancora non esisteva. La sua nascita avvenne nel dicembre del 2004 a causa degli spostamenti delle famiglie sgomberate dagli insediamenti di Calambrone e San Biagio. In tali località abitavano diverse persone che avevano ottenuto la casa dal Comune intorno al 2000. Nelle abitazioni composte da ex colonie italiane, si contavano circa una cinquantina di persone e 15 famiglie. Questa gente è poi stata spostata al campo, dove il numero è progressivamente aumentato133.
La Bigattiera nacque in quel preciso momento, con lo scopo di divenire una semplice area di transizione. La chiusura di “Città Sottili” ha però condizionato la sua principale caratteristica transitoria, rendendola una soluzione definitiva.
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giancarlonicoli · 1 year ago
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6 dic 2023 13:13
NON PROPRIO STINCHI DI SINTI - MA QUALI FURTARELLI E BORSEGGI IN METRO: LE FAMIGLIE ROM SONO IN AFFARI CON LA 'NDRANGHETA - SEMPRE PIU' INCHIESTE GIUDIZIARIE RIVELANO I RAPPORTI DEI GRUPPI NOMADI CON LE COSCHE IN GIRO PER L'ITALIA - IN ALCUNI CASI LAVORANO A STRETTO CONTATTO CON LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, MENTRE IN ALTRI LE FAMIGLIE SI SONO TRASFORMATE IN VERI E PROPRI "CLAN" CHE CONTROLLANO I QUARTIERI TRA NARCOTRAFFICO, ARMI ED ESTORSIONI... -
Estratto dell'articolo di Fabio Amendolara per “la Verità”
Mammasantissima blasonati sembrano aver accettato l’ingresso di famiglie rom nella stanza dei bottoni della ’ndrangheta: dal santuario di Polsi a San Luca, […] passando per il quartiere Archi di Reggio Calabria […] fino alla capitale economica, Milano, dove interi quartieri vengono invasi dalla cocaina che i grossisti fanno sbarcare a Gioia Tauro.
Con le nuove generazioni criminali alle prese con grandi operazioni di riciclaggio e investimenti in bitcoin, gli «zingari», come continuano a chiamarli i boss calabresi, sono riusciti a insinuarsi nel mercato della droga, prendendo in mano molte aree dello spaccio. Ma non solo. A Roma, per esempio, un’inchiesta antimafia ha ricostruito che i boss Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo, ottenuta l’autorizzazione di aprire una propaggine ’ndranghetista nella Capitale, avrebbero usato i rom come teste di legno, facendo intestare loro, secondo l’accusa, nuove licenze per ripulire beni aziendali di imprese ormai compromesse ma anche per «sfuggire a eventuali misure di prevenzione patrimoniali».
E addirittura in terra di Calabria ci sarebbe un’area che gli inquirenti ritengono ormai nelle mani dei gruppi criminali rom: la città di Cosenza e il suo hinterland sarebbe ormai appannaggio della famiglia Abbruzzese, ovvero una costola del clan degli zingari. Come a Catanzaro, dove alcuni quartieri sarebbero nelle mani dei Bevilacqua-Passalacqua, «soggetti stanziali di origine nomade», spiegano gli inquirenti, «organizzati con le medesime modalità delle associazioni ’ndranghetistiche». Una serie di inchieste raccontano l’evoluzione della criminalità rom: Maniscalco, Revenge, Ghibli, Rinascita, Garden e Jhonny. […]
Con il passare del tempo, gli zingari avrebbero «acquisito sempre di più autonomia rispetto alle predette cosche, fino a divenire un gruppo mafioso con un proprio programma criminoso che si inserisce nell’assetto ’ndranghetistico in competizione con le altre associazioni mafiose». […]
Anche le parole di un collaboratore di giustizia hanno riscontrato ciò che i magistrati già sospettavano. I racconti di Vincenzo Cristiano consegnano a chi indaga il peso specifico della comunità criminale rom così come percepito dai boss della ’ndrangheta. Cristiano, parlando con uno degli uomini di peso nell’ambiente rom, si sarebbe sentito dire: «Io ho cinquecento uomini battezzati di ’ndrangheta [...]». Un esercito, praticamente.
Con tutte le carte in regola per occuparsi di stupefacenti, armi ed estorsioni. Ma con una carta in più rispetto al passato: la forza di intimidazione mafiosa. Che in alcuni casi pare già essere stata messa in campo anche nei confronti di chi fa informazione.  È finito nel mirino, per esempio, Klaus Davi, «reo», è spiegato nell’ordinanza di custodia cautelare dell’indagine ribattezzata Sinopolini, «di aver attirato l’attenzione sulla ’ndrangheta a Roma, avendo progettato di voler affiggere alle fermate della metropolitana i nomi dei boss calabresi» del calibro di Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, «mettendo in pericolo la loro copertura».
[…] Qualcuno poi deve aver deciso di alzare il tiro. Anche perché nella documentazione dell’indagine Garden emerge che la Guardia di finanza ritiene che sia stato possibile trovare conferma dei riti di affiliazione proprio grazie agli articoli di Davi.
Cosimo Borghetto, indicato come protagonista di alcune guerre di mafia e punto di riferimento dei gruppi rom, poi, in una intercettazione si lascia scappare a proposito di Davi: «Spero che muoia e gli scoppi la pancia». E Davi a metà ottobre si è trovato nella cassetta della posta una busta con dei proiettili da revolver, ovvero dei calibro 9. Il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri ha aperto un fascicolo. E il questore Bruno Megale ha subito spiegato: «Per quanto riguarda la sicurezza dei giornalisti qui a Reggio Calabria c’è massima attenzione». Anche perché Davi non è l’unico cronista finito nel mirino delle cosche. È il primo, però, forse, ad aver dato fastidio ai gruppi di estrazione rom. […]
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micro961 · 2 years ago
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Matteo Rovatti - “Cado nei tuoi occhi”
Il nuovo singolo “dance” dell'artista emiliano
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“Cado Nei Tuoi Occhi” è il colpo di fulmine di una vita e accade solamente quando incontri l'amore. La necessità di lasciarsi guidare dall'amore per essere guidati ad amare è il cuore del messaggio di questo singolo. Il destino unisce quelle anime che hanno scelto di incontrarsi nuovamente in questa vita terrena.
 "Cado nei tuoi occhi quando tu mi guardi torno a quella notte sai" canta Matteo Rovatti sottolineando quanto sia essenziale farsi trasportare dal cuore per vivere "Intensamente il proprio destino e la propria vita".
 Matteo Rovatti nasce a Sassuolo nel 1972 ed è un autore e compositore italiano. Nel marzo del 2008 pubblica il suo primo album "Vedere" con cinque canzoni inedite. A luglio dello stesso anno partecipa alla tappa di Carpi del concorso "Fammi sentire la voce" organizzato da Radio Bruno e vince il premio magazine. Nell'ottobre del 2009 partecipa al teatro Carani di Sassuolo al concerto di Africa aid "Water for children" organizzato da Africa nel cuore e Croce Rossa Italiana. Nel giugno del 2012 apre il concerto dei Nomadi al campo sportivo di Castelvetro. Nel febbraio del 2015 apre il "XXIII tributo ad Augusto_Nomadincontro" al teatro tenda di Novellara, esperienza che ripete nel 2016 e poi ancora con il “XXVIII raduno nazionale fan Nomadi" a Casalromano. Matteo Rovatti è autore e compositore insieme a Giuseppe Carletti e Massimo Vecchi della canzone "Tutto Vero" pubblicata nel disco di inediti dei Nomadi "Lascia Il Segno" (2015). Nell'ottobre dello stesso anno lancia "Va Di Vivere" pubblicato dai "Nomadi". Nel gennaio del 2016 annuncia il suo nuovo singolo "Lontano" pubblicato sempre dai "Nomadi", seguito da "Questa Vita".
Nel giugno del 2016 apre il "Come potete giudicar tour Nomadi" a Mestrino di Padova. Successivamente partecipa a tre tappe del "Festival Show": Udine, Brescia e Jesolo. Partecipa al concorso "Sulla via (Emilia) per Woodstock" vincendo il premio Carlino d'Oro messo in palio dal "Resto del Carlino" e apre il "XXV raduno nazionale estivo fan Nomadi" in piazza San Bartolomeo a Castagnole delle Lanze.
Nel settembre del 2017 esce il suo nuovo singolo "L'estate Tornerà" che si posiziona al primo posto della classifica indipendenti emergenti. Nel gennaio del 2018 pubblica "Amami Davvero" che raggiunge il primo posto della classifica indipendenti emergenti, posizione ottenuta anche a maggio del 2020 con "Sottosopra". Il suo ultimo singolo "Governo", uscito nel settembre del 2022, si posiziona al decimo posto della classifica indipendenti e al primo posto della classifica indipendenti emergenti entrando per la prima volta in classifica nazionale Earone. Il 2 dicembre del 2022 pubblica "Stelle Cadenti" seguito, il 17 marzo del 2023, da "Facce Di Scorta". Il 5 aprile è il momento di "Cado nei tuoi occhi" il suo primo Ep.
 Etichetta: Indian
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traduttrice-errante · 2 years ago
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🇮🇹 NOMADI DIGITALI Una traduttrice (o un traduttore) può essere nomade digitale?🌏 Dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di traduzione di cui ci si occupa e i clienti con cui si lavora💻 Io ad esempio lavoro come traduttrice di videogiochi e spesso chi lavora nello stesso campo lo fa interamente da remoto... Nel mio caso, il cliente richiede specificatamente di lavorare dall'ufficio, quindi...🤷🏻‍♀️ Ovviamente dipende in primis dalle scelte personali: se sei freelance puoi scegliere i clienti e i tipi di progetti che preferisci!🎮 Tu che tipo di persona sei? Nomade o fissa?☀️ 🇬🇧 DIGITAL NOMAD Can a translator be a digital nomad?🌏 It depends on many things, including the kind of field you work in and the clients you work with💻 I work as a video games translator and often you can work remotely in this job... In my case, the client wants us in the office, so...🤷🏻‍♀️ Obviously it depends definitely on your personal choices: when you're a freelancer you can choose your clients and projects!🎮 What about you? Are you a nomad or you prefer otherwise?☀️ . . . #digitalnomad #nomadedigitale #traduttriceerrante #viaggiarelavorando #workingwhiletraveling #fuerteventura #canarias #translator #traduttori #videogametranslator #workremotely (presso Fuerteventura) https://www.instagram.com/p/Cnj0SW5NupS/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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