#atmosfere glaciali
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pier-carlo-universe · 26 days ago
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Il manoscritto: Il ritorno della detective Hanne Wilhelmsen in un thriller mozzafiato di Anne Holt. Recensione di Alessandria today
Un caso misterioso e inquietante che sfida la mente e il coraggio della detective Hanne Wilhelmsen tra segreti, suspense e colpi di scena
Un caso misterioso e inquietante che sfida la mente e il coraggio della detective Hanne Wilhelmsen tra segreti, suspense e colpi di scena. Il manoscritto di Anne Holt segna il ritorno della celebre detective Hanne Wilhelmsen, in un thriller psicologico che cattura e mantiene il lettore incollato alla pagina fino all’ultima riga. Ambientato in un’atmosfera glaciale e carica di tensione, il…
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tempi-dispari · 1 year ago
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Huronian, Lovecraft nightmares in musica
Rendere omaggio al periodo d’oro del death/black senza essere ripetitivi o banali non era compito facile. Gli Huronian ci sono riusciti. In che modo? Seguendo se stessi e quella che è la loro visione della musica prediletta. Ovvio che l’ambito stilistico è ben definito. Meno ovvio il risultato. Un disco interessante, che cattura fino all’ultima nota. E personalmente non sono un fan del genere. Stimolante anche la scelta del tema che anima i testi. Sono infatti liberamente ispirati a “At the Mountains of Madness” di H.P.Lovecraft.
La stessa copertina dell’EP raffigura i paesaggi in cui è narrata la storia. Questo descrive ancora meglio le atmosfere che si possono respirare tra i solchi. Cupe, pesanti, iperdistorte. Se avete letto il racconto ben potete immaginare i quadri sonori che i nostri hanno potuto costruire. Diversamente dovete immergervi all’interno di oscure grotte glaciali nel ventre delle quali sono addormentate entità sconosciute.
Sconosciute e malvage. Il disco apre con l’intro strumentale the Guild. Un delicato ricamo acustico con sottofondo di tastiere. Perfetto per la fase iniziale del racconto. Torture’s creed parte subito in quarta. Un melting pot del meglio del death. Le influenze sono riconoscibili ma perfettamente amalgamate a creare uno stile proprio dei nostri. Sfuriate intrise di melodia, break in mid tempo, a solo lancinanti, voce strappata. Tutto al posto giusto. La tecnica, il controllo dei mezzi da parte degli strumentisti è innegabile.
Soprattutto è a dei livelli davvero alti. Nessuna sbavatura. Nessun tentennamento. Un pugno in faccia. Poco meno di tre minuti per una corsa a perdifiato. Si prosegue con Over frozen heights Pt1. Si rimane su ritmi serratissimi. Anzi. Se possibile, si velocizza. Non parliamo di crust, ma di un black adrenalinico. Blast bit e mid tempo si alternano a creare atmosfere chiuse, claustrofobiche evidenziate da uno special rallentato all’interno del quale si inserisce il solo. Questo è dosato tra note lunghe e sweep repentini. Si riparte in velocità per accelerare ancora. Non c’è tregua. Si rallenta solo sul finale.
Over frozen heights Pt2 è un brano pesante, pesantissimo. La velocità resta sempre sostenuta ma i passaggi lento veloce si alternano maggiormente. Molto ben proposto il solo centrale. Melodico, circostanziato. La ritmica è inarrestabile. Dopo una nuova strofa subentra il secondo stacco solita. Le due asce si incrociano e si scambiano le parti. La ripartenza è su un mid tempo rotto dalla cassa in 16simi. Le chitarre sono inarrestabili. La ritmica incalza e trascina, come genere impone.
A chiudere il disco ci pensa Blazing bolt of hatred. Una discesa a rotta di collo verso gli inferi. O, più lovecraftianamente parlando, verso la follia. Nessuna tregua. Non c’è aria. Le gambe trasportano verso l’uscita dalla grotta mentre le mente si perde passo dopo passo. Verso i ¾ cambio di ritmo. Si rallenta. Si riprende fiato prima dello scatto finale. Pur se i muscoli fanno male, non ci si può fermare. Gli ‘antichi’ (non i Grandi antichi) sono alle calcagna. Una volta superata la bocca del baratro la sola certezza è di averci lasciato la parte sana dell’intelletto.
Concludendo. Come detto in apertura, quello degli Huronian è un disco che una volta avviato non si può fermare. E per la musica e per il coinvolgimento. Velocità, potenza, padronanza tecnica, consapevolezza del risultato. Sono tutte caratteristiche che si evincono ad ogni solco, ad ogni passaggio. Il lavoro non stanca neppure sulla distanza di ripetuti ascolti, anche consecutivi. Anzi. Ad ogni passaggio il viaggio va sempre più in profondità. Un disco che potrebbe accontentare, da una parte, i nostalgici di certe soluzioni ma che non vogliono sentirle iterate pedissequamente. Dall’altra chi non è avvezzo a certi suoni ma è curioso di sperimentarli. Non è un lavoro per palati delicati.
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danzameccanica · 4 years ago
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L’ennesimo meraviglioso ripescaggio dal black metal passato viene ancora una volta dagli Stati Uniti (vedasi Gardsghastr) per mano del bassista (Nebula Husk) e del batterista (Vermithrax) dei Wayfarer. Quest’ultimo milita anche nei Blood Incantation ma in questa incarnazione dal nome Stormkeep non c’è nulla di death metal né tantomeno di black metal contemporaneo Anzi, la ricostruzione filologica si ferma, oserei dire al massimo al 1999. Questo EP dalla durata di mezz’ora si dipana in quattro lunghe tracce fatte di black metal old-school, di chiara matrice nordica e non solo, infarcito di diverse melodie che creano un tuffo al cuore pazzesco. Le chitarre sono sempre i motori principali di questo capolavoro, taglienti e glaciali che rimandano subito la memoria ai Taake (ma poi anche i Dawn o i Sacramentum), mentre il resto delle atmosfere rispolvera Verwustung e Nachthymen degli Abigor.
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Inoltre la capacità di creare perfetti intro e outro di sintetizzatori in vecchio stile (i più giovani lo chiamerebbero dungeon synth), non fanno che proiettare ulteriormente questa gemma in un passato ormai lontano. È incredibile come alcuni di questi album siano in grado di evocare perfettamente quelle atmosfere, suonare familiari e inediti allo stesso momento. Diverse sono gli inserti con chitarre acustiche e flauti, di chiaro rimando a Dark Medieval Times, ma i ritmi sono velocissimi e serrati, perfino quando le chitarre indugiano sull’essere violente.
Micidiale “Lighting Frost”, dove si vuole chiaramente strizzare l’occhio più volte al riff principale di “Nattestid ser porten vid I”, con tanto di coro in voce pulita; l’intro di “Of Lore” di solo flauto ti immerge totalmente in Bergtatt parte II, dialogando in modo organico sia con gli Ulver che coi Windir… questo sarà anche il momento più heavy per quanto riguarda le chitarre. Eppure, in questo marasma di produzione e di atmosfere old-school, i suoni sono perfetti, nitidi pur nella loro rozzezza e la batteria suona che è un piacere. Il rumore caldo e puntuale di quel rullante, nonché la mostruosa esecuzione, ci mostra un batterista davvero iperbolico pur non arrivando mai all’eccesso di un Hellhammer. Ultima nota di grandissimo merito, la copertina pazzesca e stupenda di Ian Miller, datata 1994 che riprende “Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo” di Albrecht Dürer ma, per tutti gli amanti del black metal le citazioni da fare sono Quintessence degli Abigor e For all Tid dei Dimmu Borgir. Ovviamente non si può non chiudere un disco così perfetto senza citare il Burzum più ambient o, qualcuno direbbe, Mortiis…. Poco importa, l’importante è godere di questo gioiello.
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pleaseanotherbook · 7 years ago
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La corsa delle onde di Maggie Stiefvater
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... perché Sean Kendrick, con quel suo struggimento, è la corsa, anche se non fosse mai esistita nessuna corsa. Un simbolo di quello che significano i cavalli per l'isola, un ponte tra ciò che siamo e ciò che tutti vorremmo da Thisby ma non riusciamo a raggiungere. Quando Sean sta lì fermo sulla riva, il viso rivolto al mare, non sembra più umano di un qualunque capall uisce, e questo mi turba. Mi sento il cuore al tempo stesso pieno e vuoto si ogni inizio e ogni fine.
“La corsa delle onde” è uno straordinario fantasy di Maggie Stiefvater pubblicato in italiano da Rizzoli. Uno standalone che mescola mito e invenzione, paranormale e magia, per una storia che ha dell’incredibile, che affascina e commuove e lascia senza fiato. Saranno le atmosfere isolane da posto irraggiungibile, il vento gelido di novembre, ma ogni pagina lascia il lettore avvinto alla storia e innamorato come non mai.
Succede ogni autunno, sull’isola di Thisby. Dalle gelide acque dell’oceano si spingono a riva i cavalli d’acqua, creature affascinanti e crudeli che gli abitanti catturano per montarli nella Corsa dello Scorpione. Il vincitore guadagnerà fama e denaro, i meno fortunati incontreranno la morte. Ma qualcosa cambia quando alla gara si iscrive Kate Connolly, capelli rossi e tempra di ferro. Kate è determinata a correre con la sua cavalla Dove, sfidando usanze secolari che vogliono solo concorrenti maschi e nessun cavallo ordinario. Certo, non ha molte possibilità contro Sean Kendrick, diciannove anni, il favorito, esperto domatore di cavalli. Nessuno dei due è preparato a ciò che sta per succedere, perché quest’anno la Corsa dello Scorpione non sarà solo questione di gloria e denaro, ma di amore e destino.
Era da un sacco che non leggevo un fantasy, anche perché ultimamente il mio bisogno di narrativa si è fatto sentire prepotentemente, soprattutto in previsione di un mondo che sta andando allo sbaraglio. Ma alla storia della Stiefvater non ho saputo resistere, un po’ per tutti i commenti positivi che ho letto in giro, soprattutto quelli di persone che stimo e che hanno gusti simili ai mie, un po’ perché le premesse mi intrigavano particolarmente. Ho scoperto infatti che i cavalli, questi quadrupedi dalle dimensioni esagerate e dalla potenza inaudita esercitano un fascino enorme su di me. E poi ammetto che la magia di una regione lontana, quasi irraggiungibile, sedimentata in riti antichissimi e in tradizioni ripetute e mai cambiate è un tripudio di forza e spettacolo da cui è difficile resistere. La Stiefvater infatti è incredibilmente brava nel creare una storia potente e allo stesso fragile che invoca il potere del mare e quello della magia che si consuma tra sacrifici di sangue e gloriose corse. È la competizione al centro della scena, quella che nasce tra gli abitanti di Thisby completamente presi dal fragore della corsa, dalla spietatezza dei cavalli, dalla incapacità di ragionare lucidamente quando si è presi dalla frensia della vittoria. La corsa, che catalizza la vita cittadina per un paio di mesi, è il punto focale di una vicenda che fagocita tutto, anche gli spettatori inconsapevoli. Ed è questo che affascina il lettore, l’incendio che scoppia ogni volta che si osserva lo svolgersi inesorabile della vita quotidiana. E da un lato c’è Kate Connolly una ragazza diciassettenne che ha tutto da perdere e crede che la corsa sia la soluzione per risolvere tutti i suoi problemi. È una ragazza intelligente e forte, che non si lascia intimorire da niente, neanche dal suo stesso terrore. Intraprendente e coraggiosa, si lascia trasportare dal tentativo disperato di salvare la sua famiglia. Perché a volte non conta neanche la cosa giusta, ma quello che crediamo sia più giusto fare. Kate è spaventata e inquieta e vuole solo il meglio per la sua famiglia ed è per questo che tenta il tutto per tutto, anche se per farlo mette a repentaglio la sua stessa vita. Quello che colpisce di più è la sua sfida al sessismo imperante che caratterizza gli isolani, la convinzione che una ragazza non possa partecipare alla corsa perché ovviamente è una cosa prettamente maschile, sia mai che una donna si permetta di sfidare le tradizioni. Eppure Kate lo fa, con una certa dose di coraggio e paura. Ma nella lotta non è sola, perché a farle da contraltare c’è Sean Kendrick un ragazzo pieno di risorse, incredibilmente bravo nel suo ruolo di addestratore di cavalli, bravura che si è conquistato sul campo, con la sua voglia di liberare Corr il suo cavallo prediletto, che di fatto gli appartiene, nonostante tutto. I sacrifici di Sean sono irripetibili, soprattutto quando si deve far carico del lavoro degli altri, di mille incombenze, e ingoiare il boccone amaro di non essere mai il primo, il migliore, il più rispettato. Il sacrificio è sempre ben sottolineato, soprattutto nella libertà di gare informali, nella sensazione del vento tra i capelli, ma è quello che fa la differenza, il bisogno fortissimo di realizzare i propri obiettivi.
A far da sfondo alla vicenda c’è l’isola di Thisby che catalizza in modo perfetto l’attenzione del lettore. Ogni aspetto dell’isola è curatissimo, le descrizioni vivide che lasciano intuire le atmosfere fredde e glaciali dell’aria novembrina, con il freddo che penetra le ossa, il vento, la pioggia, l’aria salmastra, i pregiudizi da paesino di provincia.
 Il particolare da non dimenticare? Delle bacche di agrifoglio...
 Un libro che racconta una leggenda dalle forti sfumature fantasy, con un ritmo serrante, dei personaggi interessanti e il senso di libertà che deriva solo da una corsa mortale e pericolosa. La Stiefvater è incredibilmente evocativa, anche quando descrive le onde che si frangono sugli scogli e lascia il lettore completamente stregato.
Buona lettura guys!
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il-cappuccino-ilblog · 6 years ago
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Opinioni tipicamente inglesi
Del 17 novembre 2018
di Lorenzo Firmani
Questa settimana mi hanno chiesto un commento politico, io ora come nel mio cappuccino non mi va e ne ho tanto meno voglia di scrivere e commentare cose sulla politica soprattutto quella del nostro paese.
Il cappuccino è un qualcosa che si prende al bar per fare colazione ma a differenza del caffè che è intenso e breve lui è leggero nella sua schiuma di latte e con un fondo di caffè.
Perché vi ho spiegato questa cosa? Per farvi capire il mio stile in questi commenti che faccio ogni tanto, una scrittura leggera a tratti anche divertente ma con un piccolo fondo di verità.
Di persone che commentano la nostra politica ne abbiamo a bizzeffe tra un po’ in televisione si parlerà solo di politica e di Barbara D’urso comunque visto che me l’hanno richiesto ho voluto scegliere un qualcosa che mi lega personalmente.
Voi magari non lo sapete ma nella mia vita precedente io ero inglese!
Anche per me è stata una scoperta scioccante però effettivamente ci sono moltissime cose che mi accomunano ad un tipico inglese medio tipo:
- La tossicodipendenza per il The (accompagnato rigorosamente con il latte se è classico)
- Il mio corpo riesce a sopportare temperature fredde e glaciali tipo ieri ho postato anche una fotina su Instagram con le ciabatte estive tipo a Novembre (purtroppo questa foto l’ho dovuta cancellare perché poi sai sembra strano che in un paese caldo pieno di freddolosi te posti questa foto)
- L’amore per le ragazze rosse dalla carnagione chiara (poi se sono ricce ancora meglio!)
- Amo Harry Potter e mi piace molto la Premier (ma il calcio in generale)
- Preferisco più la birra al vino e Whiskey in generale
- Adoro l’Estate (come tutti gli italiani) sento un legame particolare con l’inverno e la pioggia e le atmosfere nuvolose e cupe.
- Adoro gli Oasis e sono cresciuto ascoltando God Save the Queen dei Sex Pistols (che ho anche come suoneria)
Ora io potrei continuare all’infinito ad elencarvi altre cose ma da inglese mancato mi sento il dovere civico e morale di parlare un po’ di ciò che sta succedendo nella mia patria mancate.
In questa settimana ho incominciato a leggere un po’di più i giornali e mi ha colpito subito l’articolo sulla Brexit.
Ora io non mi informo più come una volta quindi forse mi sono perso un po’ di puntante precedenti ero rimasto al punto in cui Il Regno Unito con pronta fermezza ha deciso di intraprendere con decisione questa strada di uscire dall’Unione Europea (che mi sembra di capire che ha un significato più simbolico che di significato vero e proprio).
A comandare questa odissea verso l’uscita ci affidiamo alla Theresa May, una Margaret Thatcher dei nostri tempi con meno polso di ferro e determinazione ma più diplomatica e aperta al dialogo (almeno questa è stata la mia prima impressione vista da lontano).
Bè effettivamente noi siamo stati abituati bene con la Margaret(ma anche con le varie successioni delle regine, basta pensare a Elisabetta I, per chi ha visto i Tudors sa di cosa parlo!) al potere e forse inizialmente pensavamo che con Theresa May si ripetesse la stessa cosa e invece proprio in questi giorni leggo sul mio amato Corriere della Sera che nelle trattative per l’uscita in praticamente tutte le richieste che ero state fatte dal Regno Unito sono state bocciate e saranno applicate quelle date dall’Unione.
Diciamo che è un usciamo ma molto tra virgolette, sorseggiando il mio the (rigorosamente Twinings) forse pensavamo di fare la voce grossa e potente e poter uscire magari non con tutte le nostre condizioni ma almeno ad alcune arrivarci.
Leggendo le richieste fatte dal Regno Unito sono però un po’ facili da contestare ad esempio il fatto che per l’uscita voleva pagare un 10 milioni (della serie stringiamoci la mano e amici come prima) mentre UE gli ha chiesto circa 40 milioni.
Un’altra questione che ho letto è stata quella dell’Irlanda sui confini che insieme ad altre erano un po’ facili da contestare.
Prendiamo proprio questo punto sui confini dell’Irlanda, ora Il Regno Unito con l’Irlanda storicamente non ha un bellissimo rapporto, ci sono voluti moltissimi morti, tanta violenza e tanto sangue per portare un equilibrio pacifico e sano.
E’ una delle richieste che ha voluto fare era quello di comprendere l’Irlanda del Nord al Regno Unito e quindi creare un confine pericoloso con l’Irlanda che potrebbe portare a nuovi scontri.
Ragà gli irlandesi non scherzano affatto e tanto meno noi inglesi ci piace a fare risse e a picchiare, fortunatamente io sono molto più pacifico dei miei compaesani e professo l’uso della “non violenza” abbracciamoci tutti, facciamo l’amore e vediamoci insieme il Manchester United con una pinta di Guinness e una di India Pale Ale(IPA) cioè ragà non ci vuole molto ad essere amici.
Infatti l’Unione che professa la mia stessa linea della non violenza gli ha semplicemente detto “no,non se po’ fa!�� e siccome noi inglesi voglia uscire acconsentiamo un po’ a tutta la linea che ci viene richiesta dall’altra parte.
Vedendo tutto ciò noi inglesi siamo molto arrabbiati per come si sono svolte le trattative (come era ovvio che succedesse!) volevamo nel caso un’uscita un po’ più da gentiluomini e invece qua sembra una cosa un po’ più diversa.
Nel Palazzo di Westminster La May riesce ad approvare questi punti che sono stati concordati attraverso i negoziatori ma le critiche piovono e tra cui si aggiunge quella dei Conservatori che gli chiedono di andarsene vedendo tutto ciò la nostra eroina cerca di resistere e rafforzare la sua posizione nominando un due nuovi ministri tra cui casualmente uno è il ministro della Brexit perché il precedente(il dimissionario Dominic Raab) è già fuggito dalla porta d’uscita.
Ora l’impressione mia di tutta questa questione è che il problema iniziale della Brexit è causato dal disagio profondo dell’inglese medio che quotidianamente si vede camminando per le strade di Regents Street o di Oxford Street si senta stanco e stufo di incontrare più persone straniere che inglesi che lavorano, vivono e si stabilizzano nella nostra terra. Da questo disagio nasce l’orgoglio inglese di far valere e rispettare tutta la propria potenza economica e non solo e proporre all’Europa un uscita con dei punti un po’ troppo… (e non aggiungo altro!).
“E’ vero siamo un paese aperto e multietnico ma siamo talmente aperti che la razza inglese purosangue va ormai all’estinzione.”
pensiero tipico del vecchio medio inglese purosangue
Io sinceramente non sono d’accordo con la Brexit e non sono d’accordo con il pensiero tipico inglese, siamo nel 2018 e non possiamo più pensare in un mondo basato sulle radici solo di chi è nato in quel terreno.
Sicuramente l’appartenenza è una cosa importante però chiunque può mettere e deve avere diritto a seminare nel terreno dove sono anche io.
Il concetto e il significato di nazionalità deve essere rivisto in un modo nuovo e più aperto perché siamo entrati in un epoca dover si cerca di creare un vero e proprio concetto di comunità e dovremo iniziare ad ampliare il nostro pensiero dalle vecchie barriere.
L’etnia, la razza non deve essere un problema così come far venire altre persone di altre nazioni nel nostro paese inglese.
Noi inglesi possiamo pure uscire e chiudere le frontiere creando un’isola felice per noi,
Possiamo sicuramente farlo perché abbiamo le possibilità per stare da soli ma non penso che sia la soluzione migliore un po’ per tutti.
Nè per noi
Né per l’Europa
Né tanto meno come immagine sul mondo.
Dopo aver letto questo cappuccino avrete sicuramente capito perché io non scriverò mai più politica, forse in un futuro cambierò idea, forse in un domani sarò un rinnovato giornalista inviato agli esteri ma oggi è così.
#inglese #brexit #may #Europa
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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L'enigma siberiano di Martin Cruz Smith: Mistero e Pericolo nelle Ghiacciate Terre della Siberia. Recensione di Alessandria today
Un viaggio intenso e pericoloso tra politica, dissidenza e amore nell'ultima indagine di Arkady Renko
Un viaggio intenso e pericoloso tra politica, dissidenza e amore nell’ultima indagine di Arkady Renko Recensione “L’enigma siberiano” di Martin Cruz Smith è un thriller poliziesco che porta il lettore nelle desolate e gelide lande della Siberia. Protagonista è l’iconico Arkady Renko, investigatore di Mosca, che si ritrova ad affrontare un viaggio pericoloso e personale alla ricerca della…
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