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La sorella scomparsa: un thriller psicologico che svela i segreti di una famiglia devastata. Recensione di Alessandria today
Fino a dove sei disposto ad arrivare pur di sfuggire al passato?
Fino a dove sei disposto ad arrivare pur di sfuggire al passato? Un romanzo di suspense, misteri e verità sepolte Kendra Elliot inaugura la serie “Columbia River” con “La sorella scomparsa”, un thriller psicologico che cattura l’attenzione fin dalle prime pagine. Un passato oscuro, una tragedia famigliare e un mistero che affonda le radici in un paese pieno di segreti si intrecciano in un…
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Solo un cane
Lo scorso inverno ho deciso di prendere un cane.
Sono andato al canile comunale, che a Milano sta in via Corelli.
Per arrivarci bisogna passare davanti al centro di detenzione dei migranti, che è lì accanto.
Banale quanto inevitabile notare che persone e cani sono tenuti in cattività così simili e vicine. Peraltro, entrambi privi di alcuna colpa.
Amen.
Al canile di Milano sono molto seri, non è che vai lì e prendi il cane. Devi compilare moduli, sottoporti a interviste, indagini psicologiche, diverse visite perché possano decidere qual è il cane che va bene per te, o meglio il contrario.
Dopo la terza visita mi hanno fatto scegliere tra due. Ho scelto il più anziano, per solidarietà anagrafica.
Poi ho dovuto, giustamente, fare altre sei o sette visite per familiarizzare con lui, il cane dico.
Ogni volta passavo davanti al carcere per migranti. Ma questo si è già detto.
Ogni volta poi passavo tra le gabbie dei cani, a cui lì non manca nulla di concreto ma stanno tutto il giorno in gabbia da soli.
Il problema è la solitudine, mi spiegavano i ragazzi del canile. I cani, come gli esseri umani, hanno l'affettività alla base della loro piramide dei bisogni, al pari di cibo e acqua. Ma al canile, con più di 200 cani da curare, su quella cosa possono farci poco.
Dopo un po' di settimane mi hanno dato il cane, finalmente. La solitudine per lui era finita.
Ho chiesto, uscendo, se potevo avere informazioni sulla sua vita precedente, sui sette anni che gli avevano imbiancato il muso da bastardo. Mi hanno detto solo che stava al canile da qualche mese, che il proprietario precedente era morto, ma niente di più perché c'è la privacy.
Il cane e io, dopo, abbiamo fatto il nostro normale percorso di amicizia - e chi ha avuto un cane ne conosce l'assoluta bellezza. Ma io non ero ancora formalmente il suo padrone, c'è un periodo di solo affido, per essere sicuri che l'adozione funzioni.
Ha funzionato, quindi un po' di tempo fa mi è arrivata la carta del passaggio di proprietà. E c'era su scritto il nome del padrone precedente. Fine della privacy. Qui, chiamiamolo T.
Vado al pc e lo googlo, per innata curiosità.
Trovo solo due cose.
Una è la sua pagina Facebook abbandonata. Ma non abbandonata perché era morto, proprio abbandonata da sempre. L'aveva aperta nel 2017, zero "amici" e non ci aveva postato neanche una parola. Solo tre foto: del cane, il mio cane, quando era giovane e il muso era ancora tutto nero. Una era in montagna, il cane pareva contento.
Mi ha fatto piacere.
L'altra cosa che ho trovato su di lui, googlando, era una pagina recente della Gazzetta Ufficiale in cui si affidava a un tal avvocato la ricerca di suoi familiari, per "eredità giacente".
C'era anche la data di nascita di T., sulla Gazzetta Ufficiale, e la residenza a Milano (che buffo, stava vicino alla radio dove lavoro adesso) e il codice fiscale. Scopro così che siamo quasi coetanei, anzi lo eravamo.
Faccio il giornalista, per eccesso di curiosità.
E così telefono all'avvocato che deve gestire "l'eredità giacente". È gentile, mi spiega che lui non conosceva il defunto e che dalle indagini per trovare eredi non sta cavando un ragno dal buco: non risultava aver alcun parente, il vecchio padrone del mio cane. Né aveva fatto testamento.
Un giorno, uscendo dalla radio, per via della consueta curiosità decido di passare dalla casa dove abitava il mio cane.
Mi presento alla portinaia.
Gentilissima - e commossa quando le dico che il cane ora sta con me e sta bene.
T., mi dice, viveva per lui, anche perché non aveva nessuno.
Non lavorava: viveva o sopravviveva grazie all'eredità dei genitori, ma faceva esistenza modesta.
Non aveva amici, nessuno, dice la portinaia.
Usciva tutti i giorni a pascolare il cane, e basta.
È morto in casa, da solo, l'estate scorsa.
Cioè, non era proprio da solo: c'era anche il mio cane.
Dopo un po' di giorni che non lo vedeva uscire col cane, la portinaia è salita a bussare.
Ha risposto solo il cane, con un disperato guaito.
Lei allora ha chiamato la polizia.
Hanno sfondato la porta. T. era disteso accanto al letto con una confezione di medicine in mano.
Il cane tremava come una foglia, mi ha detto. Lei gli ha dato da bere e da mangiare, lui ha solo bevuto.
Poi lo hanno portato al canile.
Fine.
Già.
Il problema è la solitudine. La questione dell'affettività, che è alla base della piramide dei bisogni.
(Alessandro Gilioli)
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Van Gogh e la creazione malinconica
Nel corso dei decenni sono state numerose le indagini psicologiche che sono state fatte per cercare di comprendere meglio la personalità complessa di Vicent Van Gogh. Fra le più interessanti e meno scontate a mio avviso vale la pena annoverare quella di Massimo Recalcati che ha pubblicato nel libro “Melanconia e creazione in Vicent Van Gogh”. Melanconia e creazione in Vicent Van Gogh Un nome…
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Sinner positivo al doping, le colpe dello staff: spariti l'uomo dei muscoli e il fisioterapistaPositivo e subito prosciolto (salvo ricorsi) Da qualche settimana, il box di Jannik Sinner era un po’ più vuoto. Anche a Cincinnati, dove il numero 1 del mondo ha vinto il suo quinto titolo del 2024, c’erano oltre all’amico-manager Alex Vittur soltanto Simone Vagnozzi e Darren Cahill, i due allenatori di Jannik: quelli che gli danno consigli tecnici o, nel caso di Cahill durante l’estenuante maratona contro Zverev, gli dicono di «giocare con il cuore». Mancava la parte fisica: sia il preparatore atletico Umberto Ferrara che il fisioterapista Giacomo Naldi. Ce li ricordiamo tutti abbracciati a Melbourne, come fossero un’unica entità, dopo il trionfo di Jannik all’Australian Open: ingranaggi di una macchina perfetta. Vagnozzi e Cahill, Ferrara e Naldi, rispettivamente «l’uomo dei muscoli» e il ragazzo bolognese che per seguire Sinner aveva lasciato il suo lavoro alla Virtus Bologna per iniziare a girare il mondo con Jannik, con poche eccezioni: una di queste era stato il torneo di Wimbledon del 2023, per il suo matrimonio già fissato da tempo. Uno ha tirato l’altro, nel team di Sinner: dopo la separazione da Riccardo Piatti, Jannik si era affidato ad altri specialisti prima di scegliere Ferrara, bolognese, laureato in chimica e tecnologie farmaceutiche, di Sinner ha curato anche l’alimentazione e, quando fu il momento di cercare un centro specialistico per curare un infortunio alla caviglia destra rimediato a Sofia contro Rune, Ferrara consigliò proprio Naldi. Nel file da 33 pagine con il procedimento dell’Itia, Naldi viene nominato 78 volte, Ferrara «solo» 51: sono attori protagonisti, molto più di Sinner, in questa vicenda, fatta di enorme leggerezza visto che si ha a che fare con un atleta professionista ma anche di ricostruzioni dettagliate che, per quanto in una minima parte discordanti, hanno consentito a Jannik di uscirne senza conseguenze dal punto di vista sanzionatorio. Di conseguenze psicologiche, invece, Sinner ne deve aver avute parecchie, riavvolgendo il nastro. Perché dalle uniche parole di ieri del numero 1 del mondo («Ora posso buttarmi alle spalle un periodo davvero molto difficile e profondamente triste») emerge un quadro inimmaginabile se si torna indietro anche solo di qualche ora: a quando, cioè, Jannik ha superato in due set Frances Tiafoe nella finale di Cincinnati. Doveva essere la giornata della celebrazione, per una prima posizione in classifica ancor più consolidata in vista dello US Open al via lunedì: è diventata quella degli interrogativi. Al ritorno in campo riuscirà davvero Sinner a mettersi alle spalle questo periodo? E tutte le reazioni dei colleghi che si stanno moltiplicando con il passare delle ore incideranno? Se sì, quanto? Di sicuro Sinner, che il 4 aprile ha ricevuto la notifica della prima sospensione provvisoria (poi revocata) e il 17 dello stesso mese quella della seconda (revocata anche questa), con la consapevolezza delle indagini in corso ha vinto a Cincinnati dopo aver fatto lo stesso anche a giugno ad Halle, ma ha nell’ordine: accusato problemi all’anca che lo hanno fatto ritirare da Madrid e poi saltare Roma, avuto un malessere nei quarti di finale a Wimbledon contro Medvedev e infine una tonsillite che lo ha costretto al forfait all’Olimpiade, debilitandolo anche nei primi due tornei nordamericani. Clinicamente non c’è collegamento ma la testa, anche quella che lo ha trascinato al trionfo in Ohio, comanda sempre.
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Tivoli: violenze fisiche e psicologiche verso la compagna incinta. 25enne con divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico
Tivoli: violenze fisiche e psicologiche verso la compagna incinta. 25enne con divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico. Si comunica, nel rispetto dei diritti degli indagati (da ritenersi presunti innocenti in considerazione dell'attuale fase del procedimento - indagini preliminari - fino ad un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile) ed al fine di garantire il diritto di cronaca costituzionalmente garantito, che gli agenti del Commissariato di Tivoli hanno... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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John Wayne Gacy (Chicago, 17 marzo 1942 – Crest Hill, 10 maggio 1994) è stato un serial killer statunitense.
Soprannominato il "Killer Clown", ha rapito, torturato, sodomizzato e ucciso 33 vittime, tutte adolescenti e di sesso maschile, 29 delle quali seppellite sotto la sua abitazione o ammassate in cantina (una nelle fondamenta del barbecue in giardino), dal 1972 fino alla sua cattura avvenuta nel 1978, in seguito alle indagini sulla scomparsa di Robert Piest, la sua ultima vittima.
Il nome con cui è diventato noto deriva dal fatto di aver intrattenuto i bambini durante alcune feste con costume e trucco da clown facendosi chiamare Pogo il Clown. Pochi sospettavano che fosse segretamente bisessuale, perché era sposato; inoltre era un tipo socievole e pareva quindi insospettabile agli occhi dei concittadini. Alla conclusione del processo venne condannato a morte e giustiziato, dopo 14 anni di detenzione nel "braccio della morte", tramite iniezione letale nel 1994.[1]
Le perizie psichiatriche effettuate su di lui dimostrarono (come per molti serial killer "organizzati") una notevole intelligenza;[2] all'esame dei periti risultarono vari disturbi della personalità (disturbo istrionico di personalità, disturbo narcisistico, disturbo antisociale) correlati con il sadismo. Alla sua morte lasciò un discreto numero di disegni raffiguranti pagliacci ora parte di collezioni private. La vicenda e gli omicidi di Gacy contribuirono ad alimentare la paura del "pagliaccio malefico" nell'immaginario popolare. Dalla sua storia è stato tratto il film biografico Gacy, prodotto nel 2003.
John Wayne Gacy nacque a Chicago martedì 17 marzo 1942, secondogenito dei tre figli di John Stanley Gacy (1900-1969) e Marion Elaine Robinson (1908-1989).[3][4][5] La sua vita fu sconvolta da traumatici e significativi eventi accaduti nel corso della sua infanzia: da piccolo, John era un bambino sovrappeso che subiva continue molestie fisiche e psicologiche da parte del padre alcolizzato, di cui ricercava morbosamente l'approvazione, senza riceverla se non raramente.
Uno dei suoi primi ricordi era quello di quando, all'età di 4 anni, il padre lo picchiò a lungo con una cinghia di cuoio perché aveva smontato involontariamente un macchinario che il padre stava assemblando.
Veniva inoltre regolarmente ridicolizzato dal padre e confrontato con le sorelle, ritenute molto superiori, dato che egli era considerato "stupido, grasso ed effeminato".
Nel 1949, il padre di John lo frustò con una coramella dopo averlo sorpreso a scambiarsi effusioni in pubblico con un altro ragazzo e una giovane prostituta. All'età di nove anni, Gacy fu molestato sessualmente da un amico di famiglia:
John non raccontò mai ai genitori quanto era successo, per non incappare nell'ira del padre.
A 11 anni, John sbatté violentemente la testa cadendo dall'altalena sulla quale stava giocando: l'incidente gli causò un forte ematoma cranico che non venne diagnosticato fino a quando il ragazzo non compì 16 anni di età. Nel tempo intercorso tra il trauma e la diagnosi, Gacy soffrì spesso di forti mal di testa e di perdita temporanea della memoria. Il ristagno di sangue venne rimosso chirurgicamente. A 17 anni gli venne diagnosticata anche un'insufficienza cardiaca che Gacy si sarebbe portato dietro tutta la vita. A 18 anni, Gacy incominciò a interessarsi alla politica, lavorando come assistente del candidato del Partito Democratico del suo quartiere.
Lo stesso anno John divenne membro del Partito Democratico e si candidò alle elezioni comunali. Nel marzo 1964, dopo essersi laureato in economia e commercio e aver incominciato a lavorare come direttore di un negozio di scarpe a Springfield, Gacy cominciò a frequentare la giovane Marlynn Myers. Dopo nove mesi di fidanzamento, la coppia si sposò a settembre. Il padre di Marlynn era un ricco imprenditore proprietario di diversi ristoranti. Sempre nel 1964, Gacy ebbe la sua prima esperienza omosessuale: secondo quanto dichiarato da lui stesso, egli diede sfogo ai suoi impulsi quando, invitato a casa di un collega di lavoro, ubriaco insieme con lui sul divano, ebbe un rapporto orale consensuale con il ragazzo.
Nel 1966, il suocero di Gacy gli offrì l'opportunità di dirigere tre ristoranti fast food della catena Kentucky Fried Chicken del quale era proprietario a Waterloo, nello stato dell'Iowa.
L'offerta era molto vantaggiosa: 15.000 dollari all'anno più una percentuale sui profitti. Gacy accettò senza indugi e, dopo aver frequentato un corso manageriale formativo, si trasferì con la moglie a Waterloo. Qui, lavorando incessantemente, si rivelò un ottimo dirigente e, collaborando a diversi progetti di beneficenza, diventò ben presto una figura di spicco della comunità cittadina.
Gacy e la moglie ebbero due bambini durante la permanenza a Waterloo: Michael (nato nel marzo 1967) e Christine (venuta al mondo nell'ottobre 1968). Contemporaneamente Gacy cominciò a manifestare il suo orientamento sessuale fino ad allora represso: in particolare, socializzava solo con i dipendenti di sesso maschile facendo loro frequenti avance
di carattere sessuale, ma giustificandole come scherzi se gli interessati le rifiutavano con sdegno. Gacy divenne anche un avido consumatore di materiale pornografico omosessuale.
Nell'agosto 1967, Gacy commise la sua prima aggressione a scopo sessuale ai danni di un adolescente, il quindicenne Donald Voorhees Jr., figlio di un suo conoscente. Gacy attirò il ragazzo in casa sua con la promessa di fargli vedere dei film pornografici, poi fece ubriacare Voorhees e lo convinse a praticargli una fellatio. Svariati altri ragazzini furono molestati sessualmente da Gacy nei mesi seguenti, incluso un giovane che Gacy incoraggiò a far sesso con sua moglie, prima di costringerlo a un rapporto orale con lui stesso.
Nel marzo 1968, Donald Voorhees raccontò l'accaduto a suo padre, che informò immediatamente la polizia: Gacy venne arrestato e incriminato per molestie sessuali e sodomia in relazione a Voorhees e al tentato stupro di un sedicenne di nome Edward Lynch.
Gacy negò fermamente ogni accusa e richiese di essere sottoposto al test della macchina della verità: la sua richiesta venne accolta, ma il risultato del test indicò che Gacy stava mentendo.
Nonostante le pesanti imputazioni a suo carico, Gacy continuò a negare ogni addebito insistendo di essere un perseguitato politico per la sua militanza nel Partito Democratico.
Il 10 maggio 1968 venne comunque incarcerato con l'accusa di sodomia e il 30 agosto, mentre era stato rilasciato in attesa dell'udienza processuale, convinse dietro pagamento di 300 dollari uno dei suoi impiegati, il diciottenne Russell Schroeder, ad assalire violentemente Donald Voorhees Jr. per scoraggiare la testimonianza del ragazzo nell'imminente processo. All'inizio di settembre, Schroeder attirò Voorhees in una zona isolata del parco cittadino e lo pestò selvaggiamente urlandogli di non testimoniare contro Gacy al processo.
Voorhees informò la polizia dell'aggressione subita, identificando Schroeder come esecutore del pestaggio e facendolo arrestare il giorno dopo: anche se inizialmente egli negò qualsiasi accusa, Schroeder confessò in seguito di avere assalito Voorhees, indicando Gacy come mandante. Gacy fu quindi arrestato con l'aggravante di aver cercato di intimidire un testimone.
Il 3 settembre, Gacy venne sottoposto a una visita psichiatrica all'Università statale dell'Iowa:
due medici lo esaminarono nel corso di un periodo di osservazione durato 17 giorni, arrivando alla conclusione che l'imputato possedeva una "personalità asociale" ma che, essendo sano di mente, avrebbe potuto affrontare il processo.
Durante il processo, tenutosi il 7 novembre 1968, Gacy si dichiarò colpevole dell'accusa di sodomia nei confronti di Donald Voorhees, ma negò qualsiasi altra accusa circa Lynch, dichiarando di non essere assolutamente omosessuale bensì bisessuale. Gacy venne giudicato colpevole del reato di sodomia ai danni di un minorenne il 3 dicembre 1968 e condannato a 10 anni di carcere da scontarsi nel penitenziario di Anamosa.
Il giorno stesso della condanna, la moglie di Gacy chiese il divorzio; naturalmente, John perse anche il posto come direttore dei ristoranti KFC del suocero.
In prigione Gacy si rivelò un detenuto modello. Dopo 18 mesi di carcere, il 18 giugno 1970, venne liberato sulla parola con dodici mesi di libertà condizionata.
Dopo il rilascio, Gacy espresse la volontà di trasferirsi a Chicago per tornare a vivere con la madre (nel frattempo il padre era deceduto). Arrivò a Chicago il 19 giugno seguente e ottenne un lavoro come aiuto cuoco in un ristorante. Il 12 febbraio 1971 Gacy venne nuovamente accusato di aver molestato sessualmente un ragazzino: il giovane dichiarava di essere stato attirato da Gacy nella sua auto e che l'uomo aveva tentato di violentarlo.
L'accusa venne in seguito ritirata poiché il testimone non si presentò in aula. La commissione sulla libertà vigilata dello stato dell'Iowa non venne informata di questo episodio, pertanto Gacy fu rimesso completamente in libertà nell'ottobre 1971.
Con l'aiuto finanziario di sua madre, Gacy comprò una casa al numero 8213 di West Summerdale Avenue a Norwood Park nell'agosto 1971. Poco tempo dopo Gacy e la madre si trasferirono nell'abitazione e Gacy incominciò a frequentare una donna di nome Carole Hoff, una signora divorziata con due figlie piccole: i due si sposarono il 1º luglio 1972.
Il 22 giugno 1972, Gacy venne ancora fermato dalla polizia con l'accusa di aver molestato un altro giovane fingendosi un agente di polizia, mostrando un distintivo falso, facendo entrare il giovane nella sua automobile e costringendolo a praticargli una fellatio in auto. Tutte le accuse furono però ritirate quando Gacy pagò lautamente il silenzio della famiglia del ragazzo.
Nel 1972, Gacy lasciò il lavoro come cuoco e aprì la propria impresa edile, la PDM Contractors (PDM era l'acronimo delle parole "Painting, Decorating and Maintenance"). Inizialmente l'azienda si occupava di piccoli lavori di manovalanza e riparazione, ma, con il progredire degli affari, il business della società si ampliò fino a includere progetti e opere di costruzione vere e proprie.
Nel 1973, Gacy e un suo dipendente della PDM Contractors andarono in Florida per vedere una proprietà che Gacy aveva acquisito. La prima notte dopo il loro arrivo in Florida, Gacy violentò il ragazzo nella loro stanza di hotel: come risultato, il giovane si rifiutò di continuare a stare nella stessa camera con Gacy e andò a dormire in spiaggia. Nel 1975, John aveva ormai apertamente confessato alla moglie la sua bisessualità. Il giorno della festa della mamma, dopo aver fatto l'amore con la moglie, egli informò la donna che non avrebbero mai più fatto sesso insieme: la coppia divorziò in maniera consensuale nel marzo 1976.
Contemporaneamente Gacy divenne molto attivo nel settore sociale della comunità, offrendosi di intrattenere i bambini durante le feste vestito da clown o facendo pulire gratuitamente gli uffici comunali dalla sua impresa. Da onorato e rispettato membro democratico della comunità di Chicago, il 6 maggio 1978 Gacy incontrò e si fece fotografare con l'allora First Lady, Rosalynn Carter,che firmò anche la foto con una dedica: "To John Gacy. Best wishes. Rosalynn Carter" ("A John Gacy. I migliori auguri. Rosalynn Carter").
Gacy divenne membro di un "Jolly Joker Clown Club" i cui membri volontari, tutti mascherati da pagliacci, si esibivano regolarmente senza scopo di lucro in varie manifestazioni di beneficenza e negli ospedali dove davano spettacoli per i bambini malati.
A fine 1975, Gacy creò il suo personaggio di "Pogo the Clown":
si disegnava da solo i costumi e ideò il suo trucco personale.
Gacy si esibì come Pogo nel corso di diverse feste e manifestazioni, ma non esistono prove concrete che abbia intrattenuto anche i bambini malati all'ospedale.
Il 2 gennaio 1972, Gacy prelevò il quindicenne Timothy Jack McCoy dalla fermata dell'autobus di Greyhound a Chicago. L'uomo portò McCoy, che stava viaggiando dal Michigan con destinazione Omaha, a fare un giro turistico di Chicago, per poi portarlo a casa sua con la promessa che lì avrebbe potuto passare la notte e che sarebbe stato riaccompagnato in tempo per prendere il primo autobus il giorno dopo. Successivamente Gacy disse di essersi svegliato la mattina seguente e di avere trovato McCoy in piedi sulla soglia della sua camera da letto con un coltello in mano.
Egli si alzò in maniera brusca dal letto e McCoy si spaventò subito, muovendo scompostamente in aria il coltello e ferendo inavvertitamente Gacy all'avambraccio (Gacy mostrò la cicatrice per supportare la sua tesi). John disarmò il ragazzo, gli sbatté la testa contro il muro della stanza, lo spinse contro l'armadio e gli si mise davanti. McCoy allora gli diede un calcio nello stomaco e Gacy lo afferrò, lottando con lui sul pavimento, e finì con l'accoltellarlo ripetutamente al petto, sedendosi a cavalcioni su di lui. Gacy testimoniò che, in seguito, aveva trovato in cucina una confezione di uova aperta e una fetta di bacon sul tavolo, e aveva capito che il ragazzo voleva preparare la colazione per entrambi; purtroppo aveva fatto l'errore di portare il coltello che stava usando quando si era recato a chiamare Gacy nella sua stanza. Gacy seppellì McCoy in cantina e poi coprì le tracce con del calcestruzzo.
Nel corso di un'intervista dopo l'arresto, Gacy asserì che, immediatamente dopo aver ucciso McCoy, si era sentito "totalmente prosciugato", rendendosi conto di aver avuto un orgasmo completo nell'atto di uccidere il giovane. In un'intervista successiva del 1980, egli aggiunse: «Fu allora che mi resi conto che la morte era l'emozione più grande».
Il secondo omicidio di Gacy avvenne nel gennaio 1974: la vittima fu un adolescente non identificato dai capelli castani, di età tra i 15 e i 17 anni, che Gacy strangolò prima di rinchiuderne il corpo nell'armadio di casa sua. Il cadavere dello sconosciuto fu poi sepolto nel cortile di casa vicino alla zona barbecue.
Nel 1975 gli affari di Gacy andavano a gonfie vele; per sua stessa ammissione, cominciò a lavorare 12-16 ore al giorno per riuscire a far fronte a tutte le commissioni che la sua impresa di costruzioni riceveva. La maggior parte dei suoi operai era costituita da giovani studenti delle superiori alquanto squattrinati. Uno di questi era il quindicenne Tony Antonucci, assunto da Gacy nel maggio del 1975. A luglio, Gacy si recò a casa del giovane, in malattia per un infortunio al piede occorsogli sul lavoro il giorno precedente, mentre questi era solo. Gacy fece ubriacare il giovane, lottò per scherzo con lui sul pavimento e gli legò le mani dietro la schiena con un paio di manette. La manetta sul polso destro di Antonucci era però allentata: il ragazzo riuscì a liberarsi appena Gacy lasciò la stanza. Quando John ritornò, il giovane lo colpì violentemente e lo mise al tappeto, riuscendo ad ammanettarlo a sua volta.
Gacy urlò insulti e imprecazioni, poi si calmò e promise di andarsene e lasciare in pace Antonucci se lui lo avesse liberato. Il giovane acconsentì e Gacy lasciò la casa. Una settimana dopo il fallito assalto ad Antonucci, il 29 luglio 1975, un altro degli operai di Gacy, il diciassettenne John Butkovitch, scomparve. Il giorno prima della sparizione, Butkovitch aveva chiesto a Gacy il pagamento di due settimane di paga arretrata. Gacy ammise di aver invitato Butkovitch a casa sua mentre la moglie e i figli erano in visita da sua sorella in Arkansas, apparentemente per risolvere la questione degli arretrati dello stipendio. John uccise il giovane, lo violentò e poi seppellì il cadavere in garage.
La seconda moglie di Gacy divorziò da lui otto mesi dopo e Gacy cominciò a uccidere più di frequente avendo adesso la casa tutta per sé. Tra l'aprile e l'agosto 1976 il killer uccise almeno otto giovani, due dei quali ancora non identificati. Sette di questi ragazzi furono seppelliti nella cantina di Gacy, quattro dei quali in una fossa comune sotto il locale lavanderia.Il 26 luglio 1976 Gacy spostò la sua attenzione sul suo impiegato di nome David Cram, 18 anni. Il 21 agosto Cram andò a casa sua. Il giorno dopo, Gacy ammanettò il ragazzo mentre era stordito dall'alcool.
Imprigionato Cram, informò il giovane che aveva intenzione di violentarlo. Cram, che aveva passato un anno nell'esercito e aveva appreso l'autodifesa, diede un calcio in faccia al suo aguzzino e si liberò dalle manette. Un mese dopo, Gacy tornò a infastidire Cram con le sue avance ma senza successo: Cram si licenziò dal lavoro e lasciò la PDM Contractors. Si pensa che altri due giovani non identificati siano stati uccisi tra agosto e ottobre 1976: uno di questi venne sepolto in una fossa direttamente sul cadavere di William Carroll, ucciso il 13 giugno precedente.
Il 24 ottobre 1976, Gacy adescò e uccise due teenager di nome Kenneth Parker e Michael Marino: i due amici furono visti per l'ultima volta all'esterno di un ristorante in Clark Street. Entrambi furono violentati, strangolati e sepolti nella stessa fossa. Due giorni dopo, William Bundy, operaio diciannovenne della PDM Contractors, scomparve nel nulla, dopo aver detto alla famiglia che stava per andare a una festa. Anche Bundy venne sepolto nelle fondamenta della casa, direttamente dietro la camera da letto di Gacy.
Nel dicembre 1976, un altro impiegato della PDM, Gregory Godzik, scomparve, dopo che aveva lavorato per la PDM per sole tre settimane. I genitori e la sorella maggiore del ragazzo, in cerca di notizie, contattarono Gacy, il quale riferì che Greg gli aveva confidato di voler scappare di casa. Gacy disse anche di aver ricevuto un messaggio sulla segreteria telefonica da parte del ragazzo poco tempo dopo la scomparsa. Quando però la famiglia gli chiese di ascoltare questo messaggio, Gacy affermò di averlo ormai cancellato.
Il 20 gennaio 1977 John Szyc, diciannovenne amico di Butkovich, Godzik, e Gacy, scomparve: Szyc fu attirato da Gacy in casa sua con il pretesto di voler comprare la sua Plymouth Satellite. Venne sepolto accanto al corpo di Godzik. Gacy rivendette l'auto di Szyc a un altro dei suoi lavoranti, tale Michael Rossi. Tra il dicembre 1976 e il marzo 1977, Gacy uccise un uomo non identificato di circa 25 anni. Il suo cadavere venne sepolto accanto a quello del ventenne Jon Prestidge, un ragazzo del Michigan in visita a degli amici di Chicago, che Gacy aveva ucciso il 15 marzo. Dopo l'omicidio di Prestidge, si pensa che Gacy abbia ucciso ancora un altro giovane sconosciuto rinvenuto cadavere nel suo cortile, ma non si conosce la dinamica esatta dell'accaduto.
Nel maggio 1977, Gacy uccise Matthew Bowman, 19 anni. Venne sepolto in cortile con la corda utilizzata per strangolarlo ancora al collo. Nell'agosto 1977 emerse un indizio circa la sparizione di John Szyc, quando l'operaio al quale Gacy aveva venduto l'auto del giovane venne arrestato per furto di benzina da una pompa di rifornimento: il poliziotto notò la targa del veicolo e risalì fino a Gacy. Interrogato, Gacy disse agli agenti che Szyc gli aveva venduto la macchina a febbraio perché aveva bisogno di denaro per lasciare la città. La polizia non ritenne di indagare ulteriormente.
Tra settembre e dicembre 1977, Gacy assassinò altri sei giovani uomini di età compresa tra i 16 e i 21 anni, inclusi due marines e il figlio di un sergente della polizia di Chicago. Il 30 dicembre 1977, Gacy adescò uno studente diciannovenne di nome Robert Donnelly, incontrato presso una fermata d'autobus a Chicago. Portò Donnelly a casa con lui, lo violentò e lo torturò ripetutamente infliggendogli svariate sevizie; dopo svariate ore di supplizio, Gacy portò Donnelly sul posto di lavoro, gli slegò le mani, e incredibilmente lo lasciò libero di andarsene. Donnelly raccontò degli abusi subiti, e Gacy venne interrogato dalla polizia circa l'accaduto il 6 gennaio 1978: egli ammise di aver fatto sesso sadomaso con Donnelly, ma insistette sul fatto che il giovane era consenziente. La polizia gli credette e non fu sporta denuncia di reato.
Il mese seguente, Gacy uccise William Kindred, 19 anni, che scomparve il 16 febbraio 1978 dopo aver detto alla propria fidanzata che andava a passare la serata in un bar. Kindred fu l'ultima vittima di Gacy a essere sepolta nella sua proprietà, dato che le successive saranno da lui gettate nel fiume Des Plaines. Nel marzo 1978, Gacy diede un passaggio sulla sua auto al ventiseienne Jeffrey Rignall. Appena entrato nell'auto, il ragazzo venne addormentato con del cloroformio e portato a Summerdale, dove fu sodomizzato e torturato con vari strumenti; anche Rignall fu poi rilasciato da Gacy. Nuovamente la polizia venne informata dell'accaduto, ma decise di non investigare su Gacy.
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Le vittime:
Timothy McCoy 16 3 gennaio 1972
ignoto tra i 14 ed i 18 1974
John Butkovitch 18 31 luglio 1975
Darrell Sampson 18 6 aprile 1976
Randall Reffett 15 14 maggio 1976
Sam Stapleton 14 14 maggio 1976
Michael Bonnin 17 3 giugno 1976
William Carroll 16 13 giugno 1976
ignoto tra i 23 ed i 30 estate 1976
James Haakenson 16 5 agosto 1976
Rick Johnston 17 6 agosto 1976
ignoto tra i 18 ed i 22 estate/autunno 1976
ignoto tra i 15 ed i 24 estate/autunno 1976
Kenneth Parker e Michael Marino 16 e 14 24 ottobre 1976
William Bundy 19 26 ottobre 1976
Francis Wayne Alexander 21 1 dicembre 1976
Gregory Godzik 17 12 dicembre 1976
John Szyc 19 20 gennaio 1977
Jon Prestidge 20 15 marzo 1977
ignoto tra i 17 ed i 21 primavera/estate 1977
Matthew Bowman 19 5 luglio 1977
Robert Gilroy 18 15 settembre 1977
John Mowery 19 25 settembre 1977
Russell Nelson 21 17 ottobre 1977
Robert Winch 16 10 novembre 1977
Tommy Boling 20 18 novembre 1977
David Talsma 19 9 dicembre 1977
William Kindred 19 16 febbraio 1978
Timothy O'Rourke 20 giugno 1978
Frank Landingin 19 4 novembre 1978
James Mazzara 20 24 novembre 1978
Robert Piest 15 11 dicembre 1978
L'11 dicembre 1978 il quindicenne Robert Piest scomparve dal luogo di lavoro, una farmacia di Chicago. Prima di sparire, però, Piest aveva raccontato a parenti e amici di aver conosciuto il gioviale titolare della PDM, l'impresa che aveva da poco ristrutturato il negozio, e che l'uomo gli aveva offerto un posto di lavoro nella sua ditta; infine aveva precisato che avrebbe dovuto incontrarlo a casa sua la sera della scomparsa.[58] La polizia si recò quindi a casa di Gacy per interrogarlo e riconobbe immediatamente il tanfo nauseabondo dei corpi in putrefazione, che Gacy giustificava con la scusa di avere problemi al sistema fognario. Lo scenario dei corpi all'interno della cantina fu particolarmente scioccante. Alla notizia del suo arresto, la comunità cittadina fu sbigottita e incredula: Gacy era infatti conosciuto da tutti come un uomo generoso, grande lavoratore e amichevole, nonché un devoto padre di famiglia.
In prigione Gacy tentò di invocare l'infermità mentale, incolpando dei delitti il suo alter ego malvagio, tale "Jack", ma senza riuscire a convincere gli psichiatri del carcere, che lo giudicarono in grado di intendere e volere. In seguito Gacy confessò alla polizia di aver gettato in totale altri cinque cadaveri di sue vittime giù dal ponte della I-55 sul fiume Des Plaines nel 1978, prima di essere arrestato definitivamente. Dopo un processo iniziatosi nel febbraio 1980, il 13 marzo dello stesso anno John Wayne Gacy venne riconosciuto colpevole di omicidio plurimo e condannato a morte.
Dopo la sentenza di colpevolezza, lo Stato dell'Illinois trasferì Gacy nel Menard Correctional Center di Chester, dove il prigioniero rimase per 14 anni nel braccio della morte. In prigione, Gacy incominciò a dipingere: i soggetti delle sue opere erano svariati, anche se principalmente ritraevano pagliacci, alcuni dei quali erano suoi autoritratti nelle vesti di "Pogo". Molti dei suoi dipinti furono venduti nel corso di varie aste, con prezzi oscillanti tra i 200 e i 20.000 dollari.
Mentre era detenuto in attesa dell'esecuzione, Gacy fece numerosi appelli per commutare la sentenza in carcere a vita, ma furono tutti respinti. Il prigioniero continuò ad affermare insistentemente di essere "a conoscenza" di soli cinque omicidi: quelli di McCoy, Butkovitch, Godzik, Szyc e Piest,
e che gli altri 28 assassinii attribuiti a lui erano in realtà stati commessi da suoi impiegati che erano in possesso delle chiavi della sua abitazione mentre egli era fuori città in viaggio per affari.
Nell'estate del 1984, la Corte Suprema dell'Illinois stabilì che il condannato sarebbe stato messo a morte per mezzo di una iniezione letale il 14 novembre seguente; Gacy ricorse in appello contro la decisione, riuscendo a far spostare la data dell'esecuzione. Dopo un ultimo appello respinto nell'ottobre 1993, la Corte Suprema fissò la data dell'esecuzione definitiva per il 10 maggio 1994.
Secondo rapporti medici, John Wayne Gacy era uno psicopatico che non mostrava alcun rimorso per i crimini commessi.
John Wayne Gacy fu giustiziato il 10 maggio 1994 per mezzo di un'iniezione letale endovenosa, pochi minuti dopo la mezzanotte. La sentenza venne eseguita nella Stateville Prison di Joliet, Illinois. Dopo i funerali, il suo corpo venne cremato.
L'ultima dichiarazione al suo avvocato prima dell'esecuzione fu: «Prendervi la mia vita non compenserà la perdita di quelle altre»; inoltre, accusò lo Stato di assassinarlo. Le ultime parole del condannato prima della morte furono semplicemente: «Baciatemi il culo!» (Kiss my ass!).
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/John_Wayne_Gacy
Video su John Wayne Gacy alias Pogo Il Clown: https://youtu.be/NGnCtty6flw?si=rauiynpFC9SxzIoc
#pagliaccioassassino#torture#sodomia#zerorimorsi#accoltellatore#stupratoreseriale#adescatorediminori#necrofilia#mostroperverso
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Blue Whale Challenge: storia di una vecchia fake news
La "Blue Whale Challenge", o Sfida della Balena Azzurra, è un fenomeno che ha avuto eco mediatica a partire dal 2016, presentata come un gioco online che spingeva i partecipanti al suicidio attraverso 50 sfide autolesionistiche e degradanti, culminando nell'autoeliminazione. Tuttavia, la sua natura di pericolosa fake news è stata ampiamente svelata. Le origini incerte e la diffusione virale della Blue Whale Challenge Le prime notizie sulla sfida sono apparse in Russia nel 2016, associate al gruppo VKontakte "Phillip Plein". Si parlava di un curatore che contattava i partecipanti sui social, assegnando loro compiti da completare per 50 giorni, tra cui automutilazioni, visione di film horror e, infine, il suicidio. Mancanza di prove e dubbi sulla veridicità Nonostante il clamore mediatico, le prove a sostegno dell'esistenza di questo gioco organizzato e di un curatore unico erano scarse. Le indagini condotte dalle autorità di diversi paesi non hanno trovato prove concrete di un nesso causale tra la sfida e i suicidi di adolescenti. Inoltre, l'analisi del presunto copione delle 50 sfide ha rivelato diverse incongruenze e impossibilità. Un fenomeno complesso e la pericolosità delle fake news E' importante sottolineare che il fenomeno del suicidio, soprattutto tra i giovani, è un tema reale e preoccupante, che necessita di attenzione e misure di prevenzione concrete. Tuttavia, associarlo a una singola e specifica "sfida online" è pericoloso e riduttivo. Le cause del suicidio sono complesse e multifattoriali, spesso legate a fragilità psicologiche, disagio sociale e mancanza di supporto. L'allarmismo scatenato dalla "Blue Whale Challenge" ha creato un clima di paura e panico, distraendo l'attenzione dai veri problemi e rischi che i giovani possono affrontare. Riflettere criticamente e contrastare la disinformazione E' fondamentale mantenere un approccio critico di fronte alle notizie, soprattutto quando si diffondono rapidamente online. Verificare le fonti, approfondire le informazioni e diffondere contenuti di sensibilizzazione sono azioni cruciali per contrastare la diffusione di fake news e proteggere i più vulnerabili. E' necessario concentrare gli sforzi su una reale prevenzione, promuovendo il benessere mentale, il dialogo aperto e il supporto a chi ne ha bisogno. Foto di Aline Dassel da Pixabay Read the full article
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Buon giorno, vi presento la nuova indagine del criminologo Sirio. Ecco la trama: In una mattina assolata di fine maggio Bologna si sveglia funestata dall’ennesimo femminicidio. Una giovane donna è stata assassinata a pugni e calci e il suo corpo abbandonato in un cassonetto stradale. A dramma si aggiunge dramma allorché si scopre che lascia una bambina di dieci anni senza alcun parente in vita. Su disposizione del giudice tutelare intervengono i servizi sociali, mentre Sirio viene incaricato di cercare una famiglia affidataria per la minore che soffre, peraltro, di gravi turbe psicologiche legate alla sfera dell’affettività. Le ricerche del criminologo si intrecceranno ben presto con le indagini per individuare l’assassino, addentrandosi in un mondo di omertà in cui potere e ricchezza sembrano poter garantire l’impunità per qualsiasi delitto.
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Drama Challenge: Reset
Episodio 9
Avevamo lasciato i nostri eroi mentre scendevano dal bus dopo aver ucciso la psicopatica e l'esplosione del mezzo.
I due vagano per la città ancora sotto shock - sopratutto Xiao coperto di sangue - mentre la polizia inizia a muoversi. Visionando le telecamere di sorveglianza (per la centesima volta credo) le indagini degli agenti si concentrano su 3 piste: i due lead, il vecchio con la valigia e la psicopatica. Infatti, poiché dalle telecamere si vede il vecchio che si affaccia dal bus prima che esploda, ripercorrono la sua giornata fino ad arrivare a quando a preso il bus. E chi c'era alla fermata assieme a lui???
Mentre una squadra segue le tracce dei due lead tramite i loro telefoni e le telecamere, altri agenti vanno al garage del vecchio- quello che aveva lasciato nella puntata precedente - e parlando con l'affittuario, scoprono che pochi metri più in là qualche tempo prima, si era sviluppato un incendio in un garage. Un incendio con un esplosione annessa. Garage che poi si rivela essere la casa della psicopatica.
Si ha così un mini approfondimento su di lei, vedendola subito dopo l'esplosione sopracitato, mentre ripulisce il tutto. Da quello che si vede, emerge una situazione di povertà e degrado con la signora distrutta, sporca e sconsolata.
Intanto prosegue la fuga dei due lead. Fuga resa difficile anche dalle condizioni psicologiche di Xiao che si sente un assassino ed un mostro. Prova vergogna e paura per aver ucciso la psicopatica e sa che non riuscirà mai a dimenticare quello che ha fatto. Li Shi prova a incoraggiarlo e sostenerlo, pregandolo di tornare lucido perché la polizia è sulle loro tracce e non devono farsi beccare.
Dopo aver lasciato tracce di sangue - Xiao è ferito - per tutta Pechino, salgono su un camioncino e abbandonano per terra i telefoni. Xiao dice a Li Shi di lasciarlo e andarsene visto che l'assassino e lui e lei non c'entra nulla con quello che è successo: può dire alla polizia che lui l'ha presa come ostaggio. Ma Li Shi è fedele e rinuncia a scappare per vivere questo dramma assieme a lui.
Il camioncino si ferma vicino a casa dell'Apostolo - SEMPRE NEI NOSTRI CUORI - ed i due lead ne approfittano per fare tappa a casa del ragazzo: sperano di poter dormire per rientrare nel loop ed anche di poter curare Xiao.
Ma la polizia è sulle loro tracce e dopo aver trovato i telefonini, trova anche il camioncino e dove si è fermato. Mentre l'agente Zhang parla con l'autista, la lead imparruccata esce dall'appartamento e quasi si scontra con il poliziotto. Li Shi è diretta in farmacia per comprare medicinali per Xiao e lì ascolta alla TV i fatti dell'autobus. Come Xiao venga additato dall'opinione pubblica come assassino e mostro.
L'agente Zhang trova intanto l'appartamento, fa irruzione e ...dentro non c'è nessuno. Salgono sul tetto ma niente. Xiao e Li Shi sono sul tetto sì...ma in un altro.
Mentre Li Shi benda le ferite del ragazzo, Xiao ascolta le opinioni della gente sui fatti accaduti. Viene criticato anche il suo videogioco poiché troppo violento e visto come spunto per i crimini che ha commesso.
Li Shi prova a consolarlo e dirgli di non ascoltare quella roba e progetta di riaddormentarsi per tornare nel loop e risolvere questo pasticcio.
Xiao però non prende la melatonina, dice a Li Shi di aspettarlo in modalità Standby e s'alza e scappa via.
tConsiderazioni Sparse:
1) Rimango sempre piacevolmente stupita da quanto sia brava la polizia. Al di là del seguire le tracce, muoversi e organizzare le operazioni, trovo encomiabile come si lasciano aperte tutte le possibilità. Dal video era chiaro che Li Shi e Xiao fossero i sospettati principali e l'investigazione poteva seguire solo questa pista. Invece loro indagano su tutti: il vecchio con la valigia, la psicopatica... adoro il loro modus operandi.
2) Per un folle attimo ho temuto che dentro il garage della psicopatica ci fosse una bomba. Del tipo che il poliziotto apriva le porte e BOOM!
3)Sono pazza io o ad una certa suona il telefono della collega poliziotta e la musica è la stessa della musica del bus? O_O Sono pazza e ho ascoltato male, vero?
4) adoro la crisi che Xiao ha attraversato. La motivazione, la recitazione, le conseguenze...ottimo. E mi è piaciuto come Xiao si preoccupi che non potrà dimenticare quello che ha fatto nemmeno con il loop. Rimarrà un ricordo eterno. La recitazione poi è stata perfetta: lui che vomita, il tremolio, l'angoscia...ho davvero percepito la sua disperazione.
5) Carinissima Li Shi che rifiuta di lasciare il fianco del lead. Me l'aspettavo perché il suo personaggio e la relazione che la serie ha impostato per loro verte in questa direzione, ma la sua determinazione non può che farmi piacere. Come già detto nei commenti precedenti, Xiao è la presenza confortante per Li Shi. Non importa che non sia un fenomeno nella logica o nei combattimenti: l'importante è che ci sia e che Li Shi non sia da sola ad affrontare tutto questo.
Mi è anche venuto in mente che forse Li Shi si sente un pò in colpa? Perché è stata lei a trascinare Xiao nel loop e a voler a tutti i costi salvare i passeggeri.
6) grazie a Xiao la ship è salpata alla grande. La scena del camioncino dove Xiao rivela di voler proteggere la lead e che per questo è risalito nel bus, è oro che cola. A Xiao dei passeggeri frega fino ad una certa. E' per Li Shi che lui rischia tutto. Ahhhhh l' amooooreeeee! <3
7) i due lead torneranno nel loop? secondo me sì. E sono curiosa come la morte di sapere dove cazzo è andato Xiao sul finire di puntata. Sembrava deciso a fare qualcosa. Ma cosa? Parlare con la polizia?
8) La puntata a tirato fuori anche due tematiche importanti. La prima è la reazione del pubblico. Senza avere prove certe in mano o informazioni utili, l'opinione pubblica ha già deciso la condanna di Xiao: assassino. Vedere come la gente lo addita senza prove e senza sapere cosa sia effettivamente successo - la polizia ha la bocca cucita - mi ha fatto provare davvero paura e tenerezza per lui.
La seconda è l'eterna diatriba sulla violenza nei videogiochi che esprimerebbe l'aggressività repressa: se giochi a videogiochi violenti o li progetti sei etichettato automaticamente come criminale.
Basic.
Aspetto le tue considerazioni: @ili91-efp
Gifs of @storge thank's.
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Ciao Kon, mi interesserebbe conoscere un tuo parere su questo "articolo", se avrai tempo e voglia di leggerlo: https://www.facebook.com/107912280949252/posts/197957735278039/
Grazie!
La pagina FB Pillole di Ottimismo è un ottimo aggregatore di punti di vista professionali scevri da protagonismi, complottismi e pessimismi cosmici e con grande piacere (o forse dispiacere) credo che questo post fotografi la maggioranza delle persone con una pugnalata dritta e precisa al cuore, che quasi fa soffrire anche me di riflesso empatico.
Riporto il post in link per chi non avesse Facebook:
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E TU DI CHE COVID SEI?
Di Emilio Mordini, medico psicoanalista Foto di Greg Rosenke/Unsplash
Classificazione empirica di come diversi tipi psicopatologici affrontano la pandemia, liberamente ispirata a tre casi letterari.
💊💊💊
Sin dai primi mesi di questa epidemia si è parlato dei suoi possibili effetti sulla salute mentale, sia diretti (dovuti ad un’azione del virus sul sistema nervoso centrale) sia indiretti (dovuti alle misure di distanziamento sociale e all’isolamento, al clima generalizzato di paura, al mancato o insufficiente trattamento di disturbi preesistenti, e così via).
Già nel maggio scorso il Royal College of Psychiatrists avvertiva dell’arrivo di uno “tsunami di disturbi mentali”, comprendendo sia nuovi disturbi provocati dalla condizione di stress, sia l’aggravarsi dei disturbi esistenti (1). Numerose indagini si sono succedute da allora, confermando quest’allarme (2). La maggior parte dei lavori ha ricercato la comparsa o l’aggravamento di sintomi psicologici e psichiatrici nella popolazione generale o in specifiche sottopopolazioni.
Come psicoanalista debbo confessare che raramente trovo simili studi interessanti. Tra l’altro, per lunga esperienza clinica, so che le persone tendono ad ingannare e ingannarsi rispetto alle proprie condizioni mentali e che i meccanismi di rovesciamento, diniego e spostamento sono così ubiquitari da rendere del tutto improbabili i risultati di questionari pur sofisticati. Lascio, quindi, ad altri il compito di discutere la validità di queste ricerche.
Vorrei invece proporre una mia classificazione empirica di come diversi tipi psicopatologici affrontano la pandemia. Naturalmente esiste anche un modo “sano” di gestire psicologicamente questa emergenza ma la salute mentale, come quella fisica, è un ideale che nessuno riesce davvero a raggiungere: così molti anche tra i “sani” potranno, almeno in alcuni aspetti, riconoscersi nei quadri che descriverò.
Questa classificazione è stata costruita su una casistica relativamente vasta di pazienti, composta sia da coloro che seguo in psicoterapia e sia da persone che si sono rivolte a me per semplici consultazioni, nonché sull’osservazione quotidiana delle persone che incontro. Non è, tuttavia, un esercizio rigoroso, piuttosto è uno stimolo a ragionare insieme, sperando che il lettore possa divertirsi a ritrovare sé stesso, o qualche proprio conoscente, nell’uno o nell’altro tipo. Se poi questo gioco lo farà anche a riflettere su alcune dinamiche psicologiche innescate dall’epidemia, avrò raggiunto il mio scopo.
Il primo tipo di reazione a questa epidemia è la “sindrome della casa degli Usher”.
“Il crollo della casa Usher” è una famosa novella di E.A.Poe che racconta come il protagonista e voce narrante si rechi a far visita a un vecchio amico d’infanzia, Roderick Usher, che vive isolato nella casa di famiglia con la sorella Madaline. Fratello e sorella sono entrambi affetti da bizzarre malattie: l’uomo vive in una situazione di eretismo nervoso perenne mentre la donna vaga in uno stato crepuscolare tra la vita e la morte. Il racconto si svolge in un’atmosfera di crescente tensione, densa di sinistri presagi, che genera via via una situazione da incubo che esploderà nell’orrore finale. L’attesa di una catastrofe terribile ed inevitabile - ma di cui non si riescono a prevedere i contorni - è la chiave di questo racconto così come della reazione psicologica di coloro affetti da questa sindrome.
Chi fa parte di questo tipo psicologico avverte nell’epidemia una minaccia oscura la cui presenza non riesce a tollerare né intellettualmente né emotivamente. Incertezza, segni inquietanti ed ambigui, impossibilità di fuga: tutto ciò risulta intollerabile a queste persone. Esse non temono tanto il rischio reale quanto la sensazione di attesa catastrofica, claustrofobica e inevitabile. Le persone che appartengono a questo gruppo sono anche quelle che risentono di più del clima di terrore creato dai media.
Un modo fondamentale per gestire psicologicamente questa condizione è costruire una narrazione che colmi l’attesa, che allenti la tensione incombente (“Io leggerò ed voi ascolterete: così passeremo insieme questa terribile notte” dice ad un certo punto il protagonista della novella di Poe all’amico Roderick). Si tratta di narrazioni che, a seconda della formazione e della cultura della persona, possono presentarsi in forme scientifiche, pseudoscientifiche o decisamente fantastiche: lo scienziato, ad esempio, costruirà modelli matematici mentre l’ingenuo complottista sognerà del Gruppo Bilderberg ma – al di là del contenuto di verità dei rispettivi racconti – l’obiettivo di entrambi è anestetizzarsi dall’angoscia dell’attesa. Segno inconfondibile che una narrazione assolve questa funzione è la tenacia, tetragona ad ogni critica razionale, con cui una persona la difende. Assistiamo così a seri studiosi che non riescono ad abbandonare le proprie teorie sull’epidemia nemmeno davanti a evidenze lampanti della loro fallacia oppure a pacifiche casalinghe che sarebbero disposte a farsi bruciare sul rogo pur di non ammettere che una qualche malattia pur esiste. In tutti questi casi, sotto l’apparente caparbietà intellettuale, agisce in effetti un potente condizionamento emotivo: la narrazione a cui queste persone sono così affezionate è diventato un feticcio che le protegge dall’ansia, questa è la ragione per cui è spesso impossibile far cambiare loro idea. Questo estremo tentativo di autocura, però, non sempre riesce a reggere l’urto con la realtà esterna o ad arginare efficacemente l’angoscia che preme dall’interno, in tal caso possono emergere sintomi più specifici: stati di agitazione, pensieri paurosi sul futuro, disturbi del sonno, vere e proprie crisi di panico. Infine, le persone che appartengono a questo gruppo rischiano di precipitare in gravi stati depressivi.
Il secondo tipo psicopatologico è quello del “demone meschino”.
“Il demone meschino” è uno straordinario romanzo che lo scrittore russo Fëdor Sologub scrisse agli inizi del secolo scorso e che narra il progressivo sprofondare nella follia e nella cattiveria di Peredònov, un oscuro professore di provincia. La storia è un allucinato apologo sull’avarizia e la misantropia e sul loro trasformarsi prima in solitudine, poi in delirio persecutorio, infine in morte. Coloro che sviluppano questa sindrome sono spesso persone affette da una certa rigidità emotiva, con una personalità caratterizzata da tratti ossessivi, a volte paranoici. Questi soggetti sono spontaneamente poco propensi ai contatti fisici, con una estrema attenzione all’igiene personale, però anche ambiguamente affascinati da tutti i prodotti di decadimento del corpo (ad esempio, nonostante tutto il loro igienismo, possono avere l’abitudine di annusare i propri indumenti intimi sporchi o osservare con scrupolosa attenzione il muco rappreso delle proprie narici).
Altri tratti caratteristici sono una tendenza all’avarizia, ad attenersi scrupolosamente alle regole e un atteggiamento sospettoso, più o meno marcato, nei confronti del prossimo. Si comprende facilmente come il clima generato dalla pandemia e dalle misure di prevenzione trovi un terreno fertile nella personalità di questi soggetti, che vedono tutte le loro fantasie inconsce realizzarsi nella realtà. Per queste persone distanziamento fisico, grande attenzione alle deiezioni corporee e all’igiene personale, senso di pericolosità legato agli altri esseri umani, obbedienza all’autorità e persino ridotta possibilità di spendere per ristoranti, cinema, teatri, palestre, cure estetiche, vestiario e così via, rappresentano altrettante occasioni per soddisfare le proprie pulsioni senza dover entrare in conflitto con il prossimo ma, anzi, potendo vantarsi di essere buoni e responsabili cittadini. Tuttavia, nulla è più pericoloso per la mente umana che realizzare le proprie fantasie poiché esse, facilmente, si rivelano incubi.
Coloro che sono affetti dalla sindrome del demone meschino possono sembrare soddisfatti dall’epidemia (infatti spesso sposano le previsioni più catastrofiche e disprezzano ogni forma di ottimismo) ma, in realtà, progressivamente precipitano in una misantropia crescente e in un profondo dispetto nei confronti dell’intero genere umano. Leggono con avidità le descrizioni delle condizioni in cui versano i malati intubati e le sofferenze che patiscono, immaginano morti orrende per i giovani che hanno frequentato la movida, sono ossessionati dai macabri cortei di bare della primavera scorsa: in una parola si trovano immersi in un’opprimente atmosfera di morte. L’unico momento di relativa gioia resta per loro il parlare male degli “irresponsabili” (se sono medici, dei colleghi meno pessimisti di loro) e il commentare con sadica soddisfazione “ve lo avevamo detto” ad ogni peggioramento dell’infezione.
La sindrome del demone meschino non risparmia nemmeno i cosiddetti “negazionisti” che, quando appartengono a questa tipologia, non negano l’esistenza di rischi alla salute ma li attribuiscono ad entità malvagie e misteriose (Big Pharma, vaccini, onde elettromagnetiche, 5G, medici rianimatori e così via) fantasticando malattie devastanti e morti orribili per i “covidioti”.
Il terzo tipo di reazioni all’epidemia è quello che, in onore al protagonista della commedia di Molière, chiamerò la “sindrome di Argante”.
“Il malato immaginario” racconta appunto la storia di un ricco ed ignorante borghese, Argante, spaventato ed affascinato dalle malattie e dalla medicina, che, dopo averne patite di tutti i colori per opera di una schiera di medici ciarlatani e avidi, si farà lui stesso medico al termine di una burlesca cerimonia di intronazione.
La sindrome di Argante colpisce coloro che già erano di per loro patofobi e che, con questa epidemia, riescono finalmente a dar libero sfogo a tutte le paure (in fondo, anche se non lo ammetterebbero mai né con gli altri né con sé stessi, questa epidemia è per loro una grande occasione di divertimento). Molti di loro affollano il web ed i social, dove sono sempre alla ricerca di nuovi sintomi e nuovi trattamenti (vitamina D, lattoferrina, clorochina, melatonina e così via).
Costoro ne sanno sempre una più dei medici e non è raro che dispensino consigli, discutano modelli epidemiologici, valutino con preoccupazione le conseguenze long-term della malattia, sempre pronti, beninteso, a pendere dalle labbra di un nuovo luminare o virologo televisivo che li affascini (del resto già Manzoni notava che “non si può spiegare quanto sia grande l'autorità d'un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi”).
Da un punto di vista clinico è importante differenziare questa categoria dal più piccolo gruppo degli ipocondriaci. Mentre i patofobi temono di contrarre il COVID e passano il tempo a studiarlo, gli ipocondriaci sono coloro che, in modo delirante, sono sicuri di averlo già contratto e si sentono andare in disfacimento sotto gli effetti del morbo. Gli ipocondriaci soffrono di una vera e propria psicosi delirante che riguarda il proprio corpo e dovrebbero essere sempre distinti dai patofobi perché, a differenza di questi ultimi, rappresentano un’urgenza psichiatrica. Non c’è dubbio che il trattamento di patofobi e ipocondriaci sia, però, reso oggi quasi impossibile dall’aver noi in buona parte sostituito la diagnosi clinica con quella laboratoristica. Un patofobo o un ipocondriaco asintomatici, che siano però risultati positivi alla ricerca del RNA virale, troveranno nel dato di laboratorio una conferma oggettiva alle proprie fantasie e sarà molto difficile – se non impossibile – convincerli del contrario. Molti dei pazienti che, pur in assenza di sintomi di rilievo, affollano ed intasano gli ospedali in questi giorni fanno probabilmente parte di questo gruppo.
Angosciati, misantropi, patofobi e ipocondriaci esauriscono la psicopatologia connessa all’epidemia di COVID? Certamente no, ci sono altri tipi di cui varrebbe la pena di parlare e, sicuramente, bisognerà perlomeno accennare in futuro a bambini ed anziani. Tuttavia, prima di concludere, vorrei richiamare l’attenzione su una categoria particolarissima, quella di coloro che non sono affetti, da un punto di vista psicologico, dalla pandemia. Si tratta di persone che, in cuor loro, vivono come non esistesse alcuna emergenza; quando, superficialmente, mostrano interesse, lo fanno più per conformismo sociale che per reale convinzione.
Questo gruppo si compone di due distinti sottogruppi: 1) i tifosi; 2) le persone affette da gravi disturbi mentali.
I tifosi sono persone per cui la questione dell’epidemia tende a riassumersi nel conflitto amico/nemico. Dell’epidemia avvertono solo l’occasione per dividersi in fazioni e combattersi ferocemente (anche per acquistare benemerenze presso la propria parte o per ragioni di carriera ed interesse economico). Debbono recitare di essere preoccupati per la salute o la libertà, per l’economia o il servizio sanitario (a seconda della parte scelta), ma, in realtà, l’unica cosa che loro interessa è prevalere. Se per azzardo gli schieramenti si invertissero, costoro non avrebbero nessun problema a seguire la propria fazione, sostenendo l’opposto di quanto avevano sostenuto sino ad un attimo prima.
Anche le persone affette da gravi di disturbi mentali percepiscono molto superficialmente l’epidemia. Questi malati sono spesso troppo presi dal proprio mondo interiore per rendersi davvero conto di quello che succede fuori. Un mio paziente gravemente psicotico era convinto che ogni volta che suonasse un clacson fosse un messaggio inviato a lui per indicargli di compiere o non compiere determinati gesti. Da parecchi mesi questo signore ha incluso il gesto di mettersi o levarsi la mascherina tra i gesti che i clacson gli ordinano: come si vede non si tratta di un nuovo sintomo ma dell’adattamento di uno vecchio alla diversa situazione. In questo caso, e in altri simili, sarebbe clinicamente sbagliato attribuire al COVID qualsiasi responsabilità nei disturbi dei pazienti. Tuttavia, c’è una certa ironia nel fatto che coloro che usano l’epidemia per le proprie guerre politiche, di carriera, di fazione accademica assomiglino così tanto a coloro che sono vittime di un delirio. Qui ci potrebbe essere una lezione da imparare anche per noi.
1) RCP, 2020, “Psychiatrists See Alarming Rise in Patients Needing Urgent and Emergency Care and Forecast a ‘Tsunami’ of MentalIllness”, Royal College of Psychiatrists(15 May), www.rcpsych.ac.uk/…/psychiatrists-see-alarming-rise-in-pati…
2) Nel luglio 2020 veniva pubblicata anche una prima systematic review (Salari et al., 2020, Prevalence of stress, anxiety, depression among the general population during the COVID-19 pandemic: a systematic review and meta-analysis, Globalization and Health16:57, https://doi.org/10.1186/s12992-020-00589-w) seguita da molte altre (al 1 novembre 2020, PubMed ne cita 49) sino all’ultima del 29 ottobre scorso, pubblicata sul J Health Psychol (Arora et al., 2020, The prevalence of psychological consequences of COVID-19: A systematic review and meta-analysis of observational studies. J Health Psychol. 2020 Oct 29:1359105320966639).
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Credo che di non dover o, meglio, poter aggiungere altro, tranne che invitare molti dei miei follower, conoscenti e amici a riconoscersi, purtroppo, in una delle tre descrizioni.
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Lega il figlio all’auto col guinzaglio per cani, 16enne fa arrestare padre Lo aveva visto insieme a un amico che a lui non piaceva, e tanto era bastato per l'ennesima violenza: lo aveva trascinato in campagna, lo aveva legato al cofano dell'automobile con un guinzaglio per cani e colpito alla testa con un tubo di metallo da irrigazione. Uno dei tanti episodi di una lunga storia di violenze che vedeva vittime un sedicenne del Casertano e la madre. Dopo le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Caserta, sono scattate le manette per il padre, il 54enne X. R., cittadino albanese ma residente da parecchi anni nel Casertano: l'uomo è gravemente indiziato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate nei confronti della moglie e del figlio minorenne. A far scattare gli accertamenti era stato proprio il ragazzino, 16 anni, che qualche giorno fa era scappato di casa e si era rifugiato nella Questura di Caserta. In lacrime, aveva raccontato tutto quello che era stato costretto a subire per colpa del padre, che spesso si accaniva su di lui e sulla moglie con violenze fisiche oltre che psicologiche. Vessazioni, minacce e percosse che andavano avanti da anni e che non erano state mai denunciate per paura di ritorsioni. Era stata avviata l'indagine, diretta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e affidata alla Squadra Mobile di Caserta. Gli agenti hanno convocato in Questura la moglie dell'uomo, che ha confermato il racconto del figlio e ha aggiunto altri dettagli parlando delle violenze che anche lei subiva. In diverse occasioni, ha raccontato, era stata picchiata con una cintura, strattonata per i capelli e scaraventata a terra; nemmeno allora l'uomo si era fermato, continuando a colpirla ovunque con pugni e schiaffi. Il 16enne, ascoltato in modalità protetta con l'ausilio di una psicologa, ha confermato quello che aveva detto quando si era rifugiato in Questura e ha raccontato l'episodio del guinzaglio (...) Nico Falco
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Il manoscritto: Il ritorno della detective Hanne Wilhelmsen in un thriller mozzafiato di Anne Holt. Recensione di Alessandria today
Un caso misterioso e inquietante che sfida la mente e il coraggio della detective Hanne Wilhelmsen tra segreti, suspense e colpi di scena
Un caso misterioso e inquietante che sfida la mente e il coraggio della detective Hanne Wilhelmsen tra segreti, suspense e colpi di scena. Il manoscritto di Anne Holt segna il ritorno della celebre detective Hanne Wilhelmsen, in un thriller psicologico che cattura e mantiene il lettore incollato alla pagina fino all’ultima riga. Ambientato in un’atmosfera glaciale e carica di tensione, il…
#Anne Holt#atmosfere glaciali#Colpi di scena#colpi di scena inaspettati#criminalità e giustizia#criminologia#detective carismatica#detective Hanne Wilhelmsen#gialli psicologici#Giallo nordico#giallo scandinavo#Hanne Wilhelmsen#Il Manoscritto#indagine poliziesca#indagini psicologiche#intrighi investigativi#lettura coinvolgente#lettura incalzante#lettura thriller#libri di suspence#misteri da risolvere#misteri in Norvegia#misteri oscuri#mistero e suspense#narrativa scandinava#personaggi complessi#protagonista femminile#psicologia investigativa#ritorno della detective#romanzi di Anne Holt
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Più Solidarietà
CONTRATTO DI SERVIZIO 2019/2021 FRA L'AZIENDA SPECIALE CONSORTILE "MEDIO OLONA SERVIZI ALLA PERSONA" E IL COMUNE DI SOLBIATE OLONA
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A. Area Minori
Servizio tutela minori
Il servizio tutela minori garantisce interventi finalizzati alla protezione/tutela dei minori con provvedimento dell’autorità giudiziaria (sia civile che penale) e al sostegno/recupero delle competenze educative delle famiglie di appartenenza. Offre la consulenza in materia agli operatori dei servizi territoriali, la mediazione famigliare e la consulenza legale.
Servizio di Assistenza Domiciliare Minori
Il servizio di assistenza domiciliare minori, attraverso interventi di tipo educativo realizzati presso il domicilio del minore o presso servizi e strutture del territorio, per prevenire il disagio e riparare situazioni problematiche conclamate.
Servizio affidi
Il servizio affidi, collaborando con le realtà pubbliche e private che si occupano di affido, sensibilizza il territorio al tema fornendo formazione e informazioni.
Valuta le coppie al fine di abbinare minore e famiglia affidataria, accompagnando e monitorando gli stessi nel percorso di affido.
Servizio adozioni
Il servizio adozioni si occupa di informazione, sensibilizzazione e formazione sul tema. Svolge le indagini psico-sociali richieste dall’autorità giudiziaria e offre supporto ai genitori adottivi.
Tempo famiglia
Il servizio tempo famiglia offre occasioni di mutuo-aiuto e supporto professionale sulle strategie educative per indirizzare la famiglia ad un supporto psicopedagogico o ai servizi territoriali più adatti.
Servizi scolastici
Il servizio di assistenza ad personam e/o di gruppo fornisce interventi educativi (e/o assistenziali) sia in orario scolastico che extra scolastico. Si rivolge a studenti con diagnosi funzionale frequentanti gli istituti di ogni ordine e grado.
Il servizio di pre e post scuola garantisce la possibilità di anticipare l’ingresso o posticipare l’uscita da scuola degli alunni rispetto all’orario delle lezioni e favorisce la conciliazione tempo lavoro-vita.
Il servizio di facilitazione linguistica si rivolge ad alunni stranieri che presentano alcune difficoltà
Il servizio di accompagnamento nel trasporto scolastico garantisce personale dedicato durante il tragitto casa-scuola e scuola-casa.
Il servizio di assistenza alla mensa si concretizza in un’assistenza durante il tempo-mensa.
Il servizio di supporto/sportello psicologico e/o psicopedagogico si rivolge sia ai docenti sia ai genitori sia agli alunni per consulenze psicologiche e supporto in situazioni particolari.
Progetto V.Ol.O.
Il progetto V.Ol.O. è un intervento di orientamento verso la scelta della scuola secondaria di secondo grado
B. Area Anziani
Servizio di assistenza domiciliare
Il servizio di assistenza domiciliare offre assistenza diretta nella cura della persona, ma anche al suo ambiente di vita, e di supporto al contesto socio-relazionale, a persone anziane o in situazione di fragilità in un’ottica di prevenzione secondaria e di riabilitazione, nonché di reinserimento e mantenimento della persona nel proprio ambiente di vita.
Pasti a domicilio
Il servizio di pasti a domicilio si rivolge, di norma, a persone anziane (ultrasessantacinquenni) con ridotta autonomia funzionale e persone disabili incapaci di provvedere in modo autonomo alla preparazione dei pasti, che vivono sole o con familiari non in grado di provvedere a tale necessità.
Telesoccorso
Il servizio di telesoccorso risponde alla necessità di soggetti parzialmente non autosufficienti di chiedere aiuto in situazioni di emergenza garantendo un pronto intervento immediato 24 h su 24 h e viene attivato a favore di chi ne fa richiesta.
Trasporto Sociale
Il servizio ha lo scopo di favorire la mobilità delle persone con difficoltà di spostamento per il raggiungimento delle strutture socio-ricreative, sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali, con trasporti abituali e/o occasionali, sostenendo l’accessibilità ai servizi di pubblica utilità e garantendo l’autonomia personale.
C. Area Disabili
Servizio di assistenza domiciliare
Il servizio di assistenza domiciliare offre assistenza diretta nella cura della persona, ma anche al suo ambiente di vita, e di supporto al contesto socio-relazionale, a persone anziane o in situazione di fragilità in un’ottica di prevenzione secondaria e di riabilitazione, nonché di reinserimento e mantenimento della persona nel proprio ambiente di vita.
Servizio Inserimenti Lavorativi – Progetto Giasone
Il servizio NIL realizza progetti di integrazione socio lavorativa i disabili e per la generalità dei cittadini che richiedono uno specifico intervento d’accompagnamento sociale.
Il servizio si fonda su una metodologia di intervento che prevede un lavoro di programmazione e di progettazione individuale con i Servizi Sociali Comunali, i Servizi territoriali Specialistici, i Centri per l’Impiego, le realtà produttive-industriali-artigianali, le Agenzie formative, gli Informalavoro comunali, il Collocamento Mirato provinciale e le Associazioni di Categoria.
D. Area Inclusione sociale
Segretariato sociale e Servizio sociale professionale
Il servizio offre informazioni e orientamento per facilitare l’accesso ai servizi nei diversi ambiti di intervento: famiglie, minori, anziani, disabili, utenza diversificata
L’azienda ha costituito nel 2017 un’equipe degli operatori che operano in questo servizio e nel SIA REI, quale occasione di confronto e scambio sui metodi di intervento, sulla gestione delle situazioni più critiche.
Sportello immigrati
Lo sportello immigrati offre ai cittadini italiani e stranieri informazioni e orientamento verso i servizi territoriali e assistenza per il disbrigo delle pratiche
E. Area progetti
Progetto PASS
L’Azienda ha elaborato e sta realizzando il progetto PASS che prevede l’apertura sul territorio dell’Ambito di diversi punti unici di accesso ai servizi socio sanitari e socio assistenziali e fornisce anche servizio di CUP e scelta e revoca.
L’equipe, formata da personale amministrativo e da un assistente sociale è specializzata sul sistema dei servizi rivolti a persone fragili, disabili e anziani, e in caso di bisogni complessi accompagna la persona/famiglia verso il servizio specialistico più adatto.
Con la realizzazione del PASS si attua anche la previsione normativa disciplinata dalla L.R. 15/2015, garantendo l’apertura dello sportello per l’assistenza familiare e l’istituzione/aggiornamento del registro territoriale degli assistenti familiari.
L’Azienda, in qualità di partner, svolge attività di promozione dei progetti realizzati dai Comuni dell’Ambito (es. progetto “Work life balance: crescere insieme cooperando”).
F. Progetti/attività dell’ente capofila
SIA REI
L’Azienda, come ente capofila dell’Ambito di Castellanza, gestisce le risorse di cui al finanziamento dell’Avviso 3/2016 per le annualità 2017-2018-2019 afferente al PON Inclusione 2014-2020. Attraverso tale finanziamento da Dicembre 2016 è garantito per 38 h settimanali il potenziamento del servizio di segretariato sociale dei Comuni dell’Ambito al fine di accogliere e supportare le famiglie in possesso dei requisiti che desiderano presentare domanda di accesso alle misure nazionali di Sostegno all’Inclusione Attiva e di Reddito di Inclusione. È garantita allo stesso tempo la presa in carico dei nuclei che hanno accesso alle misure al fine di elaborare il progetto personalizzato di inclusione sociale e attivazione lavorativa e monitorarne l’adesione, condizione necessaria al fine del mantenimento del beneficio economico concesso. Il finanziamento copre anche parte delle spese per l’implementazione della Cartella Sociale Informatizzata avviata nell’anno 2017, spese per l’acquisto di dotazione strumentale e informatica utile allo svolgimento del servizio e per iniziative formative rivolte agli operatori coinvolti nell’attuazione delle misure.
Reddito di cittadinanza (Fondo Povertà)
Il Fondo Povertà, istituito dalla Legge di Stabilità 2016, prevede l'impiego di risorse per la valutazione multidimensionale finalizzata ad identificare i bisogni del nucleo familiare e per i sostegni da individuare nel progetto personalizzato prevedendo un miglioramento progressivo delle condizioni di vita delle persone e delle famiglie che si trovano in stato di bisogno, attraverso la combinazione di 3 componenti: un adeguato sostegno al reddito, l’accesso ai mercati del lavoro in grado di favorire l’inserimento, l’accesso a servizi di qualità. Possono accedere alle risorse destinate dal Fondo Povertà:
1) Beneficiari della misura Reddito di Cittadinanza
2) Singoli o nuclei in condizione di povertà estrema che non rientrano tra i beneficiari del Reddito di Cittadinanza. Ai fini dell’individuazione delle famiglie in tale condizione, si tiene conto della disponibilità di denaro necessario a soddisfare i bisogni primari, cibo, vestiti, abitazioni, della possibilità di accedere ai beni ed ai servizi necessari per vivere.
Con i fondi assegnati all’Ambito tramite questo fondo si potenziano le attività di segretariato sui comuni e si offrono servizi per la realizzazione dei progetti attivati.
Fondazione del Varesotto
Progetto “welfare inclusivo: un'opportunità per tutti” in collaborazione con il Comune di Busto Arsizio, Fondazione del Varesotto e ASC. Il progetto si sostanzia in formazione svolta dalla Psicologa Marta Zighetti basata sul welfare aziendale inclusivo che si declina, in questo caso, in progetti di inserimento di adulti (rei e rdc) normodotati ma socialmente fragili. La fondazione del Varesotto finanzierà il tempo della formazione, il comune di Busto Arsizio e ASC si relazioneranno con le aziende interessate e finanzieranno il costo dei tirocini mentre il capofila del progetto elaborerà il progetto.
Progetto conciliazione
L’Azienda, come ente capofila dell’Ambito di Castellanza, è soggetto capofila del progetto “La conciliazione…pronti, via sperimentiamo…” che si propone di sensibilizzare il territorio sui temi della conciliazione dei tempi di vita con i tempi lavorativi e di sostenere le famiglie che fruiscono di servizi di conciliazione attraverso l’erogazione di buoni/voucher.
Rete antiviolenza – Centro ICORE
L’Azienda, come ente capofila dell’Ambito, ha aderito alla Rete Antiviolenza interistituzionale di Varese. La Rete, ai sensi della DGR 6714/2017, sta realizzando il progetto Chi. Ama (finanziato da Regione e attraverso il cofinanziamento degli Ambiti territoriali) che prevede di sostenere le attività e gli interventi assicurati dai Centri Antiviolenza
Dipendenza gioco d’azzardo
L’Azienda, come ente capofila dell’Ambito, ha aderito al Progetto #Azzardotivinco 2019 che prevede di realizzare una serie di iniziative finalizzate a sensibilizzare la cittadinanza sulla dipendenza generata dal gioco d’azzardo.
Ambliopia
Ai cittadini dell’Ambito è offerta informazione sull’ambliopia e la possibilità di prenotare visite gratuite di screening per bambini tra i 10 e i 22 mesi al fine di prevenire l’insorgere della patologia e di altri difetti macroscopici della vista.
Politiche abitative
Gestione di misure a sostegno delle famiglie per il mantenimento dell’abitazione in locazione o per la ricerca di nuove soluzioni abitative temporanee, volte al contenimento dell’emergenza abitativa con l’utilizzo di fondi regionali.
Gestione bandi per assegnazione/utilizzo Fondi regionali e nazionali
L’Azienda gestisce, sulla base delle indicazioni normative e della programmazione approvata dall’Assemblea dei Sindaci del Piano di zona, organo esterno all'Azienda, le risorse dei Fondi regionali e nazionali (FNPS, FSR, FNA, Fondo emergenza abitativa).
documentazione completa al link: http://www.solbiateolona.org/c012122/mc/mc_p_dettaglio.php
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REGOLAMENTO DEL FONDO SOCIALE
COMUNE D I SOLBIATE OLONA
Art. 1 – Finalità
1.1. Il Comune di Solbiate Olona fonda la propria attività istituzionale anche sul principio della compartecipazione e della solidarietà ai soggetti più deboli
della società e considera di valore preminente tutte quelle iniziative rivolte al
sostegno della famiglia o del singolo individuo.
Sulla base di tali principi è istituito un Fondo di Solidarietà da destinarsi ai casi in cui singole persone o nuclei familiari si trovino a dover fronteggiare un’improvvisa e straordinaria situazione di disagio economico derivante da avvenimenti che mettono in crisi la capacità di reddito ed il menage familiare.
L’esigenza nasce anche in seguito alla valutazione che le risorse, a
disposizione dei servizi sociali sono insufficienti a fronteggiare le varie
emergenze del settore e che risulta improcrastinabile l’individuazione di
idonei strumenti a sostegno delle attività sociali svolte dal Comune.
Gli interventi sono rivolti ai cittadini italiani e stranieri regolarmente
soggiornanti e con residenza anagrafica nel Comune di Solbiate Olona da
almeno tre anni, come previsto dal vigente Regolamento comunale per
l’erogazione di contributi economici ai fini socio-assistenziali.
1.2. Il presente regolamento disciplina gli interventi a sostegno delle persone
che, per ragioni indipendenti dalla loro volontà, versino improvvisamente in
condizioni di gravissima emergenza sia essa di ordine sanitario che sociale e
non possano, quindi, usufruire dell’assistenza istituzionalmente intesa.
Art. 2 – Obiettivi del Fondo
2.1. Il Fondo di solidarietà è destinato oltre che al sostegno delle attività
sociali svolte dal Comune ad incentivare l’attività amministrativa nell’ambito
delle azioni ordinarie per la solidarietà sociale. In particolare il Fondo ha la
funzione di:
a) - integrare le azioni di sostegno per altre situazioni di disagio o di bisogno
non risolvibili con il normale intervento di assistenza sociale;
b) - consentire interventi di sostegno al reddito di natura straordinaria in
relazione a situazioni di crisi occupazionale acute alla cui gestione non si può
provvedere con gli strumenti disposti dalla vigente legislazione;
c) - integrare, laddove non sufficiente, l’assistenza agli anziani privi di parenti;
d) – consentire interventi a tutela e sostegno delle donne e ragazze madri
colpite da gravi disagi familiari (violenza, abusi, maltrattamenti, stalking etc.),
finalizzati a garantire per sé e per i figli una integrazione sociale e l’esercizio dei diritti fondamentali.
Art. 3 – Finanziamento del Fondo di Solidarietà
3.1. Il Fondo di Solidarietà è finanziato con le donazioni di privati cittadini,
imprese, enti, associazioni, società, banche, dai versamenti volontari del
cinque per mille
Allo scopo il Comune si dota di apposito C/C postale.
La donazione da terzi diviene quindi una delle modalità di incremento del
Fondo, al pari delle altre forme eventualmente previste dalle leggi. La sua
istituzione è disciplinata dalla costituzione di un apposito capitolo del bilancio
comunale. Il fondo può essere integrato anche con fondi di bilancio.
Art. 4 – Gestione del Fondo di Solidarietà
4.1. Il Fondo di Solidarietà costituisce parte integrante del Bilancio Comunale.
Per quanto riguarda l’individuazione dei beneficiari, le priorità negli interventi
di sostegno, i criteri generali per la determinazione del contributo, i contributi
temporanei, le modalità di calcolo, le esclusioni, le procedure per l’accesso ai
contributi, i controlli, la deroga ai requisiti previsti si rimanda al vigente
Regolamento comunale per l’erogazione do contributi ai fini socioassistenziali.
Art. 5 – Utilizzo straordinario del Fondo di Solidarietà
5.1. Il Sindaco e La Giunta possono su semplice richiesta dell’Assistente
Sociale anticipare parte delle somme presenti nel Fondo di Solidarietà ad
interventi che sono di pertinenza dell’Amministrazione Comunale,
esclusivamente in caso di interventi che richiedano una disponibilità
immediata di fondi che non sia possibile erogare con le normali procedure
amministrative e che rientrino nelle finalità di cui all’art. 1.
5.2. La richiesta dell’Assistente Sociale deve specificare: l’intervento da
finanziare e le motivazioni che giustificano l’utilizzo straordinario del Fondo di
Solidarietà con particolare riferimento alle caratteristiche di urgenza e reale
necessità.
5.3. Le somme così destinate sono in realtà solo anticipate dal Fondo e
devono essere immediatamente reintegrate non appena conclusosi l’iter
amministrativo che avrebbe dovuto finanziare l’intervento per cui è stata fatta
la richiesta.
Art. 6 – Rinvio alla normativa
6.1. Per quanto non previsto dal presente Regolamento si fa riferimento alle
leggi o ai regolamenti vigenti.
Art. 7 – Entrata in vigore
7.1. Il presente regolamento entra in vigore contestualmente alla raggiunta
esecutività della deliberazione inerente la sua approvazione.
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Le parole dell’inquietudine, di Gabriella Paci
Le parole dell’inquietudine, di Gabriella Paci
Le parole dell’inquietudine, di Gabriella Paci Le parole dell’inquietudine ““ ediz .Luoghinteriori 2019 presenta un contenuto,che, come suggerisce il titolo, è contrassegnato da visioni ed indagini psicologiche inquiete ,dubbiose,alla ricerca,talvolta fallimentare,di certezze o risposte confortanti. Ma proprio nella esplicitazione di tali stati d’animo ,sembra scaturire una possibile via…
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ANNA FUNDER: C’ERA UNA VOLTA LA DDR
Ho sempre nutrito una passione malsana per la DDR, una passione che deve avere qualche causa psicanaliticamente analizzabile e spiegabile, ma non credo di essere l’unico ad aver nutrito una sorta di inspiegabile simpatia per quel regime così spietato. La Repubblica Democratica Tedesca, quella che esisteva prima del novembre del 1989, sembrava voler dimostrare che il socialismo potesse essere realizzato e che essa ne fosse la prova tangibile tanto che, per accedere a questa consolatoria convinzione, si era disposti anche a sorvolare su “qualche dettaglio”. Ecco sono proprio questi dettagli l’argomento del volumetto, edito nel lontano 2005 e riedito nel 2010 da Feltrinelli , che leggo solo ora (un regalo di compleanno di mio nipote Stefano che conosce le mie debolezze). “C’era una volta la DDR” (goffa ed insulsa traduzione di “Stasiland”) è un romanzo storico, semplicemente terribile, che racconta della più crudele e becera polizia politica di un regime moderno, la famigerata Stasi, attraverso le ricerche di Anna Funder, giornalista australiana che ha studiato a lungo la Germania Est ed ha vissuto a Berlino. Anna Funder ripercorre la vicenda della Stasi attraverso le testimonianze di vittime e carnefici, che nella Germania dell’Est fino al 1989, qualche volta, potevano essere anche incarnati in una stessa persona: molti cittadini spiavano per la Stasi ed erano a loro volta spiati. Del resto la cosa non sorprende visto che, per stessa ammissione di fonti ufficiali, il rapporto tra spie e spiati in quel losco regime era di uno a sei. Spina dorsale di tutto il libro è certamente la storia di Julia, una donna spiata e perseguitata a lungo dalla Stasi e che racconta la sua storia, fatta di pedinamenti, indagini, interrogatori e torture psicologiche a causa della posizione critica del padre verso il regime. “Nella DDR si chiedeva alla gente di acquisire per dati di fatto tutto un assortimento di invenzioni. Alcune erano fondamentali, come l’idea che la natura umana sia un’opera in via di realizzazione che può essere migliorata, e che il modo di farlo è il comunismo…” scrive Anna Funder. Altre invenzioni erano che nessun tedesco orientale fosse responsabile dell’Olocausto (cosa oggettivamente difficile da credere) e che il cosiddetto socialismo reale avrebbe portato alla pace. La Funder inoltre racconta, anche attraverso la voce dei testimoni, di una serie di assurdità che appaiono comuni a molte dittature di ogni colore, come per esempio che i telegiornali erano molto lunghi, poiché ogni volta veniva nominato Erich Honecker, venivano anche citati tutti i titoli e con tutte le sue funzioni, dalla primo all’ultima. Anna Funder penetra nello spettrale edificio della Stasi, il cosiddetto “palazzo di linoleum” nel quartiere Mitte, con edifici in cui predominano tutti i toni di grigio. La ricerca dei documenti risulta particolarmente semplice nonostante che, alla caduta del muro, la DDR avesse assunto centinaia di persone con lo specifico scopo di distruggerli. Ma, naturalmente, le scoperte non mancano a cominciare dalla intensa attività di Erich Mielke, famigerato capo della Stasi. Dopo la caduta del muro, i media tedeschi definirono la Stasi come “il più perfezionato sistema di sorveglianza di uno stato” e, quel che più colpisce del volume, è certamente il fatto che non si tratti solo di un saggio dotto e documentato del sistema di controllo e repressione della DDR, ma contemporaneamente una sorta di romanzo documentario che intreccia le vicende politiche a quelle umane di tanti abitanti della ex Germania democratica. Come tutti i libri di valore il tempo, che è intercorso tra la sua uscita editoriale e quello della lettura, non influisce minimamente sulla qualità della scrittura dell’autrice e nemmeno sulla disumanità di quelle vicende che urlano, ancora una volta, che qualsiasi democrazia difettosa, è sempre assai meglio di una perfetta dittatura. E qualche vicenda attuale ce lo ricorda, ancora una volta, con forza.
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Villesse, violenze sulla figliastra, costretta a pulire e servire la famiglia: arrestato 53enne dai Carabinieri
Villesse, violenze sulla figliastra, costretta a pulire e servire la famiglia: arrestato 53enne dai Carabinieri. Un 53enne residente a Villesse è stato arrestato dai Carabinieri della locale Stazione nella mattinata del 16 maggio, poiché ritenuto responsabile di maltrattamenti in danno della figliastra, mentre la moglie, una 32enne di origini straniere e madre naturale della 13enne, è stata deferita in stato di libertà per analoga ipotesi di reato, per la sua presunta condotta omissiva in quanto non si sarebbe opposta alle vessazioni subite dalla minore. L’indagine ha preso il via grazie ad una segnalazione da parte delle Istituzioni scolastiche che hanno raccolto le confidenze della ragazzina. Avviate le prime urgenti attività di riscontro, i militari, coordinati dalla Procura della Repubblica di Gorizia, hanno posto in essere anche attività di natura tecnica, attraverso cui è stato possibile delineare un quadro di maltrattamenti perpetrato dall’arrestato ai danni della giovanissima, spesso alla presenza anche dei due fratelli minori, nei confronti della quale sono state documentate, con frequenza pressoché quotidiana, violenze sia fisiche che psicologiche. Oltre a tali soprusi posti in essere dall’indagato, che è stato tradotto presso la Casa Circondariale di Gorizia, gli accertamenti hanno portato alla luce la gravità e la delicatezza della situazione: la ragazzina veniva anche costretta a pulire quotidianamente la casa, ad occuparsi del bucato e a servire il resto della famiglia a tavola, con la paura di essere svegliata nel cuore della notte, di non poter frequentare la scuola o peggio di dover sottostare ad estenuanti allenamenti in giardino, come una sorta di moderna “Cenerentola”. L’attività di polizia giudiziaria portata a termine rappresenta il primo caso quantomeno in provincia di applicazione dell’“arresto in flagranza differita”, introdotto dalla recente legge c.d. “Salva Vita” (Legge 24 novembre 2023, n. 168 recante “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”). L’arresto differito, che deve comunque avvenire entro 48 ore dal fatto, prevede che l’autore del reato venga considerato in stato di flagranza, e possa dunque essere arrestato, anche sulla base di documentazione videofotografica o altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto procedersi. Il 20 maggio 2024 l’arresto è stato convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Gorizia, che ha disposto che la permanenza in carcere dell’indagato. Alcuni consigli utili in materia di maltrattamenti sono sfogliabili qui.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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