#armi acciaio e malattie
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...la storia raccontata fuori dai libri di storia. La storia di una battaglia quotidiana che dura da decine di millenni, la storia dei piccoli uomini che lentamente hanno addomesticato le patate e scoperto il caffè, la storia di avvenimenti casuali, processi lunghi millenni e determinazione ed errori. La nostra storia. Jared Diamond distrugge il razzismo, animalizza l'uomo, mette a fuoco la meravigliosa complessità del nostro cammino su questo pianeta. In questo libro si pone l'obiettivo decisamente ambizioso di rispondere a una domanda fondamentale della storia dell'umanità... perché sono gli europei ad aver conquistato il mondo e non gli altri popoli come ad esempio i cinesi oppure gli africani? Diamond adotta un processo di analisi decisamente scaltro. In breve, cerca di capire quali sono i fattori che portano alla nascita di un'innovazione e quali sono i fattori che ne consentono una rapida diffusione. La conclusione di questo ragionamento è di una semplicità disarmante. Semplificando, secondo l'autore la nascita e l'evoluzione delle civiltà sono determinate in maniera sostanziale dalla conformazione dei continenti, ossia dalla possibilità che in un determinato luogo sia possibile sviluppare agricoltura e allevamento e che in questo luogo non esistano barriere naturali che impediscano lo scambio di colture e bestiame alle medesime latitudini, in modo tale da aumentare le varietà autoctone. Tutto il resto, ossia armi, acciaio e malattie, viene di conseguenza...Questo testo rappresenta un'ulteriore spallata a tutti quei pregiudizi basati sulle differenze dei popoli. Non esistono razze o popoli superiori, ma solo fortunati, che hanno avuto il vantaggio di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Libri come questo dovrebbero essere divulgati nelle scuole e costituire un saggio di formazione per le nuove generazioni affinché crescano libere da pregiudizi e avversioni nei confronti di tutti i "diversi"...#bookstore #instabook #igersravenna ##ig_books #libri #instaravenna #consiglidilettura #bookstagram #booklovers #jareddiamond (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/CqAADVxoB1m/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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I microbi che colpiscono i popoli isolati e poco numerosi devono essere per forza i più antichi. Potevamo ospitarli in noi nei milioni di anni della nostra storia evolutiva in cui eravamo pochi e sparsi qua e là; e sono inoltre comuni ai nostri parenti più prossimi, le scimmie antropomorfe. Le grandi malattie epidemiche, invece, si sono potute originare solo con l'arrivo delle società numerose e densamente popolate, società che iniziarono a formarsi 10 000 anni fa con la nascita dell'agricoltura e che subirono un'accelerazione con la nascita delle città qualche migliaio di anni dopo. Le prime presenze accertate di alcune malattie sono infatti assai recenti: il vaiolo (scoperto grazie alle cicatrici su una mummia egiziana) nel 1600 a. C., gli orecchioni nel 400 a. C., la lebbra nel 200 a. C., la poliomielite epidemica nel 1840 e l'AIDS nel 1959. Perché l'agricoltura è responsabile della nascita delle malattie infettive? Una ragione l'abbiamo appena vista: permette densità abitative assai superiori (da 10 a 100 volte) rispetto allo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori. Inoltre questi ultimi sono nomadi, che abbandonano gli accampamenti e con essi i loro escrementi, potenziali ricettacoli di germi e parassiti. I contadini sedentari, invece, devono convivere con i loro rifiuti, il che fornisce ai microbi una comoda strada per diffondersi nelle acque utilizzate dalla comunità. Alcuni popoli rendono le cose ancora più facili ai batteri e vermi fecali raccogliendo le loro deiezioni e spargendole sui campi come concime. Le tecniche di irrigazione e di piscicoltura, poi, facilitano la vita ai molluschi vettori della schistosomiasi e alle fasciole, che possono infilarsi nella pelle di chi si avventura nelle acque contaminate. Inoltre, gli insediamenti agricoli attirano i roditori, che sono notori veicoli di malattie. Il disboscamento, infine, rende l'habitat ideale per il prosperare della zanzara anofele che porta la malaria. Se la nascita dell'agricoltura fu una festa per i nostri microbi, l'arrivo delle città fu addirittura la manna dal cielo: in città c'erano molti più ospiti potenziali, e in condizioni igieniche ancora peggiori. Bisogna aspettare l'inizio del nostro secolo per poter considerare le città europee autosufficienti dal punto di vista demografico; fino ad allora un flusso costante di immigranti dalle campagne era necessario per bilanciare l'altissimo tasso di mortalità dovuto alle malattie infettive. Un altro momento di gloria nella storia dei germi fu l'apertura delle rotte commerciali, che trasformarono i popoli di Europa, Asia e Nordafrica in un gigantesco banchetto per microbi. In questo modo, il vaiolo poté raggiungere Roma e uccidere milioni di cittadini dell'impero tra il 165 e il 180 d. C. La peste bubbonica arrivò allo stesso modo più tardi (nel 542-543, sotto Giustiniano), ma colpì con forza per la prima volta con la grande pestilenza del 1346. Responsabile di quest'ultima fu l'apertura di una nuova rotta terrestre con la Cina, attraverso la quale giungevano pellicce infestate dalle pulci che ospitavano il germe. Oggi, con gli aerei, i trasporti sono diventati più veloci del decorso delle malattie: nel 1991 un aereo argentino proveniente da Lima trasportò in poche ore a Los Angeles (a 4800 chilometri di distanza) decine di individui portatori del colera.
Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie. Breve storia degli ultimi tredicimila anni, traduzione di Luigi Civalleri, collana "Super ET", Einaudi, 2005; pp. 157-58.
[ Edizione originale: Guns, Germs and Steel: The Fates of Human Societies, W. W. Norton & Company, New York - Londra, 1997 ]
#Jared Diamond#Diamond#Armi acciaio e malattie#scienze#biologia#malattie#diiffusione delle malattie#epidemie#epidemiologia#società#società umane#scienze naturali#civiltà#civiltà del passato#citazioni#saggi#saggistica#libri#letture#leggere#divulgazione scientifica
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memoria #21
Fino a cinque anni fa Alberto o’ Grampied insegnava matematica in una scuola di Spoleto. Oggi fa il cantastorie nelle piazze d'Italia. La sua casa è un camper. “Ho centinaia di amici - la mia grande ricchezza - ovunque, da Santa Maria di Leuca alle Alpi”, dice Alberto al VeLino. Alberto o’ Grampied (nome che gli hanno affibbiato in Francia, dove da ragazzo andava a lavorare saltuariamente) è un artista di strada. Quest'estate ha abbandonato il mezzo a motore e ha affidato i suoi bagagli a Cecio, un asinello che lo ha accompagnato dalla Toscana al basso Lazio. “In un mese e mezzo abbiamo percorso circa 600 chilometri. Per dormire io e Cecio ci fermavamo ovunque ci dessero ospitalità: in genere i contadini ci offrivano un angolo di prato”. Alberto partecipa ai festival oppure improvvisa spettacoli nei posti in cui si trova a passare. “Noi artisti di strada portiamo il sorriso in maniera semplice e intelligente, con battute che sono antiche come il mondo, ma naturali e, cosa più bella, coinvolgiamo il pubblico”. Come tutti gli artisti di strada, vive alla giornata. “Ciò che ci caratterizza è la libertà, che da un lato ci permette di partire per una qualsiasi città del mondo anche domani. Ma dall'altro c'è la precarietà di non avere un lavoro sicuro”. Come Alberto, tante altre persone hanno abbandonato un lavoro tradizionale per dedicarsi al teatro di strada. Lo conferma Alessandro Gigli, da 14 anni direttore artistico di Mercantia, la kermesse del teatro di strada più affermata del nostro paese, che ogni anno si tiene a Certaldo, in Toscana. “C'è chi, prima di dedicarsi a questo mestiere, faceva l'insegnante, chi faceva l'esattore delle tasse”, dice al VeLino Gigli, lui stesso burattinaio e cantastorie. Clown, trampolieri, fachiri, funamboli, giocolieri, mimi: al festival di Certaldo hanno partecipato tra il 17 e il 22 luglio scorso più di cento gruppi di artisti. È una manifestazione nata nel 1988 e che ha fatto di Certaldo la patria del teatro di strada. “All'inizio è stato difficile mettere insieme una decina di gruppi, ma quando abbiamo festeggiato il decennale, nel 1997, siamo arrivati a ospitarne 276”, spiega Gigli. “Dall'anno seguente abbiamo cambiato direzione: una volta promossa l'arte di strada, abbiamo curato la qualità e l'internazionalità: oggi a Certaldo arrivano artisti dall'India, dal Giappone, dal Sud America, insomma da tutto il mondo”. Le piazze del piccolo e suggestivo borgo medioevale si trasformano in palcoscenici aperti: ospitano compagnie che rappresentano pezzi teatrali, ma non rifiutano gli artisti che “vanno a cappello”. “Già”, precisa Gigli, “sono quelli che partecipano senza ricevere il cachet, ma che dopo lo spettacolo ricevono sul piattino le offerte del pubblico. Si trovano nello spazio-off”. L'organizzazione del grande evento estivo costa al comune di Certaldo 800 milioni, che vengono quasi completamente ripagati dal biglietto dei visitatori, quest'anno circa 40 mila. “Non è un festival, è una grande festa”, chiarisce Gigli, “dove si va oltre la divisione dei ruoli. Questo è il grande potere del dell'arte di strada: il coinvolgimento del pubblico. Tutto nel nostro mondo è ravvicinato: in una piazza di 50 metri ci sono 15 punti di spettacolo”. Un genere che deve molto alla commedia dell'arte e alla tradizione del giullare di corte. “È un teatro popolare”, sostiene Gigli, “nell'accezione di non borghese, di comunitario. Ed è antico, antico quanto il mondo”. IL PROBLEMA DEGLI ARTISTI DI STRADA è l'assenza di riconoscimento da parte dello Stato. Per informarli e a tutelarli esiste però, da qualche anno, un sindacato, la Fnas (Federazione nazionale artisti di strada). Tuttavia in Italia ci sono luoghi “liberalizzati”. Tra i comuni capofila c'è San Giovanni in Persiceto, 20 chilometri da Bologna, che da sei anni riunisce un centinaio di artisti di strada (la manifestazione si svolgerà alla fine di questa settimana, dal 21 al 23 settembre). “Il comune ha deliberato l'apertura delle strade agli artisti durante tutto l'anno”, spiega Marco Schiavina, direttore artistico di Arte & Città. “Vale a dire che quelli che sono di passaggio in qualsiasi momento dell'anno, al di fuori di kermesse organizzate, possono fermarsi ed esibirsi senza chiedere il permesso”. In questo modo il centro medioevale di San Giovanni (città che conta 23 mila abitanti) mantiene viva una antica tradizione: “Il nostro paese ha dato i natali al poeta e cantastorie Giulio Cesare Croce, creatore del personaggio di Bertoldo”. Sebbene tanti altri comuni sull'esempio di San Giovanni abbiano proceduto a legalizzare questo tipo di arte, il teatro di strada in Italia è meno diffuso di quello tradizionale. Specialmente rispetto ad altri paesi d'Europa, in testa la Francia, dove si svolge il festival storico di Avignone. “È il posto dove si confrontano le più grosse tradizioni teatrali”, commenta la giornalista dell'Espresso Rita Cirio, critico teatrale. “La Francia è la capitale della libertà di espressione e di esibizione. Spettacoli del genere però, si possono vedere facilmente anche a Edimburgo e a Londra”. Ma il fatto che nella nostra nazione l'arte di strada non sia granché istituzionalizzata non dispiace ai diretti interessati. “Manteniamo una certa freschezza e quando andiamo all'estero tutti si accorgono della nostra genuinità”, dice il direttore di Mercantia. Gli fa eco l'artista Paolo Stratta di Torino, che guida l'associazione Qanet. “Legalizzare il teatro significa snaturarlo”, dice Stratta al VeLino. “È come organizzare una festa a sorpresa e poi dire a tutti ci vediamo domani alle sette”.
Articolo del 2001, qui la fonte
Giorni fa ho fatto un viaggio in treno con il cantastorie Albert'o Grampied, ci siamo incontrati ad un convegno di artisti di strada e lui mi ha accompagnato per un pezzo del ritorno raccontandomi di lui.
Non insegna più in una scuola superiore, adesso insegna matematica in un carcere, che insegnare ai criminali è meno faticoso, criminali che spesso son solo dei disperati, magari con già una laurea, che non sanno come mantenersi, ma stanno lì.
Che bello anche io se avessi potuto prendere una seconda laurea e non si sa mai, sceglierei matematica, mi spiace non averla scelta tempo fa eh, ma scommetto che quando io mi laureai a suo tempo tu non eri nemmeno nata, ma va, sembri grande, ma non così grande, beh io mi son laureato nel luglio dell'81, ah ok, hai vinto tu, ma gli anni te lo porti benissimo, lo so, io vado piano, per un po’ ho provato anche a dorso di un asino, ma è difficile.
Sarebbe meglio vivere lentamente, ma in un mondo che va veloce è difficile e doloroso, ci siam detti.
Come mai ci siamo ridotti così? Chi ci ha allontanato dallo spirito del mondo? Perchè tutte queste differenze tra noi stessi?
E allora prima di salutarmi mi ha consigliato il libro del titolo e lo consiglio a tutti e ognuno ne tragga le conclusioni che vuole. (ve l'ho linkato)
E gli ho detto che spero sinceramente di vederlo di nuovo, magari di nuovo tra gli artisti di strada, un altro raduno e lui mi ha risposto, magari prima inshallah.
Inshallah allora e buona fortuna a tutti.
#lemiememorie#6 maggio 2014#giocoleria#asino#diamond#armi acciaio e malattie#libro#allah#grandpie#incontri#vita#carcere#matematica#viaggi
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Armi, acciaio e malattie
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Armi, acciaio e malattie
Durante una discussione sull’immigrazione e sulle cause che hanno portato l’Europa a essere una zona ricca del mondo a discapito di altre zone meno ricche un amico mi ha consigliato di leggere questo libro: Armi Acciaio e Malattie, Breve storia degli ultimi tredicimila anni di Jared Diamond.
Nella stesura del libro l’autore parte da una domanda che gli fece Yali, un abitante della Nuova Guinea. La domanda era “Come mai voi bianchi avete tutto questo cargo e lo portate qui in Nuova Guinea, mentre noi neri ne abbiamo così poco?“. Nel linguaggio di Yali il Cargo, è l’insieme delle tecnologie. Cosa di cui i guineani erano privi prima dell’arrivo dei coloni. Nel saggio l’autore cerca di rispondere a questa domanda e di spiegare perché gli europei siano partiti alla conquista degli altri popoli e siano riusciti nel loro intento e non sia avvenuto invece il contrario. Si spinge a riflettere su come mai un popolo come quello nativo americano, ricco di grandi guerrieri sia stato sconfitto dall’invasione di un popolo che aveva come grande vantaggio l’agricoltura. O perché un impero fiorente e unitario come quello medievale cinese sia finito per essere in un ruolo secondario rispetto a quello spezzettato in decine di nazioni proveniente dall’Europa.
Il saggio parte da una osservazione in particolare, l’autore osserva come i guineani nativi avessero pressoché tutti l’abilità di trovare tracce, riconoscere centinaia di piante ognuna per i propri effetti curativi, velenosi, nutritivi, conoscessero i comportamenti degli animali e cose che un cosiddetto uomo civile non avrebbe lontanamente modo di conoscere neppure dopo anni di studi universitari in biologia e zoologia, eppure non siano stati in grado di arrivare agli stessi risultati tecnologici. Dipende da un’intelligenza biologicamente impressa nel DNA, dal caso o da fattori esterni non legati alla biologia dell’evoluzione umana? L’uomo bianco è stato il grande vincitore perché implicitamente più intelligente o aggressivo o il fattore vincente è stato qualcos’altro? E cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Ho trovato questo saggio emozionante e divertente. Decisamente illuminante sulle cause che hanno permesso a dei popoli di prevalere e che hanno fatto soccombere la maggioranza. Ci insegna a capire quanto siamo fortunati e quanto in fondo abbiamo in comune con chi lo è stato meno di noi.
Un libro che andrebbe letto per moltissimi motivi ma essenzialmente per capire meglio il mondo e i suoi equilibri. Un libro che andrebbe consigliato a scuola.
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Armi, acciaio e malattie: Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni di Jared Diamond
Armi, acciaio e malattie: Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni di Jared Diamond
Saggio un po’ datato (la prima edizione è del 1997 quindi nonostante almeno una revisione successiva è possibile che le indagini archeologiche e biologiche su cui fonda le proprie analisi e conclusioni siano state poi superate o integrate da indagini successive) che tenta una ricognizione di tutta la storia dell’evoluzione dell’uomo alla ricerca della risposta ad una domanda molto semplice: il…
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#***Tre palle#Armi acciaio e malattie#Jared Diamond#saggistica#Una storia commestibile dell&039;umanità
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Egregio Firewalker, leggendo il libro "armi, acciaio e malattie" sono stato colpito da un particolare: l'autore afferma che gli europei, venendo in contatto con il mais, lo hanno trattato come le granaglie che già conoscevano, inventando di fatto la polenta, e connandandosi così alla pellagra. Ti risulta che una differente cottura avrebbe potuto evitare il problema?
ecco un altro libro che devo leggere.
In ogni caso, no, la modalità di cottura non avrebbe cambiato nulla. Il problema è che il mais è un cereale schifoso, ma per farmi capire bene devo fare una piccola digressione.
Le proteine sono formate da mattoni chiamati aminoacidi, sono più o meno una ventina e distinguono le proteine tra loro per ordine e numero, come le lettere distinguono tra loro le parole. Riusciamo a sintetizzare 12 di questi 20 aminoacidi, gli altri 8 sono cosiddetti essenziali, ovvero vanno necessariamente assunti con il cibo. Nelle fonti animali, la composizione delle proteine è molto simile alla nostra, quindi basta poca carne, poco pesce o poche uova ad avere la giusta quantità di aminoacidi. Nelle fonti vegetali invece l’uso degli aminoacidi è diverso, e non tutte le piante riescono a darci la quantità necessaria di quegli 8 aminoacidi essenziali, a meno di non mangiarne quantità enormi.
Generalmente, nei cereali è la lisina l’aminoacido scarso. Il mais, invece, è scarso di lisina e di triptofano. Quindi è una pessima fonte proteica. Il triptofano è usato, come tutti gli aminoacidi, nella sintesi delle proteine, ma nel nostro organismo viene usato anche nella sintesi di una vitamina del gruppo B, la niacina. Ora, la niacina è abbastanza comune nell’alimentazione e generalmente non ci sono carenze, ma in popolazioni particolarmente povere potremmo trovare persone che si nutrono quasi esclusivamente di mais, che sì, contiene nacina, ma in una forma non assorbibile dall’intestino. Quindi abbiamo un alimento che né ci dà la vitamina che ci serve, né contiene abbastanza precursore per poterla sintetizzare in autonomia.
La Pellagra è la malattia causata dalla scarsità di niacina, ecco perché la niacina una volta era conosciuta come vitamina PP (Pellagra Preventing), ed ecco perché il mais causa (forse è meglio dire concorre a) la Pellagra e nulla avrebbe potuto un cambio di modo di cottura, perché è un problema di composizione chimica del mais.
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primi 10 libri del 2021: global civil society: an answer to war l’amica geniale diari di Syvlia Plath come dio comanda patria. crescere in tempo di guerra anime galleggianti. dalla pianura al mare tagliando per i campi storia del nuovo cognome (amica geniale #2) persepolis (versione completa, #1-4) uno, nessuno e centomila l’amico ritrovato
in lettura: armi, acciaio e malattie water, gender and development (spoiler tesi)
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Tagged by @ivory--and--gold sorry if it took me so long sjdksl
CHILDOOD FAVOURITES:
Cronache del Regno della Fantasia by Geronimo Stilton (to not confuse with Viaggi(o) nel regno della fantasia)
Fairy Oak by Elisabetta Gnome
La bambinaia francese by Bianca Pitzorno
Treasure Island by Robert Louis Stevenson
Rasmus e il vagabondo by Astrid Lingreen
I ragazzi della via Pal by Ferenc Molnar
I could probably go on for hours so I'll stop here
READING LIST:
All of Sciascia
L'Odissea
Armi, acciaio e malattie by Jared Diamon
The starless sea by Erin Morgenstern
Mademoiselle de Maupin by Theophile Gautier
Elementi di critica omosessuale by Mario Mieli
Mrs. Dalloway by Virginia Woolf
Six of crows by Leigh Bardugo
The list is actually quite long and there's also a bunch of books I've started and have yet to finish
RECENTLY READ:
Una storia semplice by Sciscia
The Daevabad trilogy by S. A. Chakraborty
If we were villains by M. L. Rio
War and peace by Lev Tolstoj
King Lear by Shakespeare (in English this time)
Tutta un'altra storia by Giovanni Dall'Orto
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Cina: gelato che passione, i nuovi gusti che fanno impazzire la generazione Z
07/09/2021
SONO BASTATI POCHI ANNI PERCHÉ IN CINA SCOPPIASSE LA PASSIONE PER IL GELATO. OGGI DETIENE UN TERZO DEI CONSUMI GLOBALI, E L'INTERESSE SPINGE A CERCARE NUOVI GUSTI, TUTTI PROFONDAMENTE CINESI.
La storia del gelato in Cina è abbastanza recente e la sua crescita veloce se non consideriamo quanto avvenuto nell’antichità, quando cioè, circa 2000 anni fa, si può intercettare il progenitore del gelato.
Un salto nella storia del gelato
Tornando per un momento al passato, aiutandoci con un testo fondamentale quale Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond, scopriamo che l’origine della civiltà dell’Antropocene è da ritrovarsi nell’Asia minore, detta anche della Mezzaluna fertile, e nel continente cinese. Ebbene, il prototipo del gelato ha avuto origine proprio in queste aree. Il processo di fabbricazione e i relativi sapori si legavano alle rispettive tradizioni e in Cina, 2000 anni fa, venivano utilizzati i succhi di frutta attraverso una forma di ghiacciatura che ha poi trovato nel XIII secolo un ulteriore passaggio con il congelamento sottoterra di un’amalgama di riso, latte e spezie. Se si escludono questi precedenti bisogna aspettare molto perché la gelateria conquistasse un profilo simile a quello che ha in Europa e in Italia e che da anni monitoriamo attraverso la nostra guida Gelaterie d’Italia. Oggi ritroviamo una sorta di eredità identitaria sfogliando anzi cliccando sulle pagine dei social con la narrazione dei diversi sapori.
La gelateria contemporanea, una storia recente che corre veloce
Recente perché sino agli albori degli anni novanta era ancora prevalente il gelato prodotto localmente con lo stecco: pochi gusti apparentemente simili. Qualche tentativo, specialmente da parte di piccole imprese familiari italiane era stato fatto a Pechino e Shanghai senza risultati soddisfacenti tanto da portare poi alla chiusura delle attività.
Nel frattempo alcune multinazionali si erano affacciate al mercato cinese, per tradizione poco avvezzo a sapori molto zuccherini e prodotti a base di latte. Sono nate quindi le prime catene di gelaterie industriali con una gamma di prodotti prima importati e successivamente prodotti in loco, quando nei consumi si è passati dal latte di soia a quello animale.
L’evoluzione nel mercato cinese è molto veloce: dal 2014 il consumo del gelato è esploso e, oggi, un terzo di tutto il gelato venduto nel mondo è consumato in Cina. Per comprendere meglio il progresso del dato, stimato nel 2016 a 6.65 miliardi di dollari Usa con una quota di mercato nelle città di prima fascia (quelle cioè più importanti, estese, e dalla maggiore densità abitativa) del 23,4%, dobbiamo scomporlo e soprattutto guardare a come il marketing e l’arrivo di prodotti innovativi abbiano condizionato i consumi.
Gelato industriale e artigianale
Nella categoria del gelato industriale sono presenti cinque players: due cinesi, Yili e Mengniu con una buona quota di mercato negli yogurt e nel latte, e tre internazionali, Nestlè, Unilever che controlla Walls e anche GROM, posizionata nella fascia premium come Haagen-Dazs, senza trascurare brands locali che si sono sviluppati in diverse città cinesi di seconda e terza fascia.
Per quanto riguarda il gelato definito artigianale – principalmente secondo la tradizione produttiva italiana – c’è una certa continuità, con dolci prodotti a partire da basi importate dalle nostre aziende leader e con vendite in canali distributivi di negozi con marchio.
Il gelato e le nuove richieste della generazione Z
La generazione Z rappresentata dai millenials non si accontenta più di questa tipologia di prodotti: aspira insaziabilmente a qualcosa di più stimolante e curioso alimentato anche e soprattutto dalle piattaforme digitali dei social media con i loro KOL (Key Opinion Leader) e KOC (Key Opinion Consumer). Ancora una volta lo smarphone assume il ruolo di strumento di mediazione anche per l’acquisto del gelato.
Ed ecco che a Shanghai, oggi il centro più trendy per chi cerca novità giornaliere, nasce per esempio Il gelato Dal cuore, denominazione italiana per un luogo diventato icona per i millenials, nato sulle ceneri di una gelateria gestita tradizionalmente da un partner italiano che, armato di buone intenzioni, non ha riscosso il successo sperato.
La peculiarità che caratterizza questo fenomeno di marketing deriva da due elementi: il limitato valore zuccherino – circa il 30% in meno di un gelato industriale o artigianale tradizionale – e la scoperta di gusti nuovi di cui una parte trova il proprio fondamento nella tradizione cinese. La veste diversa è quella dei KOL: gli opinion leader sono fondamentali per determinare il successo di un prodotto, soprattutto se studiato con attenzione.
La Cina si trova stretta tra due tendenze originate dal paradigma della Dual circulation: da un lato la ricerca a tutti i costi di quel qualcosa di nuovo che fa scattare la molla del consumo, unica ragione che giustifica la variazione mensile del PIL di cui i consumers giocano un ruolo determinante, dall’altro il ripristino della tradizione (forse rivisitata) ma ancora immanente nella sua totalità. Nel gelato assistiamo a questo processo di sintesi che spariglia i nostri fondamentali ma per il consumatore cinese diventa motore delle decisioni nella scelta dei prodotti.
Cina: gelato tradizione e nuovi sapori
Non dobbiamo stupirci se l’elenco appare per noi quantomeno stravagante ma è questo che crea il successo del momento: accanto ai gusti tradizionali dobbiamo annoverare il caramello salato e un sorbetto al limone con un alto grado di acidità; possiamo continuare con un estroso simil foie gras o ananas con peperoncino piccante del Sichuan, la provincia cinese dove vige la regola quotidiana del piccante. Si passa poi a un mascarpone e fichi sino al gusto al Pei Pa Koa, sapore racchiuso nello sciroppo della tradizionale medicina cinese come rimedio per la tosse piuttosto che la ripresa rivisitata del gusto del White Rubber, una caramella tipica nata e prodotta a Shanghai da almeno mezzo secolo.
Non possono mancare i gusti alla soia rossa e al fagiolo verde, al tuorlo d’uovo salato, alla noce cinese e al vino giallo di riso. Per chi si vuole sbizzarrire è a disposizione un gelato al gorgonzola con anacardi, quello al ribes nero, al durian, frutto esotico polposo ma con un afrore repellente, il gelato al Maotai, la grappa cinese per eccellenza, all’hotpot, anche questo rimanda alla tradizione di intingere carni, interiora e verdure in un brodo piccante e per chiudere il cono Dal cuore con latte di avena con riccioli di vegetali che rappresenta la nostra Terra.
Le prospettive di sviluppo
Con le limitazioni a viaggiare, imposte dalla pandemia, ormai da oltre un anno e mezzo (e con una reiterazione, da stime presentate, sino alla fine del 2022) si assiste in Cina a un processo a U verso la precipua innovazione cinese nella moda, nell’automotive (con le vetture EV) e nel settore alimentare da retail o da Horeca. Il Piano quinquennale (2021 – 2025) incoraggia lo sviluppo dell’alleanza tra industrie con caratteristiche collegate alle condizioni locali per favorire l’occupazione e gli Istituti tecnici industraiali locali per la formazione tecnica e l’utilizzo degli strumenti di marketing. Jiang Hao, partner di Roland Berger – società tedesca di consulenza strategica e aziendale –sostiene che questa alleanza creerà una piattaforma professionale per il prodotto alimentare cinese creando valore nei differenti settori. E ancora una volta è quello che sta accadendo nel mondo del gelato.
Dal cuore – Cina – Shanghai – 600,Shan xi Road – +86 21 138 1858 7747
a cura di Marco Leporati
Fonte: Gambero Rosso
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Acqua per pochi
Mi racconta ispirato la storia di un pozzo profondo un po’ meno di mille metri da cui sprizza prepotentemente fuori un’acqua vecchia di due milioni di anni. “Risale a un’epoca in cui il primo esemplare della specie Homo non era ancora comparso sulla Terra, ti rendi conto? È pura”, mi dice con aria sognante. Parla con piena cognizione di causa, mi spiega che è uno dei protagonisti della storia, incaricato di metter su il business: lo vedo molto preso. “L’80% dell’acqua che beviamo è inquinata, tutte le porcherie che abbiamo disseminato nella superficie del pianeta nell’ultimo secolo hanno raggiunto le falde.” “Da dove viene, dal Monte Bianco?” gli chiedo un po’ per cambiare la piega che rischia di prendere il discorso. “Forse da più lontano, non sappiamo…” risponde. “È precedente la presenza umana sulla Terra, non ha subito alcun inquinamento dovuto alle attività umane...” ripete rapito. “State pompando le ultime riserve del pianeta...”, azzardo. “No, quello che pompiamo in una giornata si ricostituisce in due ore.” Non voglio intavolare un contraddittorio, gliela do per buona. “Su che target puntate, i bambini?” “La Cina”, mi risponde. “In Cina si stanno avvelenando, c’è una grande richiesta di acqua.” “I cinesi ricchi, evidentemente...” puntualizzo. “Sì” mi risponde senza pudore. “Gente che sia disposta a pagare bene un prodotto che vale.” “La spedirete via mare?” “Sì. I cargo arrivano qui pieni e ripartono vuoti. Affidargli un carico di bottiglie di acqua non ci costa praticamente niente.” “Siamo fottuti...” commento lugubre. Lui non risponde. Non lo vedo colpito o mal disposto, mi fa venire il sospetto che lo sappia benissimo. Mi viene in mente la conclusione del saggio di Jared Diamond sul collasso degli insediamenti norvegesi in Groenlandia, cinquecento anni fa: “...e il re riservò a se stesso il privilegio di morire per ultimo.” Ecco, lui è uno degli ultimi mercanti che portarono beni di conforto alla corte, mentre la colonia collassava.
(La citazione di J. Diamond è tratta da Collasso, Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi 2005, la mia bibbia di dieci anni fa.
A proposito di questo libro, ma cambiando discorso: qualche settimana fa volevo regalarlo a una amica, che era rimasta ad Acciaio, armi e malattie, il precedente libro di Diamond. “Ormai leggo solo su kindle”, mi aveva avvertito. Sono quindi andato da Amazon per comprare l’e-book, sicuro di poterglielo fare avere sul dispositivo in un paio di click; non sono riuscito a trovare una qualche voce a menu che mi permettesse di farlo, ed ho quindi chiesto assistenza. “Al momento non è possibile acquistare un e-book e regalarlo ad un amico”, mi sento rispondere. “Non ci posso credere..! E come posso fare?” domando costernato. “Può regalare alla sua amica un credito pari al costo del libro, e consigliarle di acquistare con quel credito il libro che lei vuole regalarle.” “Converrà che non è la stessa cosa...” “Ha ragione… Quel che posso fare è segnalare la sua esigenza.” “Sì, certo, grazie.”
Questo è quanto. Per cui, se in un futuro più o meno prossimo Amazon implementerà le opzioni dei suoi acquisti, sappiate che all’origine di questa ci sono io.)
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...la storia raccontata fuori dai libri di storia. La storia di una battaglia quotidiana che dura da decine di millenni, la storia dei piccoli uomini che lentamente hanno addomesticato le patate e scoperto il caffè, la storia di avvenimenti casuali, processi lunghi millenni e determinazione ed errori. La nostra storia. Jared Diamond distrugge il razzismo, animalizza l'uomo, mette a fuoco la meravigliosa complessità del nostro cammino su questo pianeta. In questo libro si pone l'obiettivo decisamente ambizioso di rispondere a una domanda fondamentale della storia dell'umanità... perché sono gli europei ad aver conquistato il mondo e non gli altri popoli come ad esempio i cinesi oppure gli africani? Diamond adotta un processo di analisi decisamente scaltro. In breve, cerca di capire quali sono i fattori che portano alla nascita di un'innovazione e quali sono i fattori che ne consentono una rapida diffusione. La conclusione di questo ragionamento è di una semplicità disarmante. Semplificando, secondo l'autore la nascita e l'evoluzione delle civiltà sono determinate in maniera sostanziale dalla conformazione dei continenti, ossia dalla possibilità che in un determinato luogo sia possibile sviluppare agricoltura e allevamento e che in questo luogo non esistano barriere naturali che impediscano lo scambio di colture e bestiame alle medesime latitudini, in modo tale da aumentare le varietà autoctone. Tutto il resto, ossia armi, acciaio e malattie, viene di conseguenza...Questo testo rappresenta un'ulteriore spallata a tutti quei pregiudizi basati sulle differenze dei popoli. Non esistono razze o popoli superiori, ma solo fortunati, che hanno avuto il vantaggio di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Libri come questo dovrebbero essere divulgati nelle scuole e costituire un saggio di formazione per le nuove generazioni affinché crescano libere da pregiudizi e avversioni nei confronti di tutti i "diversi"...#bookstore #instabook #igersravenna ##ig_books #libri #instaravenna #consiglidilettura #bookstagram #booklovers #natale2021 #jareddiamond (presso Libreria Scattisparsi) https://www.instagram.com/p/CXiHaKfMsK7/?utm_medium=tumblr
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Per una volta posto qualcosa di culturale, ma con la C maiuscola. Un libro stupendo di Jared Diamond dove spiega in maniera semplice ma allo stesso modo approfondita al “perché sono stati gli europei e gli americani del nord a sviluppare una civiltà tecnologicamente avanzata e non, ad esempio, i cinesi o i sumeri? Perché gli europei sono partiti alla conquista degli altri popoli (ottenendo evidenti successi), e non è avvenuto il contrario? Come mai i fieri guerrieri nativi americani sono stati spodestati dall'invasione di un popolo di agricoltori?” (wikipedia)
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#Guns Germs and Steel: The Fates of Human Societies#Armi Acciaio e Malattie. Breve Storia Degli Ultimi Tredicimila Anni#Jared Diamond
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I bottoni di Napoleone: Come 17 molecole hanno cambiato la storia, di Penny Le Couteur
I bottoni di Napoleone: Come 17 molecole hanno cambiato la storia, di Penny Le Couteur
A me è piaciuto un sacco: rientra nel filone saggistica divulgativa, un po’ come Armi, acciaio e malattie oppure Una storia commestibile dell’umanità.
In questo caso il fil rougeè la chimica: si ripercorrono alcuni momenti cruciali della storia dell’umanità legati alla scoperta, alla sintesi o alla diffusione di alcune molecole (dove dietro alle molecole ci sono ovviamente alcuni prodotti o…
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#****Quattro palle#Come 17 molecole hanno cambiato la storia#I bottoni di Napoleone#Penny Le Couteur
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Russia. Esplosione nella sede della Vector, centro di ricerca che ospita Ebola e Vaiolo
Le autorità russe hanno annunciato martedì che un'esplosione di gas ha danneggiato una sezione di una struttura medica in Siberia che ospita campioni vivi di virus come Ebola e vaiolo, ma ha aggiunto che non è stato necessario dichiarare un'emergenza biomedica. Secondo quanto riferito, l'esplosione è avvenuta lunedì presso il Centro di ricerca statale di virologia e biotecnologia, noto come Vector. La struttura, composta da 6 piani e realizzata in cemento e acciaio, si trova nella isolata città siberiana di Kotsovo, vicino alla città di Novosibirsk, a 600 miglia dal confine con la Mongolia. Vector, fondata nel 1974 dallo stato sovietico per studiare agenti infettivi di massa che potevano essere usati per costruire armi biologiche, rimane oggi uno dei più grandi centri di ricerca virologica al mondo, specializzato nel trattamento di alcune delle malattie infettive più letali, come l'Ebola, la tularemia e l'influenza suina. Si ritiene che la struttura Vector sia una delle due posizioni al mondo che ospita campioni vivi del virus del vaiolo. Si ritiene che anche i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie nella città di Atlanta, negli Stati Uniti, ospitino ca,mpioni del virus. Secondo una dichiarazione rilasciata martedì dall'agenzia di stampa statale russa TASS, l'esplosione è stata causata da una bombola di gas utilizzata dai lavoratori che stavano effettuando le riparazioni in una sala di ispezione sanitaria situata al quinto piano della struttura Vector provocando lesioni ad un dipendente. Al momento dell'esplosione non era in atto lavori con agenti biologici e quindi non i sarebbe reso necessario dichiarare lo stato di emergenza e che non sarebbero quindi stati emessi avvisi di minaccia biologica. Read the full article
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