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Los pueblos judío y persa
🇪🇸 Una guerra a gran escala en Oriente Medio, desencadenada por un conflicto entre Israel e Irán, podría resultar en paisajes devastados, un alto número de muertes y miles de desplazados, además de generar una nueva situación geopolítica en una región aún afectada por la revolución islámica iniciada por el ayatolá Jomeini en enero de 1979, cuando regresó a Teherán desde su exilio en París. Este evento transformó a Irán, que pasó de ser un aliado de Occidente, especialmente de Estados Unidos, a tomar como rehenes a los diplomáticos de la embajada estadounidense en Teherán. Los movimientos antioccidentales han afectado profundamente la democracia estadounidense, ejemplificado por los ataques del 11 de septiembre de 2001. Los conflictos en países como Afganistán, Siria, Irak, Yemen y Líbano reflejan un choque de civilizaciones latente. Si Israel entra en guerra con Irán, la situación podría cambiar radicalmente, con Estados Unidos respaldando a Israel, independientemente del resultado de las elecciones del 5 de noviembre. El primer ministro israelí, Benjamin Netanyahu, ha expresado que el verdadero enemigo de Israel es el gobierno iraní, no el pueblo persa, y ha indicado que un conflicto con Irán podría llevar a un cambio de régimen en Teherán, alterando el equilibrio en la región. Sin embargo, las consecuencias de estas guerras suelen ser duraderas, dejando cicatrices de resentimiento y odio que perduran a lo largo del tiempo, mientras que desde el 7 de octubre pasado, las muertes se cuentan por decenas de miles.
🇺🇸 A large-scale war in the Middle East, triggered by a conflict between Israel and Iran, could result in devastated landscapes, a high death toll, and thousands of displaced people, leading to a new geopolitical situation in a region still affected by the Islamic Revolution initiated by Ayatollah Khomeini in January 1979 when he returned to Tehran from exile in Paris. This event transformed Iran from a U.S. ally to one that took American embassy diplomats hostage in Tehran. Anti-Western movements have deeply impacted American democracy, exemplified by the September 11, 2001 attacks. Conflicts in countries such as Afghanistan, Syria, Iraq, Yemen, and Lebanon reflect a latent clash of civilizations. If Israel goes to war with Iran, the situation could radically change, with the U.S. backing Israel regardless of the outcome of the November 5 elections. Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu has stated that Israel’s true enemy is the Iranian government, not the Persian people, and has suggested that a conflict with Iran could lead to regime change in Tehran, altering the balance in the region. However, the consequences of such wars are often long-lasting, leaving scars of resentment and hatred that endure over time, while since October 7, the death toll has reached tens of thousands.
#middle east#Israel#Iran#Ayatollah Khomeini#Islamic Revolution#1979#Tehran#Paris#USA#democracy#democracia#Benjamin Netanyahu#region#región#7 de octubre#october 7#oriente medio#irán#Jomeini#enero de 1979#Teherán#París#embajada estadounidense#antioccidentales#democracia estadounidense#11 de septiembre#11 de septiembre de 2001#ataques terroristas#Afganistán#Siria
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Per la santa inquisizione dei Santoro, Vauro, Travaglio Berlusconi era il male assoluto, gli hanno vomitato addosso di tutto, accuse di ogni genere, e spesso anche a ragione. Ora, nell’accanimento ideologico antioccidentale lo santificano per essere lo zerbino del sanguinario tiranno nazistalinista Putin. Nauseante e grottesco🤡
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Andrew Korybko* Como dijo Putin imitando a Modi, “los BRICS no son una alianza antioccidental; simplemente son no occidentales”, lo cual es importante que los observadores recuerden, ya que a menudo se los presenta erróneamente como antioccidentales. Continue reading Putin elogió a India durante su encuentro con periodistas destacados del BRICS
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Back to the future. La buona notizia, nel 2024, è che molte delle sfde dirette alla liberaldemocrazia non sono tra loro collegate, anzi, sono talmente opposte le une alle altre che si può sperare di campare per un po’, forse per un bel po’, sui reciproci antagonismi degli avversari della società aperta. Si vede come difficilmente il collante antioccidentale possa bastare a tenere mondi diversissimi come quello cinese e quello islamico e quello dell’ortodossia sciovinista russa alleati a lungo termine; la radicale diversità dei due più popolosi Paesi del pianeta, l’India e la Cina, è lampante; e in Europa, la sinistra illiberale e la destra autoritaria possono condividere moltissimo nelle loro pulsioni, ma restano comunque due cose differenti.
La cattiva notizia è che, come notava il grande Jean-François Revel, non si intravede un’ombra di soluzione per il paradosso più grande: che «una parte importante di ogni società è costituita da persone che vogliono attivamente la tirannia: per esercitarla o – molto più misteriosamente – per sottomettersi a essa». La libertà continua a farci paura. Speriamo che ce ne faccia di più la prospettiva di ritrovarci senza di essa.
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Ucrania (y Occidente) están perdiendo la guerra... pero, la situación ucrania se ha complicado aún más durante el último mes. Porque las guerras en Israel-Gaza y Ucrania están estrechamente relacionadas porque representan dos frentes de una guerra global por poderes en la que se enfrenta Occidente, contra un frente que abarca a Rusia, China e Irán... Por eso Occidente no puede aceptar una derrota pública en Ucrania en este momento... Putin está presionando a Estados Unidos para que asigne recursos a Israel en lugar de a Ucrania... en última instancia, al igual que en Ucrania, es difícil ver cómo Occidente puede ganar en Gaza. Incluso si Israel logra erradicar completamente a Hamás, el elevado número de muertes de civiles sólo endurecerá los sentimientos antioccidentales en la región y más allá. Si Occidente creía que alentar la guerra reavivaría su menguante influencia en Europa del Este y Medio Oriente, en ambos frentes, parece que estamos librando una batalla perdida (Thomas Fazi)
#ucraniaguerra#guerradepalestina#unioneuropeadecadencia#unioneuropea#imperialismonorteamericanofinal#imperialismonorteamericano
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Sentimenti antioccidentali e populismo internazionale
Ogni scusa è buona per dare addosso all'Occidente. Il mito antioccidentale aggiunge al classico campionario delle accuse anche quella climatica. Il tribunale green e woke persuade personaggi sempre più autorevoli e sbarca fino in Vaticano. «Se invoco il giudizio finale del Signore è solo per rispetto delle vittime, sapendo bene che – in quanto occidentale privilegiato – io appartengo ai carnefici». Così sentenziava nel 2004 Enzo Bianchi, all’epoca priore della comunità di Bose, allineandosi alla schiera dei cattolici italiani che già allora condannavano senza possibilità di remissione l’Occidente, militanti in prima linea nella quinta colonna, nel fronte interno che dal secondo dopoguerra ha scelto di descrivere l’Occidente come la peggiore delle civiltà, di far credere che sia responsabile – per avidità, egoismo, assenza di valori umani – di tutti i danni e le sofferenze dell’umanità nei secoli. L’intenzione è che chi nasce in Occidente si vergogni, si senta in colpa, disprezzi se stesso e le generazioni che lo hanno preceduto e chi vive oltre i suoi confini nutra sentimenti sempre più ostili, di rivalsa nei suoi confronti e si senta legittimato a combatterlo. Molti oggi sono convinti delle “colpe” storiche che gli vengono attribuite: tratta transatlantica degli schiavi africani, invasione e colonizzazione degli altri continenti, sfruttamento e depredazione delle loro risorse, imposizione di inaudite discriminazioni di genere. Nel frattempo a queste è stata aggiunta l’accusa, che in un certo senso le riassume tutte, di inquinare irrimediabilmente il pianeta e di provocare cambiamenti climatici gli irreparabili effetti avversi dei quali ricadrebbero su popolazioni innocenti. Gli argomenti degli attivisti antioccidentali hanno via via persuaso personaggi sempre più autorevoli per carica, ruolo e posizione sociale. «Sono profondamente consapevole dei miei limiti personali. Sono anziano, bianco, occidentale e uomo! Non so che cosa sia peggio! Tutti questi aspetti della mia identità limitano la mia comprensione. Vi chiedo quindi perdono per l’inadeguatezza delle mie parole». Pronunciate sul serio o per rompere il ghiaccio, è con queste frasi inopportune che il frate domenicano Timothy Radcliffe ha introdotto la sua prima meditazione il 1° ottobre rivolgendosi ai partecipanti all’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi.
Su temi di importanza cruciale persino il Papa, suprema autorità morale, dimostra quanto profondamente le ideologie antioccidentali abbiano cambiato la rappresentazione dei fatti. In Laudate Deum, l’esortazione apostolica sulle questioni ambientali rivolta «a tutte le persone di buona volontà», dopo aver liquidato come «sprezzanti e irragionevoli» le opinioni di chi dà credito agli innumerevoli scienziati che ritengono mera congettura la teoria del riscaldamento globale di origine antropica e, dati alla mano, respingono quella secondo cui i fenomeni atmosferici estremi si siano moltiplicati, afferma: «un ambiente sano è anche il prodotto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, come avviene nelle culture indigene e come è avvenuto per secoli in diverse regioni della Terra. I gruppi umani hanno spesso creato l’ambiente, rimodellandolo in qualche modo senza distruggerlo e metterlo in pericolo». Invece, prosegue, sono un «fatto innegabile» le conseguenze negative dello «sfrenato intervento umano sulla natura negli ultimi due secoli». Laudate Deum termina con la denuncia esplicita dello «stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale». La capacità delle società indigene di vivere in armonia con la natura è un mito usato per denunciare quello occidentale come un modello di sviluppo che produce ricchezza violando la natura. L'usura delle terre africane, ad esempio, la loro fragilità sono il risultato di un processo millenario. Derivano dal loro sfruttamento senza apporti di fertilizzanti, senza effettuare opere di bonifica, di raccolta e canalizzazione delle acque piovane, quasi senza aiuti animali e meccanici, utilizzando attrezzi rudimentali. Una delle conseguenze più evidenti è l'estensione del deserto del Sahara formatosi circa 10.000 anni fa a causa di variazioni climatiche che l'uomo, nei secoli, ha assecondato invece di contrastare. Nella sua visita a Marsiglia il 22 e 23 settembre, parlando con il presidente francese Emmanuel Macron e con il ministro dell’interno Gèrald Darmanin, il Papa invece ha affrontato il problema dell’emigrazione. La chiusura del porti, l’indisponibilità ad accogliere, ha detto, è la naturale conseguenza del ricorso a un lessico emergenziale, all’uso di espressioni come «invasione» ed «emergenza» che «alimentano le paure della gente»; non quindi del fatto che si tratti di ingressi illegali che solo in minima parte si giustificano per condizioni disperate. Ma soprattutto hanno colpito le sue parole contro l’Europa sulla quale – ha detto – ricade la colpa dell’immigrazione illegale perché «il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà». Non considera il Papa, sopraffatto dalle rappresentazioni parziali dell’attuale assetto mondiale, quanta povertà affligge l’Europa, quanti europei si ingegnano con crescente difficoltà a far bastare il denaro di cui dispongono, quanti ogni mattina consultano le app che aggiornano sulle offerte nei supermercati dei prodotti di prima necessità, senza però che arrivino a soccorrerli migliaia di organizzazioni non governative e di dipendenti delle agenzie Onu e anzi raggiunti da continue richieste di aiuti per quelle che operano in altri continenti. Né considera quanta opulenza ostentata, per giunta frutto di ricchezze mal guadagnate, e quanto spreco di risorse gridano giustizia sull’altra sponda, quella africana. Tutto concorre a far credere che solo l’insicurezza dell’Occidente, la sua destabilizzazione possano portare giustizia, mentre il modello occidentale così tanto criticato, per i suoi valori fondanti dovrebbe essere invece indicato a esempio perché proprio negli ultimi due secoli è riuscito a lottare contro la povertà, a prolungare la vita, a consentire di viverla in condizioni migliori. Ma soprattutto – cosa che nessuno dice o rivendica mai – perché è l’unico modello di società che afferma come principio irrinunciabile il diritto di ognuno a contribuire con il suo lavoro e i suoi talenti alla creazione della ricchezza e a goderne i frutti. Read the full article
#cambiamentoclimatico#ccidente#desertodelsahara#destabilizzazione#ideologieantioccidentali#marenostrum#mitoantioccidentale#padreradcliffe#PapaFrancesco
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La invasión francesa de Níger podría convertirse en una guerra franco-africana total
Por Drago Bosnic
Fuentes: alethonews,
Traducido del inglés por Marwan Perez para Rebelión
Desde que el ejército de Níger bajo el mando del general Abdourahamane Tchiani tomó el poder el 26 de julio, ha habido un aumento exponencial de las tensiones entre Niamey y sus antiguos amos coloniales en París. Esto ha llegado al punto en que Francia ahora está considerando seriamente invadir el país de África occidental.
La explotación de las “antiguas” colonias francesas ha continuado sin cesar durante más de medio siglo, incluso después de que se les concediera una apariencia de independencia, siendo París el principal beneficiario de esta relación unilateral. Este robo neocolonial puro unido a la incapacidad de Francia para hacer frente a varias insurgencias terroristas en la región, ha sido la razón principal detrás de una serie de levantamientos populares en el Sahel.
París se enfrenta ahora a un dilema estratégico. Si deja que Níger continúe su camino hacia la independencia real, Francia no podrá seguir explotando los recursos naturales del país. Es decir, varias de sus antiguas colonias han servido como fuente de extracción masiva de riqueza y, dados los problemas recientes que enfrenta París, estos recursos podrían ser más importantes que nunca. Por otro lado, los cambios geopolíticos recientes en el área han dejado a Francia en gran medida impotente. Después de la derrota de su intervención de casi una década en Chad el año pasado, París ha mantenido las bases en Costa de Marfil, Senegal y Gabón. Pero, ninguna de ellas puede usarse de manera efectiva como escenario para una invasión dada la limitada cantidad de tropas estacionadas allí.
Sin embargo, incluso si Francia encontrara de alguna manera suficientes soldados para iniciar la invasión, ninguno de los tres países limita con Níger. Gabón es la opción menos lógica, ya que Camerún y Nigeria se interponen entre él y Níger, dejando únicamente las bases en Senegal y Costa de Marfil como posibilidades viables. Y, sin embargo, aquí es donde terminan los problemas de geografía básica para París y comienzan los geopolíticos reales. Concretamente, para utilizar con eficacia sus fuerzas de ambos países para llegar a Níger, Francia necesita pasar por Malí y Burkina Faso, los cuales ya han declarado que cualquier acción militar contra Niamey equivaldrá a una agresión contra ellos. En otras palabras, si Francia quiere atacar a Níger, también necesitará atacar a dos países africanos más.
Una posible alternativa para París podría ser el uso de su influencia neocolonial en la CEDEAO (Comunidad Económica de los Estados de África Occidental, también conocida como CEDEAO en francés y portugués). Sin embargo, esto deja a sus miembros en riesgo de tener más levantamientos antioccidentales, ya que el polo de poder beligerante es profundamente impopular en el área. Algunos miembros de la CEDEAO, como Nigeria, podrían ser la mejor opción geográfica, pero dado que París tiene poca o ninguna influencia en Abuja, esto es muy poco probable. Sin mencionar el hecho de que Nigeria tiene más que suficientes problemas propios y lo último que necesita es servir como escenario para una invasión neocolonial. Lógicamente, esto deja a Chad como la única opción, pero también es una posibilidad muy remota.
Para empeorar las cosas para Francia, Argelia se ha unido al coro de los aliados de Níger. El archirrival francés que encabezó la independencia de muchas de sus «antiguas» colonias en la década de 1960 es efectivamente una superpotencia africana, fuertemente armada y muy motivada para no permitir nunca que París ni ninguna otra potencia (neo)colonial occidental establezca un punto de apoyo firme en la región. Esto todavía deja a Chad como la única opción viable para una invasión, ya que el país fue un escenario fundamental para prácticamente todas las operaciones militares francesas en el área, incluida la invasión ilegal de Libia. Sin embargo, llegar a Chad en este punto es más fácil decirlo que hacerlo y esto aún deja sin resolver la mayoría de los problemas geopolíticos. Además, se mantienen todas las consideraciones geográficas.
Es decir, la capital de Níger, Niamey, se encuentra en la esquina suroeste del país, cerca de la frontera con Burkina Faso. Por lo tanto, incluso en el caso improbable de que ninguno de sus vecinos intervenga, Níger todavía tiene una cómoda ventana de oportunidad para resistir la invasión. Esto podría terminar en un desastre para Francia, ya que otra derrota militar en el área conduciría inevitablemente al colapso total del sistema neocolonial que dejó en la década de 1960. Por otro lado, si París no interviene, esto sucederá de todos modos, aunque a un ritmo algo más lento. De cualquier manera, el dilema inevitablemente resulta en un catch-22 geopolítico, ya que dejar las cosas como están también podría alentar a otros países a rebelarse contra el neocolonialismo occidental en otras partes de África y posiblemente más allá.
En cuanto a los aliados de Francia en la OTAN, se han mantenido silenciosos y neutrales, incluido Estados Unidos (una característica bastante poco común en su política exterior generalmente beligerante). Washington DC tiene una base militar en la parte central del país, la Base Aérea de Níger 201, dirigida por US AFRICOM (Comando Africano), pero sus capacidades operativas se limitan principalmente a ataques con aviones no tripulados, con las tropas desplegadas allí compuestas en gran parte por un esqueleto tripulación que proporciona servicios básicos de seguridad. Junto con el reciente enfriamiento de las relaciones entre Estados Unidos y Francia, esto hace que sea muy poco probable que el Pentágono dé el visto bueno para cualquier tipo de participación estadounidense en una posible invasión francesa, a pesar de que a Washington DC le interesa mantener el neocolonialismo occidental en África tanto tiempo como sea posible.
Fuente: https://alethonews.com/2023/08/03/french-invasion-of-niger-could-turn-into-all-out-franco-african-war/
Esta traducción se puede reproducir libremente a condición de respetar su integridad y mencionar al autor, a la traductora y Rebelión.org como fuente de la traducción.
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Regardez "Manifestantes antioccidentales intentaron colocar la bandera de Georgia y quemaron la de la UE" sur YouTube
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Discorso di Putin alla nazione: nessuna nuova strategia, punta sullo scontro e sulla stabilità
MOSCA – Non ci sono nuove strategie. Né su come vincere in Ucraina, né su come uscirne. Il presidente russo Vladimir Putin martella sui soliti tasti: la retorica antioccidentale e anticoloniale, la resilienza dell’economia davanti alle sanzioni, la forza del popolo russo. Rompe ulteriormente con l’Occidente annunciando la sospensione del Nuovo Trattato Start sul disarmo nucleare. E chiede al…
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#aggiornamenti da Italia e Mondo#Mmondo#Mmondo tutte le notizie#mmondo tutte le notizie sempre aggiornate#mondo tutte le notizie
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La guerre "tire ses racines de la Révolution orange, vécue par Poutine comme une humiliation"
Un an après le déclenchement par la Russie d’une guerre de haute intensité en Ukraine, France 24 s’intéresse à la rhétorique antioccidentale maniée par Vladimir Poutine pour justifier l’agression, dont les racines remontent au début des années 2000, comme l’explique l’historienne Françoise Thom, spécialiste de la Russie postcommuniste. Le 24 février 2022, un discours de Vladimir Poutine est…
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E LA BELLA LIZA OSTANINA SAREBBE NATA VICINO AD UN SITO DI ESPERIMENTI ATOMICI E DISASTRI AMBIENTALI IMMANI COME CELJABINSK, SOLO PERCHE’ CRESCESSE RESTANDO LONTANA DAGLI OCCHI INDISCRETI DEL MERETRICIO EUROPEO ?!?..
O PERCHE’ INVECE LA SUA FAMIGLIA ERA STATA AFFILIATA NEL DOPOGUERRA AD UNA LOBBY CHE AVEVA RIFONDATO, RIEDIFICATO, RICOSTRUITO UN’INDUSTRIA DI FUCILI D’ASSALTO GRAZIE AGLI INGEGNERI DEGLI STG44 NAZISTI CON ZVASTIKA ..AD UN GENERALE CHE NON NE CAPIVA NIENTE E CI MISE SOPRA IL SUO NOME MORENDO NEL 2013 E CON BUONA PACE DEL MONDO INTERO DELLE NAZIONI UNITE IN UN SILENZIO TOMBALE CHE NON POTRA’ MAI TESTIMONIARE NULLA SULLA CECENIA O SUI CRIMINI DI QUELLA GLORIOSA IMPRESA & FABBRICA D’ARMI CHE HA CAMBIATO IL VOLTO AL MONDO, ALLA STORIA E ALLE GUERRE DEGLI ULTIMI 70 ANNI ANCHE NEI BALCANI ..E COL NOME SBIANCHETTATO PER SEMPRE COME NELLA DINASTIA DEI WINDSOR QUANDO DECISERO DI EMANCIPARSI DA QUELLE RADICI CRUCCHE SPUTANDO DISCORSI E POMPA MAGNA PER CANCELLARE LE ATROCITA’ DEI LORO SPETTRALI DISSENNATORI SASSONIA COGURGO GOTHA .. DAL 2013 QUOTANDOSI ADDIRITTURA COME UNA SCALATA DA HOLDING IN KALAŠNIKOV KONCERN DA QUEL NOME SCOMODO IN BUONI RAPPORTI COL TERRORISMO ANTIOCCIDENTALE “IŽMAŠ”, PERCHE’ IN FONDO SONO FILOCCIDENTALI PUTTANIERI SOVRANISTI AMANTI COMUNISTI E CONVINTI NAZIONALISTI SOTTO LA STESSA BANDIERA DI BATTLEFIELD V DEI FOTTUTI NAZISTI BILINGUE CHE CASUALMENTE SI ERANO RIPASSATI QUELLA GRANDISSIMA SCASSATISSIMA ARCIDUCHESSA PORCAGLIOLA DI MONA LIZA PERCHE’ COLEI CHE TUTTO VOLLE UNA NULLITA’ STRINSE AL SENO COME UNA CHE VOLEA SOLTANTO DIVENIRE ESPERTA NELL’AMORE DI UN PRINCIPE MEZZOSANGUE
CHE PIAGNE E FOTTE WILLY.. IL COYONE... BY RAF
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Siamo sicuri che sia stata davvero per tutti una marcia per la pace?
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Andrew Korybko * Es cierto que Lula está alineado con algunos de los objetivos de política exterior liberal-globalista de los demócratas estadounidenses, pero los BRICS no son un bloque antioccidental, ni India está traicionando a Rusia. Los BRICS son una red financiera multipolar, no un bloque antioccidental El domingo, la Fundación para la Cultura Estratégica (SCF) publicó un escandaloso artículo de Hugo Dionisio sobre “ Cómo Lula y Modi abrieron una astilla en el corazón del bloque BRICS ”. Dionisio comenzó expresando su esperanza de que el BRICS pudiera convertirse en una alternativa cohesiva a Occidente, antes de explicar cómo Lula y Modi están impidiendo que eso suceda. En su opinión, ambos líderes son obstáculos para el objetivo mencionado, lo que pone en peligro la multipolaridad. Antes de seguir adelante, el lector debe tener en cuenta algunos hechos “incómodos” sobre el BRICS: * 1 de abril de 2023: “ Las expectativas populares sobre el nuevo proyecto monetario de los BRICS deben moderarse ” * 27 de julio de 2023: “ Los medios alternativos están en shock después de que el Banco BRICS confirmara que cumple con las sanciones occidentales ” * 3 de agosto de 2023: “ Rusia finalmente está corrigiendo las percepciones falsas sobre los BRICS ” * 17 de agosto de 2023: “ Los BRICS confirmaron oficialmente que no quieren desdolarizarse y que no son antioccidentales ” * 21 de agosto de 2023: “ Lavrov explicó cómo Rusia prevé el papel global de los BRICS ” * 24 de agosto de 2023: “ La expansión de los BRICS es beneficiosa, pero también conlleva desafíos estratégicos ” * 28 de agosto de 2023: “ RT se ocupó de aclarar el enfoque de la India hacia los BRICS para evitar malentendidos ” * 6 de enero de 2024: “ Reducir la brecha entre las diferentes opiniones de Rusia e Irán sobre si los BRICS necesitan una secretaría ” * 9 de marzo de 2024: “ Los BRICS se están transformando en un club de debate multipolar y una plataforma de integración económica ” * 27 de agosto de 2024: “ Una fuente india arroja luz sobre los planes de multipolaridad financiera de los BRICS ” Los análisis anteriores muestran que los BRICS no son tanto un “bloque” como una “red”, cuyo propósito no es desdolarizar o desafiar a Occidente per se, sino acelerar los procesos de multipolaridad financiera mediante políticas coordinadas voluntariamente. Los BRICS también están compuestos por pares de países en competencia, como China-India, Egipto-Etiopía e Irán-Arabia Saudita, cada uno de los cuales no quiere que su rival obtenga una ventaja sobre ellos a través de lo que acuerden dentro de esta organización. Esto es especialmente cierto en el caso de la India. Lula no es tan confiable como algunos podrían pensar Habiendo aclarado que los BRICS no son exactamente lo que Dionisio describió, ahora es momento de criticar de manera constructiva sus opiniones sobre Lula y Modi. Su evaluación del líder brasileño es similar a la más detallada que se expone en este reciente análisis sobre cómo “ La condena de Ortega a la intromisión de Lula en Venezuela desmiente una de las principales mentiras de los medios alternativos ”. Ese artículo se vincula a más de 50 análisis más a partir de octubre de 2022 que documentan la alineación de Lula con algunos de los objetivos de política exterior liberal-globalistas de los demócratas estadounidenses. Aclaración de las relaciones entre India y Ucrania Aunque sus preocupaciones sobre Lula están basadas en hechos, no se puede decir lo mismo de las que expresó sobre Modi. Comenzó esa parte de su artículo haciendo referencia a la especulación de The Print de que el viaje de Modi a Kiev el mes pasado se debió en parte a su intención de reactivar la cooperación técnico-militar. Dionisio escribió que “India también está participando en el saqueo de Ucrania. Como parece desde el principio, Modi estaba pagando tributo para que se le permitiera a India tomar una par...
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Per Kallas, non è solo questione di sguardo non affetto da miopia. E’storia personale. Come racconta Milne, “la sua bisnonna, la nonna e la madre – allora di soli sei mesi – furono deportate in Siberia nel 1949”. La premier avverte come la Storia stia beffardamente capovolgendo la condizione di generazioni cosi lontane tra loro. “(….) Avevano la libertà, avevano tutte le scelte, avevano un mondo libero. Tutto è stato loro tolto. E io sono assolutamente la generazione opposta. Non avevamo niente, non avevamo scelte, non avevamo niente neppure nei negozi. Poi abbiamo avuto tutto, nel 1991 abbiamo riavuto la nostra libertà. (….) Il nostro sviluppo è stato abbastanza rapido, ma per me è molto importante capire che non è scontato. Potremmo perdere tutto di nuovo. (…) Questo è ciò che a volte provo durante le discussioni del Consiglio europeo. Per alcune di queste persone è una discussione teorica. Mentre per noi è una preoccupazione quotidiana, una vera preoccupazione. Mi piacerebbe investire tutti questi soldi, che investiamo nella difesa, nell’istruzione, ma non abbiamo davvero scelta”.
Quella domenica capii che ci sarebbe stata la guerra. Fu come se le parole di Kallas avessero conferito l’urgenza del vero e del reale ad un’opinione fino a quel momento astrattamente coltivata quasi in solitudine.
Quarantott’ore dopo la Storia si fece carico di dare ragione alla premier estone. A lei e a quanti per vent’anni avevano “letto” correttamente Putin. Ovviamente, qui da noi, nella terra del pacifintismo collaborazionista e dell’odio antioccidentale, nessun mea culpa, nessun “ci siamo sbagliati”. Anzi ci è toccato pure riascoltare, anche dalle cattedre teoricamente più autorevoli, lo sciocchezzaio sull’”abbaiare della Nato”, proprio mentre l’Estonia e altri paesi assistevano sgomenti (ma non sorpresi) alla tragica rappresentazione del loro sicuro destino qualora non avessero in passato aderito all’alleanza atlantica.
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Níger y el colapso del imperio francés... se trata del segundo movimiento de liberación nacional, que pretende culminar el proceso de descolonización iniciado en los años cincuenta y sesenta en el África francófona... Primero fue Malí, luego Burkina Faso. Hoy, en la epopeya de las revueltas antioccidentales que recorren el Sahel, le ha tocado el turno a Níger... los militares implicados citaron las mismas razones para hacerse con el poder: la creciente preocupación por el aumento del terrorismo y el subdesarrollo social y económico crónico. A pesar de ser una de las regiones más ricas del mundo en recursos naturales, como petróleo, oro y uranio, el Sahel es también una de las más pobres económicamente... Para los nuevos dirigentes de estos países y sus partidarios, gran parte de la responsabilidad recae en un villano en particular: Francia... Francia ha seguido ejerciendo una enorme influencia sobre sus antiguos puestos avanzados, sustituyendo el dominio colonial directo por formas más sutiles de control neocolonial, en primer lugar con la moneda... Francia hizo todo lo posible para disuadir a los países de abandonar el franco CFA: Intimidaciones, campañas de desestabilización e incluso asesinatos y golpes de Estado... el franco CFA permite a Francia gestionar sus relaciones económicas, monetarias, financieras y políticas con algunas de sus antiguas colonias según una lógica funcional a sus intereses... el franco CFA representa una forma de "imperialismo monetario", que obstaculiza el desarrollo de las economías africanas y las mantiene supeditadas a Francia... el 85% de la empresa que explota la industria del uranio de Níger es propiedad de la Comisión de Energía Atómica de Francia y de dos empresas francesas; sólo el 15% pertenece al gobierno de Níger... De los 10 países con el Índice de Desarrollo Humano más bajo del mundo, cinco forman parte de la zona del franco, incluidos los tres que han sufrido golpes de Estado recientemente... El golpe nigerino también amenaza un proyecto de 13.000 millones de dólares para construir un gasoducto que conecte los yacimientos de gas de Nigeria con Europa, que pasaría directamente por Níger. Tras la decisión de la UE de abandonar el gas ruso el año pasado, esta empresa es más urgente que nunca... Todo ello alimenta el temor de que estemos a las puertas de una nueva pugna por África, con Rusia, China y Occidente compitiendo por influir en este joven continente, inmensamente rico en recursos, que se prevé que sea la próxima frontera del crecimiento (Thomas Fazi)
#situacionpoliticasahel#situacionpoliticaafrica#imperialismofrances#imperialismo#colonialismo#neocolonialism
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Da Silvia ad Aisha: i misteri di una conversione 11 MAGGIO 2020 È un’angoscia profonda quella che probabilmente ha dettato una scelta del genere. Ora è libera sia di accettarla consapevolmente sia di liberarsene DI TAHAR BEN JELLOUN La conversione all’islam di Silvia Romano pone diversi interrogativi. Il primo consiste nel sapere quali rapporti intrattenevano con lei i jihadisti somali del gruppo al-Shabaab, che l’hanno rapita il 20 novembre 2018 nel Sudest del Kenya. Dopo la sua liberazione, la ragazza ha dichiarato che «sono stata forte e ho resistito». Ma quando si resiste non si sposa l’ideologia o la religione del proprio carnefice. Che cosa è successo nello spirito di questa giovane operatrice umanitaria durante i 536 giorni della sua prigionia? Perché ha scelto l’islam? Dice che è una scelta libera. Dobbiamo crederle. Ma una domanda sorge spontanea: perché aderire a questo islam che rapisce, terrorizza e ti priva della libertà gettando in una grande angoscia la tua famiglia e i tuoi cari Silvia Romano è comparsa in tenuta islamista, vale a dire la tenuta di un islam rigorista, integralista e antioccidentale. Il velo, l’ibaya (una sorte di djellaba lunga) sono dei simboli recenti di un islam duro, un islam protestatario e identitario. E l’islam che anima una parte dei ragazzi delle banlieues che sono partiti a combattere nelle fila dello Stato islamico in Siria e in Iraq. È normale che si possa essere sedotti dai testi religiosi. La lettura intelligente del Corano può essere un arricchimento intellettuale e spirituale. Bisogna però evitare di farne una lettura letterale, cioè gretta e intollerante. Il rito dominante in Arabia Saudita, in Qatar e in diversi altri Stati è il rito wahhabita, dal nome di un teologo del XVIII secolo, Mohammed ‘abd-al Wahhab, che propugnava un islam di un rigore assoluto: al ladro si mozza la mano, alla moglie adultera si taglia la testa e così via. Il gruppo al-Shabaab agisce in nome di questa ideologia dell’intolleranza totale e spietata. I giovani che compiono questi atti terroristici sono dei jihadisti, cioè dei militanti pronti a sacrificarsi per far trionfare l’islam in ogni parte del mondo. Nell’islam, la parola jihad ha due significati: il primo consiste nel pretendere dal credente che faccia uno sforzo su di sé per superare il suo egoismo e le sue debolezze. È un significato nobile e umanista. Il secondo significato sta a denotare la lotta contro l’aggressore: si parte per il jihad quando il Paese o la religione sono sotto attacco e rischiano di crollare. È il secondo significato a essere in voga oggi tra gli islamisti armati, che siano i Talebani in Pakistan, i soldati dello Stato islamico o i semplici militanti per la causa di un islam identico a come comparve nel VII secolo in Arabia Saudita. Allora, come e perché una donna moderna, occidentale, che è stata privata della libertà e non sa se la sua vita sarà rispettata, ha potuto scivolare verso l’islam? Spesso i convertiti abbracciano una religione e vi si dedicano anima e corpo, al punto di non avere più nessuna distanza fra i testi e la fede, fra lo spirito e la lettera. Ora che è stata liberata Silvia proseguirà il suo progetto umanitario o cercherà di diffondere intorno a sé un islam scoperto in condizioni quanto meno strane? Silvia Romano è diventata Aisha, in riferimento alla moglie del profeta Maometto, la figlia del suo fedele compagno Abu Bakr, scelta quando aveva soltanto 9 anni e sposata appena cominciò ad avere il ciclo. Aisha era la sposa preferita del profeta. Ebbe una grande influenza su di lui e quando rimase vedova condusse una guerra senza quartiere contro le tribù che contestavano il messaggio dell’inviato di Dio. Fu una donna eccezionale e per questo il suo nome è così diffuso nel mondo islamico. Silvia/Aisha è diventata un personaggio che confonde le piste. Convertirsi a una religione dopo una riflessione matura, con cognizione di causa, per convinzione vera e profonda è una cosa assolutamente normale e ammessa. Ma convertirsi dopo aver passato così tanti mesi sotto la pressione di mercenari che utilizzano l’islam come copertura per estorcere denaro a uno Stato, è una scelta che apre un dibattito. L’isolamento, il terrore, la paura di essere uccisi sono ingredienti che a volte perturbano la ragione e la libertà di spirito. Non pensi più allo stesso modo quando sei libero e quando sei privato di ogni libertà, con in più la minaccia di perdere la vita. È un’angoscia profonda quella che probabilmente ha dettato a Silvia una scelta del genere. Ora è libera sia di accettarla consapevolmente sia di liberarsene.
Da Silvia ad Aisha: i misteri di una conversione | Rep
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