#antifascismo e memoria storica
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pier-carlo-universe · 9 days ago
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Rita Rossa: Ricordo di Andrea Foco
La scomparsa di Andrea Foco mi coinvolge emotivamente per il legame forte che, negli anni, si è trasformato in sintonia politica e in collaborazione istituzionale.
La scomparsa di Andrea Foco mi coinvolge emotivamente per il legame forte che, negli anni, si è trasformato in sintonia politica e in collaborazione istituzionale.Lo conosco da sempre. La sua presenza segna i ricordi della mia infanzia, delle vacanze in campeggio, delle feste di famiglia. Abbiamo abitato per anni nello stesso palazzo, sono cresciuta con Roberto e Lella, suoi figli e Tina, sua…
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cinquecolonnemagazine · 8 months ago
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Gli ottant'anni dell'ANPI, gli auguri della sede di Fuorigrotta
L'ANPI, l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, compie ottant'anni oggi, 6 giugno 2024. Un traguardo importante, raggiunto con la tenacia e l'impegno di intere generazioni di antifascisti che hanno dedicato la propria vita alla difesa dei valori della libertà, della democrazia e della giustizia sociale. Come nasce l'ANPI, ottant'anni fa... Nata nel 1944, in piena lotta di Resistenza contro il nazifascismo, l'ANPI ha svolto un ruolo fondamentale nella conquista della Liberazione e nella costruzione della Repubblica Italiana. Oggi, dopo ottant'anni, l'ANPI continua ad essere un punto di riferimento fondamentale per la difesa dei valori antifascisti e per la promozione della cultura della memoria. Le attività L'associazione è impegnata su molteplici fronti: - Conservazione della memoria: attraverso la cura dei luoghi della memoria, l'organizzazione di eventi e iniziative, la pubblicazione di libri e riviste, l'associazione soprattutto si batte per custodire la memoria della Resistenza e trasmetterla alle nuove generazioni. - Educazione alla cittadinanza: promuove anche l'educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, organizzando incontri, dibattiti e laboratori nelle scuole e sul territorio. - Antifascismo e antirazzismo: si impegna a contrastare ogni forma di intolleranza, discriminazione e razzismo, difendendo i diritti di tutti i cittadini. - Impegno civile e sociale: partecipa attivamente al dibattito pubblico e promuove proposte concrete per una società più giusta e solidale. Gli auguri di Osvaldo Barba, presidente del circolo Anpi 'Claudio Miccoli' di Fuorigrotta Gli ottant'anni dalla nascita dell'associazione viene celebrata dal circolo Anpi 'Claudio Miccoli' di Fuorigrotta tramite le parole del suo presidente, Osvaldo Barba: "Oggi, dopo ottant'anni, i valori dell'ANPI sono ancora più attuali. In un mondo segnato da conflitti, disuguaglianze e minacce alla democrazia, l'ANPI rappresenta un baluardo di antifascismo, un punto di riferimento per chi crede nei principi di libertà, uguaglianza e solidarietà. Rivolgiamo un augurio di buon compleanno all'ANPI, con la speranza che continui a essere un faro di luce per l'Italia e per il mondo intero. In concomitanza col voto per le elezioni europee, l'ANPI rilancia la campagna "Vota Antifascista" allo scopo di votare chi crede in questi importanti valori. L'ANPI Fuorigrotta ed il presidente provinciale Ciro Raia, nel ricordare la persona e memoria di Claudio Miccoli vittima della violenza fascista nel 1978, esprime indignazione per chi ha reminiscenza della Decima Mas (la brigata utilizzata durante la Repubblica di Salò per punire e torturare i partigiani) o di altri riferimenti fascisti come elemento da utilizzare nella propria campagna elettorale. Forse chi lo sta facendo in Campania non ha una conoscenza storica adeguata del periodo. Read the full article
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corallorosso · 4 years ago
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«È inaccettabile processare gli studenti per antifascismo» «È inaccettabile processare gli studenti per antifascismo» È possibile che l’università abbia concesso un’aula ai militanti del Fuan? È possibile che la polizia non solo li abbia scortati, ma assuma un atteggiamento ambiguo, per non dire provocatorio, verso i collettivi studenteschi che, in presidio, avevano organizzato una protesta contro i fascisti? E, infine, è possibile che ben trentuno studenti vengano colpiti da gravissime misure cautelari che vanno dagli arresti domiciliari, all’obbligo di firma quotidiano, al divieto di dimora a Torino? I fatti, che si sono svolti al Campus Einaudi dell’Università di Torino, risalgono al 13 febbraio e sono stati quasi dimenticati dopo il covid. I provvedimenti punitivi sono arrivati alla fine di luglio. Questi studenti sono accusati né più né meno di antifascismo. Insieme a loro avrebbe dovuto esserci chiunque abbia buona memoria e non dimentichi la Costituzione. Perciò è inaccettabile che siano sotto processo e siano già vittime di punizioni che stanno danneggiando la loro vita e pregiudicando il loro diritto allo studio. Conosco personalmente alcuni di loro, in particolare due mie studentesse. Sarebbe davvero “surreale”, come ha detto Zerocalcare , che pagassero un prezzo per aver protestato contro la presenza dei fascisti all’università. Il 4 settembre saranno davanti al giudice per chiedere la revoca delle limitazioni. È importante una mobilitazione di tutti in segno di solidarietà. Zercocalcare e Moni Ovadia si schierano dalla parte degli studenti arrestati o colpiti da misure cautelari per gli scontri all'esterno del campus Einaudi dell'Università di Torino, lo scorso 13 febbraio. "Queste persone sono colpevoli di aver sostenuto posizioni che dovrebbero essere di tutti. È una situazione surreale" sostiene il fumettista in un video lanciato per manifestare solidarietà alle 31 persone che il 4 settembre saranno davanti al giudice del riesame di Torino per chiedere la revoca delle limitazioni alla libertà. Per quel giorno è stato convocato un presidio davanti al tribunale, dalle 8.30: "Ci sono ragazzi che sono nati, vivono e studiano a Torino che non possono starci perché gli è stato dato il divieto di dimora – continua Zerocalcare – Sono accusati di aver cacciato i fascisti dall'università quando questi sono andati a contestare gli studenti che avevano organizzato un'iniziativa nel giorno delle foibe (il giorno del ricordo ndr). Per tutte queste ragioni dobbiamo stargli vicini". L’evento “Fascismo Colonialismo e Foibe”, lanciato insieme all'Anpi per approfondire la questione storica complessa, aveva visto la partecipazione di Moni Ovadia e del giornalista Stojan Speti?, ma non era gradita ai militanti del Fuan che avevano organizzato un volantinaggio di protesta, scortati dalle forze dell'ordine. Un presidio antifascista era stato subito convocato dai collettivi di sinistra che erano arrivati allo scontro con la polizia. DI DONATELLA DI CESARE
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goodbearblind · 5 years ago
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Posted @withrepost • @collettivokrisis VERONA CITTÀ NERA L’avrete sentito tutti ormai: dal 5 all’8 settembre c’è la festa nazionale di Casapound. E, che sorpresa, si terrà a Verona. Intanto la nostra solidarietà va a tutti I cittadini antifascisti di Verona, costretti a sopportare questo scempio. In secundis, ci chiediamo cosa succeda nella testa del sindaco e della giunta comunale della città. Aprire così spudoratamente al fascismo della peggior specie la propria città, riempiendola di picchiatori e squadristi, chiamando a partecipare figure ignobilmente istituzionali come il sessista Pillon e il nostalgicissimo La Russa e rinnegando ogni principio di antifascismo, la città di Verona si riconferma un posto da evitare in questi giorni. Quindi ricordateci: è anacronistico e strumentalizzante dare dei fascisti alla Lega e Fratelli d’Italia? Anche quando esiste una complicità esplicita tra questi due partiti e l’organizzazione dichiaratamene fascista di Casapound? Siamo arrivati alla resa dei conti: la maschera è stata gettata ora che la memoria storica di ciò che è successo durante il ventennio è venuta meno e anzi, è stata rimpiazzata dal revisionismo storico di destra. Ma quello che preoccupa è la normalità apparente di queste situazioni oggi giorno, ormai sono sempre meno a scandalizzarsi e a scendere in piazza contro questi oltraggi a un paese che di fascismo ci è morto. Ma, cari fascisti, non avete vinto, anzi, non siete nemmeno arrivati vicino alla vittoria. Noi siamo ancora ai nostri posti, e lì ci troverete. Vi abbiamo sconfitto nel ’45, e siamo pronti a farlo di nuovo, quindi ricordatevi del 28 aprile: la storia si ripete alla fine, non è così? #antifa #oraesempreresistenza #oraeovunqueresistenza https://www.instagram.com/p/B2HM_CbCLWW/?igshid=44dnisdvaho6
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paoloxl · 6 years ago
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Non scopriamo certo oggi - a 74 anni dall’insurrezione armata contro il nazifascismo - l’attualità dell’antifascismo e della Resistenza, nella sua espressione storica di guerra di liberazione europea. Nel celebre saggio Introduzione alla vita non fascista - prefazione all’edizione statunitense dell’Anti-Edipo di Gilles Deleuze e Felix Guattari (1977) – Micheal Foucault tracciava alcune coordinate strategiche che iscrivevano la lotta al fascismo ben oltre i suoi confini storici e materiali. Il fascismo come nemico strategico dell’Anti-Edipo, dei movimenti sociali, del bios; «e non soltanto il fascismo storico di Hitler e Mussolini, che ha saputo mobilitare e impiegare così bene il desiderio delle masse, ma anche il fascismo che è in noi, che possiede i nostri spiriti e le nostre condotte quotidiane, il fascismo che ci fa amare il potere, desiderare proprio la cosa che ci domina e ci sfrutta».
Tutto questo assume ancora più valore nella contemporaneità, nella quale gli assetti di potere sono pienamente immersi in un corso reazionario e la governance assume tratti autoritari che stanno ribaltando gli stessi principi fondativi dello Stato di diritto e delle democrazie rappresentative. Il governo “giallo-verde” è chiara espressione di questo corso storico e le sue politiche razziste, patriarcali e classiste lo dimostrano ogni giorno di più. Per questo l’antifascismo odierno non può che intrecciarsi con le lotte antirazziste, con quelle femministe, ma anche con quelle che vogliono liberare i territori dalla violenza del capitale estrattivo che produce mutazioni climatiche e distrugge la riproduzione biologica della vita sul pianeta.
Questa forma di antifascismo è quotidiana, non celebrativa e né tantomeno evocativa. Si costruisce con processi collettivi ben al di là delle singole ricorrenze che si impiantano esclusivamente nella dimensione del ricordo e della memoria. Ma anche la memoria ha il suo peso politico e va sottratta ai continui tentativi di pacificazione coatta da parte di chi – a sinistra come a destra – mira a neutralizzare l’antifascismo come strumento di lotta politica ed emancipazione collettiva. Un’operazione iniziata nel 1996 dal richiamo di Luciano Violante ai «ragazzi di Salò» nel suo discorso d’insediamento alla camera dopo le elezioni vinte da L’Ulivo, e proseguita anno dopo anno, fino a giungere al boicottaggio organizzato della giornata fatto dai leader di governo leghisti.
Negli ultimi anni, l’anniversario della Liberazione è stato nuovamente riempito di pratiche e idee non rituali, che hanno saputo collocare la giornata in continuità con le lotte quotidiane per i diritti e la libertà. Quest’anno, nel primo 25 Aprile sotto il governo giallo-verde, le diverse iniziative avranno uno spirito ancora più battagliero, anche perché seguono mesi di mobilitazioni di massa su tanti fronti, da quello antirazzista a quello femminista, fino a quello ecologico-ambientale.
A Nord-Est saranno molte le piazze da seguire. A Padova la giornata, organizzata dalla Rete cittadina contro il razzismo e per l’inclusione sociale, parte alle 10,30 con iniziative nei quartieri: nel Rione Palestro, all'impianto sportivo comunale di via Dottesio, ci saranno Tornei di calcio a 5 con squadre miste e grigliata sociale; a Piazza Gasparotto, dalle ore 12 "pranzo accogliente"; nel Rione Portello dalle 10.00 alle 12.30, al Laboratorio sociale la Tana (Via Marzolo 15/a), apre la Dispensa sociale con pane, frutta e verdura recuperata dalla grande distribuzione, mentre al parco dell'Ex - Macello in via Cornaro, ci saranno lavori di piantumazione e il pranzo sociale. Nel pomeriggio si svolgeranno le “Passeggiate” dai quartieri per raggiungere la Festa della rete in Piazza delle Erbe, che inizierà alle 15,30.
A Vicenza è prevista la manifestazione “Liberiamoci da fascismo, razzismo e sessismo” che partirà da Piazza Castello alle 10. L’appello del corteo, a quasi un anno dall’insediamento della giunta di destra capeggiata da Francesco Rucco, si richiama anche pace, ai diritti, alla giustizia climatica e alla difesa degli spazi di democrazia.
A Treviso l’appuntamento è alle 15 in Restera, ai giardini delle ex scuole Volta, «per riappropriarci della resistenza come pratica quotidiana di opposizione al razzismo, al sessismo, a chi devasta i nostri territori e a chi cerca di zittire le lotte sociali».
A Trento il 25 Aprile avrà il segno della lotta contro la legge Salvini e il razzismo istituzionale, ma anche contro l’operato della giunta provinciale che vede a capo il leghista Maurizio Fugatti; l’appuntamento è alle 15 in Piazza Pasi.
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antifainternational · 6 years ago
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September 8, Grosseto - Corteo Antifascista #noalraduno
RIPRENDIAMOCI LA CITTA'! RIPRENDIAMOCI TUTTO! Iniziamo con una certezza. Grosseto è la nostra città e ci riprenderemo ogni spazio. Grosseto è una cittadina di provincia apparentemente pacificata. In questo territorio ibrido tra città e campagna, il conflitto sociale, seppure drammatico ed evidente nelle condizioni di vita sempre più precarie e impoverite, stenta ad emergere con forza in forma organizzata. L'imbarbarimento politico, sociale e culturale che si sta espandendo nel nostro paese e in tutta Europa si condensa e si appiattisce qui, in cui tutto diventa immobile, indifferente, normalizzato. In questo contesto, Il putrido riemergere della palude neo-fascista si manifesta nelle sue più fetide espressioni. Legittimati dall’indifferenza dei più e da chi li considera perfettamente inseriti all’interno del sistema democratico, i neofascisti si sono infiltrati ovunque: nei quartieri, nelle scuole, nelle istituzioni. Con la complicità e per la negligenza delle amministrazioni locali, hanno aperto impunemente le loro sedi, si appropriano degli spazi pubblici e mediatici, impongono la loro idea di giustizia con le ronde squadriste, risignificano i luoghi della nostra città (ad es. l’intitolazione di una via a Giorgio Almirante, boia fascista firmatario e mandante di numerose stragi anche sul nostro territorio), si vendono come ‘amici del popolo’, umiliano la sala comunale e la nostra memoria storica legata alla Resistenza. Ed ora, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la chiamata al raduno nazionale di CasaPound il 7,8 e 9 Settembre. Non permetteremo a chi alimenta l’odio, la violenza e la guerra tra poveri di calpestare le nostre strade. Scendiamo in piazza l’8 Settembre per arginare questa invasione! Scendiamo in strada con i nostri corpi per riprenderci la nostra città! Sappiamo bene che la contrapposizione esclusiva alle organizzazioni neofasciste non è sufficiente per uscire da questa putrida palude. Siamo consapevoli che Casapound non è altro che la milizietta privata degli sfruttatori e che il nostro nemico siede ben più in alto. Quello a cui stiamo assistendo, infatti, è una deriva razzista, xenofoba, omofoba, sessista e securitaria di ampia portata, alimentata dagli stessi governi che attuano politiche di macelleria sociale sotto la bandiera democratica. Con queste politiche, in pochissimo tempo, ci hanno rubato tutto: il lavoro, la scuola, la casa, la salute, la libertà di autodeterminazione e di scelta sui nostri corpi, la solidarietà, la capacità di lottare, l’umanità. Non abbiamo intenzione di retrocedere di fronte a chi adesso al governo esibisce il ghigno dello scherno fascista, scagliandosi contro i soggetti sociali più vulnerabili (migranti, poveri, donne, omo e transessuali) criminalizzando la solidarietà e legalizzando la caccia al 'diverso'. Non saremo magnanimi con quella 'sinistra' che in decenni di totale servilismo nei confronti del neoliberismo e delle politiche di austerità ha sistematicamente sottratto al popolo ogni potere democratico e ha creato le condizioni affinchè la cultura ‘neo-fascista’ diventasse di massa. Noi non ci dimentichiamo che questa ‘sinistrina’ è responsabile della precarizzazione e della frammentazione dell’intera classe operaia (es. Jobs Act), della distruzione del sistema scolastico (es. la buona Scuola) e di leggi razziali e repressive come il Decreto Minniti Orlando. L’8 Settembre scendiamo in strada perché essere antifascisti significa anche contrastare le politiche di governo fasciste e la normalizzazione della ‘cultura neo-fascista’. Questo giorno per noi sarà il punto di avvio per un Antifascismo militante che deve farsi anche sociale e culturale. La nostra Resistenza non sarà solo di testimonianza. Dove ci sono frammentazione e divisione, noi vogliamo creare unità. Dove ci sono odio e violenza, noi vogliamo creare solidarietà, mutualismo e auto-organizzazione. La Resistenza è qui e ora. Vogliamo riprenderci tutto ripartendo dal basso, dagli ultimi, dagli emarginati, dai vulnerabili e dagli ‘antisociali’ per risalire verso l'alto ed assaltare il cielo. Tenendo conto delle differenze e divisioni che ci caratterizzano, consapevoli che l’isolamento, la separazione e l’alienazione di questi ultimi decenni e l’incapacità di costruire risposte concrete hanno permesso al fascismo di radicarsi nella nostra città fomentando paure, violenze e intolleranze, invitiamo tutte le realtà organizzate ed autogestite, tutti i compagni e le compagne, i cittadini e le cittadine liberi, sensibili, determinati e consapevoli della necessità di contrastare il fascismo con l’autorganizzazione e l’autodifesa militante a partecipare al corteo antifascista dell’8 Settembre. Pacifici, ma determinati, vi aspettiamo a Grosseto! Maremma Antifa
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somarolove · 4 years ago
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DI ANTICOMUNISMO, SINISTRE DI DESTRA E ALTRO
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La ribellione del villaggio Napaken contro i colonialisti francesi (Museo provinciale di Savannakhet)
C`e` un tema importante che ho riscoperto arrivando a Savannakhet, quello delle memorie dei conflitti. Vivo in una cittadina, Luang Prabang, che ha una storia filomonarchica abbastanza delineata. La figura del Re ancora oggi serve ad alcuni per ricordare un passato migliore del presente. E` soprattutto un baluardo anticomunista oltre che un'istituzione potenziata dalla colonia francese per facilitare il controllo locale. Tra i racconti preferiti dai turisti che non vedono l`ora di scoprire qualche segreto laotiano ci sono, ad esempio, le storie degli autisti del re finiti in campi di rieducazione e probabilmente morti li`. L`aristocrazia della citta` si e` invece rifugiata all`estero, negli USA e in Francia, soprattutto. Alcuni di loro sono ritornati nella terra degli ancestri per cercare radici spesso nascoste da un hotel o da un centro massaggi o da un ristorante. Non esiste pero` un racconto scritto o per immagini della guerra civile in città. Si possono ascoltare storie ma il superamento del trauma bellico a Luang Prabang e` stato trainato dall`industra turistica ed ha prodotto un radicale spostamento della critica rivoluzionaria allo sfruttamento coloniale, al suprematismo bianco o all'ingerenza di entità economiche sovranazionali, verso una meticolosa revisione indigenista della storia locale per fini commerciali e recentemente anche anticinesi.
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La presa di Atsaphangthong (vicino Savanakhet). Museo Provinciale di Savannakhet
Savannakhet sorge invece in una storia contesa a partire da un tentativo mai completato di cancellazione delle reminiscenze militari della citta`. Come accennavo nel messaggio su telegram di ieri, la citta` tutta fa parte di un grande rimosso, di una guerra segreta combattuta su vasta scala, di cui si sa molto poco ma che fornisce spunti per comprendere altre guerre, combattute su altre geografie forse con strategie militari assimilabili. Da un punto di vista sociologico, l'elemento piu` interessante che ho trovato riguarda gli spazi del divertimento militare, ma sarebbe meglio dire paramilitare, cosi` profondamente legati alla ricerca dell`oblio e del non riconoscimento dell`Altro. Le accoglienti fumerie di oppio e di eroina, i prostiboli appartati, le strade strette e le poche finestre verso `fuori` degli edifici creano dei luoghi perfetti per l`intimo e personale superamento della soggettivita`. Qui l`annullamento avveniva con discrezione e permetteva facilmente di spingersi fino alle estreme conseguenze piu` distruttive, da quelle del sè come il suicidio o la perdita di ragione, a quelle dell'altro da sè, come lo stupro, la pedofilia e altro ancora. Questa possibilita` di perdersi era per così dire facilitata proprio dalla non esistenza di Savannakhet e della base militare americana non lontana. Ogni epistola o racconto ufficiale disponibili negano oppure omettono questo "dettaglio" producendo un senso di impunità storica dell'impero.
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Vorrei allora raccontare come questa non esistenza e questo perdersi sono stati reinterpretati attraverso le testimonianze architettoniche di due cinema. Il primo, qui sopra, era il cinema ``americano``. Costruito alla fine degli anni `50 in stile post art-deco`, era utlizzato dai soldati in licenza per diversificare il loro divertimento. Dopo la guerra e` rimasto inutilizzato fino a un anno fa quando e` partito un progetto di restauro che gli ha dato nuova vita attraverso una caffetteria, un ristorante vietnamita e un negozio di fotografia e di abbigliamento fashion.
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È servita una lunga opera di convincimento dei quadri locali del Partito per riaprire al pubblico un ex cinema che molti consideravano un`icona da cancellare del passato colonialista. Al suo posto, per eliminare anche la memoria di svago associata alle ore di proiezione di film stranieri, negli anni '80 fu costruito un altro cinema, questa volta con architettura sovietica, voluto dal consulente russo del Partito che si trasferì a Savannakhet alla fine della guerra. Si trova a soli due isolati da quello americano e in qualche modo voleva ribadire la rovina del vecchio e la vittoria del nuovo.
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A Luang Prabang non ci sono cinema (c`e` un teatro che non ha mai avuto funzione di cinema). Nella capitale del Laos, Vientiane, e` stato aperto un multisala ipermoderno dentro un centro commerciale pochi anni fa in cui si proiettano film borghesi tailandesi e alcuni blockbuster holliwoodiani. In una cittadina nel Laos centrale, di non piu` di 100.000 abitanti ci sono invece ben due cinema d'essai, di cui uno, quello russo, prima che si fondesse il proiettore, anche funzionante. Il ritrovare questi cimeli di una guerra non raccontata, insieme ad un piccolo museo che si azzarda a mostrare le immagini di una guerriglia contadina armata di braccia e baionette contro gli aerei americani, mostrano un Laos completamente assente in una citta` monarchica come Luang Prabang, o rivolta al capitale come Vientiane. Fuori dai mondi del turismo educati se non dall`anticomunismo, certamente dalla sua sconfitta storica avvenuta nel 1989, si riscoprono genti nei margini, orgogliose di un cinema sovietico e di un ex cinema americano ora adibito alla cucina vietnamita e alla degustazione di caffè locali.
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E` proprio a partire da questa consapevolezza che in citta` si articola, a mio parere, un movimento urbano che sta ricostruendo il passato oltre "l'invenzione delle tradizioni" ma in bilico tra un discorso "comunista inattuale" e il bisogno di connettività col resto del mondo "social". Per due generazioni i temi che riguardavano la guerra civile sono stati trattati con estrema difficolta`, sia per i traumi personali che si erano vissuti, sia perche` si temeva di raccontare visto che non tutta la guerra era terminata. Lo scontro sucessivo all`uscita degli americani riguardo` infatti regolamenti di conti molto locali, tra fascismo ed antifascismo e molteplici gradazioni riscontrabili in aree piu` remote dove la partecipazione alla guerra segui` soprattutto reti familistiche e appartenenze di clan piuttosto che vere e proprie ideologie e visioni del mondo. Tutto cio` ha prodotto una relazione profondamente paronoide con la vita pubblica che le nuove generazioni stanno provando a mettere in discussione. Per farlo, riutilizzano e contaminano di idee globali spazi chiusi da tempo in modo da trattenerli prima che li scopra il capitale. Simultaneamente la città si sposta e mentre il cinema russo col suo proiettore fuso e le sue scomode sedie di legno attende una modernizzazione da multisala, il vecchio cinema americano si rifà il trucco e diventa incubatore di imprenditoria giovanile e delle leggi del mercato. Qui spiccano nuove eroine del femminismo neoliberale o capitalista come quelle rappresentate nella foto in basso, esposta nel ristorante "non vegetarian friendly" dell'ex-cinema.
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tmnotizie · 7 years ago
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MACERATA – Lorenzo Montesi, con il progetto “Per una ricerca dedicata alla storia delle Marche” è il vincitore della quarta edizione del Premio Primo Boarelli istituito da Comune di Macerata, Anpi, Anmig, Cgil, Istituto storico della Resistenza e dalla famiglia di Boarelli, con l’obiettivo di mantenere vivo il ricordo dell’impegno civile di Primo Boarelli, partigiano, sindacalista e uomo politico, scomparso il 22 giugno del 2012.
Il Premio, come noto, viene assegnato sotto borsa di studio, per un importo di 3.000 euro, per finanziare una ricerca inedita dedicata alla storia delle Marche e centrata su temi, ad esempio, quali fascismo, antifascismo, II guerra mondiale, Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), resistenza, sindacati, scioperi, partiti politici e così via.
“Con il premio Boarelli – interviene l’assessore alla Cultura Stefania Monteverde -la città vuole contribuire a costruire una società fondata sui valori democratici della costituzione così come fecero gli uomini e le donne della resistenza antifascista. Insieme ai giovani e alla rete delle associazioni ridiamo spazio alla conoscenza, vero argine ai nuovi fascismi”.
Il progetto di Lorenzo Montesi, giovane laureato in Scienze Storiche a Bologna, con una tesi di ricerca in Storia dell’Italia Contemporanea e già laureato in Storia, con una tesi in Storia dei movimenti e dei partiti politici, è stato giudicato meritevole dalla giuria del Premio perché, come si legge nella motivazione, “la ricerca presenta alcuni aspetti di indubbio interesse storiografico”. Si fonda infatti sul lavoro di mappatura delle fonti archivistiche relative al periodo della seconda guerra mondiale, con particolare attenzione all’Archivio del Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale, depositato presso l’Archivio di Stato di Macerata.
Un fondo, questo, che non è stato mai studiato analiticamente.  “La ricerca è molto interessante- ha riferito Annalisa Cegna direttrice dell’Istituto Storico della Resistenza di Macerata- in quanto l’archivio del CLN provinciale ha raccolto l’attività amministrativa anche del ventennio fascista e pur essendo già stata fatta una ricognizione generale sui contenuti dell’archivio, il dettaglio è ancora sconosciuto”.
“Il CLN è una congiunzione tra il ventennio fascista e la ricostruzione democratica- ha affermato Matteo Petracci dell’Università di Camerino – e fu una grande palestra dove in poco tempo donne e uomini che non avevano mai avuto voce nella società, ricostruirono la democrazia”.
Anche la Cgil Macerata ha creduto nel progetto di ricerca di Lorenzo Montesi perche “soprattutto in questo tempo è importante ribadire e far emergere gli aspetti della nostra Repubblica legati all’antifascismo. Il recupero della memoria si intreccia anche con gli ideali di democrazia presenti nel sindacato”. Ideali condivisi dall’Anpi che con Lucrezia Boari ha ricordato la figura di Primo Boarelli “instancabile seminatore di resistenza. Ha lasciato memoria fertile nei luoghi e nei diversi ruoli da lui ricoperti. Ricordarlo in una ricerca storica è il miglior modo per fare emergere quei valori di democrazia che egli ha diffuso con capacità e impegno”.
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pier-carlo-universe · 18 days ago
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Casale Monferrato: Commemorazione dell’eccidio dei Partigiani della Banda Tom in Cittadella
Questa mattina, presso la storica Cittadella di Casale Monferrato, si è tenuta la commemorazione dell’eccidio dei Partigiani della Banda Tom
Questa mattina, presso la storica Cittadella di Casale Monferrato, si è tenuta la commemorazione dell’eccidio dei Partigiani della Banda Tom. L’evento ha visto la partecipazione del Sindaco Emanuele Capra, del Presidente del Consiglio Comunale, e di Giovanni Battista Filiberti, rappresentante del Comitato Unitario Antifascista, insieme ad alcuni membri del Comitato. Durante la cerimonia, il…
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pier-carlo-universe · 25 days ago
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Il podcast "AscoltAle" racconta il teatro: "106 Garofani Rossi" al Teatro Ambra
Un episodio speciale per ricordare Giacomo Matteotti attraverso la prospettiva della moglie Velia.
Un episodio speciale per ricordare Giacomo Matteotti attraverso la prospettiva della moglie Velia. Il racconto teatrale di una figura storica.L’11 gennaio 2025, al Teatro Ambra di Alessandria, va in scena lo spettacolo teatrale “106 Garofani Rossi – Velia e Giacomo l’Antifascista”, un’opera prodotta da Quizzy Teatro per il segmento Off della stagione teatrale di Alessandria. Questo spettacolo,…
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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106 Garofani Rossi. Velia e Giacomo, l’Antifascista 
Sabato 11 gennaio 2025, alle ore 21.00, presso il Teatro “Ambra” di Alessandria, in viale Brigata Ravenna 8, nell’ambito della Stagione Comunale 2024-2025, organizzata e promossa in collaborazione con Piemonte dal Vivo e ASM Costruire Insieme
Sabato 11 gennaio 2025, alle ore 21.00, presso il Teatro “Ambra” di Alessandria, in viale Brigata Ravenna 8, nell’ambito della Stagione Comunale 2024-2025, organizzata e promossa in collaborazione con Piemonte dal Vivo e ASM Costruire Insieme, sarà presentato in Prima Nazionale lo spettacolo 106 Garofani Rossi – Velia e Giacomo, l’Antifascista, con Monica Massone e Gianni Masella, scritto da…
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paoloxl · 7 years ago
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Cosa ha portato all’attuale sdoganamento nel dibattito pubblico di linguaggi ed attori neofascisti? Uno sguardo all’indietro di medio periodo originariamente pubblicato per Infoautenglish. Cosa sta accadendo in questo momento in Italia? La gente in Italia è diventata conservatrice – o direttamente fascista – sulla scia dei recenti episodi di attacchi e terrorismo xenofobo e di destra? Poco si può desumere sullo stato del paese dalle cronache e dai corrispondenti del mainstream, che nella maggior parte dei casi lo presentano attraverso le lenti della politica partitica, di élite corrotte, di un’economia stagnante e perfino bancarottiera e di crescenti problemi legati alle migrazioni. Ma sarebbe un errore madornale attenersi a questa narrazione per capire il contesto della campagna elettorale e l’attuale revival antifascista. Iniziamo con l’autonarrazione della politica rappresentativa, che sta divenendo sempre più una questione che interessa un segmento sempre più anziano, benestante e ristretto della popolazione – che ricopre il grosso dell’ “opinione pubblica” interpellata e rappresentata dai media mainstream e perfino sui social network. Negli ultimi cinque anni in particolare, l’affiliazione ai partiti (ed ai sindacati confederali) si è ridotta considerevolmente; il finanziamento pubblico ai partiti è stato bandito, ridimensionando le loro ramificazioni territoriali indebitate e spianando la strada all’influenza di interessi e lobby private e perfino straniere; rispetto ad un’affluenza dell’80% nel 2006, si prevede che non più dei due terzi dei potenziali votanti si rechino alle urne (alcuni affermano che l’asticella potrebbe cadere perfino al di sotto del 50%) il 4 Marzo, e si prevede che fino al 70% dei giovani potrebbe non votare affatto. Dopo aver chiarito questo contesto bisogna affrontare la narrazione soffocante che da un lato rappresenta un fascismo apparentemente ineluttabile che spunta dal nulla o grazie alle capacità dei propri leader e dall’altro lo rappresenta, al pari dell’antifascismo, come un’ideologia antiquata che alimenta una guerra tra bande. Per comprendere il ritorno del nazionalismo e del fascismo in Italia vanno tenuti in considerazione almeno tre cambi di paradigma. Il primo è la crisi del debito sovrano nel sud Europa del 2010-2011. Nella sua scia, la posizione inflessibile e predatoria delle burocrazie dell’UE (ultimamente confermata durante l’Oxi greco), approfittando dell’ingordigia e del clientelismo dei politicanti nazionali, ha alienato alcune parti della borghesia nazionale. Queste ultime – in particolare alcune i cui interessi sono stati colpiti dalle sanzioni contro la Russia per la crisi di Crimea del 2014 – hanno iniziato a volgere le spalle all’atlantismo e all’europeismo neoliberale; uno sviluppo con cui fa il pari la riorganizzazione del partito xenofobo della Lega Nord (allora un’entità federalista e regionalista) su basi lepeniste e nazionaliste sotto il proprio nuovo segretario Matteo Salvini. Il secondo è l’impatto delle migrazioni post-primavere arabe che, sebbene meno considerevoli di stati come il Libano e la Turchia, hanno messo alla prova la tenuta di molteplici piani dello stato italiano – welfare e sistemi redistributivi, identità nazionale, relazioni con l’UE – influenzando conseguentemente il dibattito politico. Nonostante le operazioni NATO in Libia, le responsabilità del complesso militare e di cybersicurezza locale nel perpetuare oppressione, crisi e instabilità in parti dell’Africa e del Medio Oriente; della complicità col regime dell’AKP di Erdogan; e della cooperazione trasversale tra partiti ed organizzazioni criminali nello sfruttamento dell’accoglienza e della manodopera migrante (specialmente nel fiorente settore della logistica), pochi sono stati capaci di rendersi conto della connessione tra guerra, migrazione ed austerità – ed ancora meno ad opporvisi. L’ultimo è la mutazione compiuta del Partito Democratico (PD) in un’entità neoliberale, securitaria ed autoritaria. Specialmente dal 2014 in poi, quando il segretario PD Matteo Renzi ha deposto il precedente governo Letta in un golpe di palazzo, che è emersa una responsabilità storica di questa organizzazione nel riammettere l’estrema destra nella politica mainstream. Dopo che i suoi predecessori per la prima volta in 50 anni hanno permesso una memoria condivisa con i fascisti della Seconda Guerra Mondiale ed hanno introdotto posizioni di “legge ed ordine” e di discriminazione nel tentativo di connetterle ad un’identità “di sinistra”, la più recente leadership di Renzi ha effettuato una duplice operazione. Da un lato, i movimenti più forti in Italia (sul diritto all’abitare, nel mondo della formazione, con i comitati territoriali, dei lavoratori della logistica) sono stati attaccati sia con una legislazione mirata che tramite operazioni di “sicurezza” quasi terroriste. L’uso di celere, idranti, lacrimogeni ed altri mezzi di controllo delle masse è cresciuta esponenzialmente durante il governo del PD, assieme ad altre forme di guerra mediatica e psicologica antisociale. Ad esempio, il cantiere TAV dell’alta velocità in Val Susa è stato militarizzato e dichiarato “sito di interesse nazionale” per contenere e disciplinare i suoi oppositori dal basso; mentre gli sfratti delle occupazioni abitative a Bologna e Roma (e dei malati, degli anziani e dei bambini che vi abitavano), rinforzati da fino a 40 camionette di polizia e pompieri alla volta hanno portato gli attivisti a concludere che “Il PD fa quello che la Lega si limita a sognare di fare”. Dopo la sconfitta al referendum costituzionale del 2016 e le seguenti dimissioni di Renzi (e dopo la creazione del governo Gentiloni, un tentativo da parte di elite dello stato di blindare ulteriormente neoliberalismo e securitarismo) questo approccio è stato portato avanti ed approfondito dal nuovo ministro dell’interno Marco Minniti. Da ex-sottosegretario alla presidenza del consiglio nel governo D’Alema – storicamente responsabile della mancata concessione di asilo politico al leader curdo Abdullah Ocalan nel 1999, il che portò al successivo arresto di quest’ultimo in Kenya – ha fatto carriera tramite una serie di incarichi di governo e partito concernenti la polizia, i servizi segreti e le agenzie NATO. Da aspirante Gustav Noske, ha dato corso ad una serie di atroci atti contro le classi più povere ed i movimenti: dall’eponimo decreto Minniti-Orlando, che aumenta i poteri di polizia introducendo DASPO urbani o da particolari aree urbane per categorie arbitrarie di persone ed attivisti, alla promozione dell’ex-torturatore del G8 di Genova Caldarozzi ad un’agenzia antimafia; dall’istituzione di campi di concentramento in Libia per fermare l’afflusso di migranti e le enormi retate sul suolo nazionale (quella alla Stazione Centrale di Milano lo scorso anno ha riecheggiato la famigerata operazione Zeus Xenios ad Atene nel 2013) al (fallimentare) divieto contro le manifestazioni spontanee antifasciste a Macerata in risposta all’attentato terroristico lì avvenuto ai primi di febbraio. Quest’impostazione è stata strumentale per difendere un “antifascismo istituzionale” dall’approccio non-conflittuale, memorialistico ed ingenuamente tollerante – permettendo ai fascisti di strada di organizzarsi e finanziarsi in barba alla disposizione costituzionale che glielo proibisce. Dall’altro lato, anziché concentrarsi in una battaglia perdente contro il crescente Movimento Cinque Stelle populista, Renzi ed i media mainstream attorno a lui hanno incensato Salvini (oltre ad altri partiti fascisti) come il proprio conveniente avversario «impresentabile» ed «utile idiota»: che mai avrebbe potuto vincere effettivamente la propria battaglia nazionalista e retrograda contro la “rispettabile” elite neoliberale, europeista e progressista. Tuttavia, ciò ha permesso all’estrema destra di portare legittimamente nel mainstream la propria narrazione, la propria prospettiva e le proprie proposte irricevibili. In parallelo all’avanzata di rappresentazioni patinate di fascisti ed organizzazioni criminali nelle serie TV e nelle riviste di costume, le autorità hanno permesso in misura sempre maggiore “simboliche” commemorazioni pubbliche del passato fascista: persino al criminale di guerra nazista Erich Priebke è stato tributato un funerale pubblico, ed i resti del defunto re Vittorio Emanuele III – che sostenne Mussolini – sono tornati in patria. Qual’è, dunque, il risultato di questi processi? Dopo aver anche alienato la propria base più di sinistra, tagliando welfare e servizi e privando di legittimità i propri referenti nei sindacati e nella società civile (nell’azzardo di espandersi a destra e trasformarsi in un partito pigliatutto “naturale” di governo) le imminenti elezioni potrebbero essere l’ultimo atto di un graduale processo di PASOKizzazione del PD – e portare al suo tracollo definitivo, o costringerlo ad una coalizione con il proprio ex-avversario Berlusconi. Ma l’eredità peggiore degli ultimi cinque anni di governi tecnici e del PD (a cui si aggiungono altri fattori esogeni come il fallimento di Syriza e Podemos davanti alla force majeure delle politiche dell’UE) è l’egemonia istituzionale trasversale dell’ideologia della the “ Preferenza Nazionale”. Quest’ultima, sviluppata nella Francia degli anni ‘80 dagli ideologhi di estrema destra del Front National, ruota attorno ad un etnocentrismo e nazionalismo paternalista e “di buon senso” curvato sul “risolvere prima i nostri problemi” e dare precedenza ai nativi a welfare e servizi, in barba allo stato di necessità di ciascuno. In tal modo, questo discorso ostacola la solidarietà tra gli autoctoni e gli stranieri in diverse lotte e movimenti, e crea un “nemico interno” fittizio, in un processo simile a quello esperito dall’Europa negli anni ‘30. Il discorso della preferenza nazionale, ora adottato da tutti i partiti nell’attuale parlamento, dovrà essere il primo obiettivo di una rinnovata strategia antifa postelettorale e di lungo periodo; che dovrà necessariamente integrare il rifiuto e la preclusione di sviluppi autoritari e securitari con una rinnovata presenza in lotte e territori sempre più meticci. da InfoAut
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paoloxl · 8 years ago
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Sono passati 14 anni dalla scomparsa di Dax, compagno ucciso durante un agguato fascista, e dagli scontri all’ospedale San Paolo di Milano. In una fase storica in cui assistiamo a un progressivo diffondersi di politiche di esclusione a danno di profughi ed immigrati, e il proliferare di rigurgiti razzisti che ne giustificano l’applicazione, questo anniversario lo dedichiamo a due migranti uccisi dal servilismo fascista e dall’arroganza del capitalismo. Si tratta di Abd El Salam, ucciso nel settembre scorso a Piacenza davanti ai cancelli del suo posto di lavoro, mentre lottava per i propri diritti, e di Emmanuel Chidi Nnamdi, ammazzato nel luglio 2016 a Fermo per aver risposto agli insulti di un esponente di Casa Pound. Entrambi hanno versato il loro sangue perché non hanno accettato il sopruso e il razzismo, reagendo con fierezza e determinazione alle ingiustizie. Storie che ci appartengono come quella di Dax, che entrano a far parte delle nostre lotte e della nostra memoria, esempi importanti per chi non abbassa la testa e non si arrende. L’assemblea allargata delle compagne e compagni di Dax ha voluto dare, come ogni anno, questo significato antifascista e anticapitalista alla giornata del 16 marzo. Nel presidio in via Brioschi e durante il corteo nel quartiere Ticinese, porteremo tematiche alle quali Dax ha dedicato la propria esistenza: la lotta per il diritto alla casa, l’antifascismo e l’antirazzismo, l’internazionalismo, la lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sulla donna e sulla natura. CONTRO FASCISMO E RAZZISMO DAX VIVE NELLE LOTTE! Dalle ore 18:30 concentramento Rappresentazione teatrale a cura di Daniele Biacchessi su Fausto e Iaio, per presentare il film-documentario da poco uscito. Seguiranno gli interventi dei compagni di Fermo sull'uccisione per mano fascista di Emmanuel Chidi Nnamdi e dei compagni e parenti di Abd El Salam anche lui morto durante un picchetto, ucciso dall'arroganza del capitalismo. Antifascismo è anticapitalismo, anticapitalismo è antifascismo! Alle ore 21:00 Partenza del corteo!   Associazione Dax Sedicimarzoduemilatre
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