#amore per la vespa
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AMORE PER LA VESPA
★彡𝓛𝓓ミ★
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Dᴀɪʟʏ Mᴏᴍᴇɴᴛs - Aʀᴄʜɪᴠᴇ
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Ma quanto sono belle quelle rughe attorno agli occhi e alla bocca...segni d'espressione di dolori e di risate.
Segni dei prima e dei dopo.
Adoro la mia pancetta, l'abbiocco serale davanti alla Tv, le commozioni,
i ricordi, i film e quei pezzetti della mia vita trascorsi in bianco e nero.
Ed ancora...la vespa, il solito muretto, il primo bacio e...la prima volta che hai davvero pianto per amore.
Siamo quello che abbiamo imparato da mamma e papà e...quello che poi insegnamo ad essere ai nostri figli.
Da quando ti chiamano Mammina a quando poi ti dicono: “Ma quanto rompi Mà...”
Quanto cazzo siamo belli.
Ognuno con la nostra storia.
Tutti un pò aquile ed un pò conigli.
Belli da leggere…rileggere e da raccontare.
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io e babbo portiamo i fiori al cimitero, prima che la notte scenda
nonno e nonna assistono al cambio di fiori di stoffa, sì di stoffa e pure di fiori veri. un compaesano in giro di cimitero, che non conosco e chiameremo signor mattone, perché ha un cardigan color mattone, si avvicina e attacca bottone, con mio padre, risaputo cordiale parlatore, ma sai, dico ma non lo dico, anche babbo desidera i silenzi di fronte ai suoi morti, sbuffo dentro, e per tutto il cambio vasi cambio fiori, colpetti di tosse, il signor mattone parla parla parla, dei tempi andati dei parenti suoi che non stanno lì, del chicchessiaqualunquecosa. Nonno Attilio sbuffa, giovane ragazzo quando mio padre aveva un mese soltanto, o non so cosa pensa. Ci guarda col volto basso, un po’ interdetto un po’ faccia di bronzo, capello impomatato sigaretta sospesa sulle labbra, pinces sui pantaloni, james dean prima di james dean, maledetta la vespa, maledetta la strada dell’incrocio dei paesi. Gina, dall’alto del suo gran petto che riempie l'ovale della foto e dal basso della sua minutezza, paziente, paziente per forza per amore, aspetta, che il signor mattone ci lasci soli, con la nipote mai conosciuta e il figlio adorato dagli occhi cerulei come i suoi, in bianco e nero. Sospira, la sento che sospira. Io faccio le faccende dei fiori, magari il signor mattone s’accorge e va via, però non so se ho scelto i fiori giusti per lei, se amava questi o preferiva i cristantemi, ma a me non piacciono tanto nonna, e poi non riesco a concentrarmi sull’ikebana, se non posso stare da sola qui con mio padre e con voi, questo signore marroncino continua a parlare della giunta comunale e di chi ruba i fiori alle tombe.
Mattone poi se ne va e io chiedo a babbo un ricordo di tutti e due, anche inventato, è la nostra preghiera. Poi ci prendiamo sottobraccio e andiamo verso la tomba di Grazia, saliamo le scale, c’è un tragitto da fare per raggiungerla, anche se casualmente, è stato un caso, ma nulla è per caso, nel cimitero la tomba di mamma e quella dei nonni si guardano, mamma dal balcone, loro da basso, attorno all’aiuola verde. Una prende l’alba, loro il tramonto.
C’è un sacco di via vai, tutti sembrano più di me provvisti di fiori speciali acque e spruzzini e lavette, io con le mie rose color malva chiaro, e poi volevo pure le foglie e pure le melagrane dell'orto nostro, ma i vasetti son piccini, e tra poco cala il sole.
Arriviamo da mamma a ovest, e come fantasma urlatore scorgiamo il gomito del signor mattone lì davanti la pietra di mia madre. Non ci credo, ci stava aspettando lì, per parlarti ancora! Facciamo un altro giro, un po’ di silenzio vi prego su questa terra, magari si stufa e se ne va, intanto babbo racconta, saluta di qua, io invidio la nebbiolina fiorita di là, che annuvola i vasetti, passa tempo, cala la luce ancora un po', e poi ritorniamo da mamma, ora addirittura s’è creato crocicchio di altrettanti a me sconosciuti, in quei tre metri quadri di fronte alla parete di piccole lapidi. Sospiriamo, giriamo l’angolo verso mamma, facciamoci vedere, tanto qui non se ne va nessuno mi sa.
Ciao mamma dico piano, perché tutti attorno parlano forte di gente che sta male, di un marito che pensa! imbocca la moglie, e io mi dico ma ma ma, ma no, non dico, io e mamma ci guardiamo, la vedo con gli occhi all’indietro, che dice santa pace e qualche parolina di sarcasmo beffardo, babbo sorride contrito alle mie spalle, costretto alle parole degli Altri, è più silenzioso del solito, è scocciato mio padre, è scocciato anche lui, da signor mattone e signor senape e signora muschio, ma mai dirà Potete un attimo lasciarci soli?, Possiamo un attimo raccoglierci, zitti, zitti vi prego, su questa terra, d'altronde lui è il figlio di quei due là sotto all'aiuola dell'est, è il marito della donna qui davanti che sta di fronte al mare coi capelli al vento, e se ne frega dei capelli scapecciati, lui è quello che sta qui, lui accoglie.
Io invece sono la figlia di questo qui che accoglie, e della donna in foto di fronte al mare in tempesta, metto le tre rose color malva nel vasetto, come graffiare il muro della lavagna, mi avvicino alla pietra faccio quasi per entrare dentro il ritratto, cerco di immaginare le battute di mia madre scaccia-urlatori inopportuni, analfabeti della gentilezza, la guardo, chiedo suggerimenti, la vita fa ridere un sacco, ora mi metto un lenzuolo in testa e faccio BOOOO a tutti, così se ne vanno.
invece no, fingiamo di andarcene noi, salutiamo, gli Altri si dileguano, non c'è più da chiacchierare spettegolare a voce alta, torniamo indietro, zitti zitti, non abbiamo gabbato la morte, gabbiamo l'inopportuno, non è poco. Dai sistema i fiori, dimmi i ricordi.
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Il papa emerito
Faceva notare qualcuno che non si può più nemmeno dire che morto un papa se ne fa un altro, ci hanno davvero preso tutto. Le file oceaniche che registrano le cronache nell'occorrenza di certi eventi, come per esempio la morte di un papa, appunto, o di una regina, non si sa bene quanto siano il frutto di un dispiacere vero o non siano piuttosto da riferire alla prurigine che ci coglie per strada quando vediamo un incidente. C'è anche il gusto di voler assistere a un evento storico e di partecipare a un rito di massa, sono cose scolpite nel DNA della razza umana, impossibile isolarne tutte le sequenze. Muore una brava persona e nessuno se ne accorge, muore uno famoso e gli costruiscono i monumenti, niente di nuovo. Nessuno va più in chiesa ma appena muore un papa diventano tutti vaticanisti. Dell'uomo Joseph Ratzinger ci resta il suo amore per Mozart e per i gatti, e l'incredibile somiglianza con Palpatine, tanto che Ian McDiarmid sarebbe stato un ottimo interprete per un biopic (membro della Royal Shakespeare Company, vincitore di un Laurence Olivier Award, ne avrebbe avuto i titoli, altro che Jud Law). Bruno Vespa avrà già pronto l'instant book. Diceva Joseph Ratzinger proprio a Bruno Vespa, quando lui era ancora cardinale e prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che solo il Signore può licenziare il papa e che Wojtyla doveva restarsene al suo posto fino all'ultimo per testimoniare meglio la sofferenza del mondo. Poi lui con grande coraggio decise di ritirarsi prima del licenziamento, vogliamo fargliene una colpa?
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Avevo dimenticato aver rete cantina a 1 piazza così sotto materasso a due piazze messonda un lato due materassi da povero e da altro la rete eheheh dove dormo io effetto trombaggio provato rimbalza bene ha molle ottime è INFINITY mica materasso da babbo ...io mai dormito a una piazza né a Bari né a milano ....stile....se non ce l'hai non puoi comprarlo....ora mi rifaccio letto per bene così stasera mi guardo Arnoldo mondadori e vespa su rai 1 con una bella ottica e acustica ....schiena sta guarendo è mio difetto se lavoro zero pause poi qualche muscolo fa il difficile ma oggi con ultimi sbattimenti arredamento e utensili varii alla fine solo così lavorando puoi rimettere a posto fisico non certo stando su divano col reddito a scrocco eheheh mica sono grillini....forza zelensky sempre...putin è Malvagio suoi amici malvagi come lui...senza se e senza ma....natale Sicilia supera 20 gradi ahahah sciolta la neve che capiterà a questi che maltrattare cani gatti bambini disabili e anziani...guai a loro...la natura ci pensa subito e li addrizza con amore o con forza....e altre cose sono nei 2 video con audio...sto in formissima.... (presso Don Vito's Cats Bar Home) https://www.instagram.com/p/CmcOqEprvkI/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Api, vespe, calabroni e un sacco d'altra gente
Ispirato dal post sulle pere di @kon-igi, faccio una piccola dissertazione su alcune caratteristiche di queste bestie, per quanto le mie conoscenze lo permettano. Preciso subito che sono aperto a correzioni da parte di chi ne sa più di me.
Cominciamo dalle api, ovvero Apis mellifera.
(fonte immagine: wikipedia)
È un imenottero abbastanza comune, e ha due caratteristiche che lo rendono unico nel panorama degli insetti (almeno finché non cominceremo seriamente a mangiarli): è carino e coccoloso e è allevato da cani e porci. Già, perché questa bestia è un animale da allevamento, curato, gestito e propagato nel mondo dall'essere umano, come una pecora o una gallina. Anzi, visti i danni che sta procurando in giro per il mondo, forse potrei paragonare le api ai gatti. Non ve l'aspettavate, eh?
Ma Einstein diceva che dopo due anni senza api saremmo morti tutti, dobbiamo proteggerle!
Einstein ha pure detto di non dare retta alle frescacce che leggete su di lui sui social. Le api da miele, allevate, coccolate, protette dagli esseri umani come fossero dei cani, stanno in perfetta salute, il numero di favi in giro per il mondo continua a crescere nonostante parassiti, malattie e insulti vari, naturali o no.
Quelle a cui ci si riferisce quando si dice di preservare le api, o almeno quello a cui si riferiscono gli studiosi, sono le api selvatiche, ad esempio quella più citata è del genere Osmia
(fonte immagine: wikipedia - Osmia rufa)
In realtà, a quanto ho capito, pure Osmia spp. è utile per l'agricoltura, quindi un po' di persone si sono messe in testa di aiutare pure lei, per quanto possibile. Ancora non ho trovato nessuno, però, che voglia prendere le difese di Xylocopa violacea
(fonte immagine: wikipedia)
E come X. violacea tantissime altre api selvatiche, ben più efficienti nell'impollinazione di A. mellifera, rischiano di soffrire della sua presenza. E ovviamente soffrono per l'uso di alcuni pesticidi e altri interventi umani, la retorica del "salviamo le api" non è del tutto sbagliata, solo che è indirizzata verso le api sbagliate.
Sappiate che quando qualcuno vi chiede soldi per sostenere l'apicoltura, non state sostenendo le api o l'ambiente, state sostenendo gli apicoltori. Potete anche farlo, figuriamoci, ma se lo fate, fatelo almeno con cognizione di causa.
In fine, da quanto ho capito, il veleno delle api è più tossico di quello dei calabroni, a parità di quantità.
Passiamo a quelle che chiamiamo vespe. In questo gruppo ce ne sono di diverse, alcune sono addirittura Apoideae, quindi tecnicamente delle api (cfr: Sceliphron spp. o vespa muratrice). Per amore di semplicità, parlerò di soli due generi, cominciando da Vespula
(fonte immagine: wikipedia - Vespula germanica)
Ne conosco due specie, che sono quelle in cui mi imbatto più spesso (e che ho difficoltà a distinguere, perché tocca vedere che disegno c'hanno sull'addome: la V. germanica ha quegli specie di triangoli al centro, mentre la V vulgaris è più a forma di onde appuntite... e comunque spesso non mi avvicino abbastanza per poter distinguere o far foto decenti) e sono una scocciatura. Insistenti, curiose, non si fermano a nulla di fronte a una fonte di cibo. Sono le tipiche vespe che vengono a disturbare durante il picnic per avere un pezzo del panino, o che magari si annegano nella coca cola, e non c'è verso di schiodarle.
Sono insetti impollinatori e cacciatori, perché le larve sono carnivore, quindi o gli date quel pezzo di prosciutto o continueranno a rompervi le scatole. Essendo carnivore, hanno un ruolo molto importante nella lotta biologica ai parassiti, quindi non lamentatevi - almeno finché non calpestate un nido. Già, perché queste bestiole hanno l'abitudine di fare nidi sotto terra (non ricordo se lo fanno entrambe le specie o solo una... in ogni caso le chiamano vespe di terra per questo), e avendo questa abitudine sono abituate al fatto che ci si possa camminare sopra.
Ora, se tu abitassi in un condominio abitato solo da soldati, esperti di arti marziali, ninja e campioni mondiali di vale tudo, e un tizio sbadatamente passasse sopra il condominio rischiando di danneggiarlo... cosa faresti? Ovviamente attacco globale nucleare senza sosta finché la minaccia non è passata. Ecco, Vespula spp. è un po' così: carogna infame che attacca chi ha la sventura di imbattersi in un nido, e l'unico modo per cavarsela è correre a perdifiato. State lontani dai nidi di Vespula, se potete. Per fortuna, lontano dal nido non è così aggressiva e si limita a rubarvi il prosciutto del panino.
Passiamo alle vespe più fraintese del mondo: le Polistes spp.
(fonte: wikipedia - Polistes dominula)
Si distinguono dalle Vespula spp. quando sono in volo perché le Polistes spp. sembrano un po' ubriache, al confronto, e hanno sempre le zampe penzoloni. Le prime sono decisamente più eleganti. Dette anche vespe cartonaie, impollinano e non rompono le scatole, non fanno nulla di male, anzi addirittura possono produrre pure un po' di miele (mai quanto A. mellifera, ma se uno le alleva - sì, c'è chi alleva Polistes spp - può assaggiarlo). Queste vespe sono decisamente bonarie: una volta sono stato punto, tre punture da due operaie, ma stavo facendo giardinaggio e inavvertitamente ho dato un pugno al nido, non sapendo che ci fosse.
Mi è capitato un sacco di volte di camminare a meno di 20 cm da un nido senza problemi, nei gruppi di entomologi su facebook ci sono addirittura video degli allevatori che vanno a toccare le operaie sul nido, senza alcuna conseguenza. Queste sono le vespe più tranquille, rilassate e amichevoli che esistano, non gliene frega niente di quello che fai, basta che non attenti al nido o alla loro vita, e loro non ti pungeranno. Ne esistono varie specie, io sento spesso parlare di P. dominula e P. gallicus, ma non chiedetemi come distinguerle, non lo so.
Una curiosità: su youtube trovate un pazzo sclerato di nome Coyote Peterson che ha girato il mondo per sperimentare le punture di vari insetti, per vedere quale fosse la più dolorosa. Ebbene, ho visto tutti i video di puntura e a giudicare dalla sua reazione, la peggiore in assoluto è quella di una Polistes non presente in Italia, più che altro in America centrale e zone tropicali: P. carnifex, o vespa boia (che in inglese è executioner wasp, come la chiama Coyote)
(fonte: wikipedia)
C'è da dire che, anche questo caso, nonostante la puntura sia poco raccomandabile, la vespa mi è sembrata piuttosto tranquilla e per niente aggressiva. Ma non la conosco.
E ora passiamo ai miei imenotteri preferiti, i calabroni. In particolare Vespa crabro.
(fonte: wikipedia inglese)
Esiste un gruppo, su facebook, che si intitola Quelli che non hanno prove, ma sono certi di aver visto una crabro da 5 cm, gestito da entomologi, in cui si parla di insetti (ma non solo) in maniera ironica, e si mettono alla berlina le idiozie dette dalle persone per ignoranza e sentito dire (un po' come faccio io con le diete). Attenzione: si attacca sempre il messaggio, mai il messaggero, i nomi vengono sempre oscurati. Detto questo, ho imparato più da questo gruppo ironico che da altri gruppi entomologici seri, che sono spesso molto rigidi e non permettono, né stimolano, un dialogo volto all'aumento della conoscenza. Ma torniamo a noi.
V. crabro è lunga al massimo 3.5 cm, non esiste un calabrone di 5 cm (ecco perché il titolo del gruppo), e quella misura è raggiunta solo dalle regine, le operaie sono più piccole. Il veleno è meno potente di quello di A. mellifera, ma in caso di attacco rilascia feromoni che richiamano altri calabroni, quindi la quantità di punture può essere molto pericolosa.
Per fortuna è un animale abbastanza tranquillo, e attacca solo se minacciato o se si minaccia il nido (sconsiglio di avvicinarsi a meno di un metro da esso). In particolare, sono sensibili alla concentrazione di anidride carbonica, quindi se soffiate contro di loro non fate altro che farli incavolare di più, e tenetene conto anche se vi avvicinate a un nido (ad esempio, a me è capitato di rimanere a osservarne uno in un tronco). Non sono un pericolo per le api da miele, le mangiano solo occasionalmente (le loro larve, gli adulti sono vegetariani e impollinano), generalmente si dedicano ad altri insetti. Sono la mia seconda specie di Vespa preferita.
La prima è Vespa orientalis, della quale so davvero poco, se non che è bellissima e che attacca occasionalmente, ma non raramente come le V. crabro, le api da miele
(fonte: wikipedia)
È salita agli onori della cronaca recentemente, perché col riscaldamento globale si sta spostando un po' più verso nord e ora è presente anche a Roma, oltre al sud Italia, zona Trieste e zona ligure. Spero di beccarla presto, non vedo l'ora di avere una foto di V. orientalis.
La mia Vespa schiferita invece è la Vespa velutina, che non solo è una piaga per apicoltori, perché è capace di distruggere interi allevamenti in poco tempo, ma è pure brutta come la fame.
(fonte: wikipedia)
Credo sia abbastanza aggressiva, è una vespa alloctona, ovvero non originaria dell'Italia, quindi non ha controllo diretto della popolazione in natura. Esiste un'associazione che si occupa di contrastare l'avanzata di questa vespa: Stop Velutina, se la vedete segnalatela.
Ecco, questo è tutto quello che avevo da dire, sono aperto a correzioni da chi ne sa più di me. Mi raccomando, trattate con rispetto le bestie con i pungiglioni.
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Su di una vespa arancione due caschi viaggiavano vicini: bianco ed acquamarina. La maglia di lei svolazzava, attaccata alla schiena di lui, nuda. Le mani parlavano nell'aria ed io avrei solo voluto fissarle sul tempo, eterno, di una pellicola. Ci sono momenti di ordinaria normalità che mi fanno diventare nostalgica di qualcosa di non vissuto. Di immagini viste e riviste, costruite piano nella testa, con parsimonia, pezzettino per pezzettino, di un amore consapevole. Dell'amore fatto con le mani in mezzo ai vicoli di una città, baci attaccati alle finestre e sguardi da lontano. Magari il profumo della pioggia, o di caffè.
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Entro in enormi stanze vuote, vedo il paziente in lontananza nel suo letto, attraverso metri cubi di niente, gonfiati di follia, dove infiniti mondi coesistono, e, dopo prolungato viaggio nel silenzio, giungo nell’isola della disperazione, mentre il padrone ha già svegliato i cani e sguainato il coltello. Quando arrivo sono stanco e indifeso. Non so più cosa dire, né cosa fare. Mi conviene indietreggiare verso terra sicura, abbandonando questa scialuppa nel mare infinito. _______________ Se non hai mai provato il dolore psichiatrico, non dire che non esiste. Ringrazia il Signore e taci. _______________ Filippo, non trovi le parole per spiegarmi cosa ti succede e mi guardi con rabbia, attesa e rincrescimento, io, non trovo le parole per spiegarmi cosa ti succede, e non trovo le parole per tranquillizzarti. Filippo, sinceramente, tu sei qui, io sono qui, stiamo andando benissimo. _______________ Psichiatria è urla e pianto muto. Una volta nei reparti i pazienti urlavano di continuo, per anni. Ora urlano il primo giorno, il secondo un poco, il terzo tacciono. I farmaci – siano benedetti – hanno calato il silenzio sul mondo. _______________ io guardo l’abisso con gli occhi degli altri. _______________ Per diventare psichiatri basta avere un genitore, un nonno, un po’ matto, anche un pochino, e volergli abbastanza bene. I matti sono nostri fratelli. La differenza tra noi e loro è un tiro di dadi riuscito bene - l'ultimo dopo un milione di uguali - _______________ Penso che vada bene per te, Gina. Tu taci. Più silenziosa della lampada che sfrigola e del termosifone che singhiozza. Mi chiedo se vieni qui da tre mesi solo per il sorriso che hai intravisto la prima volta, quando sei entrata come una lenta folata d’aria, e hai alzato lo sguardo su di me. Non vuoi nulla di più di quel sorriso, Gina? Lo farai bastare per sempre? D’altronde anch’io sono qui solo per il sorriso che ho intravisto, la prima volta, quando sei entrata come una lenta folata d’aria, e hai alzato lo sguardo su di me. Cosa ci siamo detti in quell’istante, cosa ci siamo promessi, che ora ci accontentiamo del silenzio? _______________ I primi anni pensavo che la Vespa si guidasse con le braccia, poi ho imparato, come tutti, che la Vespa si guida col culo. Semplicemente si spinge di lato la sella, in orizzontale, e la Vespa segue istantaneamente il movimento. I primi anni pensavo anche che la vita si guidasse con la testa. _______________ Il mugugno ha i suoi canoni, è musica popolare. È un blues laico, che parla della fatica dell’uomo ma non cerca nessuna salvezza. È un blues interessato, perché dice: le cose mi vanno male, non posso darti nulla. È un blues bugiardo: quando un genovese si lamenta di qualcosa vuol dire che ha già in tasca la risposta. Lamentarsi è un modo frugale di cantar vittoria. Se un genovese sta veramente male, non si lamenta, tace. Il lamento del depresso è una battuta unica, ripetuta, greve. Dice: tu non c’entri, ma in qualche modo è colpa tua. Il mugugno è liberatorio: siamo uniti contro qualcuno, siamo sulla stessa barca. La musicalità è diversa, si riconosce alla prima sillaba. _______________ Ti hanno vista in una chiesa deserta, la mattina presto, su una panca a guardare in giro. Allora ti chiedo, Lucrezia: tu credi in Dio? Mi guardi sgomenta. Ogni crocifisso per te sanguina davvero, se guardi san Sebastiano senti le frecce entrare nella carne, non puoi pregare perché lo sguardo di Dio è reale e ti atterrisce. Io vorrei dirti: Lucrezia, prima guarisci e poi credi. Ma a te, che non guarisci mai, non resta che tentare di credere, tra il bisogno e la paura. Facile credere per i sani, che non credono a nulla. _______________ Luciano, per essere più forte del dolore, più forte della paura, più forte del rancore, ti sei fatto vento. _______________ Ieri ho sentito un corrispondente di guerra dire che noi europei viviamo in una bomboniera inconsapevoli dei drammi del mondo. Io conosco persone che passano la notte sotto i bombardamenti in vico Untoria, persone che la mattina scendono in trincea in via Venti Settembre, persone chiuse in prigioni senza alcun diritto in salita del Carmine, persone smarrite nel deserto a duecento metri dalla stazione Principe. _______________ Grave è la terra e grave è il tuo corpo, Giuseppina. Non scendi mai dal letto. Dal matrimonio di Piero non apri l’armadio dove dormono nel buio le scarpe buone. Per farti infilare le ciabatte ci vuole mezz’ora, un’altra mezz’ora per farti alzare, poi trascini i piedi, passo passo, e ci metti mezz’ora a circumnavigare il letto. Stai attaccata a quel letto come un naufrago all’isola in mezzo al mare. Davanti al letto sta l’armadio grande. Nella stanza ci sei tu, il letto e l’armadio grande. Nell’armadio dorme l’abito da sposa di tua madre col cappello del rinfresco e il vestito verde, viaggio di nozze sul lago di Como. Nell’armadio dorme la divisa da ferroviere di tuo padre, capostazione a Levanto. Dormono le foto in bianco e nero dei nonni contadini appoggiati alla vigna e le facce da fame dei genitori ai tempi di guerra. Dormono le foto della tua cresima al Lagaccio, cocktail al Righi, un compagno di scuola fa le boccacce. Dorme il tuo diploma di Magistrali e la firma della tua prima supplenza: alla D’Annunzio, parlavi di Pascoli, ricordi? La classe rumoreggiava, volavano aeroplanini, meglio sfuocare. Dorme il bustino con le stecche che un ortopedico maligno voleva farti indossare. Dorme una finta lettera d’amore che ti sei scritta da sola, e quella vera che hai scritto a Piero e non hai mai imbucato. Dorme la bomboniera del matrimonio di Piero, che ha avuto tre figli dalla Giusi. Dalla tua pancia sono usciti dieci figli immaginari che il Serenase non riesce a far rientrare. Sei stanca di queste gravidanze, senza padri, festa e battesimi. Giuseppina, dormi di fronte alla tua vita chiusa nell’armadio. _______________ Essere trascinati fuori dall’isola, alla luce, dopo vent’anni, non è cosa da poco, è un’esperienza terrificante, come essere spellati vivi. Ma c’è qualcosa che alla fine è più forte del terrore: la curiosità. In Reparto 77, finalmente in mezzo ad altre persone, per quanto strane, i Robinson Crusoe, dopo pochi giorni – senza farsene accorgere – spiano, osservano, scrutano, ascoltano. Non lo ammetteranno mai, continueranno ad accusarci di avergli rovinato la vita ma, appena ci allontaniamo, si divertono. Poi un giorno li troviamo a chiacchierare tranquillamente con un altro paziente. Dopo vent’anni. Noi facciamo finta di nulla, e anche loro. _______________ I pavimenti di marmo, i mobili antichi, il pianoforte: la tua mente vacilla ma il mondo intorno a te non si sbriciola, misteriosamente permane a sguardo alto. Pudicizia, pulizia, contegno, rispettabilità. Il decoro borghese, insgretolabile, è la tua salvezza, Lia. _______________ La sala d’attesa è un mondo, ed è già clinica: c’è molto da imparare. Lì l’aggressivo è aggressivo, l’ansioso è ansioso, quella è la realtà: la visita è una rappresentazione. _______________ Odi le donne, forse da giovane qualcuna ti ha respinto, e ora che hai l’eroina migliore della città e loro fanno la fila per soddisfare le tue voglie puoi ben goderti la vendetta. Perché almeno non ti lavi un po’? Più fai schifo, più loro si umiliano e più tu godi. _______________ Ma questa è la cosa bella del nostro mestiere: si passa dalla tauromachia a distendere la mano perché una farfalla in volo vi si posi leggera. _______________ Sulla soglia i miei occhi, senza che io volessi, ti hanno chiesto: chi sei? I tuoi, senza che tu volessi, hanno indicato la pioggia ai vetri. Ci siamo poi presentati l’un l’altra con parole di circostanza. Non servivano. Eravamo già complici, io e la tua tristezza. _______________ Andrea, stai nudo e immobile, senza difesa, alla gogna del lavoro, alla gogna degli altri, per portare alla famiglia i soldi del mangiare. Dov’è finito il tuo amor proprio? e il pudore, la tenerezza e il pianto? Giace in laghi sotterranei, di cui nessuno conosce la strada, in cui talvolta tu, badando di esser solo, scendi piano la sera a bagnarti con movimenti lenti e silenziosi. Non cercherò di conoscere i tuoi sentieri segreti, non cercherò di vedere come rinasce il rapporto con te stesso, ma quanto vorrei conoscere la fonte del sacro da cui sgorga l’acqua che spandendosi fa sacro il bosco e la montagna e il cielo, e ciascuno di noi. _______________ Filippo, tu hai bisogno di confini più che di ossigeno, perché l’identità è un confine. E così io, che sono anarchico per natura, sono costretto a costruire pareti. Prima dentro di te, come stanze in una casa. Poi tra te e fuori di te. E che siano muri spessi, belli alti. La libertà di abbattere i muri, la cerchiamo dopo. _______________ Anna, a colazione apri il frigo e urli: non c’è il latte! Io poi vado in ospedale e non riesco a capire le persone che si vogliono ammazzare, tanto sono turbato dalla tua rabbia perché non sono passato dal lattaio. _______________ Chiara, tu ti senti sola. È agosto, la vallata è tutta in amore. Non serve a nulla chiudere gli occhi, turarti il naso, tapparti le orecchie. Abbagliante è l’estate. Non sai dove andare. La voglia di vita del mondo ti uccide. _______________ A ogni delusione della vita ti ritiri nel tuo giardino segreto, costruito in anni di pena e di attenzioni. Brutta è la vita, mille rose ha il tuo giardino: c’è un frutteto seminato l’anno che ti ha lasciata tuo marito, c’è un orto di aromatiche coltivato la primavera che hai perso il lavoro e c’è un limoneto piantato quando tua sorella è partita, fuori stagione, è venuto bene lo stesso. Del tuo giardino segreto non hai mai detto parola a nessuno. Neanche a me. Ma è lí che vai quando non mi ascolti. Sono sicuro: ne sento il profumo. Come mi piacerebbe entrare e vedere, Chiara. E infatti mi avvicino, ma tu mi tieni fuori dal cancello, mi tiri i sassi. _______________ So tutto di te, Chiara. Ma non so che biscotti mangi la mattina e come ti lavi i denti, non so come russi la notte e come ti muovi nel letto, non so come ti puzza l’alito e come stropicci i piedi, non so cosa dici quando fai l’amore e come morsichi la lingua, non so come cammini sotto la pioggia, come accarezzi i gatti, non so che sguardo hai quando ti fermi davanti alle vetrine. Chiara, di te so solo cose senza importanza. _______________ Svegliami, prima di partire. Non farmi destare dal rumore della porta che si chiude alle tue spalle. Dal rumore dei tuoi passi mentre scendi le scale e dal colpo del portone che si chiude per strada. _______________ Resta una scarpa sul davanzale, una cicca ai piedi della ringhiera, un paio di occhiali sul terrazzino. _______________ Forse non è stato agire, ma cessare di resistere. _______________ Chi è triste esce poco di casa, e spende meno di chi è allegro. L’ideale per la società dei consumi è tutti allegri e nessuno triste. La tristezza è uno stato mentale eversivo. _______________ Temi che le medicine si impossessino della tua mente e per questo le rifiuti. Sbagli, Livia: è la depressione che si impossessa della mente, le medicine restituiscono la chiave al proprietario. _______________ Torno dal Pronto con una ragazza legata alla barella, Giulia la vede, le vengono gli occhi lucidi e protesta: la contenzione è un atto violento, toglie la libertà, va abolita e basta. Giulia, hai ragione. Ma la violenza e la libertà sono tematiche psicologiche, non psichiatriche. Il paziente psichiatrico in acuto non concepisce il significato di violenza e libertà. Per lui è più rilevante la tematica esistere o non esistere. Talvolta ha bisogno di essere contenuto per ricomporsi nella sua unità, percepirsi, vivere. _______________ Se mi chiedete un’immagine simbolica della Psichiatria d’urgenza è proprio il contenere, il riunire frammenti spezzati tra loro, mettere insieme mente e corpo, riunificare la persona, come un gesso rinsalda le ossa. Far di pezzi, uno. _______________ Io ho passato la vita a convincere migliaia di persone del fatto che erano malate ed era meglio che si curassero. Altri colleghi hanno passato la vita a convincere incliti pubblici teatrali del fatto che le malattie mentali non esistono. Facciamo lo stesso mestiere? _______________ Non bisogna dire che siamo tutti uguali, bisogna conoscere le differenze. _______________ Marcello, anche oggi passiamo davanti a Oncologia, guarda la piccola folla di pazienti: ogni giorno si rinnova. Che occhi, e che sguardi di attesa. Perché qui non ci chiamano quasi mai? Perché il male che noi combattiamo non è il dolore, la paura, la speranza che vacilla. Non è perdere la vita, ma perdere se stessi. Chi piange ha chiaro chi è. Solo chi è cieco e mostra gli occhi spersi vede fermarsi il nostro passo: è lui quello presso cui sediamo. _______________ Il desiderio nulla conta di fronte all’umore, è la banderuola sbattuta dal vento. _______________ La ragione non fa che ammantare di spiegazioni razionali ciò che l’umore ha già deciso. _______________ E dopo tanti anni mi ritrovo ancora qui, alle prese col dolore inutile. Dolore che non insegna, non rigenera, non rinnova. Non dolore di crescita ma di prigione. Non dolore di potatura ma di morte. Dolore che non finisce per guarigione, non finisce per necrosi e amputazione: non finisce mai.
Paolo Milone, L’arte di legare le persone
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LUCA
Trama e Recensione
Luca è una delle migliori produzioni cinematografiche degli ultimi mesi • Il film è ambientato in Italia e Precisamente a Monterosso che è un paese immaginario, però sappiamo di per certo che è in Liguria, proprio lungo la meravigliosa costa ligure, precisamente affacciato sul mare e prende vita negli anni 50 • Ciò lo sappiamo dai riferimenti di cultura popolare che proprio da riferimenti storici i quali ci vengono proposti e dunque un delizioso film • Il film è uscito sulla piattaforma Disney Plus qualche settimana fa e ciò è stato molto importante e provvidenziale perché questo è un anno molto importante per l'Italia • Questo è un anno veramente speciale ed incredibile per l'Italia perché abbiamo visto la vittoria Italiana all'Eurosong Contest dei Moneskin e poi la recentissima vittoria agli Europei di Calcio della squadra Italiana, della Nazionale • Dunque il fatto che questo film esca quest'anno e sinceramente molto indicativo e molto importante. Quest'utimo è trasmesso solo su Disney Plus e molto probabilmente non andrà in sala, non verrà proiettato al cinema ma rimarrà soltanto in streaming • Bisogna dire che i film in streaming sono quelli più visti perché da casa è molto più semplice, basta solo pigiare un tasto • Vedere un film al Cinema, però si sa, è tutta un'altra storia, perché c'è un'incredibile atmosfera magica che ti coinvolge e perché è estremamente importante sotto il punto di vista dell'immagine, della qualità visiva, di quella uditiva e tanto altro • Il regista del film Enrico Casarosa, che ha realizzato questo piccolo grande capolavoro, si è in parte rifatto i personaggi della Hardmann, anch'essa casa di produzione di film di animazione di alto livello: sono visibili le bocche molto grandi e i grandi occhi che sono propri della casa di produzione Hartmann • Il film è uno dei migliori dell'anno, per i suoi modelli in 3D, per l'animazione, i colori, tutto il comparto visivo, la sceneggiatura, la storia • Il film è emozionante, semplice e accattivante e il messaggio che lancia è stupendo • È un film bellissimo • Uno dei migliori di quest'anno •
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Luca Paguro è un giovanissimo mostro marino che non è mai uscito dall’acqua, tenuto a freno dai genitori che lo mettono in guardia sul fatto che gli umani siano perfidi • Un giorno però incontra Alberto Scorfano, una creatura come lui che vive sulla terra • Questi mostri, infatti, una volta fuori dall’acqua prendono le sembianze di persone in carne e ossa • Uniti dalla loro nuova amicizia e da una passione in comune che è quella della Vespa, i due decidono di spingersi fino alla città più vicina per vedere se riescono a trovarne una con cui scappare insieme, lontano • Il film “Luca” racconta di una bellissima avventura estiva che parla di un’amicizia vera • È una storia molto italiana che parla di crescita, ambientata in un immaginario luogo della Liguria che ricorda le Cinque Terre • Luca vuole scoprire cosa ci sia al di là del mondo che i genitori gli hanno presentato come l’unico esistente e per questo si affida a un amico, Alberto • Il nuovo però porta con sé tante e diverse paure, in primis quelle di non farcela • “Silenzio Bruno” è il metodo con cui Alberto insegna a Luca a zittire la vocina interiore che gli dice che non ce la farà, innescando meccanismi di auto sabotaggio • Dal canto suo Luca riempie con la sua presenza la vita di Alberto, che maschera con un atteggiamento da spavaldo “Lucignolo”, il vuoto che ha dentro •
Anche stavolta, Pixar torna sul concetto di famiglia come presenza in grado di supportare e accettare la diversità, la crescita e l’allontanamento, per amore • Luca è un bambino curioso che non si accontenta del suo mondo e vuole conoscere cosa lo circonda, nonostante i rischi che questo comporta • Diversità e conoscenza in “Luca” assumono un duplice significato: Luca e Alberto, infatti, sono due creature marine a cui gli umani danno la caccia, temendoli in quanto sconosciuti • La storia del film, in tal senso, mette un accento anche su un più ampio discorso di accettazione e accoglienza, sempre attuale e importante • Personaggi secondari del film, ma non per importanza e simpatia, sono la piccola Giulia, una vulcanica bambina con cui i due stringono amicizia sulla terraferma e che li accoglie a casa sua insieme al gigantesco padre Massimo, un pescatore, e al temuto gatto Machiavelli • Antagonista è Ercole Visconti, il poco credibile ma temuto bullo del paese, che dà del filo da torcere a Luca e Alberto • Dal punto di vista tecnico il film ha dei colori estremamente brillanti e delle delle figure che sono davvero i credibili, che la Pixar sta continuando a perfezionare sempre più, film dopo film • Sempre dal punto di vista tecnico, ci sono degli incredibili movimenti di macchina che si ravvisano nonostante il film sia virtuale ed un background che è stupefacente, curato nei minimi particolari • Dal punto di vista della storia e dei personaggi, le loro figure e il rapporto tra di loro è anch'esso curato • Pensiamo per esempio ai genitori, alla nonna, allo zio Ugo oppure Giulia e tutti gli altri, compreso il gatto • Infine, c'è un colpo di scena finale, ma non anticipo perché il film è assolutamente da vedere •
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Mi dispiace che a volte sono colla appiccicosa, ma io seguo il mio amore... Ti sento, sotto la pelle del leone, ti riconosco... Sei tu che mi chiami. Ti sento, sotto le piume del pettirosso, le note si abbracciano da sole con le mie... Ne vedo cento di te, ma è solo uno. A volte non vedo niente ma sento la scia della rete che mi pesca, per fare onore al tuo banchetto di ostriche. Mi credo una ma sono cento.E tutti e cento non sono me? Ho un corpo di uomo, ho un corpo di donna, ma ti sento nello stesso modo. Sono una vespa, sono una formica, sono una leonessa, sono una tua amica. Sono un muro, sono una mollica. Sarò col cuore a pezzi là in fondo, e a pezzi anche quando sembro stare in cima,dandomi mille volte la zappa sui piedi, ma mille volte farei tutto da capo, per vedere il tuo “tutto” intero.
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AMORE PER LA VESPA ★彡𝓛𝓓ミ★
#vespa#amore per la vespa#vespagirl#vespamania#piaggio#italy#vespaphotos#scooter#nice#style icon#paperino
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Dᴀɪʟʏ Mᴏᴍᴇɴᴛs - Aʀᴄʜɪᴠᴇ
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wow, non mi immagino saresti arrivato così lentamente
ma nemmeno in questo modo
invece eccoti qua
sei arrivato gelato come la neve
stasera hai gelato anche il mio cuore
sapevo che prima o poi
sarebbe spettato anche a te
ma non con il nostro periodo,
quello che aspettiamo da tutto l’anno:
l’arrivo della neve.
Sentivo che stavi per raggiungermi
non so come ne ero così certa
però lo capivo dal cielo ma
non credevo facessi così male.
Questa sera la neve è scesa sul giardino
anche sul viale davanti a casa
io lì non l’avevo ancora mai vista
perché la mattina con la pala di nonno tu la toglievi prima che chiunque si svegliasse e potesse ammirarla nella sua bellezza
tu sapevi quanto lo odiavo
ma quanto mi arrabbiavo
mi sembrava stessi cercando di rovinare la magia della candida neve ma non mi accorgevo che in realtà la magia stava proprio lì, in te e in quello che facevi
le corse nei campi con Spillo erano magia,
erano magia le battaglie di palle di neve.
La mitica e odiosa neve nella schiena;
mi sono accorta che stavi crescendo quando da un anno all’altro ero io quella che finiva con la faccia a terra e tu quello imponente che era seduto sopra.
Adesso andare sui pattini da ghiaccio non sarà più lo stesso
chi mi chiede di insegnarli a frenare?
chi mi sfida nelle gare di velocità?
e le gare sulle palette?
con chi mi schianto scendendo con il bob?
con chi mi rotolo giù dalla discesa innevata di Chiotti?
come fa il balcone di Chiotti senza i nostri tuffi nella neve?
chi mi trascina con la bicicletta mentre decido di schiantarmi con i roller?
con chi faccio surf nei fiumi?
con chi provo gli sci sul tappeto?
con chi guardo “mamma ho perso l’aereo”?
chi fa con me la lotta?
come posso usare la mia vespa senza di te che ti diverti da matti nonostante io non sappia guidare?
con chi litigo sul come fare il presepe?
a chi dico di andarsi a cambiare perché è troppo bello per uscire vestito cosi?
chi rovina i miei pupazzi di neve?
chi mi aiuterà a costruire gli igloo?
mi mancherà svegliarmi alle 7:00 la mattina di natale
venire da te per prima,
tu eri già sveglio e aspettavi solo me
correvamo giú dalle scale
era il nostro momento preferito
era il momento più magico che esistesse
avevi quel sorriso che ora mi manca come nient’altro
guardo dalla finestra e per fortuna non posso cancellare i ricordi
ti vedo scorrazzare per il giardino
avanti e indietro
in quarantena eri riuscito persino a farmi mettere il tuo toni rosso e grigio
e davvero in poche occasioni ti ho visto così fiero di me.
Mi mancano le maschere di bellezza che ti obbligavo a fare prima di andare a nanna
e che tu odiavi da impazzire,
mi manca la tua pizza del sabato sera,
mi mancano i documentari sui “50 animali più pericolosi al mondo” che non siamo mai riusciti a finire,
mi mancano le tue grida miste risate che risuonano in tutta la casa e sento ancora il tuo continuo fischiare,
mi manca criticare il tuo barbaro modo di vestire,
mi manca sentirti ammirare gli uccelli di cui sapevi qualsiasi cosa,
mi manca la tua conoscenza della natura che rendeva speciale ogni posto in cui ci ritrovavamo insieme,
mi manca saltarti addosso e non volermi più staccare,
mi mancano i mille baci la mattina di natale,
mi manca soccorrerti almeno una volta al mese perché sei riuscito a tagliarti o bucarti da qualche parte,
mi mancano le tue fisse mensili a partire dai bastoncini di incenso fino al vapore per l’ambiente,
mi manca vedere i tuoi disegni stupendi,
il tuo piemontese assillante seguito dal mio lamentarsi fastidioso,
i tuoi abbracci che come una stupida ogni tanto ho anche rifiutato,
non ho altro da aggiungere perché tanto tu lo sai, mi manca tutto.
Stasera la neve scende
scende lenta come le mie lacrime
che non saranno comunque mai troppe,
ho già i segni sul viso
sulle braccia
sul cuore
mi manca il respiro
quest’anno tutta la magia che la neve ci portava, a me porterà solo dolore.
Non so chi ha studiato la mia sofferenza nei minimi dettagli ma devo dire che non ne ha sbagliata una, devo complimentarmi!
Non so chi ha deciso di rovinare tutto ciò che mi rendeva speciale, che mi faceva sentire ancora un po’ peter pan.
Non so chi ha deciso di trasformare i candidi fiocchi di neve in taglienti lacrime di ghiaccio che scendono lente intagliando il mio volto il più profondo possibile.
Non so chi ha deciso di portarsi via tutte quelle persone che avevano visto in me quel qualcosa in più.
Lui ha sempre visto in me quel qualcosa in più e me lo ha sempre dimostrato.
sai piccolo Sam, avevo paura di dimenticare cosa siamo stati insieme.
Avevo paura di dimenticare le cose fatte insieme, le pazzie e i mille pericoli scampati.
stanotte vorrei poterle dimenticare perché sono arrivate tutte insieme e nonostante io non voglia smettere di ricordare,
questa notte è ghiacciata
questa notte è buia e tenebrosa
questa notte fa paura
ma non mi spaventa tanto
quanto il pensiero che,
adesso che ci sei anche tu,
sarà la prima di una lunghissima serie.
Questo natale sarà tenebra,
questo si che mi spaventa.
Quel giorno sarà il contrario di magia,
il contrario di amore,
il contrario di speciale,
il contrario di sorriso,
il contrario di emozione,
il contrario di regalo,
il contrario di bellezza
il contrario di come voi avreste potuto renderlo solo stando qui, accanto a me.
Sognavo il Natale di quest’anno, tutto finalmente era in ordine e non desideravo altro.
La mattina di natale sarei uscita pian piano dal mio letto cercando di non svegliare chi avrei voluto che quella notte fosse stato accanto a me,
ti sarei saltata addosso,
ti avrei riempito di baci
tu poi saresti corso nella mia stanza e avresti svegliato lui
saremmo poi scesi, con le nostre calze natalizie nei piedi, per la colazione
Mattia si sarebbe svegliato per il troppo casino e sarebbe sceso di sotto con la sua solita faccia imbronciata (tanto Sam noi lo sappiamo che sotto quella barba nascondeva il sorriso più bello del mondo).
Avremmo aperto i regali tutti insieme davanti al caminetto acceso e l’albero illuminato.
Questo era il mio sogno.
Sai ti invidio, passerai il natale con la persona che ho sempre sognato di avere al mio fianco durante tutti i natali della mia vita.
Sarebbe stato il mio sogno e ora non posso nemmeno vedere i vostri sorrisi da qui, promettetemi che per le feste un po’ mi penserete e che vi divertirete anche se so che senza di me che vi rompo le palle é un po’ difficile.
Fino a quattro mesi fa chiedevo solo questo,
chiedevo di passare il natale circondata da quelle poche persone che mi hanno reso speciale, mi hanno fatta sentire amata e mi hanno apprezzata nonostante le miei stranezze e i miei mille difetti.
Ora ho bisogno di un miracolo di natale per sollevarmi, ma so che se arriverà non sarà tanto di natale e non sarà nemmeno un miracolo.
Mi manchi piccolo, in questa notte fredda ancor di più.
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Storia di un amore malato.
Questa è la storia di un amore malato
e di una ferita che, col tempo, si crede di aver scordato.
Aveva sedici anni, lunghi capelli dorati
e occhiali grandi e neri, a nascondere desideri celati.
Sedeva tranquilla sul divano di casa
finché un principe le si presentò alla porta con una scusa:
una richiesta stupida, forse insensata
ma che alla ragazza raddrizzò la giornata.
La città silenziosa, ferma, illuminata
girata su una vespa rossa, la ragazza ipnotizzata
osservava lo spettacolo delle ombre dei castelli
mentre, senza il casco, si lasciava distrattamente scompigliare i capelli.
È la storia di un amore appena nato, ma destinato a sparire
della gioventù rubata, della ferita che non si può ricucire
di quando tutto sembra giusto ma si rivela totalmente sbagliato,
di una ragazza succube di un amore, purtroppo, malato.
Avvolta dalla gelosia altrui, dalle pressioni e dagli insulti,
dai calci, dai pugni, da varialtri gesti inconsulti,
pianse rannicchiata a terra davanti all'ascensore
con gli occhi gonfi e arrossati dal profondo bruciore
causato dal trucco colato e dalle ferite sparse;
in occhiali da sole, nonostante la pioggia corse,
corse lontano senza riuscire a tornare:
I pensieri pesanti in fretta volle freddare.
Ma fredda era lei, col respiro affannato
che dopo anni realizzava del coltello piantato
con forza nel suo petto, e con altrettanta forza rimosso per l'ardire
di riversar sul mondo con un fiume di parole tutto ciò che non era mai riuscita a dire.
Lei ancora corre e non accenna a rallentare
perché certe cose, purtroppo, non le si può dimenticare
ma solo osservare e raccontare con sorriso sdentato
ingoiando il boccone amaro che, con disgusto, viene poi sputato.
Ma ora è tutto okay, l'importante è parlare
nella speranza che questo mostro alla porta di nessuno si possa presentare.
(eppure mamma lo diceva che è meglio non aprire agli sconosciuti,
'che se poi trovi il coraggio di raccontare qualcosa di scomodo si rischia di non esser creduti).
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TRE RACCONTI PER SALINE - La donna delfino.
Indy spense la sua vespa 125 bianca, prese l’asciugamano e la maschera subacquea che aveva sempre con se. E incominciò a scendere lungo il lato del costone che arrivava dritto al mare. Sotto c’era una spiaggetta poco conosciuta e frequentata dove gli piaceva fare il bagno e startene da solo abbracciato dal piccolo golfo, scaldato dal calore della sabbia e cullato dal mormorio instancabile del mare di Salina. Era stato un pomeriggio caldo e afoso e dopo aver lavorato tutto il giorno nella ristrutturazione del rudere che suo padre gli aveva lasciato, ora voleva rilassarsi un po' facendosi un bagno a mare nella assoluta tranquillità. Quando arrivò sulla spiaggia vide che c’era qualcuno. Era Roberto, un ragazzo di quasi 18 anni che era seduto su un masso e guardava il mare. Lo salutò da lontano, poi, levatosi la camicia entrò in acqua e quando l’acqua gli arrivò all’ombelico si tuffò scendendo lentamente sott’acqua. Il silenzio lo avvolse e lui nuotò lentamente osservando un branco di pesci che al vederlo si allontanò sospettoso. Riemerse lentamente, aspirando l’aria ed osservando l’azzurro del cielo, si mise sulla schiena e nuotò sul dorso sempre lentamente arrivando sul bagnasciuga dove si fermo, riscaldandosi con la sabbia e lasciando i piedi a mollo. Chiuse gli occhi, ascoltando il mare e il vento e restò cosi a lungo, perdendosi nel suo galleggiare sul nulla. “Scusa” apri gli occhi ricordandosi che sulla spiaggia c’era anche Roberto.
“Oh , Roberto, dimmi” “Poi mi potresti dare uno strappo fino a Malfa, se no arrivo quando è già buio” “Certo Roberto non ti preoccupare” Rispose Indy tirando fuori le gambe dall’acqua “Ma sei solo? E la compagnia” Roberto era sempre con il gruppo di ragazzi formato da ragazzi e ragazze del posto e da quelli che venivano da fuori a passare qualche settimana dell’estate nella piccola isola. “Avevo voglia di stare solo” disse laconicamente Roberto Indy lo guardò sott’occhi “Problemi di cuore?” Roberto fece una mossa con il capo quasi a non voler dare importanza, “Mha io le donne non le capirò mai” Indy sorrise “Eh perché le vuoi capire?” “Ma no, dico io, deve esserci una razionalità in quello che fanno! - Sbottò Roberto seccato come se per ore si fosse fatto questa domanda – invece….” Indy sorrise “Se tu non ami una donna, non ti sembrerà mai razionale…” “ e se l’ami …?” Chiese Roberto quasi con ansia “Se l’ami sarà il tuo amore a fartela capire.” Rispose sorridendo Indy Roberto scosse la testa e stava per dire qualcosa, ma Indy guardando il mare e gli fece cenno di stare zitto. Non molto lontano dalla spiaggia sulla superficie piatta del mare si videro due increspature, l’una dietro all’altra “Vieni” disse Indy ed entro in mare di corsa cercando di smuovere il meno possibile l’acqua incominciando a nuotare lentamente in direzione delle increspature. Roberto l’osservò e levandosi la maglietta entro in acqua seguendo Indy. Quest’ultimo nuotò lentamente per un centinaio di metri e poi si fermò allargò le braccia e con il palmo delle mani batté sulla superficie del mare un paio di volte. Nel frattempo Roberto si avvicino e gli chiese “Che c’è?” ma si senti toccare sulla schiena e pensando ad una medusa si girò di scatto. Una lunga sagoma grigia gli passo vicina, lui la seguì preoccupato ma un'altra lo sfiorò nuovamente. Indy battè ancora sull’acqua e davanti a loro, Roberto vide un delfino saltare, passare sulla loro testa e ricadere in mare lanciando dei grandi schizzi bianchi. Indy si immerse e Roberto lo segui. Anche senza maschera vide cinque o sei grandi sagome grigie di delfini girare lentamente intorno a loro, osservandoli curiosi, in quel blu intenso in cui filtravano gli ultimi raggi del sole del pomeriggio formando delle strisce luminose tra cui gli animali si muovevano con curiosità e senza timore. Un delfino si avvicino a Indy e lui ne accarezzò il lungo fianco mentre l’animale lo sfiorava e poi Indy riemerse per respirare. Un altro delfino più piccolo si avvicinò a Roberto e lui imitò Indy accarezzandogli il fianco mentre gli scivolava davanti prima di risalire. I delfini girarono un paio di volte intorno a loro, poi improvvisamente scomparvero. “Sono andati” disse seccato Indy “Come mai?” Chiese Roberto Sentirono crescere lentamente il rumore di un piccolo motore e videro una barca a passare qualche centinaio di metri davanti a loro, probabilmente i delfini lo avevano sentito e disturbati dal ronzio meccanico, se ne erano andati. Indy incominciò a nuotare verso la riva ed una volta arrivato si sdraiò sulla spiaggia per scaldarsi. Roberto lo segui sdraiandosi sulla pancia e raccogliendo la sabbia intorno al suo corpo.
“Cosa stavi dicendo?” Chiese Indy “Parlavo delle donne. Non capisco mai cosa hanno in testa…” Indy sorrise Alzò il corpo restando seduto sulla sabbia “ tu sei giovane e hai bisogno di chiudere ogni cosa in una casella pensando cosi di poter capire e comprendere tutto. Vedi, la donna è come il mare che abbiamo di fronte. Alle volte sono sfuggenti e sembrano non esistere come Alicudi e Filicudi quando c’è la foschia o la nebbia: tu sai che sono li all’orizzonte, ma non le vedi, non le percepisci. Lo stesso quelle donne che sono troppo diverse da te e tu da loro, o perché semplicemente non vogliono farti entrare nei loro pensieri. Per questo motivo è doloroso ed inutile amarle. Per quanto tu faccia non legherete mai, quindi è inutile cercarle: non ti considerano, non ti vedono anche se sei seduto accanto a loro. Poi le donne possono essere come i delfini, perché sono quelle donne con cui ti metti a giocare e con loro fai solo quello, per il piacere di farlo e per nessun altro motivo. Come per i delfini, per quanto vi divertite tu non puoi stare in mare per sempre e loro non possono venire a terra. La stessa cosa con la donna delfino, sapete che non avete un futuro, ma la cosa non vi interessa, non è l’eternità che cercate, ma solo il momento, l’istante di un sorriso, una carezza, un bacio, un falò intorno a cui cantare e amarvi per qualche minuto, ma nulla di più. Vivendo in due ambienti diversi, in due mondi diversi, tu a Salina lei chissà dove non potete avere o dare di più. Ma è questo sapere che non potrà esserci un futuro, che rende quanto provate unico e la vostra amicizia o il vostro amore perfetti, perché sinceri e disinteressati. Da questa donna non puoi pretendere nulla, puoi capirla solo per quel che serve, per starci momentaneamente insieme, ma non puoi andare oltre. E poi c’è la donna che è una certezza come questa spiaggia o questa isola, quella che tu non lascerai mai, la donna che ti dona la tua stessa vita perché la riempie, la sazia; quella donna di cui senti bisogno d’improvviso quando sei solo, quella di cui aspetti ogni momento la telefonata e che hai sempre accanto anche quando sei seduto in una spiaggia vuota. Un Isola che non vuoi lasciare perché in essa trovi quello che cercheresti nel resto del mondo!” “Ma come fai a distinguere una donna dall’altra?” “Una donna non è mai una sola donna, è questa la loro bellezza! Per quanto tu pensi di avere davanti un isola nascosta d’improvviso può diventare una donna delfino e poi un amante sincera. Cambiano per come ti comporti, per come ti percepiscono e per quello che hanno dentro di loro. Vedi l’amore non è qualcosa di enorme ed eterno, è l’insieme di tanti piccoli momenti. Ogni cosa è fatta di altre cose più piccole, come una spiaggia è fatta da milioni di sassi levigati. È il tempo, che raccogliendo tutti questi piccoli atomi d’amore, li rende un vero unico amore, tanto che non la vuoi lasciare più. Quando cioè, ora dopo ora, crei una continuità in quello che siete e provate, questa diventa la vostra vita, quella che dovete ancora vivere. Per questo non te la devi prendere se uno di questi momenti non è per come dovrebbe essere, ve ne sono ancora tanti altri da creare, da vivere e ci sono poi cose che non puoi inquadrare e definire ma che devi vivere per come sono come un incontro in mezzo al mare.” Roberto restò a pensare qualche minuto “Ma se non si può capire prima se è vero amore, cosa devo fare?” “I delfini vengono a cercarci, per la gioia di conoscerci, e se lo fanno sempre vuol dire che quella gioia è il loro modo d’amare. Quindi è inutile che stai a pensare su questa e quella; vai a cercarla come fanno i delfini, donale gioia, curiosità e tenerezza come hanno fatto i delfini, e scoprirai che ad un certo punto il vostro gioco non sarà più un gioco, unendo sasso a sasso avrete la vostra spiaggia su cui vivere, lei diventerà una certezza ed un bisogno continuo come questa spiaggia ” Roberto guardò l’orizzonte dove lentamente la foschia si abbassava e l’isola di Filicudi appariva mostrando la sua forma di donna incinta. “Non lo so – concluse Roberto – io ho capito solo che l’amore dovrebbe essere come quando abbiamo incontrato i delfini, un cercarsi e un provare a volersi bene, qualcosa di magico e bellissimo dove anche una semplice carezza ha un valore immenso, invece non facciamo altro che sfuggirci e nasconderci sempre anche quando cerchiamo di avvicinarci: è questo che mi fa incazzare la continua paura che abbiamo l’uno dell’altro” Indy sorrise “Lo vedi che i delfini sono migliori degli uomini….” Il sole lentamente tramontò incendiando il cielo con un giallo che sfiorì in un vermiglio intenso e quindi un un oscuro ceruleo. I due raccolsero le loro cose e si avviarono verso la vespa prima che fosse troppo buio.
Passò qualche giorno e in una notte senza luna Indy era sulla barca del suo amico Raziu che si stavano spostando per raggiungere una secca dove pensavano che avrebbero fatto il pieno di calamari. Passavano vicini alla costa perché Raziu conosceva ogni angolo dell’isola ed evitava con facilità gli scogli che erano in prossimità delle alte coste di Salina. Passarono davanti alla spiaggetta su cui giorni prima Indy era stato con Robetto e videro che c’erano un gruppo di ragazzi intorno ad un fuoco con una chitarra che suonava e tante voci che intonavano in modo approssimato una canzone. Avevano messo sugli scogli e sulla parete di roccia delle candele in sacchetti di carta aperti cosi che fungevano da lanterna creando una sensazione di festa . Sentendo il motore e vedendo la lampara i ragazzi smisero di suonare per un breve istante per salutare con urla e fischi. Raziu, seduto al timone alzò un braccio per salutare e rallentò la velocità della barca. Indy vide che qualche metro più in la, su uno scoglio vi erano alcune lanterne e un ragazzo che baciava una ragazza; alla luce della lanterna si accorse che il ragazzo era Roberto e sorrise. Dopo neanche cinque minuti si fermarono e Raziu incominciò a far scendere la lenza per i calamari. Indy stava preparando la sua attaccando un pezzo di pesce a degli ami legati ad una grossa tavola. Intanto pensava a Roberto e alla discussione sulle donne, forse aveva accettato l’idea che l’amore è un divenire e che non poteva capire fin dal primo istante quanto fosse grande ed importante, per cui alla fine bisognava inizare tutto giocando come i delfini. Si avvicinò al bordo della barca per pulirsi e battè con il palmo della mano nell’acqua, come aveva fatto per chiamare i delfini. Raziu si agitò e velocemente tirò il filo della lenza e alla luce della lampara apparve un calamaro che appena Indy cercò di liberare dagli ami lo schizzò di inchiostro. I due commentarono contenti la pesca e subito Raziu buttò di nuovo la lenza sicuro che ne avrebbe preso un altro. Indy mise la mano nell’acqua per pulirla dall’inchiostro e subito senti qualcosa di morbido e liscio che scivolava nell’acqua facendosi accarezzare dalla mano. Si sporse dalla barca in tempo per vedere la coda del delfino scomparire nell’acqua oscura “Chi c’è?” chiese Raziu nel vederlo sporgersi dalla barca. “ niente – lo tranquillizzò Indy – un amico”
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