#agostino giovagnoli
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In Vaticano è gara tra chi è più filocinese. In testa c’è Sant’Egidio
In Vaticano è gara tra chi è più filocinese. In testa c’è Sant’Egidio
Tra la Cina e la Santa Sede intercorre dal 22 ottobre 2018 un accordo “provvisorio e segreto” sulla nomina dei vescovi, della durata di due anni, rinnovato il 22 ottobre 2020 e ora di nuovo prossimo alla scadenza. Con papa Francesco che dice di volerlo rinnovare un’altra volta così com’è, perché “davanti a una situazione chiusa bisogna cercare la strada possibile, non ideale”. (more…)
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#Agostino Giovagnoli#andrea riccardi#Apostasia#Bergoglio#cattivi maestri#cattocomunismo#cattolici adulterati#Cina#falsi profeti#fumo di satana#idiozie clericali#Matteo Zuppi#ostpolitik#papa Francesco#sedicenti cattolici#spirito del concilio
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Su “Avvenire” di oggi l’anticipazione del dibattito sulla “Risoluzione europea del 19 settembre 2019” raccolto nel volume: Novecento addio. La risoluzione europea sui totalitarismi: un dibattito, a cura di Roberto Righetto, in libreria da Edizioni Medusa. A tema la delicata e controversa questione di una memoria condivisa dei crimini nazisti e comunisti. Vengono anticipati brani degli interventi di Salvatore Natoli e Agostino Giovagnoli. «La storia dell’umanità è piena di sentenze collettive. La sentenza che in un certo senso ha messo sullo stesso piano nazismo e comunismo ha diviso gli storici e i politici ma, seppur carente in vari passaggi, ha avuto il merito di rilanciare la questione di una memoria storica condivisa a livello europeo rispetto ai totalitarismi del ‘900. Varie domande sorgono: se accanto al nazismo si colloca il comunismo si finisce per relativizzare il “male assoluto” della Shoah? Su queste e altre domande si interrogano gli autori del libro». Oltre ai contributi di Agostino Giovagnoli e Salvatore Natoli nel volume figurano gli interventi del curatore Roberto Righetto, Franco Cardini, Riccardo De Benedetti, Adriano Dell’Asta, Anna Foa, Ernesto Galli della Loggia, Damiano Palano e Gianfranco Pasquino.
#Avvenire#Riccardo De Benedetti#Roberto Righetto#anna foa#adriano dell’asta#salvatore natoli#agostino giovagnoli#franco cardini#ernesto galli della loggia#damiano palano#gianfranco pasquino#la zona rossa
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De Gasperi e il fascismo
De Gasperi e il fascismoAlcide #DeGasperi entra nel #PartitoPopolare nel 1919, anno della sua fondazione. Nel 1922 assiste alla salita al potere di Benito #Mussolini. Da una parte ne condanna subito i modi violenti, ma dall'altra, insieme al Partito popolare dà l'appoggio al primo governo fascista. Un'alleanza che dura solo pochi mesi come raccontano il professor Agostino #Giovagnoli e Paolo #Mieli in questa puntata di "Passato e Presente". De Gasperi cerca di opporsi, senza successo, all'approvazione della legge Acerbo, che modifica in senso maggioritario legge elettorale e favorisce la vittoria dei fascisti alle politiche del 1924. Dopo poco, il delitto #Matteotti e poi le leggi #fascistissime trasformano il governo Mussolini in un regime. De Gasperi è un sorvegliato speciale della polizia politica fascista, viene minacciato dagli #squadristi e nel 1927 viene arrestato con l'accusa di aver tentato l'espatrio clandestino. Rimane in carcere sedici mesi e quando esce è politicamente isolato e senza lavoro. Trova un'occupazione presso la biblioteca vaticana, che diventa anche un rifugio dalle persecuzioni del regime. In questi anni De Gasperi vive una sorta di esilio interno, ma è anche il periodo in cui elabora quel pensiero politico che lo porterà, nel 1943, alla fondazione della Democrazia cristiana, il partito di cui sarà il leader indiscusso dopo la guerra.https://www.raiplay.it/video/2019/01/Passato-e-Presente-De-Gasperi-e-il-Fascismo-b2e02fe2-1585-4428-b782-fe13528b87ee.html
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Inserto speciale della Cattolica su crisi della democrazia
Inserto speciale della Cattolica su crisi della democrazia. "Così piccola e fragile. Prendersi cura della democrazia" è il titolo di un inserto speciale del periodico dell'Università Cattolica "Presenza", con gli interventi di quattordici professori ed esperti dell'Ateneo. La democrazia è in sofferenza. La caduta del governo Draghi in Italia, la faticosa conferma di Macron in Francia, le contorsioni della leadership nel Regno Unito e le ombre sulla madre di tutte le democrazie in America ne sono i sintomi più immediati. Ma la crisi è dovuta più alla stanchezza che attraversa l'opinione pubblica occidentale che a sfide meramente esogene. Nelle nostre società si è insinuato il dubbio che il modello democratico non sia più quello del futuro, quello vincente, né tantomeno quello da "esportare". L'emergere di populismi e sovranismi ha accreditato l'idea che alcuni modelli autarchici, come quello cinese o russo (almeno prima della guerra in Ucraina), fossero preferibili a democrazie ritenute inconcludenti, impoverite dalla crisi economica e da un sistema di welfare non più sostenibile. Perché la democrazia liberale "costa", come spiega il professor Vittorio Emanuele Parsi. Se non si accompagna, come è stato in passato, a un sistema di benessere e di protezioni sociali, se è solo un insieme di diritti rischia di essere percepita come troppo "faticosa" da gestire. Proteggere la democrazia (nel mondo le persone che vivono in Stati democratici sono una piccola minoranza!) è un impegno che vale sempre e, a maggior ragione, in tempi difficili come quello che stiamo vivendo. A pochi mesi dalla nascita del Centro per lo studio della democrazia e dei mutamenti politici (Polidemos), diretto dal professor Damiano Palano, il periodico "Presenza" propone un inserto speciale dal titolo "Così piccola e fragile. Prendersi cura della democrazia", con gli interventi di 14 docenti: Damiano Palano, Vittorio Emanuele Parsi, Filippo Fasulo, Ivana Pais, Barbara Boschetti, Matteo Corti, Aldo Carera, Monica Amadini, Milena Santerini, Elena Marta, Ingrid Basso, Renato Balduzzi, Massimo Scaglioni e Agostino Giovagnoli. Quattordici contributi che, da angolature diverse, spiegano come coltivare un bene così prezioso per il nostro futuro.... Read the full article
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As Vatican and China Talk, Taiwan Looks on Nervously
Reuters, March 25, 2018
VATICAN CITY/TAIPEI--Five blocks from the Vatican, on the bustling, tourist-packed street leading to St. Peter’s Basilica, a Taiwanese flag flutters from the window of a third story suite of offices that house Taipei’s embassy to the Holy See.
These days, the staff inside are anxious. They know that one night they may have to lower that flag--red and blue with a white sun--for the last time.
As the Vatican and China move closer to a historic deal on the appointment of bishops, which would signal a warming of once-frigid relations, diplomats and scholars say Taiwan could lose the most from the deal..
Under the deal, the Vatican will have a say in negotiations for the appointment of future bishops in China, whose Catholics are divided between an “underground” Church loyal to the pope and a government-backed Church.
Even a partial resolution of the issue could open the way for eventual diplomatic relations between Beijing and the Vatican. That would give the Church a legal framework to look after all of China’s estimated 12 million Catholics.
It would also leave Taiwan in the diplomatic lurch.
The Vatican is one of only 20 states that still recognize Taiwan, officially known as the Republic of China. Beijing insists that if countries want relations with it they must break ties with Taiwan.
The Chinese Foreign Ministry said last month that China had always been sincere in its efforts to improve China-Vatican relations.
A senior Vatican official said however that the accord on bishops “is not a political one,” suggesting that it does not include any formal link to diplomatic relations and that the Vatican will not be the next country to switch relations to China from Taiwan.
Catholic leaders in Taipei are also hopeful.
“They (the Vatican and Beijing) won’t build diplomatic ties. You need to share common values with each other in order to establish diplomatic ties,” Archbishop John Hung of Taipei told Reuters in an interview in Taipei.
Hung said the Church in Taiwan is “sleeping well at night”.
But for how long?
Some experts say diplomatic ties between Beijing and the Vatican are inevitable, even if probably not right around the corner.
“The Church does not have preference among its children and it’s clear that the Vatican does not want to do anything to displease Catholics on Taiwan” said Agostino Giovagnoli, a history professor at Milan’s Sacred Heart Catholic University and the author of two books on Catholicism in China.
“But strategically the Catholics on the mainland are more important because the future of evangelization of China and all Asia passes through China. It is key for the Catholic Church,” he told Reuters.
The Vatican’s last diplomat on the mainland was expelled in 1951 and the Holy See mission settled in Taiwan, to where Chiang Kai-shek’s Nationalist government fled in 1949 after its defeat by the communist armies of Mao Zedong, founder of the People’s Republic of China (PRC).
Since the 1970s, following the United Nations vote to recognize the PRC as the sole legal China, the Vatican has not appointed a nuncio, or ambassador, to Taiwan. It has kept the status of the mission at the lower level of “charge d’affaires ad interim” since.
Diplomats say the Vatican’s low profile in Taiwan for four decades has been aimed at placating Beijing, which still sees Taiwan and its sacred territory.
In 1999, Cardinal Angelo Sodano, then Secretary of State under Pope John Paul, sent shockwaves through Taiwan���s diplomatic corps.
He said the Vatican was ready to move its embassy from Taipei to China “not tomorrow, but tonight if the Chinese authorities allow it”.
In Vatican directories and diplomatic lists, the ambassador from Taiwan, currently Matthew Shieh-Ming Lee, is listed under “China,” not “Republic of China,” which is Taiwan’s official name now, and was China’s official name before 1949.
The ambiguity is not accidental, diplomats say. By keeping the listing vague and generic, the Vatican has avoided further irritating Beijing as it has tried to seek an agreement about Catholics on the mainland.
It also would make it easier for the Vatican to move its embassy to Beijing eventually while claiming that it is not really abandoning Taiwan, where it would likely leave an “apostolic” representation to the local Church.
“It is very interesting that both sides are putting the question of diplomatic relations at the very end of the road, on the horizon,” Giovagnoli, the history professor, said.
He said that because China’s diplomatic and economic strength has grown enormously over the past few decades, it no longer craves the Vatican’s diplomatic recognition as it did in the past, making a gradual political rapprochement after a deal on bishops is signed more likely than quick recognition.
“Diplomatic recognition is no longer a quid-pro-quo for a deal on the naming of bishops as it once was,” Giovagnoli said.
Those who will likely feel most hurt if the Vatican eventually does realign its political relations with Taiwan are the island’s 300,000 Catholics.
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Anticipazioni per "PASSATO e PRESENTE" del 26 dicembre alle 13.15 su RAI 3: Giorgio La Pira, politica e utopia
Anticipazioni per “PASSATO e PRESENTE” del 26 dicembre alle 13.15 su RAI 3: Giorgio La Pira, politica e utopia
Anticipazioni per “PASSATO e PRESENTE” del 26 dicembre alle 13.15 su RAI 3: Giorgio La Pira, politica e utopia
Quarantadue anni fa, scompariva Giorgio La Pira, un’originale quanto importante figura del panorama politico italiano del dopoguerra.
Un personaggio che Paolo Mieli racconta con il professor Agostino Giovagnoli a “Passato e Presente”, il programma di Rai Cultura in onda giovedì 26…
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Presentazione della IAPP alla Camera dei Deputati
Presentazione della IAPP alla Camera dei Deputati
Oggi si è svolta la presentazione IAPP (International Association of Parliamentarian for Peace – Forum Internazionale dei Parlamentari per la Pace) alla Camera dei Deputati.
La IAPP è stata fondata il 15 febbraio 2016 a Seul da 150 parlamentari provenienti da 41 nazioni diverse, promossa e sostenuta dalla UPF (Universal Peace Federation) la presentazione di oggi fa parte di una serie di…
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#agostino formichella#Albertina Soliani#Antonio Stango#Elenora Bechis#Gerardo Giovagnoli#Jacques Marion#lidu#pace#Roberto Rampi#upf
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Segundo o Prof. Agostino Giovagnoli, docente de História Contemporânea da Universidade Católica de Milão e sobre o significado das visitas do Pontífice ao cemitério americano de Nettuno e ao Sacrário-monumento das Fossas Ardeatinas afirma o docente que o Papa insiste nessa trágica lição da guerra, que o mundo nunca aprende, ou melhor, não quer aprender. Há portanto, a necessidade de reconquistar toda a consciência dramática daquilo que a guerra significa. Dias atrás já tinha falado do "suicídio da humanidade", por exemplo no caso de uma guerra nuclear. Para o Papa é alarmante a pouca consciência que se tem hoje deste grande perigo.
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Chiesa e Repubblica italiana. Giovagnoli (storico): “I cattolici tornino ad impegnarsi in politica”
Chiesa e Repubblica italiana. Giovagnoli (storico): “I cattolici tornino ad impegnarsi in politica”
“Il Papa esprime una presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo che i cattolici italiani non hanno ancora capitalizzato – spiega lo storico Agostino Giovagnoli -, traducendola in una proposta che possa essere utile per l’Italia. Il Paese soffre per le conseguenze della globalizzazione. Sono temi su cui Francesco dice cose importanti, e i cattolici italiani potrebbero attingere per offrire un…
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Hong Kong, la Santa Sede si inchina al regime cinese
Clamoroso episodio all'Angelus di ieri: fatto saltare all'ultimo momento l'intervento che papa Francesco avrebbe dovuto riservare alla situazione di Hong Kong. Pressioni cinesi o autocensura, la cosa non cambia: la Santa Sede sta sacrificando la sua libertà e quella dei cattolici cinesi e hongkonghesi, in vista di una normalizzazione dei rapporti con Pechino. E infatti lo storico Giovagnoli (Comunità di Sant'Egidio, molto influente sul Papa) spiega su Avvenire quanto ha ragione la Cina nel reprimere le proteste pro-democrazia.
Era già abbastanza imbarazzante – per non dire peggio – che la Santa Sede non dicesse nulla su quanto da mesi sta accadendo a Hong Kong, ovviamente per non dispiacere a Pechino. Ma quello che è successo ieri all’Angelus va oltre qualsiasi limite. Come solito ai giornalisti era stato distribuito in anticipo il testo dell’Angelus che il papa avrebbe recitato da lì a poco: conteneva un riferimento alla situazione di Hong Kong invitando al dialogo e ad evitare derive violente. Non certo un discorso memorabile, ma almeno il segno di un’attenzione. Senonché, pochi minuti prima dell’Angelus, la Sala Stampa ha reso noto che il Papa non avrebbe letto quella parte su Hong Kong, che andava dunque annullata. Un fatto a dir poco sconcertante, riportato da Marco Tosatti nel suo blog, che, qualunque sia la ragione, testimonia di una sudditanza della Santa Sede nei confronti del governo e del Partito comunista cinese. A ulteriore riprova che l’accordo segreto tra Cina e Santa Sede sulle nomine episcopali, di cui a breve si dovrà discutere il rinnovo, si è abbondantemente ridotto a strumento di controllo del Partito comunista sulla Chiesa cattolica, un vero e proprio bavaglio per la Chiesa.
Cosa avrebbe dovuto dire il Papa all’Angelus? Ecco il testo: «In questi ultimi tempi, ho seguito con particolare attenzione e non senza preoccupazione lo sviluppo della complessa situazione a Hong Kong, e desidero manifestare anzitutto la mia cordiale vicinanza a tutti gli abitanti di quel territorio. Nell’attuale contesto, le tematiche trattate sono indubbiamente delicate e toccano la vita di tutti; perciò è comprensibile che ci sia una marcata sensibilità al riguardo. Auspico pertanto che tutte le persone coinvolte sappiano affrontare i vari problemi con spirito di lungimirante saggezza e di autentico dialogo. Ciò esige coraggio, umiltà, non violenza e rispetto della dignità e dei diritti di tutti. Formulo, poi, il voto che la vita sociale, e specialmente quella religiosa, si esprimano in piena e vera libertà, come d’altronde lo prevedono vari documenti internazionali. Accompagno con la mia costante preghiera tutta la comunità cattolica e le persone di buona volontà di Hong Kong, affinché possano costruire insieme una società prospera e armoniosa».
Non si tratta certo di un appoggio chiaro a studenti e attivisti democratici di Hong Kong, colpiti duramente in questi mesi da un governo comunista che non intende più rispettare l’autonomia del Territorio ex colonia britannica, stabilita nell’accordo con il Regno Unito entrato in vigore proprio il 1° luglio 1997. Ma nello stesso tempo si sa che anche solo la parola “libertà” - per quanto dispersa in un intervento fumoso - è in grado di destabilizzare i vertici del Partito comunista cinese. Non si deve poi dimenticare che anche queste poche e vaghe parole, proprio perché si riferiscono a Hong Kong, possono essere considerate una violazione della nuova Legge di sicurezza nazionale, imposta da Pechino e contro cui ci sono state manifestazioni in questi giorni a Hong Kong, con quasi 400 fermi per quella del 1° luglio.
Cosa dunque può essere successo per poter far saltare un così importante passaggio del discorso all’Angelus? In effetti, di ragioni plausibili per un fatto del genere non è che ce ne siano molte, un paio al massimo: la prima è che, ricevuto il testo, l’ambasciata cinese in Italia si sia subito attivata per fare pressioni affinché non venisse letto; la seconda è che sia una iniziativa personale del Papa una volta letto il testo preparato dalla Segreteria di Stato.
Ricordiamo però che non è la prima volta che un fatto del genere accade con papa Francesco. Proprio due anni fa, il 20 maggio 2018, ai giornalisti fu distribuito al solito modo un testo per il Regina Coeli che criticava – seppur larvatamente – il regime di Nicolas Maduro, che in quei giorni si stava rendendo responsabili di palesi violazioni dei diritti umani. Il testo però non fu letto, ma in quel caso papa Francesco pronunciò parole sue molto più benevole nei confronti del regime comunista.
Quanto a Hong Kong, il Papa non ne ha mai parlato proprio per “non disturbare” il governo cinese. Esemplare il modo in cui dribblò la domanda di un giornalista, che gli chiedeva proprio un giudizio sulla situazione a Hong Kong, nel viaggio di ritorno dal Giappone lo scorso 26 novembre: «Non c’è solo Hong Kong. Pensi al Cile, alla Francia, al Nicaragua, al Brasile (…) Sono varie situazioni con dei problemi che io in questo momento non sono capace di valutare. Io rispetto la pace e chiedo la pace per tutti questi Paesi che hanno dei problemi».
Dunque, quanto accaduto ieri si inserisce in questo quadro di acquiescenza nei confronti del regime comunista cinese. Del resto dimostrata e rafforzata dagli interventi di giornalisti e intellettuali vicini a papa Francesco che difendono a spada tratta le scelte di Pechino e dell’Associazione Patriottica dei Cattolici cinesi. L’ultimo esempio è l’analisi sulla situazione di Hong Kong fatta dallo storico Agostino Giovagnoli dalle colonne di Avvenire il 3 luglio. Giovagnoli è esponente della Comunità di Sant’Egidio, in totale sintonia e molto influente su papa Bergoglio. E anche in questa occasione ha voluto sostenere le ragioni di Pechino nell’approvare una Legge di sicurezza nazionale, addossando al movimento democratico la responsabilità di quanto sta accadendo. E ovviamente non perde l’occasione per attaccare il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong molto critico nei confronti della Cina e della politica della Santa Sede, contrapponendogli il cardinale John Tong, anche lui emerito ma attualmente amministratore apostolico di Hong Kong, e molto più benevolo nei confronti dei leader comunisti cinesi.
Ce n'è abbastanza per capire che lo scandalo del sostegno vaticano al regime comunista cinese è ben lungi dall’essere messo in discussione malgrado la sempre crescente aggressività di Pechino. E soprattutto malgrado sia chiaro che l’accordo Cina-Santa Sede siglato due anni fa non ha dato risultati tangibili e, anzi, si sia tradotto in una maggiore persecuzione per i cattolici che non piegano la testa davanti all’esercito cinese.
RICCARDO CASCIOLI (06-07-2020)
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Distinguere il terrorismo dalla guerra
Distinguere il terrorismo dalla guerra
Distinguere il terrorismo dalla guerra
Iannozzi Giuseppe
Papa Francesco, su Famiglia Cristiana, invita a non confondere i terroristi con i migranti. E questo è giusto. Bisogna però fare molto attenzione alle frontiere, perché tra i migranti potrebbero esserci degli infiltrati, dei terroristi o comunque dei poco di buono.
Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all’Università…
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#Agostino Giovagnoli#attentato Bruxelles#Fiorella Mannoia#guerra#Iannozzi Giuseppe#isis#Islam#Occidente#Oriana Fallaci#Papa Francesco#terrorismo
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