#affabulante
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silviadeangelis · 5 months ago
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PUNTI DISTANTI
Orbite introverse in cui ragguagliareun manuale logico posto al rigoredi complici regie.Angoli della bocca sversatiin un soffio d’orizzontene scompongono il tondotravasando lo sconfinoin una soffice alchimia di gelsomini.Muove il passo lo sguardoaccostando morbide visioni alla memoriaoltre il consenso d’inferriate arrugginiteprecipitate nel vuoto d’un tempo remotodai punti distanti….@Silvia De…
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carmenvicinanza · 27 days ago
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Mariam Abou Zahab
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Mariam Abou Zahab, sociologa e studiosa di cultura islamica, esperta di politica e specializzata della cultura di Pakistan e Afghanistan dove si è spinta, fino agli angoli più inaccessibili.
Da un paese all’altro, da un’epoca all’altra, ha attraversato territori ardui con missioni umanitarie, studiandone la letteratura, la poesia e la musica, porte d’accesso al mondo che ha tanto raccontato. La sua conoscenza si è estesa fino alle rive del Mediterraneo.
Docente presso l’Instituts d’études politiques di Parigi e l’Institut National des Langues et Civilisations Orientales, è stata ricercatrice presso il Centre de Recherches Internationales e lavorato con i Cahiers d’études sur la Méditerranée orientale et le Monde Turco-Iranien. 
Parlava arabo, urdu, persiano, pashtu e punjabi e, oltre a lavori accademici, ha pubblicato opere che descrivevano in dettaglio i suoi viaggi attraverso Afghanistan, Iran, Pakistan e India.
Per tutta la sua vita ha difeso le popolazioni oppresse scendendo in campo accanto a loro.
La sua fascinazione per l’Islam sciita, che ha avuto una forte componente mistica oltre che estetica e accademica, ha alimentato i suoi tanti interventi pubblici in giro per il mondo.
Nata  col nome di Marie-Pierre Walquemanne il 7 febbraio 1952 a Hon-Hergies, un villaggio nel nord della Francia, si era laureata, a soli 20 anni, nel 1972, all’Instituts d’études politiques a Parigi. La sua curiosità e passione l’avevano portata a esplorare il medio Oriente e l’Asia centrale toccando territori dove altri ricercatori non si addentravano.
Nel 1971 ha fatto parte della brigata internazionale voluta dal romanziere ed ex ministro degli affari culturali André Malraux, a sostegno dei nazionalisti bengalesi nel Pakistan orientale e lì ha vissuto per anni in un’area devastata dalla guerra.
È stata a Beirut durante la guerra civile nel 1975, anno in cui si è convertita all’Islam e, diventata sciita, si è fatta chiamare Mariam, il cognome, che ha tenuto anche dopo la separazione, proveniva dal marito, il siriano Nazem Abou Zahab.
Attiva nella lotta di liberazione palestinese, si dice che abbia imbracciato accanto a Arafat per l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e guidato una banda di combattenti afghani durante il conflitto con la Russia. Per queste attività è stata sotto il controllo dei servizi segreti francesi.
Suscitando gravi reazioni in Francia, ha sostenuto che i talebani afghani fossero un movimento sociale, in gran parte autonomo dai servizi segreti pakistani, una reazione dei più poveri e giovani contro le élite tradizionali. Riteneva la loro ascesa al potere una rivolta delle campagne contro le città.
Nel suo lavoro ha esplorato non solo gli sviluppi geopolitici contemporanei, ma anche i contesti storici, le dottrine religiose e ideologiche, nonché i percorsi individuali dei leader e dei combattenti dei movimenti.
Ha acquisito una conoscenza approfondita dell’Afghanistan, attraverso viaggi faticosi e pericolosi sotto la copertura di un burqa volano.
Come volontaria per la ONG Afrane, si è interessata ai problemi sanitari e alla situazione delle scuole, non esitando a sottolineare l’impatto positivo delle madrase laddove la rete scolastica stava fallendo. Ha documentato la dislocazione dell’economia agraria e le dinamiche socio-economiche.
Ha intervistato la diaspora Fata negli Emirati Arabi Uniti e non ha mai permesso alle sue convinzioni religiose di influenzare la sua ricerca.
I suoi articoli di ricerca sul Pakistan sono stati pubblicati in diversi libri che trattano di settarismo, talebanizzazione e proliferazione di gruppi jihadisti.
A Kaleidoscope of Islam è un’antologia di saggi che dimostra la sua enciclopedica competenza sull’Islam, il suo Islamist Networks: The Afghan-Pakistan Connection è considerato un libro di riferimento sui gruppi jihadisti nella regione.
Il suo approccio analitico di scienziata sociale è stato socio-economico e socio-psicologico.
Insegnante talentuosa e affabulante, incantava le sue classi raccontando i dettagli più raffinati delle tradizioni e dei rituali.
Mentre la sua salute peggiorava a causa del cancro, si è recata nella città santa sciita di Najaf, in Iraq, dove ha deciso di essere sepolta. Alla sua morte, avvenuta il primo novembre 2017, una milizia sciita, insieme alla popolazione di un villaggio che aveva particolarmente amato, ha scortato il suo corpo fino al cimitero.
Mariam Abou Zahab ha insegnato letteratura pashtu, storia del Pakistan, sufismo sud-asiatico e comunità diasporiche all’Inalco e formato una generazione di studiosi anche attraverso la creazione di una fondazione di ricerca. Tante sono state le donazioni fatte a progetti di assistenza sociale nei due paesi.
Modello di audacia scientifica e intellettuale, ha aperto la strada a una versa sociologia generale, offrendo rare griglie di comprensione comparata.
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abr · 4 years ago
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Contrordine Compagni
Qualcuno fermi il Mamoli, crooner del basket Nba su Sky, sulla strada del KITSCH AFFABULANTE così gradito ai drogati di chiacchiere da bar (almeno per ora limitato al basket pur con sconfinamenti nel sociale connesso, come del resto il suo maestrino Flavio Tranquillo; non ancora uno pericolosamente sbilanciato verso le Teorie del Tutto come il povero Buffa - il quale non per caso è migrato tra i boccaloni calciofili). 
Qualcuno dicevamo informi il cronista che, aldilà nelle magliette oramai stampate, la stagione “First of All, Black Lives Matter” nel basket è furnuta.  
Mettersi lì a blaterare di presunte brutalità della polizia su delinquenti seriali neri o alzare alti lai per i gran giurì che scagionino la polizia, è sempre stato fuori luogo commentando le gesta di milionari in mutande ma ora è anche off: nella sostanza siamo al “sotto la maglietta niente”, non importa più un cazoo ai riccastri coi soldi degli sponsor sfruttatori di manodopera orientale alla Lebron, figurarsi chejefrega al pubblico italico.  
Caro Mamoli s’informi e s’allinei: è squillato forte e chiaro il CONTRORDINE COMPAGNI DEMS., da quando hanno intravisto l’effetto che fanno i riots sui sondaggi elettorali veri, non quelli per le Botteri. 
(Sleepy Joe, gli va riconosciuto, aveva anticipato ciò con la scelta di Kamala come VP:  è una PM mastino carrierista che ha messo ai  ferri più neri lei di un mercante di schiavi portoghese del ‘700). 
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sciatu · 5 years ago
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Scrittori Siciliani - Giuseppe Tomasi di Lampedusa, suo cugino  Lucio Piccolo, Ignazio Buttitta, Vitaliano Brancati, Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo, Giuseppe Consolo,Gesualdo Bufalino, Gesualdo Bufalino e Leonardo Sciascia, Leonardo Sciascia, Andrea Camilleri
Quando incominciai a leggere l’Ulisse di Joyce, mi sentii immediatamente in Irlanda. Non so esattamente perché ma parole descrizioni e situazione non potevano essere che Irlandesi, per non parlare poi di quando mr. Bloom mangia il rognone stufato con la birra! Non potevano non essere che nella verde Irlanda. Lo stesso mi accadde quando incominciai Cent’anni di solitudine. Ero ovviamente in un sud America, afoso, lussureggiante e irreale. Lo stesso leggendo Isabella Allende e il suo affabulante mondo onirico, colorato ed esuberante più di una chiesa barocca, mentre Thomas Mann aveva quella stretta, chiarissima logica nord europea anche quando parlava di Giuseppe in Egitto. Tutto questo per me fu una rivelazione. “Ognuno nasce con la sua cultura” mi sono detto allora. Conrad scriveva in inglese anche se polacco, ma leggendolo si comprende che chi scrive non è un perfetto gentleman inglese: la lingua è un vestito, ma già rivela quello che sei. Per cui, quel senso di limitato provincialismo che mi prendeva quando leggevo gli scrittori siciliani, scomparve. Non erano diversi in fondo dagli scrittori che nelle loro pagine rappresentavano quello che erano pur assumendo un valore, un senso universale. Per questo motivo non mi vergognai più di quel filo sottile e dominante che univa i vari scrittori alla prima madre, alla Sicilia. Pensare e scrivere in siciliano non fu più dotto vernacolo, ma letteratura. Il porre al centro del proprio mondo la propria origine, non era un rapporto limitato e limitante, era una similitudine del mondo. Il principe Tomasi nel suo Gattopardo, non era solo un principe siciliano, ma anche la decadenza di una classe sociale che non aveva mai dovuto lottare per sopravvivere. Quasimodo nelle sue poesie dove la Sicilia appare continuamente anche se lui è altrove, non è un poeta in esilio, ma un figlio che parla della madre, la ricerca della propria matrice e l’ostensione del proprio essere. Sciascia non ha scritto di cose siciliane ma ha rappresentato in Sicilia situazioni nazionali. Ignazio Buttitta, il più esplicitamente siciliano dei grandi poeti isolani, parlava degli emigranti siciliani morti nelle miniere del Belgio allo stesso modo di come un poeta Nordafricano potrebbe parlare oggi degli emigranti morti nel mediterraneo. In Sicilia poi, l’universalità nel particolare è facilitata dalla storia, dal mosaico culturale che l’isola è, dal continuo essere quello che siamo noi siciliani, dalla nostra capacità o necessità di essere uno, nessuno, centomila.
When I started reading Joyce's Ulysses, I immediately felt in Ireland. I don't know exactly why but words, descriptions and situation could only be Irish, not to mention when mr. Bloom eats kidney stew with beer! They could only be in green Ireland. The same happened to me when I began One hundred years of solitude. I was obviously in a South America, sultry, lush and unreal. The same when reading Isabella Allende and her dreaming, colorful and exuberant dreamlike world more than a baroque church, while Thomas Mann had that close, very clear Northern European logic even when he spoke of Joseph in Egypt. All of this was a revelation for me. "Everyone is how his culture born" I said to myself then. Conrad wrote in English although Polish, but reading his books we understand that the writer is not a perfect English gentleman: the language is a suit, but already reveals what you are. So that sense of limited provincialism that took me when I read the Sicilian writers disappeared. They were no different, after all, from the writers who represented in their pages what they were while assuming a value, a universal sense. For this reason I was no longer ashamed of that subtle and dominant thread that united the various writers to their first mother, to Sicily. Thinking and writing in Sicilian was no longer learned vernacular, but literature. Putting one's origin at the center of one's world was not a limited and limiting relationship, it was a similitude of the world. Prince Tomasi in his Leopard was not only a Sicilian prince, but also the decadence of a social class that had never had to struggle to survive. Quasimodo in his poems where Sicily appears continuously even if he is elsewhere, he is not a poet in exile, but a son who speaks of the mother, the search for one's own matrix and the ostension of one's being. Sciascia did not write about Sicilian things but represented national situations in Sicily. Ignazio Buttitta, the most explicitly Sicilian of the great island poets, spoke of Sicilian emigrants who died in the mines of Belgium in the same way as a North African poet could speak today of emigrants who died in the Mediterranean. In Sicily, universality in one particular is facilitated by history, by the cultural mosaic that the island is, by the continuous being that we are, by our ability or necessity to be one, nobody, one hundred thousand.
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thebeautycove · 4 years ago
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MAISON CHRISTIAN DIOR - GRIS DIOR - Limited Edition Toile de Jouy - Eau de Parfum - Novità 2021 - Il fascino intramontabile della Toile de Jouy per la suggestiva Edizione Effimera Parfums Maison Christian Dior. Toile de Jouy 3.0 by Dior. Ritorno al futuro per Maison Christian Dior con un’edizione esclusiva che accoglie lo stile couture della leggendaria toile de jouy, creata in esclusiva per Dior.Tre fragranze in edizione collectible - Oud Ispahan, Lucky e Gris Dior - selezionate per l’occasione, i cui contenitori cilindrici sfoggiano illustrazioni bucoliche, paesaggi selvaggi animati da un bestiario affabulante, rispettivamente in tonalità rosso, verde e blu, liberamente ispirate alla storica tela. La Toile de Jouy deve la sua fama all’imprenditore di origini tedesche Oberkampf che nel 1760 inizio’ a produrre e stampare tele grezze di lino e cotone nel suo laboratorio di Jouy-en Josas, nei pressi di Versailles. Le tele impresse con tecniche innovative per l’epoca, riproducevano motivi rococò, scene pastorali arcadiche, ispirate ai quadri di Boucher e Fragonard ed erano rese in tonalità prevalentemente monocrome.I manufatti riscossero un successo immediato, soprattutto alla corte di Versailles dove Marie Antoinette prediligeva impiegarli per gli abiti da passeggio e per le tappezzerie delle stanze private del Petit Trianon. Christian Dior amava questa tela che gli rammentava l’infanzia nella villa di famiglia a Granville, tanto da privilegiarla, nel 1947, per l’allestimento della sua prima boutique parigina in Avenue Montaigne. A Maria Grazia Chiuri spetta, nel 2016, la reinterpretazione in chiave contemporanea e, dopo le affascinanti creazioni moda e accessori, la tela riverbera in tutta la sua nostalgica bellezza anche nella collezione fragranze Maison Christian Dior. Gris Dior (ex Gris Montaigne) è lo specchio olfattivo del colore grigio, nuance feticcio del couturier celebrata in memorabili collezioni couture. Chypre impeccabile armonizzato da François Demachy, evoca un’eleganza ricercata e discreta, nude jus senza età, l’incipit sottilmente esperidato è sospeso su corolle bianche rugiadose, circondate da morbidi nastri di muschio e ambra. Grigio Sublime.
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Creata da François Demachy. Nel formato Eau de Parfum 125 e 250 ml. Edizione Limitata Toile de Jouy. Disponibile online su dior.com instagram.com/igbeautycove ©thebeautycove
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chez-mimich · 3 years ago
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NOVARA JAZZ 2022: STORYTELLERS E LISBON UNDERGROUND MUSIC ENSEMBLE
Cosa ci fanno cinque musicisti romani tra le mura romane di Novara? Semplice, raccontano storie. Loro sono gli “Storytellers” con Simone Alessandrini al sax, Federico Pascucci al sax tenore, Antonello Sorrentino alla tromba, Riccardo Gola al basso elettrico ed effetti, Riccardo Gambatesa alla batteria. Concerto presso le mura romane del Conservatorio, luogo oltremodo adatto a questo tipo di performance intime e raccolte per l’apertura del secondo ed impegnativo weekend di Novara Jazz. Molto bravi,e con un repertorio variegato, i cinque “raccontatori di storie”. Un Jazz fresco e intenso, dissonante al punto giusto, con in bella evidenza i fiati naturalmente. Storie strumentali, ma anche struggenti vicende umane, come lo scambio di corrispondenza tra Olga e Nazario durante la seconda guerra mondiale, raccontate attraverso il jazz degli “Storytellers”. Un aperitivo di gran qualità dunque, prima del piatto forte della serata, ovvero L.U.M.E. Lisbon Underground Music Ensemble. E dopo la presentazione sul palco del Broletto, l’attacco non lascia dubbi sulla consistenza dell’ensemble (ben 15 elementi) e nemmeno sul bacino di pesca: lo swing, ma qui come è ovvio, ogni termine non può essere che riduttivo e allora potremmo azzardare che si tratti di uno swing passato nel tritacarne della storia del jazz e basta ascoltare, per rendersene conto, la travolgente “Fantasy”, affabulante mélange di immaginarie frequenze di radio mal sintonizzate che eruttano jazz e swing a spron battuto: semplicemente geniale. Sciabolate strumentali con tante raffinatezze, come la capacità di “trattenere” le chiusure dei brani in ritmi circolari che sembrano infiniti. Un racconto musicale che procede per scarti anche bruschi, dai sentieri ritmici per percorrere strade nuove fatte di disarmonici fraseggi. Musica non facilmente ingabbiabile, soprattutto nelle sue divagazioni che possono anche evocare l’andamento narrativo del Prokofiev di “Pierino e il lupo” oppure far risuonare le note quasi ostili del più ardito free jazz. Originalità assoluta, oltre che strabordante potenza narrativo-musicale. C’è posto anche per il Boogie, anzi per il “Free Style Boogie” a riprova che pur percorrendo sentieri arditi e perigliosi, le radici del Lisbon Underground Music Ensemble sono ben piantate nella tradizione. Pubblico sorpreso, ma compiaciuto e non è un risultato da poco né a Novara, né altrove.
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giorgiodecesario · 3 years ago
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La Poliespressività di Giorgio De Cesario Di Giuliano D’Elena L’operato figurativo di Giorgio De Cesario, abituato da sempre alla interdisciplinarità espressiva, trova spontaneo sustanziarsi in forme piane e lineari come in forme materiche e in rilievo. Ciò che risalta all’occhio ad un primissimo excursus sui suoi lavori è un primitivismo pittorico fortemente simbolico dove i contorni racchiudono perimetrie di un’anima barocca densamente decorativa, coloristica e umorale. Qui il dedalo segnico attolle l’ambiguo esistenziale a vertici onirici difficilmente imitabili. Qui si giuoca la significanza, qui si incolora la complessa identità di De Cesario che come il silvico dio Pan fa vibrare intorno a sè tanta più presenza di verde floreale quanto è più grande la sua voglia del momento di nascondersi,rifugiarsi nell’angolo più fresco, mimetizzarsi con l’intorno nel tentativo affabulante di mòlcere una inemendabile “Paura di vivere” e di apparire, anche se coscientemente percepita come necessario passaggio da consumare per poter transitare verso l’essere più maturo. Come si costata, con questo tipo di opere, siamo molto lontani dalla candida ingenuità illustrativa di un Henri Rousseau, detto il Doganiere, anche se un certo modo di dipingere il paesaggio vegetale a larghi steli lanceolati richiama la esoterica e famosa “Incantatrice di serpenti”. Nulla di Giorgio De Cesario è edemico o bucolico, perchè egli è figlio diretto dei nostri tempi che andiamo vivendo. Egli ha filtrato storicamente, perchè culturalmente preparato, le ansie e le inquietudini surrealiste di un Max Ernest, le composizioni solenni e ieratiche delle grandi figure bizantine, l’espressionismo africano ed orientale, e, attrezzato di tutti gli elementi operativi grafico – contemporanei, ha assimilato antichi e nuovi simboli mentali come archetipi di possibile traduzione iconica, la più elementare e basilare mai realizzata. Tutto questo per filosoficamente ammantare con forme accattivanti e con cromatismi esasperati una vita odierna che molto spesso nutre in sè lo spessore mucillaginoso e solipsistico dell’incomunicabilità. Al di là di tutti gli estetismi e le apparenze cineramiche . (presso La Casa Degli Artisti) https://www.instagram.com/p/CYeqYc6q_83/?utm_medium=tumblr
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iltrombadore · 3 years ago
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Alfonso Gatto: come ritrovai in me la parola del poeta, il giorno che morì...
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Conobbi Alfonso Gatto (1909-1976) negli ultimi anni del liceo. Frequentava abitualmente la casa del mio fraterno amico Umberto Schettino Nobile, nipote del famoso trasvolatore del Polo Nord, i cui genitori erano del poeta altrettanto amici. Gatto era allora poco più che cinquantenne e appariva a noi adolescenti un vecchio stravissuto: sigaretta accesa e pendula dalla bocca, una parlata continua un poco strascicata, per mezze allusioni, con sintesi brillanti e paradossi che lo rendevano inaccessibile alle nostre innocenti orecchie. Inaccessibile ma non incomprensibile. Trasmetteva sensibilità e ardore comunicativo da tutti i pori. Amava stare con i ragazzi, con i tipi lontani dalle ambizioni borghesi di carriera e di potere, amava suscitare attrazione per la sua scelta di vita eccentrica, libertaria e tutta presa dall'amore per le 'virtù taumaturgiche' della poesia. Sapevo che era stato un comunista. Sapevo anche che se ne era allontanato. Nel mio conformismo ideologico ne provavo attrazione e timore. Mi piaceva molto tuttavia starlo ad ascoltare quando ci incitava a non credere ad altro, nella vita, che alle ragioni-passioni del cuore e della coscienza, le sole 'armi' di cui l'uomo potesse disporre e in cui riporre fiducia. Lo ascoltavo incline e in parte incredulo, per congenito scetticismo…lo ammiravo. 
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Finito il liceo, non lo incontrai più. Venne poi il 1968, passò il tempo isterico dell' impegno e della 'scelta ideologica', vennero gli 'anni di piombo'. Una mattina di marzo del 1976, lavoravo in cronaca de l'Unità, venne a catapulta la notizia inattesa della sua morte per un incidente stradale sulla Aurelia a due passi da Orbetello. Non aveva il poeta toccato i settanta anni. Rimasi colpito e addolorato per quella che mi si rivelò come una autentica mancanza imprevista, imprevedibile. Alfonso Gatto, con le sue parole, col suo fare 'ermetico' e affabulante, con il suo scanzonato anarchismo acuto e disperato, aveva sedimentato profondamente nella mia coscienza, molto più di quanto io stesso potessi immaginare. La sua 'lezione', aveva lasciato una traccia forte, più forte del previsto. Da quel doloroso distacco, avvertito come la perdita di un parente affezionato o qualcosa di molto familiare, iniziai a leggere per la prima volta le sue poesie, che per coattivo pregiudizio avevo negli anni precedenti volutamente tenuto lontane da me. I suoi versi mi apparvero d'incanto come la eco dei discorsi e modi di fare che avevano un tempo tanto incuriosito, quanto anche intimorito, i due ribelli adolescenti ben più inclini, allora, ad ascoltare le dotte 'sirene della ideologia'. Da quel momento la 'parola' di Gatto iniziò a risuonare in tutte le sue corrispondenze armoniche, rivelando il potere del ritmo, della melodia, dei temi e delle variazioni di tono, del colore e della architettura di un componimento poetico. Il sentimento filtrato dalla espressione è ciò che distilla ogni autentica poesia, e la poesia di Alfonso Gatto ne è un esemplare contrassegno. Un canto lungo,formalmente compiuto, che si risolve in ogni descrizione, in ogni motivo che lo ispira: Gatto era così, uomo e poeta insieme in ogni occasione della vita. Sfogliare i suoi libri di versi, lasciarsi attirare dal canto, equivale a riconoscerlo mentre ama, litiga,contempla e riflette pensoso o pure grida sul male di vivere che tocca a ciascuno nel mondo.Mi piaceCommenta
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oubliettemagazine · 5 years ago
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Lampadari a gocce di Savina Dolores Massa: navigare nell'inquietudine affabulante
Lampadari a gocce di Savina Dolores Massa: navigare nell’inquietudine affabulante
Si apre su un respiro quasi conradiano Lampadari a gocce, ultimo affascinante romanzo di Savina Dolores Massa.
Lampadari a gocce di Savina Dolores Massa
Il ritmo dei passi di un giovane marinaio, “eterno figlio del mare misterioso”, ci avvolge subito in una impenetrabile coltre di amara malinconia.
Reale nella sua consistenza quanto il ventre della “vecchia bestia malata”che lo ha scaricato sul…
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tmnotizie · 5 years ago
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SAN BENEDETTO – Un libro curioso quello dato alle stampe, per i tipi della casa editrice Zefiro, da Antonio De Signoribus, studioso ed appassionato di folklore e tradizioni locali, esperto di fiabe e leggende con una lunga serie di pubblicazioni alle spalle.
L’uovo di cavalla, questo il titolo dell’antologia che si compone di ben 65 racconti, con un sottotitolo altrettanto intrigante: Fiabe, leggende e storie bizzarre raccolte e riscritte, è un viaggio nella cultura popolare delle aree contadine del centro Italia, una esplorazione nel tempo e nello spazio di quel che la tradizione orale ci ha tramandato relativamente a credenze e paure, sortilegi ed imbrogli, incantamento e stupore.
Nell’introduzione al testo Allì Caracciolo, studiosa di storia del teatro, parla di “scrittura affabulante” a proposito dello stile di De Signoribus che, a suo dire, “istituisce una grammatica della riscrittura pienamente coerente, per aspetti formali, lingua, lessico, sintassi, con la narrazione orale e con gli antichi documenti scritti, ma proiettata in direzione della modernità”.
Il libro si articola in 7 capitoli, ed i protagonisti di queste storie sono uomini e donne alternativamente fortunati o sfortunati, animali e spiriti irrequieti, streghe e giganti, tutto quel sottobosco di creature che subiscono la magia, o che riescono ad interpretarla in situazioni a volte drammatiche, altre volte ironiche e persino comiche.
“Non bisogna temere le fiabe popolari, come pensano certi genitori, anzi bisogna tornare a leggerle sempre più intensamente, magari bambini e adulti insieme” perché “fanno bene all’anima”, scrive De Signoribus, e non a caso la citazione riportata all’inizio del libro recita: “Se volete che vostro figlio sia intelligente raccontategli delle fiabe; se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più”. E se a dirlo è Albert Einstein c’è da credergli.
Il libro (198 pagine al prezzo di 12 euro), impreziosito da sette riproduzioni di incisioni antiche che segnano l’inizio dei diversi capitoli, è disponibile sulle piattaforme online ed in alcune librerie. Può essere richiesto via mail ([email protected]) direttamente alla casa editrice Zefiro.
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WILLIAM FITZSIMMONS – MISSION BELL
Il comprovato cantautore americano William Fitzsimmons da alle stampe un disco che ben si accosta alla stagione settembrina, introspettivo e riflessivo, di una bellezza prossima al diamante, ci tiene impantanati ad esso con una gradevolezza grave e florida che genera una affabulante, fascinosa maieutica sonora.
Il post WILLIAM FITZSIMMONS – MISSION BELL è su in Your Eyes ezine
from in Your Eyes ezine https://ift.tt/2NhLZyA via recensione / post
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infosannio · 7 years ago
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Il Monumento "mancato" a Jan Palach: lettera aperta all'Ambasciatore della Repubblica Ceca in Italia
Il Monumento “mancato” a Jan Palach: lettera aperta all’Ambasciatore della Repubblica Ceca in Italia
Egregio Ambasciatore, mi chiamo Claudio Zarcone, sono un giornalista italiano.
Vengo da un viaggio a Praga, lo desideravo da tempo, quantunque abbia girato il mondo non ero ancora stato in quella che definirei, insieme a Roma, la città più bella, magica del mondo, al di là di quella magia affabulante in senso esoterico che caratterizza ancora la città del Golem e della Moldava.
Solo casualmente…
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thebeautycove · 5 years ago
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EDITIONS DE PARFUMS FRÉDÉRIC MALLE - PORTRAIT OF A LADY - Eau de Parfum - Dieci anni dopo. Ancora capace di stupire. Larger than life.To describe as sumptuous not enough.Overwhelming in sensual beauty.Outrageously heaven. Nel 2000 Frédéric Malle fonda la sua “casa editrice” di fragranze Editions de Parfums, in realtà la passione per i profumi appartiene al dna di famiglia, il nonno creò la Parfums Dior e sua madre successivamente ne divenne direttore artistico. L’intento primo fu testare un concetto creativo totalmente rivoluzionario nel mondo dell’arte profumiera d’autore, interpretare i profumi come “opera magna”, capolavori compositivi che diventassero instant cult, classici di straordinaria modernità olfattiva. Per la loro creazione un “magic circle” di autori illustri, Nasi da racconto aromatico sapiente e affabulante, totalmente liberi di sperimentare senza condizionamenti e compromessi, complici materie prime tra le più rare e pregiate disponibili. Le meraviglie non si fanno attendere e per celebrare il decimo anniversario, Malle ha un’intuizione geniale, affidare a Dominique Ropion, una nuova composizione che riprendesse i canoni di Geranium Pour Monsieur (sempre firmata Ropion) ma dotandola di un’evoluzione più calda e sensuale. Nel 2010, dopo innumerevoli trials, quasi un anno di tentativi, Portrait of a Lady vede la luce, ed é un bagliore che rapisce tutti gli appassionati del marchio. Nessuna descrizione può rendere giustizia a questa fragranza che, suggerita dall’istinto e da una favorevole congiunzione astrale, emana un’armonia compositiva di rara sensualità. Sublime la preziosa rosa turca in assoluta dosata massivamente, le modulazioni fruttate di ribes nero e lampone, speziate di cannella e chiodi di garofano; solenne, sofisticata la corazza boisè nel protettivo accordo patchouli (multiplo), sandalo, cedro, divina la velatura ambrata rischiarata dai muschi e fatalmente magnetico il soffio di incenso e benzoino dalle sfumature vanigliate, nel prorompente inequivocabile sillage. Una Lady dalla femminilità incontenibile, che trascende i confini del tempo.E primeggia nel guardaroba olfattivo. Creata da Dominique Ropion.
Nel formato Eau de Parfum 30, 50 e 100 ml. In profumerie selezionate e nella boutique di Milano via Verri, 2.
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ilsimplicissimusblog · 7 years ago
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I buchi neri del capitalismo
I buchi neri del capitalismo
Quando una civiltà diventa stupida tutti quelli che in qualche modo aderiscono alle sue modalità e ai suoi paradigmi finiscono per diventare stupidi ancorché per altri versi possano essere considerati dei geni. Uno tra questi è il mitico Stephen Hawking, icona popolare forse anche a causa della sua terribile malattia, maestro di una certa scienza affabulante che da decenni ha preso piede nell’…
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lavocemetropolitana · 7 years ago
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in Sicilia vince la continuità e l'impolitica,sconfitta l'antipolitica e la presunzione della politica
in Sicilia vince la continuità e l’impolitica,sconfitta l’antipolitica e la presunzione della politica
Il risultato elettorale della Sicilia, sarà interpretato secondo gli stereotipi del ‘carpe diem’ mediatico, quello che serve a fare i titoli di testa e a fare da volano della narrativa affabulante e a basso costo, che inonderà la scena mediatica per molti giorni. In Sicilia, il risultato elettorale è l’espressione di una continuità antropologica nonché della storia politica della regione mai in…
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thebeautycove · 5 years ago
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MILLER HARRIS - SECRET GARDENIA - Colour Collection - Eau de Parfum - Novità 2020 -
Lentamente, dolcemente, quando la fragranza prende il ritmo e le sfumature della tua giornata. Prima concessione benessere al risveglio: mi piace tenere una fragranza accanto al letto da vaporizzare prima di alzarmi, non sulla pelle ma nell’aria, lascio che avvolga la stanza silenziosa in penombra, mi conforta, mi infonde energia, predispone alla positività, stimola i sensi ad una maggiore percettività, poi un buon odore mette sempre di buon umore. Ora, immaginate un giardino in piena fioritura primaverile ancora avvolto da una sottile bruma mattutina. Immaginate una distesa di fiori bianchi, immacolati i cui petali carnosi e vellutati trattengono le stille di rugiada come un pavé di diamanti al sole. Immaginate di sfiorare quei boccioli candidi e scoprire il loro aroma acerbo, di steli e foglie verdi, in attesa che il sole li corrompa in vanità e splendore offrendogli il richiamo olfattivo più suadente. Amo i fiori bianchi e il loro singolare destino, quello che li rende meno apprezzabili visivamente durante l’impollinazione ma li dota di straordinarie, poderose estensioni olfattive. Amo la gardenia, fiore fedele, di trasparente sensualità che ha segnato tratti memorabili del mio cammino nel mondo dei profumi. Amo il suo chiarore olfattivo, la sua ineffabile freschezza, il suo gentile adagiarsi sulla pelle senza stordirla, come la preziosa carezza di una madre. Amo questa nuova gardenia segreta, sbocciata nel giardino di Miller Harris, soffice e lucente come seta, timida e leggiadra tra sentori dolci di nashi e agrumati di yuzu, con un tesoro ben custodito nel cuore tra corolle di gelsomino e ylangylang, invitante fino all’ultimo riverbero del sillage, dove legni di cedro e sandalo, innalzati dai muschi, svelano il lato cremoso e affabulante del fiore. Creata da Mathieu Nardin. Nel formato Eau de Parfum 100ml. Disponibile nei Bar à Parfums Olfattorio ed ora anche nella nuova boutique online Olfattorio qui ••• 
if fragrances could talk...well, they actually speak a lot about us somehow... but still, do we feel the need to share and disclose more secrets while indulging in the perfuming ritual? instagram.com/igbeautycove ©thebeautycove
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