#abolita
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PRIMA PAGINA La Discussione di Oggi lunedì, 26 agosto 2024
#PrimaPagina#ladiscussione quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi fondato#alcide#rimuovi#ledono#anni#reputazione#anno#papa#francesco#chiese#toccano#tori#abolita#rettamente#nessuna#ieri#piana#pietro#quale#presidente#anniversario
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ghali al secondo posto il primo piccolo passo per ristabilire l’ordine mondiale
#sanremo#sanremo 2024#sanremo lb#detto ciò la canzone di Angelina sta iniziando a piacermi#ma non sono ancora convinta del tutto e continuo a pensare che tutta la parte fino al primo ritornello compreso vada abolita
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«Fannulloni, la pacchia è finita»: la festa di Libero, Giornale e Tempo per lo stop al reddito di cittadinanza - Open
i poveri sono tornati
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didattica a distanza my most beloved
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Neolingua orwelliana al contrario - eterogenesi dei fini
Il wokismo d'assalto, coi suoi livori odiosi e gli ululati, sta facendo diventare la parola "fascista" l'etichetta da appioppare a persone normali, non deviate, sane di mente, correttamente orientate nel tempo e nello spazio, dotate di conoscenze storiche e scientifiche di base, etiche e morali.
Non lo fanno per errore o per eccesso: i woke prosperano solo fin che la realtà - e le scienze che la descrivono - viene negata, abolita, manipolata, stravolta.
Del resto il loro padre XY puttaniere Mao diceva: "grande confusione sotto il cielo, la situazione è ottima".
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L’INDIA CANCELLA L’ULTIMA ESECUZIONE: PENA DI MORTE VICINA AD ESSERE ABOLITA
L’Alta Corte dello Stato dell’Odisha, in India, ha commutato la condanna a morte di Nabin Dehury in ergastolo, cancellando di fatto l’esecuzione capitale prevista per l’uomo con impiccagione.
Dehury riconosciuto colpevole di triplice omicidio commesso nel villaggio di Lapada il 21 ottobre 2020, è stato condannato alla pena capitale in primo grado il 9 agosto 2023 per estrema brutalità, rientrante nella categoria dei casi per cui la legge indiana prevede la punizione più estrema. I giudici dell’Alta Corte hanno tuttavia dichiarato: “Sebbene l’opinione pubblica si aspetti la condanna a morte dell’appellante, bisogna ricordare che tale opinione non è una circostanza oggettiva relativa al crimine, né al criminale, quindi questa Corte deve esercitare moderazione e svolgere un ruolo di bilanciamento��� Siamo dell’opinione che la pena di morte sarebbe sproporzionata, ingiustificata e che l’ergastolo sia la condanna più appropriata”. L’uomo, oggi 51enne, proviene da un ambiente rurale ed economicamente povero, dopo aver perso la proprietà di famiglia, ha ucciso le tre vittime appartenenti ad una stessa famiglia, con la complicità del figlio, anch’egli condannato all’ergastolo.
In India la pena di morte è prevista dalla legge ma è sempre meno applicata ed è contemplata solo in rari casi; dal 2004 sono state eseguite in tutto otto pene capitali nel Paese. L’ultima esecuzione risale al 2020, sebbene l’India abbia votato nel 2007 contro la moratoria per la pena di morte proposta dalle Nazioni Unite. Fino ad oggi, 127 Paesi del mondo hanno aderito alla moratoria sulla pena di morte universale.
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Fonte: Stato dell’Odisha / Orissa High Court; foto di Rawpixel
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Non riesco a immaginare niente di più decadente della vicenda Fetterman, un senatore dem che va al Senato Usa in tuta perché è depresso e lo Speaker (dem) cambia il regolamento perché così i depressi potranno andare vestiti come vogliono.
La realtà è completamente abolita, esistono solo i miei sentimenti: tutti devono adeguarsi e il mondo se non si adegua mi fa violenza.
L'Occidente è un impero in dissoluzione.
I primi barbari che arriveranno si prenderanno tutto.
@boni_castellane
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"Salvare una vita violando la legge sull’immigrazione e richiedere tangenti per concedere una licenza edilizia sono condotte che non hanno nulla – ma proprio nulla – in comune: né sul piano etico, né su quello politico, né su quello giuridico. Non a caso, nel bilanciamento degli interessi in gioco, condotte formalmente illecite, anche gravissime, sono considerate non punibili (oltre che eticamente non riprovevoli) se intervenute in situazioni particolari integranti, per esempio, ipotesi di legittima difesa o di stato di necessità. E qual è il fondamento dell’immunità parlamentare (abolita nel nostro sistema per gli abusi che se ne sono fatti, ma tuttora esistente in gran parte degli ordinamenti democratici) se non il possibile scarto tra l’azione politica tesa al cambiamento e la legalità formale?"
Livio Pepino
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La Decima Vittima (1965) Elio Petri
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PRIMA PAGINA La Discussione di Oggi lunedì, 26 agosto 2024
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[…] Non dimentichiamoci che in Italia il servizio di leva militare rimane obbligatorio, ma le chiamate sono state sospese dal primo gennaio 2005 grazie alla legge 226 del 2004, successivamente confluita Codice dell'ordinamento militare. Insomma, non è stata abolita. Sempre meglio appuntarselo. […]
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Alessandro Gilioli
Certo che la politica è strana, a volte proprio paradossale.
Prendete il reddito di cittadinanza.
I primi a parlarne, una ventina di anni fa, erano quegli sfigati della sinistra radicale, gli unici che iniziavano a occuparsi dei nuovi poveri intermittenti e precari mentre la sinistra storica e il sindacato guardavano solo ai dipendenti e ai pensionati.
Ovviamente in quella fase la proposta veniva esclusa da tutti gli altri come infattibile, adolescenziale, sovietica, insomma non scherziamo - e comunque “non ci sono le coperture” (le coperture non ci sono mai quando si tratta di redistribuire, mentre si trovano in un attimo per le spese militari, bah).
Poi sono arrivati i 5 stelle, che l'hanno fatta propria, quell'idea – e, intendiamoci, hanno fatto benissimo: la sinistra storica continuava a guardare ai dipendenti e ai pensionati.
I 5 stelle poi hanno preso una valanga di voti in uggia alla casta e alla loro seconda legislatura sono andati al governo con la Lega, che per natura è esattamente il contrario del reddito di cittadinanza, uèla faniguttun va' a laura'.
Ma il contratto per andare al governo era chiaro: voi leghisti fate quello che vi pare con gli immigrati, noi 5 stelle ci occupiamo del sociale dove la sinistra per anni se n'è infischiata.
Così, in sostanza, è arrivato il reddito di cittadinanza in cambio del decreto Salvini.
Il Pd era contro. Non solo contro il decreto Salvini: anche contro il reddito di cittadinanza.
Poi la storia è andata avanti, si sa, in qualche modo.
Si è sfaldato il contratto gialloverde causa ubriachezza molesta di Salvini in spiaggia, è arrivato il Conte 2 che sosteneva di non avere mai conosciuto il Conte 1, ma soprattutto è arrivato il Covid. E tutta la letteratura economica basata sui dati di realtà concorda che senza il Reddito di cittadinanza sarebbe stato un disastro sociale colossale per il Paese, forse esiziale.
Quindi poi anche Draghi non lo tocca. Perché ha il M5S in maggioranza, certo, ma anche perché sa benissimo che per sopravvivere il capitalismo ha bisogno di pace sociale e possibilmente di consumatori non del tutto incapienti.
Poi alle elezioni vince la destra più a destra di ogni possibile destra, con dentro la Lega che prima aveva votato per il reddito di cittadinanza ma adesso vuole abolirlo, mentre il Pd che aveva votato contro ne diventa strenuo difensore al fianco dei 5 stelle.
Siccome poi questa raffazzonata destra non è solo stronza ma è anche un po' scema, la notizia dell'azzeramento del Rdc arriva ai percettori attraverso una gelida comunicazione sms, con invito a rivolgersi per sopravvivere i servizi sociali dei loro comuni – i cui sindaci hanno un'immediata sincope.
Ricapitolando.
Una cosa di banale buon senso, di minima solidarietà interclassista e di ovvia utilità sociale nasce super minoritaria e sbeffeggiata, poi diventa verosimile grazie all'onda anticasta che gonfia i grillini alle urne, poi diventa legge per uno scambio sulla pelle dei migranti, quindi salva il Paese dalla catastrofe durante la pandemia, infine viene abolita per puntiglio ideologico e insipienza pragmatica da una coalizione che ha dentro un partito che pure l'aveva fatta diventare legge.
Certo che la politica è strana, a volte proprio paradossale.
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(L)’industria politico-culturale e la finanza ormai globale hanno probabilmente contribuito in modo decisivo a far introiettare progressivamente ai popoli “l’idea che sia perfettamente logico e naturale perdere se stessi”, per acquisire progressivamente “la consistenza che può derivare dalla fruizione di pacchetti di comfort e divertissement”.
In questa corsa generale a perdere se stessi, ciascuno sembra trovare “il proprio tornaconto nell’abominio del proprio annullamento: non devono più esservi popoli distinti, né differenziate individualità. L’equivalenza deve riguardare anche il più intimo di ciascun popolo e di ciascun individuo.
L’equivalenza deve riguardare anche la sessualità. Anzi, soprattutto questa, poiché, come la Chiesa da secoli insegna, è proprio su questa che si deve intervenire se il progetto di colonizzare la vita vuol risultare efficace. Sferrato l’attacco alla identità sessuale, anche ogni altra identità, come in un effetto domino, verrà meno”.
Una volta abolita tale identità, l’uomo medio diverrà perfettamente fluido, compiutamente ricettivo di modelli e stili di vita eterodiretti, e “si identificherà finalmente con la propria medietà e la propria fluidità evitando come una fastidiosa pietra d’inciampo quel che resta della sua esperienza più propriamente individuale”.
quote from La quotidiana mancanza di F.Bazzani,
via https://opinione.it/cultura/2024/04/02/gustavo-micheletti-la-quotidiana-mancanza-un-libro-malinconico-e-obliquo-fabio-bazzani-editrice-clinamen/
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La vita "distratta"
La realtà "fuori fuoco"
Tutti a raccontare con le immagini la vita di quando siamo noi a dettare le regole, di quando decidiamo noi, l'angolo della foto che vogliamo creare, o quella, che ci pare più giusta per quel momento. E di qui, l'abitudine agli scatti in ascensore o contro gli armadi o allo specchio della parete dei bagni. Modalità di ripresa, che impazzano di questi tempi.
Ma che ne è di noi, quando invece facciamo altro, quando siamo impegnati in qualcosa, e veniamo immortalati in uno scatto, a nostra insaputa senza essere noi, i controllori di quello scatto?
Perchè questo mi pare: esiste una fotografia "attiva", che decidiamo noi in ogni parametro di luce, angolazione o inquadratura.
E poi esiste una fotografia "passiva", dove "veniamo come veniamo", dove non siamo noi che stabiliamo noi le regole, nè ci mettiamo in posa nè possiamo impostare proprio nulla.
Allora ci pare d'essere fuori centro, fuori fuoco e di apparire su sfondi improbabili, quando lasciamo che siano altri a decidere ciò che di noi verrà conservato.
Ma la domanda è: c'è più verità nelle foto che facciamo sulla base di una nostra volontà ben precisa ed esplicita oppure è più vero uno scatto improvvisato che ci sorprende distratti, impreparati o occupati a fare altro ?
Me lo chiedo. E siamo certi che le persone ricerchino la "verità" in una fotografia?
Non è, che invece molti, mirano più alla "rappresentazione", piuttosto che alla ricerca di una verità intrinseca e spontanea?
E abolendo completamente il controllo da parte nostra, sottraiamo verità allo scattoo o gliene conferiamo una maggiore ?
Perchè non c'e dubbio che abolita la volontà e il nostro controllo, noi stessi, possiamo diventare pura presenza, un dettaglio fra i tanti, come un tavolo, una sedia, un divano. Parte di un "paesaggio naturale". Come fossimo anche noi un oggetto qualsiasi.
Ma allora, prendiamo posto nella realtà, più nel primo o nel secondo modo?
In questa seconda situazione, (quando cioè non c'è alcun controllo da parte nostra) qualche volta accadrà, che finiremo per essere catturati dal "fuoco amico", tramite lo scatto di chi ci stava intorno in quel certo momento.
Credo che questa domanda non sia soltanto una disquisizione sulla Fotografia, ma faccia parte del grande dibattito sul "significato" e " il significante" d'una fotografia e sul grado di manipolazione dell'immaginario comune.
Ho provato allora a cercare questi scatti "distratti", queste scatti "fuori fuoco" o s-centrate o"sbagliate", secondo i canoni della Fotografia classica. Immagini senza un progetto e una costruzione volontaria che finiscono per congelare in uno scatto, i nostri momenti di "distrazione"
Immagini che catturano una verità autonoma e indipendente da noi. Completamente fuori dal nostro controllo e dai parametri impostati dalla nostra volontà.
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Occorre che ogni punto di vista sia anche la cosa, o che la cosa appartenga al punto di vista. Occorre perciò che la cosa non sia niente d’identico, ma sia scomposta in una differenza in cui svanisce l’identità dell’oggetto visto come del soggetto che vede. Occorre che la differenza divenga l’elemento, l’unità ultima, e che rimandi dunque ad altre differenze che mai la identifichino, ma la differenzino. È necessario che ogni termine di una serie, in quanto già differenza, sia posto in un rapporto variabile con altri termini, e costituisca perciò altre serie sprovviste di centro e di convergenza, così come è necessario anche nella serie affermare la divergenza e lo spostamento di centro. Ogni cosa, ogni essere deve vedere la propria identità assorbita nella differenza, non essendo altro che una differenza tra differenze. Si deve mostrare la differenza nell’atto di differire. Si sa che l’opera d’arte moderna tende a realizzare queste condizioni: essa diviene in tal senso un vero teatro, genera metamorfosi e permutazioni. Teatro senza nulla di fisso, o labirinto senza filo (poiché Arianna si è tolta la vita). L’opera d’arte lascia il campo della rappresentazione per divenire “esperienza”, empirismo trascendentale o scienza del sensibile.
È strano che si sia potuto fondare l’estetica (come scienza del sensibile) su ciò che può essere rappresentato nel sensibile, anche se in verità non è migliore il procedimento inverso che sottrae dalla rappresentazione il puro sensibile, e tenta di determinarlo come quel che resta una volta che la rappresentazione sia abolita (per esempio un flusso contraddittorio, una rapsodia di sensazioni). Vero è che l’empirismo diviene trascendentale, e l’estetica, una disciplina apodittica, quando afferriamo direttamente nel sensibile ciò che può essere solo sentito, l’essere stesso del sensibile: la differenza, la differenza di potenziale, la differenza d’intensità come ragione del diverso qualitativo. Nella differenza il fenomeno balena, si dispiega come segno, e il movimento si produce come “effetto”. Il mondo intenso delle differenze, in cui le qualità trovano la loro ragione è il sensibile, il proprio essere, è proprio l’oggetto di un empirismo superiore, che ci insegna una strana “ragione”, il multiplo è il caos della differenza (le distribuzioni nomade, le anarchie incoronate). Le differenze si somigliano sempre, sono analoghe, opposte o identiche: la differenza è dietro ogni cosa, ma dietro la differenza non c’è nulla. Tocca ad ogni differenza di passare attraverso tutte le altre, e di “volersi” o di ritrovarsi anch’essa attraverso tutte le altre. Si capisce perché l’eterno ritorno non sorga come secondo, o non venga dopo, ma sia già presente in ogni metamorfosi, contemporaneo di ciò che fa ritornare. L’eterno ritorno si riferisce a un mondo di differenze implicite le une nelle altre, a un mondo complicato, senza identità, propriamente caotico. Joyce presentava il vicus of recirculation come facente girare il chaosmos; e Nietzsche diceva che il caos e l’eterno ritorno non erano due cose distinte, ma una sola e stessa affermazione. Il mondo non è né finito né infinito, come nella rappresentazione, ma è compiuto e illimitato. L’eterno ritorno è l’illimitato dello stesso compiuto, l’essere univoco che si dice della differenza.
Nell’eterno ritorno, il caos-erranza si oppone alla coerenza della rappresentazione, e esclude la coerenza di un soggetto che si rappresenta, come di un oggetto rappresentato. La repetitio si oppone alla repraesentatio, il prefisso ha mutato di senso, poiché in un caso la differenza si dice soltanto in rapporto all’identico, ma nell’altro è l’uni vocò che si dice in rapporto al differente. La ripetizione è l’essere informale di tutte le differenze, la potenza informale del fondo che porta ogni cosa a quella “forma” estrema in cui dilegua la sua rappresentazione. Il dispars è l’ultimo elemento della ripetizione, che si oppone all’identità della rappresentazione. Così il circolo dell’eterno ritorno, della differenza e della ripetizione (che liquida quello dell’identico e del contraddittorio), è un circolo vizioso, che non dice lo Stesso se non di ciò che differisce. Il poeta Blood enuncia la professione di fede dell’ empirismo trascendentale al modo di una vera estetica: “La natura è contingente, eccessiva, ed essenzialmente mistica… Le cose sono strane… L’universo è selvaggio… Lo stesso non torna se non per portare qualcosa di differente. Il lento cerchio del tornio dell’ intagliatore non avanza che dello spessore di un capello. Ma la differenza si distribuisce sulla curva tutta intera, mai esattamente adeguata.
Gilles Deleuze, Differenza e ripetizione
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Etno-sadomasochismo
Per pigrizia intellettuale ci siamo abituati a vedere il rifiuto di ottemperare dalla punta piccola del cannocchiale, vale a dire per un'infrazione al codice della strada, che appunto qui è commessa con l'aggravante. Ma devi allargare la lunghezza focale per avere una visione più completa. Il rifiuto di conformarsi è solo il nome di un rifiuto più generale: quello di sottomettersi al nostro sistema di valori. L'occupante non lo rivolge solo al gendarme, ma alla Francia. [Europa n.d.r] Dietro il rifiuto dell'obbedienza, punta il rifiuto della fedeltà. La Francia non è altro che un oggetto di disprezzo perché sembra un padrone debole e spaventato. Il rapporto che l'occupante intrattiene con essa è di tipo sadomasochistico. Più è umiliata, più vuole di più. Paga anche un prezzo alto come in una relazione BDSM per i colpi che riceve. Si chiama politica cittadina... Potëmkin. Un trompe-l'oeil che ci rovina.
Il lavoro del grande politologo americano Robert Putnam ha dimostrato inconfutabilmente che la diversità razziale mina la fiducia che gli individui ripongono l'uno nell'altro. Maggiore è la diversità all'interno di una società, minore è la fiducia, tanto che è lecito affermare che il livello di fiducia è inversamente proporzionale a quello della diversità razziale. La diversità non solo mina la fiducia tra le comunità, ma la erode all'interno delle comunità stesse. È una macchina per separare gli uomini. Non un'area della vita che non ne risente. Possiamo applicarvi la teoria del trickle-down, ma qui circola amarezza, sfiducia, risentimento.
Il risentimento nasce dal confronto. Sempre. È come un mal di stomaco – il grande Dostoevskij ha detto tutto sull'argomento –, un sentimento inconfessato di nullità sociale gettato sull'altro, una doppia offensiva, che va abolita e spezzata. Niente è più contagioso del risentimento. È un desiderio infelice che obbedisce a processi di eccitazione mimetica, che i social network amplificano a macchia d'olio.
-éléments
pour la civilisation européenne
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