#William Xerra
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14 novembre, milano: william xerra alla libreria pontremoli
Milano, Libreria Pontremoli (via C. Balbo 4), giovedì 14 novembre – ore 18:30presentazione del volume:WILLIAM XERRAa cura di Luigi Ballerini e Eugenio Gazzola (Danilo Montanari Editore, 2024) https://www.danilomontanari.com/wordpress/libro/william-xerra/
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#art#arte#Danilo Montanari Editore#Eugenio Gazzola#lettura#Libreria Pontremoli#Luigi Ballerini#presentazione#William Xerra
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MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI … Cari amici, vicini idealmente e, in questi giorni così complessi per tutti noi, forzatamente lontani, MIEI CARI AMICI VICINI E LONTANI è un'idea nata dal desiderio di sentirvi tutti e di farlo nel modo migliore: attraverso l'arte. Così ho pensato di invitare gli artisti coi quali ho collaborato in tutti questi anni di attività di Fiorile+, ad inviarmi immagini di loro opere, progetti in fieri o pensieri in divenire, che stanno realizzando in questo momento. E condividerle. Una visione periferica, fluttuante, una coda dell'occhio rispetto a tutto quanto è in divenire o già realizzato da ognuno di loro singolarmente. Del resto, citando Forster: ‘Solo quello che vedi con la coda dell'occhio ti tocca nel profondo.’ Una mostra virtuale nella quale ogni singolo contributo sarà pubblicato con una cadenza di tre giorni a partire da mercoledi 8 aprile 2020. 33 artisti: -lancillotto bellini -marco bettio -davide bonazzi -fabio bonetti -julien cachki -andrea cataudella -luca coser -dario coletti -daniele contavalli -luca dimartino -flavio favelli -roberta fanti -raffaele fasiello -roberta filippelli -dario ghibaudo -gabriele lamberti -lisa lazzaretti -pietro mancini -antonella mazzoni -pietro meletti -nico mingozzi -emilio nanni -teresa e. nanni -gianni nieddu -marilena pasini -piero roccasalvo rub -gianfranco sergio -stefano scheda -simone ponzi -vittorio valente -william xerra -umberto zampini -roberto zizzo. Grazie a ciascuno loro ed un caro saluto a tutti. Patti Campani/ Fiorile+
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william xerra, vive, 1974
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ipotesi di teatro oggetto / corrado costa, william xerra. 1977
* [da “Altri termini”, n. 3, IV serie, mag.-ago. 1991, ‘Omaggio’ a Corrado Costa]
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Mauro Curati per Il Frammento
Frammento o dettaglio? Scontro semiserio tra due realtà dell��arte
Nel suo libro di aforismi, “Il dizionario del Diavolo” l’americano Ambrose Bierce, per gli amici <Bitter> (uno che aveva l’amaro in bocca, un giornalista perennemente incazzato col mondo e in particolare con i suoi contemporanei, uno con il dono di spargere sale su tutto ciò che scriveva) alla voce frammento vergò: “Sostantivo maschile. In letteratura composizione che l’autore non è stato capace di finire”. Naturalmente non si fermò solo a questo. Alla voce vanità, per farvi capire il tipo aggiunse: “Tributo di uno stupido al merito del somaro che gli è più vicino”. E alla voce tetraggine: “Condizione dello spirito indotta da un cantante negro, da una rubrica umoristica, da una speranza nel paradiso…”.
Non equivocate. Bierce non era un razzista. Era un americano dell’Ohio, nato a Horse Cave Creek nel 1842 ultimo, credo, di nove figli. Un uomo che per sua sfortuna non ebbe mai occasione si ascoltare Ella Fritzgerald (altrimenti non avrebbe mai scritto una stupidaggine del genere sui cantanti neri) ma scrisse un bellissimo libro grazie alla sua esperienza bellica, dal titolo (“Tales of Soldiers e Civilians). Lo citiamo perché la realtà che viviamo oggi, è una narrazione piuttosto frammentata. Una composizione (direbbe lui) piena di inutili dibattiti che non riusciamo mai a finire. Ogni giorno ci si propina un nuovo quesito. Ogni istante, attraverso i social, dobbiamo decidere con chi stare. La nostra vita è un referendum continuo. Ha ragione Di Maio? Salvini? Calenda? E i Benetton? E l’Ilva? E le pensioni? Non ci è dato il tempo di capire, ma solo cliccare “mi piace”, senza essere informati, né acculturati cosicché in ogni bar che si rispetti, tra un caffè e un cappuccino, c’è un idraulico che pontifica sulle leggi del mare, un imbianchino che sproloquia sui ponti in cemento armato e un cretino che accusa i giornalisti di essere tutti prezzolati. Insomma la vita è diventata un percorso ad ostacoli... che dico, un videogioco ad ostacoli. Per l’appunto…è qualcosa di frammentato.
Ma frammento è anche ciò che rimane di qualcosa che non c’è più. Un progetto più grande, una realtà meno contorta, un’idea più luminosa che per qualche motivo è andata in pezzi e che un tempo faceva parte di un tutto forse più coerente o più bello, probabilmente migliore tanto da permettere alla gente di ascoltare, di informarsi e dunque agli imbianchini di parlare di vernici e agli idraulici di tubi. Poi è successo qualcosa…
Ora non so se frammento sia sinonimo di fallimento. Se si tratta cioè dell’unico superstite di un’idea defunta che stava nella mente di un pittore o di uno scultore, fors’anche di un fotografo oppure di un autore come il sottoscritto che non ha la più pallida idea di dove sta andando a parare con questo testo.
Certo è che frammento non va confuso con dettaglio. Sono termini differenti. Parole con pedigree alternativi. Secondo un qualsivoglia vocabolario il primo infatti (frammento), nella seriosa composizione letterario-grammaticale, risulta più autorevole avendo ben quattro significati differenti: parte di un pezzo infranto, parte di un tutto, parte di un’opera letteraria giuntaci incompleta (ma Bierce non sarebbe d’accordo) e infine estratto di un’opera compiuta. Ci sarebbe anche una quinta definizione “Breve composizione del Frammentismo” ma per amore della chiarezza e perché francamente non so cosa sia il frammentismo, lascerei perdere. Dettaglio, al contrario è un termine più modesto. Meno altezzoso. Più popolare. Infatti ha solo due definizioni. La prima è circostanza minuta. La seconda piccola quantità. Tra lui e frammento, insomma, non c’è storia. Ecco allora che per non creare litigiose e stucchevoli permalosità siamo andati a scovare uno scrittore di spessore, Vittorio Emiliani di cui purtroppo qualcuno s’è dimenticato (ma questo è un dettaglio) dove nel suo libro “L’enigma di Urbino” narrando di sé, della sua infanzia e quella di suo fratello Andrea (che a Bologna conosciamo bene), racconta i tanti piccoli ed importanti dettagli che compongono la sua memoria. E qui, a sorpresa, salta agli occhi la prima vera differenza tra frammento e dettaglio. Il primo per quanto più stimato nel mondo dell’arte, non lascia mai memoria di sé, ma solo traccia di qualcosa che non esiste più. Dettaglio al contrario ricuce lo spazio-tempo e lentamente dal particolare permette di risalire al tutto.
Un esempio? Prendete un altro urbinate, il più grande dell’età moderna, Paolo Volponi. Nel suo “Cantonate di Urbino” mentre descrive quel capolavoro rinascimentale che è il Palazzo Ducale dice: “…Dovete cercare di affacciarvi ad ogni finestra del palazzo, se sono chiuse chiedere con cortesia ma con fermezza a qualche custode che ve la apra, [sia] quelle sulla piazza che vi immettono dall’alto sul centro focale della città ideale, sia quelle verso l’interno, sul cortile, che vi danno l’ampiezza e la velocità del motore spaziale rotante, del colonnato come misura ed emblema di tutto il ducato e del suo ordine, quelle più alte e precipitose sul corpo a mattoni della città, della gente, delle sue case, orti e giardini, dell’infinita pazienza e numero di parti del vivere (ecco la forza del dettaglio) della comunità e del fluire della sua umanità.
Dettaglio dunque e non frammento il quale a questo punto, dopo l’autorevole apparire di Volponi in questo immorale confronto, è in chiara difficoltà. Che dire allora in sua difesa? Che frammento non se la deve prendere più di tanto. Ha ancora qualche freccia al suo arco. A esempio la sua capacità di sintesi. Due frammenti della stessa opera messi insieme sono infatti come i punti che nelle nostre prime infantili lezioni di geometria quando a scuola si andava con grembiule e fiocchetto e si ascoltavamo distrattamente quelle astruse regole (di solito insegnate da una donna, perché solo le donne sanno donare fantasia all’aridità dei numeri) ci narravano come l’unione di due punti anonimi e indifferenti formavano sempre una retta. Vale a dire una linea che non è mai da considerarsi un semplice tratto di penna razionale… tutt’altro. ‘E un prodotto mentale. Qualcosa di nostro che creiamo da soli e che unisce e ci porta diritto all’idea dell’arte, forse vera, forse falsa, ma comunque irripetibilmente nostra. Tanto di cappello dunque a frammento (con buona pace di Volponi e di un altro genio assoluto della letteratura come Philip Roth che parlando della sua infanzia a Netwark in “Pastorale Americana” (lo citiamo perché noi non si butta mai via niente dei nostri rimandi) scriveva [“Da allora c’è mai stato un posto che ti ha assorbito altrettanto pienamente nel suo oceano di dettagli? La forza del dettaglio, l’immensità del dettaglio, il peso del dettaglio, la ricca sconfinatezza del dettaglio che ti circonda nella tua giovane vita?”].
Belle parole, nessun dubbio. Ma visto che siamo nel mondo dei social e dei like frettolosi e inconcludenti, visto che dobbiamo decidere (e finire) noi stiamo con la parola frammento che ci fa sconfinare nel vasto mondo della fantasia per sentenziare in conclusione che lo spirito dell’osservatore sta nel frammento. Cioè nel vuoto che esso chiama a riempire. Onore a lui dunque, ma onore anche al dettaglio. In fondo diciamocelo… anche lui ha combattuto bene. Mauro Curati
#mauro curati#il frammento#narrativa#letteratura#Prospettiva Nomade#Prospettiva Nomade05#fiorile+#fiorile+tatler#patti campani#gasparo tatler#nino migliori#William Xerra#Bologna#Bologna eventi#bologna mostre#event#current events#eventi#arte#arte contemporanea#mostre d'arte#fotografia#photo#photography#pittura
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garadinervi: Corrado Costa – William Xerra, Tre poemi-flippers,... http://bit.ly/30v6RGf
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The wood as asemic device - Asemica n.1
The wood as asemic device – Asemica n.1
The wood as asemic device, «Asemica» n.1, Giuseppe Calandriello curator, with an essay by Cecilia Bello Minciacchi, 2022. In this issue: Francesco Aprile, Julien Blaine, Antonino Bove, Cristiano Caggiula, Giuseppe Calandriello, Federico Federici, Giovanni Fontana, Marco Giovenale, Lamberto Pignotti, William Xerra. Collector’s edition of only 40 unique pieces signed and numbered.
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William Xerra, All'altra estremità del campo, «Geiger Sperimentale» 15, Edizioni Geiger, Torino, 1970 [MA*GA – Fondazione Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella, Gallarate (VA)]
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"donnadarte. gigliola rovasino" e la galleria di porta ticinese. (con due momenti di corrado costa)
Il film documentario ripercorre la vita di Gigliola Rovasino arrivata a Milano nel 1968 da Vercelli dove era una donna sposata con un figlio. A Milano Gigliola è determinata a dare una svolta alla sua vita rivendicando la propria autonomia: sia come donna sia in termini economici. Nella città milanese svolge lavori saltuari per sbarcare il lunario, fino a quando incontra casualmente il mondo…
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#art#arte#Corrado Costa#Galleria d’arte di Porta Ticinese#Galleria di Porta Ticinese#Gigliola Rovasino#Giovanni Rubino#ricostruzioni#William Xerra#Youtube
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Prospettiva Nomade#05 Il Frammento Nino Migliori e William Xerra con un racconto di Mauro Curati a cura di Patti Campani
…lo spirito dell’osservatore sta nel frammento. Cioè nel vuoto che esso chiama a riempire. - Mauro Curati
Nino Migliori e William Xerra hanno segnato da protagonisti la scena dell’arte contemporanea. Insaziabili sperimentatori ed infaticabili attivisti, hanno fatto del Frammento uno strumento poetico di continua tensione conoscitiva e creativa. Scisso dal contesto originario, franto, il Frammento oscilla in un costante movimento, una continua intermittenza percettiva, tra senso letterale (reale ?) e dispersione; diventa oggetto narrativo, pur restando fonte primaria, e si trasforma caricato, o meglio impresso, dall’operare dell’artista. Formidabile prerogativa della fotografia è quella di poter decontestualizzare un frammento/immagine e darne una narrazione completamente nuova e Nino Migliori lo fa da sempre, col suo saper portare a messaggio universale ogni frammento di esistenza, comune e straordinaria materia, sempre in un costante divenire sul filo del rasoio della sperimentazione. Le opere presentate in questa occasione appartengono al ciclo LUMEN – Cappella dello zodiaco al Tempio Malatestiano di Rimini. William Xerra del frammento ha fatto una dichiarazione di operare artistico: VIVE. La sua è una costante ricerca verbale e visiva tramite la quale il frammento diviene parte di una completezza altra, nuovamente contestualizzato attraverso una trama narrativa fortemente concettuale su un impianto di grande equilibrio classico. Apparizioni declinate con la poesia che gli è propria. Le opere qui presentate e mai esposte prima appartengono al decennio 1986/96. Al loro fianco è Mauro Curati, giornalista e scrittore. Suo è il testo dedicato - Frammento o dettaglio? Scontro semiserio tra due realtà dell’arte - che sarà disponibile in stampato durante il periodo di esposizione.
Nino Migliori è tra i più autorevoli ricercatori nel campo della fotografia. http://fondazioneninomigliori.org William Xerra è tra i più autorevoli sperimentatori nel campo dell’arte contemporanea. http://www.xerra.it Mauro Curati è giornalista e scrittore. Per molti anni ha coperto la carica di redattore economico e culturale per «l'Unità». Ha organizzato, nelle due edizioni in cui si è svolto a Bologna, il Premio Internazionale Riccardo Bacchelli. Tra le sue opere: Il più bravo degli asini (Diabasis, 2000) , Il segretario parlerà più tardi (Diabasis, 2001), 1964 (Pendragon, 2012) e Nella stanza di Anteo (Pendragon, 2018). Prospettiva Nomade#05 - Il Frammento - è l’ultimo appuntamento della rassegna ideata e curata da Patti Campani. http://fiorile-tatler.tumnblr.com. Fiorile+Tatler via Rialto 29/2 Bologna dal 24 novembre al 24 dicembre 2018 da lunedi a sabato ore 10-12 e 16-19 giovedi pomeriggio chiuso
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Xerra William, Vive (front), 1977. [Fondazione Bonotto, Molvena (VI)]
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Fotografia e correttezza: una lettera su Enrico Cattaneo
Firmamento nero (ex Cartiera Vita-Mayer)
Ricevo e volentieri pubblico
Cara A,
il mondo è piccolo, molto più piccolo di quanto la fama faccia apparire a chi lo scandaglia per descriverne le eccellenze e certi particolari microscopici, ma veramente importanti, sfuggono all’indagine che vuol essere oggettiva e corretta. Non dubito della tua buona fede e della tua competenza di curatrice, ma nel caso dell’intervista a Enrico Cattaneo, morto meno di un mese fa, te ne è sfuggito uno che mi riguarda da vicino. Mi accingo a dirti quale.
Da parecchi anni non ho più incontrato Enrico, esattamente da quando avevo scoperto che in varie occasioni aveva esposto sue fotografie su mie opere… senza citarmi in alcun modo (non ricordo la data, ma tutto ciò successe qualche mese dopo la mostra che William Xerra fece alla galleria Derbylius, in cui qualcuno ci riprese amichevolmente insieme). Questa scoperta mi indusse a evitare di incontrarlo e, visto che la cosa si ripeteva con una certa frequenza, a scrivergli le mie proteste in modo dapprima gentile e poi sempre più indignato (non mi sono però mai servito di raccomandate, il che significa che la scarsa fiducia nella tempestività della giustizia, i suoi costi e un fondo di speranza (illuso!) nella sua correttezza, dopo le mie rimostranze scritte, avrebbero ottenuto l’effetto desiderato. Non si è mai degnato di rispondermi o di giustificarsi: evidentemente pensava di essere lui l’artista, che io fossi semplicemente un supporto e che la cosa non valeva nemmeno la pena di essere discussa. E’ passato del tempo: non mi interessa inseguire le scorrettezze o la meschineria altrui, troppo fiducioso che la verità prima o poi verrà a galla, ma dopo il tuo articolo ho pensato che non potevo più procrastinare la difesa del mio lavoro.
L’avevo portato, materialmente, nei luoghi più importanti del mio intervento artistico, mettendo a disposizione del suo obiettivo le mie opere; lui ha pensato bene di appropriarsene senza minimamente sospettare di avvilirne la portata solo perché sapeva usare uno strumento di registrazione, come se l’arte fosse appunto, registrazione, rappresentazione. Nella confusione generale, che denuncia l’ignoranza diffusa nei tempi attuali e che una certa critica interessata ha contribuito a formare, approfittava dell’occasione offertagli dall’opinione corrente che privilegia lo strumento fotografico perché facile, democratico, alla portata di tutti … i cretini: basta saperlo usare un po’ meglio, basta ammantarlo di un’aura tecnologica, scientifica, alchemica e il gioco è fatto: siamo dei grandi artisti! Parlo a una studiosa del campo, a una storica dell’arte contemporanea (l’ossimoro non lo nota nessuno: contemporaneo e storia fanno a pugni e spesso il ‘con’ si elimina col tempo; per fortuna dei posteri), una persona che lavora tutti i giorni e insegna arte visiva: non siamo in musica, dove la composizione non esisterebbe senza l’esecuzione e dove, tanto per fare un esempio, Gart Knox è artista quanto Luciano Berio e la Sequenza per viola non potrebbe essere ascoltata in tutto il mondo senza la sua divina interpretazione. Noi, dico tu, Cattaneo e io, lavoriamo nel campo dell’arte visiva e se pur una certa tendenza degli studi sulla comunicazione (i cosiddetti visual culture studies) tenda a privilegiare il web e quindi lo strumento che più di ogni altro può essere utilizzato dalla rete (vedasi per es. l’articolo di Federico Ferrari su questa tendenza, ripubblicato sul suo Visioni nel paragrafo Iconosfera), io penso che l’arte veicolata appunto dal retinico si serva di qualcosa di ben più importante della semplice immagine piatta che si affida al digitale e questo qualcosa si chiama spazio, terza dimensione (compresi i suoi odori e, da architetto aggiungo, anche i suoi rumori, cioè la vita che lo riempie). Invece una certa critica superficiale perpetua l’equivoco, anzi ribalta addirittura la frittata: eclissa l’opera nel cono d’ombra della sua interpretazione. Cattaneo si è appoggiato a questa sponda; lecito per carità, anche se sulla validità del suo lavoro come artista si pronuncerà la storia. Ma ha sfruttato il mio lavoro continuamente (anche economicamente) senza citarmi e le scuse non sono mai arrivate. Alla fine, come ho potuto constatare da un annuncio sul Corriere, lo zampino della Smrgnaffa (cito sempre questo personaggio di Gadda, per esorcizzarlo) gli ha impedito di farlo: quella signora non va per il sottile!
Ma veniamo a noi, a te. In tutto il tuo articolo non ho letto una sola parola che mi mettesse in campo, ma nemmeno che menzionasse i lavori da lui fotografati che mi menzionassero come autore. Di più, e non so se la scelta e le didascalie delle foto sia stata tua o della rivista, si pubblica un mio lavoro come suo, addirittura con altro titolo (questo probabilmente datogli da lui). Svista? Dimenticanza? Per quanto riguarda la mia persona, il fatto che tu abbia condiviso l’opinione di Cattaneo (l’artista era lui e io solo un’involontaria comparsa), mi offende, ma sono affari tuoi. Da te che conosci il suo lavoro, ma anche e da molto tempo il mio (aspetterai per raccontare la mia storia che quella vecchietta arrivi anche alle mie porte?), avrei pensato di leggere il mio nome almeno accanto a quella serie di artisti minori che citi a un certo punto dell’articolo. Non so se rallegrarmi o meno della esclusione, ma dubito che tu lo abbia fatto per riguardo al livello superiore della mia arte. Mi permetti l’ironia?
Affari miei invece sono il fatto che il tuo silenzio in qualche modo convalida il falso, il plagio del fotografo nei miei confronti. Tutto ciò è tanto più grave in quanto, essendo tu stata una curatrice di mostre anche importanti in cui mi hai invitato (almeno tre) e una frequentatrice delle gallerie in cui io ho mostrato quei lavori, non potevi ignorare che aveva lavorato sulle mie opere. Ma più grave ancora è il fatto che, avendo tu raccolto a suo tempo le mie rimostranze, in occasione dell’articolo tu le abbia bellamente ignorate.
Questa la nostra vicenda, di me e di te, per essere precisi.
Tutto ciò apre una parentesi di natura culturale che mi vede costretto a pubblicare quanto sopra e a far pervenire questo scritto alla rivista in cui è comparsa l’intervista perché prenda le misure del caso. A settembre mi consulterò con un avvocato specializzato in materia per avere tutela. La parentesi è questa:
L’arte, almeno a partire dalla seconda metà dell’800, si è sempre servita della fotografia: oggi ne paga il prezzo ed è salatissimo. Per capire quanto, basta aprire una qualsiasi rivista d’arte, di qualsiasi paese al mondo, compreso il nostro: da almeno trent’anni una paccottiglia inguardabile in cui le cose serie devono sgomitare per essere viste e ciò lo dobbiamo al proliferare incontrollato proprio della fotografia e della sua superficialità. Ho più volte affrontato la questione sulle mie pubblicazioni e non ho nessuna intenzione di ripetermi: non ne vale la pena. Dico solo che oggi una pletora di critici preferiscono occuparsi di quella branca dell’arte visiva che ancora crede che la prospettiva rinascimentale non sia morta e sepolta e fra questi sono legioni quelli che la facilità dello scatto sdogana alle vette …dell’ignoranza). I fotografi che hanno capito che non è più così sono pochissimi, sì, sono pochissimi i fotografi artisti (da distinguere dagli artisti che usano anche la fotografia come uno strumento, fra i quali a volte, a partire almeno dal 1979, ci sono anch’io): quelli seri, quelli che non si abbandonano all’imitazione della pittura, quelli che hanno capito la specificità della loro arte (l’istante dello scatto, cara A) o fanno della cronaca (vedi per es. quelli della Magnum) o dell’interpretazione (questi ultimi sono una minoranza). Quando non si limitava a riprendere la mondanità tipica delle mostre (una cronaca di bassissimo interesse, un piccolo mondo che si specchia narcisisticamente in se stesso), Enrico Cattaneo era un buon interprete, non certo alle vette di un Mulas, ma bravo. Moralmente però non altrettanto valido e certamente molto presuntuoso. E, se non ti dispiace, anche l’etica vuole la sua parte: sono qui per ridargliela.
Comunque, pace all’anima sua.
Già, cara A, pace all’anima sua almeno da parte mia, perché non è il prezzo che ho dovuto pagare le sue fotografie a contare, ma in generale il rispetto che si deve a un morto, quello che gli antichi chiamavano pietas.
Lettera firmata
FDL
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Prospettiva Nomade#05
Il Frammento Nino Migliori e William Xerra con un racconto di Mauro Curati a cura di Patti Campani
…lo spirito dell’osservatore sta nel frammento. Cioè nel vuoto che esso chiama a riempire. _ Mauro Curati
Nino Migliori e William Xerra hanno segnato da protagonisti la scena dell’arte contemporanea. Insaziabili sperimentatori ed infaticabili attivisti, hanno fatto del Frammento uno strumento poetico di continua tensione conoscitiva e creativa. Scisso dal contesto originario, franto, il Frammento oscilla in un costante movimento, una continua intermittenza percettiva, tra senso letterale (reale ?) e dispersione; diventa oggetto narrativo, pur restando fonte primaria, e si trasforma caricato, o meglio impresso, dall’operare dell’artista. Formidabile prerogativa della fotografia è quella di poter decontestualizzare un frammento/immagine e darne una narrazione completamente nuova e Nino Migliori lo fa da sempre, col suo saper portare a messaggio universale ogni frammento di esistenza, comune e straordinaria materia, sempre in un costante divenire sul filo del rasoio della sperimentazione. Le opere presentate in questa occasione appartengono al ciclo LUMEN – Cappella dello zodiaco al Tempio Malatestiano di Rimini. William Xerra del frammento ha fatto una dichiarazione di operare artistico: VIVE. La sua è una costante ricerca verbale e visiva tramite la quale il frammento diviene parte di una completezza altra, nuovamente contestualizzato attraverso una trama narrativa fortemente concettuale su un impianto di grande equilibrio classico. Apparizioni declinate con la poesia che gli è propria. Le opere qui presentate e mai esposte prima appartengono al decennio 1986/96. Al loro fianco è Mauro Curati, giornalista e scrittore. Suo è il testo dedicato - Frammento o dettaglio? Scontro semiserio tra due realtà dell’arte - che sarà disponibile in stampato durante il periodo di esposizione.
Nino Migliori è tra i più autorevoli ricercatori nel campo della fotografia. http://fondazioneninomigliori.org William Xerra è tra i più autorevoli sperimentatori nel campo dell’arte contemporanea. http://www.xerra.it Mauro Curati è giornalista e scrittore. Per molti anni ha coperto la carica di redattore economico e culturale per «l'Unità». Ha organizzato, nelle due edizioni in cui si è svolto a Bologna, il Premio Internazionale Riccardo Bacchelli. Tra le sue opere: Il più bravo degli asini (Diabasis, 2000) , Il segretario parlerà più tardi (Diabasis, 2001), 1964 (Pendragon, 2012) e Nella stanza di Anteo (Pendragon, 2018). Prospettiva Nomade#05 - Il Frammento - è l’ultimo appuntamento della rassegna ideata e curata da Patti Campani.
Fiorile+Tatler via Rialto 29/2 Bologna dal 24 novembre al 24 dicembre 2018 da lunedi a sabato ore 10-12 e 16-19 chiuso giovedi pomeriggio
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Gallarate (VA), Museo MA*GA - William Xerra. Mento al niente. Manifesti
Gallarate (VA), Museo MA*GA – William Xerra. Mento al niente. Manifesti
Due le mostre in programma: La fantasia è un posto dove ci piove dentro e la personale Mento al niente. Manifesti di William Xerra.
La riapertura del museo e le attività culturali di questo periodo sono rese possibili grazie al sostegno di RICOLA. Dopo un primo periodo sperimentale, con accessi contingentati e solo su prenotazione, da martedì 7 luglio, il Museo e la sala studio rimarranno…
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William Xerra, Scrittura, 1969 [Fondazione Bonotto, Molvena... http://bit.ly/2BoyYfi
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Il muro che protegge Farini (Piacenza) dalle esondazioni del Nude, rivisto dall'artista William Xerra (presso Libreria L'Indice)
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