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LETTERE SU PAPIRI DI CENTURIONI ROMANI RINVENUTE A BERENIKE, MAR ROSSO
LETTERE SU PAPIRI DI CENTURIONI ROMANI RINVENUTE A BERENIKE, MAR ROSSO Gli archeologi polacchi, indagando presso un antico porto sul Mar Rosso, hanno trovato papiri contenenti lettere di centurioni romani di stanza in Egitto. Questi documenti unici sono stati rinvenuti insieme a diversi manufatti tra cui ceramiche provenienti dall'Italia, monete romane e una specifica fibula da pallio in un luogo che avrebbe potuto essere i resti...
Gli archeologi polacchi, indagando presso un antico porto sul Mar Rosso, hanno trovato papiri contenenti lettere di centurioni romani di stanza in Egitto. Questi documenti unici sono stati rinvenuti insieme a diversi manufatti tra cui ceramiche provenienti dall’Italia, monete romane e una specifica fibula da pallio in un luogo che avrebbe potuto essere i resti dell’abitazione di un…
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L'EVOLUZIONE E INTEGRAZIONE DELLA MAFIA NEL SISTEMA CAPITALISTICO DEL XXI SECOLO
di Redazione L’ex magistrato e oggi senatore del M5S, Roberto Scarpinato, alla Università di Heidelberg, sei anni fa, spiegava, con una attualissima relazione, la trasformazione della mafia nell’epoca della finanziarizzazione e globalizzazione del massocapitalismo. Una lezione che tutti coloro che vogliono realmente l’eguaglianza dei cittadini e il superamento delle mafie e del capitalismo non…
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"Studiate soli, se vi è impossibile farne a meno, cercate soli. Diffidate delle aule, dei gomiti, della bocca di fronte, del volume stampato, del foglio ciclostilato, della mensa comune, del turismo, della scheda elettorale, del giornale, del film, del manifesto, del farmaco, della mutua, del cioccolato, del succo di frutta, della sigaretta, dell’organizzazione, degli affiliati dell’organizzazione, del denaro, della macchina che fa i calcoli e dà le informazioni, del laboratorio, di tutto. Meglio perdere qualcosa di buono per eccesso di diffidenza, che offrire ciecamente un braccio a un ingranaggio che lo maciullerà.
Forse soltanto la Grecia dei filosofi e l’India vedica hanno conosciuto scuole veramente libere. La nostra Università è un frutto del potere ecclesiastico che, laicizzato, non ha mai perduto il suo stigma originale; oggi una ferrea, demoniaca politicizzazione ridà lo smalto alla lugubre vecchia tinta. Su tutto pesa la fame di cervello umano dell’industria. Uscirne liberi è un caso.
Un padre responsabile, almeno per scarico di coscienza, sconsiglierà ai suoi figli l’Università, si sforzerà piuttosto di fargli imparare un mestiere. Il mestiere libera, non la laurea. Il mestiere vendica delle lauree inutili; meglio se accompagnato dallo studio, come raccomandavano gli antichi rabbini. Legatore di libri, agricoltore, falegname, creatore di giocattoli e di strumenti musicali, apicultore... Esempio solare è Baruch Spinoza: si guadagnava la vita tagliando lenti, alla perfezione. Imparò anche il disegno e sapeva fare buoni ritratti. Pensava in modo sovrano. Rifiutò la cattedra sontuosa che gli offriva, ad Heidelberg, l’Elettore Palatino, perché diventando cattedratico temeva che non sarebbe più stato un vero filosofo.
Nel Tractatus Politicus dice, con nitore assoluto, che le Università, sostenute dai fondi pubblici, sono istituzioni destinate non a coltivare ma a costringere le menti; meglio l’insegnamento individuale libero, a rischio di chi lo esercita. L’uomo libero pensa così: muoia l’Università, viva il Maestro"
Guido Ceronetti, Male di laurea
Guido Ceronetti (Torino, 24 agosto 1927 – Cetona, 13 settembre 2018) è stato un poeta, filosofo, scrittore, traduttore, giornalista e drammaturgo italiano
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SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
(EDITH STEIN)
1891 - 1942
Martire
Patrona d'Europa
Patrona delle Giornate Mondiali della Gioventù
Festa, 9 agosto
Edith, affamata di verità ma non credente
A Breslavia, allora città tedesca, Edith Stein nacque il 12 ottobre 1891 (quell'anno ricorreva la festa ebraica del "Kippur", cioè della Riconciliazione-Espiazione) da Sigfrido e da Augusta Courant, ultima di undici figli di cui quattro morti in tenera età. La famiglia, d'origine e di osservanza ebraica, per la precoce morte del capo famiglia fu presto tutta a carico della signora Augusta, che, da vera donna forte, seppe condurla per la via dell'onestà e dell'agiatezza.
Edith, cosciente del proprio ingegno precoce, della memoria eccezionale e della brama di sapere che prestava nell'ascolto e la lettura, diede da piccola qualche segno d'orgoglio, di vanità, di ostinazione: ordinarie nubi, tempestivamente dissipate. Nel sano ambiente familiare trascorse l'infanzia e l'adolescenza abbastanza serenamente, con un progressivo affinamento del carattere. Alle scuole elementari e medie si classificò sempre fra le migliori alunne; perciò, con il consenso della mamma, decise di andare avanti negli studi.
Superato in modo brillante l'esame di licenza liceale, si iscrisse all'Università. Frequentò corsi di storia, di filologia e di psicologia sperimentale; ma, attratta dalla speculazione filosofica, dopo due anni di intensa applicazione a Breslavia, volle andare a Gottinga, dove fioriva l'indirizzo filosofico di Edmund Husserl. Intendeva trascorrervi solo un semestre, tuttavia l'ambiente particolarmente propizio agli studi prediletti, la presenza di professori illustri, quali Adolf Reinach, Max Scheler, Max Lehmann, Leonard Nelson, Eduard Schröder, Giorgio Ellia Müller, e soprattutto, la benevola accoglienza dello stesso Husserl, la indussero a proseguire i corsi a Gottinga.
Allo scoppio della guerra 1914 - 1918 la Stein si offrì volontaria e si prodigò quale infermiera della Croce Rossa in un ospedale militare della Moravia.
Nel 1916 Husserl lasciò Gottinga per passare alla cattedra di filosofia a Friburgo in Brisgovia: Edith Stein lo seguì e si laureò con lui "summa cum laude" facendo una tesi sull'Einfühlung (empatia), ed egli la scelse per sua assistente. La giovane professoressa si applicò nel raccogliere e riordinare gli scritti del "maestro", tenne corsi di propedeutica allo studio della fenomenologia, diede avvio all'opera "Contributi per una base filosofica della filosofia e delle scienze dello spirito". Tutta tesa nell'impegno scientifico, rinunciò anche alle vacanze estive in famiglia, nel 1917 e nel 1918. Studentessa e insieme docente universitaria, Edith era di condotta ineccepibile. Semplice, serena, pronta al sacrificio per compiacere professori e studenti, era assetata di verità, di oggettività. Era affettuosa verso i suoi cari, specie verso la madre, sebbene non ne condividesse la fede religiosa. Era infatti divenuta agnostica circa il problema religioso, che riteneva insolubile.
Conversione a Dio e impegno di testimonianza nel mondo
Dio si fa incontro per mille vie a chi cerca la verità con cuore puro e sincero. La Stein, superando poco alla volta la sua preconcetta negazione di Dio, aprì gli occhi alla luce che promanava da chi viveva con coraggio la fede, come Max Scheler, o da chi accettava con una rassegnazione umanamente inspiegabile la perdita del marito in guerra, come accadde alla sua amica Anna Remach. Alludendo a questo, la Stein avrebbe scritto più tardi: "Fu quello il momento in cui la mia incredulità crollò, impallidì l'ebraismo e Cristo si levò raggiante davanti al mio sguardo: Cristo nel mistero della sua Croce!".
L'ultima incertezza svanì nell'estate 1921 alla lettura, del tutto occasionale e protratta di seguito per un'intera notte, dell'autobiografia di Santa Teresa d'Avila. Al mattino, si procurò subito un catechismo e un messalino. Di lì a non molto venne ammessa al Santa Battesimo, che le fu amministrato nella chiesa di Bergzabern il Capodanno 1922, con l'imposizione anche del nome di Edvige. La gioia di quel giorno fu coronata dal primo incontro con Gesù Eucarestia. Circa un anno dopo, il 2 febbraio 1923, a Spira ricevette il sacramento della Cresima.
Ormai per Edith Stein la filosofia, da fine supremo era diventata un mezzo per meglio conoscere e amare la Verità vivente, Cristo Redentore e la sua Chiesa. La sua conversione fu radicale, convinta: nulla potè farla retrocedere, né le vaste conoscenze del mondo universitario, né lo smarrimento dei suoi parenti, in particolare della sua amata mamma, che difendeva la tradizione ebraica della famiglia. Per essere tutta di Dio Edith avrebbe anzi voluto lasciare il mondo e ritirarsi fra le mura di un chiostro carmelitano teresiano. La trattenne l'umile sottomissione al confessore, il canonico J. Schwind, che le consigliò di lasciare Friburgo per un luogo più tranquillo e meglio adatto al suo orientamento spirituale.
Si trasferì così a Spira, dove insegnò lingua e letteratura tedesca presso l'Istituto Magistrale delle Domenicane. Vi trascorse otto anni, appartata, tutta dedita alla preghiera, alla scuola, allo studio di San Tommaso d'Aquino. Divenne apostola di verità. Seppe infatti rompere le maglie di una filosofia chiusa, nelle quali si era impigliato lo stesso Husserl, per approdare "all'ontologismo trascendentale", alla verità di tutto che viene dal Tutto Dio.
In occasione del 60° compleanno di Husserl (1929), gli dedicò uno studio: "La fenomenologia di Husserl e la filosofia di San Tommaso d'Aquino". Tenne frequenti conferenze su argomenti di pedagogia, filosofia e religione a Heidelberg, Friburgo, Monaco, Colonia, Zurigo, Vienna, Praga, Salisburgo, ecc.
Dopo la morte del suo primo direttore spirituale, mons. Schwind (17 settembre 1927), di cui scrisse un ricordo per la rivista del clero edita a Innsbruck, conobbe l'abbazia di Beuron. Qui nel 1928 trascorse la Settimana Santa e la Solennità Pasquale, favorita da grazie spirituali ineffabili. Il padre abate Raffaele Walzer divenne il suo nuovo direttore di spirito: egli pure la esortò a proseguire la sua opera feconda di apostolato del sapere nel mondo. Edith, per dedicarsi maggiormente all'attuazione di poderosi progetti filosofici, senza sottrarsi a continui inviti per conferenze di alto interesse, il 27 marzo 1931 lasciò Spira. Portò a termine la traduzione tedesca delle "Questioni discusse sulla verità" di S. Tommaso, edita in due volumi (1931-1932). Dopo alcuni tentativi per una libera docenza alle Università di Friburgo e Breslavia, ebbe la nomina a insegnante presso l'Istituto Superiore tedesco di pedagogia scientifica a Mlinster (primavera del 1932). Abitava in un collegio diretto dalle Suore di Nostra Signora ed edificava tutti per santità di vita e semplicità e delicatezza di modi. Sulla cattedra emergeva per profondità e chiarezza di insegnamento, per vigorosa difesa del pensiero cattolico.
Contribuì al ritorno a Dio di non poche persone specialmente giovani. Non mancava di stare accanto alla mamma, a Breslavia, e a sostenere e incoraggiare la sorella Rosa nel cammino verso la Chiesa. Studiò un piano di riforma dell'insegnamento universitario da sottoporre al competente Ministero.
Si occupò molto spesso del problema della donna: ne difese la dignità e il ruolo specifico nella società e nella Chiesa. Nel settembre 1932 prese parte a Juvisy, vicino a Parigi, ad un convegno di studiosi di fama internazionale sul tema "Fenomenologia e Tomismo" e tra gli altri conobbe anche J. Maritain. In ottobre andò ad Aquisgrana per un incontro su "L'atteggiamento spirituale della giovane generazione".
Ma ormai in Germania, con l'ascesa al potere di Adolf Hitler, non c'era più posto per chi era di stirpe ebraica. E così anche Edith Stein dovette lasciare l'insegnamento: il 25 febbraio 1933 tenne infatti l'ultima sua lezione universitaria. Presagendo quello che avrebbe significato per il suo popolo e la Chiesa, per la Germania e il mondo intero l'affermazione del nazional-socialismo, Edith si mostrò pronta ad accogliere la Croce di Cristo quale "unica speranza di salvezza".
Il sogno s'avvera: Carmelitana!
Libera finalmente di rispondere a quella vocazione claustrale che l'aveva attratta fin dal momento della conversione nel lontano 1921, si rivolse al Carmelo. Trascorsi a Breslavia due mesi accanto alla mamma diletta, che era addoloratissima per il passaggio della figlia al cattolicesimo, la vigilia della festa di Santa Teresa d'Avila del 1933, con eroica fortezza "varcò la soglia" del monastero di Colonia. I suoi quarantadue anni d età, la sua eccezionale cultura e la fama internazionale non le impedirono di divenire la religiosa più semplice, più mite, più pronta agli inconsueti mestieri di cucina e guardaroba. Fu una carmelitana povera e lieta. Immersa in Dio, visse di preghiera e di immolazione. Con la vestizione religiosa (che avvenne la domenica 15 aprile 1934), chiese di essere chiamata Teresa Benedetta della Croce. Fu una grande festa dello Spirito, appuntamento per gran numero di persone illustri. Lo stesso Husserl le inviò gli auguri.
II noviziato lo trascorse "nascosta con Cristo in Dio", attenta ai più minuti doveri. Era fedele alle amicizie, trepidante per la mamma veneranda, a cui inviava settimanalmente uno scritto filiale. Emise la professione temporanea (voti semplici) la domenica 21 aprile, giorno di Pasqua, del 1935. Quel giorno apparve trasfigurata dall'intima gioia, pronta a seguire dovunque l'Agnello senza macchia, quale sua "sposa". Fu di guida e sostegno alle consorelle più giovani.
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Suor Teresa Benedetta della Croce
Il 14 settembre 1936 perdette la mamma, di ottantasette anni: l'integrità di vita e la perfetta buona fede di lei le mitigarono il grande dolore. Il 14 dicembre successivo cadde e si fratturò un piede e una mano: portata in ospedale, potè intrattenersi più a lungo con la sorella Rosa, giunta da Breslavia a completare la sua preparazione al Battesimo per la vigilia di Natale del 1936.
Già da tempo il Padre Provinciale, conscio dei servizi inestimabili che Suor Teresa Benedetta poteva rendere alla scienza e alla religione, le aveva ordinato di rivedere e portare a termine la sua opera fondamentale: "Essere finito ed essere eterno''. Altri studi, altri scritti su argomenti diversi le vennero chiesti quasi senza interruzione; e lei vi si applicò in perfetta sottomissione, con notevole fatica per il tempo tanto limitato e frazionato, poiché non voleva mancare in nulla alla piena osservanza regolare, da degna figlia di Santa Teresa di Gesù.
Martire!
Il 21 aprile 1938 sigillò per l'eternità la sua consacrazione a Dio con la professione solenne (voti perpetui) seguita, dieci giorni dopo, dalla sacra velazione. Ma quell'anno il clima di feroce persecuzione hitleriana contro gli ebrei e contro la Chiesa costituiva un grave pericolo per Suor Teresa Benedetta, tanto più che, in occasione delle elezioni ella non nascose la più aperta condanna al mostruoso regime. La stessa esistenza del Carmelo di Colonia poteva essere compromessa dalla sua presenza. Perciò l'ultimo giorno dell'anno 1938 dovette separarsi dalle amate consorelle e riparare nascostamente in Olanda, presso le Carmelitane di Echt.
A Echt riprese serena la sua vita di silenzio adorante e di immolazione, quasi nulla fosse mutato. Imparò la lingua olandese e proseguì, per obbedienza, la sua attività scientifico-letteraria. In vista del centenario della nascita di San Giovanni della Croce (1942), intraprese nel 1941 uno studio sull'idea ispiratrice della vita e dell'opera del mistico Dottore, a cui diede per titolo "Scientia Crucis", che risultò una preparazione al suo martirio.
Iniziate le ostilità della guerra mondiale nell'autunno 1939, l'esercito nazista invase Belgio e Olanda nel 1940. L'odio contro gli ebrei giunse a tal punto che le Carmelitane di Colonia ritennero prudente distruggere lettere e scritti confidenziali della Stein, e le consorelle di Echt si adoperarono per trovarle un asilo in un Carmelo svizzero. Il nobile tentativo aggravò la situazione di suor Teresa Benedetta perché, costretta a presentarsi alla polizia nazista per i necessari documenti di emigrazione, venne notata per la sua origine e la sua impavida professione di fede cristiana. Cosicché, quando il 26 luglio 1942 nelle chiese cattoliche d'Olanda venne letta una famosa lettera collettiva dell'Episcopato contro la barbara persecuzione antiebraica in terra olandese, le sorelle Stein furono subito incluse nel numero delle vittime della ritorsione nazista. Alle cinque pomeridiane del 2 agosto, vennero improvvisamente prelevate, caricate su un carro d'assalto e brutalmente sospinte, con numerosi altri infelici, verso il loro ultimo destino.
Il dramma finale della Via Crucis, a cui Edith andò in contro consapevole e tranquilla, rispondeva a una sua lucida previsione. Già la Domenica di Passione del 1939 aveva chiesto alla sua M. Priora il permesso di offrirsi "vittima espiatrice" al Cuore di Gesù per la pace nel mondo, e su un immaginetta aveva scritto l'atto di offerta della propria vita per la conversione degli ebrei.
Le due sorelle Stein, condotte prima a Maastricht e poi ad Amersfoort, nella notte tra il 3 e il 4 di agosto arrivarono al campo di concentramento di Westerbok (Olanda). A persone di fiducia che poterono avvicinarle, Edith dichiarò: "Sono pronta a tutto". E alla Priora di Echt fece sapere: "Finora ho potuto pregare benissimo, e ho detto di tutto cuore: Ave Crux, spes unica!". Nel lager si prodigò a consolare e assistere mamme e piccoli in preda alla disperazione.
Nella notte tra il 6 e il 7 di agosto 1942, lei, Rosa e altri religiosi e molti cattolici vennero fatti partire verso il campo di sterminio di Auschwitz (Slesia). Edith il 9 agosto successivo, assieme alla sorella Rosa, entrò nella camera a gas e andò incontro a Cristo glorioso.
A guerra finita, la fama di questa eroica figlia della Chiesa, esponente esimia del popolo ebraico, si diffuse rapidamente per il mondo. Molti la presero presto come modello e la ritennero una martire data da Dio per indicare al mondo, e soprattutto al popolo ebraico, la via della Verità, che in Cristo purifica, illumina e svela "l'Essere eterno". Presso la Curia Arcivescovile di Colonia, dall'anno 1962 al 1972, furono preparati i processi canonici ordinari per la raccolta degli scritti e si raccolsero le testimonianze sulla sua fama di santità eroica. Il 1° maggio 1987 il Papa Giovanni Paolo II la beatificò a Colonia; il giorno 11 ottobre 1998 si celebrò la sua canonizzazione in Piazza San Pietro a Roma. Nel 1999 è stata dichiarata co-patrona d'Europa insieme a Santa Caterina di Siena e a Santa Brigida di Svezia.
di P. Rodolfo Girardello ocd
da Pregare, Anno 6, nn. 6-7, settembre-ottobre 1998.
https://www.carmeloveneto.it/joomla/s-teresa-benedetta-della-croce
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Tumulto emozionale nella malattia borderline - Un nuovo studio indaga le anomalie cerebrali che potrebbero essere alla base del tumulto emotivo del DBP
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“Ci sono follie che ridestano sorgenti creative altrimenti inconoscibili”: dialogo con Eugenio Borgna su poesia e malattia
Incarnato in alcune figure ‘di frontiera’, francamente inafferrabili – Alda Merini, Dino Campana, ma pure Nietzsche e Van Gogh – il binomio, veritiero ma delicatissimo, arte e follia, o meglio, poesia è follia, è diventato pop, un logo pubblicitario come un altro, luogo e criterio di vendita. In realtà, non c’è alcun giudizio di valore – la cerca di una impalpabile ‘diversità’ rispetto alla palude della ‘norma’ – in un concetto che va auscultato, soprattutto nel suo nido di dolore. “Gli schizofrenici soffrono della verità”, scriveva Norman O. Brown in un libro decisivo, Corpo d’amore. D’altro lato, è Eugenio Borgna, luminare della psichiatria, a tornare con gloria sul tema, disseminato nelle sue innumerevoli pubblicazioni – cito, un po’ a caso, in una bibliografia a suo modo salvifica, L’arcipelago delle emozioni, Le intermittenze del cuore, La solitudine dell’anima, La nostalgia ferita – anche nel libro più intimo, La follia che è anche in noi (Einaudi, 2019), che racconta gli anni della direzione del manicomio di Novara e la ‘rivoluzione’ di Basaglia, nel 1978, e ci fa toccare, con delicatezza, la nostra meridiana ‘diversità’. Borgna, che da sempre usa materiali poetici per giungere a soluzioni psichiatriche originali, improntate all’egida della gentilezza, al carisma dell’ascolto, è estremamente chiaro: “La psichiatria… non può fare a meno della poesia che l’aiuta a riconoscere la fragilità e l’umanità della follia”; “La grande poesia e i grandi romanzi consentono alla psichiatria di dilatare e di ampliare la conoscenza dell’anima che ne è l’orizzonte infinito… la follia e la poesia confluiscono in una straordinaria associazione creativa”. La prima frase conclude l’Introduzione al libro, la seconda sigilla il volume. Non importa qui la poesia come ‘terapia’ – nonostante nel volume Borgna ricalchi le “poesia di una straziante bellezza” di una sua rara paziente, Margherita – ma la poesia come lingua dell’eccezionalità e dell’eccedenza – cioè, dell’uomo ‘naturale’ –, selvaggia e inafferrabile, non delegata al ‘comunicare’, ma, finalmente, al ‘dire’, smascherando. In questo caso, sì, la poesia è il calco delle zone oscure, o delle inaccettabili luminosità, dell’uomo, e leggere è una cura, cara, feroce. (Davide Brullo)
Lei scrive, con gioia piena (o quasi) della ‘rivoluzione’ di Basaglia, aggiungendo, però, una nota di “nostalgia” per il manicomio, o meglio, “una comunità di cura”, che dirigeva a Novara. Come mai questo doppio sentimento, quasi contraddittorio?
I manicomi italiani non si potevano riformare, e questo perché in essi dilagavano contenzioni, porte e finestre murate, indifferenza e noncuranza negli psichiatri e negli infermieri, psicofarmaci somministrati in dosi esagerate, non accompagnati da ascolto e da attenzione alla sofferenza e alla disperazione dei pazienti. Come spiegare allora la nostalgia di un manicomio nel quale ho vissuto quindici anni della mia vita? La contraddizione sembra insanabile, ma, lo dico nel mio libro, il nostro manicomio era soltanto femminile, non si contenevano i pazienti, non si tenevano le porte chiuse, le pazienti potevano uscire nel grande parco del manicomio, suore e infermiere si sono rapidamente adeguate alla nostra psichiatria gentile, gli assistenti giungevano dalla Clinica psichiatrica della Università di Milano, e infine la follia femminile è molto più mite di quella maschile. Sì, il nostro solitario manicomio si poteva definire una comunità di cura, medici, suore, infermiere, in una cordata che non sarebbe stata più possibile nei servizi di psichiatria degli ospedali generali. Queste le ragioni della mia nostalgia di un sogno troppo fragile e troppo bello per sopravvivere.
Insiste, nel libro, sulla psichiatria come colloquio e soprattutto come gentilezza. Parole quasi paradossali in ambito medico. Il punto, forse, è capire che il male non è una astrazione, ma che “la follia è anche in noi”, dunque prendersi cura dell’altro è curarsi: è così?
La psichiatria come colloquio, la psichiatria come gentilezza, sembrano essere definizioni, come lei dice giustamente, inconciliabili con il discorso che dovrebbe fare la psichiatria come scienza, e nondimeno la psichiatria non è solo scienza, ma anche scienza umana e colloquio e gentilezza ne sono una dimensione essenziale. Il nostro non sarebbe stato un manicomio, nel quale si riusciva a fare una psichiatria umana e terapeutica, e Franco Basaglia non sarebbe giunto a ideare e a realizzare una psichiatria senza manicomi, se colloquio e gentilezza, ascolto e partecipazione emozionale, non fossero stati strumenti di cura, smascherando la violenza, che si nascondeva in ogni psichiatria manicomiale, e trasformando il modo di vivere dei pazienti. Ma di colloqui e di gentilezza, di ascolto e di partecipazione emozionale, si ha ardente bisogno se si vuole conoscere la follia che è anche in noi e, come dice, prendersi cura dell’altro è curarsi: cosa che ci è sembrato davvero avvenire a Novara, e prima ancora magistralmente a Trieste con Basaglia. Certo, di colloquio, e di gentilezza, di ascolto e di emozioni ferite, avrebbero bisogno anche i medici di base, e quelli di ogni altra specializzazione. Cosa che, come si sa, non sempre avviene.
A un certo punto cita Giorgio Colli, autore di quella frase magnetica e ambigua, “la follia è la matrice della sapienza”. D’altronde, pubblica e commenta le poesie, molto intense, di una sua paziente, Margherita, e conclude scrivendo che “la follia e la poesia confluiscono in una straordinaria associazione creativa”. Le chiedo di specificarmi meglio questo concetto e soprattutto, di che tipo di follia parliamo.
Sì, la frase di Giorgio Colli, “la follia è la matrice della sapienza”, che lei definisce felicemente magnetica e ambigua, come anche quella di Clemens Brentano, il grande poeta romantico tedesco, che a sua volta definiva la follia “la sorella infelice della poesia”, sono metafore, ma la psichiatria non può non vivere di metafore, come diceva uno dei grandi psichiatri del secolo scorso, Eugène Minkowski, e questo perché la follia è un arcipelago sconfinato. Ci sono follie che si accompagnano ad angoscia e a tristezza, al deserto delle emozioni e alla disperazione, e che non possono non essere curate con farmaci, ma ci sono follie che, sia pure mediate dal dolore dell’anima, che non manca mai, ridestano in noi sorgenti creative altrimenti inconoscibili. Margherita non avrebbe mai scritto le poesie, che lei definisce molto intense, ma la stessa cosa non si potrebbe dire, sia pure ad altezze incomparabili, delle poesie di Friedrich Hölderlin, o delle narrazioni di Gérard de Nerval e di Robert Walser, che ha trascorso venti anni della sua vita in un manicomio svizzero, e che ha scritto romanzi di straziata bellezza. La follia e la poesia confluiscono in una straordinaria associazione: sono le cose che Karl Jaspers ha scritto delle liriche di Hölderlin.
Tra gli autori che cita, si sofferma su Cristina Campo, la grande reclusa, e Georg Trakl, arso dalla “tristezza vitale”. Sembra che la parola vertiginosa, la poesia, viva uno scarto potente con il mondo, con il mondano, che la porta fuori di sé. Il linguaggio poetico in sé, forse, è ‘patologia’, discorso del dolore… Mi dica.
Come dicevo, la parabola semantica di una parola complessa, come è questa di follia, è infinitamente ampia. La risposta, consegnata alla domanda precedente, tematizzava la follia come forma patologica di vita, come sofferenza infinita, come malattia, ma la follia è anche un diverso modo di pensare e di immaginare la vita, una diversa forma di vita, una diversa percezione del reale. Come chiarire le differenze fra l’una e l’altra forma di vita, che rientrano nell’area delle emozioni malate che sono a fondamento di ogni forma di follia? Malattia psichica, fatica di vivere, male oscuro, inaudita sorgente di dolore dell’anima, desiderio di morire, che giunge talora al suicidio, è la depressione che rientra da sempre fra i sintomi emblematici della follia. Ma non è malattia psichica, anche se a volte sconfina nei sintomi della depressione, ne è la sorella mite, la malinconia, la tristezza vitale, l’una apparentemente simile all’altra, e invece l’una radicalmente diversa dall’altra. La depressione è infrequente, e molto infrequente la malinconia: le cose molto belle che lei dice del linguaggio poetico, del discorso del dolore, si applicano alla malinconia, alla tristezza vitale, che è premessa alla poesia leopardiana, e a quella trakliana, ad esempio.
Qual è il libro o l’autore che più ha influito nella sua ricerca psichiatrica, che lo accompagnava negli anni di direzione della ‘casa di cura’ a Novara?
Negli anni in cui a Novara mi occupavo della direzione del manicomio, che, sì, non era se non una comunità di cura, ci sono stati alcuni autori che con i loro libri mi hanno accompagnato nel mio cammino. Alcuni tedeschi: la psichiatria come scienza umana, la psichiatria che è stata definita fenomenologica, e che è stata la premessa alla rivoluzione copernicana di Basaglia, e alla nostra artigianale a Novara, è nata nei paesi di lingua tedesca. Alcuni nomi: quello di Karl Jaspers che, prima di essere stato grande filoso, è stato grande psichiatra: a trent’anni, nella celeberrima clinica psichiatrica universitaria di Heidelberg scriveva un libro di psicopatologia, ancora oggi di sconvolgente attualità, che, questo ne dica la incultura della psichiatria italiana, veniva tradotto in italiani cinquant’anni dopo. Se non avessi conosciuto la lingua tedesca, e non avessi letto in particolare i libri di Karl Jaspers e di Kurt Schneider, e quelli di uno psichiatra svizzero, Ludwig Binswanger, non avrei mai potuto scrivere negli anni della mia direzione manicomiale i molti saggi scientifici, e non mi sarebbe stato possibile realizzare una psichiatria gentile.
L'articolo “Ci sono follie che ridestano sorgenti creative altrimenti inconoscibili”: dialogo con Eugenio Borgna su poesia e malattia proviene da Pangea.
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Mileva Marić
Mileva Marić è stata una fisica serba, prima donna a studiare la materia al Politecnico di Zurigo. È stata la prima moglie di Albert Einstein, di cui ha partecipato alla stesura dei lavori sulla teoria della relatività.
Nacque a Titel il il 19 dicembre 1875 con un difetto congenito all’anca sinistra che la fece zoppicare tutta la vita. La sua era una famiglia possidente, il padre era un ufficiale che, per motivi di lavoro li fece trasferire varie volte.
La piccola Mileva dimostrò da subito una grande intelligenza e molti interessi variegati. A scuola era un’alunna modello e il suo enorme talento per la matematica non tardò a manifestarsi.
Frequentò il Ginnasio Reale Serbo di Šabac, che era una delle poche scuole nel paese a garantire pari diritti nell’educazione dei maschi come delle femmine. Iniziò a studiare il francese, che divenne, dopo il serbo e il tedesco, la lingua che conosceva e parlava meglio. Successivamente, sempre a causa del lavoro del padre, la famiglia si spostò a Zagabria dove, nonostante la sua brillante carriera scolastica, riuscì a proseguire gli studi soltanto grazie all’intervento del genitore presso il Ministero della Cultura per farla ammettere al Grande Ginnasio Reale maschile di Zagabria. Nell’anno scolastico 1892/1893 fu una delle prime ragazze a sedere alla pari con i colleghi maschi in un istituto superiore.
Dopo il diploma si trasferì in Svizzera, dove le università accoglievano anche le donne e, nel 1896, superò con successo l’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo. Entrò nella sezione VIA del dipartimento di matematica e fisica assieme a altri quattro ragazzi, tra i quali c’era anche Albert Einstein. Era l’unica donna presente, la quinta fino ad allora a prendere parte a tale ciclo di studi dalla fondazione del politecnico.
L’anno successivo trascorse un semestre in Germania, all’Università di Heidelberg, uno degli atenei più prestigiosi d’Europa, perché riteneva che nel programma di studi dell’ateneo di Zurigo c’erano troppo poche ore dedicate alla fisica. Ma lì le donne non godevano degli stessi diritti degli uomini, e venne ammessa solo come uditrice per il semestre invernale, senza poter sostenere esami o ricevere certificati.
Nel febbraio del 1898 fece ritorno a Zurigo dove continuò a seguire i corsi col collega Albert Einstein con cui nacque una storia d’amore.
Ciò che più la affascinava era la teoria della cinetica dei gas, furono le sue ricerche in questo campo a integrarsi con le idee e ipotesi del famoso fisico nel 1905. Questo ha fatto supporre che Mileva Marić avesse avuto un ruolo tutt’altro che secondario nelle nuove concezioni del marito che, però, non la nominò mai pubblicamente. Ma la cosa non sorprende affatto, le discipline scientifiche, all’epoca e per molti anni a venire, non erano considerate “adatte” per le donne che, in molti paesi d’Europa, erano totalmente escluse dall’università. E, molto probabilmente, a lei non passò proprio in mente di reclamare il suo nome nelle pubblicazioni, come allo scienziato di citarla.
Non riuscì a superare le prove degli esami finali al Politecnico e ci riprovò l’anno seguente, quando la sua gravidanza era in stato inoltrato, cosa giudicata negativamente dalla bigotta commissione esaminatrice.
Impossibilitata dalle convenzioni e dai pregiudizi a diventare la moglie di Einstein, Mileva Marić si trovò costretta a partorire di nascosto e affidare la figlia appena nata a una nutrice. Fece ritorno in Svizzera e il 6 gennaio 1903 si sposò con Albert Einstein, dopo che il padre di lui, ostile al matrimonio, fu morto. Del destino della bambina non si seppe più niente.
Mileva Marić mise la sua intelligenza al servizio del marito che in quegli anni era un semplice impiegato statale il cui tempo da dedicare alla scienza era ridotto. Fu lei a occuparsi delle ricerche che lui non aveva modo di fare. Fu il periodo più felice della loro vita coniugale, in cui nacquero le opere fondamentali dello scienziato sulla teoria della relatività, con le quali mise in discussione i fondamenti della meccanica.
Nel 1904 diede alla luce il secondo figlio, Hans Albert e sei anni dopo il terzo, Eduard. Quando Einstein divenne docente di fisica dell’Università di Praga, vi si trasferirono. La vita sociale e economica di Mileva Marić era in uno stato di totale dipendenza da quella del coniuge la cui popolarità continuava ad aumentare. Era un ospite sempre più ricercato dai vari circoli culturali e scientifici europei, ai quali, gradualmente la escluse del tutto. Nel 1912 tornarono a Zurigo dove Einstein divenne docente di teoria della fisica al Politecnico.
Dal 1912 si trasferirono ancora in Germania e l’uomo iniziò una relazione extraconiugale con sua cugina Elsa Löwenthal. Il 29 luglio 1914 Milena tornò a Zurigo, mentre il marito rimase a Berlino.
Il 14 febbraio 1919 il loro divorzio fu dichiarato ufficiale.
Furono anni di lutti e indigenze economiche fino a quando, nel 1921 Einstein vinse il Premio Nobel e col contributo economico comprò un edificio per la famiglia e aprì un conto bancario intestato alla prima moglie che poteva, però, disporre solo di una percentuale, per il resto avrebbe sempre avuto bisogno del suo placet.
Il figlio maggiore diventò ingegnere mentre il più giovane si ammalò di schizofrenia.
Gli ultimi anni di Mileva Marić furono un susseguirsi di lutti, preoccupazioni per la salute del figlio, problemi burocratici e finanziari, incombenze di vario genere e problemi di salute.
Il 3 ottobre 1933 Albert Einstein, dopo aver riconsegnato il passaporto tedesco a causa delle discriminazioni perpetrate dai nazisti di Adolf Hitler, lasciò l’Europa per stabilirsi negli Stati Uniti, dove venne raggiunto dal primo figlio. Mileva Marić rimase da sola a Zurigo a occuparsi del figlio minore di cui temeva le sorti per l’avanzata del Reich.
Dal novembre del 1944 riprese i contatti interrotti, a causa della guerra con gli Stati Uniti. Verso la fine del 1946 le condizioni psichiche del figlio Eduard peggiorarono e venne ricoverato in una clinica.
Qualche tempo dopo, Mileva Marić fu colpita da un ictus e dichiarata incapace di intendere e di volere.
È morta il 4 agosto 1948 a Zurigo, aveva 73 anni.
Diversi studi propendono a favore della tesi che il suo intervento sia stato di importanza determinante per la ricerca e la pubblicazione delle teorie del marito nel campo della fisica. Lei era tenace e sistematica, mentre lui discontinuo e ricco di idee. Col loro diverso modo di lavorare si compensavano. Era noto che il fisico avesse difficoltà con la matematica materia su cui lei era fortissima e che, ai tempi dell’università gli correggeva gli appunti. Non è un caso che, dopo la loro separazione, lui venne sempre aiutato da esperti in matematica. Inoltre, spesso lo stesso Einstein citava la moglie come sua indispensabile collaboratrice nello sviluppo delle sue teorie e nella risoluzione di problemi legati alla matematica. Altre possibili conferme deriverebbero dalle dichiarazioni di un fisico sovietico che sostenne di aver letto dei testi originali, andati perduti, del fisico firmati Einstein-Marity (traduzione ungherese di Maric).
Del resto quando lo scienziato ottenne il premio Nobel diede tutto il denaro ricavato a Mileva, forse un riconoscimento privato per la sua collaborazione passata.
Fatto sta che il nome di questa donna, brillante mente e sicuramente fondamentale supporto al lavoro del fisico più famoso di tutti i tempi, non è mai stato inserito in nessuna pubblicazione e la scienza, come la storia, l’ha occultata completamente.
https://www.unadonnalgiorno.it/mileva-maric/
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Studiate soli, se vi è impossibile farne a meno, cercate soli. Diffidate delle aule, dei gomiti, della bocca di fronte, del volume stampato, del foglio ciclostilato, della mensa comune, del turismo, della scheda elettorale, del giornale, del film, del manifesto, del farmaco, della mutua, del cioccolato, del succo di frutta, della sigaretta, dell’organizzazione, degli affiliati dell’organizzazione, del denaro, della macchina che fa i calcoli e dà le informazioni, del laboratorio, di tutto. Meglio perdere qualcosa di buono per eccesso di diffidenza, che offrire ciecamente un braccio a un ingranaggio che lo maciullerà. Forse soltanto la Grecia dei filosofi e l’India vedica hanno conosciuto scuole veramente libere. La nostra Università è un frutto del potere ecclesiastico che, laicizzato, non ha mai perduto il suo stigma originale; oggi una ferrea, demoniaca politicizzazione ridà lo smalto alla lugubre vecchia tinta. Su tutto pesa la fame di cervello umano dell’industria. Uscirne liberi è un caso. Un padre responsabile, almeno per scarico di coscienza, sconsiglierà ai suoi figli l’Università, si sforzerà piuttosto di fargli imparare un mestiere. Il mestiere libera, non la laurea. Il mestiere vendica delle lauree inutili; meglio se accompagnato dallo studio, come raccomandavano gli antichi rabbini. Legatore di libri, agricoltore, falegname, creatore di giocattoli e di strumenti musicali, apicultore... Esempio solare è Baruch Spinoza: si guadagnava la vita tagliando lenti, alla perfezione. Imparò anche il disegno e sapeva fare buoni ritratti. Pensava in modo sovrano. Rifiutò la cattedra sontuosa che gli offriva, ad Heidelberg, l’Elettore Palatino, perché diventando cattedratico temeva che non sarebbe più stato un vero filosofo. Nel Tractatus Politicus dice, con nitore assoluto, che le Università, sostenute dai fondi pubblici, sono istituzioni destinate non a coltivare ma a costringere le menti; meglio l’insegnamento individuale libero, a rischio di chi lo esercita. L’uomo libero pensa così: muoia l’Università, viva il Maestro.
Guido Ceronetti, Male di laurea
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Cinema After Corona: with Italian filmmaker Alessandro Melazzini, Germany
by Sherif Awad
Journalist and documentary filmmaker Alessandro Melazzini was born 1974 in Sondrio, Italy. After graduation in economics from the Università Luigi Bocconi di Milano, he received a master’s degree in philosophy from the University of Heidelberg. Since 1999, he lives and works in Munich, Germany. As German-Italian , he is member of the German Documentary Association (AG DOK) and the German Federation of Journalists (DJV). In 2003, he worked as a freelance culture correspondent, and in 2010 as a director and producer of documentary films with his production company Alpenway Media GmbH.
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For his merits as a migrant entrepreneur the city of Munich has awarded him the PhönixPreis and the German Embassy in Italy presents him as a testimonial.
His directorial filmography includes MUNICH, ITALY. STORIES OF ARRIVALS IN GERMANY (2011), LA CICCIOLINA. GODMOTHER OF SCANDAL (2016) and THE LEGACY OF THE CISTERCIANS (2019).
In our cycle on Cinema After Corona both on https://ift.tt/31LTrZu and https://ift.tt/38kDCcT, we discuss with Alessandro Melazzini the status of his new works and the status of cinema in the aftermath of Corona. He announces the interview his new documentary on the rise of Italian disco that will include interviews with many Italian musicians and singers of the 1980s and 1990s including the Italian sensation Sabrina Salerno.
youtube
source https://www.sherifawad-filmcritic.com/2020/07/cinema-after-corona-with-italian.html
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A RABANA-MERQULY, KURDISTAN IRAQENO, POSSENTI TRACCE DELL'ANTICO CENTRO PARTO DI NATOUNIA
A RABANA-MERQULY, KURDISTAN IRAQENO, POSSENTI TRACCE DELL’ANTICO CENTRO PARTO DI NATOUNIA
La fortezza di montagna di Rabana-Merquly, nel moderno Kurdistan iracheno, era uno dei maggiori centri dell’Impero dei Parti, che si estendeva su parti dell’Iran e della Mesopotamia circa 2000 anni fa, contrapponendosi alla coeva forza proposta dal nascente Impero romano. Un team di archeologi guidato da Michael Brown, ricercatore presso l‘Istituto di preistoria, protostoria e archeologia del…
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17 dic 2018 00:00
ORA UNA BUONA NOTIZIA C’È: LE SENTENZE SI COMMENTANO. ORA SI PUÒ DIRE – ANCHE SE NON SI È BERLUSCONIANI DOC O FASCIO-SALVINIANI -: COME SI PERMETTE QUEL GIUDICE DI GIUDICARMI? IO, IO, IO IL PIÙ TITOLATO, IL PIÙ ACCREDITATO, COME PUÒ UNO SPATARO QUALUNQUE…? IL RAGIONAMENTO DI SETTIS NON È DISSIMILE DA QUELLO DI BERLUSCONI. COME SI PUÒ DARE DELL’EVASORE A ME, DICEVA SILVIO, CHE SONO QUELLO CHE PAGA PIÙ TASSE NEL PAESE? COME SUI PUÒ DIRE DI AVER FATTO ACQUISTARE UN PAPIRO FALSO A ME, CHE SONO IL PAPIROLOGO PIÙ BRAVO DEL BIGONCIO, DICE OGGI SETTIS SULLA PRIMA PAGINA DEL 'FATTO QUOTIDIANO'?
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DAGOREPORT
Finalmente una buona notizia dagli Zagrebelsky del Paese, dai firmatari degli Appelli contro, dai difensori della “Costituzione più bella del mondo”… La bella notizia è questa: le sentenze si possono commentare, anzi, le commentano pure loro, anzi si ribellano addirittura alle sentenze. Sì, si possono commentare. E fa niente se per dare il via a questo nuovo atteggiamento, ora diventato democratico, ci voleva una sentenza contro uno di loro, Salvatore Settis.
Ora si può dire – anche se non si è berlusconiani doc, fascio-salviniani, pentastellati -: come si permette quel giudice di giudicarmi? Io, io, io il più titolato, il più accreditato, come può uno Spataro qualunque…? Il ragionamento di Settis non è dissimile da quello di Berlusconi. Come si può dare dell’evasore a me, diceva Silvio, che sono quello che paga più tasse nel Paese? Come sui può dire di aver fatto acquistare un papiro falso a me, che sono il papirologo più bravo del bigoncio, dice oggi Settis sulla prima pagina del Fatto Quotidiano?
Allora, cari Settis, Zagrebelski, Benigni, Se-non-ora-quando, caro Travaglio, barriera a difesa di tutti i giudici e di tutti i giudizi e che ora ospita sul “Fatto quotidiano” la ribellione di Settis contro il giudice Spataro: le sentenze si possono commentare sì o no? I giudici possono sbagliare sì o no? E devono entrare nel merito, non solo formale ma anche “materiale” di ciò che giudicano, sì o no?
Noi pensiamo di sì, servendosi dei periti – è vero. Ma riteniamo che un giudice, alfine, possa giudicare se un papiro possa essere falso, se un concorso universitario possa essere truccato… e non solo valutando la correttezza del procedimento, ma valutando se un volume di seicento pagine su una ricerca inedita può avere lo stesso punteggio di un articoletto scritto con o nella rivista del presidente di Commissione.
Si può dire “la valorizzazione del patrimonio del nostro Paese diventa una svendita dei nostri valori se cade in mano privata, un attentato alla Costituzione” (Settis, 23 agosto 2012) e poi curare le mostre per Prada?
Si può dire che sia “Giusta la sentenza contro le scuole private, è la vittoria della Costituzione sull’interpretazione” (Settis, 26 luglio 2015) e poi tenere corsi e convegni in università private? I nostri privati attentano alla Costituzione, ma se invece il privato è il Getty, e acquista opere dai tombaroli italiani illecitamente, questo va bene?
Ma tutta l’ipocrisia è ormai alle spalle. Ora una buona notizia c’è: le sentenze si commentano. Anche se per gli Zagrebelski in Settis i giudici non devono entrare nel merito, se non formale, delle cose. Ma allora possiamo anche pensare che la Minetti volesse realmente prendersi cura di Ruby e che Berlusconi realmente pensasse che fosse la nipote di Mubarak. Così come è lecito pensare che Settis continui a ritenere il “Papiro di Artemidoro” autentico: lui è il massimo antichista, dice; ma anche Berlusconi è un grande esperto di figa.
IL VERO PAPIRO E I FALSI ESPERTI
Salvatore Settis per il “Fatto quotidiano”
E poi dicono che la magistratura ha poco ascolto in Italia. È bastato che il procuratore Spataro diramasse alle agenzie una fatwa sul Papiro di Artemidoro perché i giornali italiani, senza eccezioni, celebrassero la chiusura del caso, la verità che trionfa, il crimine sgominato. Nemmeno uno si è chiesto se un magistrato abbia in proprio la competenza per pronunciarsi sull’autenticità di un reperto archeologico, ignorando la comunità scientifica di riferimento e dichiarando “inutile disporre una consulenza”.
Da Chiasso in su, tira un' altra aria: quando Luciano Canfora, apostolo della falsità del papiro, ha postato su papylist, la mailing list per i papirologi di tutto il mondo, un comunicato sulla "definitiva chiusura del caso" nelle stanze della Procura torinese, Andrea Jördens, presidente dell' Associazione internazionale papirologi, gli ha chiesto: "Ma che c' entra questo con la scienza?".Vediamo gli antefatti. Il Papiro di Artemidoro è un rotolo papiraceo emerso nel 1971 in mano al dott. Simonian (che ha venduto molti papiri alle università di Treviri, Heidelberg, e a Milano il famoso Posidippo).
Come spesso accade ai papiri, il luogo di rinvenimento non è noto: in Germania arrivò entro un ammasso di cartapesta. È un papiro singolare, per le dimensioni (è lungo due metri e mezzo), ma soprattutto perché oltre a cinque colonne di testo greco contiene una carta geografica e due serie di disegni, di animali e di figura umana. Seppi che era sul mercato verso il 1997, dopo i necessari accertamenti sull' autenticità e la liceità della vendita provai ad acquistarlo per il Getty Research Institute (Los Angeles), di cui ero allora direttore.
Ma il prezzo richiesto era più alto di quanto disponevo in bilancio. Il grande paleografo Guglielmo Cavallo, a conoscenza del Papiro, mi mise in contatto con Claudio Gallazzi, papirologo dell' Università di Milano, e questi con Bärbel Kramer, papirologa a Heidelberg.
Anni dopo, convinto come ero e sono che un documento di tale importanza debba essere in una collezione pubblica, ne parlai con Giuliano Urbani, allora ministro dei Beni culturali, che ne suggerì l' acquisto alla Compagnia di San Paolo, perfezionato nel 2004. Prima dell' edizione critica (2008), il Papiro fu presentato in tre mostre, a Torino e poi ai Musei Egizi di Berlino e di Monaco. Un articolo di Canfora sul Corriere della Sera (15 settembre 2006) ne sostenne la falsità, e io gli risposi su Repubblica.
Da allora parte una controversia: da un lato gli studi scientifici, centinaia in tutto il mondo, dall' altro la campagna mediatica (quasi soltanto italiana). Canfora interviene sul tema con un' intensità (qualcosa come 10 libri, 6 fascicoli di una sua rivista e 40 articoli di giornale) con cui non saprei mai scendere in gara.
Questa campagna, fortunata nei media nostrani, non ha avuto successo nella letteratura scientifica: dei circa 200 studiosi che se ne sono occupati, se si escludono da un lato Canfora e il suo gruppo di lavoro, dall' altro gli editori del Papiro (me compreso) e collaboratori, la stragrande maggioranza si è espressa in favore dell' autenticità.
Per citare solo due grandissimi grecisti, Martin West ha definito "disingenuous" (in mala fede) l' argomentare di Canfora, e Wofgang Luppe ha scritto sull' autorevole rivista Gnomon che la genuinità del Papiro è fuori discussione. Molti aspetti del Papiro sono oggetto di dibattito scientifico: Giambattista D' Alessio ha dimostrato che i segmenti del rotolo vanno rimontati in un ordine diverso da quello del restauro eseguito a Milano; alcuni studiosi attribuiscono tutto il testo del Papiro ad Artemidoro di Efeso, altri ritengono che sia sua solo una parte. Temi specialistici, che non mettono in dubbio l' autenticità del Papiro e la sua datazione al I secolo d.C., confermata da analisi paleografiche, fisiche e chimiche.
Ma che cosa ha da dire il procuratore Spataro?
Il suo documento, che accusa di truffa Simonian fondandosi su un esposto di Canfora (2013), non è una "sentenza", come qualche giornale ha scritto, ma una richiesta di archiviazione (accolta dal Gip): invitiamo a leggerlo online sul fattoquotidiano.it. La struttura argomentativa è tutto un ragionare sulle colpe dell' accusato, per poi dire all' ultima pagina che il reato (se c' era) è caduto in prescrizione. Su 34 pagine, metà sono dedicate a divagazioni o a testimonianze su fatti che nulla hanno a che vedere con l' autenticità del Papiro.
Fra i testimoni ascoltati, l' unico papirologo è Gallazzi, che ne riafferma l' autenticità. Ma in sede di conclusioni si assumono come inoppugnabili le asserzioni di Canfora (l' unico di cui si citino le opere), in quanto "sostiene motivatamente" la falsità. Spataro confessa di non aver esaminato le 700 pagine dell' edizione critica, bastandogli "alcune pagine, reperibili sul web, acquisite agli atti del procedimento"; né ha cognizione dell' abbondante bibliografia e degli argomenti degli studiosi che si sono pronunciati a favore dell' autenticità. Ricorda che i carabinieri del Nucleo Tutela del patrimonio culturale di Roma raccomandarono di "nominare un consulente scientifico 'terzo'", ma ci rivela che lo ritenne inutile.
Spataro proclama che la foto dell' ammasso papiraceo "è risultata un clamoroso falso", e che "tale conclusione non è più contestata", ma cita solo l' esperto di Canfora (il vicequestore Silio Bozzi) e ignora le confutazioni del grande filologo Jürgen Hammerstaedt e degli esperti di fotografia Paolo Morello e Hans Baumann. Sposa la tesi canforiana che il Papiro sarebbe l' opera di un falsario del sec. XIX , tal Simonidis, quando poi lo svedese Tommy Wasserman, che ha studiato i papiri notoriamente falsificati dal Simonidis, lo esclude espressamente.
Valorizza la testimonianza di Eleni Vassilika, già direttrice del Pelizaeus-Museum di Hildesheim, perché "fece emergere dei dubbi sull' autenticità di vari reperti lì allocati, che erano stati acquistati dal Simonian", ma tace che il tribunale tedesco si pronunciò a favore di Simonian, e la Vassilika fu allontanata dalla direzione del museo (Die Welt, 25 marzo 2004).
Spataro eredita poi da Canfora un approccio schizofrenico: sostiene che il Papiro è un falso, ma anche che l' Egitto dovrebbe rivendicarlo come autentico. Immagina che le illazioni di Canfora sugli inchiostri usati nel papiro siano confermate da "accertamenti tecnici recentemente disposti dal MiBAC", per poi riconoscere una pagina dopo che "tali analisi sono ancora in corso". E ignora i risultati delle analisi pubblicate da Pier Andrea Mandò e altri su riviste scientifiche internazionali, che vanno in direzione opposta a quanto asserito da Canfora.
È sulla base di questo zoppicante argomentare che Spataro si è convinto che ogni perizia è inutile, poiché "la certezza del fatto è abbondantemente provata, quanto meno sulla base di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti". Ma tali indizi erano davvero abbastanza per non consultare esperti, per ignorare la letteratura scientifica, per non ascoltare nemmeno Simonian, accusato di truffa? Ed era proprio inevitabile far scattare i termini della prescrizione, impedendo così al Simonian di poter chiedere una perizia di parte? Emettendo di fatto, al riparo della prescrizione, un giudizio di colpevolezza senza ascoltare pareri terzi?
Insomma, il documento Spataro non aggiunge nulla a quel che si sapeva sul Papiro, e adotta l' opinione di un solo studioso ignorando quasi tutta la bibliografia scientifica. Eppure è su questa base che molti hanno scritto sui giornali con vari gradi di stoltezza, fingendo di scambiare un pronunciamento di tal fatta per un meditato giudizio scientifico. Quanto al dottor Spataro, se con la sua dissertazione aspira a una laurea in papirologia, la sentenza è questa: bocciato.
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Universities with AI Programs
Australia Australian National University http://cs.anu.edu.au/ Monash University http://www.infotech.monash.edu.au/ University of Technology, Sydney http://www.it.uts.edu.au/ University of Sydney https://sydney.edu.au/ University of Melbourne https://www.unimelb.edu.au/ Belgium Ghent University https://www.ugent.be/ Katholieke Universiteit Leuven http://www.cs.kuleuven.be/cs/ Université libre de Bruxelles (ULB) http://www.ulb.ac.be/ Canada Carleton University http://www.scs.carleton.ca/research/ Concordia University http://www.cs.concordia.ca/ Dalhousie University http://www.cs.dal.ca/ McGill University http://www.cs.mcgill.ca/ Simon Fraser University http://www.cs.sfu.ca/ University of Alberta http://www.cs.ualberta.ca/~ai/ University of British Columbia http://www.cs.ubc.ca/labs/lci/ University of Calgary http://www.cpsc.ucalgary.ca/ University of Manitoba http://www.cs.umanitoba.ca/ University of Ottawa http://www.engineering.uottawa.ca/ University of Saskatchewan http://www.cs.usask.ca/ University of Toronto http://web.cs.toronto.edu/dcs/ University of Waterloo http://ai.uwaterloo.ca/ York University http://www.cse.yorku.ca/ China Nanjing University of Science and Technology http://www.njust.edu.cn/ Peking University http://english.pku.edu.cn/ Croatia Czech Technical University https://cyber.felk.cvut.cz/ Denmark Københavns Universitet – University of Copenhagen https://di.ku.dk/english/research/machine-learning/ Finland University of Helsinki http://www.cs.helsinki.fi/research/index.en.html University Of Oulu http://www.infotech.oulu.fi/Research/groups2010_2013.html Tampere University of Technology http://www.tut.fi/en/home France École d’ingénieurs – Mathématiques – Informatique http://eisti.fr/en/ École polytechnique https://www.polytechnique.edu/en/ EURECOM https://www.eurecom.fr/en/ EDHEC Business School https://master.edhec.edu/msc-data-analytics-artificial-intelligence/ Université Jean Monnet https://www.univ-st-etienne.fr/ Data ScienceTech Institute https://www.datasciencetech.institute/ Sorbonne Université http://sciences.sorbonne-universite.fr/en/index.html Germany RWTH Aachen http://www.informatik.rwth-aachen.de/ Heidelberg University https://www.uni-heidelberg.de/index_e.html University of Freiburg https://www.tf.uni-freiburg.de/en/study-programs/computer-science/m-sc-computer-science/ Humboldt-Universität zu Berlin https://www.informatik.hu-berlin.de/en/ TU Berlin https://www.tu-berlin.de/ TU Dresden http://www.ki.inf.tu-dresden.de/ HECTOR School of Engineering and Management (KIT) https://www.hectorschool.kit.edu/ Ludwig Maximilian Universität Munich https://www.en.uni-muenchen.de/ FU Berlin https://www.fu-berlin.de/ Eberhard Karls Universität Tübingen https://uni-tuebingen.de/ Université Montpellier http://www.lirmm.fr/lirmm_eng/research/departements/info/poles-de-recherche/ia/ Goethe Universität http://www.informatik.uni-frankfurt.de/index.php/en/ Greece Aristotle University http://poseidon.csd.auth.gr/ Technical University of Crete http://www.intelligence.tuc.gr/ Hong Kong University of Hong Kong https://www.hku.hk/ Chinese University of Hong Kong http://cuhk.edu.hk/ India Banasthali University http://www.banasthali.org/banasthali/wcms/en/home/lower-menu/faculties/maths-app-comp-tech/ Israel Bar-Ilan http://www.cs.biu.ac.il/ Ben Gurion University http://www.cs.bgu.ac.il/ Tel Aviv University https://en.cs.tau.ac.il/computer/ Hebrew University http://www.cs.huji.ac.il/ Technion http://www.cs.technion.ac.il/ Weizmann Institute of Science http://www.weizmann.ac.il/math/ Italy Sapienza Università di Roma https://www.uniroma1.it/ Politecnico di Milano https://www.polimi.it/en/ Japan University of Tokyo http://www.is.s.u-tokyo.ac.jp/english/ Tokyo Institute of Technology https://www.titech.ac.jp/english/education/graduate_majors/ai/ University of Tsukuba http://www.ai.iit.tsukuba.ac.jp/joining.html Keio University https://www.keio.ac.jp/en/ Malta University of Malta http://www.cs.um.edu.mt/ Netherlands Leiden University https://www.universiteitleiden.nl/en/science/computer-science/ Groningen University http://www.rug.nl/ Radbout University https://www.ru.nl/english/education/bachelors/artificial/ University of Amsterdam http://student.uva.nl/ai Tilburg University https://www.tilburguniversity.edu/ University of Utrecht http://www.uu.nl/ Radboud Universiteit https://www.ru.nl/ Vrije Universiteit http://www.cs.vu.nl/ New Zealand University of Auckland https://www.cs.auckland.ac.nz/ University of Canterbury http://www.cosc.canterbury.ac.nz/ Norway University of Oslo https://www.uio.no/english/ Romania University Politehnica of Bucharest http://aimas.cs.pub.ro/ Russia Lomonosov Moscow State University https://www.msu.ru/en/science/ Singapore National University of Singapore https://www.comp.nus.edu.sg/ Nanyang Technological University http://scse.ntu.edu.sg/ Slovak Republic Comenius University http://www.dai.fmph.uniba.sk/w/Research The Technical University of Kosice http://web.tuke.sk/kkui/en/ South Korea Seoul National University http://en.snu.ac.kr/ University of Science & Technology https://major.ust.ac.kr/bigdata_eng.do Spain Universitat de Barcelona https://www.ub.edu/web/ub/en/ Universitat Autonòma de Barcelona http://www.iiia.csic.es/ Universitat Politècnica de Catalunya http://www.cs.upc.edu/ Sri Lanka University of Moratuwa http://www.itfac.mrt.ac.lk/ Sweden Blekinge Institute of Technology https://www.bth.se/ Linköping University https://www.ida.liu.se/divisions/aiics/ University of Gothenburg https://www.gu.se/english Lund University http://ai.cs.lth.se/ Mälardalens Högskola http://www.idt.mdh.se/ai/ Royal Institute of Technology http://www.cas.kth.se/ University of Skövde http://www.his.se/english/research/informatics/research-groups/sail/ Stockholm University http://dsv.su.se/ Umeå University http://www.cs.umu.se/ Uppsala University http://www.it.uu.se/research/group/astra KTH Royal Institute of Technology https://www.kth.se/ Örebro University http://www.oru.se/ Switzerland ETH Zürich https://www.ethz.ch/en.html University of Zürich http://ailab.ifi.uzh.ch/ Ecole polytechnique fédérale de Lausanne https://www.epfl.ch/index.en.html Université de Genève https://www.unige.ch/ Universität Basel https://www.unibas.ch/ Taiwan National Taiwan University http://www.csie.ntu.edu.tw/ Thailand Asian Institute of Technology http://www.cs.ait.ac.th/r_center/ Chulalongkorn University http://www.cp.eng.chula.ac.th/ Turkey Bilkent University http://catalog.bilkent.edu.tr/ United Kingdom Aberystwyth University http://www.aber.ac.uk/compsci/ University of Cambridge https://www.cam.ac.uk/ The University of Aberdeen https://www.abdn.ac.uk/ncs/departments/computing-science/index.php The University of Birmingham http://www.cs.bham.ac.uk/ University of Edinburgh http://www.inf.ed.ac.uk/ The University of Leeds http://www.engineering.leeds.ac.uk/comp/ The University of Liverpool – Chester College http://www.chester.ac.uk/csis/ The University of Manchester http://www.cs.manchester.ac.uk/ University of Oxford https://www.cs.ox.ac.uk/research/ai_ml/ University of Sussex http://www.sussex.ac.uk/informatics/ University of Westminster http://www.wmin.ac.uk/hscs/ University of Warwick http://www.dcs.warwick.ac.uk/ University of York http://www.cs.york.ac.uk/aig/ University of Glasgow https://www.gla.ac.uk/ University College London https://www.ucl.ac.uk/ Cardiff University https://www.cardiff.ac.uk/ United States Arizona State University https://www.asu.edu/ Auburn University http://eng.auburn.edu/ Ball State University http://www.cs.bsu.edu/ Brandeis University http://www.cs.brandeis.edu/ Brigham Young University http://www.cs.byu.edu/ Brown University http://www.cs.brown.edu/ Boston University http://cns-web.bu.edu/ Carnegie Mellon University http://www.cs.cmu.edu/ Colorado State University http://www.cs.colostate.edu/aigroup.html Columbia University http://www.cs.columbia.edu/ Cornell University http://www.cs.cornell.edu/ Dalhousie University http://www.cs.dal.ca/ DePaul University http://www.cdm.depaul.edu/ Drexel University http://www.ischool.drexel.edu/ Duke University http://www.cs.duke.edu/ Emory University http://cs.emory.edu/home/ Georgia Institute of Technology http://www.cc.gatech.edu/ Georgia State University http://www.cs.gsu.edu/ Harvard University http://www.seas.harvard.edu/ Indiana University http://www.cs.indiana.edu/ Iowa State University http://www.cs.iastate.edu/ Johns Hopkins University http://www.cs.jhu.edu/ Kansas State University http://www.cis.ksu.edu/ Massachusetts Institute of Technology http://web.mit.edu/research/ Michigan State University http://www.cse.msu.edu/ Mississippi State University http://www.cse.msstate.edu/ New Jersey Institute of Technology http://www.cs.njit.edu/ New Mexico State University http://www.cs.nmsu.edu/ New York University http://www.cs.nyu.edu/csweb North Carolina State University http://www.csc.ncsu.edu/ Northwestern University http://www.cs.northwestern.edu/ Northwestern University, Qualitative Reasoning Group http://www.qrg.northwestern.edu/ The Ohio State University http://www.cse.ohio-state.edu/ Oregon Health & Science University https://www.ohsu.edu/xd/education/schools/school-of-medicine/departments/basic-science-departments/csee/ Oregon State University http://eecs.oregonstate.edu/ Pace University http://www.pace.edu/seidenberg/ Purdue University http://www.cs.purdue.edu/ Rensselaer Polytechnic Institute http://www.cs.rpi.edu/ Rice University http://compsci.rice.edu/ Rutgers University http://www.cs.rutgers.edu/ Stanford University http://cs.stanford.edu/ State University of New York, Buffalo http://www.cse.buffalo.edu/ Syracuse University http://www.syr.edu/ Temple University http://www.temple.edu/cis/ Texas A&M University http://www.cs.tamu.edu/ Texas Tech University http://www.cs.ttu.edu/ Tufts University http://www.cs.tufts.edu/ Tulane University http://www.sse.tulane.edu/ 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Maine http://www.umcs.maine.edu/ University of Maryland, College Park http://www.cs.umd.edu/groups/areas.shtml University of Maryland, Baltimore County http://www.csee.umbc.edu/CSEE/ University of Massachusetts, Amherst http://www.cs.umass.edu/ University of Michigan http://www.eecs.umich.edu/ai/ University of Minnesota http://www.cs.umn.edu/ University of New Hampshire http://www.cs.unh.edu/ai University of New Mexico http://www.cs.unm.edu/ University of Oregon http://www.cs.uoregon.edu/ University of Pennsylvania http://www.cis.upenn.edu/ University of Pittsburgh http://www.isp.pitt.edu/ University of Rochester http://www.cs.rochester.edu/research/ University of South Carolina http://www.cse.sc.edu/ University of Southern California https://www.usc.edu/ University of Southern California Information Sciences Institute http://www3.isi.edu/ University of Southern California Institute for Creative Technologies http://ict.usc.edu/ University of Tennessee, Knoxville 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The EU needs a stability and wellbeing pact, not more growth
238 academics from around the world call on the European Union and its member states to plan for a post-growth future in which human and ecological wellbeing is prioritised over GDP
This week, scientists, politicians, and policymakers are gathering in Brussels for a landmark conference. The aim of this event, organised by members of the European parliament from five different political groups, alongside trade unions and NGOs, is to explore possibilities for a “post-growth economy” in Europe.
For the past seven decades, GDP growth has stood as the primary economic objective of European nations. But as our economies have grown, so has our negative impact on the environment. We are now exceeding the safe operating space for humanity on this planet, and there is no sign that economic activity is being decoupled from resource use or pollution at anything like the scale required. Today, solving social problems within European nations does not require more growth. It requires a fairer distribution of the income and wealth that we already have.
Dr Dan O’Neill, Associate Professor, University of Leeds, UK
Dr Federico Demaria, Researcher, Universitat Autònoma de Barcelona, Spain
Dr Giorgos Kallis, Professor, Universitat Autònoma de Barcelona, Spain
Dr Kate Raworth, Author of ‘Doughnut Economics’, UK
Dr Tim Jackson, Professor, University of Surrey, UK
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Dr Marta Conde, President of Research & Degrowth, Spain
Dr Kevin Anderson, Deputy Director, Tyndall Centre for Climate Change Research, UK
Dr Steve Keen, Professor, Kingston University, UK
Dr Saskia Sassen, Professor of Sociology, Columbia University, USA
Dr Ann Pettifor, Director, Policy Research in Macroeconomics (PRIME), UK
Dr Serge Latouche, Université Paris Sud, France
Dr Kate Pickett, Professor, University of York, UK
Dr Susan George, President of the Transnational Institute-TNI, Netherlands
Dr Joan Martinez Alier, Professor, Universitat Autònoma de Barcelona, Catalonia
Dr David Graeber, Professor, London School of Economics, UK
Dr Juan Carlos Monedero Fernández, Universidad Complutense de Madrid, Spain
Dr Dominique Méda, Professor, University Paris Dauphine, France
Dr Lourdes Beneria, Professor Emerita, Cornell University, USA
Dr Inge Røpke, Professor, Aalborg University, Denmark
Dr Niko Paech, Professor, University of Siegen, Germany
Dr Jean Gadrey, Professor, University of Lille, France
Dr Nadia Johanisova, Lecturer, Masaryk University, Brno, Czech Republic
Dr Wolfgang Sachs, Research Director Emeritus, Wuppertal Institut, Germany
Dr Stefania Barca, Senior Researcher, Centre for Social Studies, University of Coimbra, Portugal
Dr Gilbert Rist, Emeritus Professor, Graduate Institute of International and Development Studies, Switzerland
Dr György Pataki, Professor, Corvinus University of Budapest, Hungary
Dr Simone D’Alessandro, Professor, University of Pisa, Italy
Dr Ian Gough, Visiting Professor, London School of Economics, UK
Dr Iñigo Capellán-Pérez, Researcher, University of Valladolid, Spain
Dr Amaia Pérez Orozco, Researcher, Colectiva XXK, Spain
Dr Max Koch, Professor, Lund University, Sweden
Dr Fabrice Flipo, Professor, Institut Mines Télécom-BS et LCSP Paris 7 Diderot, France
Dr Matthias Schmelzer, Researcher, University of Jena and Konzeptwerk Neue Ökonomie, Germany
Dr Óscar Carpintero, Associate Professor, University of Valladolid, Spain
Dr Hubert Buch-Hansen, Associate Professor, Copenhagen Business School, Denmark
Dr Christos Zografos, Pompeu Fabra University, Spain
Dr Tereza Stöckelová, Associate Professor, Institute of Sociology of the Czech Academy of Sciences, Czech Republic
Dr Alf Hornborg, Professor, Lund University, Sweden
Dr Eric Clark, Professor, Lund University, Sweden
Dr Miklós Antal, Researcher, University of Leeds, UK
Dr Jordi Roca Jusmet, Professor, Universitat de Barcelona, Spain
Dr Philippe Defeyt, Chairman, Institute for Sustainable Development, Belgium
Dr Erik Swyngedouw, Professor, University of Manchester, UK
Dr Christian Kerschner, Assistant Professor, Modul University Vienna, Austria
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Dr Frank Moulaert, Emeritus Professor, Katholieke Universiteit Leuven, Belgium
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Samuel Martín-Sosa Rodríguez, Responsable de Internacional, Ecologistas en Acción, Spain
Dr John Barry, Professor, Queen’s University Belfast, Northern Ireland
Dr Linda Nierling, Senior Scientist, Karlsruhe Institute of Technology, Germany
Dr Ines Omann, Senior Researcher, Austrian Foundation for Development Research, Austria
Dr Hug March, Associate Professor, Universitat Oberta de Catalunya, Spain
Dr Jakub Kronenberg, Associate Professor, University of Lodz, Poland
Yayo Herrero, Miembro del Foro de Transiciones, Spain
Dr Isabelle Anguelovski, Professor, Universitat Autònoma de Barcelona, Spain
Dr François Schneider, Researcher, Research & Degrowth, France
Dr Vasilis Kostakis, Senior Researcher, Tallinn University of Technology, Estonia
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Dr Andrew Sayer, Professor, Lancaster University, UK
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Dr Klaus Hubacek, Professor, International Institute for Applied Systems Analysis, Austria
Dr Brent Bleys, Assistant Professor, Ghent University, Belgium
Dr Jill Jäger, Independent Scholar, Vienna, Austria
Dr Mauro Gallegati, Professor, Università Politecnica delle Marche, Italy
Dr Peadar Kirby, Professor Emeritus, University of Limerick, Ireland
Dr Inés Marco, Researcher, University of Barcelona, Spain
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Dr Alexandros Kioupkiolis, Assistant Professor, Aristotle University of Thessaloniki, Greece
Dr Aurore Lalucq, Co-Director, Veblen Institute, France
Dr Gaël Plumecocq, Researcher, French National Institute for Agricultural Research (INRA), France
Dr David Soto Fernández, Associate Professor, Universidad Pablo de Olavide, Spain
Dr Christian Kimmich, Researcher, Masaryk University Brno, Czech Republic
Dr Giacomo D’Alisa, Researcher, Centre for Social Studies, University of Coimbra, Portugal
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Dr Lorenzo Pellegrini, Associate Professor, Erasmus University Rotterdam, Netherlands
Dr Erik Gómez-Baggethun, Professor, Norwegian University of Life Sciences, Norway
Dr Tommaso Luzzati, Assistant Professor, University of Pisa, Italy
Dr Christoph Gran, ZOE Institute for Future Fit Economies, Germany
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Dr Barry McMullin, Professor, Dublin City University, Ireland
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Dr Jens Friis Lund, Professor, University of Copenhagen, Denmark
Dr Pierre Ozer, Researcher, Université de Liège, Belgium
Dr Louison Cahen-Fourot, Researcher, Institute for Ecological Economics, Wirtschaftsuniversität Vienna, Austria
Dr Tommaso Rondinella, Researcher, Italian National Institute of Statistics, Italy
Dr Julia Steinberger, Associate Professor, University of Leeds, UK
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Jose Luis Fdez Casadevante Kois, Miembro del Foro Transiciones, Spain
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Dr Gregers Andersen, Independent Researcher, Denmark
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Mariagiulia Costanzo Talarico, Researcher, Universidad Pablo de Olavide, Spain
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Dr Ekaterina Chertkovskaya, Lecturer, Lund University, Sweden
Dr Stefan Gaarsmand Jacobsen, Assistant Professor, University of Roskilde, Denmark
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Dr Mladen Domazet, Research Director, Institute for Political Ecology, Croatia
Dr Hans Diefenbacher, Professor, University of Heidelberg, Germany
Dr Marco Armiero, Director of the Environmental Humanities Laboratory, Royal Institute of Technology, Sweden
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Dr Dominique Bourg, Professor, University of Lausanne, Switzerland
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Dr Filka Sekulova, Researcher, Universitat Autònoma de Barcelona, Spain
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Dr Roberto De Vogli, Associate Professor, University of Padova, Italy
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Dr Branko Ančić, Researcher, Institute for Social Research for Social Research in Zagreb, Croatia
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Dr Manuel González de Molina, Professor, Universidad Pablo de Olavide, Spain
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Dr Annika Pissin, Researcher, Lund University, Sweden
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Dr Martin Pogačar, Research Fellow, ZRC SAZU, Slovenia
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Dr Julien-François Gerber, Assistant Professor, International Institute of Social Studies, Netherlands
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Theresa Klostermeyer, Officer for Sustainability and Social Change, German League for Nature, Animal and Environmental Protection, Germany
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Dr Miriam Lang, Assistant Professor, Universidad Andina Simón Bolivar, Ecuador
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Dr Olivier Malay, Researcher, University of Louvain, Belgium
Dr Richard Lane, Researcher, Copernicus Institute of Sustainable Development, Utrecht University, Netherlands
Dr Laura Centemeri, Researcher, National Centre for Scientific Research, France
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Dr Camil Ungureanu, Associate Professor, Universitat Pompeu Fabra, Spain
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DALLE DISTRUZIONI DELL'isis AL PALAZZO ASSIRO
DALLE DISTRUZIONI DELL’isis AL PALAZZO ASSIRO
Un team di archeologi tedeschi dell’Università di Heidelberg ha recentemente esplorato le rovine di un antico palazzo tardo assiro: siamo a Mosul, l’antica Ninive, in Iraq, tristemente conosciuta recentemente per questioni non archeologiche o storiche, e gli studiosi hanno potuto accedere ai resti architettonici di un particolare palazzo alla fine dei contrasti bellici, dopo che l’area aveva…
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#Asarhaddon#Mosul#Ninive#Peter Miglus#Sennacherib#Stefan M. Maul#Tell Nebi Yunus#Università di Heidelberg
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