#RInascita del Mito
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l'Eterno e il Tempo
Uno sguardo sul futuro non può prescindere da una riflessione sul tempo. Nella Grecia antica, ad esempio, ci sono tre figure che rappresentano il tempo:
una è Aion, l’eone, il tempo eterno;
l’altra è Chronos, il tempo che scorre, misurato, che divora l’esistenza.
e poi c’è il Kairos, l’opportunità.
Aiòn, "tempo" in greco antico connesso etimologicamente con l’avverbio aèi "sempre”. Un tempo inteso come eternità, come "sempre essente", distinto dal tempo "chrònos" e dal tempo "kairòs".
Rappresentato nelle fonti antiche, letterarie e iconografiche, come un fanciullo o un ragazzo, con il cerchio dello zodiaco (o un serpente) avvolto intorno al corpo. Eraclito scrive: "Aiòn è un bambino che gioca con le tessere di una scacchiera: di un bambino è il regno del mondo". Con Aiòn si allude alla vita come durata, nelle intermittenze e anacronie dell’esistenza personale. Si tratta di una distinzione in parte assimilabile a quella introdotta da Henri Bergson tra tempo della fisica, quantitativo e calcolabile, e durata, dimensione della coscienza irriducibile a qualsiasi logica sommativa e lineare.
Chrònos "tempo" in greco antico inteso come successione di istanti, di ore, di giorni, tempo che rovina e distrugge.
Già nelle fonti letterarie e iconografiche ellenistiche gli attributi mortiferi e distruttivi del tempo-chronos, vengono confusi con gli attributi del dio Kronos, che nel mito divora i suoi figli, ma viene poi ingannato ed evirato dal figlio Zeus. In particolare l’attributo del falcetto, strumento della mietitura e metafora della ciclica rinascita delle messi, passa dalla divinità sincretica Saturno-Kronos al Tempo-Chronos, la cui iconografia andrà sempre più identificandosi con quella della Morte. Kaìros in greco significa "momento opportuno". Questa parola si riferisce al tempo e in special modo intende al "momento fra", cioè quel determinato periodo di tempo in cui interverrà qualcosa che cambierà lo stato attuale delle cose. Si può tradurre come momento propizio, opportunità.
Da notare che su una delle colonne di Delfi, i sette sapienti avevano fatto incidere la massima “kairòn gnôthi" riconosci il momento giusto. Kairos, l’Opportunità, viene interpretato come un fanciullo alato con i capelli lunghi caduti sulle spalle davanti, ma calvo dietro, come a dire che quando il momento favorevole è passato, esso non può essere preso all’ultimo istante per i capelli. Che ora è? Che anno è? L’orologio e il calendario indicano un tempo che ci domina. Egli è Chronos, che ci dà una cifra convenzionale, senza comunicazione con le leggi della natura.
Ma se ci chiediamo: -Che cosa avviene?- ci interroghiamo e scopriamo se è " il tempo opportuno " dei rapporti continui, seppure inavvertiti dalla maggioranza degli uomini, che intercorrono tra il microcosmo e il macrocosmo. Kairos è un tempo rivelatore, ci svela il senso, l’importanza dell’ora che volge, ci suggerisce il mistero della reazione a catena che collega le cause agli effetti, il prima al dopo, che immette l’uomo nel cosmo ed il cosmo nell’uomo, ci rende consapevoli del fatto che tutto è interconnesso. Nel tempo di Kaìros occorre essere aperti per poter cogliere un momento di rottura che precipita la possibilità di mettere in atto ciò che si è preparato. Sta a noi lavorare per cogliere quell'attimo. Carpe diem, direbbe Orazio. Lo stesso fa la cuoca, se sa cogliere l'attimo in cui i suoi piatti, nel forno, son cotti a puntino; lo stesso fa chi governa una barca, se vira al momento opportuno e nel senso giusto e alza o ammaina le vele, lo stesso il pilota che deve sapere quali comandi e in che momento usarli per decollare sollevarsi accelerare, atterrare; l'atleta, se a tempo debito e con la dovuta forza lancia il disco, scocca la freccia, incalza o molla l'avversario, lo stesso il medico, se dosa il farmaco e il punto e la profondità dell'incisione che va praticando.
E il politico che deve conoscere quali provvedimenti faranno il bene del Paese in quel momento storico- economico; l’insegnante che sa quali saperi al momento opportuno e quali competenze sviluppare nel discente con una progettazione adeguata e misurata sull’allievo. Non per caso la più bella immagine di Kairòs, l'istante topico, l'occasione, o l'attimo fortunato, trovata a Traù, nell'attuale Croazia, era forse posta all'ingresso d'uno stadio. Il bassorilievo raffigura un giovane con le ali ai piedi, recante in mano una bilancia posta in equilibrio su un rasoio e, soprattutto, con un gran ciuffo di capelli sulla fronte, ma la nuca rasata. Se sarà passato oltre non sarà più possibile afferrarlo. Sta a noi prevenirne i movimenti e la fuga, sta a noi, in una serie di attimi, scovare, cogliere, afferrare quell'unico frammento di tempo in cui saremo a tempo perfetto con l'armonia cosmica. Comprendere, agire ed operare bene, godere, essere felici: sforzarci e faticare per tutto questo e poi, con semplicità e facilità inattese, riuscire ed uscire dal tempo, dall'indifferenza infinita e divorante di Chrònos, guadagnare, sia pur solo per quell'attimo, il tempo adatto a noi, nella perfezione di ciò che la nostra natura poteva compiere e che di fatto ha saputo compiere.
Così Rainer Maria Rilke dice dell Kairòs greco antico: “E a un tratto, in questo faticoso nessun dove, a un tratto, / l'indicibile punto, dove quel ch'era sempre troppo poco, / inconcepibilmente si trasmuta, salta / in un troppo, vuoto. Dove il conto a tante poste / si chiude senza numeri”.
Dentro un Chrònos infinito e inesorabile, un Kairòs unico, capace dunque, se colto opportunamente, di renderci, per quell'attimo e per sempre, eterni.
-C. D'Eramo
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Sei mai stato rapito dal mistero di un'antica divinità? Immagina un luogo dove storia e mito si intrecciano: il Tempio di Apollo a Delfi, annidato tra le pendici innevate del monte Parnaso.
Qui, la leggenda narra che lo stesso Apollo sceglie questo santuario. Un angolo di sacralità avvolto da misteri sottili e oracoli sibillini pronunciati dalla Pizia, la sacerdotessa che bisbigliava risposte enigmatiche al mondo antico.
Persino fuoco e rovina non poterono infrangere la sua maestosità: nel 548 a.C., un incendio devastante portò alla rinascita del tempio, con sculture che raccontavano storie e miti con straordinaria vivacità.
E non erano solo le fiamme o gli dei a contendersi Delfi. Le città greche guerreggiavano fra loro per il controllo di questo simbolo sacro. Ma nel tempo, uomini come Silla e Nerone hanno saccheggiato il luogo, rubando ricchezze e bellezza.
E mentre il cristianesimo avanzava inesorabilmente, questo centro di spiritualità iniziò il suo declino. Delfi, un tempo cuore pulsante della religione e della politica, giace ora in silenzio, avvolto da echi di un grande passato. Bambini delle pietre, ancora oggi custodi delle storie non dette... Curioso? Vieni a scoprire di più con noi!
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Un viaggio spirituale, metodico, chiaro…
È questo ciò che è stato vissuto domenica 11 novembre al Teatro Sangiorgi di Catania, con Africa - orizzonti di rinascita, un progetto coreografico di Claudia Scalia danzato da Rebecca Bendinelli, Ismaele Buonvenga, Rachele Pascale e Nunzio Saporito.
Scalia è direttore artistico insieme a Marco Laudani, di Ocram Dance Movement, compagnia associata a Scenario Pubblico/ Compagnia Zappalà Danza Centro di Rilevante Interesse Nazionale per la danza.
Africa è stato il primo spettacolo “fuori abbonamento” della stagione in corso, portato in scena nella costola del Teatro Massimo Bellini grazie al progetto Be resident-nella città la danza, l'articolato protocollo d'intesa stretto tra Scenario Pubblico e il Teatro Massimo Bellini per promuovere la danza contemporanea nel territorio.
Da dove ha origine Africa? Ce lo spiega il coreografo:
«Questo lavoro nasce da un viaggio che ho fatto con il desiderio di trovare un luogo ‘incontaminato’ dall’uomo: naturale, puro e vergine. Così, prima di iniziare il processo creativo, mi sono recato in Africa con la speranza di trovare quel tipo di luogo "vuoto", ma allo stesso tempo pieno di tutto ciò che ci può offrire la natura. Purtroppo questo mito si è tramutato in qualcosa di negativo in quanto nel 2019, anno di nascita del lavoro, la ricerca di quest’Eden è stata vana, perché ho visto che anche acque di mari e fiumi e luoghi così naturali e paradisiaci sono contaminati da spazzatura e plastica. Quest’anno, riprendendo il lavoro, dopo quattro anni, la situazione del nostro pianeta è degenerata. Riflettendo mi sono detto, perché non riportarlo in scena con un messaggio di speranza? Da qui l’aggiunta del sottotitolo orizzonti di rinascita. Il nome Africa l’ho scelto perché mi piaceva l’idea di personificare la mia idea e non semplicemente assegnare un titolo».
La scena si è aperta con una lunga striscia di plastica sita a bordo palco perché, riprendendo le parole di Claudio, la ricerca di un territorio incontaminato si rivela un fallimento nel momento in cui anche i territori paradisiaci celano angoli bui e sporchi...
Africa è nato ispirandosi al connubio di quattro elementi che danno vita alla materia pragmatica: acqua, aria, fuoco e terra. Come gli uomini, essi sono governati da amore e discordia che si incontrano e si scontrano, dominano a tempi alterni. È così che, attraverso il linguaggio del coreografo, i danzatori hanno instaurato un profondo ascolto con il pubblico e una potente connessione tra i loro corpi, con un’energia scattante. È proprio quell’energia che ha permesso di coinvolgere, inebriare, spettinare ed entrare a pieno in quella visione del pianeta, in cui viene continuamente soffocato e sopraffatto dall’azione degli uomini.
Claudio Scalia è coreografo di Africa ma, nell'anno di nascita della creazione, è stato anche danzatore. Cosa e come è cambiato oggi il lavoro?
«Se ripenso al 2019 ritrovo un Claudio con una visione della coreografia non matura come quella di adesso…ero coinvolto dall’idea, dalla coreografia e riuscivo a esprimere ciò come danzatore. Successivamente ho fatto un passo indietro, volevo vedere da fuori per capire cosa arrivasse. Ho capito così che, in questo momento della mia vita il mio desiderio era quello di vederlo dalla parte del pubblico. Sicuramente a livello drammaturgico un contributo importante mi è stato dato da Marco Laudani e Sergio Campisi che ringrazio per avermi aperto nuovi orizzonti».
Mani e braccia evocative e comunicative risaltate dal continuo gioco di luci che ha aperto scenari diversi, la pioggia sui corpi, il riflesso di un fascio di luci gialle sui corpi dei danzatori... È in questo momento che sembra essersi creato un equilibrio tra l’uomo e la natura.
Voi artefici del vostro destino, incuranti del domani, Voi ignari della grandezza della natura. Voi uomini, già sconfitti, contro Madre Terra T.S Eliot
Ogni danzatore nascosto da una maschera, appariva sicuro della propria individualità e della forza del gruppo, ma allo stesso tempo sembrava che volesse nascondersi dai sensi di colpa….
Ma una volta caduta la maschera?
E’ proprio il senso di comunità a far dell’uomo l’artefice del destino del pianeta. Tutti abbiamo la stessa colpa di aver reso il mondo come lo vede T.S Eliot, una terra desolata e devastata.
L’offuscarsi delle luci insieme all'inizio di un monologo di Greta Thunbergha in sottofondo ha preceduto l’ingresso di un sacco di plastica riciclata (come i costumi utilizzati) insieme i quattro danzatori. Una volta in scena, hanno tolto le maschere, spostato la plastica e iniziando a rotolarvi sopra e intorno, dando la sensazione di restare intrappolati, metaforicamente e fisicamente, nelle conseguenze delle loro azioni.
Il faro sul fondo palco ha illuminato Ismaele che, avvolto dalla plastica, è diventato come la silhouette di un disegno caotico, tempestoso e incessante. Nell'intento di volersi liberare, è riuscito a sfuggire e a raggiungere, insieme agli altri danzatori lo Shanti, quella pace ineffabile, riferimento anch’essa al testo di Eliot. Alla fine di tutto l’uomo sovrastato dai sensi di colpa, capisce che è la natura a governare il mondo e pertanto capisce di doverne rispettare il ruolo indiscusso.
È così che al termine della performance è stato riproposto lo stesso quadro iniziale: le ombre dei danzatori, in fila, messe in risalto dalla luce in fondo, simboleggiano l'aperta ricerca dell'orizzonte di rinascita in una situazione di quiete comune.
Abbiamo chiesto a Ismaele, uno dei danzatori, se rispetto al codice di movimento di Claudio, ha inserito proprie sfumature personali. Andiamo a vedere cosa dice al riguardo…
«Nonostante il lavoro a livello coreografico sia molto settato e preciso ci sono anche vari momenti di improvvisazione, soprattutto in relazione allo studio dei quattro elementi. In quanto elemento-terra, ho avuto massima libertà di esprimere sia la forza della terra che ci sostiene, ma anche la friabilità, perché il suolo non è poi così tanto solido come sembra e può sgretolarsi».
Il numeroso pubblico presente in platea e in tribuna ha avuto la possibilità di immergersi in un viaggio senza tempo e di cogliere la chiarezza esponenziale della performance. Gli applausi di gradimento sono stati notevoli a dimostrazione di quanto effettivamente il pubblico sia stato coinvolto dal flusso incessante dell’acqua e da quello travolgente dell'aria, dal fuoco impetuoso e dalla forza e friabilità della terra.
E tu che leggi, hai recepito il messaggio e contribuirai a creare nel tuo piccolo un orizzonte di rinascita?
A cura di Martina Giglione
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Luca Leonello Rimbotti
DESTRA RIVOLUZIONARIA E NAZIONALISMO EUROPEO
Riarmare le idee con Adriano Romualdi
Adriano Romualdi ha rappresentato, per svariate generazioni, la figura dell’intellettuale militante in lotta contro il suo tempo. Morto giovane, come gli eroi prediletti dagli dèi, il suo linguaggio era forte, i suoi concetti liberi e le sue parole un continuo richiamo: riunire idee ed energie per impegnare la buona battaglia, sempre e in qualunque condizione.
In un’epoca in cui l’Europa era già stata gettata sul piano inclinato della dissoluzione, seppe tracciare linee guida semplici e potenti, con obiettivi luminosi da additare a chi avesse cuore e tenacia: innanzi a tutti, l’Europa-Nazione, il grande mito di una rinascita europea da invocare e attuare ad ogni costo, così da rendere vana l’antica congiura che ne decretò la rovina. Si crea in questo modo il presupposto per la conformazione di nuove categorie: la destra rivoluzionaria diventa l’agile meccanismo – mentale e culturale, prima ancora che politico – col quale aprirsi la strada verso panoramiche visuali sui mondi rinnovati del socialismo e del nazionalismo: due soli da riaccendere per illuminare la strada dell’uomo europeo.
Attraverso l’indagine dei maggiori interessi politici e culturali che impegnarono Romualdi – la rivoluzione conservatrice tedesca come matrice di idealità europee, i risvegli nazionali del Novecento come forza ideale politica e metapolitica, la primordialità indoeuropea come mito fondatore – e attraverso i tre spiriti-guida che lo ebbero quale allievo privilegiato – Platone, Nietzsche, Evola – noi possiamo comprendere la vastità del campo sul quale impegnare la nuova lotta.
Sulle tracce di Romualdi, il rivoluzionario-conservatore del nuovo Millennio ricrea l’ideologia solare del futuro cesellando i nuovi simboli su quelli arcaici, ed imbocca la via aurea della rivincita del pensiero mitico sui detriti dell’oscurantismo razionalista, della massificazione ugualitaria, del pregiudizio cosmopolita.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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Kore, conosciuta anche come Persefone, è la dea greca della primavera e del rinnovamento, simbolo di giovinezza e rinascita. Figlia di Demetra, il suo mito rappresenta il ciclo della natura, il passaggio dalla fioritura alla quiete invernale, e poi il ritorno alla vita. Con la sua bellezza serena e il legame profondo con la terra, Kore incarna l’equilibrio tra luce e ombra, tra innocenza e trasformazione, come un’armonia che scorre ciclicamente, proprio come le note di una melodia orchestrale.
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La Lozione al Radicchio Rinascita di Mario Lorenzin ha suscitato un interesse crescente grazie alle sue proprietà benefiche per i capelli. Tuttavia, esistono alcuni miti e fraintendimenti che circolano su questo prodotto. Questo articolo esplorerà i miti comuni e fornirà informazioni basate su evidenze scientifiche per chiarire ogni dubbio.
Mito 1:
"Il radicchio è solo un ingrediente di moda senza benefici reali per i capelli."
Falso Il radicchio è effettivamente ricco di nutrienti importanti come vitamine (C, K) e minerali (potassio, magnesio) che possono contribuire alla salute generale del cuoio capelluto e dei capelli. Questi nutrienti supportano la crescita dei capelli e migliorano la loro resistenza. Tuttavia, è importante notare che mentre il radicchio ha potenziali benefici, la ricerca specifica sulla sua efficacia nella lozione al radicchio può variare.
Mito 2:
"La Lozione al Radicchio può causare irritazioni o effetti collaterali."
Falso: La Lozione al Radicchio Rinascita è formulata con ingredienti naturali e testata dermatologicamente per garantire la sicurezza. Tuttavia, è sempre consigliabile fare una prova di sensibilità prima dell'uso e consultare un dermatologo in caso di preoccupazioni.
Mito 3:
"Non c'è evidenza scientifica che supporti l'efficacia della Lozione al Radicchio."
Falso: Il laboratorio ha testato l'efficacia della lozione radicchio di Mario Lorenzin con l'Ospedale San Raffaele di Milano.
Mito 4:
"La Lozione al Radicchio è adatta solo per un tipo specifico di capelli."
Falso: La Lozione al Radicchio Rinascita è progettata per essere adatta a diversi tipi di capelli. Tuttavia, i risultati possono variare a seconda del tipo e delle condizioni dei capelli di ciascun individuo.
Mito 5:
"La Lozione al Radicchio riduce effettivamente la perdita dei capelli."
Vero: Il radicchio è ricco di nutrienti che possono favorire la salute dei capelli, inclusi vitamine come la C e la K, che supportano la crescita e la resistenza dei capelli. Tuttavia, mentre la lozione al radicchio può fornire nutrienti benefici al cuoio capelluto, l'efficacia specifica nel ridurre la perdita dei capelli può variare da individuo a individuo e dipendere da molteplici fattori.
Mito 6:
"La Lozione al Radicchio allevia i problemi cutanei del cuoio capelluto."
Vero: Gli antiossidanti presenti nel radicchio possono avere proprietà lenitive e anti-infiammatorie che potenzialmente aiutano a calmare il cuoio capelluto irritato o sensibile. Tuttavia, è importante notare che il trattamento di specifici problemi cutanei del cuoio capelluto richiede un approccio personalizzato e potrebbe richiedere l'uso combinato con altri trattamenti dermatologici.
Mito 7:
"La Lozione al Radicchio è davvero efficace nel migliorare la salute dei capelli."
Vero: La Lozione al Radicchio Rinascita è formulata con ingredienti naturali noti per i loro benefici per i capelli. Tuttavia, l'efficacia di qualsiasi prodotto può variare da persona a persona e dipende anche dalla regolarità e dalla corretta applicazione del trattamento.
Sfatare i miti sulla Lozione al Radicchio è essenziale per comprendere veramente i suoi potenziali benefici per i capelli.
#curadeicapelli#lorenzin#trattamentoalradicchio#erboristeria_arcobaleno_schio#RicrescitaCapelli
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2012 (2009)
Cronaca di un'apocalisse annunciata
Roland Emmerich va dritto per la sua strada. C'è in effetti una coerenza notevole, nel percorso cinematografico del regista di origini tedesche, che dai tempi del suo trasferimento a Hollywood non si è discostato (quasi) mai dal genere fanta-apocalittico che gli ha dato il successo. Basta questa fedeltà a sé stessi a delineare qualcosa che somigli a una poetica? A parere di chi scrive no, e non sarebbe utile, né produttivo, fare voli pindarici e dialettici per trasformare il cinema di Emmerich in ciò che non è; è infatti una tentazione assai pericolosa quella di cercare sottotesti e temi da "morte del cinema" in film che restano macchine da intrattenimento studiate e curate maniacalmente negli aspetti visivi e più superficialmente emotivi, in cui la narrazione in sé passa in secondo piano di fronte a uno stordimento sensoriale che diventa loro principale ragion d'essere. E' tenendo bene a mente questo discorso che ci si deve approcciare a un film come 2012, del regista di Stargate, imponente e rutilante Blockbuster che sfrutta paure e suggestioni new age per offrire l'ennesimo sfoggio di distruzione cinematografica.
E sembra effettivamente divertirsi come un bambino, Emmerich, a disintegrare sullo schermo città, nazioni e continenti, a offrire spettacoli di devastazione apocalittica tra crateri che si aprono e miracolosamente non ingoiano mai i protagonisti, grattacieli che crollano decretando in pochi secondi la fine della civiltà occidentale, vulcani che eruttano sputando fuochi che sembrano armi aliene, gigantesche maree che inghiottono politici e gente comune, militari e cantanti, eroi e codardi. In mezzo a tutto questo, uno scrittore squattrinato e divorziato che cerca di recuperare un rapporto con i suoi due figli, un hippie mezzo svitato che, come da copione, aveva previsto tutto, un presidente che con uno scatto di orgoglio patriottico decide di restare a fianco dei suoi cittadini, qualunque siano le conseguenze. E un programma segretissimo con lo scopo di selezionare i più adatti al proseguimento della specie, quelli che dovranno ricostruire la società dopo il cataclisma, quelli con le capacità (mentali e fisiche sulla carta, economiche nei fatti) più adatte alla sopravvivenza; il tutto su postmoderne arche che rinnovano un mito, quello del Diluvio, che si dice sia stato molla ispiratrice, nella mente del regista, per l'intero progetto. Ed è forse interessante, almeno a livello di curiosità speculativa, notare che il tema era già stato affrontato da Emmerich nel suo primissimo lungometraggio, intitolato 1997 - Il principio dell'Arca di Noè e realizzato nel 1984 per la Munich Film School, in condizioni produttive ovviamente lontanissime da quelle attuali.
E' forse utile spendere due parole anche sull'aspetto sociologico del film, sulle suggestioni che offre, sulle idee che cerca, più o meno consapevolmente, di veicolare. La profezia maya che colloca la fine del mondo alla data del 2012 resta fortunatamente sullo sfondo, mentre è comunque presente, nel film, il tema new age della rinascita, l'enfasi sul nuovo inizio e sull'importanza della solidarietà come fondamento per esso, l'ovvia affermazione della morale a stelle e strisce come base più adatta per realizzarlo. Tutti temi trattati in modo abbastanza schematico, soffocati dalle necessità di intrattenimento del film, non sviluppati da una sceneggiatura che volutamente non va a fondo, neanche nella definizione dei personaggi. I quali da par loro risultano stereotipi o poco più, con in testa quello di un John Cusack un po' statico nella recitazione, e di un Danny Glover che almeno non cerca mai di imitare Barak Obama.
E rimanendo in tema politico, risulteranno divertenti, per il pubblico italiano, i riferimenti alla nostra politica e specie al Presidente del Consiglio dell’epoca: i sorrisi più genuini (più o meno cattivi) vengono forse proprio da quelle scene. Ma in fondo i blockbuster (americani) non si occupano mai di politica estera. O sì?
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Primavera: festeggiamo il suo inizio con poesie e romanzi
La giornata di oggi, 20 marzo 2024, segna l'inizio della primavera. La stagione che segna la rinascita della natura dopo la lunga pausa invernale ha ispirato molti poeti e letterati che l'hanno voluta celebrare nelle loro opere. In questa giornata così speciale vogliamo ricordare in particolare una poesia e un romanzo che esprimono con potenza l'esplodere della primavera. L'inizio della primavera: come si calcola L'arrivo della primavera si verifica in un intervallo di giorni che tipicamente si estende dal 20 al 22 marzo. Questa leggera variabilità è dovuta al fatto che il movimento orbitale della Terra attorno al Sole non corrisponde esattamente alla durata di un anno come definito dal nostro calendario, pertanto le date possono variare leggermente. Nonostante questa fluttuazione, l'equinozio di primavera rimane il segnale costante che indica l'avvio della nuova stagione. Durante l'equinozio, che come è noto rappresenta quel particolare fenomeno astronomico in cui il Sole si trova in una posizione tale da rendere la durata del giorno equivalente a quella della notte, si verifica un perfetto equilibrio tra luce e oscurità. A partire da questo momento, le giornate si allungano progressivamente, con le ore di luce che superano quelle di buio, fino a raggiungere il culmine con il solstizio d'estate. Per quest'anno, l'equinozio si è verificato durante la notte passata, precisamente intorno alle ore 4:00, segnando così oggi come il giorno ufficiale che dà il benvenuto alla primavera. La primavera nella poesia: Alda Merini I calcoli descritti sono una scoperta relativamente recente. Prima di allora si seguiva la convenzione che la primavera iniziasse il 21 marzo. E' a questa tradizione che si ispira una delle più famose poesie di Alda Merini: "Sono nata di ventuno a primavera". La poetessa nacque, infatti, a Milano il 21 marzo 1931. In questo componimento, lungo solo nove versi, condensa tutta la sua esistenza. Attraverso la narrazione di quanto accade alla natura con l'avvento della primavera, racconta l'essenza della sua vita segnata, come sappiamo, dal disturbo mentale. L'inserimento del mito di Proserpina, alla quale gli antichi attribuivano l'alternanza delle stagioni, aggiunge solennità al componimento. Sono nata il ventuno a primaverama non sapevo che nascere folle,aprire le zollepotesse scatenar tempesta.Così Proserpina lievevede piovere sulle erbe,sui grossi frumenti gentilie piange sempre la sera.Forse è la sua preghiera. Nessuno può fermare la primavera: "Resurrezione" di Lev Tolstoj Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d’erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fiumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, la primavera era la primavera anche in città, il sole scaldava, l’erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole. Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini, i grandi, gli adulti, non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all’amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi gli uni sugli altri. L'Incipit del romanzo "Resurrezione" di Lev Tolstoj è un vero e proprio manifesto. Scritto tra il 1889 e il 1899, conserva ancora oggi una straordinaria attualità. La cementificazione spinta e l'uso smodato di fonti di energia di cui oggi cerchiamo in ogni modo di liberarci sono tematiche con le quali ci confrontiamo ogni giorno. Il tripudio della primavera, che esplode ogni anno nonostante l'opera distruttiva dell'uomo è un messaggio di speranza. Un messaggio che, però, l'uomo non vuole cogliere. Egli dimostra, infatti, scarso interesse per ciò che il suo pianeta ha da offrirgli (purtroppo sempre meno). La sua attenzione è catalizzata da quanto ha inventato per dominare l'altro. Su questo punto si apre una riflessione che, continuando a seguire il filone letterario, ci riporta a un'altra opera di Tolstoj: "Guerra e pace". La guerra che trova sempre più teatri nel mondo e sempre più ragioni come metodo per la risoluzione dei conflitti e la pace che vede sempre più stravolto il suo significato. Il concetto di pace sembra essere diventato quasi un'offesa per i Paesi attaccati e uno strumento per personaggi che invece si è convinti non debbano vincere o di cui non vogliamo ascoltare le ragioni. In copertina foto di HeungSoon da Pixabay Read the full article
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Incassi, vola anche in Italia il film sul mito Bob Marley
Il film d’autore, ‘da festival’ come si diceva un tempo e il film evento che sta in sala tre giorni conquistano la vetta del box office italiano in una stagione di grande rinascita per questo genere di opere. Bob Marley: One Love (Eagle), il film biopic sul mito giamaicano, diretto da Reinaldo Marcus Green così come al botteghino americano, è primo nella classifica Cinetel del fine settimana…
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Il Diluvio Universale nelle varie mitologie
La presenza del ricordo del Diluvio Universale in tutte le culture antiche è un fatto che ha suscitato l’interesse di molti studiosi nel corso degli anni. La distruzione dell’umanità attraverso una grande inondazione è presente in molte culture antiche come in quella sumera, babilonese, greca, egizia e persino in alcune culture delle Americhe. Questo fenomeno ha portato molti a chiedersi se ci sia un fondo di verità dietro queste storie oppure se si tratti solo di una coincidenza. Tuttavia nonostante le differenze culturali e geografiche i racconti presentano numerose somiglianze come la presenza di un Diluvio Universale l’avvertimento divino prima della catastrofe e la salvezza di poche persone ed animali. Inoltre questi racconti sono spesso associati a simboli di purificazione e rinascita. Alcuni studiosi suggeriscono che questi miti possano essere stati influenzati da eventi naturali come grandi inondazioni tsunami che si sono verificati in passato. 1 La cultura dei Maya una delle più avanzate del mondo pre colombiano ha lasciato una serie di testimonianze che dimostrano la presenza del ricordo del Diluvio Universale nella loro mitologia. Secondo il Popol Vuh il libro sacro dei Maya qui che gli dei decisero di distruggere l’umanità a causa della sua corruzione e decadenza morale solo un uomo e una donna furono salvati grazie alla costruzione di una grande barca. In ultima analisi il Popol Vuh è un racconto apocalittico della distruzione dell’umanità. Nel Popol Vuh si narra la storia del mondo dal suo inizio descrivendo come i primi esseri umani furono creati dagli dei tuttavia questi primi esseri umani non erano perfetti e non erano in grado di venerare correttamente gli dei. Di conseguenza questi decisero di distruggere il mondo con un grande diluvio al quale solo pochi sopravvissero. Possiamo dire che il Popol Vuh è una storia molto importante per la cultura Maya perché fornisce una spiegazione sulla creazione del mondo e della razza umana oltre a descrivere la loro relazione con gli dei. Questa legenda mostra anche l’importanza del sacrificio umano nella cultura dei Maya poiché gli dei richiedevano sacrifici per mantenere l’ordine cosmico del mondo. Inoltre altre storie Maya raccontano di un Diluvio Universale dal Dio Chaac signore della pioggia e del fulmine che decise di punire gli uomini per la loro mancanza di rispetto verso la natura. Questi miti hanno molti punti in comune con quelli delle culture mesopotamiche come la costruzione di un’arca per sopravvivere alla catastrofe e la presenza di un eroe salvatore. La presenza del Diluvio Universale nella cultura dei Maya dimostra l’importanza universale di questo mito rappresentativo della paura dell’uomo nei confronti delle forze della natura. 2 Mesopotamia America Centrale Esiste una notevole somiglianza tra le legende del Diluvio Universale nella Mesopotamia e in America Centrale. Entrambe le culture raccontano di un grande diluvio che ha distrutto l’umanità salvando pochi individui ed animali. Inoltre entrambi i racconti includono l’idea di un dio che avverte l’uomo giusto dell’imminente disastro ordinando di costruire un’arca per salvare sé stesso la sua famiglia e gli animali. Anche la durata del diluvio è simile in entrambi i racconti: 40 giorni e 40 notti. Infine entrambi i racconti includono la figura di un uccello che venne inviato per cercare la terraferma. Tuttavia ci sono anche alcune differenze tra i due racconti. Nel mito mesopotamico il dio Enki avverte l’uomo giusto dell’imminente Diluvio Universale mentre nel mito Maya il dio Itzamnà avvisa l’uomo giusto. Inoltre l’arca nel racconto mesopotamico è descritta come una grande nave a forma di cubo mentre nel racconto Maya l’arca non è altro che una canoa. Nonostante queste differenze le somiglianze tra i due racconti del Diluvio Universale nella Mesopotamia in America Centrale sono sorprendenti. Queste coincidenze possono essere attribuite alla possibilità che questi due popoli abbiano avuto i contatti. 3 Un Mare di Erbe in alcune culture sud americane si parla del “mare di erbe” una vasta pianura sommersa dal mare che avrebbe coperto un’intera città. Questa città come Atlantide sarebbe stata distrutta da una calamità naturale. La leggenda del Mare di Erbe è presente anche in altre culture come quella cinese dove si racconta di un impero sommerso sotto le acque del Pacifico. Nonostante le differenze culturali e geografiche queste legende hanno molti elementi in comune. In tutte le versioni si parla di una civiltà avanzata che viene distrutta da una catastrofe naturale. Alcuni studiosi suggeriscono che queste legende possono avere un fondamento storico e che la loro diffusione in diverse parti del mondo sia dovuta alla migrazione degli antichi popoli. 4 Atlantide Atzlan La connessione tra Atlantide Atzlan è un aspetto altamente interessante. Secondo la mitologia azteca Atzlan era l’isola originaria dalla quale gli Aztechi provenivano. Si dice che Atzlan fosse un luogo di pace e prosperità ma alla fine fu distrutta da una grande inondazione. Questa storia ricorda molto la legenda dell’isola di Atlantide che secondo Platone fu sommersa dalle acque del mare. Alcuni studiosi hanno suggerito che Atzlan potrebbe essere stata la versione azteca di Atlantide. Ci sono anche altre connessioni tra le due legende. Entrambe le storie raccontano di un’antica civiltà avanzata che fu distrutta da una catastrofe naturale e che si crede anche influenzato le culture successive. Inoltre gli Aztechi credevano che il loro Quetzalcóatl avesse vissuto a Atzlan prima di partire per il Messico. Questo ricorda la legenda di Atlantide dove si diceva che i suoi abitanti fossero stati guidati da dei e semidei. 5 Apocalisse Universale Il Diluvio Universale è come abbiamo visto una delle legende più antiche e condivise in tutto il mondo. Tuttavia non è l’unica. L’apocalisse Universale ovvero la fine del mondo è un altro tema che attraversa culture e civiltà diverse. Nonostante le differenze nelle descrizioni dei dettagli molte legende dell’apocalisse condividono elementi comuni la distruzione totale il giudizio divino e l’idea di un nuovo inizio. Questo suggerisce l’esistenza di un filo invisibile che le lega tutte insieme. Alcune delle legende dell’apocalisse più note includono il Radnarog nella mitologia norrena il kali iuga nella tradizione indiana e il Libro delle Rivelazioni della Bibbia cristiana. Anche le culture pre colombiane hanno la loro versione dell’Apocalisse come il Popol Vuh dei Maya e la leggenda del Quinto Sole degli Aztechi. È interessante notare come queste legende si siano sviluppate in modo indipendente in luoghi diversi nel mondo ma condividono così tanti elementi comuni. Questo suggerisce che l’umanità abbia sempre avuto una profonda paura della fine del mondo e della distruzione totale. Il filo invisibile che lega queste legende ci ricorda che nonostante le nostre differenze culturali e geografiche siamo tutti uniti dalla nostra umanità e dalle nostre paure più profonde. Senza dubbio non esiste paura più terribile e più profonda della distruzione della fine del mondo sia che essa venga causata dall’acqua sia che essa sia dovuta al fuoco. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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Marilyn Manson (monografia) Pt. 2
The Golden Age of Grotesque abbandona ogni tipo di ambizione di realizzare qualcosa di magnificente, tuttavia risulta un buon album di metal industriale alla Ministry - fa piacere accorgersi del figliol prodigo che torna al marchio di fabbrica che gli ha conferito il suo status. Dopo quattro anni (The Golden Age of Grotesque esce nel 2003), Eat Me, Drink Me rilancia nuovamente la sua figura rock, stavolta nei panni di un vampiro dalla più tradizionale mise dark. Come sulle montagne russe, The High End of Low del 2009 traduce la sua personalità bipolare, tornando a spingere un po’ di più per quanto riguarda l’impatto heavy della sua musica. I suoi dischi stanno diventando dei diari di pensieri tutto sommato piacevoli… non sempre ha delle buone idee autoriali, ma l’esperienza e il tocco gli vengono in soccorso, è pur sempre una grande icona di questo genere seppure in senso lato. Soprattutto la voce è migliorata nel tempo (il controllo la rende educata nel suo essere comunque una resa estrema della performance vocale). Born Villain nel 2012, un album dal tono più duro e amaro, è l’ultimo di questa parentesi centrale della sua discografia, lasciando spazio alla sua rinascita che avviene tre anni dopo su The Pale Emperor, un lavoro nel quale finalmente Manson decide di abbattere tutti i muri (la sua musica diventa pop nel senso buono del termine), andando a confezionare delle canzoni che non hanno l’energia della gioventù, ma lo presentano come un artista che fa la sua cosa nel mondo - la sua popolarità è tale da permettergli di essere sé stesso, e non un cantante rock, metal e così via. Purtroppo tocca dire che Heaven Upside Down (2017), e We Are Chaos (2020), sono dei dischi stanchi e senza una precisa nuova direzione da intraprendere. Alcuni problemi giudiziari arrivano a minacciare la sua carriera, probabilmente allontanandolo ancora oggi dall’idea di creare nuova musica. Marilyn Manson è un mito della musica heavy metal più per il suo temperamento estetico, e di performer rispetto che alle sue scelte musicali e d’autore. Tuttavia la sua figura, insieme a molti suoi singoli, rimangono nella storia per il coraggio e la veemenza con cui viene espresso il suo messaggio per lo più di natura anticlericale.
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Bologna: si conclude la terza edizione di San Francesco Estate
Bologna: si conclude la terza edizione di San Francesco Estate. Per il terzo anno consecutivo, la rassegna, parte di Bologna Estate 2023, ha animato, a partire dal 23 giugno, ogni fine settimana con un grande successo di pubblico, registrando il sold out tutte le sere. «La grande piazza culturale di San Francesco Estate si riconferma tra i luoghi più amati e frequentati della città – dichiara Elena Di Gioia, Delegata alla Cultura di Bologna e Città Metropolitana – con una vocazione ad essere crocevia di culture, linguaggi e approfondimenti sugli eventi della contemporaneità. Il palcoscenico tra teatro e musica propone anche per il suo ultimo week end una programmazione che intreccia realtà culturali del territorio con la scena nazionale, in un proficuo dialogo culturale». Venerdì 28 luglio alle 21.00 torna sul palcoscenico della Piazza Peppe Voltarelli, cantautore, scrittore e attore di origine calabrese, riconosciuto e apprezzato in Italia e all’estero. In La grande corsa verso Lupionópolis, spettacolo di musica e narrazione nato a marzo 2023 a seguito dell’esperienza a New York in occasione della registrazione di alcuni brani inediti, unisce il canto e la scrittura in dialetto calabrese. Le canzoni e le sonorità mescolano le melodie mediterranee ai ritmi metropolitani, rispettando le leggi delle emozioni del blues: si rivela così un diverso approccio artistico e creativo, generatore di una mappa di sentimenti che non è più recupero, ma rinascita di culture nuove fatte di diversità e complementarietà. La musica accompagna e arricchisce una corposa narrazione, che racconta il cammino verso una meta immaginaria, ovvero una minuscola e sconosciuta località del Paranà in Brasile, dove si celano misteriose e poetiche speranze di riscatto. Sabato 29 luglio alle 21.00 TOMAX TEATRO presenta Femmina, uno spettacolo che ripercorre la condizione della donna attraverso il tempo e lo spazio, partendo da un lontano passato, in cui l’archetipo del femminile era legato a tutti i mali dell’umanità, fino ad arrivare a un vicino presente, in cui si combattono battaglie per la parità dei sessi. A guidare questa indagine sul palcoscenico è una conduttrice televisiva che si destreggia tra le mille difficoltà derivanti dall’essere simultaneamente una mamma e una donna in carriera all’interno di una troupe capitanata da un uomo. Tra i servizi, si susseguono: il mito di Pandora, i casi di femminicidio in Italia, la condizione della donna in Afghanistan, il racconto di un’attivista iraniana. Lo spettacolo è interamente tratto da storie vere: le fonti per l’Afghanistan provengono da alcune testimonianze raccolte da Emergency e pubblicate su “iO Donna”; per l’Iran il documentario Be my voice di Nahid Persson; per l’Italia alcune denunce riguardanti il mondo dello spettacolo e fatti di cronaca nera. Domenica 30 luglio alle 21.00 SAN FRANCESCO ESTATE musica e teatro in piazza si conclude con CREXIDA / Anima Fluò che presenta Tza / Tzi / Ki - Ricette per esploratori dell’anima di Manuela De Meo e Angelica Zanardi. TZA / TZI / KI è un viaggio dentro noi stessi attraverso i sapori di ingredienti semplici o di pietanze esotiche che raccontano storie di paesi lontani. L’atto stesso di cucinare è alchimia che trasforma una serie di elementi in gustosi piatti: stendere la pasta, mescolare una crema, la precisione dell’intenzione nell’elaborare una ricetta e la musica che accompagna la preparazione, sono preludio di un rito intimo e collettivo, una grande festa di condivisione. TZA / TZI / KI è una “degustazione teatrale” in cui si invita a dissipare i pensieri contorti lasciandosi inebriare dai profumi e dai sapori del cibo, che si insinuano in noi liberando i ricordi e le emozioni.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Milano, 14.06.2023
Si è svolta con successo l’inaugurazione della mostra personale di Antonietta Viganone a Milano
Grande successo dell’inaugurazione della mostra personale dell’artista Antonietta Viganone, a un anno dalla sua scomparsa, dal titolo INCISIONE/PITTURA/SCULTURA A/R (Andata e Ritorno), curata dal critico d’arte Marco Eugenio Di Giandomenico.
Sono intervenute varie personalità del mondo dell’arte e dell’università, le quali hanno avuto modo di apprezzare alcune opere d’arte (N. 3 incisioni, N. 2 sculture e N. 5 dipinti) della Viganone allestite in un percorso espositivo che documenta le tappe fondamentali della sua evoluzione creativa in più di sessant’anni di produzione artistica.
Il titolo della mostra allude all’interessante transfer di linguaggi creativi, dall’incisione alla pittura e alla scultura in un percorso circolare estroso virtuoso di A/R (andata e ritorno), che caratterizza l’allure estetica dell’artista.
L’iniziativa, che è organizzata dalla Fondazione Antonietta Viganone ETS, presieduta da Francesco Fabbiani, presso gli spazi espositivi di F&C Studio Legale Tributario di Milano (Corso Vittorio Emanuele II n. 30), in collaborazione con Ethicando Association di Milano e la piattaforma di comunicazione internazionale Betting On Italy (BOI), dura fino al 31 luglio 2023.
Sono esposte anche due sculture della serie “L’Albero”. «Il tema dell’albero, e in particolare del gelso, delle sue opere scultoree – commenta il curatore artistico Marco Eugenio Di Giandomenico - denuncia senza dubbio la sua ansia “sostenibile”, soprattutto in termini di necessaria salvaguardia di un pianeta vessato dall’azione devastante sconsiderata degli esseri umani, sempre più costretti a vivere in contesti urbani che negano i valori esistenziali primari. I suoi gelsi, tuttavia, sono “alberi della vita”, sulla scia del mito ovidiano di Piramo e Tisbe (cfr. Ovidio, Metamorfosi, Libro IV, 55-166) custodiscono il segreto dell’Amore eterno, esprimono la speranza di rinnovamento e di rinascita per un essere umano che sempre meno riesce a “guardare verso l’alto”».
L’iniziativa è prodromica di una mostra personale antologica, che sarà organizzata nell’autunno del 2023 in una sede istituzionale milanese.
Presso gli spazi espositivi di F&C Studio Legale Tributario la mostra è visitabile su appuntamento ogni pomeriggio dalle ore 15:00 alle ore 18:00, esclusi i giorni festivi, fino al 31 luglio 2023.
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Per informazioni:
Fondazione Antonietta Viganone ETS
E-mail: [email protected]
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Angelo Viviani - “The Horizon”
Primo singolo estratto dall’Ep di prossima pubblicazione del pluripremiato musicista e compositore
Esce “The Horizon”, singolo del musicista e compositore Angelo Viviani. Il brano è il singolo estratto da un Ep di prossima pubblicazione che denota già dal primo ascolto il talento dell’artista e la strada che verrà percorsa tra pathos e melodie. “The Horizon” è sui principali stores digitali e in promozione nazionale.
Questo lavoro vuole esser non solo un'accettazione forzata di un contesto che ha totalmente oscurato i nostri fronti bensì una completa descrizione di esso, nei suoi minimi dettagli. Ciò mi ha permesso, dopo una molteplicità di riscontri con me stesso e con le poche persone con le quali potevo confrontarmi in carne ed ossa attorno a me, di scavare all'interno di tutto ciò che alla mente fruiva.
Nasce così “The Horizon” singolo dell'omonimo EP, non ancora pubblicato, per Basso Solo. Scritto e prodotto tra la primavera e l'estate del 2020, il lavoro ha subito ulteriori variazioni e numerosi rallentamenti, date le continue circostanze negative che ebbi e ho assorbito nel corso della pandemia. La mia opera, come accennato in precedenza, vuole essere una falsa accettazione di tale momento storico, sottolineando in particolar modo la prospettiva di un “Orizzonte” quasi rimasto nell'oblio, così come per molti di noi.
Il “quasi” delinea un senso di speranza e viene descritto come una voglia di rinascita, accomunato ad un evidente cambio dell'ottica di una vita artistica da me vissuta in passato e risorta ora, nell'anno 2023, per mostrarla e condividerla con voi.
Storia dell’artista
Nato come bassista nel 2010, inizia lo studio dello strumento come autodidatta, facendosi conoscere, prestissimo, nella realtà locale della città di Torino. Dopo essersi affermato come bassista, Angelo inizia a perseguire lo studio del contrabbasso classico. È stato ispirato dalle grandi opere, marchi di fabbrica dei grandi maestri e autori dell'epoca barocca e classica come W.A.Mozart, J.S.Bach e L.V.Beethoven e molti altri. Successivamente, nel 2014, si iscrive al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, per intraprendere lo studio del contrabbasso sotto la guida del M° Paolo Borsarelli, con il quale si diploma (2019 Bachelor of Music, 2021 Master of Music) a pieni voti. Durante il periodo dei suoi anni accademici, ha avuto modo di seguire workshop con maestri del calibro di Wies De Boévé (Co-Principal Bass della Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks Münich e primo premio internazionale del ARD, Bottesini e DMW Music Competition), Thomas Martin (Primo contrabbasso della London Symphony Orchestra e della English Chamber Music), Timothy Cobb (primo contrabbasso della Filarmonica di New York) e Bözo Paradzik (uno dei più grandi solisti contemporanei). Nel 2017 è stato chiamato a collaborare con l'Orchestra Sinfonica di Asti in una produzione che vide la partecipazione del tenore Andrea Bocelli, durante il quale vennero toccate diverse tappe, tra cui Orvieto, Milano e Roma. Durante l'anno successivo, Angelo ha partecipato ai suoi primi concorsi ed è risultato vincitore Concorso Internazionale “Musica Insieme” (primo premio), svoltosi nella città di Asti. Ha anche vinto un secondo primo premio nel 2021 al concorso internazionale “Musica in Langa”, come contrabbassista solista.
Attualmente lavora come turnista e come insegnante, sia come bassista che come contrabbassista in progetti locali e nazionali tra Torino, Milano e Aosta (tra cui MITO Settembre Musica, musica da camera, Jazz e funky music) continuando a perseguire, al contempo, un secondo Master of Music presso il Conservatorium Maastricht (Zuyd University of Applied Sciences), dove ha trovato terreno fertile per nuovi progetti. Da poco, Angelo ha intrapreso un progetto solista, “throughout the bass”, nel quale ripropone i grandi must e non della musica, con composizioni anche inedite, in chiave del tutto originale. Quest’ultimo è stato il riluttato di ciò che è uscito il 29 aprile del 2023: “The Horizon”, singolo di matrice pianistica trasferitasi sul basso elettrico.
Instagram: https://www.instagram.com/angelo_viviani_/
Facebook: https://www.facebook.com/Angelo.Viviani.Bass/
Spotify: https://artists.spotify.com/c/it/artist/1NQezlopS3QwwvCZ8LP9Zr/profile/overview
YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCM6jDIbb_duKbHZ_rBRGPIw
TikTok: https://www.tiktok.com/@angelo_viviani_
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Storia e segreti del mese di aprile
“Dunque, poiché la primavera apre tutto, l’intensa asprezza del freddo cede il passo e la feconda terra si apre, si dice che il mese venne chiamato aprile perché la stagione è aperta, e reclama Venere la nutrice, che pone la sua mano sopra il mese” diceva il poeta latino Ovidio nei Fasti (IV libro, vv 85-90) sul quarto mese dell’anno, aprile, simbolo dell’apertura della natura dopo la chiusura invernale, che era anche il momento della fondazione di Roma. Questo periodo dell’anno era dedicato a Venere, dea romana della bellezza, del piacere, dell’amore, cui veniva consacrato il vino novello, cioè quello frutto della vendemmia precedente, che per la prima volta veniva assaggiato. In onore della dea la bevanda veniva versata in grande quantità sulle scalinate del Venus Obsequens, vicino al Circo Massimo, nel giorno in cui si rievocava la battaglia tra Enea e il re dei Rutuli, Turno. Per conquistare il Lazio Enea si rivolse a Giove, il suo rivale al re etrusco Mezenzio, ma entrambi lo fecero donando vino “Madre degli Eneadi, voluttà degli uomini e degli dèi, alma Venere, che sotto gli astri vaganti del cielo popoli il mare solcato da navi e la terra feconda di frutti, poiché per tuo mezzo ogni specie vivente si forma, e una volta sbocciata può vedere la luce del sole“ diceva Lucrezio nel suo “De Rerum Natura” (I, vv 1-4). Venere venne poi indicata da Virgilio come madre di Enea, capostipite della gens Iulia, ed era legata indissolubilmente con i destini di Roma. La fondazione di Roma era collegata anche a Flora, dea protettrice della vegetazione, i cui riti, i Floralia, si svolgevano, come dice Ovidio, proprio nel secondo mese del calendario romano. Durante il mese di aprile la liturgia era molto legata alla terra con feste come i Cerealia, legati a Cerere, antica divinità italica che inventò l’agricoltura, i Robigaglia, per favorire la produzione di grano e i Parilia, un tempo festeggiati proprio il 21 aprile, giorno della fondazione dell’Urbe, per favorire la protezione dei greggi e dei pastori da parte del dio Pales. In onore del 21 aprile l’imperatore Adriano dedicò un tempio a Venere e alla dea Roma per celebrare quel giorno., dove prima sorgeva la Domus Transitoria, antica abitazione di Nerone sul Palatino. Il mese di aprile così divenne simbolo di un periodo di rinascita, anche perché vi cadevano i Veneralia, dedicati a Venere Verticordia, la divinità che trasformava le passioni lussuriose in caste, e alla Fortuna Virile. Il rito legato alla festività prevedeva le vestali ricoperte da mirto, per ricordare il mito di Venere secondo il quale fu sorpresa da alcuni satiri a fare il bagno nuda, così usò proprio quella pianta per coprirsi e per Ovidio e Varrone il nome di questi giorni dedicati a Venere deriverebbe dal verbo latino “Aperire” come l’aprirsi della natura a nuova vita. Read the full article
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Storia Di Musica #230 - Steve Vai, The Ultra Zone, 1999
Il sogno di ogni fan è di avere un contatto con il proprio idolo. Questo pensò un giovanissimo ragazzo di Long Island verso la fine degli anni ’70. Steven Siro Vai, figlio di immigrati del pavese, provetto e spericolato chitarrista, manda una registrazione amatoriale e la trascrizione di alcune complesse partiture per chitarra a Frank Zappa, suo mito: tra queste, trascritta nel 1978, quando aveva solo 18 anni, quella leggendaria di The Black Page ("la pagina nera" dovuta al fatto che la partitura presenta una incredibile concentrazione di segni musicali). Il genio di Baltimora, incuriosito ed impressionato da quel tipino, prima lo chiama a sé come trascrittore ufficiale, poi invece lo ingaggia nella sua band, a cui affida le leggendarie e super complicate parti di “Impossible guitar” o le famose “Strat Abuses” nei suoi dischi da Tinseltown Rebellion (1981) a Jazz From Hell (1986). In Them Or Us (1984) Zappa addirittura dedica un intero e iper sofisticato brano a Steve, l’iconica Stevie’s Spanking che inizia così: His name is Stevie Vai\And he's a crazy guy\Last November, I recall\ He needed a spanking. Steve Vai è già una leggenda tra i chitarristi quindi quando nel 1984 pubblica Flex-Able, suo primo disco solista, pieno di acrobazie chitarristiche che infiammano gli appassionati: nel frattempo, dopo che una chitarra custom che gli piaceva si ruppe mentre suonava ad un concerto, siglò un contratto di collaborazione con la Ibanez, famosa casa di produzione di chitarre giapponese, che lo elegge a uomo immagine, e Vai disegnerà una propria linea di strumenti, la Jem 777, famosissima negli anni ’80 tra le migliori Super Strat anche per via della Monkey Grip, una maniglia intagliata sul corpo della chitarra, che permetteva legati più facili da eseguire e di non prendere la chitarra per il manico, che era molto sottile, con il rischio di romperlo. La carriera solista inizia a riempire di premi il giovane Vai, che vince numerose votazioni come chitarrista migliore del mondo sulle riviste specializzate. Ha il tempo per suonare con gli Alcatraz, fare due ottimi dischi di heavy metal con David Lee Roth che ebbero grande successo (soprattutto Skyscraper) e solo nel 1990 ritorna con l’album Passion And Warfare, dove la sua arte chitarristica inizia a prendere una forma più definita, tra virtuosismi, fusion e fraseggi di genio metal inarrivabili. Nel 1993 nuova band con cantante il canadese Devin Townsend: Sex & Religion ha belle canzoni in Deep Down Unto The Pain, Dirty Black Hole e la title track, che ebbe anche un certo airplay radiofonico, ma spesso la voce di Townsend è troppo sguaiata e mal si accorda con la metamorfosi spirituale che Vai intraprende in quel periodo. Pubblica pochissimo, si ritira in una sorta di rinascita religioso-filosofica, poi torna in grandissimo stile con una formazione a tre con Joe Satriani (che fu uno dei suoi primi maestri) e Eric Johnson, i G3. I tre virtuosi della chitarra elettrica fanno faville, per la gioia dei fan, e per tutto il 1997 e il 1998 è un susseguirsi di concerti. Parte di quelle esibizioni sono racchiuse in un pirotecnico e incredibile live, G3: Live in Concert, immancabile nella collezione di dischi per tutti i fan della chitarra elettrica. Nel 1999, il ritorno in grande stile per uno degli album chitarristici più belli di sempre: The Ultra Zone esce nel settembre del 1999 ed è un portento. Nelle parole dello stesso Vai, “L’Ultra Zone è quell’aria indescrivibile che si può raggiungere solo zittendo la mente e lasciando parlare l’anima, la musica può arrivare di aiutarti”. In scaletta ben 13 pezzi, metà strumentali e metà cantati da Vai, tranne Asian Sky dove canta Koshi Inaba, voce del gruppo giapponese B’z, il cui chitarrista leader, Tak Matsumoto, suona anch’egli in questo brano. Gli strumentali sono superbi: The Blood & Tears campiona preghiere orientali, Voodoo Acid, con vocine in pieno stile zappiano e accreditate in pieno stile del Maestro come “spoken part” è lunatico e fantasioso, Oooo e la stupenda Windows To The Soul sono toccanti prove di tecnica chitarristica. Ma le due gemme sono due sentiti omaggi a due giganti dello strumento, ed amici di Vai, scomparsi da poco: Jibboom per il texano Stevie Ray Vaughan, ritmata e intrigante, e la solenne e splendida Frank, dedicata al grande Zappa. La sua carriera continuerà con ritmi meno severi, tra esibizioni live con la nuova G3, con Yingwie Malmsteen al posto di Johnson per incredibili scenari di assoli alla chitarra, e un riordino ricercato e intelligente dell’immenso archivio, e su questo punto bellissimo è The Elusive Light And Sound Vol.I, che raccoglie le idee e le registrazioni fatte per film, opere teatrali e televisione. Un gigante delle 6 corde e uno dei chitarristi più geniali e preparati di tutti i tempi. Zappa non sbagliò a dargli una possibilità.
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