#Più forte di ogni addio
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Secondo me le persone non si siedono a caso sul treno. C’è chi cerca di sedersi sempre verso la destinazione e chi verso il punto di partenza. Chi guarda scorrere il paesaggio in avanti, chi indietro. Il primo è qualcuno che vuole andare dritto verso la sua meta, qualcuno che ha grandi sogni e progetti, qualcuno che non ha un passato in mezzo ai piedi che ancora lo trattiene, qualcuno che ha fretta di crescere e diventare grande; il secondo è qualcuno che ha qualcosa, là dietro, che ancora non si è messo a posto, qualcuno che vuole sempre capire tutto per bene e non si lascia mai scivolare addosso le cose, qualcuno che ha ricordi disseminati dietro di sé con cui ama crogiolarsi e tenersi compagnia.
#Enrico Galiano#Più forte di ogni addio#enrico galiano#più forte di ogni addio#narrativa#narrativa italiana#citazioni#citazione#citazioni libri#citazione libro#frasi#viaggio#treni#pensieri
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Cos'è l'amore 💕
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"Ci facciamo fregare sempre dalle solite cose, dalle solite apparenze. Crediamo di vedere quello che abbiamo davanti, ma in realtà vediamo solo quello che vogliamo vedere."
Enrico Galiano - Più forte di ogni addio
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Ieri sera nella zona in cui abito sono tracimati o esondati 4 torrenti
Uno di essi ha allagato casa di mia mamma che abita sotto di me
Il torrente ha raggiunto una forza che non avevo mai visto, ha invaso il giardino e ha iniziato ad avvicinarsi a casa
Dopo poco l'acqua passava da ogni fessura, è stato inutile ogni tentativo di bloccarla
I danni sono stati limitati sennonché poco dopo aver ripulito il soggiorno un'altra ondata molto più grande e forte ha fatto uscire l'acqua dai muri, dalle prese della corrente, dalla porta, dalla doccia, per non parlare della lavanderia completamente sommersa e addio lavatrice
L'acqua in giardino ha completamente divelto la recinzione, ha abbattuto un muro di confine ha portato fango, detriti e tronchi un disastro
Un disastro che in confronto a quello che stava succedendo nei paesi limitrofi era un simpatico gavettone d'agosto
Oggi siamo riusciti a ripulire decentemente casa, il giardino vedremo in seguito
Nel pomeriggio siamo andati a portare da mangiare ai volontari che spalano il fango
Poi ci siamo uniti a loro
Siamo entrati nelle case di sconosciuti che non avevano più niente da un momento all'altro, case di una vita svuotate, tutti i loro oggetti scaraventati per strada marci di fango, persone senza una sedia per riposarsi, le case ormai involucri di cemento vuoti senza un senso
In tutto questo sconvolgimento mi sono accorto che alla natura i confini non piacciono qualunque essi siano
Che il senso di comunione di intenti delle persone che hanno una certa sensibilità mi esalta
Domani si ricomincia e le amicizie diventeranno più forti e altre ne nasceranno
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[…]
presa da un atto di coraggio, recuperai carta e penna, iniziando a scrivere le ultime parole che ti concessi, prima di dirti definitivamente addio.
23 novembre 2023
Ciao amore,
sono passati un po’ di mesetti dall'ultima volta che ti scrissi una lettera, ormai ne ho scritte così tante che ne ho perso il conto, anche se a dire la verità non le ho mai contate.
come ben sai, scrivere è il mio unico modo per esprimere ciò che ho dentro e ciò che non riesco a dire a voce...
in alcune lettere menziono sempre il fatto di dove io avessi sbagliato, di come avrei potuto fare scelte diverse o semplicemente raccontare le mie giornate o quello che comunque faccio nel presente.
poche volte menziono i ricordi, molte volte ripeto quanto ti abbia amato, e soprattutto quanto ancora ti amo.
questa è l'ultima lettera che ti scriverò, ho deciso di mettere la parola fine e il punto a tutto ciò che c'è stato in passato, ma soprattutto alla nostra storia, consapevole che il sentimento che ho provato per te, non lo proverò con nessuno.
ho capito che ci sono un'infinità di amori, che ogni amore con una persona è diverso dall'amore con un'altra, questo l'ho capito con il passare del tempo, e mi dispiace se me ne sia accorta troppo tardi.
ho provato a fare del mio meglio, come tu hai provato a fare del tuo, lottando con anima e corpo.
ogni tanto la sera prima di andare a dormire, rileggo le tue lettere, ogni volta è sempre un'emozione diversa, ogni volta ricado nei ricordi ed è bellissimo riprovare certe emozioni, ma è alquanto bruttissimo invece leggere e rileggere le stesse righe, le stesse frasi, le stesse parole, senza essermi resa conto dei dettagli.
citavi sempre che io meritassi di meglio, che ti sentissi sbagliato per me, e l'ultima volta che le ho rilette, ho capito troppo tardi che tu non ti sentissi all'altezza, e ti chiedo scusa se non me ne sia accorta, ti chiedo scusa se ti ho fatto sentire così, ti chiedo scusa se non ho fatto nulla per far si che non pensassi più cose del genere.
tu mi meritavi, tu eri all'altezza, senza di te mi sarei sentita persa, senza di te sarei crollata ancora prima di rialzarmi, senza di te sarei annegata, per farti capire che tu per me eri importante.
eri tu tra i due il più forte, eri tu tra i due che non mollava, eri tu tra i due che lottava, eri tu e sei sempre stato tu a non mollare tutto. sei determinato, furbo, intelligente, forte, un po' testardo, ma hai un grandissimo cuore e tanto da offrire a mio parere, ora non so come tu sia, ovviamente grande vaccinato e maturo, ma quando ami dai il mondo.
ci siamo sempre detti che nonostante non ci fosse più un per sempre tra di noi, di non mettere al primo posto nessun altro, io l'ho fatto, ma ora ti chiedo di non farlo a te, metti al primo posto Lei, dalle il mondo, amala, rendila felice, voglio che tu sia felice, che tu stia bene in primis, anche se questo porta a lei al primo posto anziché me.
in futuro se mai avrai una famiglia, oltre ad essere un buon padre, che ci scommetto che lo sarai, non raccontare di me, del tuo amore che hai provato per me, non raccontarlo, significherebbe raccontare il dolore, e l'amore non dovrebbe essere dolore, dovrebbe essere felicità.
tienimi solo come un bel ricordo, come una lezione di vita non so, ma tienimi solo per te come la ragazza dagli occhi belli da dio che hai conosciuto al lago durante una banalissima e noiosissima gita scolastica. solo questo ti chiedo.
ama tanto e sii amato, te lo meriti. spero con tutto il cuore che Lei ti stia dando tutto ciò che io non sono riuscita o non ho potuto darti.
grazie per aver fatto parte della mia vita, ti devo molto, ho anche mantenuto la promessa di non farmi del male, ma ora è arrivato il momento di lasciarti andare del tutto e volevo dirti anche che quel giorno dopo le lezioni di recupero in estate, quando hai ammesso di aver sbagliato a fare quello che hai fatto, lo stesso giorno in cui mi hai accompagnata in autobus ascoltando la nostra canzone e canticchiandola labbra contro labbra, in quel esatto momento ti avevo già perdonato, non mi importava del male che mi avevi fatta, non mi importava del male che poi in futuro mi avresti fatto, non mi importava perchè il sentimento che provavo per te era così forte e bello che sovrapponeva il dolore.
però so che tu non mi hai mai perdonata per la scelta che ho fatto, e va bene così, questo ha portato a un te felice ora, e se tu lo sei la sono anche io.
grazie per tutto.
per sempre tua.
[…]
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Era il suggello di un addio.
Non l’aveva mai sfiorata se non con qualche timido bacio sulle guance, poiché sapeva, ne era certo, che lei avrebbe sentito, attraverso quel fugace contatto, che l’amava perdutamente. Ma era infinitamente sublime quell’intesa mentale che aveva stabilito senza dirle nulla, come un patto indelebile, vergato nel bronzo come le leggi di un tempo antico. Quel coinvolgimento andava al di là di qualunque unione del corpo: era più intimo e più forte perché si trattava di un regalo il cui dono era l’inviolabilità dell’anima, i segreti e le viltà di un destino triturato dalla vita. Avrebbe lottato con la propria timidezza per non dirle di quel trasporto mentale che lo attraversa ogni volta che lei, con dolcezza violenta, passeggiava nei suoi pensieri. Era un incanto spezzato. Era un velo dissolto che dava la misura del tempo passato, portato lontano dai torrenti della vita. Era il suggello di un addio.
Marguerite Yourcenar
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Ieri ho trovato il coraggio di lasciarti andare per sempre
Ieri ti ho detto addio
Ieri è iniziata la mia rinascita tra il dolore infinito che sento dentro il vuoto di te che già non sei più parte della mia vita, delle mie giornate, della mia quotidianità
Ci siamo lasciati dandoci per l'ultima volta tutto il bene che ci siamo sempre promessi fin dal primo giorno e ora posso dire fino all'ultimo istante
Ci siamo lasciati senza odio alcuno, augurandoci il meglio l'uno per l'altro. Tu lo hai detto a chiare lettere augurandomi la felicità che merito e lì ho iniziato a temere di aver perso per sempre l'unica persona che davvero mi conosce profondamente ma era troppo difficile continuare, stava diventando un'amicizia distruttiva perché io non riesco a reprimere le mie emozioni, non riesco a smettere di immaginarti al mio fianco ogni momento e tu invece sì eri capace di tenere ben distinta la realtà dalla chat, da una vicinanza solo virtuale e questo sentivo che ci stava allontanando ogni giorno di più e sapevo che entro la fine di quest'anno tutto sarebbe finito, avrei voluto resistere ancora, stringere i denti ancora un poco il tempo per poter vivere insieme ancora un paio di tappe e traguardi importanti come la tua laurea, come la pubblicazione dei nostri libri, come la mia patente e l'inizio dei nostri lavori e invece ieri sera ci siamo salutati per l'ultima volta tra le lacrime più sincere
Ieri sera ho letto per l'ultima volta il tuo nome in chat proprio mentre stavo per sedermi sugli spalti di quel concerto che tu sai aspettavo da tanto tempo, quello della mia cantante preferita che ha scritto ogni canzone come la playlist della mia vita oltre che della sua, ho letto velocemente le tue ultime frasi che sono incise sul mio cuore, ti ho detto per l'ultima volta ciao, ho chiuso per sempre quella chat, ho chiuso per sempre ogni contatto con te, mi sono seduta tremavo ancora subito dopo si sono spente le luci ed è iniziato il concerto, ogni frase era una pugnalata ma nonostante ciò mi costringevo a cantare a buttare attraverso quelle parole tutto il dolore interiore, a urlarle quelle frasi e poi proprio tra le prime canzoni inaspettatamente c'è stata "frasi a metà" e lì ho sentito come se la Pausini sapesse che dovevo sentire una conferma di aver fatto la cosa giusta al momento giusto e lo ha fatto me l'ha confermato con quella frase "non c'era posto migliore" e forse è davvero così non c'era posto migliore perché questo mi ricorda quanto non poteva funzionare tra noi, tu in un posto così non ci avresti mai messo piede mentre io mi sento viva in quella confusione, se la Pausini ha fatto la playlist della mia vita non c'era davvero posto migliore per iniziare a rinascere a riprendere in mano la mia vita lasciandoti andare per sempre. Dopo un'ora buona ha cantato "come se non fosse stato mai amore" lì ho pianto e ho cantato con la voce spezzata e ho pianto ancora, sentivo di starti dicendo ancora una volta addio ancora più forte "ieri ho capito che è da oggi che comincio senza te", "ma adesso è troppo presto", "e vorrei fuggire via, e vorrei nascondermi ma resto ancora così senza parlare senza dirti non te ne andare".
È la fine di un capitolo intenso davvero ma se voglio tornare a vivere devo andare avanti da sola senza te e lo faccio per me, volto pagina ora torno a vivere per me
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#addio#pensieri#laura pausini#concerto#amicizia#fine di un rapporto#fine di un amicizia#fine di un amore#vivere#vita#frasi vita#ti ho lasciato andare#ti auguro il meglio#buona vita#dolore#ricomincio da me#sono la mia priorità#canzone#canzoni#testo canzone#emozioni#emozionante#lacrime#tristezza#vuoto#paura#fotografia#foto
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - From the Empire
WITCH HUNT - Capitolo 3
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
“Qui è dove i nostri cammini si separano, Eris.” Annunciò Abel.
Era già passato il tramonto, ma la Stazione Centrale brulicava ancora di viaggiatori in arrivo o in partenza dalla città.
“Sorella Louise ti accompagnerà per il resto del viaggio. Per piacere, comportati bene.”
“Molto piacere di conoscerti, Eris.” Disse gentilmente Sorella Louise.
Eris si limitò a fissare la mano della giovane suora sorridente, tesa verso di lei. Poi si voltò verso Abel lanciandogli un’occhiata contrariata. Ma il prete non stava guardando verso di lei, sembrava perso nei suoi pensieri.
“Ma tu… non vieni?” Gli chiese.
“Purtroppo ho ancora del lavoro da fare... e devo farlo da sol—ahi!”
Eris iniziò a guardarsi intorno, ignorando il prete che saltellava tenendosi lo stinco che lei aveva appena preso a calci. “C’è per caso un bagno qui vicino?”
“Ci saranno le toilette a bordo del treno.” Rispose Abel.
“Ma non riesco a farla quando il treno si muove!” Piagnucolò la ragazzina.
Il prete guardò il viso imbronciato di Eris e si dichiarò sconfitto.
“Sei sempre la solita. Sorella Louise, a che ora è il treno? Alle otto e dieci? Binario 5? Bene, allora Eris andiamo. Ho visto che ci sono dei bagni laggiù.”
“In che senso andiamo? Dove pensi di andare tu?”
“Andremo insieme così non ti caccerai nei guai. Sorella Louise, potrebbe aspettarci al binario? Grazie.” Annunciò Abel, afferrando la ragazzina ancora riluttante per un braccio e trascinandola con sé attraverso la lobby affollata. Shuttle mandati dagli hotel a raccogliere i turisti in arrivo, ragazzini che pulivano le scarpe per pochi centesimi e venditori di ogni tipo continuavano ad intralciarli. Abel e Eris si fermarono davanti ad un chiosco che vendeva ninnoli per bambini. Abel scelse un portachiavi che aveva attirato la sua attenzione e lo acquistò, nonostante le sue poche liquidità.
“Ecco a te.” Disse.
“E’ per me?” Chiese Eris sorpresa.
Era un piccolo gatto nero di peluche. Abel attaccò il portachiavi allo zaino della ragazzina. “Un regalo di addio. Ti piacciono i gatti, vero?” Chiese.
“Mi piacciono un sacco! Grazie mille!” Esclamò, genuinamente felice.
“Prego.” Le sorrise il prete.
Abel riprese a camminare, con la sua solita aria goffa. Aveva sul viso un’espressione più dolce del solito, e guardava la folla che si agitava intorno a lui con occhi che esprimevano amore per tutto il mondo.
“Hai mai avuto gatti?” Chiese, cercando di avviare una conversazione.
“Un tempo ne avevo tanti, quando i miei veri genitori erano ancora vivi.”
Il sorriso del prete scomparve per un momento.
Eris si rese conto di quello che aveva appena detto e cercò di sdrammatizzare. “Non è niente. E’ successo molto tempo fa.” Lo rassicurò.
“Mamma e papà… si sono suicidati.” Continuò mentre schivava una signora paffuta che vendeva succhi di frutta.
“Un suicidio?” Chiese Abel sorpreso.
“E’ stato un doppio suicidio, ma suppongo si possa dire che sono stata io ad ucciderli.”
Abel era definitivamente confuso. Non ha appena detto che si era trattato di un suicidio? Non chiese nulla di ciò che gli stava passando per la mente, ma continuò semplicemente a camminare a fianco della ragazzina.
“Mi dispiace.” Mormorò.
“Ti ho detto che non è niente. Non ti preoccupare.” Rispose lei, rivolgendogli un sorriso smagliante, scostandosi una ciocca di capelli dorati. “Non sono il tipo da scoraggiarmi per così poco.”
“Allora sei una persona molto forte.”
“Se non fossi stata così, non sarei potuta sopravvivere. Sarei stata una facile preda per chiunque. Ma suppongo che chi vive una vita tranquilla all’interno di una chiesa non possa capirlo.”
“Mi spiace.” Era tutto quello che il prete riusciva a dire.
“Il mondo è pieno di nemici. Se mostri debolezza verrai ucciso.” Concluse Eris come parlando tra sé e sè, con sguardo duro.
Abel la guardò con aria triste. Qualunque parola di conforto le avesse rivolto, l’avrebbe respinta. “Eris, tu non sei sola. Ci sono io dalla tua parte.” Le disse dolcemente.
“Che intendi dire?” Chiese lei, sorpresa da quelle parole.
“Non devi farti nemico il mondo, e non sei sola. Non finché ci sarò io al tuo fianco.”
Eris alzò gli occhi verso il prete alto e goffo che camminava accanto a lei con uno sguardo di disprezzo. Poi un sorriso ironico le si formò sulle labbra.
“Stai per caso provandoci con me?”
“Uh? C—cosa?” Balbettò Abel impallidendo. “No. Uh, no. Io.. ehm… sono… ehm… un prete. Non mi è permesso provarci con nessuno. Non ci sto provando con nessuno.” Continuò a balbettare guardandosi intorno imbarazzato.
“Uff, che palle.” Ribatté Eris, mettendogli il broncio con il sorriso malizioso di un gatto che gioca col topo. Poi allungò delicatamente un dito e lo andò a posare sulla fronte di Abel.
“Per un po’ sono stata felice, Padre, quindi…”
“Quindi?” Ripetè lui curioso.
“Mi spiace davvero.” Disse Eris con il suo solito tono malizioso.
Il mondo del prete piombò improvvisamente nell’oscurità.
“Ugh.” Grugnì Abel.
Dove sono? Si chiese, trovandosi di fronte ad una porta di acciaio alla fine di un lungo corridoio. Fino ad un momento prima era…
Cercò di schiarirsi la voce e parlare, ma non uscì alcun suono decifrabile. Non ricordava nulla. Ma quella porta di acciaio aveva qualcosa di familiare… qualcosa di spiacevole. Ma anche quei ricordi sembravano essere scomparsi dalla sua memoria.
Dalle finestre del corridoio si vedeva un paesaggio blu. Siccome il cielo era pieno di stelle, ipotizzò che fosse notte. Ma il pavimento sotto di lui emetteva una luce abbagliante.
Sentì il suo cuore aumentare i battiti.
Sotto i suoi piedi si estendeva un’enorme sfera blu. Un bellissimo pianeta con sfumature di marrone e verde contro un meraviglioso blu cobalto. Bianche scie di nuvole lo ricoprivano in alcuni punti, muovendosi lentamente.
Guardò verso la porta di acciaio e fece un profondo respiro. C’era qualcosa dentro di lui che scalpitava per uscire. Una presenza scura ed incredibilmente sinistra aveva iniziato a muoversi, rompendo il sigillo che teneva chiusi i suoi ricordi del passato.
Abel appoggiò delicatamente la mano sulla porta, che brillava debolmente. La porta si aprì silenziosamente e la luce fu sostituita da un’infinita oscurità.
“Ciao, Abel. Sei in ritardo.” La figura di un uomo alto si voltò verso di lui.
Nell’oscurità, Abel non riusciva a distinguerne il viso, ma lo riconobbe lo stesso. Sapeva che sotto i capelli biondi si nascondeva un volto di una bellezza di porcellana e con un sorriso gentile. Ma cos’era quell’odore soffocante di sangue? E cosa teneva in mano l’uomo?
“Dovresti essere contento. L’elemento negativo è stato eliminato.” Porse ad Abel qualcosa perché lo vedesse. L’odore di putrefazione si fece più intenso. “Ora non rimane più nessuno ad ostacolare il nostro piano. Il traditore non è più in vita.”
Quando la luce illuminò cosa teneva in mano l’uomo, Abel scoprì che si trattava della testa di una dea dai capelli rossi e la pelle scura—
In quel momento, dalla gola di Abel scaturì un urlo silenzioso…
“E’ successo qualcosa, Padre?”
“”Eh?”
Abel sbatté gli occhi, trovandosi davanti un grassottello impiegato della stazione che lo stava guardando con aria preoccupata. “C’è qualche problema? Non si sente bene?”
“Sentirmi bene?” Ripetè Abel. Aveva la fronte imperlata di sudore. Era confuso ed aveva la nausea.
Intorno a lui c’era lo stesso trambusto di poco prima: un flusso intenso di persone che andavano e venivano. Ma alcuni di loro si erano fermati a guardarlo, chiedendosi cosa stesse succedendo.
“E’ molto pallido.” Insistette l’impiegato. “Vuole che la accompagni al punto di primo soccorso?”
“Ah, no. Sto bene. Mi scusi.”
Scosse violentemente la testa, come per liberarsi da ragnatele invisibili. Ricordava Eris che lo toccava sulla fronte, e poi era diventato tutto nero.
Dov’era Eris?
“Eris?!” Gridò.
Abel si guardò intorno in preda al panico, scandagliando freneticamente la stazione in cerca della ragazzina, ma di Eris non c’era traccia.
#abel nightroad#trinity blood#sunao yoshida#rage against the moons#trinity blood novels#traduzione italiana#eriswasmayer#thores shibamoto#witch hunt
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Le cose bisogna dirsele, non basta farle capire, quando provi qualcosa per qualcuno devi andare là e dirglielo, con la voce, forte e chiaro, perché tu pensi che ci sarà sempre tempo ma non è vero, arriva un momento in cui semplicemente non puoi più, è troppo tardi, e troppo tardi non è mai un bel posto dove stare.
Enrico Galiano - Più forte di ogni addio
Ph Ferdinando Scianna
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Non è vero che dopo ogni delusione si diventa più forti… Si diventa più attenti. E c'è una differenza abissale tra l'essere forte e l'essere attento.
Essere forte è una di quelle illusioni che ci raccontano per farci andare avanti, per convincerci che la sofferenza sia una sorta di addestramento, una palestra per il cuore. Ma la realtà è ben diversa. Dopo ogni delusione, non mi sento più forte. Mi sento più fragile, più spezzata, come se ogni crepa dentro di me si allargasse, diventando un segno indelebile. Mi sento più attenta, sì, ma non è una qualità che ho cercato. È una condanna.
Attenta, sì, a ogni parola non detta, a ogni gesto mancato, a ogni segnale che prima avrei ignorato, convinta che tutto si sarebbe risolto con l'amore e la pazienza. Ora non è più così. Ora so che dietro ogni sorriso può nascondersi una promessa non mantenuta, dietro ogni abbraccio c'è il rischio di un altro addio, dietro ogni momento di felicità, la paura di una nuova caduta.
Crollo, ma in silenzio. Perché dopo tante delusioni impari a soffrire da sola, a non disturbare nessuno con il peso delle tue lacrime. Impari che nessuno può realmente capire quello che provi, perché il dolore è qualcosa di intimo, qualcosa che si radica nel profondo e che ti scava dentro senza fare rumore. E così impari a costruirti una corazza invisibile, fatta di silenzio e distanza, una barriera che ti separa dal mondo. Ti annulli, perché sembra più facile scomparire che spiegare. Più facile far finta di niente che ammettere quanto male ti abbia fatto l’ennesima ferita.
Ti isoli, lentamente, senza nemmeno accorgertene. All'inizio ti dici che è solo un momento, che hai bisogno di spazio per ritrovare te stessa. Ma poi lo spazio diventa solitudine, e la solitudine diventa un rifugio, una prigione in cui ti chiudi volontariamente perché il mondo esterno è troppo rischioso, troppo doloroso. Ti costruisci un guscio, e dentro quel guscio, la tua voce si spegne. Le parole che vorresti dire restano bloccate, intrappolate dietro un muro di paure e dubbi.
Ti chiudi dentro te stessa, come se fosse l'unico modo per proteggerti, ma al tempo stesso ti rendi conto che in quel rifugio non c'è spazio per nessuno. Nessuno può entrare, nessuno può davvero avvicinarsi, perché hai imparato che chi si avvicina troppo finisce sempre per ferirti. E così tieni tutti a distanza, anche quelli che vorrebbero starti vicino, anche quelli che forse non ti farebbero del male. Ma come puoi saperlo? Come puoi rischiare di nuovo?
Non diventi più forte dopo una delusione. La verità è che ogni volta che il cuore si spezza, qualcosa dentro di te si spegne. Diventi più attenta, sì, ma non è una vittoria. È una resa. Una lenta resa all’idea che forse l’amore, la fiducia, la speranza sono illusioni troppo fragili per chi ha imparato a convivere con le cicatrici.
-Anonimo🖤
#quotes#realtà#vita#tristezza#pensieri#frasi vita#frasi#nostalgia#citazioni#citazione#vita quotidiana#depressione#stato#mente#mente solitaria#mente depresiva
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Il vero tratto distintivo di chi ha sofferto per davvero è che, in fondo, è gentile e spesso signorile.
C'è come un velo di clemenza sopra tutti i gesti, chi ha sofferto davvero non infierisce mai, non calpesta, sta attento a tutto, osserva, se può evita di ferire; la voce gli si colora di un soffio mite.
Chi ha sofferto davvero, sa chiedere scusa e sa camminare in punta di piedi.
E ride, ride un sacco, più di chiunque altro.
Ma non provocarlo e non abusare mai di Lui, perché sa anche, se serve, calpestare ed essere feroce, anche in un'altra vita!
liberamente tratto da "Più forte di ogni addio” di Enrico Galiano
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youtube
Il bene che ci siamo voluti noi due
è un taxi e si ferma qui
Io stavo bene nelle tue mani
Non avrei chiesto mai niente di più
Ma in questo giorno che comincia a Settembre
Ti abbraccio e mi manchi.
Arrivederci allora ragazza più forte di me
Tenera è la notte ma la vita è anche meglio
Di questo momento che te ne vai
Tu non parlare che si calma il dolore
Dopo è solo tempo.
Questa è la pioggia che deve cadere
Sulle piccole scene di addio
Siamo solo noi fra milioni e milioni
Benvenuto anche il tuo nome
Fra le future nostalgie.
Se questo può farti felice
Più confuso di cosi non sarò
Tutto andrà bene ci possiamo fidare
Chiamami ogni tanto se vuoi.
Da questo giorno che comincia a Settembre
Chiamami quando vuoi.
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questa è l'ultima volta che scrivo di te e poi sarà come se non ci fossimo mai incontrati.
vorrei avere la forza di dirti addio, di lasciarti un bel ricordo di me, ma non ci riesco, non trovo le parole, è come se non volessi ammettere a me stesso che ormai è finita, che devo lasciarti andare.
perciò, nonostante io ti ami con tutto il mio cuore, nonostante sarei disposta a rivivere le pene dell'inferno per te, fa male, ma devo lasciarti andare.
devo fare forza su me stessa e non essere più cosi vicino alla voglia di averti tra i miei giorni, nonostante i giorni storti e tutti i torti e tutte le volte che ho provato a spiegare, ma tu non hai voluto ascoltare e io mi son sentita come se fosse solo poco importante ciò che avevo da dire.
fa male, ma devo lasciar stare.
ci sono state cose che avrei voluto dirti, ma purtroppo non c'è stato modo di farlo. penso che non riusciro mai a superare tutto. pensavo che un rapporto così stretto e forte non potesse mai arrivare ad una fine, ma purtroppo è successo. mi sento un po' vuota nonostante io stia provando a colmare quel vuoto, ma anche se sono in mezzo a tante persone nei loro occhi cerco i tuoi.
avrei voluto scriverti tante cose, ma nulla più ha senso, nulla può farti ritornare. ormai stai bene
senza me.
ho una sensazione di malinconia che non va via da quando tu sei andata via, ogni volta che ci penso sento un vuoto se ripenso al fatto che non farai parte della mia vita.
non sono più la stessa, ti ho consegnato il mio cuore nelle mani sperando che per una volta sarebbe andato tutto liscio siccome ci fossi dentro anche tu. con te i miei occhi erano cambiati, mi brillavano come non avevano mai fatto, avevo una motivazione per andare avanti dopo un periodo che mi aveva spento ormai da mesi. non avrei mai voluto vedere questa parte di me.
mi continuerò sempre a chiedere: "perché?" continuerò a farmi mangiare dalle paranoie
incolpandomi di tutto.
sarai l'unica persona che quando mi diranno: "giada chi ti manca sempre?" io risponderò con il tuo nome.
forse era destino che doveva succedere così, boh chi lo sa, non volevo che questo succedesse.
(Non sono parole mie, ma le sento tutte)
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«Vivere è, insieme, accumulo e perdita. Incontrarsi e dirsi addio. Volti, nomi, storie, sentimenti, persone. Ci vengono incontro, ci affiancano, ci accompagnano per un tratto di strada; poi se ne vanno, prendono altre vie, altri sentieri; a volte si fermano, e rimangono lì, e ci guardano allontanarci e diventare sempre più piccoli, sempre più distanti, mentre proseguiamo il cammino e spesso neppure ci voltiamo indietro, presi da mille pensieri, gli occhi e la mente intenti alla prossima meta. Ma ci lasciano, tutti, qualcosa. Un fardello piccolo o grande, prezioso sempre; ci lasciano il balsamo misterioso e dolcissimo dell’assenza.
L’assenza è una voce che non sentiremo più, eppure ci parlerà dal profondo del cuore nell’ora più buia, nel giorno più difficile. L’assenza è una mano che puoi stringere forte quando ogni altra mano ti sfuggirà e il coraggio parrà venirti meno. L’assenza è un ricordo che a chiunque – ma non a te – parrà banale, è una fotografia in bianco e nero, una frase che contiene un mondo, una cantilena imparata non sai più quando e dove, un sorriso, un’amarezza seppelliti nella memoria. E’ una sera d’estate con le nuvole alte nel cielo, antichi re delle fiabe che partono per l’esilio; è una strada ripercorsa tante volte, è il Natale come lo aspettavano i bambini, un giardino misterioso come la giungla nera, un pomeriggio giocato all’ombra di un cortile, mitologia quotidiana, lessico familiare, epopea domestica. L’assenza è il tempo che ti pareva inesauribile e invece non c’è più, il tempo per tutto ciò che non hai saputo dire, che non hai potuto fare; è il rimorso per un bacio mai dato, per una lettera non spedita, per le parole inutili e i silenzi crudeli. E’ l’amore che ti porti dentro, è quello che resta quando tutto finisce. Il rendiconto ultimo, il significato del vivere»
(Gabriele Ferraris)
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Dirsi addio non è facile. Non lo è mai stato e mai lo sarà. Fa male. È complicato. Non esiste un modo semplice per farlo. Pensare che quella è l���ultima volta che vedrai quella persona fa sanguinare il cuore. Lasciare lei e lasciare tutto quello che avete passato. Insomma lasciarsi alle spalle una parte della vostra vita, che però ricorderete per sempre. Da soli. Quando la vostra canzone suonerà alla radio. Quando incrocerete una coppia che si bacerà sulle panchine. Quando passerete davanti ai luoghi in cui siete stati insieme mano nella mano. Ma sopratutto quando in ogni ragazza che incontri cerchi sempre qualcosa di suo. Dirsi addio uccide. Uccide momenti incancellabili trascorsi insieme. Tra i fiumi del vino allegri, spensierati e tanto felici. Ti porta via quelle sensazioni che ti facevano battere tanto forte il cuore ogni volta che la rivedevi. Una volta che si è detto addio, si ricordano solo le cose belle. Tutti gli errori, le litigate e gli sbagli vengono archiviati. Perchè in fondo l’unica cosa che conta in quella persona sono i momenti belli trascorsi in sua compagnia. Potrà passare tutto il tempo del mondo ma ancora oggi a distanza di mesi, ogni qual volta sento quella canzone. La canzone che suonava in sottofondo, gli occhi si gonfiano di lacrime. Lacrime amare. Lacrime che portano con loro anni stupendi, baci romantici, fughe d’amore, in poche parole vita. E ti ritrovi solo, nel letto, la musica in sottofondo e con il cuore che riapre quella ferita che non guarirà mai. Perché sognare ad occhi aperti un nostro incontro pacificatore, perché parlare allo specchio come se il mio riflesso fossi tu e parlare a cuore aperto inventando e immaginando anche ogni tua risposta, perché piangere dicendo ti voglio bene, perché sognare ad occhi aperti di prendere insieme una decisione: se continuare a pensarci ma per orgoglio e paura non tornare l'uno nella vita dell'altro o ritornare e ricominciare da dove ci siamo allontanati con la promessa di non mentire più, di dirci ogni cosa anche con la paura di ferire l'altro ma evitando così di creare nuovi rimpianti. Perché tutto questo?! Lo so mi manchi un sacco ma io non so se almeno un po' ti manco anch'io, se tornassi indietro tu mi accoglieresti di nuovo o mi diresti non puoi andartene e tornare come se nulla fosse... Perché tu resti parte della mia vita anche se non ci siamo più sentiti, anche se non ho idea di come stai e cosa fai, anche se non ho idea se ti sei già dimenticata di me e se sei riuscita ad andare avanti e chiudere totalmente quel nostro capitolo, che io invece tendo a risfogliare in continuazione.
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Ognuno ha la propria nemesi
Ogni supereroe degno di tale qualifica vanta una nemesi. Vale a dire un nemico più forte e agguerrito rispetto agli altri. Lo scopo dichiarato di costui è cercare di complicare quanto più possibile l'esistenza dell'eroe. Fino a provocarne la dipartita, nei casi più estremi. (Cosa che non deve riuscirgli, altrimenti addio fumetto del protagonista). L'Uomo Ragno ha Green Goblin, padre del suo migliore amico. I Fantastici Quattro hanno il Dottor Destino, che odia particolarmente Mister Fantastic (i due avrebbero studiato insieme, se ben ricordo). Iron Man ha il Mandarino, un tizio la cui arma più pericolosa sono gli anelli che porta alle dita. Devil ha il Gufo, del quale sinceramente non so proprio nulla. Gli X-Men hanno Magneto, vecchia conoscenza del loro mentore, Professor Xavier. Thor mi pare abbia Loki, ma non ne sono certo al cento per cento, visto che l'ho sempre seguito pochissimo. Il Dottor Strange dovrebbe avere Dormammu: uso il condizionale perché ho seguito ben poco pure lui. Hulk ha il Capo, un tale anche lui sottoposto ai Raggi Gamma, che gli hanno sviluppato in modo abnorme il cervello. Superman ha Lex Luthor, un tizio pelato che odia l'uomo d'acciaio perché gli avrebbe fatto perdere tutti i capelli. Batman ha Joker, bizzarro criminale del quale pare non abbiano mai narrato le origini. Direi che posso fermarmi qui. Anche perché non ne ricordo altri.
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