#Palazzo Mirto
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monologhidiunamarea · 2 years ago
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lamilanomagazine · 1 year ago
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“Un Sogno di Periferia”, il lungometraggio antibullismo di 150 studenti salentini
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“Un Sogno di Periferia”, il lungometraggio antibullismo di 150 studenti salentini. Una storia di riscatto sociale, di rivincita, di riqualificazione urbana di luoghi realmente esistenti. S’intitola “Un sogno di periferia” ed è il lungometraggio prodotto da sei scuole del Salento: l’Istituto comprensivo statale “Geremia Re” di Leverano (scuola capofila) con l’IC “Don Milani”, sempre di Leverano, e gli istituti comprensivi di Aradeo - Neviano, Porto Cesareo, “P. Impastato” di Veglie e “ A.Diaz” di Vernole. Realizzato attraverso un progetto finanziato con il Bando “Il linguaggio cinematografico e audiovisivo come oggetto e strumento di educazione e formazione. Azione C) Visioni Fuori-Luogo”, promosso dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Istruzione e del merito, il film è stato presentato oggi, a Palazzo Adorno, da Antonio Leo, vicepresidente della Provincia di Lecce, Antonella Cazzato, dirigente scolastico ICS “Geremia Re” di Leverano, Ines Cagnazzo, assessore alla Pubblica istruzione del Comune di Leverano, Maria Luisa Mirto, referente Valutazione e Monitoraggio, Fabio Frisenda, regista, Graziano Tramacere, sceneggiatore, e i due ragazzi protagonisti del film Stefano Mangia e Nicole Carrafa. «La Provincia, ente che rappresenta tutte le periferie, fa suo questo film con i messaggi che vuole trasmettere. È una pellicola che affronta temi importanti, dal bullismo al recupero di luoghi abbandonati, con un linguaggio che può coinvolgere i più giovani e, quindi, essere d’aiuto dove c’è bisogno. La scuola si muove, i ragazzi ci sono, le istituzioni ci sono. Insieme formiamo una rete incredibile. Solo così possiamo sconfiggere grandi piaghe sociali, come il bullismo», ha evidenziato il vicepresidente della Provincia di Lecce Antonio Leo. Il film “Un sogno di periferia” sarà proiettato in anteprima lunedì 20 novembre, presso il multisala The Space a Surbo, per gli studenti dei sei istituti scolastici coinvolti. Interamente girato nel Comune di Leverano, partner del progetto in sinergia con gli enti e le associazioni del territorio, il film sviluppa una storia di riscatto ed affermazione sociale attraverso le vicende del protagonista. Il racconto filmico non trascura il sentimento della rivincita e della rinascita, attraverso il superamento della vergogna per le proprie umili origini in un contesto di vita, la 167, territorio degradato ai margini del paese, ma con forti margini di espansione futura. Lele, il protagonista scoprirà, in fondo al tunnel delle prevaricazioni e dello scherno dei coetanei socialmente più agiati, la luce del riscatto sociale e dell’accettazione. Al tempo stesso, recupererà il valore dell’amicizia leale e disinteressata, la forza dell’amore senza confini, quello dei genitori, onesti lavoratori dediti a sacrifici quotidiani e quella dell’amore puro, capace di superare le barriere della malattia e, ancora, il valore inestimabile del rapporto intergenerazionale, attraverso il confronto costante con la guida saggia del nonno. Il film, il cui valore aggiunto è dato dalla presenza di adolescenti, in scena come attori non professionisti, induce lo spettatore alla riflessione profonda e lo conduce all’affermazione che la speranza in un domani migliore sia sempre possibile, così come la forza invincibile del sogno, se è vero che “Un vincitore è soltanto un sognatore che non si è mai arreso” (N. Mandela). Oltre alla produzione del lungometraggio, il progetto ha previsto anche un corso di formazione, la proiezione del film negli Istituti coinvolti, una rassegna di cinema che si terrà a Leverano, la partecipazione a importanti Festival del Cinema e la fruizione del film su piattaforme web tv.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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telodogratis · 2 years ago
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Concerti di chitarra classica all’Oratorio dei Bianchi, “Esperienza immersiva di bellezza”
Concerti di chitarra classica all’Oratorio dei Bianchi, “Esperienza immersiva di bellezza”
Read More I concerti si inseriscono nell’ambito delle attività culturali di promozione dell’arte della Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, diretta da Evelina De Castro, di cui l’Oratorio dei Bianchi fa parte insieme a Palazzo Mirto. The post Concerti di chitarra classica all’Oratorio dei Bianchi, “Esperienza immersiva di bellezza” appeared first on BlogSicilia – Ultime notizie…
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vaerjs · 2 years ago
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in questo post assolutamente spontaneo, vi racconto di @focaccinoo che mentre siamo a Palazzo Mirto si incastra nella tenda della sala da pranzo del piano nobiliare e cercando di uscirne il vento lo imprigionava ancora di più
praticamente è diventato il fantasma focaccino
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sciatu · 4 years ago
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IL MERAVIGLIOSO VIAGGIO DI ROSALIA E GIOSUÈ
Parte prima Via Divisi, via Alloro, Vicolo Cefalo, Palazzo Mirto, Antica Focacceria San Francesco Via merlo, Via Paternostro, Via Vittorio Emanuele, Via Roma e la Vucciria.
“Allora io vado” “Rosalia a unni vai? veni ca fatti vedere” La mamma arrivò di corsa “Hai preso il bastone? Ti sei messa al collo la busta con la carta d’identità e il gruppo sanguigno e la scritta “IPOVEDENTE”?” “Mamma quella busta non la metto, sembro una scema” “Ha ragione mamma, sembra una capra con il campanaccio …” Disse Agata, la sorella gemella intervenuta a sua difesa. “… La prenderebbero tutti in giro” Concluse Ninfa l’altra gemella a rinforzare il concetto “Mi raccomando torna presto e se chiamo rispondi” “mamma lasciala stare è la prima volta che esce con un ragazzo…” “… e tu le vuoi già rompere le scatole” Le gemelle aprirono la porta e spinsero fuori la sorella. Rosalia sentì la mamma gridare alle sorelle “Vui m’ aviti fari u favuri di farvi i cazzi vostri” E sentì aprire la porta di nuovo. Lei però si era avvicinata alla scala e con il bastone bianco aveva sentito il primo gradino e stava già scendendo. “Rosalia sta attenta a mamma, nun mi fari stari cu pinseri” “No mamma, tranquilla che torno presto” Incominciò a scendere toccando con il bastone bianco prima il gradino a poi il muro e arrivando presto nell’atrio. Con la mano sinistra segui il muro facendo oscillare davanti a se il bastone fino a che non arrivò al portone che apri mettendosi a lato dei citofoni. Agata e Ninfa le avevano detto che Giosuè era giù che l’aspettava così pensò che vedendola si sarebbe avvicinata o l’avrebbe chiamata. Invece non sentì nessuno. Girò la testa per sentire se arrivava e nel far questo senti il suo profumo. Chiamò “Giosuè?” “O Rosalia, non ti avevo vista. Stavo guardando una signora al secondo piano che si sta sporgendo dal balcone come se si volesse buttare e due ragazze che la stanno tirando per portarla dentro casa. Sarà qualcuno che si vorrà suicidare” “No è mia madre che sta cercando di vedere dove sono. Le mie sorelle staranno cercando di portarla dentro. Saluta la mamma con la mano così rientra in casa” “Buongiorno signora” e sentì l’aria smossa dalla mano di Giosuè sfiorarle il volto. Senti benissimo Agata dire alla mamma “Lo vedi che mala figura … “ “…Hai fatto fare a Rosalia? entra mamma” concluse Ninfa “Mia mamma è apprensiva e questa è la prima volta che esco con un ragazzo” “Davvero? pensavo che una bella ragazza come a te invece uscisse spesso” “Questa è proprio suonata molto paracula come frase…..” “Si devo migliorare, ma sto scaldando i motori, vedrai fra un po’ che cose meravigliose saprò dirti. Vieni agganciati al mio braccio che partiamo” “Ma dove andiamo? non mi hai voluto dire niente” “Andiamo in un mondo meraviglioso che è giusto poco più in là” “Davvero? e come faccio a vederlo essendo cieca?” “Ci sono io no, lo vedrai con me” “Sei strano” concluse Rosalia, ma era contenta di aver accettato di uscire con lui dopo le sue mille insistenze. Le sue compagne di classe alla scuola di musica, le avevano detto che era un bel ragazzo e lei sentiva che aveva una bella voce e un buon profumo. Sarebbe stata una passeggiata interessante. “Ecco, ora siamo nel lungo tortuoso fiume chiamato Viadivisi con a lato terribili scogli …. Rosalia toccò con la punta del bastone bianco il bordo del marciapiede e toccò una macchina parcheggiata “Ma è una macchina….” “ se la guardi con gli occhi degli altri, ma per noi sono scogli coperti di alghe dove vi sono i resti di civiltà antichissime…” “e puzzano anche…” disse Rosalia toccando con la punta del bastone un cassonetto dell’immondizia “il cielo è terso e ha colori tropicali, mentre sulle montagne scoscese che costeggiano il fiume gli abitanti hanno scritto la loro disperazione: SUCA!” “Ma è una parolaccia…” “no sono le iniziali di Senza Una Certezza Appassisco!” “È vero...” “Ecco continuiamo in questo stretto fiume ed arriviamo con il nostro vascello in un lago chiamato dagli indigeni locali Piazzarivoluzionen …” “rivoluzionen…? “ “È una parola Normanna vuol dire “Il tempo in cui ci siamo rotte le pallen”” “Ah si giusto, le pallen, parola normanna” “Infatti, ecco ora la nostra nave prende un emissario tortuoso via Alloro ma è stretto, troppo stretto…” “Affondiamo?” “No il nostro valente capitano ha trovato uno slargo eccoci qui salvi ed ospiti del Principe Lanza Filangeri di Mirto …” “Ah Palazzo Mirto, deve essere bello” “Infatti risplende di ricchezza , ecco la Principessa Maria Concetta Lanza Filangeri di Mirto ci accoglie con i suoi servitori in livrea azzurra con i bottoni d’oro e ci fa vedere la grande sala dei arazzi e del lampadario in cristallo di Murano, gli orologi d’oro, le porcellane cinesi,  poi la sala tappezzata con le sete cinesi intessute d’oro, poi il fumoir con il pavimento in cuoio, i trompe-l’oeil…” “E i pianoforti, ci sono anche i pianoforti?” “Si ce ne sono quattro, la Principessa ti chiede di suonare qualcosa e tu ti siedi e suoni la suonata K141 di Scarlatti…” “Ma è difficile..” “Ma tu sei bravissima e alla fine la principessa ti applaude battendo il suo antico ventaglio spagnolo sulla mano sinistra e fa venire un maggiordomo per donarti una preziosa tabacchiera in oro avorio e corallo rosso..” “Ma cosa me ne faccio della tabacchiera?” “Metti gli auricolari del cellulare” “Giusto, è un regalo utile” “Ora dobbiamo ripartire, c’è la Marea giusta ed i pirati sono a mangiare” “Peccato stavo bene con Maria Concetta…” “Risaliamo con i venti a favore questo strano fiume dall’odore di arancina..” “Non ci crederai ma lo sento...” “Si, questo è un fiume fatato che subisce l’incantesimo di un antico mago. Ecco ci stiamo avvicinando all’antro dove il mago fabbrica le sue pozioni e porzioni fatate. È un antro buio e oscuro a cui i dotti cartografi arabi di Re Ruggero hanno dato un nome arabo : A-cà, che tradotto in lingua corrente vuol dire più o meno “Antica Focacceria San francesco…”” “C’era già allora?” “Certo, è nell’anima di ogni siciliano. Vieni entriamo” “Uhmm che profumo” “Senti? gli apprendisti stregoni stanno preparando le pozioni magiche “U pani ca meusa” che dona allegria e sazietà, “U sfinciuni” che uccide la tristezza” “In effetti sono un po' triste” “I “Cazzilli” che ti scoppiettano di gusto in bocca, o “U Cannolu” che ti dona felicità perenne” “Ecco magari un po' di felicità perenne mi aiuterebbe…” “Ecco, mangiane uno, devi mangiarlo in silenzio chiudendo gli occhi e masticarlo lentamente” “Ma io gli occhi li ho sempre chiusi” “Allora la felicità aumenta. Senti come dalla lingua scende fino al cuore e da li si diffonde in tutto il corpo” “Si si sta diffondendo, magari se beviamo qualcosa si diffonde meglio” “Giusto prendiamo una birra?” “Anche una coca va bene” “Ora riprendiamo la nostra marcia e ci dirigiamo verso la ricca Samarcanda” “non è un po' lontano?” “No è qui vicino, prendiamo l’antica strada carovaniera Parternostro e quindi arriviamo nella grande valle Corso Vittorio Emanuele e la li saremo a pochi metri dalla ricca Samarcanda ed i suoi suck” “Vuoi dire la Vucciria” “Si Vucciria è il nome che tutto gli danno ma in realtà quello è il luogo dove i mercanti dell’oriente e dell’occidente si incontrano per scambiare preziose merci: Tappeti, zanne dei triglocefali, pietre preziose e sete…” “E cavolfiori e pesce fresco e arance…” “Tutto quello che riempie il cuore di gioia” “e la pancia di cose buone”
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profumoditulipani · 3 years ago
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european holiday
PRAGA (organizzato da dahyun) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 :   visiteremo la città vecchia, con la sua famosa piazza medievale in cui si può vedere l'orologio astronomico con le figure lignee che si animano allo scoccare dell'ora. poi passeremo davanti alla chiesa di santa maria di tyn, con le sue guglie gotiche, e alla chiesa bianca di san nicola. passeggeremo per il ponte carlo e la sera la trascorreremo all'hard rock cafè!! • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : visiteremo il borgo del castello di praga!! per arrivarci prenderemo il tram 22 o 23 da malostranské námestí e scenderemo a pohorelec. da lì potremo iniziare la visita dal monastero di strahov e poi seguire il percorso che ci porterà all’ingresso dell'area del castello— potremo anche visitare il palazzo reale in cui il 23 maggio 1618 ci fu la defenestrazione di praga, che diede il via alla guerra dei trent'anni. ci potremo spostare poi sull'isola di kampa, al centro di praga e a lato del ponte carlo, che è come una piccola venezia, e poi stare lì per la sera!! • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : immancabile è la visita a piazza venceslao e poi, con la funicolare, alla collina di petrín. • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : appartamento al royal route residence.
PARIGI (organizzato da dowoon) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : visita della città passando per la torre eiffel, per gli champs-elyséees e l'arco di trionfo.
* il louvre: il museo richiede più di un giorno per essere visitato per intero, meglio quindi scegliere alcuni punti-chiave e concentrarsi su di essi e le mappe del museo sono disponibili presso l'ingresso o su internet. come arrivarci: la fermata della metropolitana per il louvre si trova sulla linea gialla 1 o linea rosa 7. * gli champs-elysées e l'arco di trionfo: da qui si può avere una veduta spettacolare di parigi, tra cui quella della torre eiffel in lontananza, semplicemente salendo sull'arco di trionfo di napoleone, in place de l'etoile. (è consigliato passeggiare, dopo questa veduta, nei giardini lungo gli champs-elysées, e di dare un'occhiata ai molti negozi lungo la strada). come arrivarci: dopo aver visto il louvre, basta spostarsi di appena tre fermate sulla linea gialla della metropolitana 1. * la torre eiffel: icona della skyline della città; la vista dalla cima è particolarmente bella di notte, quando è facile capire perché parigi ha uno dei suoi soprannomi nella "città delle luci". di giorno le code sono /sempre/ molto lunghe e si perde molto tempo prezioso, cosa che invece non succede la notte ed è per questo che, per concludere in bellezza il primo giorno parigino, andremo qui. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : palazzo di versailles e pigalle. con un treno regionale il palazzo lo si raggiunge in meno di un'ora. * il palazzo di versailles è meraviglioso, i giardini sono addirittura spettacolari ed è immenso, perciò dedicheremo ad esso buona parte del giorno. i tre itinerari principiali sono: (1) gli appartamenti del re, della regina e il salone degli specchi; (2) grande e piccolo trianon; (3) il parco e i giardini. prima che possa far notte ritorneremo a parigi per passare la serata al centro della città, andremo a mangiare qualcosa di tipico e lo faremo a pigalle. pigalle è il quartiere della vita notturna di parigi, famoso per i suoi club, cabaret e bar. è anche conosciuto come il quartiere a luci rosse di parigi. di fama mondiale è il moulin rouge, che ci offrirà.. --> lo spettacolo «féérie» ed il suo celebre french cancan. il prezzo include: - una serata danzante alle 19:00; - mezza bottiglia di champagne a persona; - spettacolo delle 21:00. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : giverny e crociera serale sulla senna. dopo le scorse due giornate intense e piene di luoghi meravigliosi e gioiosi, ci prenderemo una mattinata libera per fare colazione con croissant, biscotti francesi e macaroons, proseguendo per l’ora di pranzo verso la casa di un nostro caro amico: claude monet. l'escursione ci porterà via poche ore: il piccolo borgo di giverny si trova sulle sponde della senna, a 80 km a ovest di parigi ed è raggiungibile facilmente e velocemente in autobus. ammireremo aiuole di fiori e piante d'ogni tipo, ninfee e salici piangenti, che ci faranno percepire ancora la presenza dell'artista e della sua ispirazione. torneremo a parigi per le 17:00, così avremo tempo per riposare e per essere, alle 19:00, a bordo di un’imbarcazione panoramica per una crociera con aperitivo sulla senna. vedremo tutti i monumenti principali nel giro di un'ora e lasceremo l'imbarcazione di fronte alla famosa cattedrale di notre dame. • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : hotel flannels paris.
BARCELLONA (organizzato da dahyun) !!mini-tour ispirato a "l'ombra del vento"!! • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : il nostro mini tour inizierà dal monumento di cristoforo colombo, che si trova all’inizio della rambla, perché è dove daniel (il protagonista) incontra per la prima volta l'uomo misterioso che vuole comprare la sua copia de l'ombra del vento. dopo aver attraversato la rambla, ci dirigeremo verso carrer de santa ana, il luogo in cui si trova la libreria della famiglia sempere. poco lontano si tova els cuatre gats, il bar in cui daniel e fermìn si trovano spesso a confabulare e in cui ci fermeremo a bere qualcosa. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : verso il centro della città c'è plaça reial, la bellissima piazza circondata da palme e portici in cui si trova la casa di clara barcelò, la ragazza di cui daniel si è perdutamente innamorato. poi tramite il T2 TIBIBUS raggiungeremo il famosissimo tibidabo, uno dei parchi divertimento più vecchi d'europa!! qui affronteremo il camí del cel, che è composto da 3 attrazioni principali : il telaia, il girabado (la ruota panoramica) e l’aviò. (ovviamente faremo solo la seconda per non sentirci male e ci fermeremo a mangiare alla xurreria!!) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : il terzo giorno inizierà con la visita alla strada più famosa di spagna: la rambla. proseguendo in direzione nord arriveremo a plaça de catalunya e da qui al passeig de gràcia per visitare casa battlò, al numero 43; dall'altro lato del passeig de gràcia si trova invece casa milà!! poi subito a nord, prendendo la avinguda diagonal e proseguendo in direzione est raggiungeremo, attraverso un viale laterale, la sagrada familia. per chiudere in bellezza, una passeggiata serale al port vell, in fondo alla rambla, e poi una cenetta in uno dei ristoranti di pesce del quartiere barceloneta : meson barceloneta. • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : appartamento al barceloneta suites.
GRANADA (organizzato da dowoon) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : quartiere albazyn per il primo giorno a granada, affaticarci troppo sarebbe stato controproducente, quindi ci prenderemo qualche ora di relax per affrontare un’uscita pomeridiana che ci porterà al quartiere albazyn, nonché quartiere arabo dove sarà possibile poter visitare i mercatini tipici e molto.. arabeggianti! per la serata tenteremo la sorte cercando, al centro di granada, locali dove tra un giro di tapas e l’altro, potremo godere di spettacoli di flamenco - il flamenco che qui, in terra andalusa, è di casa. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : alhambra. per visitare una delle costruzioni più belle al mondo abbiamo già prenotato dei biglietti che ci consentiranno di avere ingresso prioritario e libero accesso ad ogni parte consentita ai turisti! tutto ciò include l'alcazaba, i palazzi nazaries, il palazzo di carlo v e generalife che però verrà visitato nel pomeriggio. la zona si raggiunge con l'autobus c30 o c32 fino a porta de la justicia. ci godremo l'atmosfera rilassante dei giardini, delle fontane, dei fiori e dell’arte araba, e quando saremo pronti ed affamati basterà prendere l'autobus c34 fino alla fermata sacromonte 39: qui, nel quartiere famoso d’origini gitane, la scelta tra i vari locali notturni è davvero ampia, dai pub con musica live alle discoteche per scatenarsi, ma soprattutto locali che propongono esibizioni di flamenco, ballo tipico spagnolo. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : lezione di flamenco. • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : barcelò carmen granada.
PALERMO (organizzato da dowoon) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : palazzo dei normanni, cattedrale di palermo, mercato di ballarò e i quattro canti. * palazzo dei normanni: palazzo costruito per ospitare gli emiri arabi e in seguito occupato dai normanni. il gioiello del palazzo è la cappella palatina, un capolavoro in stile arabo normanno-bizantino, con mosaici d'oro sia sulle pareti che sul soffitto. * cattedrale di palermo: ingresso a pagamento per accedere al tetto che mostra un panorama bellissimo sulla città. * mercato di ballarò: uno dei più grandi e tipici della città, colorato e pieno di prodotti da tutta la sicilia; qui ci fermeremo a pranzare in uno dei tanti ristoranti della zona, per poi proseguire con la nostra passeggiata. * i quattro canti: proseguendo in discesa, è facile arrivare all'incrocio dei quattro canti che rappresentano l'intersezione di due strade principali di palermo, ovvero via vittorio emanuele e la via maqueda che conduce al teatro massimo. qui potremo sederci e mangiare, magari, un gelato o un arancino(a?). • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : in giro per i palazzi più belli della città di palermo. * palazzo gangi: questo sontuoso palazzo è ben noto per essere stato il luogo presso il quale è stato girato il film “il gattopardo” di luchino visconti. la famiglia gangi vive qui tutt’ora, quindi il palazzo ha preservato tutto il suo antico splendore. * palazzo mirto: uno splendido palazzo con autentiche decorazioni e mobili originali. rappresenta lo stile di vita di una ricca famiglia palermitana del xviii secolo. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : mondello. per il nostro ultimo giorno nella città siciliana, abbiamo pensato di andare al mare!! fra le varie spiagge, quella bianca di mondello ci è parsa la più bella ed ideale per noi due; il lungomare di notte si popola di giovani, è ricco di locali dove poter mangiare specialità di mare ma anche cibo meno “impegnativo”, come pizze ed hamburger in uno dei locali più “food porn” nel luogo. mondello è raggiungibile in poco meno di 20 minuti d’autobus da qualsiasi fermata di palermo!! • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : fervore luxury room.
ROMA (organizzato da dahyun) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : inizieremo la nostra visita alla capitale italiana dalla città del vaticano (fermata metro : ottaviano – san pietro) e andremo subito alla basilica di san pietro (ricordarsi di indossare vestiti consoni altrimenti non ci fanno entrare : no minigonna, pantaloncini o spalle scoperte). poi ci dirigeremo ai musei vaticani di cui visiteremo la pinacoteca, il museo pio clementino, la galleria delle carte geografiche, le stanze di raffaello e naturalmente la cappella sistina di michelangelo. usciti dal museo, percorrendo via della conciliazione, arriveremo a castel sant'angelo, la fortezza papale edificata nel medioevo sui resti del mausoleo dell’imperatore adriano. qui faremo tappa sulla terrazza dell'angelo per poter vedere dall'alto la città. ci fermeremo a mangiare uno dei piatti tipici di roma : la pasta alla carbonara, da roscioli salumeria con cucina. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : durante il secondo giorno andremo alla scoperta della roma antica e quindi : colosseo, vittoriano e campidoglio. iniziando dal colosseo, poi potremo osservare l'arco di costantino a pochi metri da lì e prendere la via dei fori imperiali per arrivate fino al foro romano alla nostra sinistra. una volta arrivati alla colonna traiana mangeremo lì al sacco per poi raggiungere piazza venezia e il vittoriano. come ultima tappa invece visiteremo il campidoglio, il più famoso colle romano. ci arriveremo percorrendo la cordonata;  la scalinata che conduce da piazza d’aracoeli a piazza del campidoglio, progettata da michelangelo. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : l'ultimo giorno invece parte da piazza di spagna (fermata metro : spagna) con la sua famosa scalinata di trinità dei monti. ovviamente percorreremo via dei condotti per qualche acquisto, fino ad arrivare in via del corso per raggiungere la fontana di trevi. mangeremo da trevi gourmet e poi ci dirigeremo verso il pantheon per visitarlo al suo interno. • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : lifestyle home apartment.
VENEZIA (organizzato da dowoon) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : il primo giorno a venezia vedrà l’arrivo in città ed un piccolo giro in gondola che ci porterà nei pressi del nostro hotel, quindi.. gondola privata! dedicheremo le prime ore dopo l’arrivo ad un po’ di sano relax, per poi uscire la sera e concederci una cena ricca di buon cibo all’italiana ed una passeggiata per le vie, comprese le più piccole, della città. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : isole di murano, burano e torcello. la gita partirà in motoscafo da venezia (riva degli schiavoni) e ci porterà a visitare le isole più famose che vi appartengono: esploreremo la laguna di venezia in motoscafo, dopodiché potremo passeggiare per le case colorate di burano e visitare, a scelta, la fabbrica del vetro di murano. * murano: per secoli, la vita di questa piccola isola ruotò intorno ai forni dove viene soffiato il vetro. ha la forma di una piccola venezia ed è composta da 9 piccole isole unite da ponti nel mezzo del canal grande. * burano: è un'isola molto tranquilla con case graziose dipinte con colori vivaci, con canali al posto di strade e barche invece di automobili, abitata da circa tremila persone. * torcello: l'attrazione principale è la cattedrale dell'assunzione (639), fondata con delle opere bizantine del xi e xii secolo, che comprende diversi mosaici. (opzionale) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : visita ai musei di piazza san marco, con visita ai palazzi vicini. gli edifici attorno alla piazza sono il palazzo ducale, la basilica di san marco, la torre dell'orologio di san marco, l'ufficio delle vecchie procuratie, l'ala napoleonica, le nuove procuratie, il campanile di san marco, la logetta e la biblioteca marziana. gran parte del piano terra delle procuratie è occupata da caffè e ristoranti, tra i quali il famoso caffè florian e il gran caffè quadri. * il museo correr e il museo archeologico si trovano nella piazza di fronte alla basilica. la zecca si trova dietro la biblioteca marciana sulla riva del canal grande. queste ultime costruzioni sono state completate durante l'occupazione napoleonica, anche se il campanile è stato ricostruito anni dopo. il museo correr è uno dei musei più importanti e rappresentativi della città di venezia, è situato in piazza san marco e fa parte della fondazione museo civico di venezia. questo museo è un esempio dell'arte, della civiltà e della storia della città. qui troviamo varie opere d'arte, documenti, mappe e oggetti che riflettono la vita di venezia in tutta la sua storia. * il palazzo ducale: si trova all'estremità orientale di piazza san marco, è uno dei simboli della gloria e del potere di venezia. questo meraviglioso edificio gotico ha due facciate che si affacciano una sulla laguna di venezia e l'altra su piazza san marco. il palazzo ducale era la residenza del dux ed era sede del governo, della corte di giustizia e della prigione della repubblica di venezia. * la biblioteca marciana: è una delle più grandi biblioteche italiane e la più importante di venezia. all'interno troviamo le più belle collezioni di manoscritti greci, latini e orientali del mondo. questa biblioteca è conosciuta anche come biblioteca nazionale marziana, biblioteca san marco, biblioteca sansovini, biblioteca antigua. si trova in fondo a piazza san marco tra il campanile di san marco e la zecca. • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : carnival palace.
MILANO (organizzato da dahyun) • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 1 : il viaggio a milano inizia ovviamente dal monumento simbolo della città : il duomo. dopo la visita all'interno della basilica, non potremo mancare la passeggiata in corso e poi galleria vittorio emanuele II per del sano shopping, anche di libri!! piccola sosta da starbucks poco lontano da piazza del duomo e poi a riempirsi le pance nel ristorante coreano hana, in via giuseppe mazzini 12. • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 2 : il secondo giorno inizierà in piazza sempione, dove sta l’arco della pace che si dice sia allineato con l’arco di trionfo a parigi. una sosta sarà dovuta all'acquario civico, dall'altra parte della strada, e poi faremo una passeggiata all'interno di parco sempione, che ci porterà al castello sforzesco. dopo aver visitato le sue torri e le sue sale, ci sposteremo in treno a garbate milanese per raggiungere il ristorante di sushi amy sushi, un locale futuristico ma a basso costo!! • 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 3 : l'ultimo giorno dell'ultima tappa dovrebbe essere memorabile, per questo abbiamo deciso di fare qualcosa di speciale e questo sarà possibile all'atelier azzurro, in via privata bernabò visconti 1!! seguiremo infatti un corso privato di tre ore sulla ceramica, visto che ci piace tanto, per creare i nostri personali ricordini della città o del viaggio in europa in generale. dopo il laboratorio con la signora patrizia potremo andare a mangiare qualcosa di tipico da queste parti : il risotto alla milanese a casa fontana 23 risotti!! dovremo prendere un taxi, è vero, ma ne varrà sicuramente la pena per due motivi : il primo è che questo ristorante ha come cavallo di battaglia proprio il risotto giallo, e il secondo è perché ha davvero 23 tipi diversi di risotti, quindi potremo sbizzarrirci (ovviamente ha anche altri piatti tipici, come la cotoletta) • 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 : park hyatt.
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gcgazette · 6 years ago
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Palazzo Mirto, Palermo (Sicile, It)
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rafeny · 2 years ago
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#canitellyou shell shocked. Imagine my disbelief walking out into the garden and seeing this shell encrusted fountain inside Palazzo Mirto. If you zoom in you’ll be amazed at the level of intricacy. Now this is shell obsessed. / 🐚🐚🐚 . . . #casamuseopalazzomirto #shellencrusted #shellobsessed #shellfountain #17thcenturypalazzo #palermosicily #palazzomirto #inspiredbyseashells #inspirationiseverywhere (at Casa Museo Palazzo Mirto) https://www.instagram.com/p/CklH_i4OVUF/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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worldhotelvideo · 6 years ago
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telodogratis · 2 years ago
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Francesco Incandela inaugura la rassegna musicale “I giovedì del Ninfeo” a Palazzo Mirto
Francesco Incandela inaugura la rassegna musicale “I giovedì del Ninfeo” a Palazzo Mirto
Read More Con il concerto del violinista Francesco Incandela inizia, alla terrazza del ninfeo di Palazzo Mirto, la rassegna musicale “I giovedì del ninfeo”, una piccola e raffinata rassegna musicale ideata da […] The post Francesco Incandela inaugura la rassegna musicale “I giovedì del Ninfeo” a Palazzo Mirto appeared first on BlogSicilia – Ultime notizie dalla Sicilia. Palermo, Spettacoli,…
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sciatu · 5 years ago
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Palermo - Palazzo Aiutamicristo, Palazzo Alliata Villafranca,Palazzo Ugo delle Favare, Palazzo Valguarnera Gangi, Palazzo Valguarnera Raffadali, Palazzo Aiutamicristo con portone del XVII secolo, Palazzo Ventimiglia Belmonte, Palazzo Conte Federico, Stemma Palazzo Lanza Filangeri di Mirto, Palazzo Natoli.
Vieni, andiamo, camminiamo per le antiche strade di questa eterna Palermo, nata prima di Roma, viva e prolifica fin da quando l’uomo scoprì il Mediterraneo;  fingiamo di essere gli antichi Principi, passiamo davanti al palazzo degli Aiutamicristo, semplici banchieri pisani che comprarono nobiltà e potere per perderlo con la stessa velocità con cui l’avevano raggiunto;  anche gli Alliata di Villafranca erano piasni e banchieri, comprarono in Sicilia Feudi e nobiltà, andiamo dai, poi, dopo Palazzo delle Favare, ecco Palazzo Valguarnera Gangi il palazzo del Gattopardo e nella cui piazza furono sepolti tutti i francesi uccisi durante la rivolta di Palermo dei Vespri, Poi un altro Palazzo di un ramo dei principi di Valguarnera, e poi ancora Palazzo Aiutamicristo e poi il Palazzo dei principi Ventimiglia Raffadali e l’antico Palazzo dei Conte Federico, e quindi Palazzo Lanza Filangeri dei principi Filangeri che erano conti normanni e discendenti dall’araldo di Carlo Magno con nel loro stemma l’aquila a due teste degli Asburgo e poi ecco Palazzo dei Principi Natoli  che erano erano otto volte principi, due volte duchi, cinque volte marchesi e quindici volte baroni. Vedi, la bellezza e la grandezza delle grandi famiglie che della vita della povera gente tutto potevano, finchè volevano. E ancora non sai la ricchezza e la bellezza con cui erano arredate le loro case, coperte di oro, di affreschi e di meravigliose ceramiche. In noi è rimasto il loro amore per la ricchezza, per quell’esuberanza artistica che nella povera gente diventava esuberanza di vita, per il gusto della perfezione ricca e chiassosamente elegante, per l’amore nel mostrarla, possederla e dissolutamente viverla.
Come, let's go, let's walk through the ancient streets of this eternal Palermo, born before Rome, alive and prolific since man discovered the Mediterranean; we pretend to be the ancient Princes, we pass in front of the palace of the Prince Aiutamicristo, simple Pisan bankers who bought nobility and power to lose it with the same speed with which they had achieved it; also the Alliata of Villafranca were pisani and bankers, they bought counties and nobility in Sicily, we go by, then, after Palazzo delle Favare, here is Palazzo Valguarnera Gangi the palace of the Leopard and in whose square were buried all the French killed during the revolt of Palermo, The Vespri, then another building of a branch of the princes of Valguarnera, and then again Palazzo Aiutamicristo and then the palace of the princes Ventimiglia Raffadali and the ancient Palazzo dei Conte Federico, and then Palazzo Lanza Filangeri of the Filangeri princes who were Norman counts and descendants of the herald of Charlemagne with the two-headed eagle of the Habsburgs in their coat of arms and then the Palace of the Natoli Princes who were eight times princes, twice dukes, five times marquises and fifteen times barons. See, the beauty and grandeur of the great families that all the lives of poor people could do, as long as they wanted. And you still don't know the richness and beauty with which their houses were furnished, covered with gold, frescoes and wonderful ceramics. In us there remained their love for riches, for that artistic exuberance that in poor people became exuberance of life, for the taste of rich and blatantly elegant perfection, the love in to showing it, possessing it and dissolving it while living it.
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wetagconsulting · 4 years ago
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Price reduction & high-quality furniture included - Two elegant, new apartments in Brissago directly on the shore of Lake Maggiore on the lake promenade
The two pied-à-terre are located in an excellent residential area directly on the beautiful lake promenade in Brissago; the marina, the various fine restaurants, shops, and the ship's jetty can be easily reached on foot in a few minutes. The interior design will offer you stylish elegance, and the apartments are equipped with fine furniture. Here your holiday stay becomes something very special surrounded by Mediterranean flair.
One apartment, a 1-bedroom maisonette, is in the "Mirto Residence", an exclusive residential complex with only 7 apartments. The residence includes a beautiful pool and a terrace with a magnificent lake view. Two further positive aspects are the property's exquisite restaurant and the concierge service available on request.
The second 1-bedroom apartment is in the wonderful stylishly restored "Palazzo Morandotte" with a total of 3 flats, a perfect combination of antique charm and modernity. The palazzo is located next to the "Mirto Residence" and offers you a marvelous lake view.
Both apartments can be used as a secondary residence.
It is my great pleasure to introduce this property to you and invite you to a personal property tour.
Yours sincerely, Iradj Alexander-David Director Locarno & Ascona
+ 41 (0) 91 601 04 40 - [email protected] - www.wetag.ch
Brissago, Lake Maggiore - ref. 88391-5
Duplex apartment on the lake promenade of Lake Maggiore in Brissago for sale
Highlights
Price including furniture (Andrew Martin) Located directly on the lake promenade An exquisite in-home restaurant Public dock right across
Brissago, Lake Maggiore - ref. 88394-2
New apartment in a restored palazzo at the lake promenade in Brissago for sale
Highlights
Wonderful antique palazzo; completely restored Located directly on the lake promenade Close to restaurants, coffee bars and marina Three units only
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Perugia e ogni provincia ossia il vuoto
Sembra tutto molto esplicito per la particolare disposizione del luogo, una stazione di provincia,  e la folla  ossessiva e soffocante mostra all’apparenza caratteri drammatici, stampati su fondali di cemento. D’accordo qualcosa è cambiato. Intorno alla scuola, nel perimetro che la circoscrive le saracinesche sono chiuse, le vetrine vuote, a parte una tabaccheria, il bar della stazione e qualche self service, e nell’insieme l’impressione di un vuoto o di uno svuotamento non è artificiosa ma reale,  i motivi si perdono in meandri troppo complessi, ma ad occhio nudo la miseria è lampante. La miseria di chi chiede l’elemosina e il risultato è  questo, un’interminabile serie di prospettive senza attrattiva all’interno di varchi vuoti. Escono i ragazzi da scuola, scomposti, entrano nella pizzeria d’angolo per una sosta prima di ritornare a scuola per l’autogestione. Intorno è un labirinto di case e di vite a porte chiuse. La sera dalle finestre affacciano rettangoli di luce, ma molti restano nell’androne della stazione nonostante la pioggia incessante e il freddo. Una chiesa di lato alla scuola nascosta, e poco visibile a chi non ne conoscesse l’esistenza, comprende un piccolo giardino molto curato e pulito, in realtà l’unico luogo geometricamente curato in quella macchia fittissima di casermoni fuori dal centro storico, e che del centro hanno solo l’apparenza di una serie interminabile di labirintici agglomerati, in una sorta di gioco a nascondino. Per la polizia e i carabinieri la zona è realmente a rischio ed è necessario un controllo, comunque è ipocrisia, se si guarda al tasso di povertà registrato negli ultimi anni in tutta la provincia. Ma è un disordine al quale ci si è arresi da tempo, del quale si entra a far parte all’inizio con un istinto ribelle, poi lo spirito diventa sempre più arrendevole anche se rimane la delusione, visibile e palpabile, e una città in distruzione. E’ troppo difficile ed è come se di colpo il sentimento di un oltraggio rendesse inutile qualsiasi domanda, ti chiedi solo chi abita in questa casa o in quell’altra e perché ogni ordine diventa trascurabile, e inopportuno.   Benedetta è in biblioteca con un berretto di piume calcato sul capo e una stufetta per un po’ di calore. In quella scuola è bibliotecaria, un ufficio come un altro, solo può fumare una sigaretta ogni tanto prima di tornare a casa nel condominio di un palazzo centrale, al primo piano di una palazzina liberty, dopo che svogliatamente nella biblioteca  ha ascoltato le richieste, risposto educatamente, registrato prestiti e restituzioni, in un antro polveroso fittissimo e carico di libri, tracce di una documentazione durata un secolo, volumi importanti mai letti. Prima di entrare ha bisogno di un momento per riflettere e per capire che le colleghe la osservano con poca amabilità, e solo Sara protegge la sua infelicità da sguardi indiscreti, la collega,  non la ferisce mai, è impegnata, e Benedetta può restare silenziosa e immobile alla scrivania, così magari legge un giallo e dice solo che sono tutti d’accordo e tutto va bene. Ogni tanto Giulio dalla segreteria passa in biblioteca per un saluto, anche lui con abiti d’occasione, visto il tempo che tira, miseria e scarpe vecchie, ma  Giulio comunque ride e concede battute e fa sorridere, fino a saldare, anche se per poco, i pezzi di un puzzle scomposto. Ricompone i dettagli di un  vuoto che Benedetta si è costruita tra le sbarre di quello sgabuzzino carico di libri, in un silenzio distaccato.
Benedetta era delusa. Ogni fede riposta era stata un insuccesso. Vedeva il vuoto, voleva dire qualcosa ogni tanto, ma non riusciva. Magari provare a spiegare, spiegare grammatica, qualche libro, un racconto, figure retoriche  o grammatica latina, lingua greca,  ma alla fine  se stessero almeno seduti senza saltare sui banchi sarebbe già molto.  E poi le cose rimaste, un grumo povero, restavano le stagioni con i contorni sempre identici, la pioggia incessante e una vecchia signora senza arie né abiti adeguati. Qualche roba vecchia e una finestra che dalla camera  di una casa accogliente affacciava sul pendio di un piccolo giardino pubblico, e al rientro la sera poteva osservare il buio dai vetri appannati, e mentre pensava e contemplava l’esterno sdraiata nel letto sotto il piumone caldo, rifletteva su tutto, e tutto si era fatto cosa, cosa e ingiurie, anche se lei lasciava correre e non voleva discutere e non amava chiedere, non voleva parlare. Una biblioteca è migliore rispetto alle urla di presidi e vicepresidi frastornanti. In fondo non era male, la scuola era la migliore in assoluto, nessuno urlava e almeno lì non esercitavano il potere ipocrita e indiscreto nei confronti di una nessuno aggrappata allo stipendio, che serve per mangiare. Com’è futile il potere. Mettevano in ridicolo la sua solitudine, mogli irreprensibili in una provincia irreprensibile fatta di celebratissimi personaggi, eppure i quotidiani parlavano di povertà e in fondo molti recriminavano, oppure gli abiti eleganti  nascondevano le sconfitte  e gli stati depressivi. Per molti la forma era una sostanza, e la sostanza era denaro, altri come Benedetta avevano accantonato gli orgogli per non sperare più e non restare amareggiati, altri, molti, stendevano la mano e forse mancava anche un tetto, e comunque gli inverni erano troppo rigidi. Pioveva a dirotto, continuamente, dopo un’estate talmente torrida da togliere il respiro. Il senso di vuoto, ancora, nonostante tutto, lasciava spazio all’attesa, ma l’attesa impegnava, a volte ripugnava, svuotava d’energia, e voltarsi indietro era impossibile. La pienezza ormai era un’illusione perduta, nei rimpianti si dilatava l’esistenza,  le recriminazioni interiori erano la bestia dentro da placare.    C’è un momento in cui bisogna rendere conto a se stessi della propria intera esistenza. Non esistono più anticipazioni, esiste una sola possibilità, una disposizione ad arrendersi al destino già dispiegato, e il caso e la volontà hanno ormai stabilito. Una volontà sbadata, il caso poi va da sé, per un pezzo la vita sembra che la giochi come in una scacchiera, poi tutto cambia. La volontà si fa ridicola, ha sbagliato e non tornano i conti, e il caso ha piegato le faccende dell’intera vita, che si dimentica tutta insieme, tanto il futuro non cambia, il passato annoia, i ricordi potrebbero farsi morbosi. Meglio pensare a un piatto caldo al rientro a casa, serve il sapore e un nido, come serve credere in quegli abiti preziosi confezionati a scuola o nei ricami raffinatissimi, o nei dipinti di artisti su tele  colorate. I colori del mare che non c’è, di arcobaleni perduti, di case lontane, lavori di pazienza e tecnica magistrale. Placano l’umore, e nel lavoro eserciti la metodica successione senza scarti o salti, che alterano la personalità. All’uscita da scuola la sera prende l’autobus. Il traffico è intenso, clacson e motori sulla strada in salita verso il centro. La quiete del ritorno pacifica. E finalmente cessa la battaglia, il miracolo di una casa di una tavola. La resistenza è un po’ questo, un campo di battaglia e una collina fatta di pietra. Cadere disarmati è facile  restare feriti e arrendersi, basta una parola di troppo, e la ferita si strappa. Una battaglia, una collina, il silenzio. L’omertà. I passi spingono attraverso il buio, la resistenza è ogni giorno ogni attimo, sfuggire ad un inseguimento con un vecchio armamentario, la ribellione è finita, le speranze rastrellate.
La gabbia
Un bagliore di luce tra i palazzi che chiudono lo sguardo fuori e dentro il cortile. Ombre di cemento e al fondo inesorabile una deformazione, una maschera sicura,  la fatica d’essere si trasforma nel rigore con il quale conti i soldi e la paga a fine mese. Da altre radici ritorna il senso ma mai in abili dissertazioni, questo non fa per me. Il senso è un esercizio mille volte ripetuto  all’ombra di un cortile.
Un lembo di Terra franca. Dalle prime luci fino a sera ripeto meccanica gli stessi gesti, senza mete ulteriori,  metafisiche e  mai raggiunte, l’economia domestica mi impegna, se  ragiono è  per caso e solo  da straccivendola del pensiero, le frittelle di riso sono mille volte più buone.  La guerra  è un’immane sacrificio di vittime innocenti.
Oggi c’è il sole è tornato dopo un anno di oscurità.
Alla frontiera, quando ti fermano per chiederti “Chi sei?”, e rispondi semplicemente “Sono al limite di un cammino e la strada non la so”, solo allora non conviene arrendersi, arrendersi  alla secca di una  Terra  esangue fatta di neon e spazzatura.
Comunque la Terra. E’ il poema mai interrotto di rinascite gagliarde. Tra i nasturzi il verde il giallo e il sangue troppe volte versato  la Terra non si arrende. Ora, io, qui,  tra il cemento i neon e le guerre, coltivo il mio stile demodé con un  mio attaccamento tenace ma  svagato, con  ritmi sempre identici, monodici, timidi, discosti, d’accordo è sopravvivenza ma che mi importa, in fondo l’ho sempre saputo lo diceva il Filosofo, “Perché l’essere e non il nulla?”. L’Essere mille volte indagato che ritorna su stesso non comprende quanto il mio io limitatissimo sia legato al mio docile nido, non manca mai la minestra calda la sera e  un arancio, un bicchier d’acqua e un buon giallo. Simenon. In fondo è come giocare a nascondino. Se nessuno ti vuole, ma gli angoli sono sempre gli stessi, osserva sempre un ottuso silenzio, pensa che è solo giudizio di lingue biforcute. Sono ciò che mangio. O ancora “ciascuno secondo le proprie necessità e i propri bisogni”.  Un “io esisto” eppure al contempo non ci sono, Volere l’esclusione per amletici dubbi, mirto maggiorana fiori d’arancio. Un lavoro una lista di amanti e la noia di una scuola impossibile. Non chiedetemi giudizi o teoremi, e le scelte responsabili in autonomia forse neanche esistono, magari ricordo solo il dono di Prometeo all’uomo, il fuoco, e ricordo la cultura come cottura degli alimenti, i fornelli e il lievito e il forno, il pane è buono ma nessuno te lo offre, gli intellettuali hanno altro da pensare, un pasto caldo una porta aperta un tavolo da cucina li riguarda solo per se stessi, e gli altri? L’identità è complessa. Il viandante si ferma sulla soglia. Resta fuori, forse su una panchina, lontano dal calore di un camino scoppiettante.
Comunque da viandante e accattona a volte, semplicemente,  ritrovo il confine della mia terra in una città turrita.  E alzo lo sguardo per capire il tempo e i secoli trascorsi.  Il sole si affaccia con sprazzi d’allegria, tra cemento armato e storia dimenticata, e misuro lembi di terra e chiazze di prati appena inverditi. Allo stesso modo ricamo e lavoro all’uncinetto. Un cappello per ogni stagione. Sono una signora con mezzo secolo di vita,  e anche oggi di un panino per sfamarmi ho bisogno. Gli abiti, i soliti, jeans  e un maglioncino scolorito violetto, come le viole a ciocche. La città è un Corso profumato, chiuso tra stradine laterali, e si gioca, disarmati,  ad esserci con importanza, alla politica insomma, tra un caffè e le solite chiacchiere. A casa ritorno sempre. Un tetto serve. La lavatrice, stendere i panni, un caffè zuccherato una sigaretta il piumone. La mia camera è una soffitta ed è disordinata. Troppi libri.  Non è un ordine in realtà, è un riparo e ti affezioni, a tutto così com’è, poco borghese tutto, ma per questo piuttosto eccezionale. Un tetto   carico di oggetti accumulati nel tempo e che del tempo hanno l’eternità, e questo non renderebbe possibile un ordine borghese. Libri in disordine ovunque scaffali stracarichi. Un disordine arcaico e prezioso,  e comunque ho imparato a fare il pane dunque esiste la possibilità di un ritorno. Nella Testa? Forse, che sia  il numero di Pitagora, o le stelle in una notte di plenilunio, che disfano il tempo nostro irragionevole, resta nel tempo  un ritorno di prati e roseti, e glicini e zinnie, e non di allucinate parole, qualcosa come una rosa  sempre  dolce per l’anima,  mentre si svolge la matassa e io sforno il pane caldo fatto a mano. Terra Pane. La sera  il buio nasconde la giornata, altrimenti il dispiacere s’acquatta, ma il sonno è sereno.  E tra i libri ho ritrovato, gioia immensa, Autobiografia di un baro di Luca Canali, in quel caos di arte e polvere, una meraviglia.  Canali. Nella sua follia si racconta,   con onestà e ironia racconta la nevrosi, e io mi diverto, è uno specchio nel quale mi osservo, credo allora nel mio essere qui comunque, senza pregiudizi e pietosa anche con me stessa e la mia follia. La mia e l’altrui. Follie che vivono in me come un libro scritto a metà, incompiuto, un libro di cartacce a malapena corrette, distratte,  e con le quali  ripeto la stessa ipotesi, e in fondo d’accordo, gli errori tanti, ma la memoria nostalgica ritorna agli anni lontani,  ma è  un ricordo e un camposanto. Una casa immensa un camino e tante camere, i piccoli e i grandi, in una casa fatta per accogliere. La Terra. Ricordo che la nonna comprava la farina mentre  tutto il resto, i ricchi  doni d’abbondanza, erano  la sua pazienza e la sua arte a offrirli. Ed era dono  per tutti. Con gesti veloci e esemplari stendeva e tagliava la pasta dopo aver lavorato il lievito, o ancora  preparava centinaia di conserve di pomodori, raccolti nel campo, e  le zucche fiorivano, e allora  cucinava i fiori di zucca fritti. Non si faceva mai vedere stanca, sempre regale, preziosa,  elegante, e portava fili di corallo intorno al collo bianco e delicato. Le signore si davano del Voi. “Voi come state?” – “Noi bene e voialtre?”. La cucina era il luogo che amavo di più e maneggiare la pasta era un gioco divertente. Le chiacchiere in cucina. Il camino aveva il ceppo e accanto al fuoco leggevo. Il portone e la porta di casa erano sempre aperti perché si potesse senza chiedere entrare e uscire. E dalla dispensa i doni d’abbondanza erano per tutti. Bastava entrare e prendere. Ora i portoni chiusi rendono tutto più complicato.
Da ragazzini si giocava  in strada ed era divertente correre scalzi, e si era felici.  Sono ricordi lontani di un mondo trascorso. Ora i miei passi sono veloci, anche oggi, con il mio ascesso e il mio mal di denti che mi costerà caro, forse bisogna chiedere un prestito alla banca, è un ritmo continuo adeguato ai tempi non all’età. Né alle finanze. Le saccocce come le chiamava il nonno sono vuote.
La speranza è questa monodia che al limite rassicura, forse,  un po’ fissata, in un identico schema, e forse si strappa in una tela con su dei girasoli, e i piccoli gesti quotidiani dal sapore d’antico, sicuramente non un impeto di gioia, l’amore è un mito trascorso del secolo che fu.  Amo la pace e la pretendo, anche dal mio terrazzo mentre mi affaccio sento odore di metallo,  in trappola, un cubo di cielo tra i palazzi, la solitudine della terra mi separa dal resto. Il computer  mi aiuta a rimarcare l’eco di una gioia trascorsa tra i limoni e la vendemmia. Succhi dolci rilucenti e lesta e guizzante l’agilità di ragazzina  che si arrampicava sui ciliegi e divorava i frutti. Emblemi di rimandi come in un labirinto di specchi con una linea di fuga,  che traduce i riflessi all’infinito, e quando esci dal labirinto un colpo di vento e il tramonto,  e torni a casa ad infornare il pane.  La Terra non ci appartiene è di tutti senza distinzioni e ha tutti i colori, il più dolce lo ha descritto un poeta … è il giallo verde delle ginestre fiore dei deserti.  A casa mi aspetta la mia cuccioletta Scilla. Danza di gioia al mio arrivo e con lei divido il pane. Si dissolve la sera. Quant’è dolce la mia cucciola. Mi ripaga delle offese subite. Della solitudine che mi ritaglia nello sfondo di una folla assordante. Scilla lenisce le ferite. E’ giocosa festaiola ballerina. Geppetto aveva quel burattino di pinocchio e un camino dipinto per scaldare. Io ho scilla che parla canta scodinzola. E’ piccolissima, è il leoncino dei monaci tibetani. Mi aiuta a camminare baldanzosa. Sono rimasta giorni senza mangiare e nessuno offriva nulla. La civiltà vorrebbe diversamente  … Mastro Don Gesualdo o l’Avaro di Molière … di amore e sesso questi uomini parlano molto … sesso sesso sesso … e il dono? Nelle civiltà tradizionali il dono rituale è sacro. Tra tradizione e azione abbiamo dimenticato le tradizioni, e i portafogli cuciti nelle tasche, stracarichi, dicono quanto poco si tratti di politica e quanto invece di disumanità. A volte vorresti dirlo. Tieniti i tuoi soldi la mia minestra calda ha il sapore giusto e dentro si rispecchia la luna. Siamo streghe notturne e inizia il Sabba. I miei piccoli sentieri sono tortuosi ma li preferisco. Scilla ama la lana e leccarmi le ferite o sbaciucchiarmi. Siamo  lunatiche ma Scilla è troppo fragile  per sapere … che il male esiste esiste davvero e non è amore, e io Scilletta devo proteggerti. “Buona la pappa!” – Scilla mangia i Nipiol e alza il musetto a dire “Grazie buono buono!”. La nevrosi? Lunga complessa da descrivere. Nell’assenza restano parole, romanzi che sono grandi affreschi per vivere avventure comunque. Molto più dolci del male.
Ho un ascesso. Denti da curare. Costa troppo. Certo non è Anna Karenina o Delitto e castigo. Bisturi trapano soldi. Il mio odio. Per quale motivo tanta avidità? Questa città? Mi rende apolide ma ovunque sarei apolide. Il mio contorto sentiero. “… Sole e luna del tempo/scordatevi la strada. Fermatevi, annientate/ i grovigli del ritmo.” Scrive Garcia Lorca. Allora sono già strega sotto la luna. Ma scordatevi di me della mia strada interrotta, del cammino rubato, di un bar di provincia, di occhi castani, e abiti stanchi e stinti come i passi trascinati. Vecchie signore che fumano una sigaretta in attesa della mezzanotte. Suona il pendolo. I rintocchi esatti, e il mio pulcino Scilla viene nel mio letto sotto il piumone “Ma quanto sei dolce tesoro?” le dico e lei gioca e scodinzola. Il sonno è un riparo. Dimentico e dormiamo serene. Sono pazza senza rimedio. Cerco Shakespeare in internet, un aforisma.  "Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra piccola vita è circondata dal sonno
Sono pazza. Schizofrenica. Ogni giorno ci rifletto mi guardo allo specchio e vedo una vecchia demente che ha dimenticato tutto. Ogni giorno va peggio, il sorriso si è spento. Secoli fa, mezzo secolo fa, già serpeggiava nella testa il fallimento inevitabile. L’unica cosa che so fare è scopare, ma neanche bene, sono passiva. Ogni giorno della mia santa vita che butterei nel secchio la stessa routine in un lavoro odiato. Con un senso di nausea ogni giorno. I Patriarchi avevano ragione. Mi ricordo di quando sedevano tutti intorno alla tavola, ognuno come di consueto al posto assegnato da sempre, in un ordine immutabile, nel rispetto di una cerimonia ripetuta infinite volte. Quanto spesso mi  ero chiesta se quel ripetersi esatto e misurato, destino che mi legava ad un punto esatto del suolo, non fosse altro che violenza mascherata. Un’ombra mi suggerisce la rivoluzione, mandiamo tutto in rovina fino a toccare il fondo. Insieme sbarcheremo altrove il lunario. Ok tutto all’aria, capovolgiamo tutto in un mondo alla rovescia, ma il tempo è comunque da sempre per tutti un nemico, una partita persa da sempre, una caduta irrimediabile. E il tempo mi tormenta senza lasciarmi la possibilità di voltare la schiena e andarmene, i pensieri  sono solo un errore nella cavità del cervello. Una trama tessuta, un’idea solo cerebrale che architetta la fine di un mondo, la mia anima nel tempo. Ricordo che a tavola si parlava di politica,brutto affare sicuramente,  mangiando la minestra di pane e brodo di gallina, i ragazzi che eravamo si interessavano al discorso, senza storia, senza capire,  e avremmo votato con tutta la voglia fresca di impegnarsi.  Le rivoluzioni sono giovani. Ora  contemplo silenziosa, mia madre è triste, anni sulla schiena pesanti, siamo rimaste sole, e io non sono moglie, madre neppure, e osservo la tavola  scarna, piena di briciole, i prodotti della terra, quella rimasta, quella povera che non dà più i suoi frutti, e  solo a volte, su invito, ascolto la conversazione delle cugine e dei cugini e dei rispettivi consorti, con la voglia di fuggire senza temere l’abbandono.   Solo così renderei giustizia alla volontà mia propria, sollevare le ali del desiderio. Ho fatto amicizia con un uomo su facebook, facebook quel mostro moderno poco adeguato e anzi maligno a sentire i pareri della vecchia guardia, e nutro il  desiderio taciuto, e ricambiato, di conoscenza. Un filo di speranza.  Mi rende triste il torpore profondo nel quale mi getta  una famiglia che ricorda aneddoti, eventi di un passato nel quale ormai io non ci sono più. E io che racconto? Qualche parola sbieca. Un tempo sognavo di diventare scrittrice. E ho scritto un libro bruttissimo che nessuno legge. Mi sono ritirata in soffitta a vivere, una splendida soffitta con un computer e un allaccio internet, lontana dal clamore di chiacchiere su  trascorsi troppo lontani che mi annoiano,  un sonno profondo dal sentore di morte.  Mi sento veramente intontita, ma dolce, remissiva, perché ho anche io una mia compagna di vita,  che lenisce ogni ferita,   la mia ombra dolcissima, Priscilla o Scilla, una cagnolina dal cuore d’oro e più minuscola di una gatta. La paura comunque ritorna, mi guarda dagli angoli, si insinua nelle conversazioni, è fatta di metallo, e del metallo ha il sapore, tranne di notte quando la luna si apre a ventaglio, e il biancore argenteo ricopre il corpo nudo e dimenticato. Spegne il fuoco, è acqua che miracolosamente riempie l’anima e l’increspa dopo l’arsura.
A tavola parlano della passeggiata in centro, un paese di provincia, ma io non ho una storia mia da raccontare, in quel vociante mondo intorno. Con la testa, organo delicato, attraverso  nuove ragioni, nuovi orizzonti , eppure non c’è tregua. Il tempo governa tutto. Sono lontana perché sola, e sola ci voglio essere, è la mia natura profonda, sola con Priscilla. Sono fatta d’esperienza laboriosa e un cuore di ghiaccio, da sciogliere, non è pietra d’altronde. la pietra impenetrabile e impossibile da scorticare se non lavorando con la falce. La pietra di cui è fatta la provincia. Sono pensieri incoerenti, scherzi  della mente.   Sono stanca e troppo affaticata da una vita di lavoro e durezze, mi sembra di aver già vissuto, e di vivere un oltre che è una platonica caverna d’ombre ingannevoli, e solo con  fatica, e travaglio, si risale alla luce. All’inizio la luce acceca poi è cristallina. E’ uno specchio d’acqua increspato. Lo tocchi e affondi nell’inconsistenza. E’ giusto salpare se il coraggio sostiene i remi ma io resto, e non mi disperdo nell’invidia del mio ostinato silenzio, specchio  che riflette reti di amare profondità. Inesplorate.
La mia voce ha un timbro delicato, afono, sembra incantata. La voglia di vivere dimessa, non più follie, ma impazzisco come felina in gabbia, e attraverso con la mente scene colossali in cui tutto sembra riemergere dal passato eppure tutto è quotidiano e dimesso.  Basterebbe scavalcare il muretto per essere al di là. Ma oltre è il nulla. Oltre è il computer e la lena con la quale scrivo racconti che nessuno legge e  chatto su facebook. C’è un uomo in chat che mi attende e forse verrà a trovarmi in soffitta dal Nord, e cucinerà a basso costo una pizza, solo pochi centesimi per una pizza fatta con lievito puro e salsa di pomodoro. Cucinerà lui, io sono un disastro ai fornelli. Ho appena partecipato al Flash Mob vestita da strega con un vecchio cappello della bisnonna fiorito e con la velina, per le grandi occasioni, ma questo non basta a rendermi simpatica a scuola, la scuola nella quale lavoro. Come sono noiose le insegnanti.
Già allora a tavola il nonno raccontava di come le cose fossero proprio storte,  mentre la più energica delle cugine, un volto di porcellana, e deliziosamente simpatica quando giocava a tirar fuori battute che le sorgono sempre spontanee, giocherellona com’è, smitizzava e si alzava da tavola  per portare i piatti sporchi in cucina e  metterli nella lavastoviglie, con garbo lasciava la sedia vuota per poi ritornare accanto al marito che le cercava la mano intimidito, lui ha meno coraggio, mentre lei sistema i capelli lunghi e biondi con un fermaglio, raccogliendoli sul capo per lasciar scoperto il volto d’angelo. Il nonno ha un modo imperioso e austero, ma è anche piuttosto caustico, e sempre sagace senza mai farsi sgarbato.
Ieri Immaginavo: attenderò il mio fantasma, la voce dolce mai udita, che  non deve sfuggire come  fantasia e inganno. Una misura diversa del tempo se condividerlo è possibile. lo psicanalista che mi cura sbaglia tutto, e il desiderio di ucciderlo è forte. Conficcato nel cervello e nella scatola cranica, ma ora forse ho un uomo, con braccia forti, ancora solo immaginate,  ma  ha coraggio, affronta il cielo. Quella penna gentile in chat, con una foto che ne esalta l’azzurro degli occhi, lui, un uomo solo virtuale, si scalderà al mio seno.  
Mi è rimasta solo un’amica, Giulia, che in questo momento sta andando ad un party in una villa fuori zona,  anche lei vive la gabbia del corpo, e non so come farle comprendere che può uscirne. Le mando un messaggio con il cellulare “Al party vengo anch’io ma più tardi, ci vediamo lì.”
                    La notte
La luna e una visione da nottambula, quando si fa buio, e tra le visioni allucinate si ingigantisce goffamente, ma tanto nessuno la guarda, legata al destino, senza direzione, del pensiero che non vuole ordine.e potrebbero deriderla. Ma l'ombra torna ogni notte a giustificare il quotidiano. E' fresca della frescura dei glicini e rigogliosa come uva matura che assapori nei campi quando il tempo ricopre le viti. E' acqua che lava il bitume, tradisce il giorno per fertilizzare la notte. Dopo un tragitto, tra le pietre arse e le strade deserte. Entra come tramontana d'amore e porta con sé il sapore del mare e della spuma, che non c’è perché la città è fatta di pietra,  ed è dolce il ricordo dei frangenti puliti e della risacca sciabordante che scomposta richiama all'orizzonte lo sguardo, e la voglia pazza di naufragio. La vita si è prosciugata, un’esile speranza soltanto, da quando con una sorta di dolcezza dell'anima,allegro e giocherellone, un uomo ha inciso una speranza profonda che  rende impaziente, e mi divora la voglia, sarà un bacio?
E’ lontano. La mancanza carnale  attraversa ogni tendine, ogni muscolo, mi ricaccia in un disorientamento e un abisso. Solo la notte torna clemente il silenzio, come vento tra i capelli. Ma è avaro di sé e all'alba fugge spezzando l’incanto, per riaffermare la solitudine di sudario e bitume e cenere e mura. Le basta un'occhiata allo specchio per accorgersi che la solitudine incide segni, lacrime, e l’ultima speranza è lui “l’ombra”. Uno sconosciuto,  solo un’amicizia su facebook, e poi incontrato in un fine settimana giocoso, eppure serio, pazzo e divertente, puro nel senso migliore,il senso con il quale ci si eleva sopra le mille giustificazioni che sei  obbligata a fornire rispetto alla vita a ritroso, e alla solitudine improvvisa. E’ stato un atto coraggioso invitarlo a dormire in soffitta in due per fare l’amore, nella frenetica emozione. Ha lasciato segni indelebili, pianti di solitudine,  contro i quali non hai rimedi, se non il trucco come apparenza superficiale. Di nuovo al lavoro, di nuovo derisa per il coraggio di mettersi a nudo. Tra le pietre che formano i muri di quella provincia medievale, giocattolo che si svita, prevale il frenetico ricorso a pettegolezzi e malignità, e di lei dicono le megere che è stata ridotta alla demenza per aver preteso troppo. La definiscono  pazza perché ha intrapreso uno stupido cammino psicanalitico durato trent’anni. In realtà è solo fragile e timida.  Intanto la recessione miete vittime. E autorevoli assassini restano a guardare, indifferenti.
Lui scrive un messaggio al cellulare “ sei una sarabanda di confusioni tu,  ti incanta Bergman e finisci per credere solo ai manicomi, comunque ti  va di venire alla notte bianca a Roma? “Ok se vuoi””.
Ho iniziato allora un colloquio furtivo con me stessa e il computer con il quale scrivo, accudisco e proteggo l’anima nascondendo agli altri il vero. Amo il fantasma di facebook, ora che lo conosco e ci siamo divertiti a letto, nonostante la pessima figura mia, mi sono ubriacata in un’enoteca, e poi ho vomitato anche l’anima, per “l’ombra” come si chiama al Nord, io però l’ho amato appassionatamente, ed è una malattia. Io lo voglio così com’è, con la sua solarità che mi rende sorridente.
E’ ritornato, forse gli sono piaciuta, nonostante tutto.
Appena ci troviamo in soffitta tolgo gli abiti e lascio che lui mi penetri. Prima mi bacia mi abbraccia, mi accarezza. Lui che è la luce e il vento tra i capelli. lui che nell’abbraccio carnale rende fertili le mie notti,  Come in un gioco che abbia smesso di essere un gioco nel limite stravolto e rigettato della realtà netta, veritiera, agonizzante, uno spazio di libertà, accarezza i seni e dona il più dolce degli amplessi, sotto il palmo suo, stretta al suo corpo, sento la pelle fino al ventre, soffoco i singulti perché non mi sentano. L'ombra, mi accarezza mi bacia mi tiene stretta. Uno scherzo del tempo che mi ridona la grazia. Lui accarezza i capezzoli, e io mi lascio penetrare dolcemente. “Sei vergine” mi dice. Quando riparte lo accompagno alla stazione, intristita.  il sogno di lui che torna come il vento tra i capelli. E' preziosa la nostra intimità,  amplesso che illumina di mistica luce riflessa le lontananze dolorose, e vorrei il suo calore sulla pelle per affermare la presenza-assenza ancora più dappresso e sentire la voce di lui farsi richiamo invincibile, sicuro. Un richiamo ogni giorno del vento, nella casa che dorme.  Chiudo dentro il piacere serrando le cosce. Perché si rinnovi l’ardore. Amor mio sei la mia meteora, districhi i miei pensieri sciogli le mie voglie.
Volgi a me beato i tuoi occhi, guarda osserva la mia devastazione. Turgidi i capezzoli chiamano induriti di voglia e premono contro la pelle  sua. . “L'ombra” l’accarezza. Le dita si apprestano a strazianti sfioramenti, il fuoco non si spegne, caldi i seni, i sensi dilatati, la pelle sprigiona umori e chiama il piacere carnale che offre il corpo smunto,   non appartengo ad altri, solo per te sorrido,  aggrappata a te, grido e gemo. Quando tu te ne vai, amore mio pazzo, a volte ostile come in una guerra appena iniziata,  il letto resta caldo e bagnato dei miei umori, a te mi consacro e per te abbandono tutto, per te si fa sregolata la testa e premono le tempie. Tu sei il mio nido, per te sistemo il cuscino quando tutto tace. E' un duello mortale e notturno di pazza sonnambula che trapassa il buio per incarnazioni miracolose. Ma l'ombra rinfresca e purifica la terra, e piccoli germogli vergini radici tornano come per incanto a nutrirsi alla fonte sicura. Non appartengo più a me stessa. Appartengo a lui, al vento, alla notte nella mia cameretta.
Prima di conoscerlo scrivevo così, ormai pregavo per non restare troppo sola, perché io le parole non le so, e gli eloqui delle donne mi risuonano in testa come mostruosità, e ne fuggo. Nei fogli persi, perché persi il computer e non avevo registrato su chiavetta usb, e poi ritrovati tra il disordine di carte, scrivevo ingenuamente così. Come di seguito:
In chiesa.
Era troppo veramente troppo. Era necessario cercare un principio essenziale di quiete che tendesse verso il basso, verso la terra per ancorarsi, una forza compiuta, visibile e determinata. Non hanno limiti ora gli angelici cori per le sue orecchie e infinito è il tempo che scioglie l'animo dal mistero di un corpo  abbracciato alla sua fragile umile carne, ma ora è ricordo, ora è lontano, e ecco affiorare il filo dei pensieri che riunisce tutte le condizioni di possibilità della sua vita, smarrita nei sentieri inessenziali, fra le dita intrecciate in preghiera lei ammette la necessità di confessare a se stessi ciò che le cose dicono per loro natura fuori dai labirinti ossessivi. Requie eterna - eterno riposo- la preghiera si alza in coro, distratta come ogni domenica ma stentorea; la grazia rallegra e definisce il tempo del  fantasticare psicotico. Sa comunque di aver perso la strada superba e chiara della ragione, ha osato indagare i misteri e ora è solitudine anche nel viso smagrito, sciupato, che pure manifesta nei tratti ingenui e dolci la disponibilità a rimettere in discussione ogni tentativo di risposta per nuove possibilità. Presa da angoscia incrocia le mani, socchiude gli occhi. Ecco un luogo nel quale protetti dalle volte e dalle arcate in ritrovata pace tentiamo di sfuggire alle tempeste e saldare l’ancora della sorte disancorata, per una donna che si vuol riposare i nervi tesi e i giovani cervelli audaci sono musica stridente. Gocce di sudore le imperlano la fronte, ha disimparato la propria bellezza e l‘ha dissolta nell'oceano del dubbio, e tuttavia non si spezza il sogno, la vittoria non giustifica nessuno né redime, perdere non significa null'altro che sacrificio, trovarsi a soffrire e poi chiedersi nel martirio d'amore se un angelo qualunque giungerà a togliere la croce. Sono il trofeo di questo santuario si dice la donna e vuole scordare; dolcissimo angelo condannato a morte, non fiera ma felina , miagola e graffia ad un tempo, col desiderio di uccidere e poi giacere sulla propria tomba, da quando uno spesso fendente ha trafitto il cuore che s'è imbambolato.
Il cuore accogliente  e solo non pensava, però, nulla di nuovo. Implorava Dio di darle un lui con giravolte d’anima come Luci della ribalta. Non aveva conosciuto l’amore e era fatta di copie d’autori, primi i  vecchi Don Chisciotte che l’avevano amata sulle panchine con qualche straccio ritrovato nei bidoni della spazzatura, per proteggersi dal freddo senza il tic tac di orologi, senza tempo, né giovani, né vecchi. Da tempo lei restava solo ad ascoltare con il mento piegato,  ferita da un vecchio  abbandono troppo sola da allora, , ossia senza far altro che fumare e leggere fino a perdere il sonno.  Un libro una sigaretta una birra. Sara Scrive messaggi al cellulare “Amore sono qui, doppia duplice con una cagnolina come compagna”. Non era più stato felice neanche lui da quando l’inverno si era fatto spesso e le stagioni della sua tenerezza morte per mancanza d’amore da riempire di carezze.
Le finestre della  camera di Sara danno sul presbiterio, allora è lì la domenica appena fuori dalla camera, per musiche maggiori di quelle che riecheggiano nella stanza delle sue astrazioni di chimera. Eppure lui, sempre invisibile, ma presente, sa esattamente, così lei lo immagina, roteare abile le braccia forti e i pugni tesi, squadernare quelle pareti anguste, e scoperchiare le volte gotiche per aprire al cielo le preghiere e attraversare le nuvole volando, sotto arcobaleni o  scrosci di pioggia adamantina,  perché i manti verdi  muoiono di siccità e piccoli germogli vergini radici tornano a rivestire manti di terra e allora c’è di che nutrirsi. Ma alla fine resta solo un’ombra, l’angelo, l’anima divina. Gioioso prima, l’incontro un caso fortuito di face book, solo un’amicizia faace book e dopo, dopo, paura allarmante, che ho fatto mio Dio è peccato? Il senso del peccato è l’arma di delitto, lascia ai singhiozzi la possibilità di farsi strada, perché tutto resti così com’è, marcio dentro, e la scatola chiusa, serrata, trasudante carogne e scheletri del passato.
Ma sussurrano le donne  litanie   alla luna strega. La luna  avvicina  il mondo, è fedeltà al fantasma,  lui solare, affamato di voglia di vivere. Sola nuovamente, Sara è  impietrita e fissata su fondo come Dafne fuggitiva, e lei,  donna  che non si è mai fermata con il tenace desiderio d’amore, lei che ha sempre abbandonato o è stata abbandonata, agogna ora il ritorno scacciando i pensieri di abbandono.
Ricordi. Pupazzi di stoffa come le bambole della sua infanzia che conserva, infanzia lontana come matassa inestricabile,  perduta freschezza giovanile. L’immediatezza è perduta. Sogna il mare e i suoi flutti, sì, le perle di conchiglia raggianti di splendore femminile. E  ascolta; l’amore  non sfugge al serpente, è avido di croci ed essicca i cuori perché resti il deserto di morte libagioni. Allontanare il giudizio non è facile. Da bambina era facile riflette la donna, se ritrovassi la fune che mi allaccia al passato resterei a decifrare la concatenazione degli eventi per annodare le trame del destino. Torna però con poca voglia a quei tempi perché il ricordo è una rivendicazione troppo tardiva. E la morte li allontana in una lontananza indefinita. Pensa alla casa, alla famiglia, il volto solcato di rughe,  con la fantasia eccitata,  da sedare con i farmaci, e ricorda la perduta infanzia e giovinezza come in una saga di fiabesca provenienza. Scorre recitando gli stessi interminabili versi in schemi sempre identici. La casa la solitudine i passi le voci. Tornare a cercare è complicato. Pensa al giorno trascorso, rievoca il limite di attimi, momenti di quiete. Prima del delirio. La sfrontatezza delirante è un ordigno che è la lucida coscienza delle responsabilità, della solitudine e di una guida che ha perso. E’ un’ombra ed è un sogno. Un fantasma e un angelo. Mai indiscreto eppure spregiudicato e imprevedibile le ha concesso la piena libertà delle sue azioni senza fare domande perché non si sentisse intrappolata e suggellando nel cuore un patto d’onestà. Ma battono alle tempie le parole di un cattedratico a lei rivolte.  “ora basta sei perversa sterile non comunicativa”. Ora basta. Non comprende, è inverosimile il suo ostinato silenzio, dopo gli insulti, quasi sfacciato di fronte ad una donna che cerca l’intero. Dicono sia pazzo. Eppure tanta sapienza dovrebbe rendere la saggezza.  Sei perversa sterile e non comunicativa le ha detto ed è scomparso, si è dileguato come impossibile enigma. Sono iniziate le vacanze di pasqua e lui non telefona. Continua assorta a scrivere disordinate parole, frugando nella borsa piena di libri per cercare le sigarette. È tornata da scuola. Le piacerebbe sfidare la sorte imbrogliare il destino, voglia di rinascere come fiore nella solitudine del deserto senza impronte, e lacrime, e fiori senza i quali si muore di violenza. Ma poi il malinteso si è chiarito. “devi smetterla di sentirti malata,  tu ti allontani con questa ossessione della malattia psichiatrica”.
Le gambe tremano paura furiosa di camminare. Paura del vento tra i capelli, Paura dell’acqua che lava il corpo. Piuttosto che lavarsi accende un'altra sigaretta. Paura nullificante che schiaccia annienta distrugge incenerisce. Ferite inferte ai prigionieri del tempo, un demone nemico canta un canto macabro sibilando alle orecchie il rumore che soffoca, voci fantasie parole taciute,  un orologio  esatto ma vuoto. Scavare le parole come in un museo per trovare il resto, i rimasugli della vita che resta da vivere con uno sguardo al cielo. Una terra nuova, un manto d'erba, ciclamini e nasturzi in giardino, sono riposanti, e quando la notte si alzano le stelle si ricrea l'anima che traduce la croce, curvata sotto il peso, inginocchiata, a fatica rialzata, la donna chiusa nella sua cameretta di ragazza prende penna e carta e intreccia parole che la giustifichino .
La messa è finita
«Sicché tutto qui? Bè,  vecchia mia non so che farmene. Dov'è che hai messo le sigarette? Ora non ho tempo, ritorno al circolo per il bridge - il medico ordina di curare la pressione ma dovrei allarmarmi? Trovami il cellulare nella borsa che lo chiamo. Almeno si decide con questa medicina miracolosa!» Nella calca all'uscita una moltitudine ipocrita vocifera mentre correndo i bambini escono scomposti. Il fendente ha trafitto il cuore e i raggi accecano la vista che sbatte e spalanca. Nulla appare più certo, quattro spiccioli al mese e un po' d'acquisti sfaticati, scarpe tirate a lucido, un cappotto nuovo, la passerella di domenica al centro per non sfigurare. Ma è come essere nudi. Soltanto la donna, che ha sottobraccio un libro nuovo e lucido di zecca, nuovo acquisto, ha un aspetto un po' diverso. O almeno dà ad intenderlo. Almeno lei ha un libro, un libro mentre passeggia con fare irridente e discosto sotto il cielo, quasi giustificata come in un certo definito tratto d'anima da quel possesso che la distingue, io no, intende, ritorno ai miei libri e non resto a contemplare, non appartengo al corteo di ombrelli in piazza che attraversa la strada sotto la pioggia.
Cercava riposo in quella casetta di anticaglie dal suo lavoro infaticabile. Scrive un messaggio a Giulia “Allora? Come va?”. Giunge immediata la risposta “Matteo è impossibile non si fa trovare mai è pieno di amanti non ce la faccio più…aiutami incontriamoci” “ok appena posso. Sono inguaiata anche io tra psichiatri e paure”.
Colpevole. Per il momento l'altro, l'intruso amorevole, agognato, spasimato, non c'è. Era il suo quarantesettesimo compleanno quando per la prima volta è entrato nella sua casa nella sua vita. Il concerto lunatico della sua esistenza è una partitura misteriosa, genera sogni e languidi abbagli, e ottenebrata perde ciò che illumina e rischiara la strada nell'ordalia dei suoni strampalati e mutevoli.  Orsaggine e selvatichezza si affacciano, la superbia si fa aspra, e si profila spontaneo e immediato il raccapricciante ribrezzo che è la sensazione di restare sospesa nell'aria. Ha sognato che le entrava nel fianco una mucca con sette zanne il corpo bianco come la neve e la testa di smeraldo. L'analista interpreta i sogni. Lei ha sognato la mamma le ha detto. Probabilmente è un sogno di conversione. Vorrebbe nel suo corpo veder nascere un fiore, una rosa,  ma avverte che è un desiderio impossibile e forse per questo gli acquisti di creme profumi abiti non la soddisfano comunque e diventano un fatto compulsivo. Le manca il giardino da coltivare, la fertilità, e il corpo lo avverte come fortezza.  Il vuoto che dice di percepire nel fianco destro, è il sentimento della sterilità. Lei dice di sentirsi mezza, senza la destra, e forata al fianco destro all’occhio destro che si chiudeva meccanicamente, e  anche la difficoltà a muovere  il braccio destro e la spalla destra, e  sente il vuoto dell'anima.  Cerca l’incomparabile e intangibile, cerca l'anima che lei definisce vittima di troppi furti. Vogliamo provare ad attraversarli gli specchi come Alice che è al di là?” Ma come si fa? Gli occhiali da presbite nella corsa euforica verso il cancello e la strada deserta, dopo quell'ora nella stanzetta d'oro, erano caduti, e lei non si era fermata a raccoglierli.. Si ferma a riflettere, non vuole tornare indietro e prosegue. Teme profondamente le responsabilità. E' l’inizio di un viaggio. Non più  sola e senza orizzonti disponibili. Chi farà scudo al nemico? In fondo era un capriccio pensa. E ha fallito. L'indecente in tutto questo è l'averlo previsto. Aveva fatto irruzione nella sua vita un angelo che agitava la corrente delle sue monotone giornate, e poi era mutato cambiato. Forse lei non comprendeva. II medico che sistema le “teste ha cura di un arto complicato”. Sylvia Plath. Un ordine ragionevole ammorbidisce il delirio e trasmette la sensazione di una timidezza che deriva dalla vergogna. Carica di divisi pensieri, rivendica un'imparzialità che non trova, è imparziale con se stessa e insieme iniqua.
Una  resa a un nuovo amore, si è fatta improbabile davvero? nutre orrore per la dimenticanza. Una donna smaliziata da fantastiche allucinazioni. Non sopporta il freno alle sue briglie che la immobilizza e la priva di dolcezze. Intrisa di frantumate memorie. Ancora pronta a infiammarsi ma con uno sguardo indietro e il pensiero incandescente di aver subito una truffa del destino. Eppure lo sapeva. " l’idea di qualcuno accanto mi dilania l'anima. Sono all'altezza sono adeguata sarò capace? la risposta è no non sono all'altezza non sono adeguata non sono capace. Pazienza … Ora si tratta di tentare in quella stanzetta d'oro con un estraneo che ascolta e di trovare chiarezza  e di sapere perché accade. Far luce in questo tumulto per  proteggere l'argine che straripa". In autobus disegna arabeschi su un foglio, distratta, scarabocchia svolazzi, e  viaggia verso future esultanze, ammesso che il buon senso e il criterio dell’analista siano scienza e snocciolino il bandolo dell'anima. Ma l’analista sembra un cialtrone. Comunque è un tentativo.  Affaticata, giù di tono, indossa una giaccone e jeans. Si ferma in un bar per prendere una birra e fumare una sigaretta. Lo psichiatra è l’assassino, e anche piuttosto venale.
Vede all’angolo del vicolo il suo vecchio professore di università, sciatto, trasandato, occhi bassi, passo lento. C’era stata l’anno precedente una discussione durata ore al tavolino del bar del centro.
Era impazzito, colpa di una donna, quell'essere sconosciuto che non aveva osato indagare per viltà misogina e stima del suo intelletto grave ma forte, di pietra, e per lenire ferite si era fatto con gli anni legnoso, un burattino senza forza che ratificava per mera necessità tutte le ingiustizie del mondo.
Ora era agonia dubbio scomposizione. Era diventato un cialtrone biascicava le proprie ragioni camminando a passo lento, senza criterio, allontanato da tutti, tutti schiamazzavano chiacchiere da bar, nei tavolini del centro. Lui con la mente ottenebrata camminava con gli occhi in basso e incurante di quel monologo stralunato e solitario che sfacciatamente ostentava, un canto scandito alla pallida luna rivestita di stelle. Un pensiero grigio cupo, un sogno di riscatto ormai abbandonato, un ricordo che richiama l'illusione, poi il no secco della coscienza e la consapevolezza carica d'odio del male subito senza rimedio. La vendetta impossibile inutile fuorviante. Era  un giorno qualunque tra giorni senza importanza; una mattina d'estate inoltrata, dopo una cena in un ristorante del centro, veloce, camminava per il corso con la voglia di distruggere prima di tornare agli studi tra le carte disordinate. All'uscita aveva intravisto un uomo che usualmente ostentava la massima eleganza con una forma di sfacciata caparbia, quasi a dire le mie tasche sono piene e se sono piene le mie tasche anche il mio onore, e lo aveva sorpreso a ridere del suo soliloquio da mentecatto. Comunque il ristorante d'angolo dall'insegna sciatta e all'apparenza poco invitante era poco frequentato.. L'uomo pensava e parlava da solo in un monologo strascicato, tornava con angoscia ripetuta a contare gli attimi i minuti che si rivestivano di significati giganteschi, in quel giorno maledetto, in quell'urto improvviso. Battevano le tempie, basta basta, uscire dalla gabbia dimenticare. Bisognava imparare a memoria le regole della comunicazione come la tavola pitagorica, farne una logica del pensiero, conoscere la realtà iscrivendola in un quadrato o mettiamo un cerchio anche, purché sia iscritta, perché faccia parte di un universo concentrato e forse rattrappito d'accordo, ma così era solo paura, del futuro, e lui era già vecchio e gli anni si facevano sentire. bastava esaminare la sua andatura incerta, gli occhi bassi, la vergogna di esserci ancora, il desiderio di restare appartato negli angoli nascosti, lontano dalla folla, per capire quanto fosse infelice per quell'anarchia del mondo insensato, come una trottola impazzita e girava e girava e lui non poteva più giocare come un ragazzino con quell'equilibrio incerto su due gambe come moscerini e la rabbia soffocata. Ci sono anch'io raccoglietemi cercate di capire e d'accordo sono superato ma posso esserci, anche se di lato, nascosto, travestito di memorie e rimpicciolito dal peso di una fatica senza speranza, ad occhi chiusi. Regole e leggi nuove da subire in un mondo grande quanto un guscio di noce ma feroce di fronte alle diversità, ostile con chi aveva modi inusuali o non conformi ad uno stile che lui onestamente definiva da bifolchi e straccivendoli da mercato, bifolchi travestiti da nobili per un'osservanza maniacale ad un'esteriorità solo formale. Un'eleganza in fondo triviale come immancabile travestimento, e in fondo era l'invidia trasparente negli sguardi curiosi ed avidi.
Il rapimento della voluttà. Ma io, si disse,  molto più abilmente so volare e levarmi rapido in alto per fuggire da chi non avendo ali cammina e cammina una strada faticosa e sconosciuta senza armi di sorta se non la cura della casa degli anni da trascorrere con quattro spiccioli e un lavoro qualunque, e se ho sottovalutato è per via dell'abitudine alla solitudine e modi da vero selvaggio, come minotauro disabituato alla luce, pensò suo malgrado, ma in fondo era stata sbadataggine, semplicemente uno sguardo poco allenato ai colori e ai riflessi screziati e confusi di un'anima senza traduzioni intellettuali, era l'animo gentile di una donna incrociata per caso; sicuramente in cerca di fuga e con poca sagacia e disabitudine al nuovo aveva, lui, cieco e sordo al richiamo imprevisto, ascoltato con la noia del già troppo noto e troppo detto, per tornare senza perdere tempo tra i labirintici meandri imperiosi e noti dell'intelletto che ai testi si applica senza posa e non ama distrazioni, eppure era l'animo accorto di una donna forse in pena, ma alla fine chi non lo è a questo mondo? Aveva dimenticato dunque i versi di Dante sull'anima? la creazione dell'anima, da parte di Dio
-esce di mano e lui la vagheggia- prima che sia, a guisa di fanciulla- che ridendo e piangendo pargoleggia-l’anima semplicetta che sa nulla.
Pensò che per la prima volta in anni aveva dimenticato di recitare le preghiere prima del desinare. Tre volte al giorno recitava le preghiere e regolarmente santificava le feste - Ma la donna era un pasto a cui non si era mai abituato; lo attraversò il pensiero cosi, nudo e macabro, e ne ebbe orrore, lo ricacciò nel fondo perché non riaffiorasse. "Se si recita la preghiera non si giunge comunque alla fine della giornata con la coscienza perfettamente in funzione e a posto. Non basta . E' vero che la preghiera prima dei pasti rende grazie del bisogno concesso ai bisognosi, ma non basta". Così pensava a voce alta come gli succedeva spesso ormai. Era sempre stato metodico e severo, estremamente puntuale e sempre attento alle orazioni quotidiane. non esisteva il caffè a metà mattinata, o l'abbondanza di vini nella tavola scarna e appena apparecchiata di pane affettati e prosciutti, né sigarette o droghe inquinanti, il caffellatte o la cioccolata con cornetto a colazione erano proibizioni che risalivano all'infanzia, quando i soldi erano pochi e il cibo misero e da dividere in una famiglia contadina nella quale nessuno portava scarpe che non fossero state mille volte fasciate per chiudere gli strappi e tenere legata la suola che proteggeva dalla neve i piedi intirizziti dai geloni. Ora se possibile, pranzo a mezzogiorno e alle sei la cena! Ma prima mezz'ora di ringraziamento per il nutrimento che non mancava e del quale si era grati al signore che non aveva abbandonato quella tavola, e dunque santificare i suoi doni era dovere d'onestà e rendimento di grazie. Ma era  la pazzia di un ordine che si era mutato per sortilegio in un incubo incomprensibile per un uomo che aveva sempre preso sul serio il suo spirito quanto la sua solitudine e che ora, nella vecchiaia, aveva creduto di ricavarne soddisfazione infinita per la quantità di beni accumulata in anni di lavoro.
Sara
E’ tornata, dopo una lite con un lui che la soffocava, nella soffitta, la sua camera di ragazza.
Suona una canzone alla radio in sordina che suggella il limite estremo del giorno, dalla strada sale il rumore frenetico di motori come note strappate di cingoli che stordiscono e abbacinano. Le orecchie. Gli occhi. Di nuovo gli occhi di un'ombra che schiude il mistero superstizioso del suono e ordina il silenzio. La donna guarda di fronte,  in una sua immobilità senza movimenti, fedele cerca di apprendere quell'arte che è il silenzio tra le morte cose, avanza e si dilata l'ingiunzione dell'ignoto, seduta con gli occhi verso il muro di fronte,   le labbra immobili. Di colpo, nel silenzio delle loro voci ammutolite, sale attimo dopo attimo, veritiero, crudele, il palpito soffocato dei loro respiri, ritmici nell'aria, e l'avversione odiosa, febbricitante, annega in una vibrazione del tempo che scorre mutando i suoni amplificati e disarticolati. Il silenzio è un ombra di luce che ha corpo e nasconde il suono teso a vomitate nauseabonde parole. Denso e grigio si riflette il disgusto, la donna tesa all'estremo urla "non ti voglio io non ti voglio"; l'uomo non risponde non si muove,  pietrificato.  Nero vibrante catramoso    il silenzio, e una lacrima scende riga il volto segnato di Sara , segnato di  vergogna, poi lenta un'altra e un'altra ancora, piano si scioglie il tumulto incessante per un attimo di pietà.
Il dolore inclemente, chiuso isolato liquefatto poi spalancato di lei intenta ad ascoltare i colpi che intontiscono. L'uomo cerca la domanda cruciale oltre quelle sghembe parole gridate, paziente ascolta quei frammenti allucinati. Una spiegazione semplice del complesso, un ordine, procedere per deduzione e sbrogliare l'intrico, comprendere cosa implica e perché, e perché spontaneamente come un boato si produce quel delirio che fulmina, inintelligibile. Trovare l'armonia dell'anima comprendere l'inganno e sfuggire alla trappola che è diventata il luogo di lei smembrata in uno spazio non suo, fatto di sbarre. Non c'è stata una parola tra loro in tutto il giorno ma se anche il vuoto ha un nome in qualcosa si deve tramutare. E' necessario scampare a questa miseria d'amore e delirio che ha frantumato l'incanto dei loro corpi abbracciati. " L'amore non esiste. Esiste la solitudine l'abbandono la paura." Dice la donna guardando straziata fra le cose a destra a sinistra come a cercare l'orientamento nello spazio quadrato che non riconosce, negli angoli negli oggetti nelle pareti nei mobili nella tavola apparecchiata.
Ha creduto di essersi persa in una distanza ignota e tra i singhiozzi ha cercato di orientarsi sorda a ogni muto rimprovero, perché la sopravvivenza è così. Una fine una memoria una fuga un fantasma che appare in mezzo alla più conviviale delle conversazioni ed è un'ombra travestita, nascosta, grave, accesa e spenta all’ombra dell’enigmatico silenzio delle strane cose risucchiate. Trattiene il tempo e ne espande le vibrazioni, ed è come morire senza morire, con un nemico accanto invincibile, sulle prime lo credi un angelo e lo tieni nascosto come l’amante più segreto, sedotta ammaliata , ma il tradimento è vicino, ha un passo e avanza marziale, è un corpo diverso, un vecchio aguzzino rigido travestito di fessure che sono occhi tesi, e annuncia cori di voci disgiunte come parti di un corpo metallico, si prolunga in un'eco sterminata il dialogo forsennato dentro il corpo rattrappito, e si svita la testa di bambola dopo un sonno in cui la ragione conservava fedele i suoi buoni quotidiani argomenti. Un intruso speciale, occhieggiante, non uno come noi, con sguardo imperioso trafuga parole nel vigore estremo del silenzio, cicalecci che incendiano, distruggono, fucilano, prefigurano il gioco temibile di una fuggitiva senza speranza nel brivido della solitudine ad occhi chiusi. Il giorno prima c'era stata una scenata. Piangeva aggrappata ai cuscini del divano e graffiava la stoffa, bella comunque nel suo abito di seta indaco indossato per l’occasione nella speranza di mascherare la prigionia che avvertiva dentro, nonostante si riconoscesse colpevole, e quella gabbia dal canto suo la meritava come ogni altra cosa. singhiozzava "tu mi uccidi mi uccidi io soffoco". Lui aveva il volto coperto dalle mani.  Si offriva paziente a quell'incubo improvviso e atroce. Poi si era alzato e le aveva strappato il bicchiere di mano e aveva urlato "ora mi dici tutto con ordine"
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carol-agostini · 5 years ago
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Dono, Rosato di Montepulciano Azienda La Lepre e la Luna. Il nome di questa azienda ha una sua storia che mi ha sedotto ed affascinanto immediatamente, appena conosciuto Gianluca Zitti. "Secondo la mitologia giapponese sulla luna si intravede una lepre. Si racconta che tanti anni fa sulla terra vivessero felicemente e in amicizia una scimmia, una lepre e una volpe. Un potente Dio venne a conoscenza di questa grande amicizia tra animali così diversi e decise di verificarla: avrebbe premiato tanta lealtà. Arrivato sulla terra si presentò ai tre amici spacciandosi per un povero vecchio affamato. La volpe e la scimmia, sperando in una ricompensa, si misero a raccogliere bacche e verdure per sfamarlo, ma la lepre continuò a giocare spensierata, perché quella era la sua natura. Allora la scimmia e la volpe le dissero di raccogliere dei rametti per loro e di ammucchiarli e accenderli. Lei li accontentò e i suoi amici la spinsero sul fuoco e la servirono all'affamato vecchio che, colto da orrore per quel tradimento pensò che l'unica davvero leale fra i tre fosse stata la lepre e, come premio, la fece salire fino al palazzo della luna dove le fu resa la vita che divenne eterna". (C'è una bellissima canzone composta da Luisa Zappa e cantata da Angelo Branduardi dedicata a questa leggenda). I vini di questa azienda sono tra i più " particolari" che io abbia mai assaggiato in 25 anni di degustazioni; questo Montepulciano, vino naturale in anfore di terracotta rosato al naso è ricco di profumi verticali. Sento note di fiori di fiordaliso e ginestra, frutta rossa fragola e lampone, ciliegia e mirtillo, spezie tra cui tamarindo, pepe rosa, vaniglia; ossigenandosi emergono liquirizia, salvia, melissa e mirto, pietra e grafite. In bocca trova la sua massima espressione dopo l'ossigenazione, un vino che tenuto aperto, esposto all'aria rende il massimo delle sue potenzialità con il passare delle ore, esplodendo in un ventaglio di profumi e aromi complessi. Entra fresco e deciso, sapido, le parti dure predominano; il palato si riempie di glicine e violetta, fragola e lampone, limone e lime; sapore di ginger, arancia, mandarino e ciliegia. #wine (presso La Lepre e La Luna) https://www.instagram.com/p/CAnoCfBn6NA/?igshid=7mhk3jn6a3to
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tamoore575 · 5 years ago
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#palazzomirtopalermo on free Sunday (at CASA MUSEO Palazzo MIRTO) https://www.instagram.com/p/B68KtMuFPDW/?igshid=umru22o76p61
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salvo13 · 7 years ago
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Una piccola fontanella in casa #fontana #palazzomirto #palazzo #palermo #sicilia #italy #sicily #instagram #socialmedia #relax #cultura #museo #italia #around (presso CASA MUSEO Palazzo MIRTO)
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