#Natale realistico
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Il Natale visto da Bukowski: una riflessione sulla realtà delle festività. Un'analisi cinica e realista del Natale, ispirata da Charles Bukowski e proposta da Cinzia Perrone. Riflessione di Alessandria today
Cinzia Perrone, poetessa e scrittrice di grande talento, è una delle valide autrici di Alessandria Today. Originaria di Napoli, vive a Jesi da oltre dieci anni, dove continua a dedicarsi alla scrittura
Biografia dell’autrice: Cinzia Perrone Cinzia Perrone, poetessa e scrittrice di grande talento, è una delle valide autrici di Alessandria Today. Originaria di Napoli, vive a Jesi da oltre dieci anni, dove continua a dedicarsi alla scrittura. Laureata in Giurisprudenza, ha pubblicato numerose opere tra cui racconti, poesie e romanzi che esplorano la profondità dell’animo umano. Le sue opere, come…
#Alessandria autori#Alessandria cultura#Alessandria today#Alessandria Today autori#autori italiani#Charles Bukowski#Charles Bukowski citazioni#Cinzia Perrone#critica sociale Bukowski#critica sociale Natale#Critiche sociali#difficoltà economiche#dinamiche familiari#Disuguaglianze#empatia#empatia culturale#empatia festività#Festività#festività e realtà#festività problematiche#Google News#isolamento#italianewsmedia.com#LETTERATURA CONTEMPORANEA#Natale#Natale e solitudine#Natale realistico#Pier Carlo Lava#poesia Bukowski#poesia contemporanea
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Vittorio Arrigoni detto Vik è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano. Sostenitore della soluzione binazionale come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, nonché pacifista, si era trasferito nella Striscia di Gaza per agire contro quella che definiva pulizia etnica dello Stato di Israele nei confronti della popolazione araba palestinese.
Sembra oggi ma parliamo di 25 anni fà
Una lettera di Vittorio del 02 marzo 2009 due anni dopo fu assassinato.
Vittorio tornato a Gaza
«E alla fine sono tornato.
Non sazio del silenzio d’assenzio di una felicità incolta
accollata come un cerotto mal riposto su di una bocca che urla.
Non potevo fare altrimenti.
Essere ferito, venir rapito, derubato della propria missione, incatenato e imprigionato in un lurido carcere israeliano,
quindi deportato a forza su di un aereo verso Milano
senza neanche la pietà di mettere ai miei piedi nudi e martoriati dalle catene un paio di scarpe,
non è certo la conclusione auspicabile per il compito solenne e di riscatto umano che ha impegnato gli ultimi mesi della mia barocca vita.
Il leone accumula stagioni e cicatrici,
non ha certo il passo slanciato di una volta,
ma non abbassa di un pelo la criniera.
Poggiando il primo piede sulla terra di Gaza, per la seconda volta, sbarcando, come un Armstrong esiliato,
ho ruggito, eccome,
devono esser tremati i vetri delle finestre pure a Tel Aviv.
Fiero del mio passato, non curante del mio presente.
Perché è questo il tempo di spendersi, piuttosto che accaparrarsi un futuro agiato e comodamente distorto,
a quelle vittime innocenti a cui non abbiamo concesso neanche l’ascolto, per un attimo,
delle loro grida di dolore.
Spendersi affinché ogni diritto umano sia rispettato.
Tutto il resto non ha più importanza, semmai ne abbia mai avuta una.
Bisogna saper riconoscere la matrice della propria anima,
anche se ciò è spaventevole e significa solitudine, ostracismo, utopia, Don Chisciotte,
ingratitudine anche da chi verso cui si è dato tanto, si è speso tutto.
Ad aspettare nel fuoco si rischia di bruciarsi.
Ecco allora il perché della scelta dei miserabili, dei reietti, dei condannati,
essi sono ancora capaci di lealtà, di gesta aggraziate e di generosità audace, alle soglie della fine del mondo.
Reietto e miserabile la vita mi ci ha costretto,
sono tornato a casa.
Natale a Gaza pare un funerale.
E non esclusivamente perchè oggi ad un funerale effettivamente ci sono stato,
il vicino di casa di Fida, nostra coordinatrice ISM,
è stato ridotto in brandelli, in tanti piccoli pezzettini di carne lacera da un colpo di carroarmato israeliano.
Piove lacrime amare il cielo di Gaza in questi giorni di lutto e terrorismo da oltreconfine.
Si ascoltano i rutti delle minacce di imminente strage da Lvni e si trema dal freddo
(senza + gas, senza + gasolio, senza + energia elettrica).
Si odono i cingoli di Netanyahu sulle ossa dei palestinesi ammazzati ieri e di quelli a venire.
Lvni e Netanyahu in marcia funebre verso le prossime elezioni israeliane,
il teorema è semplicistico, ma purtroppo realistico,
vincerà chi porterà in dote ai propri elettori più teste palestinesi mozzate.
One head one vote.
A Gaza è come se si fosse in autunno,
e io sono nato sotto il segno dell’autunno.
Per cui se fuori piove,
perdonatemi,
a volte piove anche dentro.
Restiamo umani.
Vostro Vik dalle tenebre dell’assedio.»
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Price: (as of - Details) DESCRIZIONENATALAND: Se sei alla ricerca di un Albero di Natale Innevato scegli la qualità del marchio Nataland con questo stupendo modello Alaska, folto e dall’effetto realistico. E’ l’Ideale per chi desidera avere un albero innevato ben fatto e unico, capace di lasciare a bocca aperta chiunque lo guardi.CURATO IN OGNI DETTAGLIO: Le foglie dell’albero riproducono in maniera assolutamente realistica gli aghi di un abete mentre le due diverse tonalità di verde, rafforzano la chioma donandogli un aspetto estremamente folto. Ciò che però lo impreziosisce sono le sue punte bianche innevate e le pigne che ne decorano i rami e lo fanno assomigliare ad un vero e proprio pino.CARATTERISTICHE: I singoli rami lunghi e corti sono stati posizionati alternativamente in modo che l'abete acquisisca volume e risulti pieno in qualsiasi sua parte senza nessun "vuoto". I rametti sono progettati per essere anticaduta e coprono quasi totalmente la base. Numero di Rami: 690 Altezza Albero: 180 cm, Diametro della base: 110 cm. Lunghezza degli aghi: 2,5-5 cm. Lunghezza delle punte: 15-20 cm.MATERIALI: Realizzato in PVC di altissima qualità, atossico e inodore, progettato per resistere anche dopo 10 anni di utilizzo. Il materiale è completamente ecologico e ignifugo, potrete decorarlo e riempirlo con serie di luci, palline e appendini senza correre alcun rischio.SEMPLICE DA MONTARE: E’ fornito di dettagliate istruzioni di montaggio: l’assemblaggio è semplicissimo, vi basterà apporre i rami a gancio, colorati e numerati, negli appositi spazi e aprire le punte. Dotato di base a croce pieghevole in acciaio con gommini antiscivolo che consente una perfetta stabilità. Utilizzabile sia all’interno che all’esterno.NATALAND: Se sei alla ricerca di un Albero di Natale Innevato scegli la qualità del marchio Nataland con questo stupendo modello Alaska, folto e dall’effetto realistico. E’ l’Ideale per chi desidera avere un albero innevato ben fatto e unico, capace di lasciare a bocca aperta chiunque lo guardi.CURATO IN OGNI DETTAGLIO: Le foglie dell’albero riproducono in maniera assolutamente realistica gli aghi di un abete mentre le due diverse tonalità di verde, rafforzano la chioma donandogli un aspetto estremamente folto. Ciò che però lo impreziosisce sono le sue punte bianche innevate e le pigne che ne decorano i rami e lo fanno assomigliare ad un vero e proprio pino.CARATTERISTICHE: I singoli rami lunghi e corti sono stati posizionati alternativamente in modo che l'abete acquisisca volume e risulti pieno in qualsiasi sua parte senza nessun "vuoto". I rametti sono progettati per essere anticaduta e coprono quasi totalmente la base. Numero di Rami: 690 Altezza Albero: 180 cm, Diametro della base: 110 cm. Lunghezza degli aghi: 2,5-5 cm. Lunghezza delle punte: 15-20 cm.MATERIALI: Realizzato in PVC di altissima qualità, atossico e inodore, progettato per resistere anche dopo 10 anni di utilizzo. Il materiale è completamente ecologico e ignifugo, potrete decorarlo e riempirlo con serie di luci, palline e appendini senza correre alcun rischio.SEMPLICE DA MONTARE: E’ fornito di dettagliate istruzioni di montaggio: l’assemblaggio è semplicissimo, vi basterà apporre i rami a gancio, colorati e numerati, negli appositi spazi e aprire le punte. Dotato di base a croce pieghevole in acciaio con gommini antiscivolo che consente una perfetta stabilità. Utilizzabile sia all’interno che all’esterno.
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Price: (as of - Details) L'Originale Abete Natalizio di Totò Piccinni. Foltissimo, imponente e di bellissima presenza. Verde tono su tono per le foglie e marrone per i rami per un effetto realistico, pieno di sfumature; Facile Montaggio dei rami a gancio, colorati e numerati, dotato di base metallica rinforzata. Realizzato in PVC di Qualità, Atossico e Inodore. IGNIFUGO non infiammabile per la massima sicurezza. 2 OMAGGI: resistente Borsa antistrappo per poter trasportare e conservare l'albero per tanti anni e l'originale SCATOLA CONTENITORE PORTA PALLINE di natale e decorazioni natalizie!!! Verificare l'autenticità con la presenza del marchio Totò Piccinni. Disegnato e Spedito dall'Italia! Altezza: 120 cm, Diametro: 65 cm, Numero di rami 246. Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. Altezza: 150 cm, Diametro: 70 cm, Numero di rami 438. Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. Altezza: 180 cm, Diametro: 95 cm, Numero di rami 723. Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. Altezza: 210 cm, Diametro: 110 cm, Numero di rami 1078.Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. Altezza: 240 cm, Diametro: 125 cm, Numero di rami 1516. Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. Altezza: 270 cm, Diametro: 140 cm, Numero di rami 2243. Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. Altezza: 300 cm, Diametro: 160 cm, Numero di rami 3015. Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm. L'Originale Abete Natalizio di Totò Piccinni. Foltissimo, imponente e di bellissima presenza;Verde tono su tono per le foglie e marrone per i rami per un effetto realistico, pieno di sfumature;Facile Montaggio dei rami a gancio, colorati e numerati, dotato di base metallica rinforzata.Realizzato in PVC di Qualità, Atossico e Inodore. IGNIFUGO non infiammabile per la massima sicurezza.2 OMAGGI: resistente Borsa antistrappo per poter trasportare e conservare l'albero per tanti anni e l'originale SCATOLA CONTENITORE PORTA PALLINE di natale e decorazioni natalizie!!!Altezza: 210 cm, Diametro: 110 cm, Numero di rami 1078.Puntale per la stella di Natale lungo 19 cm.Verificare l'autenticità con la presenza del marchio Totò Piccinni. Disegnato e Spedito dall'Italia!
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Albero di Pasqua: idee per un tocco di primavera nelle nostre case
L'albero di Pasqua è una delle idee giuste per dare quel tocco in più alle nostre case in questi giorni. La luce e i colori della primavera insieme ai simboli della festa sono la combinazione adatta per vivacizzare gli ambienti in cui viviamo. Da realizzare in pendant con l'arredamento o in uno stile vicino ai più piccini, ecco alcuni suggerimenti per realizzare l'albero di Pasqua adatto a voi. Non solo l'albero di Natale Prima, però, facciamo un passo indietro e vediamo dove e quando nasce la tradizione di addobbare le case con l'albero di Pasqua. Fratello minore del più famoso albero di Natale, l'albero di Pasqua nasce dalla tradizione molto in voga nei Paesi del Nord e Centro Europa di decorare alberi e cespugli con fiori e uova per celebrare l'arrivo della primavera. La cristianità, poi, ha trasformato questo rito pagano inondandolo con i suoi significati. Ecco che le uova con cui decoriamo l'albero, da simbolo di rinascita, diventano rappresentazione della resurrezione di Cristo. L'usanza si è ben presto diffusa in tutto il mondo e anche da noi in Italia sta diventando una piacevole occasione per vivacizzare gli ambienti casalinghi. Secondo la tradizione, l'albero di Pasqua si realizza subito dopo il mercoledì delle ceneri per fare compagnia durante tutto il periodo della Quaresima. Idee per l'albero di Pasqua nelle nostre case La base dell'albero di Pasqua è costituita da rami di alberi come ciliegio, pesco, betulla, albicocco o melo. La presenza di gemme sui rami darà al tutto un aspetto più realistico. In alternativa si possono utilizzare anche rami finti, magari con piccoli fiori. Come tutte le decorazioni, anche l'albero di Pasqua dovrà adattarsi allo stile generale della casa: - In ambienti dallo stile classico sarà azzeccatissimo un albero realizzato con rami veri sistemati in un vaso di terracotta e addobbati con piccoli ovetti colorati e sagome di coniglietti. - Uno stile moderno, invece, richiama un albero realizzato anche con rami anche finti da sistemare in un vaso di vetro. Se non vi piace che si vedano i rami adagiati nel vaso potete nasconderli con della sabbia colorata. A quel punto potete procedere con le decorazioni. Una valida alternativa può essere tinteggiare di bianco i rami di bianco: in questo modo, i colori delle decorazioni risalteranno maggiormente. - Se avete un giardino scegliete un albero o un cespuglio e decoratelo con uova colorate di una misura più grande: l'impatto visivo sarà garantito. Coinvolgere i più piccoli Proprio come il Natale, anche la Pasqua può essere un'occasione per ritagliarsi del tempo di qualità con i propri figli. Possiamo coinvolgere i nostri piccoli nella realizzazione dell'albero sia in casa che all'aperto oppure realizzarne uno diverso da esporre nella loro cameretta. L'opzione più gettonata, nel secondo caso, è un albero realizzato con del panno lenci e un'anima di ferro che lo aiuti a tenersi in piedi. Insieme ai piccini si possono ritagliare le sagome di uova e di coniglietti e decorarle per renderle più realistiche e vivaci. Armatevi di forbici e colla e il gioco sarà fatto. In copertina foto di scartmyart da Pixabay Read the full article
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Ocean Warren Ellis e Chris Sprouse Ed. Magic Press, 2007
Ho letto questa miniserie di Ellis ambientata dalle parti di Giove e non ho potuto fare a meno di affiancarla alla recente sequenza di Nathan Never in conclusione il mese prossimo con il suo quarto albo. Mi riservo un'analisi più accurata dell'albo Bonelli in altra sede dedicata, però per cominciare a parlare di Ocean condivido alcune sensazioni nate dal confronto di due stili narrativi molto diversi.
Mentre nella mini di Nathan si leggono tantissimi lunghi testi esplicativi alla ricerca di rendere più chiara possibile una vicenda ricolma di dettagli e incastri con le vicende dell'Agente Alfa (che rendono la miniserie di difficile digestione per i non appassionati), Ellis ritaglia la vicenda poco per volta, in modo asciutto, ma arioso rendendo la spaziosità del cosmo e dell'oceano alieno, anche grazie ai disegni puliti di Sprouse e a una colorazione asettica e efficace.
In "Operazione Giove" della Bonelli gli autori ci offrono una marea di informazioni per tessere una trama sempre più arzigogolata e complessa, costruendo una mitologia aliena ispirata ai recenti capisaldi cinematografici come Interstellar, Ad Astra, The Martian eccetera, con una spolverata di giochi di potere tra i vari dirigenti terresti: chiaro che lo scopo sia gettare quei semi per ulteriori sviluppi di cui Ellis non ha la necessità di preoccuparsi. Ma è così che la storia di quest'ultimo si guadagna davvero un respiro cinematografico, è costruita per iniziare e finire in 6 albi (raccolti in volume) e in poche pagine e altrettante battute riesce a tratteggiare le personalità di protagonisti e comparse, abbozzarne il passato, criticare la china che sta prendendo la società contemporanea ritraendone uno scenario possibile di come potrà essere fra cento anni. Emblematica la compagnia privata Doors (sic!) che dopo aver lavorato ai massimi livelli in ambito informatico, decide di lanciarsi nell'esplorazione spaziale con mezzi e risorse ben superiori a quelli della NASA, ma sicuramente meno vincoli etici (nell'epoca dei Bezos, Musk e Branson sembra piuttosto realistico e le allusioni al trattamento dei dipendenti richiama alla mente una realtà distopica, ma che potrebbero benissimo essere sperimentata da Amazon sui suoi prossimi dipendenti).
In entrambi i testi appaiono gli alieni e si spiega il loro legame con il genere umano, ma mentre la minaccia di Ocean aleggia per tutto l'albo incutendo quel timore che proviamo quando ci tuffiamo in mare aperto e ci ritroviamo incapaci di sondarne dimensioni e profondità, la scelta di VIgna è quella di scrivere una sorta di Antico Testamento di ispirazione Marvel, annodando razze e speciazioni alla maniera di Celestiali, Inumani e Devianti e dettagliando con forse troppa cura genealogie e discendenze.
Paradossalmente dopo migliaia di pagine, lo stesso Nathan, per non parlare dell'Agente Alfa o di Darver risultano meno tridimensionali e profondamente vivi e complessi rispetto al detective Kane. In poche tavole, sparse all'interno del volume per non appesantire con lunghe spiegazioni, si conosce tutto quello che serve dell'inedito protagonista: il rapporto col padre, l'idiosincrasia per le armi, la passione per i voli extra-orbitali che potranno tornare utili, le capacità di mediazione e di ingaggio che lo rendono un po' un supereroe, il carattere cinico costruito forse più come difesa da un mondo che non comprende fino in fondo piuttosto che come forma di aridità emotiva. Un mondo e un'esperienza di vita di cui non vediamo molto, ma Eliis ci fa percepire come abbiano permesso a Kane di sviluppare la giusta maturità per vivere pienamente, anche con i suoi traumi e le sue paure.
I comprimari di Ocean hanno ancora meno spazio di esposizione eppure Ellis trova i modo di mostrarne qualità, fragilità e vizi anche con una vena ironica che alleggerisce la tensione mantenendo viva la sensazione che qualcosa possa succedere da un momento all'altro.
La tecnologia di "Operazione Giove" mostra come al solito le contraddizioni del futuro di Nathan Never dove elettrodomestici antidiluviani si affiancano ad astronavi che raggiungono il pianeta rosso in una settimana (chiaro, dopo qualche giorno di preparazione fisica con strumenti totalmente inadeguati, ma solo se siete giovani e inesperti scienziati specializzati in tutt'altri campi che non sono mai andati neanche sulla Luna!). Anche Ellis attinge alla fantascienza tecnologica pre-esistenti, dalla crioconservazione agli Stargate, ma la rende "vera", realistica e credibile.
Cinematografici mi paiono anche i disegni di Sprouse, un po' alla Hitch, con un'espressività forse un tantino troppo british, dove tutti i personaggi tendono a essere un po' algidi e con una gestualità rigida, ma anche in questo caso molto in linea con la produzione seriale televisiva e questo rimando aiuta il lettore a dinamizzare le scene e a riempire gli spazi tra le vignette, sceneggiate in modo brillante. Kane in particolare è una statua di sale sia nelle effusioni, che nella sorpresa o nell'omicidio, ma questa scelta ancora una volta sembra funzionale a offrire un'aura di superomismo al personaggio che si relaziona con chicchessia con una sorta di paternalistica bonomia e un egocentrismo che lo separa empaticamente dal mondo esterno. Sono più "umani" i componenti dell'equipaggio della navicella spaziale, lontani dalla Terra da tempo, ma colmi di passione, curiosità, frustrazione: in una parola vivi.
Al termine anche Kane, che in qualche modo ricorda Nathan per lo stesso amore per il passato, per i ricordi, per il pianeta natale, riesce a sorride, quando finalmente rimette i piedi nella acque terrestri, mentre l'alieno urla la sua rabbia in una enfatica espressione del volto che si illumina tra le macerie di un mondo che è stato e che potrebbe essere di nuovo.
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La mia personale classifica dei romanzi storici di Lavyrle Spencer
Quando un’autrice mi piace, da vera lettrice compulsiva, a volte tento di leggere tutti o quasi i romanzi che ha scritto (a meno che non siano troppo numerosi). Ho deciso di provarci con l’autrice Lavyrle Spencer, che in tutta la sua carriera ha scritto solo 22 romanzi, prima di ritirarsi.
Inviò il suo primo romanzo intorno al 1978 a Kathleen Woodiwiss di cui era grande fan, questa lo lesse e lo inviò alla sua agente letteraria perchè secondo lei meritava di essere pubblicato e così fu. Lavyrle iniziò così una fulgida carriera che durò fino al 1997, quando decise che aveva guadagnato abbastanza per andare in pensione e smise di scrivere per dedicarsi alla famiglia e ad altre passioni tra cui la musica.
Da quattro dei suoi libri vennero tratti anche film per la televisione, tra cui Morning glory, con protagonista Christopher Reeve. E scusate se è poco (potete recuperare il film su youtube).
Siccome molti dei suoi romanzi contemporanei sono molto brevi e scritti per le collane da edicola della Avon, ho deciso di leggere invece le sue opere maggiori, cioè i suoi romanzi storici che in tutto sono 10.
Tra questi ho deciso di non leggere The Fulfillment, perchè la trama non è nelle mie corde, anzi ha uno dei tipi di trama che odio di più, perciò già sapevo avrei odiato il libro indipendentemente dallo stile.
Dei restanti 9 ho stilato una personale classifica dei miei preferiti, partendo da quelli che mi sono piaciuti di più e finendo con quelli che ho apprezzato meno.
Noterete che al primo posto, tra i miei preferiti ho messo a parimerito tre romanzi, perchè mi era impossibile scegliere tra loro. Li ho amati tutti e tre per ragioni diverse e sono tutti e tre bellissimi.
Parimenti anche tra quelli che non mi sono piaciuti ho tre parimerito al quinto posto, perchè non mi sono piaciuti in egual modo ma per motivi diversi.
Ecco la mia lista:
1) Giocare d’’azzardo (The gamble) di LaVyrle Spencer
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Trama: Kansas, 1888. In una piccola cittadina è in atto una guerra senza esclusione di colpi. Da un lato abbiamo i proprietari dei Saloon e delle Sale da gioco, dall'altro le donne del paese, mogli e madri stanche di vedere i loro uomini ubriacarsi e perdere soldi sui tavoli da gioco. Coinvolti nella guerra due personaggi interessanti. Agata, la proprietaria di un negozio da modista. Zitella di oltre trent'anni a causa di una gamba ferita che la fa zoppicare e le rende difficile interagire con gli altri. Soffre di un'acuta solitudine e sogna di poter ballare, di poter avere dei figli e un marito, ma non osa cercare di far avverare i suoi sogni, crede siano irrangiungibili. Poi abbiamo Scott proprietario di un nuovo Sallloon , che viene dal profondo Sud. Affascinante ma segnato dalla Guerra civile e dalle grave perdite subite da anni viaggi senza meta,mantenendosi col gioco d'azzardo. Sembra che queste due persone non abbiamo nulla in comune, invece non è così. Entrambi dietro la corazza che presentano al mondo hanno un cuore d'oro e aiutano il prossimo ogni volta che possono. Un piccolo orfano li avvicinerà l'uno all'altra e forse entrambi potranno guarire se sapranno ascoltare il loro cuore……
La mia opinione: Bello bello bello. E’ un romance corposo, non breve. Eppure avrei voluto l'autrice andasse avanti a raccontare poichè l'autrice si interrompe proprio sul più bello. Voglio sapere cosa succede dopo ai due protagonisti. Due personaggi veramente belli e ben ponderati. Costruiti talmente bene da sembrare reali, con una complessità rara da trovare eppure semplici al tempo stesso. E anche i personaggi secondari non sono da meno. Abbiamo persino una storia d'amore secondaria. Insomma un libro che consiglio veramente. Abbiamo manifestanti urlanti, bottiglie pallottole e coltelli che volano. Ballerine di can can, una antica piantagione di cotone e persino un fantasma e una stupenda macchina da cucire. Non manca nulla a questo romanzo. La parte che ho prefrito credo siano stati i dialoghi.
1) A Braccia Aperte (Forgiving) di LaVyrle Spencer
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Trama:1876: Sarah Merritt arriva a Deadwood, nel Dakota, decisa a fondare il primo giornale della cittadina. È però anche sulle tracce della sorella minore, Addie fuggita di casa cinque anni prima, per portarle la triste notizia della morte del padre. Alta, compassata, l'aria austera nonostante i venticinque anni, Sarah deve combattere l'atteggiamento ostile dell'intera comunità, soprattutto quello dello sceriffo Noah Campbell.
Uomo testardo e impetuoso, dai baffi ramati e dai sardonici occhi verdi, costui non esita ad arrestare la donna. Inizia così una guerra tra due forti personalità, che riescono ad allearsi solo in nome di un comune obiettivo: ritrovare al più presto Addie e ricondurla sulla retta via.
La ragazza, infatti, non lavora come domestica presso la "famiglia" Hossiter, come ha sempre fatto credere. Una spirale di vizio e corruzione l'ha intrappolata... Che cosa può averla trasformata tanto e in che modo Sarah la persuaderà a cambiare vita, a ritornare la dolce fanciulla di una volta?
La mia opinione: Ricco di personaggi indimenticabili e delineati con grande sensibilità, una trama avvincente intrecciata a fatti storici realmente accaduti. Due storie d’amore, due sorelle, diverse ma unite da affetto sincero e gli uomini che lotteranno per loro. Una storia di perdono verso gli altri e verso se stessi. Super consigliato.
Nota: tutti i romanzi della Specer sono molto casti, questo forse è l’unico che ha un livello di sensualità leggermente più alto.
1) Una scuola nella prateria (Years)
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Trama: Linnea, giovane maestra elementare, all'apparenza esile e delicata, è invece forte, decisa e coraggiosa. Parte per Alamo dove insegnerà in una scuola nella prateria e sarà ospitata da una famiglia del paese, i Westgaard. L'arrivo della bella maestrina, la sua vivacità, il suo entusiasmo portano una ventata di giovinezza e di allegria.
Theodore, 34 anni, fisico atletico e forte, è vedovo con un figlio già adolescente. Primogenito dei Westgaard, una numerosa famiglia di agricoltori, è onesto, semplice e leale. Pur essendo fortemente attratto da Linnea, cerca in tutti i modi di reagire ai propri sentimenti ripetendosi che sarebbe follia rivelare l'amore che sta provando per una donna molto più giovane di lui.
Un uomo e una donna del Nord Dakota, lontani per età e cultura, mentre in Europa si combatte la Prima Guerra Mondiale, vengono travolti da eventi destinati a cambiare il volto del mondo e da un sentimento forte e generoso che li terrà uniti per tutta la vita.
La mia opinione: Se amo The gamble per i dialoghi, e Forgiving per la trama e la storia dei protagonisti, sicuramente amo Years per i personaggi veramente approfonditi in modo magistrale. Mentre leggevo mi sembarva di vivere con loro e conoscerli da sempre. Qui non ci sono scontri o avventure, è una semplice storia d’amore, che però di semplice non ha nulla. La protagonista mi ha ricordato Anna dai capelli rossi da adulta. Un libro toccante e totalmente realistico che racconta le tragedie quotidiane di un agrande famiglia e l’amore di coppia che sboccerà e durerà nonostante le avversità. toccante.
Nota: tutti i romanzi della Specer sono molto casti, questo forse è l’unico che ha un livello di sensualità leggermente più alto, insieme a Forgiving, ma molto leggermente.
2) Giorni di gloria (Morning Glory) di LaVyrle Spencer
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Trama: Elly, vedova con due figli e in attesa di un terzo, è una donna forte e coraggiosa, ma tutti la considerano pazza a causa della sua ritrosia, conseguenza di una terribile infanzia. Figlia illegittima, è stata tenuta dai nonni, fanatici religiosi, rinchiusa in casa per anni e anni. Will, attraente, onesto, intelligente e gran lavoratore, ha avuto una vita difficile. A Whitney, una cittadina della Georgia, spera di gettarsi alle spalle il passato. E’ rimasto orfano piccolissimo ed è convinto che nessuno potrà mai amarlo davvero. Un uomo e una donna, con i quali la vita non è stata generosa, portano con sé ricordi angosciosi, timori e insicurezze che sembrano offuscare la serenità della loro unione. L'amore che nutrono l'uno per l'altro, però, è talmente forte che li aiuterà a superare ogni difficoltà.
La mia opinione: questo è un poco struggente per il passato dei protagonisti, ma poi è semplicemente romantico (ma con una vena malinconica) perchè non puoi non fare il tifo per loro. Certo non è la trama più innovativa di questo mondo. Avrò letto almeno dieci romance simili ambientati nell’America di inizi 1900, ma questo è scritto molto ma molto bene.
3) La sposa di Boston (The endearment)
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Trama: Un fratello di tredici anni ed un cumulo di menzogne è tutta la dote che Anna Reardon porta a Karl Lindstrom, l'uomo che ha ordinato una moglie per posta. Ridotta alla disperazione da una vita di stenti e di squallore, Anna lascia Boston diretta nel lontano Minnesota, dove l'attende il suo futuro marito.
Anche se la giovane non corrisponde affatto alla donna matura ed efficiente che Karl aveva richiesto, tra i due scocca la scintilla di un amore tenero e appassionato. Il generoso Karl perdona alla moglie i tanti inganni, ma c'è ancora un segreto che lei gli nasconde e che il suo orgoglio d'uomo non può accettare...
La mia opinione: libro dalla trama semplicissima, e con personaggi altrettanto semplici perchè veramente molto giovani. Però scritto veramente bene e molto più lungo degli altri.
4) Un’estate per cambiare (That Camden summer)
Trama: Siamo agli inizi del Novecento e Roberta, divorziata con tre figlie, torna nel Maine, nella cittadina natale, dove scopre con amarezza che una donna nella sua condizione è considerata quasi una poco di buono. Ma lei non si perde d'animo e, sfidando le convenzioni, si trova un impiego, impara a guidare e acquista perfino un'auto. Sugli uomini non si fa più molte illusioni, ma quando incontra l'affascinante Gabriel comincia a cambiare idea, anche se le prove che aspettano entrambi si riveleranno difficili e drammatiche.
La mia opinione: la trama di per sè sarebbe carina e interessante, una donna avanti per la sua epoca e molto coraggiosa, ma lo stile di scrittura è molto ripetitivo e prolisso e i personaggi poco approfonditi.
5) La sposa promessa (Vows)
Trama: Emily, occhi azzurri e lunghi capelli neri, è veramente molto bella. Fiera, orgogliosa, indipendente, lavora come stalliere per suo padre e segue per corrispondenza un corso di veterinaria, cosa assai strana, specialmente per una donna, nel 1888.Prima di sposarsi desidera concludere gli studi, ma è fidanzata con un uomo molto tradizionalista che vuole formare, appena possibile, una famiglia.Tom, alto e atletico, terribilmente attraente giunge nella città in cui Emily abita, dove apre un'officina di fabbro e si dedica all'allevamento di cavalli.Leale, sincero, con un grande senso dell'onore, vive come una maledizione l'amore che nutre nei confronti della fidanzata del suo migliore amico.
La mia opinione: In questa classifica personale il quinto è l’lutimo posto, ed è un parimerito tra tre libri. Questo in particolare non mi è piaciuto per la trama, che prevede un tradimento intrinseco, e quindi una cosa che io personalemte odio, poi è anche scritto un poco frettolosamente senza molto approfondimento dei personaggi che non si capisce perchè si piacciano tanto e non riescano a resistere l’uno all’altra.
5) Then came heaven
Inedito in italiano
Trama: Una suora che sta già avendo dei dubbi riguardo la sua vocazione, soffre nel non poter consolare e mostrare affetto verso due bambine rimaste orfane al’improvviso e verso il loro padre. Questo la spingerà finalmente a prendere una decisione sul suo futuro.
La mia opinione: romanzo lunghissimo e prolisso, quando la trama non ne avrebbe affatto bisogno. E’ chiaro fin dall’inizio cosa sceglierà la protagonista che già da tempo non sopporta più le restrizioni della vita monacale e che non ha scelto questa vita per se stessa ma è stata scelta per lei dalla nonna fin da piccola. quindi non c’è ragione per cui servano ben trecento pagine di pensieri per giungere a una decisione.
5) The humminbird
Inedito in italiano
Trama: Una zitella con problemi economici e un grande decoro, decide di aiutare il medico del paese ad accudire due feriti: un uomo che ha tentato una rapina su un treno e colui che l’ha fermato.
La mia opinione: Lo stile di scrittura è molto buono, all’altezza dei migliori romanzi della Spencer, ma i dialoghi e il protagonista maschile non funzionano. Lui non è realistico è solo maleducato dall’inizio fino alla fine del libro, anche quando non avrebbe ragione di esserlo. E questo rovina tutto il libro purtroppo.
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` #ᴄᴀʀᴘᴇᴅɪᴇᴍʀᴘɢ
𝖗𝖔𝖒𝖆 𝖍𝖔𝖙𝖊𝖑 𝖕𝖑𝖆𝖟𝖆 ⟡ 𝗇𝖺𝗍𝖺𝗅𝖾 𝟣𝟫𝟨𝟢
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❛ ᴛʜɪʙ ─ Via del corso, hotel Plaza.Sulle loro teste non c’erano le stelle e i rami intrecciati del Vermont, quella sera. Non c’era la neve, il buio, la solitudine, le distese di campagna o le stradine poco popolate di Bennington. Thibault non aveva bisogno di quella semplicità, necessitava di altro. Un’ emozione più forte avrebbe dovuto scuotergli l’esistenza, rendendolo così finalmente lontano e distratto dai suoi nostalgici, tristi e cupi pensieri sulla vita e la morte. E no, no.Non avrebbe più retto il peso di quella monotonia tetra che lo aveva travolto dopo il rito dei sogni. Non ci avrebbe più pensato. E una cena da solo con Elliot nella straordinaria città eterna non era soltanto una distrazione da tutto, piuttosto era stata per lui un’occasione : La rosa da cogliere al momento giusto, la profondità di un attimo imperdibile, irripetibile.Così, grazie a quel viaggio, finalmente Thibault sembrava più sereno e, evidentemente, aveva guadagnato tutte le forze e l’euforia necessaria per colmare il vuoto che, invece, nel suo cuore avevano lasciato i genitori Beauchamp, con la loro patetica e stupida cartolina di Natale.« Ammetto di non aver mai vissuto in tanto lusso, prima di oggi.» Sospirò Thibault, osservando il soffitto dorato e affrescato sopra le loro teste. « Vorrei poterti dire che avrei preferito un ambiente più modesto, ma — con il tempo sto capendo che mi riesce difficile mentirti.» Lo ammise. Si sentì davvero un idiota per averlo detto così, ma riuscì a coprirsi il viso con il menù di Natale, fingendo che quello fosse per lui la cosa più importante : « C’è sempre stato un profondo dissidio tra Italia e Francia in fatto di cucina. Io, come in ogni cosa, mi gusto tutte e due le fazioni senza schierarmi e rischiare di non essere soddisfatto completamente .»
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ Andare a Roma con Thibault era forse la cosa più inaspettata che gli fosse successa quel mese, eppure, per uno strano caso del destino, lo scozzese aveva scoperto che anche il francese aveva scelto l'Urbe come meta delle sue vacanze natalizie: voleva conoscere il cinema italiano, voleva respirarlo o, almeno, era quello che era parso a Elliot, quando l'altro aveva condiviso con lui i suoi piani e, alla fine, aveva fatto quella follia. Aveva biascicato quella proposta. Ed erano partiti insieme dalla Welton, non appena erano iniziate le vacanze di Natale.In quel momento, erano lontani dalla Welton, lontani dal rettore, lontani dagli esami, lontani da ogni pensiero. Thibault si innamorava di ogni vicolo, si perdeva tra le labbra degli italiani, cercava di riprodurre il suono di quelle parole lontane, diverse; Elliot guardava i resti di quel mondo che aveva sempre sentito suo e piangeva davanti alle rovine, sospirava e ricordava. Forse, un tempo, c'era stato, forse aveva camminato per quelle vie come faceva in quei giorni. E il pensiero lo coglieva in ogni attimo, lo faceva distrarre: il secondo prima era in una via illuminata, davanti alle vetrine dei negozi, il secondo dopo si sorprendeva in posto diverso, più antico. Godeva di quella sensazione e contemporaneamente un sussulto lo coglieva tutto, tanto che, subito dopo, si ritrovava vicino a Thibault, davanti al suo sorriso. Le sue parole lo scuotevano. «Perché dovresti mentirmi?» Alzò le spalle, scrutando il volto del francese dietro al menù, e un sorrisetto sornione gli alzò gli angoli delle labbra, mentre cercava di scrollarsi di dosso la sensazione di già vissuto, già visto. «Oh, il mio lignaggio scozzese non può concorrere con la tua gente e il tuo sangue, ma sono costretto ad assegnare il primato del vino agli italiani. Non ho mai assaggiato nulla di così buono.» Accarezzò, poi, il manico del bicchiere, con uno sguardo assorto.
❛ ᴛʜɪʙ ─ E l’odore del vino italiano si fece sentire pungente ed invitante infatti, versato nei calici di vetro splendente, non molti attimi prima che i due iniziassero la conversazione. Thibault approfittò del momento di distrazione di Elliot per non rispondere alla domanda posta, decidendo comunque di abbassare sino alla tovaglia la lista dei piatti prelibati che presto avrebbero arricchito il loro piccolo tavolo ben apparecchiato, evitando così di perdersi un minuto in più per poter inquadrare i colori del suo viso luminoso, ancor più piacevole agli occhi, sotto le luci di quel lampadario barocco. L’imbarazzo, il momento di temporanea perplessità, d’impaccio emotivo dinnanzi a quella situazione, non fu quindi capace di vincere l’intraprendente animo di Thibault Beauchamp.Egli si mostrò ad Elliot subito più deciso e disinvolto, pronto per un recupero, confermato dal solito sguardo ammiccante e sicuro: « Oh, oui. Ma ne hai bevuto troppo poco per esserne un degno estimatore. » Così, senza permesso, il francese si sporse verso di lui, ben concentrato sui suoi occhi azzurri.Con una mano sola, la destra, sollevò la bottiglia orizzontalmente, senza appoggiare il collo sul suo bicchiere. Lo riempì con naturalezza, arrivando al punto giusto: pari a circa un terzo dell’altezza del calice. Un gesto elegante che aveva imparato negli anni, quello, e che lo rendeva a tutti gli effetti un esperto bevitore, un uomo galante, un intellettuale Europeo degno di sedere al tavolo di un simile albergo. « Io stasera voglio dimenticare il Vermont, il mio nome e pure di chi sono figlio. Sarò un aspirante regista alla ricerca della giusta ispirazione e nient’altro. Spero davvero che qualche personaggio importante alloggi qui per le feste. Ho letto almeno una dozzina di giornali diversi su questo: il Plaza è frequentato dai divi più influenti, ma di loro neanche un’ombra, per adesso. »
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ Elliot si allontanò, non appena l'altro si sporse, solo per rivelargli, alla fine di quel movimento, un sorrisetto complice. Era sempre così in pubblico, tanto che lo scozzese si permetteva, al massimo, qualche occhiata nei confronti dell'altro, qualche sguardo fugace, se vedeva qualcun altro nei dintorni. Coglieva l'attimo giusto, quando nessuno guardava, quando tutti apparivano troppo persi nei loro pensieri, quando gli occhi dei passanti non incontravano le loro figure. Si nascondeva e detestava farlo, lui che non rendeva mai conto delle sue azioni, del suo disprezzo, del suo atteggiamento. Eppure non poteva sfuggire al pregiudizio, non poteva sopportare l'idea che potesse succedergli di nuovo quel che già aveva patito. Doveva stare attento. «Sii realistico. Un aspirante regista non può esser venuto a cena con l'unico discendente degli Hampton. Riprova con la tua identità. Va bene staccarsi dalla Welton, dagli americani e da quel buco di Bennington, però ti consiglio di non perderti troppo nella fantasia.» Thibault sembrava molto entusiasta all'idea di poter incontrare i suoi registri preferiti e i divi di cui parlava spesso, mentre erano negli States, e Elliot non scoraggiò il desiderio di farsi avanti dell'altro, per quanto non conoscesse nessuno in quel campo. I nomi dei grandi attori gli sfuggivano tutti, rimanevano dei suoni familiari, cui non riusciva ad associare né un volto, né qualche film. Per strada aveva incrociato lo sguardo di tante persone e non s'era mai chiesto se dietro i loro occhi si nascondesse qualcuno che il francese cercava. «La cosa migliore del Plaza è che ancora non sono riuscito a lamentarmi di nulla. Faccio i miei complimenti al posto, di solito non sono mai così compiaciuto dagli alberghi.» Si riavvicinò al tavolo e rivolse un altro sorriso a Thibault. Chissà se avrebbe avuto fortuna. Se lo chiese, mentre abbassava gli occhi sul suo menù e faceva scorrere gli occhi tra le pietanze.
❛ ᴛʜɪʙ ─ « Non doveva essere una copertura reale, Ennio. Ma un semplice sogno per questa notte. Perdersi nei sogni è la mia specialità e tu dovrai perderti insieme a me.»Thibault gli strizzò un occhio con complicità e poi sorrise, prima di gustarsi altro vino dal calice di vetro, consapevole che presto avrebbe esagerato e alzato troppo il gomito, ma anche del fatto che niente o nessuno lì a Roma si sarebbe imposto per fermarlo. Agivano lontani da quel mondo di restrizioni, finalmente. Erano usciti fuori da quei cancelli, dalle imposizioni, dalle aule, dalla loro piccola prigione americana che, da ottobre a dicembre, non aveva voluto dare tregua.E ancora Thib si guardava intorno alla ricerca della bella Anita Ekberg, o di Marcello Mastroianni, scrutando dietro ogni colonna, da lontano, allungando il collo a destra o a sinistra lentamente, come una giraffa alla ricerca di cibo lì, verso il ramo più alto. E il riscaldamento era acceso, il clima già ben differente dal fastidioso freddo del Vermont, le luci calde e a loro modo affettuose, riunite intorno al grande albero natalizio. il volto curioso di Thibault rimase incantato ed estasiato dalla bellezza e dalla confortevole atmosfera emanata dalla grande sala, ma adesso tornò concertato su quello di Elliot.« Anche per uno piccolo principe come te sarebbe troppo lamentarsi di tutto questo. » Disse Thibault, unendo le mani tra loro mentre lo osservava alzando entrambe le sopracciglia. « Il tuo silenzio è musica per le mie orecchie, se si tratta di lamentele.» ridacchiò spontaneamente e poi svuotò il resto del bicchiere dinanzi a sé.« se durante la permanenza in albergo non conoscerò la fortuna di incontrare qualcuno, potrò certamente consolarmi con l’ingresso libero di Vanzina a Cinecittà. Per me essere lì varrà più di montagne d’oro o d’argento.»
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ « Chissà. La realtà, a volte, è già così bella che i sogni potrebbero solo rovinarla. La Tyche è crudele, sì, tuttavia può anche mostrarsi benevola in certe circostanze. Offenderla, pretendendo di sognare, potrebbe esser segno di tracotanza, non credi? » Rivolse anche lui al francese un sorriso e sorseggiò un po' del suo vino. Non esagerò, non in quel momento: voleva esser sobrio per concedersi qualche battuta più pungente e sottile, invece che cattiva. Quello, del resto, era ciò che rendeva l'ubriaco libero, senza catene: la mancanza di freni inibitori, la mancanza di pensieri, di preoccupazioni. Poteva essere cattivo anche oltre ciò che si concedeva, poteva toccare i punti più profondi di ciò che albergava dentro di lui. Ma non voleva rovinare quel momento, quella volta non sarebbe successo. Quindi si trattenne e si limitò ad alzare un sopracciglio quando l'altro si riferì alle sue lamentele. « Mi ferisci, Beauchamp, se dici queste cose. Soprattutto considerando che ci sono persone che crederebbero soavi pure le mie lamentele. » Rimase in silenzio per un po', un sorriso storto tra le sue labbra, l'ennesimo di quella serata, mentre col piede andava a pestargli lievememte la scarpa. Poi bevve un altro sorso di vino e ridacchiò, non appena sentì il nome di Vittorio Vanzina. « È stato proprio gentile, non credi? È un ragazzo a modo, pacato. Anche carino. Ecco, forse avrei dovuto proporre a lui di venire a Roma. Sono sicuro che si sarebbe divertito. Magari, avrebbe pure appreso qualcosa. Non ne dubiterei: ha risolto l'enigma, è intelligente. » Si divertì a tessere l'encomio di Vittorio e aspettò la reazione di Thibault, mentre le sue dita andavano a giocare con le pagine del menù che il cameriere non aveva ancora portato via. Era sicuro non sarebbe rimasto indifferente, aveva imparato a conoscerlo in tutti quegli anni.
❛ ᴛʜɪʙ ─ Gli occhi marroni di Thibault divennero più spenti, più stanchi e annoiati quando Elliot incominciò a parlare di destino e di crudele Thyche. Non si sarebbe scomodato quella volta, non si sarebbe moderato, non avrebbe rinunciato ai suoi sogni per il volere di una legge ultraterrena. L’illusione addolcisce sempre il cuore dell’uomo e adesso gli sembrava necessaria per sopravvivere a tutte le paure e allo sconforto provato in precedenza. Quello di Roma era il loro nuovo mondo e se lo sarebbe preso tutto, senza restrizioni, senza cautele, senza riserve: solo spasso, solo sapore, sogno, godimento. E gli rispose, gli rispose alzando il mento, con lo sguardo beffardo, pieno di aspettative, pieno di arie. « Oh no, io non credo. » Tagliò corto così, con un sorriso sottile e un cenno della testa frivolo e leggero. « E non credo che ci sia niente di reale in tutto questo. E’ un mondo che di sicuro non mi appartiene ma che voglio rubare al destino, come la più importante delle occasioni mai offerte. Non ho paura di sognare, né della tracotanza, né di questo tremendo e fantomantico rovesciamento della sorte. La tragedia poi, ha le sue emozioni e di conseguenza, i suoi vantaggi. » Spavaldo, alzò le spalle, fece roteare le iridi velocemente e poi sorrise ancora una volta. Si compiacque finalmente nel vedere la bocca di Elliot bagnata dal vino e si immedesimò talmente tanto nell’orlo del suo bicchiere, che quasi non sentì il morbido tocco di quelle labbra addosso: un tocco passionale e travolgente, intimo e nascosto, come le luci soffuse della cinémathèque française. Ma no, non ebbe nemmeno il tempo di pensarci, nemmeno il tempo di avanzare e di rendere più noto il suo desiderio, perché Elliot, quel maledetto, sembrava troppo occupato a tessere le lodi di qualcuno o, più precisamente, di qualcun altro. E Thibault rispose quasi immediatamente, senza però risparmiarsi un sussulto. « Oui, mh-mh. » svogliatissimo nei toni, acido e sgarbato nello scimmiottare subito dopo: « gentile, pacato. . » Gli fece il verso, aggrottando la fronte stufo, colto da un sentimento che difficilmente riusciva a nascondere. « / Carino? / Mon dieu, non essere sciocco. Non stuzzicherebbe nemmeno l’appetito di un cane affamato da mesi. » Affogò nei sorsi di vino i suoi modi sgarbati, non riuscendoci completamente. « E poi lui è già stato qui. Suo padre è Steno. E mi sembra troppo impegnato a tornarsene in Inghilterra dalla sua strega. E’ meglio se lo lasci proprio perdere. » Proseguì, intromettendosi ancora. « E’ poi che c’entra con me e con te? L’ho nominato solo perché ci ha dato il passaggio libero, non perché volevo le tue considerazioni sul suo musetto occhialuto. »
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ In un altro momento, Elliot avrebbe continuato il discorso sul Fato. Avrebbe detto a Thibault che la tragedia e il sangue avevano il loro fascino macabro, che la bellezza della dicotomia degli opposti che mai si sarebbero conciliati diventava un sublime ineffabile per il suo godimento, che ammirava -forse- lo spirito titanico col quale decideva di vivere la sua realtà come un sogno. In che modo, del resto, un eidolon sfuggente che visitava i corpi addormentati, che suggeriva visioni, che non sottostava alle regole del mondo diurno, poteva voler piegare il capo dinnanzi a ciò che la natura desiderava? Hypnos appartneneva ad un reame ben differente, era risaputo, ma Thibault riusciva a mescolare ogni cosa, a riempire le sue giornate di fantasmi e piaceri, a dipingere nello stesso quadro i dettagli più realistici e quelli più stilizzati, in una composizione complessa, eppure armonica. Elliot ne era stupito e avrebbe davvero cercato di cogliere quanto di più profondo da quella conversazione, anche se Thibault appariva già tediato. Fortuna, destino, tracotanza, immortalità: quali argomenti potevano essere più onerosi per la mente di chi cercava di sfuggire da ogni vincolo? Elliot lo vedeva su tutto il volto di Thibault, sulla sua espressione seccata, su quegli occhi marroni che parevano essersi riaccesi solo quando aveva provato ad assaggiare il vino: voleva parlare di altro, voleva perdersi tra fantasie più amene, voleva smetter di pensare alla realtà, alle conseguenze di ogni cosa. La tragedia, del resto, se era davvero inevitabile, sarebbe arrivata a tempo debito. Tuttavia, non fu quella riflessione il motivo per il quale Elliot desistette dal continuare quel discorso, ma la reazione di Thibault ai pochi complimenti che aveva rivolto a Vittorio. Sapeva che non avrebbe apprezzato, certo, ma non si aspettava una reazione del genere. Allora, rise. Rise in modo composto e si concesse un altro sorso dal bicchiere di vetro, poi si rivolse al francese con un'espressione non sincera di stupore. « Sbaglio o colgo una certa gelosia?» Un altro sorriso storto si accomodò tra le sue labbra. «Faresti bene a nutrirla nei suoi confronti: è un gentiluomo e, se è questo ciò che credi non faccia giustizia al suo volto, devi sapere che gli occhiali gli conferiscono uno sguardo più serio, più profondo. » Fece scorrere il menù fino al centro del tavolo con le sue dita, poi guardò negli occhi il francese, per cogliere tutto il suo fastidio. « Se hai il desiderio di imitarmi ancora, fallo. Gli occhiali gli stanno proprio bene. » Calcò l'ultima frase, poi, si bagnò nuovamente le labbra col vino. Non ne sorseggiò molto, volle solo sentire il sapore ancora una volta. Voleva godersi bene la reazione dell'altro. « Per il resto, sai che fa il compleanno tra poco? Forse, dovremmo comprargli qualcosa.»
❛ ᴛʜɪʙ ─ Era a dir poco infastidito dall’atteggiamento di Elliot e glielo si poteva leggere negli occhi infuocati da quell’innegabile sentimento. Non se ne vergognava, non se ne vergognava più. Ascoltò le sue parole con attenzione e non staccò il contatto visivo nemmeno per un momento. Elliot aveva liberato un sorriso dispettoso, lo stesso che fioriva ogni volta in cui cercavano di stuzzicarsi a vicenda. Thibault lo notava comparire in circostanze ben definite e aveva imparato a riconoscerlo. Come un fulmine a ciel sereno, questo distruggeva l’atmosfera di quiete: inaspettatamente arrivava agli albori di un dibattito, nel mezzo delle conversazioni più noiose o prima del sesso, a volte anche dopo.Funzionava, quel sorriso, era simile ad un campanello d’allarme per Thibault e lo faceva sentire sempre pronto a tutto. Perciò replicò con tono deciso, riposizionando subito il fondo del bicchiere sulla tovaglia morbida : « Tutti parlano della gelosia come fosse un sentimento negativo, o un atteggiamento da nascondere o da evitare. Ma dimmi, che c’è da nascondere? Perché lo stai dicendo come se io avessi rubato una mela al mercato, credi sia un’insinuazione sufficiente a farmi sentire in imbarazzo ? No.Trovo però più che irrispettoso da parte tua essere con me e parlare d’altri con carichi ed elogi a dir poco ridicoli: è fuori luogo, non è maniera, non qui. Io stesso, per rispetto tuo, non lo faccio mai. Forse dovrei cambiare consuetudine. Potrei mettermi qui a incorniciare ed elencare tutte le ragazze conosciute nel Vermont, dirti quanto sono carine con il cerchietto, che sono intelligenti, interessanti e così via, ma non ne ho voglia. Pensa che sciocco: ho preferito — senza aver alcun controllo sulla ragione — pensare a te. E si, facciamogli pure un regalo. È gentile, è educato, mi è simpatico ed è anche uno che se ne intende di cinema, se proprio vogliamo aggiungere tutto. Peccato che io non abbia proprio nulla da invidiargli.»E dopo aver concluso stizzito, sorrise senza aggiungere altro. Rapidamente, falsamente, come se volesse sottolineare che la questione fosse terminata lì.
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ Elliot, invece, era divertito e neppure sforzandosi riusciva a comprendere come, nella sua gelosia, Thibault non si fosse reso conto che quella rimaneva una semplice provocazione: pochi complimenti a Vittorio, infatti, erano riusciti a scuoterlo, scuoterlo più di quanto il biondo si sarebbe mai immaginato. Lo scozzese, del resto, così preso da se stesso, in che modo poteva comprendere la gelosia di qualcuno? Era bello, però, Thibault, proprio bello. Elliot ne era affascinato e cercava di stamparsi quell'immagine nella memoria, quello sguardo sicuro, i capelli che gli ricadevano sul volto mentre si agitava, la mano che sosteneva ancora il bicchiere. Aveva catturato tanto i suoi occhi che il biondo fu tentato di stuzzicarlo ancora per un po', solo per godersi la sua espressione, solo per ammirare quella sua bellezza scomposta. E, lontano dal rigore classico, dalla fredda e immobile perfezione attica, il Beauchamp era marmo scolpito dal più ardito degli scultori ellenistici e si presentava ai suoi occhi come il ritratto palpitante di uno splendore quasi barocco. Forse, in un altro tempo, con quell'espressione in volto, con quei ricci ribelli, sarebbe potuto esser scambiato con un'effigie di Alessandro il Grande.Eppure, quando Thibault finì il suo discorso sulla gelosia, Elliot dimenticò ogni suo proposito e il suo unico pensiero si rivolse alla consapevolezza che in qualche modo il francese, il quale continuava pure a lasciarsi trascinare dalle passioni, doveva essere cambiato. Sembrava non avere paura di nessun giudizio, sembrava non temere lo sguardo di nessuno: era così, era assoluto. Ed Elliot, che credeva che non ci fosse nulla di più affascinante e completo di ciò che non accettava compromessi, abbandonò quel sorriso cattivo sul volto, per mostrare uno sguardo più pensieroso. Per un attimo i suoi occhi si smarrirono per il ristorante, poi scosse la testa. « Ci hai riflettuto, dunque » disse solamente e nemmeno lui fu in grado di capire se la sua fosse un'affermazione o una domanda, poi scosse la testa. «No, non hai nulla da invidiargli. » Cercò, dopo essersi guardato in giro ed essersi reso conto che nessuno aveva lo sguardo rivolto verso al loro tavolo, la mano del francese con le sue dita e gliela accarezzò. Era un modo di scusarsi? Era una carezza compiaciuta? O era incerta, incerta per i pensieri che gli avevano occupato la mente? Durò un attimo, ma, quando Elliot lasciò la mano del francese ancora aveva la sensazione della morbidezza della sua pelle tra le falangi pallide.
❛ ᴛʜɪʙ ─ Thibault aveva fatto tesoro di ciò che Elliot gli aveva detto tutte le volte in cui erano rimasti soli a confrontarsi. Si erano attaccati e ripresi nel loro passato e nel loro presente e, in ognuna di queste occasioni, a prescindere dalla ragione o dal torto, Thibault aveva imparato non solo ad accettarsi, ma più precisamente ad amarsi. Era sempre stato sicuro del suo aspetto e del suo carisma ancor prima di conoscerlo ma, ora, ora riusciva anche ad esserlo per le sue scelte e le sue azioni, per le parole dette e per quelle pensate. Si preoccupava poco della morale, si preoccupava ancor meno degli altri. Non c’era nessuno quando era con Elliot, non c’era niente che potesse andar storto, niente che potesse accenderlo più di così e lui lo sapeva: quel piccolo principe, figlio del caos e di Afrodite, lo sapeva bene e se ne approfittava, ma tutti i sacrifici fatti sino a quel punto portavano sempre Thibault ad essere fiero e felice di quella condizione di svantaggio. Anzi no, non era uno svantaggio, era un privilegio.E lui con Elliot era pieno e soddisfatto, fortunato, scelto, suo. E lo guardava ancora con lo stesso carico di malizia, di stima, di sfida, di attenzione, di gratitudine e, anche se ci aveva messo un pizzico in più di sicurezza, di decisione e di rabbia, gli occhi non avevano perso la loro passionale intensità : così violenta da poter spezzare qualsiasi cosa.Non si conteneva dopo tanti bicchieri di vino ed era un po’ troppo arrabbiato al pensiero che egli potesse dare attenzioni a qualcun altro in sua presenza. Erano lì insieme e, lui, Thibault, era più che sicuro di essere partito con la persona giusta. Elliot invece davvero avrebbe preferito portare Vanzina? Davvero aveva osato insinuare di non volere al suo fianco lui, ma un altro durante una simile esperienza ? Vero o falso che fosse, risultava chiaramente inaccettabile.Un attimo prima era stato in paradiso, a sguazzare nel profondo azzurro dei suoi occhi e a desiderare il sapore del vino rosso tra le sue labbra. Un attimo dopo, quelle stesse labbra le avrebbe volute distruggere, perché lo pungevano sempre, lo graffiavano senza nemmeno toccarlo.E quasi non riusciva più a distinguere l’orgoglio dal semplice fluire del desiderio. E lo guardava per trasmettergli quella sensazione: guardami, guarda cosa mi hai fatto, guarda come sono incazzato per te, guarda come mi hai reso grande, migliore. Io sono migliore Elliot, io sono il migliore. Guardami ancora. Sono qui. Ancora, ancora, ti prego.E che domanda, che osservazione stupida quella: aveva riflettuto? Si che aveva riflettuto. Voleva rispondere per le rime. Rifletteva, certo. Non era mica un idiota, né uno sprovveduto senza salvaguardia personale: aveva solo imparato ad avvalersi dei primi consigli dell’ istinto e non più della repressione convenzionale, del freno e della censura: forse non era diventato così bravo davvero, forse era il vino a fare tutto, o magari adesso era stata la magia della carezza di Elliot.Lo stava accarezzando?La sua pelle, la sua pelle morbida, leggera, delicata, la sua pelle era lì sulla sua.La sua pelle, diversa da quella di qualsiasi uomo, diversa pure da quella di qualunque donna. La sua pelle era lì sulla sua.La pelle, la pelle di Elliot, la loro pelle vicina.Il cuore di Thibault venne colto alla sprovvista: all’improvviso sussultò di spasmi e, se solo avesse potuto personificarsi, probabilmente sarebbe risultato come un atleta poco allenato dopo venti giri di campo. Non era pronto. Era durato poco, era finito troppo presto. Era già finito? Ancora, ancora, Toccami, toccami ti prego.« Non ci ho riflettuto a lungo, comunque. Rimuginare troppo fa male alle passioni. » Forse in cuor suo lo aveva sempre saputo: magari quella parte più scura e segreta viveva già in lui da molto tempo, irrequieta e impaziente di essere liberata. Era stato Elliot a liberarla. « E tu sei un sadico stronzetto scozzese.» Aveva solo adesso realizzato e stemperato la gelosia, così sorrise. Sorrise e poi rise, mentre gli effetti del vino si facevano sentire sino alla punta dei capelli. « Mi spieghi come fai a portare sempre le cravatte al collo?» Si scompigliò malamente le ciocche scure, le portò all’indietro e poi allentò notevolmente il nodo di seta intorno al colletto della camicia: « Sono fastidiose. Fa caldo, stringono.» Era un fiume di parole, era il vino, era il vino. « Ti va di fumare?» frugò velocemente tra le tasche vuote. « Putain! Le ho lasciate da qualche parte. Le ho perse.» Sbuffò e sospirò infastidito dal suo stesso disordine, poi però poggiò entrambi i gomiti sul tavolo, inclinò il capo e osservò Elliot silenziosamente. Accennò un piccolo sorriso e alzò le sopracciglia: gliene stava chiedendo una. « Quando saliamo te la restituisco, Je te promets.»❛
ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ Non sapeva neppure Elliot perché avesse preso quell'abitudine, perché si ritrovasse a compiere quel gesto sempre nella stessa circostanza, sempre con la stessa persona. Gli piaceva stuzzicare Thibault -ne era ben consapevole-, né si sentiva in colpa all'idea di aizzare i suoi spiriti più bollenti per semplice desiderio personale, eppure, alla fine di quei piccoli scontri, sentiva il bisogno di cercarlo ancora, di ritrovare, con quel piccolo gesto, il contatto che aveva spezzato per gioco. A volte, lo faceva con nonchalance, mentre parlava e non si zittiva per un attimo, davanti al volto stanco del corvino; in altre occasioni, invece, le sue dita si intrecciavano a quelle dell'altro con una reticenza che scompariva solo quando le loro mani erano unite e il volto offeso di Thibault non mostrava un'emozione diversa, forse desiderio, forse contentezza, forse conforto. Ancora, lo faceva in modo furtivo, con gli occhi che correvano in ogni direzione, con l'ansia d'esser visto, e il momento in cui le loro mani rimanevano unite era lungo un attimo, una carezza che si dissolveva tanto velocemente quanto il bacio di un sogno all'alba. Tuttavia, chiusi in una stanza, lontani da sguardi indiscreti, quel contatto, di solito così fragile, non s'infrangeva e, delicato, legava la loro pelle, le loro falangi indistricabili. Un nodo di Gordio. E gli occhi di Elliot non esitavano, quando finalmente incontravano il francese, quando, dopo quel momento d'unione, la quiete si ricomponeva. Tutto ritornava al suo posto, quei momenti di conflitto scomparivano, lasciando il posto ad altri discorsi, a conversazioni diverse, talvolta più profonde, talvolta meno intime. Ma ciò non significava che per lo scozzese quei piccoli litigi non avessero importanza o che non nascondessero qualcosa di morbosamente personale, qualcosa che andava ben oltre la semplice provocazione o l'orgoglio o il gioco: si trattava di lasciarsi cogliere in uno stato di instabilità. Un'instabilità potente, un'instabilità sinuosa, Elliot l'avrebbe definita pure sensuale, quando si ritrovava a pensare al modo in cui Thibault si lasciava andare al fuoco e non si curava di alcuna regola, di alcuna etichetta. Del resto, i loro scontri erano scorretti, erano cattivi, erano pure selvaggi, tanto che ogni codice veniva infranto, quando, davanti al giuramento d'esser complici, si ricominciava una lotta estenuante, una lotta che, forse, non avrebbe mai avuto fine. C'era bellezza, infine, in quella violenza gentile, in quella violenza pacata, in quella violenza che si nutriva di sguardi e parole, di occhi che fulminavano e sorrisi che stridevano.«La riflessione, però, ti permette di non considerare ciò che fai sotto l'impulso delle passioni come semplice follia passeggera. Come l'errore di una giornata. Se ci pensi e ci credi, te ne convinci. Sei sicuro d'aver fatto quella cosa, perché era ciò che volevi, al di là dei costrutti che la società ha voluto importi. Ma puoi anche non pensare, certo. E, non pensando mai, non proveresti neppure il rimorso d'aver esagerato, il senso di colpa.» Spostò lo sguardo sulla bottiglia di vino per un attimo, poi i suoi occhi furono di nuovo su Thibault, sulla mano che scompigliava i suoi capelli scuri, quei ricci difficilmente domabili. Rise. «Devo ammettere che sono delle qualità che non esiterei a definire pregi, perciò ti ringrazio.» L'espressione di Elliot si fece decisamente più divertita, quando Thibault cercò di allentare il nodo della sua cravatta. Era bastato un po' di vino perché l'apparenza elegante con la quale s'era recato fino al ristorante dell'albergo fosse svanita: c'era solo Thibault Beauchamp, il suo fastidio per le divise strette, il disprezzo per qualsiasi costrizione. «Sono eleganti, hanno il loro fascino e non stringono affatto. Basta solo abituarsi. Anche se so bene che non vanno particolarmente di moda in Arcadia.» In un altro momento sarebbe andato lui stesso a sistemargli il nodo di quella cravatta, ma lì, in quegli attimi, lontani da qualsiasi persona che li conoscesse, decise che non aveva importanza. Decise che, in fondo, Thibault gli era sempre piaciuto anche per quel motivo, anche per quel disordine che non riusciva mai ad abbandonare. Su di lui stava bene. «Mi offendi con queste promesse.» Disse drammaticamente, dopo la richiesta dell'altro, e prese dalla tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette che portava sempre con sé e glielo porse, facendolo scivolare sulla tovaglia del tavolo. «Sai che non mi faccio problemi ad offrire. Soprattutto se me lo chiedi in questo modo.» Roteò gli occhi subito dopo, poi prese anche l'accendino dalla tasca della giacca scura, e si concesse uno sguardo divertito. Avrebbe mentito se gli avesse detto che lo trovava indifferente, che quella richiesta tacita non l'avesse in qualche modo toccato, ma non disse nulla. Non volle neppure rimproverarlo per quei gomiti sul tavolo, per quel gesto tanto biasimato a casa sua. I suoi precettori dicevano che non permetteva una postura adeguata, elegante e che, per questo motivo, dovesse esser evitato, eppure Elliot non riusciva a cogliere alcuna goffaggine nel Beauchamp, neanche in quel momento. «Ti avverto, però, che non sono aromatizzate come le tue. »
❛ ᴛʜɪʙ ─ Una mente saggia e colta, quella di Elliot Hampton. Una voce da ascoltare con completa ammirazione e dedizione, una fonte, un momento di scambio intellettuale sempre pronto, sempre stimolante. Stimolante. È questo il termine perfetto per descrivere al meglio le conseguenze e gli impulsi irrefrenabili sentiti dal giovane Beauchamp, ogni qual volta quel contatto riusciva a farsi più intimo, più coinvolgente. Intimità fisica, mentale, spirituale addirittura. Ogni respiro, ogni attimo, ogni linea, da quella delle sue mani delicate, a quelle delle sue labbra carnose aveva un significato. La sua voce lo chiamava, lo faceva sentire pazzo e non riusciva a concentrarsi bene, perché il vino era più forte, ed era buono ed era salito, su, su, ancora Thibault, più forte, più forte.Thibault, Thibault si è distratto.La paranoia lo fece per un momento sentire pazzo e, probabilmente era stato Elliot a farlo impazzire, ma ciò accadeva senza che l’altro effettivamente facesse nulla di così eclatante: un incantesimo.Troppo impegnato a gustarsi la sua stessa aria, il suo sguardo, i suoi occhi chiari e limpidi e l’eleganza di ogni suo singolo gesto, Thibault continuò a non badare alla postura. Accavallò una gamba ripensando a ciò che aveva letto per anni sull’Arcadia. Era una regione storica della Grecia, nella penisola del Peloponneso che, nel corso della letteratura, è stata elevata a topos letterario, in quanto percepita come un mondo idilliaco. Un mondo idilliaco, forse al pari del loro mondo, si disse.Ed era questa la carta vincente di Elliot. In ogni parola c’era uno spunto, uno stimolo. E Thib a quei piccoli cenni rispondeva sempre, travolto da una completa mania, la dolce malattia, l’ossessione che così tanto lo infervorava. Guardava Hampton come una scatoletta infiocchettata, tutta elegante, incartata con materiale rumoroso, invitante, da strappare in modo impaziente per poter arrivare presto alla più preziosa delle sorprese.Mille divagazioni, mille viaggi lontani sapeva fare il pensiero di Thibault e, di fronte a lui, ogni minimo particolare poteva essere oggetto di riflessione, frutto di piacere, inizio di un percorso. Ora che andare d’accordo non è più un’impresa tanto difficile, riusciva davvero a comprendere la bellezza del loro rapporto. Perché lo aveva voluto e cercato tanto, Thibault e, adesso si sentiva privilegiato grazie a quella vicinanza. « C’est très bien. Merci beaucoup.» Rispose inclinando il capo mentre i polpastrelli cercavano una delle sigarette. Ne poggiò una lentamente tra le labbra, fece il solito sorriso sornione. Il filtro penzolò appena in avanti e una piccola risata brilla lo colse. Si avvicinò ancora tutto, allungandosi sulla tovaglia, in avanti, lento, impedito e sofferente. Si fermò per parlargli a voce bassa, allontanando la sigaretta ancora spenta per pochi istanti. Le iridi scure fisse sulle sue. Usciamo, dai. Mi sento ridicolo all’idea di essere così ubriaco da poter rovinare tutto in pubblico. Avrebbe voluto dirgli. Esci con me, vediamo a che punto stanno le stelle, se sono diverse da quelle del Vermont e poi parlami di qualche imperatore di Roma che è poi divenuto stella. Vieni con me, parla con me, allontaniamoci un’altra volta da tutti. Aveva in mente di dirgli. Usciamo, dai. Prima che io dia fuoco a questo tavolo che mi separa da te, qui dentro. Un groviglio di istinti e impulsi che, con la giusta volontà riuscì comunque a frenare, tanto da troncare bene e al punto perfetto, tutti gli ipotetici proseguimenti delle richieste iniziali.« Usciamo? »
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ Prima di comprendere Thibault, Elliot aveva imparato a conoscerlo, a superare i pregiudizi che gliel'avevano fatto liquidare come l'ennesimo studente ribelle senza arte, né parte. Era dovuto passar sopra, infatti, a quel fastidio innato del Beauchamp verso le discipline dei loro corsi che richiedessero una maggiore razionalità, un metodo più severo: non gli piaceva, infatti, la linguistica, non gli piaceva la glottologia e ancor meno pareva apprezzare la grammatica. Soprattutto quando era costretto ad applicarla alle lingue antiche, al latino. Ed Elliot l'aveva sempre trovato inconcepibile, tanto che, per questo, l'aveva costretto a subire quel suo atteggiamento di superiorità che ostentava con chi non reputava degno della sua stima. Eppure, col tempo, Elliot s'era dovuto ricredere su quel ragazzo che aveva conosciuto tramite Ophélie, su quel poeta incompreso, che aveva da offrire al mondo più della spiegazione di qualche mutamento fonetico, più di qualche regola ripetuta a memoria, sempre uguale, con una particolare attenzione a non dimenticare le parole esatte. Thibault era più di uno studioso, era più del mondo accademico stesso: era un artista che cercava di dare una forma al suo lavoro; era un esteta che ricercava il bello in ciò che studiava, non ciò che era giusto, non ciò che era reale, ma ciò che conciliasse la sua fantasia, il suo desiderio di creare arte. Aveva qualcosa di divinamente ispirato e, allo stesso momento, pareva non esser per nulla circondato da quell'aura di misticismo che si sarebbe potuta vedere attorno ad un aedo, attorno ad un poeta favorito dalle Muse o invasato da Dioniso. Thibault, piuttosto, aveva i modi e la spontaneità di un figlio dell'Arcadia. Per questo motivo, per scherzo, Elliot aveva iniziato a chiamarlo pastore, ma s'era reso conto che quel piccolo modo di punzecchiare Thibault era, poi, espressione della sua sorpresa, davanti alla sua profondità, davanti a quello spirito incontaminato. Veniva davvero dall'Arcadia, ne era sicuro. Mentre parlavano, gli venne in mente quella discussione che avevano avuto a Maggio, prima che Thibault andasse via, prima che fosse sospeso dal rettore. Era riuscito ad ammettergli quell'ammirazione che aveva sviluppato lentamente solo in quel momento, solo per chiedergli scusa, solo per mostrargli che non era vero che gli era indifferente, che non pensava di lui quello che si ostinava a fargli capire. E, col tempo, forse con pazienza, Elliot aveva mitigato il suo carattere, aveva accantonato l'orgoglio -giusto un po', giusto un pizzico, giusto il necessario per avvicinarsi al francese- e l'aveva osservato da più vicino, finendo per apprezzare l'altro più di quanto si sarebbe aspettato. Amava ancora punzecchiarlo, gli era sempre piaciuto, eppure, in quel momento, gli piaceva fare anche altro in sua compagnia. Era per questo che decise di assecondarlo, dopo avergli acceso la sigaretta, nel momento in cui l'altro si era sporto. Un favore tra due amici: ecco cosa doveva sembrare all'esterno, ecco cosa Elliot si premurò di farlo sembrare agli occhi degli ospiti di quell'hotel facoltoso. «Andiamo. » Disse semplicemente, dopo la sua domanda, e cercò d'apparire più freddo, mentre si alzava in modo furtivo. Sarebbe stato più semplice se fossero stati da soli, se non fossero sempre circondati da chi non li avrebbe mai compresi. Sospirò per questo e si concesse l'ultimo sorso di vino, prima di alzarsi e recarsi in balcone, insieme all'altro. Per fortuna, non c'erano ospiti in quel momento e ad Elliot bastò voltare l'angolo per sentirsi meno rigido, per smettere di lanciare occhiate ad ogni angolo.
❛ ᴛʜɪʙ ─ E allora non se lo fece ripetere due volte, Thib. Si portò via dalla sedia con uno scatto. Incastrò la sigaretta tra le labbra e sorrise come un bambino a cui avevano appena regalato una caramella estratta dal pacchetto più colorato tra tutti quelli del negozio. Non si portò dietro nemmeno il cappotto, voleva starsene libero. Arrivò fino al balcone desolato, oltre il finestrone bianco di quell’albergo a cinque stelle e scorse il paese delle meraviglie, realizzando presto che una bella vista era stata lì ad attenderli da troppo tempo, come il più affascinate degli amanti. Le luci notturne della città eterna lo lasciarono senza parole, senza respiro, lo lasciarono incantato.Un’esperienza come quella gli fece capire che per loro andava bene solo il meglio. Che nella vita non doveva sempre accontentarsi, Thibault, e che anzi, doveva da ora soprattutto imparare a saper pretendere, per poter ottenere risultati sempre più soddisfacenti.Il cuore si riempì di gioia, poiché per lui fu un vero e proprio traguardo contemplare quanto e come insieme fossero arrivati tanto in alto. il Grand Hotel, il Plaza. Esso non solo godeva di un’ubicazione privilegiata e di un abito architettonico monumentale, ma doveva anche parte del suo fascino allo straordinario spazio dedicato al verde. Lo scorgeva ora con gli occhi scuri lì, sotto di loro: giardini verdi, piccole fontane con luci accese, aiuole. Il Palazzo era avvolto da un abbraccio floreale, quello di Madre, Madre Natura. Giardino, giardini, poi il loro bellissimo balcone, una vista panoramica.Tutto era arte, evocazione, ispirazione, vocazione. Riusciva persino ad immaginarsi una melodia.Si trovavano in quel balcone rinominato “ balcone Trinità dei Monti” un luogo altamente suggestivo del Grand Hotel, dove i profumi si fondevano con quello inebriante dei fiori che lo adornavano. Thibault ed Elliot potevano finalmente, e da soli, volgere lo sguardo verso tanta bellezza, verso un nuovo mondo immerso nell’antichità.Da soli ma insieme, da soli insieme. Soli insieme, un solo insieme.Potevano vedere i maggiori monumenti di Roma, quali la chiesa della Santissima Trinità dei Monti, luogo di culto cattolico nel rione Campo Marzio, alle spalle della celebre scalinata di piazza di Spagna; Il complesso architettonico di Villa Medici, situato sulla collina del Pincio; Casina Valadier in Villa Borghese e ancora tanto, tanto altro. Con lo sguardo i due sarebbero potuti andare oltre, giungere fino al Palazzo del Quirinale, Piazza Venezia, rapiti dalla magia e dall’atmosfera che solo Roma, solo Roma poteva davvero offrire.Ma la più bella, la più suggestiva di tutte le viste, distanziava pochi passi da lui. Esattamente due. Adesso uno. Adesso niente. Posò il mento sulla sua spalla, accese la sigaretta e aspirò così profondamente da renderlo partecipe di quell’alito sospeso di passione, nicotina, desiderio, impazienza. « credo di non aver mai avuto il mondo ai miei piedi come in questi momento.» Sussurrò al suo orecchio. « il mondo è nostro, Ennio.» E gli avrebbe baciato anche il collo, ma provò ad esitare. « È tutto nostro.»
❛ ᴇʟʟɪᴏᴛ ─ La vista del balcone lasciò Elliot senza parole e, mentre Thibault si appoggiava alla sua spalla, lui si perse nella vista che si stagliava davanti ai suoi occhi e che gli parve avere il potere di farlo scomparire, fino a non esistere più, a non sentire neppure il calore che tutto il corpo del francese emanava vicino al suo. Ebbe un brivido, all'inizio, nel sentirlo avvicinarsi tanto e un lunghissimo fremito attraversò la sua schiena nel percepire il suo volto contro al suo collo, il suo mento incastrato nella sua spalla, ma non si mosse, né gli sussurrò di allontanarsi, come di solito faceva in quelle occasioni. Erano soli, ora: non c'erano sguardi indiscreti, occhi curiosi, espressioni sconvolte, né lo scozzese fu abbastanza coraggioso da girare lo sguardo verso il francese, di dirgli di aspettare di arrivare in stanza, di finire quella cena, per concedersi quell'intimità. In fondo, erano usciti anche per quello. 𝘗𝘦𝘳 𝘴𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘷𝘪𝘤𝘪𝘯𝘪. Eppure, qualsiasi pensiero affollasse la sua mente, qualsiasi proposito di dire qualcosa sfumò nel momento stesso nel quale le sue iridi parvero smarrirsi tra i meandri di Roma, tra quelle vie che avevano attraversato in quei giorni, tra i monumenti che avevano già visto e quelli che ancora avrebbero dovuto vedere. E, all'improvviso, provò una sensazione di nostalgia per quella città che non aveva mai visto prima, che non gli apparteneva più e che un tempo era stata, in parte, sua; provò nostalgia per quei monumenti ormai diventati solo un ricordo da immaginare, per quelle persone che, in un'altra vita, doveva aver conosciuto e che ora erano solamente gli εἴδωλᾰ che popolavano i suoi sogni, numerosissimi, tutti diversi, eppure incredibilmente legati al suo trascorso. Vedeva spesso quelle figure, quando dormiva, e tutte quante lo facevano tremare, come dei fantasmi che attraversassero quella memoria che non aveva dimenticato tutto il suo passato, che non poteva averlo perduto nell'oblio. Elliot sentiva, in qualche modo, di non aver bevuto abbastanza alla fonte del Lete o di non averlo potuto fare qualcosa di più importante, qualcosa che, forse, il se stesso del passato gli avrebbe rivelato durante qualche notte. Così, il suo pensiero, per un attimo, ritornò a quella notte di ottobre, a quel rituale e il suo sguardo, finalmente, fu su Thibault, ancora appoggiato a lui. «Credo che lo sia sempre stato. » Azzardò e sentì nuovamente quel tremore. «Io so che hai altre idee sulla vita e sulla morte, lo so bene. » Con lentezza accarezzò i suoi capelli, ma solo per un attimo, solo per il tempo necessario ad affondare la mano tra i suoi ricci neri, poi spostò nuovamente lo sguardo al panorama romano. «Però, a volte, ho l'impressione che ci siamo già incontrati. Non in questa vita, no. In un'altra, forse nel passato. Probabilmente, mi inganno, ma sento di averti già conosciuto. E' una sensazione che non so spiegare bene, tuttavia la provo. Ed è come se ti avessi già visto. Non so dove, non so come, non so neppure che aspetto avessi. Ma è come se mi fosse venuto a trovare un fantasma. » I suoi occhi azzurri furono nuovamente sui suoi e, nel voltarsi, si rese conto di quanto fossero vicini in quel momento. .
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Yuru Camp
- PREMESSA:
Ehilà! E' passato un po' di tempo dall'ultima volta. Chiedo ancora scusa per la mia lunga assenza, cercherò in futuro di essere più costante e, nel caso dovessi avere degli imprevisti, spero vogliate ancora seguirmi!
Ma bando alle ciance! Comincio dicendovi che questa recensione è il risultato di un sondaggio che ho creato su Instagram e sarà il primo di tanti altri, quindi se volete essere partecipi nella decisione di "quale anime recensire" siete i benvenuti sul mio profilo!
- CAMPING AND CHILL:
Alcuni potrebbero dire che la trama di questo anime sia banale, poco profonda e con poco da dire. In parte avrebbero ragione ma allo stesso tempo avrebbero anche torto. Si, è un'anime sul campeggio e non ci sono colpi di scena incredibili ma, non è forse questo il bello? Relax. Niente botte, niente fantascienza, niente storie d'amore drammatiche, solo calma, pace e amicizia. È questo il punto di forza di Yuru Camp. Non ha pretese, ma ti colpisce dritto nel cuore. Avete presente la sensazione di calore che dà il periodo di Natale? Le luci accese nella città, il camino acceso, il fuoco che scoppietta, la coperta sulle gambe e una cioccolata calda tra le mani? Ecco. Guardare questo anime vi scalderà l'anima.
- UN RINFRESCANTE BAGNO DI NATURA:
Parlando dal punto di vista tecnico, Yuru Camp ha pregi e difetti, ma se il suo obiettivo doveva essere far immergere lo spettatore nella natura giapponese, nel mood da campeggio e nella varietà di colori durante le stagioni, beh, sicuramente non fallisce nel suo intento. Gli sfondi sono semplicemente stupendi. Con quel sapore di acquerello ma comunque molto dettagliato e realistico, ogni background sembra un dipinto da galleria e i personaggi sembrano far parte di quel panorama (cosa che non sempre accade negli anime). A proposito di personaggi. Il character design è uno dei più azzeccati che ho visto nell'ultimo periodo. Hanno caratteristiche che li rendono facilmente riconoscibili e memorabili, per non parlare delle buffissime espressioni che assumono durante le puntate! Le adorerete!
- L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA SOLITUDINE:
Un tema che sicuramente risulta preponderante è la solitudine. La protagonista ha un'idea tutta sua di campeggio: preferisce starsene da sola circondata dal silenzio e dalla natura. Ma quando il destino vuole farti capire qualcosa, trova sempre il modo di farsi ascoltare. Pian piano inizia a rendersi conto che, infondo, anche se si è un po' solitari o introversi, pur mantenendo la propria natura, ci si può fare degli amici e vivere emozionanti avventure. Noi spettatori ci ritroveremo a crescere con lei e a provare un po' di quella gioia e di quel calore che solo un falò tra amici può regalare.
- CONCLUSIONE:
Questo anime fa venir voglia di prendere tutto e partire, zaino in spalla, per la montagna più vicina. Ti da gioia, pace, voglia di fare e voglia di uscire, ti da nuova energia. Yuru Camp è un piccolo gioiello che consiglio a tutti (appassionati o meno di campeggio!). Guardatelo e fatemi sapere se anche voi avete sentito il calore di cui ho parlato! Alla prossima!
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La volontà di Dio è il Natale Rev.Sun Myung Moon
Visto che il Natale si sta avvicinando, ho pensato di pubblicare questo discorso del Reverendo Moon che avevo tradotto tanto tempo fa. Chi meglio del Vero Padre conosce il cuore e la situazione di Gesù?
La volontà di Dio e il Natale
Rev. Sun Myung Moon
Oggi è Natale e le persone in tutto il mondo stanno celebrando la nascita di Gesù Cristo. Quando pensiamo a Gesù, sappiamo che non nacque con uno scopo individuale, come le persone comuni, ma venne sulla terra per salvare il mondo. A causa della caduta, l’umanità ha chiaramente bisogno di un Salvatore per poter ritornare a Dio. L’umanità si è allontanata da Dio e tutti devono passare attraverso Gesù per ritornare a Lui.
È estremamente importante, celebrando questo giorno di Natale, conoscere lo scopo della venuta di Gesù Cristo 2000 anni fa. Senza conoscere chiaramente quello scopo, questa celebrazione non ha alcun significato; perciò stamattina vorrei dare un messaggio sul tema: “La volontà di Dio e il Natale”.
Quando chiediamo a Dio se la Sua intenzione originale per questo mondo è stata completamente realizzata, ovviamente la Sua risposta è no. La volontà di Dio originariamente non fu realizzata a causa della caduta umana. Nel corso della storia l’umanità caduta ha continuamente cercato la realizzazione finale della volontà di Dio e dello scopo di creazione. Mentre questa provvidenza andava avanti su tanti livelli diversi – individuale, familiare, sociale, nazionale e mondiale – la volontà o il piano originale di Dio non è mai cambiato.
Dio è eterno, immutabile, assoluto ed unico, perciò anche la Sua volontà è eterna, immutabile, assoluta ed unica. Dio non può scendere a compromessi col Suo standard originale a causa del fallimento umano. Non può abbassarsi al livello dell’umanità peccatrice; sono gli uomini che devono elevarsi al livello di Dio.
Gesù venne per realizzare il Regno di Dio sulla terra
Sin dalla caduta, la volontà di Dio si è focalizzata sullo scopo della restaurazione. Dio è determinato a salvare l’umanità, a mostrare alle persone come possono uscire dallo stato caduto ed entrare nell’ideale originale della creazione. Questa è la restaurazione o la provvidenza di salvezza. Nel corso della storia le persone non sono state nella posizione di salvare se stesse; la salvezza, invece, viene da Dio. Dio deve mandare un Salvatore per rivelare al mondo il Suo ideale originale di creazione. Quest’uomo era Gesù Cristo.
Come sapete, l’intenzione originale di Dio per questo mondo, non sarebbe stata solo la perfezione di un individuo, ma avrebbe portato alla perfezione della famiglia. Questo si sarebbe espanso alla perfezione del clan, della società, della nazione e del mondo. Se Adamo ed Eva avessero raggiunto la perfezione senza cadere, oggi il mondo sarebbe stato completamente diverso. Non vedremmo tutte le scene disgustose a cui assistiamo ogni giorno, e non vedremmo neanche le barriere di lingue e le barriere nazionali che separano le persone. Inoltre, ogni individuo vivrebbe per realizzare concretamente la perfezione e potrebbe chiaramente pianificare il suo modo di vita per raggiungere alla fine il Regno dei Cieli. Oggi il problema è che gli uomini non conoscono il Dio vivente e non hanno una giusta direzione. La gente vive una vita sbandata, alla cieca. Nell’ideale originale questo non succederebbe mai; tutti sarebbero guidati alla perfezione in un modo perfettamente conforme alla volontà di Dio e nessuno potrebbe o vorrebbe vivere al di fuori di quella volontà.
Se non ci fosse stata la caduta, gli uomini sarebbero cittadini del Regno di Dio sulla terra. I cittadini del Regno di Dio inizieranno la loro vita qui sulla terra e dopo aver portato a termine la loro vita qui, saranno elevati automaticamente nel Regno di Dio in Cielo, dove continueranno come famiglie.
Nella mente di Dio c’è sempre stato un progetto, il piano originale che è sempre stato e sempre rimarrà perfetto, anche se la realizzazione fisica di questo piano non si è ancora vista. Gesù pregò: “Venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra”. Gesù conosceva la perfezione della volontà di Dio in Cielo e portò quella volontà sulla terra, venendo a stabilire la perfezione qui. Questo era il piano di Dio.
Gesù vivente era il perfetto mediatore della salvezza
Gesù Cristo venne per compiere la volontà di Dio, per trasmettere la volontà di Dio alla nazione scelta di Israele. Dio si stava muovendo in una certa direzione e Gesù Cristo si muoveva parallelamente a quella direzione, quindi, certamente, il popolo d’Israele avrebbe dovuto muoversi in modo parallelo a Gesù. Se tutti e tre si fossero mossi parallelamente in una sola direzione, la volontà suprema di Dio si sarebbe potuta realizzare in quella nazione. Dio e Gesù erano uniti, e tutto ciò che occorreva era che il popolo di Israele si unisse a Gesù. Dopo la realizzazione a livello nazionale, l’espansione di quella realizzazione a livello mondiale sarebbe stata assicurata.
Gesù venne come un sacerdote per essere ricevuto dal popolo d’Israele. Portò la grande opportunità di realizzare la condizione per la restaurazione del giardino di Eden. Tutto fu perduto nel giardino di Eden, ma tutto avrebbe potuto essere restaurato dalla nazione scelta d’Israele se essa si fosse unita al Messia. Le battaglie cruente che sono avvenute per tanti secoli dopo la comparsa di Gesù non sarebbero mai dovute succedere. Dio aveva preparato Israele per tante migliaia di anni perché fosse pronta ad accettare il Messia alla sua venuta. Anche se Gesù non apparve nel modo in cui la maggior parte degli ebrei del suo tempo lo aspettava, essi avrebbero dovuto avere lo stesso la saggezza di accettare il Messia e lavorare insieme a lui alla sua venuta. Così Giovanni Battista, preparando la via a Gesù, dichiarò al mondo: “Pentitevi, perché il Regno di Dio è vicino”.
Il Messia poteva capire e ragionare col cuore di Dio, così poteva essere unito all’amore di Dio. Le qualità umane eccezionali della sua personalità gli permettevano di collegarsi al popolo di Israele. Lui era il ponte fra Dio e tutto il mondo caduto e, accettandolo, il popolo avrebbe accettato Dio e si sarebbe unito a Lui. La volontà di Dio era che il Messia fosse accettato, non respinto. Gesù era veramente il Messia e attraverso la totale obbedienza del popolo egli avrebbe dovuto ricevere il potere di guidare Israele.
La morte di Gesù non fu un suicidio, fu un’esecuzione. Oggi la dottrina cristiana predica la salvezza per mezzo del sangue di Gesù, ma dobbiamo chiederci se Dio e Gesù aderiscono a questa dottrina. Nella Bibbia si narra la storia di una prostituta che era stata condannata a morte e stava per essere lapidata. Gesù disse alle persone che si erano riunite intorno a lei: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Tutti, imbarazzati, lasciarono cadere le loro pietre. Dopo che tutti se ne furono andati con vergogna, Gesù parlò alla donna accusata dicendole: “Non ti ha condannato nessuno? Nemmeno io ti condanno. Va’ e non peccare più”. Cosa significa questo? Con le sue parole Gesù offriva il perdono. Prima ancora che Gesù versasse una goccia di sangue, c’era già la salvezza. Nessuno doveva aspettare che Gesù morisse. C’era salvezza nell’accettare la parola di Gesù. Questo è nella Bibbia. Gesù non dava un buono dicendo: “Vi perdonerò e salverò, ma aspettate finché muoio sulla croce”. Gesù offriva la salvezza a tutti con la parola di Dio. Il piano di salvezza di Dio non richiedeva spargimento di sangue. La parola salvezza significa che il giardino di Eden sarà qui sulla terra, con uomini, donne e famiglie vive. Ciò di cui abbiamo bisogno è la realizzazione da vivi, non lo spargimento di sangue e la morte.
Adamo, Gesù e il Secondo Avvento hanno lo stesso scopo
Dio, tuttavia, non ha ancora visto la perfezione del Suo piano originale qui sulla terra, nemmeno dopo la venuta di Gesù Cristo. A causa della crocifissione Gesù non poté realizzare pienamente lo scopo della sua venuta, la realizzazione dell’ideale di Eden. Non era affatto il piano originale di Dio realizzare l’ideale uccidendo il Messia. Se questo era veramente il metodo di Gesù, allora sarebbe bastato semplicemente mandarlo in una nazione che non era preparata a capirlo. A volte il sacrificio è necessario, ma Dio non intendeva il sacrificio della vita umana come la chiave per completare la salvezza. A causa della crocifissione, Gesù Cristo non poté portare l’umanità al massimo grado della perfezione individuale o alla perfezione della famiglia, della società o della nazione. Perciò è del tutto logico che il Messia debba venire una seconda volta.
Cosa farà Gesù quando verrà? Verrà per spazzare via il mondo? La parola “giudizio” spesso è fraintesa nel senso che Dio nell’ira spazzerà via tutto. Questo non è lo scopo per cui il Messia viene una seconda volta. Lo scopo è realizzare la missione che è rimasta incompiuta 2000 anni fa, lavorare per la perfezione dell’individuo, della famiglia, della società, della nazione e del mondo. Il giudizio è il lavoro costruttivo di Dio per vedere realizzato il Regno di Dio qui sulla terra.
Il lavoro di Dio è realistico e fisico. Interpretando la Bibbia alla lettera, tanti cristiani si aspettano la comparsa di Gesù nel cielo, ma ci sono problemi con questa visione. Le persone concepiscono Dio come un essere soprannaturale, qualcuno che compirebbe perfino il miracolo di far venire Gesù sulle nuvole. Ma perché in questo caso sarebbe necessario il Cristianesimo? Perché sarebbe necessaria la fede? Perché Dio, tanto per cominciare, non ha usato il potere soprannaturale per costruire il Suo Regno? Perché ha dovuto aspettare 6.000 anni per realizzare questo?
Voglio che sappiate che la volontà di Dio nel mandare Gesù Cristo 2.000 anni fa è perfettamente parallela alla venuta di Adamo nel giardino di Eden. Il Signore del Secondo Avvento verrà per lo stesso scopo. In altre parole, la volontà di Dio, lo scopo di Adamo, lo scopo di Gesù e lo scopo del Secondo Avvento sono tutti identici. La verità è immutabile, essendo l’inizio e la fine. La volontà di Dio non può essere cambiata o offuscata dal tempo ma sarà sempre la stessa. Dio ha una formula e quando sarà realizzata, Dio la suggellerà. Quella particolare formula è ancora lì, incompiuta; Dio sta aspettando che l’uomo realizzi quello standard puro, incontaminato.
Gesù il vero uomo, unito a Dio
Chi è un vero uomo? Il Presidente degli Stati Uniti è automaticamente un vero uomo? Il vero uomo è colui che si adatta perfettamente alla struttura di Dio, cioè, se Dio è rotondo, quel vero uomo è perfettamente rotondo, e se Dio è quadrato, quel vero uomo è perfettamente quadrato. Dal giorno alla notte, dall'eternità all’eternità, egli non devierà da quello standard.
Come sappiamo che Gesù era un vero uomo? Non aveva scritto un grosso segno sulla fronte o si era laureato all’università. Non aveva nessuna grandezza o potere straordinari. Perché sappiamo che era un vero uomo? Sappiamo che Gesù era un vero uomo perché il suo modo di vita era conforme alla volontà di Dio e corrispondeva perfettamente alla descrizione del modo di vita di Dio. Sappiamo che Gesù Cristo nacque unicamente per la volontà di Dio, che visse esclusivamente per la volontà di Dio e morì esclusivamente per la volontà di Dio. Nel momento critico della sua morte sulla croce, Gesù morì come un Messia e con la dignità di un Messia, non come un uomo ordinario, un uomo triste o un uomo che si nascondeva. Gesù non poteva rinunciare alla volontà di Dio provando risentimento per l’ostinata opposizione delle persone ai suoi sforzi per salvarle. Provava profondamente questo sentimento: “Anche se ora l’impero romano si oppone a me, riceverà la mia misericordia. Anche se gli ebrei mi vengono contro, riceveranno la mia misericordia”. Perciò Gesù aveva spazio per perdonarli, spazio per pregare per loro ed abbracciarli.
Gesù era un vero uomo perché visse perfettamente la vita di Dio. Era un Dio che camminava. Non c’era nessuna separazione fra Dio e Gesù e poiché nessuno può distruggere Dio, nessuno può distruggere Cristo. La crocifissione non fu la distruzione di Gesù; Dio manifestò il potere della resurrezione, in modo che il mondo potesse vedere che Gesù non era mai stato distrutto.
Quale atteggiamento è necessario per poter ricevere il Messia?
Poiché la realizzazione della perfezione non fu compiuta in Israele, Dio preparò il Cristianesimo come seconda Israele, come la base sulla quale poteva venire il secondo Messia. Porre questa base è compito del Cristianesimo. Lo scopo finale dei cristiani di tutto il mondo è ricevere il Messia. Tanti cristiani pensano che il Messia ordinerà che avvengano miracoli straordinari che risolveranno tutti i problemi del mondo in un momento, trasformando in un attimo il mondo nel Regno di Dio. Questa è la loro comprensione ambigua, ma non può assolutamente essere così.
Quando il Messia verrà la seconda volta, partirà dal fondo della situazione umana e avanzerà, un passo dopo l’altro, fino alla sommità del regno. Il Messia porta il modello che il resto del mondo deve seguire e non scenderà a compromessi con il mondo. Darà inizio allo scontro finale fra il bene e il male. Secondo lo standard originale di Dio, i cristiani dell’era moderna sono pronti per essere elevati nel Regno di Dio in cielo come uomini e donne perfetti? Assolutamente no. Devono trasformarsi e cambiare per conformarsi al modello che il Messia porterà; come seconda Israele, i cristiani devono essere le prime persone a cambiare stessi secondo quel modello.
Tanti cristiani hanno aspettato costantemente che il Messia ritorni su una nuvola. Se venisse su una nuvola, magari indossando un paracadute, sarebbe indubbiamente riconosciuto e onorato come il Messia. Ma non esiste proprio alcuna possibilità che non venga su una nuvola e appaia invece come una persona comune? Dopo tutto, di che genere di Messia avrebbe bisogno l’umanità: di uno che scende dalle nuvole come un essere soprannaturale, praticamente un essere non-umano; oppure di qualcuno che è uno come noi, con lo stesso corpo e la stessa mente? Certamente le persone hanno bisogno di una persona reale con la quale stabilire un rapporto nella posizione di Cristo.
Gesù descrisse se stesso come “la via, la verità e la vita”. Non faceva veramente nessuna differenza il modo in cui venne nel mondo – anche se fosse venuto sulle nuvole, le nuvole non sono la via, la verità e la vita. Era Gesù stesso che era importante, nient’altro. Tuttavia egli venne nel mondo, insegnò chiaramente il modo di vivere, la verità per l’umanità e come conquistare la vita. Inoltre Gesù era “l’amore”; lui non disse questo, ma era l’amore per il mondo.
L’umanità preferirebbe ricevere un Messia venuto in modo spettacolare su una nuvola, senza insegnare ed essere tutte quelle cose che era Gesù, oppure un Messia venuto normalmente, ma che era capace di trasmettere quei concetti preziosi? Certamente l’umanità apprezzerebbe il secondo tipo di Messia.
Quanto conoscete la volontà di Dio? Tanti cristiani sono convinti che la volontà di Dio per loro è che cerchino il loro pezzetto di Cielo personale, senza preoccuparsi del destino del resto del mondo. Intanto la nazione e il mondo stanno crollando e, invece di sentirsi responsabili, aspettano che Dio metta a posto tutto. Questo non è vero Cristianesimo.
Io voglio che sappiate chiaramente che la meta di Dio e di Gesù è il mondo, non solo un uomo, una razza, un popolo o una nazione. Dio intendeva che il Messia realizzasse la perfezione, non che creasse una moltitudine di confessioni. Dio è ancora determinato a realizzare quello scopo finale della perfezione e dell’unità fra le persone. Come può un Cristianesimo diviso e litigioso, mostrare l’esempio dell’ideale di Gesù?
Io ho visto com’è il Regno di Dio nel mondo spirituale e alla fine anche voi vedrete che il Regno di Dio non è organizzato con le stesse divisioni fra le religioni che ci sono qui. Una simile separazione è veramente contraria alla volontà di Dio. I conflitti e le divisioni fra le persone religiose sono stati trasferiti nel mondo spirituale e addolorano Dio. Eppure questa è stata la fede tradizionale.
Come potete diventare veri figli e vere figlie di Cristo?
Noi crediamo in Gesù Cristo come il Salvatore e il Messia perché vogliamo anche noi diventare i figli e le figlie che possono realizzare la volontà di Dio. Gesù morì per la missione, non per conquistare il suo pezzetto di Cielo personale. Perciò, non preoccupatevi del vostro Cielo, ma preoccupatevi di portare il Regno di Dio nella vostra società e in questo mondo. Se siete così, quando direte a Dio: “Io non voglio andare nel Regno di Dio”, Dio vi rincorrerà e vi metterà personalmente nella posizione più alta del Suo Regno.
Gesù non si lamentò mai con Dio per il comportamento ribelle di quello stesso popolo che era stato mandato a salvare e non smise mai di curarsi di loro. Questo non era il cuore di Gesù. Gesù sapeva chiaramente che la sua missione non era semplicemente la salvezza di Israele, ma del mondo. Gesù, come figlio di Dio, era perfettamente unito a Dio nella volontà e nel cuore. E grazie a questa unità Gesù Cristo poté morire volentieri per il resto del mondo.
Come potete diventare veri figli e vere figlie di Cristo? Unendovi perfettamente a Gesù Cristo, unendovi al suo spirito e unendovi al suo cuore. Se siete perfettamente uniti a Gesù Cristo, potete essere un sacrificio volontario per la salvezza del resto del mondo. Dio sarebbe molto contento di sentire Gesù pregare: “Dio, la Tua meta è la salvezza del mondo. Ti prego, usa me e i miei fratelli e sorelle cristiane come Tuo sacrificio per realizzare la Tua volontà.” I veri cristiani sono quelli che sono disposti a sacrificare se stessi, la loro chiesa e la loro confessione per realizzare la volontà di Dio per la salvezza del mondo.
Guardando i 2.000 anni di storia cristiana possiamo vedere che milioni di cristiani hanno pregato Dio profondamente e senza egoismo. All’inizio del Cristianesimo, quale pensate fosse la preghiera predominante? La supplica costante dei cristiani a Dio era: “Signore, per favore manda di nuovo Tuo figlio come hai promesso”. Questo era molto diverso dal tipo di preghiere che la maggior parte delle persone sta facendo oggi: “Signore, per favore, aiuta la mia famiglia a prosperare; benedici la mia chiesa, etc”.
Un vero cristiano non potrebbe pregare per l’aiuto e la benedizione di Dio solo per la sua famiglia. Quelli che pregano solo per la loro parte di benedizione di Dio non andranno a finire in Cielo. Dopo aver conosciuto la verità sulla situazione di Dio possiamo solo pregare così: “Dio, sono pronto ad essere il Tuo sacrificio. Usami come Tuo strumento; realizza la Tua volontà per la salvezza del mondo attraverso di me”. Questo tipo di persone creeranno il Regno di Dio.
La realtà del primo Natale
Per conoscere meglio il cuore di Gesù, ricordiamo la sua situazione nel primo Natale. Oggi ci sono tante chiese che celebrano la nascita di Gesù facendo festa e gioendo. L’atteggiamento tradizionale è stato quello di lodare il modo in cui il Messia nacque in una stalla e fu deposto sulla paglia di una mangiatoia. Ma come poteva l’umanità essere orgogliosa del fatto che il figlio di Dio nacque in una stalla?
Gli ebrei erano stati preparati da Dio per ricevere ed aiutare Gesù, ma il popolo aveva veramente idea di che era Gesù e di cosa avrebbe dovuto fare per aiutarlo a compiere la volontà di Dio? Non sapeva un bel nulla. C’era qualcuno che capiva la missione di Gesù come individuo, la sua missione per restaurare la sua famiglia, la nazione attorno alla sua famiglia e alla fine il mondo intero? È molto chiaro che non ci fu nessuno, né laico né religioso, che aiutò Gesù a realizzare la sua missione.
Se mai ci fu qualcuno che capì Gesù e lo aiutò, fu Dio stesso. Dio lo sapeva, ma nessun altro, a parte Gesù, capì la sua responsabilità. Dio era contento e felice mentre guardava Suo figlio nascere in una stalla, piangendo al freddo, senza nessuno attorno a lui che sapesse cosa avrebbe dovuto fare, e con Satana che cercava a tutti i costi di trovare un modo per fermarlo? Dio poteva sentirsi a Suo agio in quella situazione?
Torniamo indietro e pensiamo un po’ più nei particolari a com’era l’ambiente direttamente circostante. Maria era la madre di Gesù, ma Giuseppe non era suo padre. Quando Giuseppe la sposò, Maria era incinta e Giuseppe sapeva che il bambino che lei portava in grembo non era suo. Giuseppe non sapeva nulla, tranne quello che gli era stato detto in un breve sogno. Giuseppe era un uomo giusto e così sposò Maria come gli era stato ordinato da un angelo, ma per quanto tempo pensate che potesse sentirsi a posto e felice di questo? Non pensate che continuasse a fare domande e a chiedere ripetutamente a Maria: “Di chi è il bambino?” Poteva Maria rispondere semplicemente senza problemi: “Oh, è stato concepito dallo Spirito Santo, perciò dovresti essere felice?” Anche se Maria avesse detto sinceramente questo, pensate che Giuseppe avrebbe risposto con gioia?
Siate realistici e immaginate voi stessi in quella posizione. Supponete che tutti vi rispettino come un uomo generoso, ma che dobbiate sposare una donna che è incinta, e aspetta un figlio da un altro. Se lei vi dicesse che quel figlio è stato concepito dallo Spirito Santo, forse per un giorno non provereste risentimento, ma potreste sentirvi generosi per tutti gli anni seguenti? Se uno di voi fosse nella situazione di Giuseppe, sentendo intorno a sé critiche e pettegolezzi, vi sentireste molto felici e contenti di Maria? Sareste contenti di servire il bambino una volta che è nato e vi sacrifichereste per proteggerlo dal male?
È probabile che Giuseppe abbia chiesto tante volte a Maria di chi era il bambino che portava in grembo, perché era curioso e perché cercava di capire. Ma ricordate che a quel tempo una donna non sposata che rimaneva incinta, secondo la legge mosaica doveva essere lapidata per aver commesso adulterio. All’inizio Giuseppe probabilmente pensò che avrebbe capito, ma a lungo andare non riuscì ad accettare la situazione. Pensate che quel rapporto sia stato felice per tanto tempo? È probabile che litigassero e non avessero fiducia l’uno nell’altra, anziché comprendersi pienamente e cooperare con amore
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Una volta nato Gesù, il disaccordo divenne senza dubbio più grande e Giuseppe vedeva Gesù come qualcosa che non era voluto e che aveva rovinato il suo rapporto con Maria. Se giudichiamo dalla realtà della natura umana questa probabilmente era la situazione che accompagnò tutta la vita di Gesù. A causa dell’attitudine dei loro genitori nei confronti di Gesù, persino i suoi fratelli e le sue sorelle non lo rispettavano e tanto meno pensavano che era il figlio di Dio. Lo trattavano peggio degli altri bambini perché era diverso.
La Bibbia narra che Maria e Giuseppe portarono Gesù al tempio di Gerusalemme per la Pasqua, ma quando lasciarono la città, non si preoccuparono neppure di controllare se Gesù era con loro. Si accorsero della sua assenza solo dopo tutta una giornata di viaggio. Persino in una famiglia comune, potete immaginare dei genitori che lasciano un bambino dell’età di Gesù tutto da solo in una città affollata?
Possiamo supporre con certezza che Maria e Giuseppe litigassero per questo. Giuseppe potrebbe aver detto: “Dimenticalo. Partiamo”. E Maria doveva seguirlo. Ma Poiché Maria insisteva e Giuseppe sapeva che lei non avrebbe ceduto, tornarono indietro a cercare Gesù e portarlo a casa con loro.
Mentre Maria era incinta e il disaccordo fra Maria e Giuseppe continuava, non pensate che per tutto il vicinato girasse la voce di quanto spesso lottavano? In un vicinato così unito come quello di un antico villaggio ebraico, era possibile che tutti sapessero che Maria e Giuseppe per qualche ragione non andavano d’accordo. Il sommo sacerdote Zaccaria e tutti parenti almeno conoscevano la situazione e la disapprovavano.
La famiglia di Giuseppe sapeva che Gesù non era veramente uno di loro e anche se probabilmente non ne avranno discusso davanti a lui, Gesù non era rispettato. Persino adesso, in una società così permissiva come quella americana, se una ragazza ha un figlio di cui non si conosce il padre, ci sono chiacchiere su questo. Al tempo di Gesù vigeva una situazione molto più dura, perché una madre non sposata era punibile con la morte. Certamente ci saranno stati dei pettegolezzi crudeli. Poteva Gesù crescere felice e contento come un bambino comune in quelle circostanze, oppure potete immaginare che Gesù era prigioniero di una situazione insopportabile? Ogni bambino con cui Gesù giocava deve aver fatto dei commenti sulle cose che sentiva dire dai suoi genitori. Gesù non può semplicemente aver avuto dei rapporti normali con gli altri bambini.
Nonostante ciò, rimane il fatto che Gesù nacque per salvare tutti gli uomini. Egli era il figlio unigenito di Dio e il suo obiettivo di salvezza erano proprio le persone che lo mettevano al bando. Il modo in cui il Re dei re fu maltrattato e frainteso dalle persone intorno a lui era tremendamente diverso dall'ideale che Dio aveva per Gesù.
Che tipo di persona avrebbe potuto consolare Gesù
Qualcuna delle persone intorno a Gesù cercò di difenderlo? Non c’è nemmeno una testimonianza che riporta questa devozione. Gesù fu maltrattato e perseguitato dagli stessi membri della sua famiglia perché non capivano assolutamente chi era. Anche senza considerare che era il Re dei re e il figlio di Dio, Gesù fu almeno trattato bene come un bambino comune?
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I film italiani più famosi: un viaggio tra le emozioni su pellicola
Scegliere velocemente quali sono i film italiani più famosi non è cosa semplice. Il cinema italiano ha una lunga e ricca tradizione che ha dato vita ad alcuni dei film più iconici e influenti della storia. Ci hanno colpito per le storie che hanno raccontato, per la maestria con la quale sono stati diretti, per l'originalità delle sceneggiature. Oggi ne ricordiamo alcuni, e sottolineiamo alcuni, senza nessuna pretesa di esaustività. Film italiani più famosi: La dolce vita Considerato uno dei capolavori del cinema mondiale, "La Dolce Vita" di Federico Fellini è un affresco della dolce vita romana negli anni '60. Il protagonista, Marcello Rubini, interpretato da Marcello Mastroianni, è un giornalista di gossip che naviga tra le stravaganze della vita notturna romana. Il film esplora il vuoto esistenziale e la ricerca di significato in una società in rapido cambiamento. La regia visionaria di Fellini, le sequenze oniriche e la critica sociale fanno di "La Dolce Vita" un'icona del cinema italiano. La famosa scena della Fontana di Trevi è diventata un simbolo indelebile nella storia cinematografica. Nuovo Cinema Paradiso "Nuovo Cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore è una toccante ode al potere magico del cinema e alla nostalgia dell'infanzia. La storia segue Salvatore, un regista di successo, che torna al suo paese natale in Sicilia dopo la morte del vecchio proiezionista del cinema locale. Il film ricorda la sua infanzia e la sua profonda amicizia con il vecchio proiezionista, Alfredo. "Nuovo Cinema Paradiso" si distingue per la sua commovente narrazione, la colonna sonora memorabile di Ennio Morricone e la riflessione sulla potenza dei ricordi legati al cinema. Ha vinto l'Oscar per il Miglior Film Straniero nel 1990. La Grande Bellezza Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 2014, "La Grande Bellezza" di Paolo Sorrentino è un'ode surreale e poetica a Roma. Il protagonista, Jep Gambardella, interpretato da Toni Servillo, è un giornalista mondiale che riflette sulla sua vita e sulla bellezza della città eterna. Il film offre una visione affascinante e decadente della società contemporanea. La regia straordinaria di Sorrentino, la fotografia mozzafiato e la recitazione magistrale di Toni Servillo rendono "La Grande Bellezza" una delle opere più raffinate e potenti del cinema italiano contemporaneo. La Vita è Bella "La Vita è Bella" di Roberto Benigni è un'opera toccante che unisce la commedia e il dramma in una storia ambientata durante l'Olocausto. Benigni interpreta Guido, un ebreo che cerca di proteggere suo figlio dalla dura realtà di un campo di concentramento, presentandogli la situazione come un gioco. La capacità di Benigni di mescolare commedia e tragedia in un contesto così delicato, insieme a un tocco di magia e speranza, ha reso "La Vita è Bella" un film amato a livello globale. Ha vinto tre premi Oscar, tra cui Miglior Film Straniero e Miglior Attore per Benigni. Gomorra Basato sul libro di Roberto Saviano, "Gomorra" di Matteo Garrone offre uno sguardo crudo e realistico sulla criminalità organizzata nel sud Italia. Il film è una serie di storie interconnesse che esplorano il mondo della camorra, l'organizzazione criminale attiva nella regione campana. "Gomorra" è noto per la sua rappresentazione realistica e senza romanticismo della criminalità organizzata, rompendo gli stereotipi tradizionali del genere gangster. Ha vinto il Grand Prix al Festival di Cannes nel 2008. In copertina foto di PublicDomainPictures da Pixabay Read the full article
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muschio
... sì, sì. pensa che a natale, pe’ ffa’ il presepe, il muschio l’annavamo a prende ne le docce...
lì per lì l’ho presa per una battuta: che simpatico modo d’illustrar metaforicamente l’alto tasso d’umidità dell’ambiente, nevvero? invece era il resoconto veritiero e realistico d’un ex-detenuto che s’è appena fatto sette mesi a regina coeli. in misura cautelare, per giunta. (sentito poco fa a speciale radio carcere, radio radicale)
#citazioni#enimmi di vita vissuta#leggende metropolitane#carcere#radio radicale#muschio#docce#regina coeli#presepe
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. ── ﹫ᴢᴀᴄʜᴀʀʏ ᴢᴀʙɪɴɪ × it's a new moment ! ··· 23.12.2024 „
« Bonjour, maman. » « Bonjour, Zachary. Tuo padre ti aspetta nel suo ufficio. » per fortuna non era svanito quell’accento parigino che Benedicte aveva tentato di salvare dalla spersonalizzante Inghilterra, così come l'intento di non impicciarsi in faccende troppo più grandi di lei. Annuì senza esprimersi in nessun modo per risponderle, Zachary, ché aveva ancora la bocca impastata e le palpebre praticamente chiuse. Da quando avevano espanso le loro proprietà, gli Zabini non s’erano fatti mancare nulla, neppure un attico in Rive Droit. La Tour Eiffel si distingueva precisa dalla finestra dello studio nel quale aveva messo piede in religioso silenzio, nel rispetto di Blaise, al telefono come lo era ogni giorno dell’anno. Gli sarebbe piaciuto avere un padre meno impegnato, certi giorni. Tuttavia, saperlo di così grande successo gli placava le ferite della vita. Un imprenditore di tale portata, un uomo scrupoloso. Un vincente. Non gli avrebbe saputo rimproverare nulla, ché nel più realistico dei casi si sarebbe comportato alla stessa maniera. « Ah, figlio mio. » giacca impeccabile e camicia stirata persino nella comodità della sua casa. « Ti piace questo posto? È stato un ottimo affare. La tua camera è stata arredata da una giovane designer, tua madre ci ha tenuto che fosse di tuo gradimento. » e s’era impegnata per davvero, Benedicte, che nella sua algida freddezza non aveva mai messo da parte l’attenzione ai dettagli e alle parole pronunciate dal figlio. Rispose positivamente con un cenno del capo e rimase in contemplazione mentre osservava la città in gran fermento per le festività natalizie. « Abbiamo pensato di farti un regalo più adulto, quest’anno. » Blaise si posizionò al suo fianco e lasciò correre veloce il pensiero di quanto quel giovanotto dall’aria stanca gli ricordasse se stesso anni prima. « Lo sapete che non c’è bisogno di regali, papà. Quello che ho è già tantissimo. » per quanto potesse essere nato e cresciuto nel lusso, il sacrificio gli era stato impartito come legge fondamentale della vita, ché suo padre non veniva da una situazione facile e ancora ne portava le memorie vivide addosso. A quel tatuaggio non ci ha pensato più nel momento in cui ha visto la bellezza dell’esistenza, però, premurandosi di chiudere tutte le faccende losche e giurando a se stesso di non cadere più nella miseria del male. « Lo so, ma è giusto che tu sappia che dal primo gennaio del duemilaventicinque sarai proprietario di una percentuale dell’azienda. Ti verrà detto tutto con calma, ora goditi il Natale, mh? » rimase stupito. In silenzio pensò alla marea di responsabilità che gli si sarebbero catapultate addosso e al fatto che forse era davvero tempo di crescere e che e che e che. Di lì a poco Blaise era di nuovo a telefono, Parigi ancor più caotica e il caffè pronto in cucina. Lasciò la stanza dopo una manciata di minuti in cui neppure s’era mosso di un millimetro. Notò un sorriso di fierezza sulle labbra di suo padre, ma la tendenza ad aspettarsi delusioni non gli permise neppure di goderne. Benedicte lo aspettava seduta al tavolino del soggiorno, un libro noir poggiato su di esso e una macchiolina di caffè sulla punta del naso. Nel tepore della novità, persino lei sembrava un essere umano dotato di emozioni.
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Libri Natalizi
Lo so, è un po’ presto per pensare al Natale, ma perchè non iniziare ad entrare nell’atmosfera giusta con qualche lettura natalizia? Ci sono alcuni libri che secondo me sono in grado di catapultarci immediatamente nel magico mondo del Natale e che magari rileggiamo ogni anno. O almeno io lo faccio, da tipica lettrice compuldiva... Un po’ come il film Una poltrona per due...che Ntale sarebbe se non lo replicassero per l’ennesima volta in tv?
Perciò ho pensato di farvi un piccolo elenco dei miei libri natalizi per antonomasia, non si tratta di ultime uscite, ma dei romanzi che io amo leggere in questo periodo dell’anno, ormai da anni.
Se anche voi avete i vostri libri natalizi, ditemeli giù nei commenti, sono sempre felice di aggiungere nuovi libri alla mia lista, come ben sapete.
Ecco i miei romanzi di Natale:
Il primo libro che metto in elenco è molto leggero, ma ha quell’atmosfera di fiaba che a me ispira molto Natale:
Giorni di zucchero e fragole
Sarah Addison Allen
L'inverno è la sua stagione preferita; lei non è il classico esempio di bellezza del Sud; i dolci è meglio mangiarli di nascosto. Queste sono le tre certezze di Josey, che vive a Bald Slope - il paesino di montagna dov'è nata - rinchiusa nell'antica casa di famiglia ad accudire la vecchia madre. Ma di notte Josey ha una vita segreta. Si rifugia in camera a divorare scorte di dolcetti e pile di romanzi rosa. Finché un giorno, misteriosamente, nello stanzino nascosto dal guardaroba, dove l'aria profuma di zucchero, spunta un'esuberante signora che dice di essere venuta per aiutarla. E per Josey sarà l'inizio di una nuova vita.
Il secondo libro invece unisce il Natale a un romanzo con protagonista una libraria che adora i libri, perciò non potevo non metterlo in elenco, inoltre non è per nulla scontato come potrebbe sembrare dalla trama. Semplice, ma non banale:
Al’improvviso a New York
Melissa Hill
Darcy Archer lavora in una piccola libreria indipendente di Manhattan. È una sognatrice: non è disposta ad accontentarsi e a trentatré anni aspetta l'arrivo del Vero Amore, quello che abita nei suoi adorati romanzi. Un giorno di dicembre, sfrecciando in bicicletta per le strade innevate della città, travolge un uomo che le sbuca davanti all'improvviso. Quando Aidan Harris viene portato via dai paramedici, sul marciapiede rimangono il suo cane e un pacco misterioso. In preda ai sensi di colpa, Darcy fa di tutto per ricongiungere il cane, un adorabile husky di nome Bailey, al suo padrone e quando scopre che nell'incidente Aidan ha perso la memoria, le cose si complicano. Inizia così l'indagine di Darcy che, decisa ad aiutarlo a ritrovare la sua identità, si lascia trascinare da Bailey attraverso una New York natalizia, vibrante di luci e colori, fino a un lussuoso appartamento nell'Upper West Side. Qui raccoglie indizi preziosi sulla vita dello sconosciuto, che sembra fatta di viaggi esotici, sport estremi e bellissime donne, e trova la stanza dei suoi sogni: una biblioteca privata colma di preziosissime prime edizioni. Mettendo insieme le tessere del puzzle, la sua vivida immaginazione costruisce un ritratto di Aidan incredibilmente somigliante al suo uomo ideale. Ma le sue fantasie corrispondono alla realtà? E cosa succede quando la realtà è ben diversa da quanto sembra?
Il terzo libro mi ricorda le atmosfere del film La vita è meravigliosa con James Stuart un must natalizio. Anche qui abbiamo un angelo custode che però finisce per innamorarsi della sua protetta. Anche questo è un libro lieve ma fiabesco:
Domeniche da Tiffany
James Patterson
Jane è una bambina solitaria e sensibile. Sua madre, potente manager di una compagnia teatrale di Broadway, non ha tempo per lei, presa com'è dal suo lavoro. Per fortuna c'è Michael, un giovane gentile, comprensivo e divertente che tutte le mattine l'accompagna a scuola e trascorre tante ore con lei. Ma solo la piccola, può vederlo, perché Michael è il suo amico immaginario. E come ogni amico immaginario, il suo compito è quello di accudire i bambini sino ai nove anni di età. Dopodiché i piccoli dovranno cavarsela da soli. Eppure molti anni dopo accade l'impossibile: Jane e Michael si incontrano casualmente a New York. Sono passati più di vent'anni, ma lui è identico, inconfondibile. Jane pensa di essere impazzita: Michael esiste davvero? È un uomo? Un angelo? Ma in fondo che importanza ha? Quel che conta è che Jane è innamorata e che Michael è l'uomo perfetto per lei...
Il quarto libro è un romance storico, genere che già da solo fa molto Natale, questo poi è ambientato all’inizio durante una bufera di neve....e parla di due sconosciuti costretti dal maltempo a condividere l’alloggio con conseguenze inaspettate...un libro molto dolce e passionale, per nulla banale. Il protagonista msachile è molto coraggioso, e sfida le regole della società quasi fin da subito per seguire il suo cuore ma dovrà penare per convincere la sua lei a fare lo stesso. Mi piace legger libri dove almeno uno dei protagonisti è veramente sicuro dei suoi sentimenti in modo logico e duraturo e parla chiaro...inoltre nel libro è prsente anche l’amore per la musica insomma, un gran bel libro che per me fa subito Natale:
Risveglio di passioni
Mary Balogh
Due estranei si incontrano durante una bufera di neve. Costretti a passare una notte assieme, si rendono conto che per quelle poche ore dal momento che non sanno nulla l’uno dell’altro e nessuno sa o saprà mai cosa succederà tra loro, sono liberi dalle regole della società e dai loro stessi scrupoli. Liberi di comportarsi semplicemente come un uomo e una donna attratti l’uno dall’altra. Sono poche ore magiche che però durano troppo poco. Al risveglio ognuno dei due dovrà riprendere il proprio ruolo. Lui quello di visconte, lei quello di maestra di canto in una scuola per ragazze. Si dicono addio senza rivelare nulla del loro passato o presente all’altro, ancora estranei in un senso, molto più che amici in un altro, e con un ricordo indelebile nell’animo. Credono che tra loro sia finita, ma il destino li farà incontrare ancora e stavolta sarà compito loro avere il coraggio di andare contro le convenzioni pur di riappropriarsi della magia che possono creare insieme.
Non poteva mancare un giallo per Natale e cosa c’è di meglio che leggere di Poirot ad un pranzo Natalizio? Adoro questo romanzo anche se l’ho letto un sacco di volte:
Il Natale di Poirot
Agatha Christie
Tre giorni prima di Natale un anziano e ricco signore inglese, Simeon Lee, decide di riunire la famiglia presso di lui per comunicare di voler cambiare il testamento. Ma poco dopo questa riunione, l'uomo viene trovato assassinato. L'investigatore Poirot dovrà mettere a frutto tutto il suo acume per vagliare gli indizi, scartare un numero sconcertante di false piste e giungere alla soluzione del caso.
Non potevano mancare nell’elenco anche due romanzi non pubblicati purtroppo in italiano.
Il primo è un romance storico ambientato a Natale, in stile fiaba, veramente dolce, ottimista, ma anche realistico in certi punti, fa molto Canto di Natale:
Marian’s Christmas wish Carla Kelly Trama: Marian ha quasi diciassette anni, un carattere deciso, ma dolce e una famiglia perennemente bisognosa della sua guida. O così lei crede. Tra un cagnolino da salvare e curare, un partita a scacchi da vincere ad ogni costo, e classici greci e latini da leggere, deve perciò trovare il tempo per mangiare (ehi dopotutto sta crescendo) e risolvere i problemi dei suoi famigliari in modo da poter passare un Natale perfetto. Punto primo: aiutare sua sorella maggiore Ariadne a convincere il suo innamorato, il vicario del paese, a dichiararsi. Punto secondo: evitare che la loro madre spenda gli ultimi spccoli rimasti in famiglia e affligga tutti con malanni immaginari. Punto terzo: aiutare suo fratello minore, espulso stavolta per sempre da Eton a tenerlo nascosto ancora un pò al loro fratello maggiore. Punto quarto: cercare di non voler male a suo fratello maggiore per il fatto di aver portato a casa per Natale un grasso, pomposo e antipatico collega diplomatico con l'idea di farlo sposare alla loro sorellina Ariadne. Punto cinque: non strozzare suddetto pomposo pretendente. Con così tante cose da fare Marian è felice che l'altro ospite invitato da suo fartello sia almeno simpatico e deciso ad aiutarla. Ora se solo il suo stomaco non sobbalzasse ogni volta che lo vede…probabilmente i troppi dolci le stanno facendo male.
Il secondo anch’esso ha quell’atmosfera fiabesca che associo al Natale, so di ripetermi, ma questo mi piace leggere in quel periodo, e abbiamo di nuovo un angelo custode, anche se di tipo equino in questo caso:
The nothing girl
Jodi Taylor
Jenny Dove non è nessuno, glielo ripetono i parenti che la considerano solo un peso o una schiava al loro servizio, lo pensano i suoi compaesani che non la sentono mai parlare perchè si vergogna troppo della sua balbuzie e lo crede anche lei. Quindi perchè vivere se non si è nessuno, non ha senso, e ha quasi deciso di farla finita ancora solo ragazzina quando ecco che Thomas le appare per la prima volta. Oh, Jenny non sa se si tratta solo di un amico immaginario o se è il suo angelo custode e non le importa sa solo che è un bellissimo cavallo dorato parlante (e un poco vanesio) che solo lei può vedere e che è deciso ad aiutarla anche contro la sua volontà. Thomas la segue e la guida fino all'età adulta, ma non troppo, perchè è lei che deve avere coraggio di superare i suoi limiti, anche se con qualche spinta. Sarà in parte grazie a Thomas se Jenny finalmente sfuggirà i suoi parenti e si sposerà e Thomas l’aiuterà anche a far funzionare un matrimonio parecchio eccentrico.... finchè Jenny si renderà conto di essere più forte di quello che crede e di aver costruito qualcosa di molto importante grazie a se stessa, a Thomas, ma soprattutto grazie a molte persone, amici e anche di più che non solo non pensano che lei non sia nessuno, ma anzi credono che lei sia molto importante, anzi necessaria alla loro vita.
Spero il mio breve elenco vi sia piaciuto, e ora ditemi i vostri libri natalizi del cuore
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