#Mille e una notte
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aitan · 2 years ago
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Olga Dugina, Le più belle fiabe delle Mille e una notte, Adelphi, 2006
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pier-carlo-universe · 6 days ago
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In Uzbekistan con Antonio Gervasoni: un viaggio tra storia e meraviglie sulla Via della Seta
Un racconto di viaggio e fotografie per scoprire il cuore pulsante dell’Asia centrale.
Un racconto di viaggio e fotografie per scoprire il cuore pulsante dell’Asia centrale. Venerdì 22 novembre, alle ore 17:00, presso la Biblioteca “Roberto Allegri” di Serravalle Scrivia, l’assessorato alla Cultura invita a un evento imperdibile: Antonio Gervasoni, viaggiatore e narratore, condurrà il pubblico in un viaggio suggestivo attraverso le atmosfere magiche dell’Uzbekistan, cuore della…
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vincekris · 5 months ago
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Il fiore delle mille e una notte (Pier Paolo Pasolini) 1974)
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filmjunky-99 · 21 days ago
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a r a b i a n n i g h t s [Il fiore delle mille e una notte], 1974 🎬 dir. pier paolo pasolini
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pierppasolini · 1 year ago
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Il fiore delle mille e una notte (1974) // dir. Pier Paolo Pasolini
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melaelettrica · 15 days ago
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'Scheherazade,' digital collage.
Soundtrack: Sparks - Scheherazade
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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L'Oriente di Pasolini
Il fiore della Mille e una notte nelle fotografie di Roberto Villa
a cura di Roberto Chiesi
Cineteca comune di Bologna, 2011,  120 pagine, 16x17,2cm, ISBN 9788895862446
euro 12,00
email if you want to buy [email protected]
"Il fiore delle Mille e una notte" di Pier Paolo Pasolini, ultimo film della "Trilogia della vita", nacque da lunghi viaggi in paesi remoti e arcaici come l'Iran e lo Yemen. Viaggi che ebbero un testimone, Roberto Villa, un fotografo che condivise con Pasolini e la troupe alcune settimane sul set. Ne derivarono alcune splendide fotografie che restituiscono la magia figurativa e la fisicità popolare del film più visionario di Pasolini e ne arricchiscono la conoscenza con uno sguardo sul mondo arabo che lo ha ispirato. Questo libro riunisce una scelta di fotografie inedite di Villa che mostrano i corpi e i luoghi all'origine dell'immaginario pasoliniano e alcuni ritratti del poeta-regista al lavoro sul set, accompagnate da rare interviste e testi di Pasolini su una concezione antropologica, narrativa ed estetica che si contrapponeva allo "sviluppo senza progresso" del presente.
17/11/23
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ubourgeois · 1 year ago
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Arabian Nights (1974) dir. Pier Paolo Pasolini
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mylifeisfruk4ever · 5 months ago
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If you want more, pls follow here
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alsosprachvelociraptor · 9 months ago
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demone
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luigiviazzo · 1 year ago
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Mille è un numero che vogliamo appuntare per ricordare post numero 1000 del nostro blog: un punto d'arrivo ma anche di ripartenza in attesa dei prossimi contenuti che verranno; per festeggiare degnamente giochiamo un po' con i numeri e le cifre e alcuni conteggi curiosi (anche se a volte trascendenti nel tragi - comico).
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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“Poesie al Cuore” di Nilla: Un Viaggio Poetico tra Emozioni e Intimità
L’opera di Nilla, alias Antonella Buccolieri, celebra l’amore in tutte le sue sfaccettature, toccando le corde più intime dei lettori e abbattendo barriere culturali con una traduzione in arabo curata da Hafez Haidar.
L’opera di Nilla, alias Antonella Buccolieri, celebra l’amore in tutte le sue sfaccettature, toccando le corde più intime dei lettori e abbattendo barriere culturali con una traduzione in arabo curata da Hafez Haidar. San Pancrazio Salentino (Brindisi) – Milano – Nilla, al secolo Antonella Buccolieri, poetessa originaria del Salento, ha dato vita alla raccolta poetica intitolata “Poesie al…
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ideeperscrittori · 5 months ago
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HO UN LINFOMA E FARÒ DEL MIO PEGGIO
Fra un mese compio 51 anni e pochi giorni fa ho scoperto di avere un Linfoma Non Hodgkin. È una patologia abbastanza aggressiva ma è stata presa in tempo. Ed è ben curabile, perché la scienza sta facendo passi da gigante nella cura dei linfomi.
Vivo a pochi passi di distanza da un ospedale all'avanguardia che mi ha preso in carico. Sotto molti aspetti, sono davvero fortunato e privilegiato rispetto a molte persone.
Quale sarà il mio atteggiamento di fronte alla malattia? Mi conosco bene e posso prevederlo, perché c'è una parola che lo definisce con precisione. È una parola significativa, addirittura emblematica, che riguarda il mio tasso di maschitudine alfa. Come potete intuire, non mi riferisco a "guerriero", quindi le metafore belliche possiamo tranquillamente metterle da parte.
La parola misteriosa è "mammoletta". Sì, sarò una mammoletta. Questo vuol dire che non vi darò lezioni filosofiche. Non diventerò un maestro di vita pronto a snocciolare grandi verità come "quello che non ci uccide ci rende più forti", "le sofferenze fanno parte dell'esistenza", "l'importante è apprezzare le piccole cose".
Sarò una mammoletta perché lo sono sempre stato, per esempio quando ho scoperto di avere una massa all'inguine. Era un rigonfiamento, duro come un sasso, grande come una pallina oblunga. La mia reazione? Due settimane senza far nulla. Mi sono detto: "Magari passa. Vuoi vedere che fra qualche giorno non ci sarà più? Non ho voglia di affrontare visite ed esami per un falso allarme. Odio gli ospedali".
Questo mio atteggiamento nasce anche da un'idea completamente sbagliata e irrazionale: la paura che gli esami possano creare malattie dal nulla. In pratica una zona oscura del mio cervello ragiona (si fa per dire) più o meno così: sei perfettamente sano, fai l'esame e ti trovano qualcosa. Lo so, non c'è niente di logico in questa convinzione, ma la mia mente non è mai stata fatta di pura logica.
Per quasi due settimane ho cercato di non pensarci anche perché ero in preda all'imbarazzo. Tra tutti i posti, proprio all'inguine doveva capitarmi? Ma la massa non ha dato cenni di sparizione e alla fine mi sono attivato.
Ho riscritto cinquanta volte il messaggio su WhatsApp prima di inviarlo alla mia dottoressa per fissare una visita, perché ogni volta il testo mi sembrava una molestia sessuale: "Buona sera, dottoressa, ho questa massa dura all'inguine e vorrei chiederle un appuntamento per mostrargliela". "Buona sera, dottoressa, ho un rigonfiamento...". Dopo un numero incalcolabile di tentativi, ho trovato le parole giuste e ho scritto un messaggio asettico, inequivocabilmente sanitario, con un perfetto stile burocratico ospedaliero.
Sono stato una mammoletta nei tre mesi e mezzo necessari per giungere alla diagnosi.
Sono stato una mammoletta nel giorno della TAC con mezzo di contrasto. Quella mattina sono giunto all'ospedale in autobus, dopo una notte insonne. Alla fermata ho controllato la cartella che conteneva i documenti. C'erano referti di ecografie, pareri medici e soprattutto l'impegnativa da presentare per svolgere l'esame. Ho controllato perché sono una persona molto precisa, di quelle che tornano indietro mille volte per verificare di aver chiuso il gas. "Non manca nulla", mi sono detto. Ho rimesso i documenti nella borsa. Ho raccolto le forze, mi sono alzato dalla panchina e ho raggiunto l'accettazione dell'ospedale. Senza la borsa. Vi lascio immaginare questa sequenza di eventi: imprecazione, insulti molto pesanti rivolti contro me stesso, corsa a perdifiato verso la fermata. La borsa era ancora lì. Nessuno me l'aveva fregata.
Per fortuna scelgo solo borse brutte.
Sono stato una mammoletta in occasione della PET, che ha rispettato un copione simile a quello della TAC. Venivo da una notte insonne e non ero in grado di comprendere istruzioni elementari, perché la mia intelligenza svanisce quando affronto esami medici. Mi chiedevano di porgere il braccio sinistro e porgevo il destro. Mi chiedevano il nome e recitavo il codice fiscale.
Sono stato una mammoletta quando mi hanno comunicato il risultato della biopsia. Per un considerevole lasso di tempo non ci ho capito nulla. La mia coscienza era come una trasmittente che passava una musica di pianoforte triste sentita mille volte in TV: quella che certi telegiornali usano per le notizie strappalacrime.
Ora guardo al futuro e la mia ambizione non ha limiti: raggiungerò nuove vette nel campo del mammolettismo. So di essere fortunato per molti motivi: l'ematologo, un tipo simpatico, mi ha rassicurato. Le terapie esistono e sono molto efficaci.
Ma mi lamenterò tantissimo, perché non voglio correre il rischio di essere considerato una persona ammirevole da qualcuno. Non lo ero, non lo sono e non lo sarò mai. Rivendico il diritto di essere fragile e fifone. Lasciatemi libero di essere una mammoletta. Per citare un motto di Anarchik, il mio piano è questo: farò del mio peggio.
[L'Ideota]
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pierppasolini · 2 years ago
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Il fiore delle mille e una notte (1974) // dir. Pier Paolo Pasolini
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angelap3 · 6 months ago
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Se avete due minuti, leggetela è bellissima!❤️😘❤️
Mentre mia moglie mi serviva la cena, mi feci coraggio e le dissi:
«voglio il divorzio».
Vidi il dolore nei suoi occhi, ma chiese dolcemente:
«perché?».
Non risposi e lei pianse tutta la notte. Mi sentivo in colpa, per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restassero la casa, l’auto e il trenta per cento del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappò in mille pezzi e mi presentò le condizioni per accettare.
Voleva soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare i’indomani:
«devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi portasti nella nostra camera da letto per la prima volta. In questo mese ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa».
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii…
Quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo:
«grande papà, ha preso la mamma in braccio!»
il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati. Lei si appoggiò al mio petto e sentii il suo profumo sul mio maglione.
Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco.
Ii quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina, avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi: questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio. Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più.
Ogni giorno era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente.
Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo, ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Mi resi conto che era dimagrita tanto.
L’ultimo giorno, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse:
«papà, è arrivato il momento di portare la mamma in braccio».
Per lui era diventato un momento basilare della sua vita.
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo… la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata… mi venne da piangere!
Mi fermai in un negozio di fiori. Comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse:
«che cosa scriviamo sul biglietto?».
Le dissi:
«ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi».
Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma…
Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma. Stava lottando contro il cancro ed io non me n’ero accorto.
Sapeva che stava per morire e per questo mi aveva chiesto un mese di tempo, un mese perché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.
Lei aveva chiaro quali fossero I dettagli, I semplici dettagli, che contano in una relazione. Non sono la casa, la macchina, I soldi… queste sono cose effimere che sembrano saldare un’unione e invece possono dividerla.
A volte non diamo il giusto valore a ció che abbiamo fino a quando non lo perdiamo.
Autore sconosciuto
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ilblogdellestorie · 8 months ago
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Cari ragazzi del liceo di Partinico, avete ragione: Impastato è divisivo. È stato divisivo da vivo, figuriamoci da morto. Era divisivo perché denunciava la mafia e le sue atrocità in un paese che, in parte, avrebbe preferito “sorvolare”, non fare troppo “casino”, come piace dire a voi, stare zitto, magari anche farci affari e politica con la mafia. Impastato si metteva dall’ altra parte, dalla parte di quei tanti siciliani che la mafia non la volevano a “100 passi” da casa. Ma nemmeno a mille, 10.000, 100.000 passi. Impastato si metteva dalla parte di quegli italiani che volevano che la mafia fosse perseguita per i suoi crimini. Sapete, nella vita è importante scegliere da che parte state. Ve lo dice uno che tanti anni fa lo fece, quando era al liceo come voi. Scelse da che parte state. E non ha cambiato posto, è sempre lì: dalla parte di chi si batte per la legalità.
Peppino, quello al quale non volete intitolare la scuola, è morto il 9 maggio. Nello stesso giorno in cui fu ritrovato il corpo dell’ onorevole Moro. La notizia della sua morte si materializzò come una “breve” nel mondo dell’ informazione. Inevitabile, di fronte alla tragedia della notte della Repubblica. Un po’ per volta poi i riflettori si sono accesi sul quel corpo martoriato. Adesso non spegneteli voi. E soprattutto: mettetevi dalla parte di chi si batte contro la mafia. Siate divisivi anche voi come lo fu Impastato.
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