#Meung-sur-Loire
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Meung-sur-Loire, Loiret
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Jean Richard - 1921-2001
Les enquêtes du commissaire Maigret ran for 88 episodes from 1967 to 1990 on French television, with Jean Richard in the title role.
When he filmed his first episode "Cécile eat more", he was already 46 years old. For many of Simenon's stories, this would be about right.
By the time of his last episode, "Maigret à New York", he was 69. Maigret (according to Simenon) retired in his 50's (to Meung-sur Loire).
Of course, in this last episode, Maigret was already retired and carried out the case on his own account. Even so, 69 is pushing it a bit.
Richard claimed that Simenon gave him one piece of advice. He asked: "When Maigret leaves home in the morning, how does he say goodbye to Mme Maigret?" Richard replied: "With a peck on the cheek?" "No, with a slap on the arse" (Une claque sur les fesses).
He also claimed that "uncharitable people" (les mauvaises langues) said he only got the role because he knew how to smoke a pipe.
Unfair, yes, but he did know how to smoke a pipe, and he stated that a proper pipe smoker was required to play the role (which is true, but then all men should know how to smoke a pipe).
Not my favourite Maigret (Rupert Davies, another dedicated pipe smoker, takes top billing), but a handsome pipe man all the same and a worthy second place (with Gabin a close third).
For one episode, he started filming at 9am. By 10, he was filling his 23rd pipe. That's what I call a dedicated pipe smoker. What a hero!
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©yama-bato
Chair, Château of Meung-sur-Loire, France
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Today, June 3rd, is the feast day of Saint Liphardus, who lived in 6th century France.
At the age of 40, Liphardus became a hermit and lived near Meung-sur-Loire alone with his companion Urbice. At this time, there lived a dragon at a spring nearby that everybody feared except for Liphardus and Urbice.
One day Liphardus had a vision, that the dragon would attack his house. He sent Urbice against the creature, but he came back in fear. Then Liphardus gave him his staff and told him to have faith in God. Urbice went back to the dragon, rammed the staff into the ground and the dragon attacked it and killed itself in the process.
#saint liphardus#wyvern#dragonslayer#the saintly urge to live out in the woods in a house with your male companion and nobody else around 🏳️🌈
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Plaque en hommage à : Jean-Pierre Delaugère
Type : Lieu de travail
Adresse : 89 rue d'Illiers, 45000 Orléans, France
Date de pose : 17 septembre 2010 [inscrite]
Texte : Dans cet immeuble, le carrossier Jean-Pierre DELAUGERE (1810-1868) a jeté les bases de l'industrie automobile Orléanaise
Quelques précisions : Jean-Pierre Delaugère (1810-1868) est un carrossier français. En 1855, il reprend une société de carrosserie avant de fonder, en 1864, sa propre entreprise de fabrication d'hippomobiles. A sa mort, son activité est reprise par ses fils, qui s'associent avec l'entreprise Clayette de Meung-sur-Loire. Pendant longtemps, l'entreprise Delaugère fut un acteur majeur de l'industrie automobile orléanaise.
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11-377 Le sûr chemin
L'adresse est :https://soundcloud.com/jlgaillard/le-sur-chemin
En 1802, Bonaparte, alors premier Consul, eut l'occasion de passer par Meung-sur-Loire, dans le Loiret. Sous réserve d'une autorisation, une route devait y être mise en chantier. Les habitants lui présentèrent alors cette pétition aussi éloquente que brève :
« Citoyen Consul, tu as bien fait ton chemin. Aide-nous à faire le nôtre ! »
Amusé par la formulation de la requête, Napoléon Bonaparte donna aussitôt l'autorisation.
On ne peut pas dire que Jésus ait « fait son chemin ». Mais Il est le seul au monde qui a pu affirmer :
Je suis le chemin, la vérité et la vie, Jean 14 : 6.
Et, parce qu'Il est le chemin, l'unique chemin qui mène à Dieu, le sûr chemin, Il trace la voie en toute sécurité à tous ceux qui se confient exclusivement en lui.
Cela vaut la peine de prendre le temps d'y réfléchir !
#365histoires #napoléon #bonaparte #premierconsul #MeungSurLoire #Loiret #autorisation #route #requête #Jésus #Jésuslechemin
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17th-century Château des Marais in Meung-sur-Loire, Orléanais region of France
French vintage postcard
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Gilles de Montmorency-Laval, conosciuto principalmente con l'appellativo di Gilles de Rais[1] (Champtocé-sur-Loire, 1404[2] – Nantes, 26 ottobre 1440), è stato un generale, criminale e nobile francese che fu barone di Rais, signore di varie località in Bretagna, Angiò e Poitou, capitano dell'esercito francese e compagno d'armi di Giovanna d'Arco. È conosciuto per l'accusa di essere stato coinvolto in pratiche alchemiche e occulte, in cui avrebbe torturato, stuprato e ucciso almeno 140 bambini e adolescenti.
Dal 1427 al 1435 servì come comandante nell'esercito reale francese e combatté contro gli inglesi durante la guerra dei cent'anni; fu nominato maresciallo di Francia nel 1429. Accusato di praticare l'occulto, dopo il 1432 venne implicato in una serie di omicidi di bambini. Nel 1440 una violenta controversia con un religioso aprì un'indagine ecclesiastica che lo portò a essere accusato dei reati sopra citati. Durante il processo i genitori dei bambini scomparsi e i servi di Gilles testimoniarono contro di lui, facendolo condannare a morte per una vasta serie di reati. Venne impiccato a Nantes il 26 ottobre 1440.
Si pensa che Gilles de Rais abbia ispirato lo scrittore francese Charles Perrault per la fiaba del 1697 Barbablù (Barbe bleue). La storia narra infatti di un crudele signorotto che uccide brutalmente le proprie mogli e ne nasconde i cadaveri in una stanza segreta del proprio castello.
Di nobile casato (i Montmorency-Laval erano due fra le più potenti famiglie di Francia, imparentate con il connestabile Bertrand du Guesclin), a soli undici anni rimase orfano di entrambi i genitori (la madre morì di malattia ed il padre ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia), e fu allevato dal nonno materno, Jean de Craòn.
Jean de Craòn lo fidanzò a tredici anni con Jeanne Peynel, una ricca ereditiera, poi con Beatrice de Rohan, nipote del duca Giovanni IV di Bretagna. La morte prematura di entrambe le giovani impedì il matrimonio. Sposò infine un'altra ereditiera, Catherine de Thouars (1409-1462), il 30 novembre 1420.
Nel 1427, agli ordini di Arturo III di Bretagna, entrò al servizio di Carlo VII di Francia combattendo alla testa di un proprio contingente in svariati episodi della guerra dei cent'anni e finanziando il futuro re nelle sue campagne militari. Grazie alla parentela con Georges de La Trémoille, gran ciambellano di Francia, entrò nelle grazie del sovrano combattendo poi contro gli inglesi al fianco di Giovanna d'Arco, ad Orléans, a Jargeau, a Meung-sur-Loire e a Beaugency.
Divenuto pari di Francia, consigliere e ciambellano di re Carlo VII, presenziò alla consacrazione di quest'ultimo, avvenuta a Reims il 17 luglio 1429, dopo essere stato elevato al titolo di maresciallo di Francia il precedente 21 aprile. Continuò a combattere prima sulla Loira quindi in Normandia, alla testa di un piccolo esercito personale da lui stesso mantenuto.
Morto il nonno, nel 1432 ereditò un'immensa fortuna, consistente soprattutto in proprietà terriere in Bretagna, nel Maine e nell'Angiò, cui si aggiungevano le ricchezze dei de Rais e quelle della moglie, ritrovandosi così ad essere uno degli uomini più ricchi del suo tempo.
Grazie a questa fortuna finanziò Carlo VII nelle sue campagne, con denaro che non gli venne mai restituito.
Ritiratosi dal servizio militare (l'ultima azione cui prese parte ebbe luogo nell'estate 1432 a Lagny-sur-Marne, assediata dalle truppe di Giovanni Plantageneto, I duca di Bedford), iniziò a condurre una vita dispendiosa e raffinata, circondandosi di manoscritti preziosi e finanziando sfarzosi spettacoli teatrali.
Si sa che nel corso di una visita ad Orléans il suo seguito di 200 persone occupò tutte le locande della città, e in pochi mesi la spesa arrivò a 80 000 corone d'oro. Non mancò di interessarsi di religione, costruendo una sfarzosa cappella privata e finanziando opere caritatevoli.
Dissipò così in breve tempo il patrimonio di famiglia, fino ad essere costretto a ricorrere a prestiti e a svendere i propri possedimenti per somme irrisorie.
In seguito agli sperperi, fra il 1434 e il 1436 la moglie lo abbandonò, il fratello prese possesso dell'avito castello di Champtocé e Carlo VII giunse su richiesta dei familiari a emanare nei suoi confronti un atto di interdizione, dichiarando nulle ulteriori vendite. Giovanni V di Bretagna non rese nota tuttavia l'interdizione nei propri domini e con il vescovo di Nantes Jean de Malestroit, ansiosi entrambi di opporsi alla politica del sovrano e soprattutto interessati all'acquisto dei terreni, nominò de Rais luogotenente generale di Bretagna.
Fu probabilmente in quel periodo che, per cercare di ritrovare la perduta fortuna, Gilles de Rais cominciò a interessarsi alla creazione della pietra filosofale, motivo per cui affidò al suo cappellano Eustache Blanchet il compito di procacciargli alchimisti. Fu proprio Blanchet a recarsi a Firenze e a incontrare, nel 1439, Francesco Prelati, un giovane monaco spretato toscano dedito all'occultismo, che assoldò e portò con sé nel castello di Tiffauges.
Prelati, impegnato nel tentativo di ottenere la pietra filosofale, disse a de Rais di avere al proprio servizio un demone personale, di nome "Barron". Davanti all'inquisizione Prelati dichiarò che, non essendo in grado di soddisfare i desideri del suo mecenate, ogni giorno più bisognoso di denaro, richiese a nome del demone il sacrificio di un bambino.
Il 15 maggio 1440 de Rais riprese armi alla mano il castello di Saint-Étienne de Mermorte, che egli stesso aveva venduto al tesoriere di Bretagna Guillaume Le Ferron (prestanome del duca). Ciò facendo non solo violò un contratto, ma infranse anche le leggi della Chiesa entrando in armi in un luogo sacro e prendendo in ostaggio il canonico Jean Le Ferron (fratello del proprietario), che stava celebrando la messa. Il fatto indusse il vescovo di Nantes, competente sul territorio, ad aprire un'indagine.
Dopo la liberazione di Le Ferron, nel settembre dello stesso anno de Rais fu arrestato insieme a servitori e amici, e il 28 settembre cominciò il processo inquisitoriale di fronte al vescovo e al viceinquisitore di Nantes, Jean Blouyn. Quel giorno deposero otto testimoni a suo carico, seguiti poi da altri due, tutti lamentando la scomparsa di bambini e attribuendone il rapimento a una serva di Gilles de Rais, Perrine Martin soprannominata "la Meffraye", all'epoca in prigione a Nantes.
Il 13 ottobre il processo riprese; nel frattempo furono stilati 49 capi d'imputazione: de Rais fu accusato di avere, con l'aiuto di complici, rapito numerosi bambini, averli uccisi nei modi più perversi, smembrati, bruciati, averli offerti in sacrificio ai demoni, di aver condotto con Prelati pratiche stregonesche, ecc.
Il vescovo e l'inquisitore lo minacciarono di scomunica, e gli diedero 48 ore di tempo per preparare una difesa.
Il 15 ottobre Gilles de Rais ricomparve davanti al tribunale, mentre il 16 e il 17 furono raccolte le deposizioni dei presunti complici.
Gilles de Rais inizialmente si scagliò con violenza contro i giudici, accusandoli apertamente di volerlo processare per sottrargli le sue ricchezze (de Rais si era già distinto in precedenza per l'atteggiamento polemico o apertamente violento nei confronti del clero); quindi, sotto tortura, confessò nei giorni successivi una quantità enorme di crimini di incredibile efferatezza.
Il 25 ottobre fu emessa la sentenza: in nome del vescovo e dell'inquisitore, Gilles de Rais fu dichiarato colpevole di apostasia e invocazione demoniaca; a nome del solo vescovo fu dichiarato colpevole di sodomia, sacrilegio e violazione dell'immunità della Chiesa e quindi condannato a morte per impiccagione e al rogo post mortem.
Il 26 ottobre de Rais, insieme ai due servitori e complici, Henriet Griart e "Poitou", fu quindi impiccato, ma poiché restava il membro di una famiglia potente, aveva chiesto e ottenuto che il suo corpo, dopo la morte per impiccagione, non venisse arso, bensì tumulato nella cappella dei Carmelitani di Nantes, luogo di sepoltura dei duchi di Bretagna.
La vicenda giudiziaria non si estinse con l'esecuzione: in due lettere scritte da Carlo VII nel 1442 è riportato che Gilles de Rais aveva inoltrato appello al re e al Parlamento di Parigi, senza che ciò fosse stato considerato dai giudici, ragion per cui, su istanza dei familiari, Pierre de l'Hôpital, presidente del tribunale di Bretagna, e gli altri giudici, erano chiamati a comparire davanti al Parlamento, e il sovrano chiamava il Parlamento e i balivi di Maine, Angiò e Turenna all'apertura di un'inchiesta sulle circostanze della condanna. Le due lettere, tuttavia, non furono mai spedite per motivi ignoti, anche se è significativo il solo fatto - per quel che concerne le accuse a Gilles de Rais - che Carlo VII le abbia scritte.
Dal matrimonio con Catherine de Thouars nacque una figlia, Marie (1433 o 1434-1457) sposata con l'ammiraglio Prigent de Coëtivy, e in seconde nozze con il cugino maresciallo André de Lohéac.
La sua vedova, un anno dopo la morte di Gilles, contrasse nuovo matrimonio con Jean de Vendôme. La famiglia si estinse nel 1502.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Gilles_de_Rais
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Famiglia Sapiti seconda parte
Segue alla prima parte. La bravura di Andrea fu tale da guadagnarsi un posto di preminenza fra i procuratori della Curia. Questa ascesa ebbe dei benefici sulla sua famiglia, ne trassero vantaggi altri suoi due fratelli: Pietro preposito di San Felice in Aquileia; Simone, Clericus florentinum dal 1314 ebbe la propositura di Pietro ad Aquileia, il canonicato di San Giovanni Laon da suo nipote Filippo. Quest’ultimo venne impiegato per amministrare gli affari della famiglia in Inghilterra e Irlanda, come rappresentante di Andrea. I figli di Andrea divennero amministratori del patrimonio di famiglia. Berto divenne canonico presso San Lipardo di Meung-Sur-Loire. Nel 1319 Filippo era canonico a Firenze e prebendario della chiesa di Meriett della diocesi di Bath e Wells, ottenne anche il canonicato di San Giovanni di Laon. In seguito, il sunnominato Filippo venne nominato cappellano papale di Giovanni XXII° e incaricato esecutore di diversi mandati riguardanti petenti fiorentini e inglesi. Alla sua morte lo zio Simone prebendario di Eglisclif, subentrò negli incarichi del nipote in Inghilterra e nella Curia, dove fu annoverato fra i cappellani papali e esecutore di alcuni mandati. Ottenne nel 1336 il canonicato di Lichfield, già assegnato a suo fratello Eduardo. La maggior fortuna si riversò sui due figli minori di Andrea. Remigio dottore in teologia venne raccomandato dal padre al re di Sicilia e Gerusalemme Roberto d’Angiò a presentare una supplica per il figlio al Papa Giovanni XXII°, questa supplica è annotata in un registro da Andrea stesso. Grazie a questa supplica Remigio venne nominato Abate dell’Abbazia Cistercense fiorentina di San Salvatore a Septimo. Suo fratello Oddone affiancò il padre come procuratore, subentrando alla sua morte avvenuta nel 1338. Cumulò prebende regie e ecclesiastiche, divenne ufficiale di Eduardo III°, amministrò alcuni negozi con le società mercantili fiorentine presenti nel porto di Londra. Era ancora attivo alla metà del secolo XIV°, quando è presente presso la Curia papale come ambasciatore della Repubblica Fiorentina. La notevole fortuna della famiglia di Notai fiorentini e l’ascesa sociale nella città d’origine dal quartiere di Oltrarno, in una generazione riuscirono ad avere un Abate e un Ambasciatore e a operare per i re inglesi. Un’altra famiglia di Notai fiorentini i Boccadibue, rogando atti per la Compagnia dei Bardi, riuscirono ad avere nella terza generazione un Vescovo di Aleria professo dello Ordine dei Minori continuando a servire i Bardi. Tutto questo a dimostrazione della potenza e affidabilità della loro categoria.
Alberto Chiarugi Read the full article
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Meung-Sur-Loire #280
Photo by Quentin Plessis © 2017
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