#Matrimonio al buio
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Si siede accanto a me dentro un pullman buio che sfreccia. La saluto da sempre, ma forse non so dove abita,so o credo di sapere, ma non importa, tanto non ho voglia di parlare,ma a lei non interessa..... e intanto si siede accanto a me.
Qualcosa da due giorni mi stona dentro, ho pensieri che non so dire ,c'è un messaggio nell'aria che non sa come arrivarmi e questa donna ora si siede e non vorrebbe, ma dice che ha bisogno di dire.
Comincia il suo racconto, noto nel semi buio un brillante incastonato nella sua occhiaia destra e non scende,resta immobile per tutto il racconto.
Le sue parole sono una rondine ferita che torna a casa,quando nelle stanze camminava l'albero per le flebo,quando i figli crescevano con le lacrime fra i denti per non bagnare il letto della madre,quando l'ultimo respiro di questa si è rintanato nell'abbraccio del figlio.
Mentre ascoltavo pensavo alla sostanza del tempo,a quanto quelle persone nei loro anni di dolore fossero lì con noi,fra le mie mani ,assieme alla fede del matrimonio di una nonnina che ho assistito 15 anni fa ,al suo nome inciso all'interno, Virginia,al fatto che da pochi giorni per una concomitanza di cose,ho avuto la necessità di portare,ho pensato al film che il giorno prima ho visto per caso,The Hours e mi ha lasciata stranita.
Ascoltavo e guardavo la donna,decisa a dire tutto e poi a scusarsi,come che non fosse stata lei a parlare, ho sentito che c'era dell'altro, non solo noi due dentro un bus che trapassava i tunnels.
Il viaggio stava finendo, lei si è alzata ed io finalmente ho avuto la consapevolezza di qualcosa da rivelare ad entrambe
Il tempo è un'illusione, la morte è un cambiamento di stato ,ma non di sostanza,noi che siamo nella carne siamo insieme a chi lo è stato,chi non è qui,vive con noi nella letizia dei nostri cuori pieni di nostalgia,che le cose belle in vita non passeranno mai,che le anime unite nella gioia e nel dolore sono destinate a cantare l'eternità insieme.
(Angela P.)
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Sempre avuto un rapporto molto forte con mio nipote. Forse perché sostituisce il figlio maschio che non ho avuto.
Lui parla e si confida con me molto più che con suo padre e con sua madre, mia figlia. Mi ha sempre raccontato i suoi sogni, le sue idee, le sue emozioni, i suoi problemi. E, da quando è diventato grande, è a me che racconta le sue cotte e le sue delusioni d’amore.
Il mio tesoro non ha fortuna con le ragazze. Saranno le ragazze d’oggi, che disprezzano i suoi modi gentili, timidi, la sua dolcezza. Quante volte ha pianto raccontandomi dei suoi amori non corrisposti. Eppure non è brutto, è solo impacciato. Da nonna l’ho confortato e incoraggiato. Quante volte l’ho stretto a me e accarezzato.
“Dovrei trovare una ragazza come te, nonna…” mi dice. “Sono solo una vecchia signora…” replico. “Sei bellissima, invece….”
Che tenerezza queste parole. E che piacere notare quando mi guarda, non di rado le gambe, e che tenerezza quando gli faccio capire che mi sono accorta e diventa tutto rosso. E che languore mi viene quando lo abbraccio stretto….e sento che si irrigidisce per evitare di stare troppo a contatto con me….”come vorrei trovare una ragazza che mi abbracci come fai tu, nonna….” “E come vorrei trovartela”, penso, senza dirglielo.
L’ennesima delusione d’amore lo ha fatto proprio soffrire. “nessuna mi vuole, nonna, nessuna mi vorrà mai…” Povera stella, penso, mentre lo stringo al mio petto, gli accarezzo il viso e i capelli, cerco di confortarlo, quanto vorrei dimostrarti il contrario….
Stiamo andando a un matrimonio di un familiare. Fuori città, ci fermeremo tutti a dormire in hotel. Mio genero guida, mia figlia sonnecchia sul sedile davanti, io e Marco siamo dietro.
È già buio fuori, in auto c’è silenzio. Marco seduto accanto a me sul sedile dietro sembra che insegua i suoi pensieri. Ma ho visto che spesso il suo sguardo è andato sulle mie gambe. Ne sono lusingata, come lo sarebbe ogni donna. Le muovo e le accavallo. La gonna sale. Le scopre. Lui non perde un movimento. Puoi anche fargli vedere il reggicalze, mi dico, che c’è di male, questo ragazzo si deve svegliare….
Avvicino le labbra alle sue orecchie e gli sussurro: “Ma che guardi?” “N..n..niente, nonna”, è la ovvia, ma bugiarda, risposta.
“Ti piacciono le mie calze?”, insisto, provocatrice. Gli prendo la mano, la guido sulle ginocchia, poi sulle cosce. Lascio che gonna e soprabito vi ricadano sopra per nasconderla. Mio genero è assorto nella guida, mia figlia, sua madre, dorme. E Marco continua il viaggio con la mano che accarezza le mie gambe…..
Il matrimonio è noioso come tutte le cerimonie. La folla di parenti mi da la scusa per evitare Marco. Lo guardo ogni tanto, a distanza, solo, un po’ incupito, non simpatizza con nessuna delle altre ragazze presenti. Peraltro tutte brutte o insipide. Loro.
La festa è finita, tutti salutano e vanno via. Noi siamo troppo lontani per rientrare in nottata. Ci hanno riservato una camera in albergo. Una per mia figlia e mio genero, Marco ha la sua, io la mia.
Quando entro, mi sdraio un attimo, a riposare e ..pensare.
Gli scrivo un messaggio: “Marco, tesoro, non riesco a prendere sonno, mi ci vorrebbe una boccata d’aria. Ho paura però da sola a quest’ora. Mi faresti compagnia? Tra dieci minuti giù nella hall?”
Ovviamente risponde di sì. Ma io faccio passare, dieci, poi quindici, poi venti minuti. Alla fine gli scrivo di nuovo, un nuovo messaggio: “ho cambiato idea. Sono stanca. Vieni a trovarmi in camera?”
Quando bussa gli apro subito. Sbarra gli occhi nel vedere sua nonna accoglierlo in sottoveste. Da quel che è accaduto in macchina in poi non capisce più cosa stia succedendo. Lo faccio sedere sul divanetto che c’è in camera. Sufficientemente piccolo da stargli praticamente addosso. Gli prendo il viso fra le mani, lo costringo a guardarmi negli occhi. “Volevo stare un po’ sola con te” gli dico. Gli faccio appoggiare il viso sul seno. Prendo la sua mano e, stavolta, la guido decisa, non più solo sulle gambe, ma proprio in mezzo alle cosce.
“Pensi sempre che sia bellissima, tesoro?” Un suono strozzato esce dalla sua bocca, a metà fra un sì e un singhiozzo di timidezza.
“Non è vero che nessuna donna ti vuole, amore.” Lo bacio delicatamente sulle labbra. “Ti mostrerò io come ci si comporta con le donne, tesoro. Ti insegnerò io….come si fa l’amore….”
Lo porto sul letto dove si fa spogliare docilmente. Accarezzo il suo corpo. Solo al momento di abbassargli gli slip, il pudore lo trattiene, mi prende il polso. Ma non basta certo questa timida resistenza a fermarmi. Adesso è nudo, e gli accarezzo il pene, duro, grande.
Salgo su di lui mettendomi a cavalcioni. Accarezzo sensualmente il suo petto, i suoi capezzoli, lo sento fremere sotto di me. Mi abbasso su di lui. Quando lo sento penetrarmi mi scappa un gemito di piacere. “Accidenti, nipote, le ragazze di oggi non capiscono proprio niente….” , penso.
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Bellissimo articolo di #chiaradegliesposti pubblicato su #larivistaintelligente
Una immagine del serial televisivo
Fantascienza Favola Romanzo d'appendice
Omaggio a Outlander
Di CHIARA DEGLI ESPOSTI - 17 Dicembre 2024 - Storia, televisione
“Quando mi troverò di fronte a Dio, vorrò fargli molte domande, ma non gli chiederò della natura del tempo. L’ho vissuta.”
Così l’incantevole protagonista esprime l’essenza di una delle serie più belle che, se vi acchiapperà, avrete la fortuna di vedere per la prima volta: Outlander.
Outlander si offre allo spettatore come un vero e proprio sontuoso compendio barocco del canone amoroso e avventuroso occidentale, pescando a piene mani dal vostro, nostro immaginario letterario e cinematografico: da Barry Lyndon a Via Col Vento, passando per i più gustosi romanzi di appendice e di avventura della nostra infanzia, riuscendo a stupire e a emozionare come poco altro nell’offerta odierna delle storie tv.
Claire, infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale nelle retrovie del D-Day, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore. Intelligente e di buon cuore, irrequieta e vivacissima, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, una vacanza nei pressi del borgo medievale montano di Inverness, per cercare di salvare il matrimonio e tornare a riconoscersi.
Durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, Claire viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle. La notte precedente lei e suo marito avevano assistito qui a una danza di un gruppo di persone del luogo, che avevano salutato l’alba di Samhain con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”. Qualche rara persona, forse per un retaggio magico, per qualche lascito genetico extraterrestre o costruito della stessa essenza misteriosa della Scozia, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh Na Dun, nel cerchio di pietre, ipnotizzata dal loro canto che solo lei può sentire, Claire si appoggia ad una di esse e precipita nel tempo, in una vera e propria tana del bianconiglio che la scaraventa indietro di 200 anni, nel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover.
Questo inizio sorprendente è il prologo di un’avventura alla “Angelica” che attraverserà cinquant’anni di storia europea e americana nei tempi cruciali dell’illuminismo e delle Rivoluzioni.
Eventi che conosceremo dal punto di vista di Claire, attraverso il suo sguardo puro di eroina indomita e pronta ad attraversare tempo e spazio, per restare fedele al suo cuore e a ciò che è, sempre in dubbio se cambiare la storia che conosce, o lasciare che essa faccia il suo corso ineluttabile con il carico di dolore che ne deriverà.
Outlander è una favola difficile da inquadrare in un genere: parte come un racconto di fantascienza classica alla HG Wells, e finisce a raccontare le guerre continentali tra settecento e primi dell’ottocento, rappresentate come in un romanzo storico alla Walter Scott più che in un romance di costume e in costume – che comunque non mancheranno.
L’originalità di questa storia è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” della protagonista, che si laurea in medicina nella Boston della Golden Age del secondo dopoguerra, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia, ma infine sceglie di tornare nel settecento dal suo amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie, quando entrambi avranno già qualche filo grigio tra i capelli. Claire è *sempre* straniera, “Outlander”, “Sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi. Claire è più vecchia di Jamie, e Jamie amerà la sua “Lesbia” con meraviglia e devozione, diventando grazie a lei un grande uomo leader di uomini.
Outlander è una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, con momenti meno riusciti e altri di una bellezza purissima che vi scalderà il cuore. Vi racconterà di famiglia, di onore, di ambiguità e odio; di fanatismo e di luce, di bontà e crudeltà, di destino e coraggio.
Vi racconterà di guerra e scelte, di come qualsiasi scelta, anche fatta per amore, o per salvare vite, significhi inevitabilmente prendere bivi che lasciano qualcosa o qualcuno indietro.
Vedrete “in diretta” un genocidio, la fine di un mondo e di una cultura ancora quasi medievale come quelli delle highland scozzesi, in cui si usavano ancora le spade secentesche di Toledo, per forza degli inglesi, autentici oppressori. Vedrete nascere l’America dalla Rivoluzione, vedrete scene di mare degne di Stevenson e dei suoi tesori nascosti, o di Patrick O’Brian e di Conrad con le loro tempeste. Conoscerete il mistero “azzurro” del potere di Claire di guarire, i segreti delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”; incontrerete Jack Randall, uno dei più oscuri e spaventosi antagonisti della storia della TV.
Amerete lo struggente Lord John, capo militare dei dragoni, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita pur sapendo di non poterlo mai avere.
Vedrete la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento: Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega.
Non dimenticherete più personaggi che escono dallo schermo come fossero reali, recitati meravigliosamente, e finalmente liberi, nel loro candore ottocentesco, dal cinismo obbligatorio e dalla corrosività noiosa e d’ordinanza così prevedibili e uguali, cui sono condannati i caratteri nelle sceneggiature moderne.
Come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, dice Jodorowsky. Elegantissimo pastiche di bellezza distillata, Outlander è un’avventura degna dei miei libri di bambina, e del ricordo di mia madre che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, per me ne è valsa davvero la pena.
(Ogni sabato su Sky/Now, in corso la seconda parte della settima stagione, in attesa dell’ottava ultima nel 2026).
A Tribute to Outlander
By Chiara Degli Esposti – December 17, 2024
“When I stand before God, I’ll have many questions for Him, but I won’t ask about the nature of time. I’ve lived it.”
With these words, the enchanting protagonist captures the essence of one of the most beautiful series you could ever have the good fortune to watch for the first time: Outlander.
Outlander unfolds as a sumptuous, baroque compendium of Western romantic and adventurous canon, drawing freely from our shared literary and cinematic imagination: from Barry Lyndon to Gone with the Wind, with echoes of the most gripping adventure and serial novels of our childhood. It surprises and moves its audience in ways few other shows manage to achieve in today’s television landscape.
Claire, a British military nurse and war veteran, is accustomed to the horrors of the Second World War, having lived through the aftermath of D-Day. While the world celebrates victory, she feels like a stranger—not only in her homeland but also within her own soul. Intelligent, kind-hearted, restless, and vivacious, she bears the scars of pain and a hidden post-traumatic stress disorder that manifests strongly through her reaction to loud noises. Claire has grown distant from her husband Frank; too much war and too much separation have driven a wedge between them.
In an attempt to rekindle their relationship, they decide to take a “second honeymoon” in Scotland, near the medieval village of Inverness. During a solitary walk to collect flowers, Claire is inexplicably drawn to an ancient stone circle. The night before, she and Frank had witnessed a group of locals perform a ritual dance there to celebrate the dawn of Samhain.
What Claire doesn’t know is that she is a “traveler.” Certain rare individuals—perhaps due to a magical legacy, a genetic gift from another realm, or a deep connection to the mysterious essence of Scotland—can resonate with specific stone circles, which are actually portals to the past. At Craigh Na Dun, Claire, entranced by the sound emanating from the stones—a melody only she can hear—touches one of them and is suddenly thrown back in time. She lands two centuries earlier, right in the middle of the wars between England and Scotland over the Stuart-Hanoverian succession.
This extraordinary beginning sets the stage for an “Angelica”-style adventure that spans fifty years of European and American history during the pivotal eras of the Enlightenment and the Revolutions. Claire, with her pure, unyielding gaze, becomes an indomitable heroine who journeys through time and space, torn between staying true to her heart and grappling with whether to change the history she knows or let it unfold as destined, with all the suffering that entails.
Outlander is a tale that defies classification. It begins as a classic science fiction story in the vein of H.G. Wells but evolves into a historical epic akin to Walter Scott, chronicling continental wars from the 18th to early 19th century. Along the way, it incorporates elements of costume drama and romance, without ever losing its originality.
A unique aspect of the story is the twenty-year gap between Claire’s two journeys “back in time.” In the interim, she earns a medical degree in post-war Boston, becomes a skilled surgeon, and raises her daughter. Yet, she ultimately chooses to return to the 18th century for her love: Jamie, a Highlander who is as fierce and violent as he is tender and devoted. When they reunite, both bear the marks of time, but their passion remains undiminished.
Claire is always an outsider—an “Outlander,” a “Sassenach”—no matter the place or era. She is older than Jamie, yet his love for her only deepens as he reveres her with wonder, transforming himself into a great leader of men through her influence.
Outlander is an elegant reimagining of the classic serial novel. While some moments are less effective than others, the show offers instances of pure beauty that will warm your heart. It speaks of family, honor, ambiguity, and hatred; of fanaticism and light, kindness and cruelty, fate and courage.
It explores the sacrifices inherent in every choice, even those made for love or to save lives—choices that inevitably leave someone or something behind. Through Claire, you’ll witness a genocide: the obliteration of a culture, that of the Highland Scots, swept away by English power. You’ll see the birth of America, experience seafaring adventures reminiscent of Stevenson or Patrick O’Brian, and unravel the mysteries of Claire’s healing powers, the stones, and the “noise” only travelers can hear.
You’ll meet Jack Randall, one of the darkest and most terrifying villains in television history, and you’ll adore the poignant Lord John, a noble and pure-hearted soldier who loves Jamie unconditionally, knowing he can never have him.
Claire’s advanced medical knowledge often clashes with 18th-century superstitions, placing her at risk of being condemned as a witch.
The characters, brought to life with extraordinary performances, leap off the screen, feeling as real as they are unforgettable. Liberated from the forced cynicism of modern storytelling, they exude a refreshing, almost 19th-century candor that captivates.
As Jodorowsky said, it’s not about what you take from collective imagination but where you take it. Outlander, with its distilled beauty, is an adventure worthy of the books of my childhood and the memory of my mother, who first placed them in my hands.
For this alone—for the way this extraordinary story made me think of her—it was truly worth it.
(Every Saturday on Sky/Now. The second part of the seventh season is currently airing, with the eighth and final season expected in 2026.)
#sam heughan#jamie fraser#outlander#outlanderedit#diana gabaldon#caitriona#caitriona balfe#samheughanupdates#sam and caitriona#david barry#lord john grey#william ransom
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Il mio omaggio a #Outlander
Ho finito Outlander, non ne avrò più di nuovo fino a Novembre, oltretutto è finito su un cliffhanger devastante, e io in questo momento, in preda a una vera e propria sensazione di astinenza come mi era successa soltanto con qualche libro da giovane, vorrei potermi smemorizzare come un hard disk.
Invidio chiunque di voi là fuori, anime affini, che non l’abbia ancora visto.
Probabilmente non è pane per i denti di tutti - ad esempio per me la scintilla non è mai scattata con Game of Thrones, e nemmeno con quel freddissimo capolavoro di Boardwalk Empire, per citare alcune serie che scaldano il cuore dei più ma non il mio- ma se amerete Outlander come l’ho amato io in questo mese, in cui mi ha tenuta calda la sera prima di dormire, come avevano potuto fare soltanto i libri della mia infanzia, state per godervi una delle storie più appassionanti degli anni duemila.
Claire (pure il nome!), infermiera militare britannica reduce di guerra, abituata agli orrori dell’ultimo conflitto mondiale sui fronti orientali e africani e nelle retrovie del D-Day, nel 1945, mentre tutti festeggiano la vittoria, è già straniera in patria e nel suo stesso mondo interiore.
Irrequieta e vivacissima, intelligente e piena di bontà, ormai cambiata dal dolore e segretamente colpita da stress post traumatico che si manifesta soprattutto con i forti rumori, Claire non ha più confidenza con il marito Frank, anche lui militare britannico dopo tanta guerra e tanta lontananza.
I due decidono, per cercare di salvare il proprio matrimonio, di passare una “seconda luna di miele” in Scozia, in una vacanza nei pressi del borgo medievale di Inverness, sulle montagne del nord del paese, per tornare a riconoscersi.
Qui Claire, durante una passeggiata solitaria per raccogliere alcuni fiori, viene attratta come da una calamita da un antico cerchio di pietre su un colle, dove la notte precedente lei e suo marito, storico militare, avevano assistito a una danza di un gruppo di persone del luogo che avevano salutato l’alba con un rito druidico.
Claire non lo sa, ma è una “viaggiatrice”: la storia non lo spiega ma qualche rara persona, forse per un retaggio magico e soprannaturale, per qualche lascito genetico extraterrestre o fatto della stessa essenza della Scozia immortale, può entrare in una sorta di risonanza con certi cerchi di pietre che sono veri e propri portali verso il passato.
A Craigh na Dun, nel cerchio di pietre, Claire, ipnotizzata dal loro canto, che solo lei può sentire, si appoggia ad una di esse e improvvisamente viene catapultata indietro di 200 anni, nel bel mezzo delle guerre tra Inghilterra e Scozia per la successione confessionale del trono tra Stuart e Hannover (gli odierni Windsor).
Da questo inizio sorprendente parte un’avventura alla “Angelica” che attraversa quarant’anni di storia europea e americana, vista attraverso gli occhi puri di Claire, eroina indomita e indimenticabile, pronta ad attraversare tempo e spazio per restare fedele al suo cuore e a quella che è, sempre in dubbio se poter cambiare la storia che lei conosce, o lasciare che le cose (e il dolore che ne deriva) facciano il loro corso ineluttabile.
Outlander è una storia indefinibile, non bene inquadrabile e molto originale, nessuno aveva mai pensato di ambientare un’opera sostanzialmente di fantascienza classica (c’è tutto Herbert G.Wells) nell’ambito delle guerre continentali tra settecento e primi dell’Ottocento, rappresentate come in un romanzo storico più che in un romance di costume e in costume.
L’originalità è la pausa di vent’anni tra i due ritorni “al passato” con la protagonista che si laurea in medicina, diventa un abile chirurgo, cresce la figlia e vive sostanzialmente una vita dissociata (lei è *sempre* straniera, “outlander”, “sassenach”, ovunque e in qualsiasi tempo si trovi) nella Boston della Golden age del secondo dopoguerra, poi torna dal suo grande amore, il buio e violento, e insieme tenerissimo Highlander Jamie nel settecento, ma vent’anni dopo, ed entrambi hanno già qualche filo grigio tra i capelli.
Si tratta di una rivisitazione elegantissima del classico romanzo d’appendice, ma di una qualità stellare.
Con momenti anche di stanca (avrei evitato sia la storia del pirata nella quinta stagione sia quella dello stupro di gruppo, c’è qualche scena d’amore sessuale di troppo per i miei gusti, io sono per il vedo non vedo), ma anche momenti di poesia purissima - l’episodio dello schiavo nella piantagione americana salvato da Claire soltanto per poi doverlo poi consegnare, il vecchio crudele abbandonato nella cabina dalla sua moglie bambina; le prime stagioni (meravigliose) che vedono “in diretta” la fine di un mondo ancora quasi medievale come quello delle highlands, in cui si usavano ancora le spade seicentesche di Toledo, per forza di quelli (gli inglesi) che erano a tutti gli effetti degli oppressori, le scene di battaglia nel nuovo mondo e tutto il filone sulla rivoluzione americana, le scene caraibiche degne di Stevenson e i suoi tesori nascosti, le traversate degne di Patrick O’Brian se non di Conrad, il mistero delle pietre e il “rumore” che sentono soltanto “i viaggiatori”, il personaggio struggente di Lord John, capo militare inglese, nobilissimo e puro di cuore, che amerà e rispetterà Jamie per tutta la vita sapendo di non poterlo mai avere, la potenza della medicina del novecento che deve districarsi nel segreto tra le superstizioni del settecento (Claire, medico del novecento, rischierà più volte di finire al rogo come strega)… come sempre non è quello che si prende dall’immaginario collettivo ma è dove lo si porti, come dice Jodorowsky. E in questo Ronald Moore (Battlestar Galactica) e Toni Graphia (Dr.Quinn, Medicine Woman) sono maestri.
Elegantissimo pastiche (polpettone? Polpettone sia), Outlander per me resta una delle cose più belle di sempre, degna dei miei libri di bambina, e del ricordo della mia mamma che per prima me li ha messi in mano.
Anche solo per quanto questa storia straordinaria mi abbia fatto pensare a lei, ne è valsa davvero la pena.
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“ Si volevano bene: adesso lei non aveva più nessuno, e parlavano della fine della guerra, di quando si sarebbero sposati. Poi una volta Tom disse che era meglio sposarsi subito, in brigata si poteva fare, il Comandante era come un ufficiale di stato civile. Si sposarono una sera che un aereo inondava la valle di bengala. Pareva che volesse illuminare la cerimonia. Ma tutti dovettero mettersi a terra e stare immobili in quella luce; era pericoloso farsi vedere in tanti, potevano prenderli per tedeschi. Poi l'aereo se ne andò, rimase il buio, più buio dopo tanto bianco. - Forza! - disse Clinto. - Sta' in gamba, Rina, che tu non sposi un altro. - Attenti! - comandò Gim. In mezzo al quadrato dei partigiani disarmati, sull'attenti, c'erano Tom e la Rina, muti e commossi come in chiesa. Ma era una notte scura, non si vedevano che macchie nere, e una macchia più chiara, il vestito di lei. Il Comandante disse, con la sua voce quieta: - Voi tutti siete testimoni che quest'uomo che noi chiamiamo Tom vuole sposare questa donna che noi chiamiamo Rina. Tom, la vuoi sposare? - Si, - rispose Tom. La voce riprese: - Voi tutti siete testimoni che la Rina vuole sposare Tom. Rina, lo vuoi sposare? - E anche lei rispose: - Si. - Allora, - disse il Comandante, - in nome del governo libero che qui io rappresento, vi dichiaro uniti in matrimonio. Buona fortuna, ragazzi. - Riposo, - comandò Gim. E si udì lo scalpiccio dei piedi che si muovevano. - Bello, - commentò il Cino. - Ma potevate sposarvi di giorno. Siamo testimoni, e non abbiamo visto niente. Versavano il vino levando in alto il bicchiere per distinguere quando era pieno. Ridevano e dicevano delle frasi, qualcuna un po' ardita. Clinto domandò: - E l'Agnese? Non c'è? Non si vede la vestaglia dell'Agnese! - Sono qui, rispose lei. Era una grossa cosa bruna, confusa coll'ombra. Per fare onore agli sposi, s'era tolta la vestaglia e aveva indossato il suo logoro vecchio vestito di casa. “
Renata Viganò, L'Agnese va a morire, Einaudi (collana Nuovi Coralli, n° 23), 1976⁴; pp. 88-89. [Prima edizione: Einaudi, 1949]
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Tra le spille, la mia collega che ieri annusava i biscotti perché non vuole mangiarli perché il 5 maggio ha un matrimonio e deve perdere peso e lo sta facendo nella maniera più sbagliata possibile: non mangiando e l’altra mia collega magra, magrissima che siccome ha mangiato la carbonara ora fa una settimana di dieta perché è grassa io mi butto sotto al tram. Non è nemmeno colpa loro, lo so, lo capisco, ma della società di merda in cui siamo cresciuti, però anche meno ragazzi, anche meno che qui si fa presto a cadere in un baratro buio è brutto
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Ci sono quasi cascata di nuovo dentro al buio: il ciclo in ritardo e l'inizio di un nuovo lavoro. Ho passato due settimane in cui sono riusicta a staccare la mente da ogni responsabilità, ma ora la paura è di ritornare nel baratro. Per l'ansia ho fatto pure un test di gravidanza e per fortuna è risultato negativo. Guardare i suoi occhi verdi è ancora la mia ancora di salvezza, che mi ricorda che esiste un mondo fuori ma che va bene anche se questo mondo oggi non lo voglio vedere. Abbiamo parlato di matrimonio, ho immaginato tutto ed sono così felice e sicura di poter passare la vita insieme a lui. Vedo buio ma so di potercela fare da sola e nel caso di avere un anima accanto capace di farmi sorridere mentre piango.
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I knew nothing about this up until a few (a very few) hours ago, when the wonderful @morbertthemindless (not sure if I should thank you tho) enlightened me. Featured una vecchia and a very horny Machiavelli, enjoy.
"Affogàggine, Luigi; e guarda quanto la fortuna in una medesima faccenda dà ad li huomini diversi fini. Voi fottuto che voi havesti colei, vi è venuta voglia di rifotterla, e ne volete un'altra presa.
Ma io, stato fui qua parechi dì, accecando per carestia di matrimonio, trovai una vecchia che m'imbucatava le camicie, che sta in una casa che è più di meza sotterra, né vi si vede lume se non per l'uscio: e passando io un dì di quivi, la mi riconobbe e factomi una gran festa, mi disse che io fussi contento andare un poco in casa, che mi voleva mostrare certe camicie belle se io le volevo comperare. Onde io, nuovo cazo me lo credetti e giunto là vidi al barlume una donna con uno sciugatoio tra in sul capo ed in sul viso che faceva el vergognoso, e stava rimessa in uno canto. Questa vecchia ribaldami prese per mano e menatomi ad colei dixe: - Questa è la camicia che io vi voglio vendere, ma voglio che la proviate prima, e poi la pagherete. - Io, come peritoso che io sono, mi sbottì tucto: pure rimasto solo con colei ed al buio, perché la vecchia si uscì subito di casa e serrò l'uscio, per abbreviare, la fotte' un colpo e benché io le trovassi le coscie vize et la fica umida e che le putissi un poco el fiato, nondimeno tanta era la disperata foia che io havevo, che la n'andò. E facto che io l'ebbi, venendomi pure voglia di vedere questa mercatantia, tolsi un tizone di fuoco d'un focolare che v'era e accesi una lucerna che vi era sopra; né prima el lume fu apreso che 'l lume fu per cascarmi di mano. Omè, fu' per cadere in terra morto, tanto era bructa quella femina. E' se le vedeva prima un ciuffo di capelli fra bianchi e neri cioè canuticci e benché l'avessi al cocuzolo del capo calvo, per cui la calvitie ad lo scoperto si vedeva passeggiare qualche pidochio, nondimeno pochi capelli e rari le aggiugnevono conle barbe loro fino in su le ciglia; e nel mezzo della testa piccola e grinzosa haveva una margine di fuoco, ché la pareva bollata ad la colonna di Mercato; in ogni puncta delle ciglia di verso li ochi haveva un mazeto di peli pieni di lendini; li ochi li aveva uno basso ed uno alto ed uno era maggiore che l'altro, piene le lagrimatoie di cispa ed enipitelli di pilliciati: il naso li era conficto sotto la testa aricciato in sù, e l'una delle nari tagliata piene di mocci; la bocca somigliava quella di {{{2}}} , ma era torta da uno lato e da quello n'usciva un poco di bava, ché per non haver denti non poteva ritener la sciliva; nel labbro di sopra haveva la barba lunghetta ma rara: el mento haveva lungo aguzato, torto un poco in su, dal quale pendeva un poco di pelle che le adgiugneva infino ad la facella della gola. Stando adtonito ad mirar questo mostro, tucto smarrito, di che lei accortasi volle dire: - Che havete voi messere? - ma non lo dixe perché era scilinguata; e come prima aperse la bocca n'uscì un fiato sì puzzolente, che trovandosi offesi da questa peste due porte di due sdegnosissimi sensi, li ochi e il naso, e messi ad tale sdegno, che lo stomaco per non poter sopportare tale offesa tucto si commosse e, commosso oprò sì, che io le rece' addosso; e così pagata di quella moneta che la meritava mi partii. E per il cielo che io darò, io non credo, mentre starò in Lombardia, mo torni la foia; e però voi ringratiate Iddio della speranza havete di ritrovar tanto dilecto, e io lo ringratio che ho perduto el timore di havere mai più tanto dispiacere.
Io credo che mi avanzerà di questa gita qualche danaio, et vorre' pur giunto ad Firenze fare qualchne trafficuzzo. Ho disegnato fare un pollaiolo, bisognami trovare un maruffino, che me lo governi: intendo che Piero di Martino è così subficiente, vorrei intendessi da lui se ci ha el capo, e rispondetemi; perché quando e non voglia, io mi procaccierò d'uno altro.
De le nuove di qua ve ne satisfarà Giovanni: salutate Jacopo e raccomandatemi ad lui, e non sdimenticate Marco.
In Verona die VIII Decembris 1509.
Aspecto la risposta di Gualtieri ad la mia cantafavola.
Nicolo Machiavegli"
#voi fottuto che voi havesti colei#la fotte' d'un colpo#e così pagata di quella moneta che la meritava mi partì >:(((((#piango letteralmente#machiavelli
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La casa ghiacciata
30 Dicembre 2024
Mi trovo in Liguria, la casa fa fatica a scaldarsi in inverno. Sono già due giorni che sono qui con V., e la casa é ghiacciata. Pazienza però, abbiamo deciso di venire qui e rimanere per Capodanno, non festeggiarlo e non fare niente. Questo blog era cominciato proprio così, con un Capodanno. Forse questa é la prima volta che non lo festeggerò, ma non avrò paura di esso. Certo, ho comunque del timore, oggi non ero a mio agio a cena, al ristorante dove ho mangiato lo stoccafisso, ma non sono da solo, e non ho paura.
Molto è successo dall'ultima volta. Sono stato in scozia, su un mini van, con Ivan, Davide e Dado. Per poco non ci litigavamo, su quel Volkswagen California in giro per l'isola di Skye, con Davide che non voleva pulire i piatti, Dado che era troppo precisino, l'unico che si salvava era Ivan. Comunque mi sono divertito, anche se è stato pesantello. È stato pesantello anche il Portogallo: lo abbiamo girato tutto io e V. sulla Tuna Can, la Aygo che doveva essere ibrida ma non lo era, e ci ha portato fino al matrimonio di mia cugina in Andalusia. Li V. ha conosciuto i miei genitori. Il viaggio è stato bello, e mio padre non ha detto cazzate.
M non è stato tutto positivo. Lo Zurigo-gate per esempio, dove di lì a poco go avrebbe scritto una prof dell'ETH prendendoti per il culo che fosse interessata ad un PhD con te. Ricordati la delusione, ad agosto 2024, quando ti ha detto di sentirti libero di cercare qualcun altro. Ricordati come ci sei rimasto male, come in scozia hai dovuto dire di no alla commissione europea.
In effetti è un periodo buio. Il lavoro è diventato un loop brutto, dal quale sto facendo fatica a riprendermi. Ho cominciato anche a prendere antidepressivi e ansiolitici, che fra nausea, mal di testa e insonnia, danno lo scarso desiderio sessuale come effetto collaterale. E infatti in questi giorni con V. non riesco a venire.
Ho scoperto che Marta e Luca si trasferiranno in Inghilterra. Luca ha vinto un post doc a Oxford, e io sono super contento per lui ma, non nego che a ristorante a pavia quando ce lo ha detto, ho provato una stretta allo stomaco, un gran senso di invidia e di insoddisfazione personale. Non solo per la carriera, ma anche perché loro andranno all'estero, mentre io mi sento lasciato qui, lasciato indietro. Un post doc a Oxford. Ma cosa ci sarebbe di più che desidererei?
Con la psicologa ne abbiamo parlato. Sto cercando di accettare che voglio cose che non posso avere, o che avrei estrema difficoltà ad ottenere. Come V.. E che non riesco a accettare che non sia colpa mia, che il PhD non va, e che ci s⅗iano delle cause altre da me, che io non posso influenzare. Devo abituarmi, cominciare a fare pace con l'idea che probabilmente non avrò mai un dottorato in questa vita, e che non farò la carriera accademica. Eppure una parte irrazionale di me non lo accetta, e pensa che per esempio questa opportunità ad Eindhoven possa essere concreta. Che idiota.
É un brutto momento. Sono forte però, e V. mi sostiene, mi supporta. Speriamo sia un 2025 migliore.
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È successo di nuovo, o forse sono io la paranoica. Potrei non venirlo a sapere mai. Vivrò con questo tarlo e questa angoscia, anche se l’ho sempre saputo che sarebbe finita così. Quando ho conosciuto A. l’ho capito subito che eravamo troppo diverse. Che prima o poi la nostra amicizia sarebbe svanita come il fumo di un falò fatto in spiaggia la notte di ferragosto. Le ho presentato C, un’altra sorella non di sangue, un’altra ragazza lontana anni luce da me, un’altra anima rotta, in milioni di pezzi. siamo tutte dei giocattoli difettosi. E ora, in parte sul serio, o forse in parte creazione della mia mente gelosa, C e A escono ogni 3x2 senza di me. Sono gelosa marcia. Non dovrei. Ho 22 anni, dovrei sapere che due persone simili tra di loro possono trovarsi meglio e uscire senza paura che io crepi d’invidia. Si insomma è una cosa normale, e io dovrei solo farla finita di lamentarmi. Sono anche abbastanza adulta da rendermi conto che se mi fossi comportata meglio con A. Tutto questo non sarebbe successo. Che la mia mente bacata, il mio perdere costantemente la cognizione del tempo, non aver mai voglia di uscire, trascinarmi a letto appena torno a casa e non uscire se non vengo pregata, non abbia aiutato. Che tutto questo non è una scusante per come mi sono comportata. Per le risposte non date, i messaggi evitati, le uscite mai proposte. Eppure eccomi qua, alle due del mattino, a sperare che queste due non si dimentichino completamente di me. Che gli vada bene la mia presenza, anche se chiusa in una stanza al buio. Che un giorno non le vedrò da instagram, l’una al matrimonio dell’altra mentre io sono sul pavimento di marmo di chissà quale casa, mentre scrollo sui social per distrarmi dalla voglia di buttarmi. Dalla voglia di tagliarmi. Dalla voglia di farmi del male. Di scappare nuovamente, sempre più lontano. So che accadrà. È sempre successo, non smetterà mai, so che questo è il mio destino. probabilmente C stasera era fuori col tipo e A ha postato una foto pronta per uscire mentre era fuori con xyz o magari a letto in pigiama. So che dovrei darmi una calmata. Comunque vada, ti prego, sia che tu stia leggendo questo come te stessa tra x anni, o sei hai trovato questo testo dopo che mi sono tolta la vita, ti prego non guardare indietro con rabbia. Coltiva i ricordi di gioia che hai. Lascia andare la rabbia. Stellina mia, non farti mangiare da questi problemi stupidi.
#scrittura#correre via#art#dca#amicizia#friends#mi odio#voglio morire#not pro just using tags#oasis#quarantine#esami#rinascere#why do i do this to myself#i love you#tw depressing thoughts#tw suicice#tw s3lf harm#s3lfharmm#autolesismo#short poem#poesia#diary#dear diary#diario#kpop#pensieri#pride#lacrime#lana del rey
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Matrimonio al buio
Non so che dirvi, e oltretutto non posso fare nomi (tra le molte conseguenze potrebbe cadere il governo), ma sembra che ci sarà un matrimonio satanista a Catania, uno di quelli celebrati di notte in una chiesa sconsacrata (ancora piazza Dante?) Il problema é che non sarebbero solo satanisti ma anche cannibali (come lo sono sempre stati i rituali satanici di piazza Dante) Perché vi dico ciò? Perché ci sono due personaggi principali, la sposa e la suocera, persone a tutti noi note, che da quasi una settimana usufruiscono del collegamento telepatico La suocera, essendo un politico italiano, ha parlato con me altre volte, ma sembravo essere una scusa perché il collegamento passava attraverso di me e arrivava a Mascalucia (il comune etneo in cui fu rapita e assassinata quella bambina) Detto ciò, qualcuno teme che io potrei fare parte del menù, che non si accontenterebbero dell'altra vittima, quella recentemente uccisa a coltellate (come la bambina uccisa a Mascalucia)
Detto ciò, sempre che tutto sia vero, vorrei sottoporvi questo caso di somiglianze e coincidenze:
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Si tratta di un giovane attore che ho scoperto solo recentemente guardando il film "Fidanzata in affitto" con Jennifer Lawrence, il suo nome é Andrew Barth Feldman e voi mi chiederete, ma la coincidenza dove sta? La coincidenza é con quest'altro ragazzo, che invece é italiano e ha anche altri genitori, ma secondo me si somigliano in maniera impressionante Questo potrebbe essere lo sposo (insomma, oppure quello):
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Le foto guardatele tutte...
Mentre che ci siete date un'occhiata anche a questa pagina Facebook, c'è un prete che non mi convince...
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Al posto della sorella, sposò un uomo potente e dominante che soffriva di problemi alle gambe, solo dopo il matrimonio ha saputo che stava fingendo.... Serena Gallo pensò che fosse un matrimonio commerciale, ma perse il cuore innamorandosi di lui, e alla fine se ne andò triste e delusa. Anni dopo, il bimbo esattamente uguale a lui gli diede un colpo alla testa: “Idiota papà, per chi intendi figlio di un altro uomo?”
***
Notte.
Pioggia battente, lampi e tuoni.
Serena Gallo trascinava la valigia e camminava senza meta sotto la pioggia.
“Francesco non ha divorziato da te perché ha vinto cinque milioni alla lotteria, ma perchè tu non hai svolto il tuo dovere di moglie.”
“Non ti crucciare, il divorzio era nell’aria già da tempo. Non vuoi lasciarmi perche vorresti dividere i miei beni?”
Sul suo viso pioggia e lacrime non si distinguevano. La vista era sfocata.
Lungo la via una Bentley grigia passava di lì a tutta velocità, ma Serena era così triste da non accorgersene. Finché l’auto si avvicinò tanto velocemente da farle rendere conto, la sua mente era assopita e così rimase lì a guardare l ‘auto che andava dritta verso di lei.
Con una brusca frenata la Bentley grigia sterzò bruscamente e, nonostante l’evidente capacità del conducente, a causa dell’alta velocità, colpì accidentalmente il guardrail.
Serena rimase impalata con il cuore che le batteva all’impazzata.
La Bentley grigia, dopo aver colpito il guardrail, si fermò.
Di notte quel posto era solitario e non vi passavano auto.
Serena restò immobile per alcuni secondi prima di rendersi conto, all’improvviso alzò la mano per asciugarsi le lacrime, poi lasciò andare la valigia e corse verso la macchina.
All’interno dell’auto era buio, lei si avvicinò al finestrino e scorse vagamente la figura di un uomo chinato sul volante.
Batté con forza il finestrino. “Signore, signore sta bene?”
Dopotutto era stato per evitare lei che egli aveva colpito il guardrail, se ci fosse stato qualsiasi problema, avrebbe dovuto assumersene la responsabilità!
Avendo sentito un click, Serena aprì velocemente la portiera per controllare la parte superiore del corpo: “Sta bene? Ah....” La sua voce era ancora piena di lacrime.
Prima ancora che finisse di parlare, l’uomo chinato sul volante le afferrò improvvisamente il braccio e la tirò dentro.
La portiera si chiuse bruscamente.
Serena cadde sulle gambe dell’uomo, la cui mano possente ed infuocata le bloccò la vita come una catena, impedendole di muoversi.
“Mi lasci,mi lasci andare...” Serena avvertì il pericolo balbettando.
“Cerchi la morte?”Facendo pressione su di lei, l’uomo aprì lentamente la bocca, con voce profonda e onesta, come per far scivolare un dolce sake attraverso la gola. Lei rimase confusa per qualche secondo, poi si rese conto che lui stava menzionando il fatto di essere in mezzo alla strada, e rapidamente scosse la testa: “ Io non intendevo”.
“Non importa se intendevi o meno, sei venuta tu alla portiera, non ti ho costretta io...”.
L’uomo la spostò, la sollevò e la pose sulle sue gambe.
Sentendo la forza dell’uomo, Serena avvertì un brivido alla testa e balbettando disse: “ Cosa vuole fare?”
“Tu che dici?”
L’uomo si chinò, con le labbra fredde e sottili e d’improvviso la baciò.
Serena sentì qualcosa esploderle in testa. Il bacio dell’uomo era estremamente aggressivo, seppure avesse qualcosa di innocente, ma presto terminò.
La sua testa restò vuota per un bel pò, finché un dolore acuto la fece tornare in sè e con tutta se stessa picchiò l’uomo di fronte a lei.
Questo, dopo averne assaggiato il sapore , distese il sedile e la pose sotto il controllo del suo corpo...
La pioggia cadde tutta la notte, come per lavare via tutti i peccati della città.
Dopo la notte di follia....
Le punte delle dita si mossero, gli occhi acuti e profondi dell’uomo si aprirono improvvisamente, era ancora notte fonda. Il dolce odore della donna era ancora nell’aria, ma adesso lui era rimasto da solo nella macchina.
Andata via?
Era ancora buio e gli occhi si socchiudevano, uno sguardo cadde sul sedile in cui erano rimaste le tracce della prima volta di una donna. Un vero problema!
Nel mezzo della notte chiamò il suo assistente Luca Russo, e con freddezza gli ordinò: “Trova immediatamente la mia posizione, e scopri chi era la donna della notte scorsa”.
Detto ciò, incurante del fatto che l’assistente avesse capito o meno, riattaccò.
Serena scappò nel cuore della notte e, approfittando della forte pioggia, tornò nella casa dei genitori tutta imbarazzata.
Dopo tanti anni di matrimonio, mai era andata a letto con suo marito, ma ora con uno sconosciuto, incredibile.
Appena sveglia, istintivamente decise di scappare.
“Serena.”
La madre, Giulia Gallo, aprì la porta ed entrò, porgendole della zuppa.
“Grazie mamma.”
“Tu e Francesco avete chiuso definitivamente?”
Sentendo il nome di lui, Serena abbassò lo sguardo e prese a sorseggiare la zuppa.
“Non ti preoccupare del divorzio, tuo padre ha già organizzato un altro matrimonio per te.”
A quelle parole, ebbe una fitta al cuore, e alzando la testa di scatto disse: “Mamma?”
“Lo sposo ha problemi alle gambe, ma dopotutto tu sei al secondo matrimonio, perciò non dovresti disdegnarlo.”
Serena disse: “Mamma, di che cosa stai parlando?”
Giulia si alzò guardandola con rabbia e disse: “Il matrimonio è fissato tra un mese, che ti piaccia o no, ti sposerai.”
“Ho divorziato da Francesco giusto ieri sera, voi come avete fatto a saperlo già?” Serena sentiva solamente il suo cuore congelarsi pian piano.
“A dire il vero, questo matrimonio sarebbe dovuto essere per tua sorella, ma visto che tu hai divorziato, puoi prendere il suo posto.”
Detto ciò, Giulia fece un sospiro profondo e rivolgendole uno sguardo intenso le disse: “Lui ha problemi alle gambe Serena, la nostra famiglia non può permettersi due figlie rovinate.”
Serena avvertì un’altra fitta al cuore, le mani con cui reggeva la zuppa e le labbra cominciarono a tremarle, e disse: “Mamma, io sono tua figlia...”
“Aurora è tua sorella, vorresti vederla soffrire?”
“E io allora?”
“Per farla breve, è il fatto deciso, tra un mese sposerai il Signor Cristian Ferrari! Se entrambe le nostre figlie dovessero essere rovinate, io e tuo padre ne moriremmo.”
Il giorno del matrimonio, Aurora, la sorella di Serena, andò da lei: “Mi dispiace, non era mia intenzione, ma la mamma...”
Serena fissandola le disse: “Ti dispiace? Allora perché non indossi tu l’abito e ti sposi?”
“Serena, io...” Aurora strinse i pugni, digrigno i denti, poi lasciò andare le mani e scoraggiata disse: “Io ho un ragazzo, ma tu sei già divorziata...”
Serena ritrasse lo sguardo e abbassando gli occhi disse: “Si, sono divorziata...tu prenditi cura dei nostri genitori, perché hanno fatto del loro meglio per convincermi ad accettare.”
Sposare qualcuno con problemi alle gambe significava che lei avrebbe dovuto prendersi cura di lui per il resto della sua vita, e se questo fosse stato il suo destino, avrebbe anche potuto accettarlo.
Ma era chiaro che sarebbe dovuto essere il destino di Aurora, e lei, Serena, era tornata a casa dei genitori dopo il tradimento del marito solo per avere un pò di conforto.
Non avrebbe mai immaginato di sentirsi dire che avrebbe dovuto sostituire la sorella e sposare il signor Cristian.
Poiché quell’uomo aveva problemi alle gambe, i genitori non volevano che Aurora fosse rovinata. E lei? Dato che aveva divorziato, avrebbe dovuto soffrire così? Assurdo! Ma quelli erano i suoi genitori, coloro che l’avevano messa al mondo, e lei aveva dovuto accettare.
I preparativi della famiglia dello sposo furono enormi, il matrimonio pomposo, e poiché Serena avrebbe dovuto sostituire Aurora, era stata sottoposta prima al lavaggio del cervello da parte della famiglia.
Sebbene nessuno la conoscesse, a causa della sua sostituzione al posto della sorella, aveva tenuto la testa bassa durante tutta la cerimonia per non attirare l’attenzione.
Fortunatamente, lo sposo possedeva tutta l’attenzione stando seduto su una sedia a rotelle con un’espressione fredda, e creando l’atmosfrera del matrimonio estremamente congelata.
Sebbene fosse stato un matrimonio pomposo, fu anche abbastanza tranquillo, in quanto il signor Cristian non aveva brindato, e tutti quanti lo rispettavano e non osavano disturbarlo.
Dopo il matrimonio Serena fu accompagnata nella sua nuova casa.
Un vecchio servo le si fermò davanti dicendole: “Sebbene il signor Cristian abbia problemi alle gambe, egli resta sempre e comunque il nostro signor Cristian. Adesso che siete sposati, tu dovrai fare del tuo meglio per prenderti cura di lui.”
Dopo la sera in cui, inzuppata dalla pioggia, le era stato detto dalla madre che avrebbe dovuto sposare il signor Cristian al posto della sorella, il giorno dopo Serena si era ammalata, e vi erano voluti diversi giorni per poter uscire di casa.
Successivamente, aveva avuto varie ricadute senza mai riprendersi del tutto, e fino al giorno stesso del matrimonio, aveva dovuto prendere delle medicine prima di indossare l’abito da sposa.
In quel momento le palpebre erano troppo pesanti, e dopo aver ascoltato le parole del servo, riuscì soltanto ad annuire dicendo: “capisco, può lasciarmi riposare un pò?”.
Davvero non era più in grado di resistere.
Il servo vide il suo sguardo improvvisamente riempirsi di disprezzo, e si allontanò borbottando.
Non appena se ne andò, Serena, ancora indossando l’abito da sposa, si addormentò.
Fece un sogno molto strano, in cui sembrava che uno sguardo penetrante si posasse sul suo volto.
Quando Serena aprì i suoi occhi assonnati, ne incontrò due freddi e profondi. Le sopracciglia dell’uomo erano importanti e sotto vi erano degli occhi simili a quelli di un lupo, il naso alto e le labbra sottili come un coltello, serrate tra loro. Sebbene sedesse su una sedia a rotelle, viveva in un mondo tutto suo il quale non era facile avvicinarsi.
“Aurora?”
Serena restò stordita per qualche secondo, poi subito si alzò sedendosi sul letto e guardando l’uomo con gli occhi smarriti.
Ed annuì nervosamente.
Lei doveva sostituire Aurora, perciò non avrebbe potuto rivelare la sua identità, così rispose.
Gli occhi di Cristian si fecero più freddi, tirò fuori dalla tasca una busta e la gettò davanti a Serena. Questa la raccolse, la aprì con cura e diede un’occhiata, vi trovò dentro una foto e le informazioni della sorella Aurora.
A quanto pare, Cristian aveva già preso tutte le informazioni necessarie sulla persona che avrebbe dovuto sposare. Ma perché non aveva detto nulla il giorno stesso del matrimonio?
Serena strinse la lettera tra le mani per qualche secondo, si morse il labbro inferiore, e gli lanciò uno sguardo profondo e tagliente, cercando però di mantenere la calma.
“La tua famiglia pensava che avendo problemi alle gambe, avrei dovuto accettare qualunque donna che mi avete preparato?”
Serena si alzò, e coprendosi con una lunga veste, abbassò gli occhi e sussurrò: “Anch’io sono la loro figlia”.
“La figlia appena divorziata? La tua famiglia vuole usarmi come pattumiera?”
Quelle parole dure paralizzarono Serena che si morse ancora il labbro inferiore. Una donna divorziata sarebbe stata rifiutata da molti, per questo la sua famiglia le aveva imposto di sposare il signor Cristian.
Prima che Serena aprisse bocca, la voce fredda dell’uomo irruppe con irruenza: “Ti do cinque minuti, spiega la faccenda chiaramente e vattene via.”
Che cosa?
Serena alzò gli occhi di scatto e urtò i suoi.
“No!”
Non poteva andarsene! Confessare avrebbe significato ammettere l’offesa compiuta dalla sua famiglia nei confronti della famiglia di lui, e come li avrebbe considerati il resto della città?
Serena si calmò, con in mano l’abito da sposa, si avvicinò a Cristian e sussurrando spiegò: “Mia sorella ha già un ragazzo, non voleva sposarti.”
“Perciò tu hai fatto di testa tua e hai preso il suo posto?” Le labbra di Cristian mostravano un abbagliante sorriso di derisione.
Serena si prese di coraggio e alzò lo sguardo per incontrare gli occhi freddi di lui.
“So che questo è un matrimonio combinato dai nostri genitori, per te non è importante la moglie che hai sposato, altrimenti tu stesso non lo avresti accettato durante la cerimonia.”
Serena non sapeva se queste parole potessero funzionare.
“Invece che risposarti, lascia che io resti qui, ti prometto che non avremo nulla a che fare l’uno con l’altro.”
A questo punto, Serena alzò le mani in segno di promessa e i suoi occhi, simili a due perle di vetro nere, si riempirono di fermezza e coraggio, mentre sul volto apparve un’espressione cauta, per paura che lui non accettasse.
Ed ecco...
Cristian strinse gli occhi, la guardò e con le labbra sbuffò freddamente: “Che tipo di donna non riesco a trovare? Perché dovrei accettare una donna come te?”
Il viso di Serena impallidì improvvisamente, e le sue labbra cominciarono a tremare. Prima che potesse parlare di nuovo, Cristian si era già voltato e spingendo fuori le ruote della sedia.
Serena restò stordita per qualche secondo, poi cercò di colpirlo ma fu fermata dall’assistente.
“Serena, mostra un pò di dignità!”
Fissando la schiena immobile di Cristian, Serena divenne ansiosa e cominciò a gridare: “Se non mi lasci restare, dirò a tutti che sei impotente!”
La granata era stata lanciata, ed era stata proprio Serena a lanciarla. Le sue parole fecero fermare Cristian, nonostante egli fosse su una sedia a rotelle, non mosse il corpo ma voltò leggermente la testa. Una luce fredda attraversava l’angolo dei suoi occhi e la sua voce sembrava provenire dall’inferno: “Chi sarebbe impotente?”
Gli occhi pericolosi di Cristian lo rassomigliavano ad una bestia selvaggia di notte, pronta a saltarle addosso e sbranarla non appena Serena avesse detto un’altra parola.
Come può essere? È chiaramente un a persona con problemi alle gambe, ma perché l’energia del suo corpo era così forte?
Serena non può più tornare indietro.
Lei digrignò i denti, strinse i pugni e fissò Cristian insistentemente.
“A meno che tu non mi lasci restare.”
L’assistente a fianco era sbalordito, non si aspettava che questa giovane donna dall’aspetto tanto grazioso, potesse essere tanto coraggiosa da provocare il signor Cristian.
Cristian aveva già regolato la direzione della carrozzella e si avvicinò lentamente a lei, con i suoi vividi occhi scuri.
Serena fece involontariamente due passi indietro. Cristian, seduto sulla carrozzella, si piombò davanti a lei, alzò la mano e le strinse il polso bianco e sottile.
“Chi è impotente?” Cristian aprì le labbra con freddezza, e i suoi occhi taglienti la penetrarono.
“Lasciami, lasciami andare...”
L’avvicinamento improvviso fece allarmare Serena, e la forza passionale dell’uomo la avvolse pesantemente.
Era prepotente e pericoloso.
Questa sensazione...
Fece tornare alla mente di Serena quella notte di un mese fa. Allora anche la forza dell’uomo dentro la macchina era così prepotente. Serena si sbiancò per qualche secondo, come aveva potuto ripensare di nuovo a quella notte?
Per lei era stata totalmente un’umiliazione.
“Non si fermerebbe proprio davanti a niente pur di diventare la signora Ferrari?”
Mentre era sovrappensiero, la voce dell’uomo risuonò nelle sue orecchie, richiamò la sua mente ed essa spalancò gli occhi.
Il sudore ricopriva la fronte di Serena: “Non hai forse acconsentito anche tu a questo matrimonio? Tu sapevi già che io non ero Aurora, eppure durante la cerimonia non mi hai smascherata.”
“Allora?”
“Lasciami andare.” Disse Serena spingendolo.
Cristian disse con un sorriso sarcastico: “Una donna divorziata così nervosa? Non hai mai fatto niente di simile?” Serena lo fissò insistentemente.
“Non prenderti gioco delle persone!”
“Se vuoi restare, accontentami.”
Per Cristian non era una novità incontrare una donna che si sostituisse alla sorella per entrare a far parte della sua famiglia al fine di ottenere ricchezza.
Il volto di Serena impallidì, e le sue labbra tremavano.
“Non puoi farlo?” Gli occhi di Cristian erano cupi, si pizzicò il mento con una mano e prese a dire pian piano: “Sembra che non sono io ad essere impotente, invece sei tu a spegnere il desiderio nelle persone.”
Detto ciò, Cristian la spinse via.
Serena barcollò e cadde all’indietro, e appoggiandosi alla porta guardò Cristian con imbarazzo.
Cristian disse al suo assistente di portarlo via, mentre Serena, guardando la schiena dei due uomini, si morse il labbro inferiore.
Ci è riuscita?
Sarebbe potuta restare?
Serena si toccò il mento dolorante e tornò in camera.
Aspettò dieci minuti. Niente successo. Tirò dunque un sospiro di sollievo, sembrava che sarebbe riuscita a restare.
Serena trascorse la notte da sola nella stanza vuota. Svegliatasi presto, sistemò i suoi vestiti nell’armadio e occupò l’intera stanza. La sera precedente era stata abbastanza chiara con Cristian, lui non avrebbe vissuto in quella parte della casa, perciò quella stanza sarebbe stata tutta sua.
Sarebbero stati marito e moglie solo sulla carta, ma non avrebbero avuto niente a che fare l’uno con l’altro.
Il che era perfetto per lei.
Si cambiò poi scese al piano di sotto, i domestici erano impegnati, e lei, avendo fame, voleva chiedere dove si trovasse la cucina, ma una domestica la raggiunse e la strattonò dicendo: “Da dove vieni? Togliti di mezzo!”
Serena accidentalmente cadde a terra.
La domestica le lanciò uno sguardo acuto e i suoi occhi si riempirono improvvisamente di timore.
Due mani calorose la aiutarono a rialzarsi, e nel voltarsi, lei si imbatté in due occhi profondi e belli come giada.
L’uomo davanti a lei portava una camicia bianca, senza alcuna piega, e aveva un sorriso gentile come la brezza primaverile di Marzo.
Serena restò stordita per un attimo, poi indietreggiò un pò per prendere le distanze da lui, e disse: “Grazie.”
“Di niente, cognata.”
“Cognata?”
“Sono il fratello maggiore di Cristian, mi chiamo Leonardo.”
Leonardo le tese la mano, ma lei restò impassibile per un attimo. Dunque era il fratello di Cristian.
Poi pian piano stringendo la mano di Leonardo gli disse: “Salve, cognato.”
La sua voce rivelava un pò di nervosità.
“È stata colpa della domestica, ti chiedo scusa per lei, spero tu non te la sia presa, le persone nella nostra casa sono tutte molto amichevoli. Parlerò con loro.”
Serena fece cenno con il capo e lo ringraziò. Leonardo sorrise, e mentre si preparava a dire qualcos’altro, fu interrotto da una voce fredda.
“Sembra che io interrompa qualcosa.”
Questa voce... Serena si voltò.
Luca spingeva la sedia a rotelle con sopra Cristian, il quale aveva sulle gambe una coperta leggera. Nonostante tutto, egli aveva l’aspetto di un re.
Il suo sguardo era freddo e cadde tagliente come una lama sul viso di Serena, la quale, sentendosi a disagio, chinò il capo.
Aspetta, perché avrebbe dovuto sentirsi a disagio? Non sarebbe stato altro che un saluto alla sua famiglia.
“Cristian, è raro trovarti in casa.” Disse Leonardo al fratello, con lo stesso volto sorridente di prima. Cristian si limitò ad un inespressivo cenno con il capo.
“Bene, ti lascio con tua moglie.” Detto ciò, Leonardo si rivolse a Serena e le disse gentilmente: “Cara, devo tornare a lavoro, vi lascio.”
Serena annuì timidamente e guardò Leonardo andar via, e mentre si preparava a voltare lo sguardo, sentì Cristian dire con tono di sfida: “Le donne divorziate sono così affamate? Non riescono a resistere all’idea di sedurre uomini?”
Serena tornò improvvisamente alla realtà.
“Cosa?”
Gli occhi di Cristian erano scuri e profondi come un ombra, Serena riuscì a percepire la sua forte rabbia, e mordendosi il labbro inferiore disse: “Non sono così spregevole come pensi.”
“Davvero?” Il sorriso sarcastico di Cristian rivelava il fatto che lui non l’avesse presa affatto sul serio. “Una donna che ha appena divorziato e già non vede l’ora di sposarsi di nuovo e gettarsi nel letto di un altro uomo. Non è spregevole?”
Serena strinse i pugni, arrabbiata. Era forse stata lei a volersi risposare di nuovo? Lei era stata costretta. Ma questo non avrebbe potuto dirlo a Cristian. Alla fine ciò che importava era che lui la lasciasse restare in questa casa. Così rilassò i pugni.
“Farai meglio a mantenere la tua promessa e non avere nulla a che fare con le persone che vivono in questa casa, se scopro che usi il nome della mia famiglia per i tuoi interessi, o che hai secondi fini verso i componenti della mia famiglia, renderò la tua vita un inferno.”
“Luca”
All’ordine, Luca portò via Cristian. Dopo che i due se ne furono andati, una domestica venne incontro a Serena dicendole: “Signora Ferrari, il signor Alessandro vorrebbe incontrarla.”
Il signor Alessandro? Il nonno di Cristian?
Serena cominciò ad agitarsi, sua madre le aveva detto che i componenti della famiglia Ferrari non avevano mai incontrato Aurora, perciò avevano osato sostituirla alla sorella.
Ma sentendo adesso che il signor Alessandro voleva incontrarla, Serena era diventata improvvisamente nervosa.
L’anziana domestica, percependo la sua confusione, le disse: “ Signora Ferrari, venga con me.”
Serena, tornata in sé, annuì e la seguì.
La casa dei Ferrari era estremamente grande, e sebbene vi fosse la domestica a guidarla, lei si sentiva ancora smarrita.
Giunta nello studio, la domestica le disse in tono umile: “Signora Ferrari, prego.”
Serena la ringraziò e si accomodò.
Lo studio era più o meno come lei lo aveva immaginato, un ambiente serio e solenne, con ornamenti e scaffali in stile classico, e con varie penne ad inchiostro sugli scaffali.
Dopo aver dato un’occhiata, Serena ritrasse subito lo sguardo e lo diresse alla persona dentro la stanza.
“Salve signor Ferrari.”
Lo sguardo di Serena sull’uomo fu catturato dai suoi occhi sagaci che la fissavano dall’alto in basso.
Serena pensando alla sua identità, divenne nervosa e abbassò lo sguardo per paura che il nonno potesse accorgersi del fatto che essa nascondesse qualcosa.
Con Cristian aveva trovato il modo di sistemare temporaneamente la faccenda, ma se il nonno avesse scoperto che lei non era Aurora, come avrebbe fatto?
“Aurora!”
“Si”
Serena alzò la testa di scatto, incontrò lo sguardo dell’uomo e subito riabbassò il capo.
Il signor Ferrari con sguardo estremamente solenne disse: “La salute di Cristian è sempre stata precaria sin da quando era bambino, adesso che siete sposati, dovrai prenderti cura di lui. Adempi ai tuoi doveri di moglie, non serve che io ti istruisca su questo.”
“Certo.”
“A partire da domani, lavorerai a fianco di Cristian come sua assistente.”
Sentendo ciò, Serena alzò gli occhi sorpresa: “Ma signor Ferrari, io ho già un lavoro...”
“Le donne della famiglia Ferrari non lavorano, anche se dovessero lavorare, affiancano i loro mariti.”
Che cosa? La famiglia Ferrari era davvero così all’antica? Naturalmente Serena non avrebbe mai osato dar voce a questi pensieri in presenza dell’uomo, che d’altro canto non le diede la possibilità di parlare esortandola a lasciare la stanza.
Dopo aver lasciato lo studio, Serena tornò nella sua stanza con il cuore ancora ansioso.
Ma le parole del nonno erano state pesanti, Serena sapeva che se non avesse lasciato il suo precedente lavoro, il nonno l’avrebbe sicuramente scoperta.
Doveva lasciare il lavoro. Il suo era un lavoro abbastanza ordinario, dopo il suo matrimonio con Francesco, per poter preparare la cena prima che lui tornasse a casa, aveva trovato impiego come assistente del direttore generale presso una piccola azienda vicino casa.
Serena consegnò la lettera di dimissioni e ben presto qualcun altro prese il suo posto nell’azienda.
Quando lei apprese la notizia, restò scioccata per un pò per il fatto che, sul lavoro come nel matrimonio, vi sia sempre qualcun altro pronto a prendere il posto altrui con molta facilità.
Serena sorrise amaramente.
Il giorno dopo aver dato le dimissioni, il nonno stabilì che Cristian portasse Serena in azienda.
“Non hai voluto trovare un’assistente, so di cosa ti preoccupi, ma adesso Aurora è tua moglie, lascia che ti segua e si prenda cura di te.”
Il tono in cui il nonno si rivolgeva a Cristian era lo stesso che aveva usato nei suoi confronti. Lei pensò fosse strano, come poteva essere? Aveva creduto che il rapporto tra i due fosse buono.
Pensando a ciò, avvertì uno sguardo tagliente sul volto, non serviva chiedersi di chi fosse.
Cristian la fissò ed esclamò in tono sarcastico: “ Va bene.”
Serena si stupì, lei credeva...che lui avrebbe rifiutato.
Non avrebbe mai potuto immaginare che non si opponesse a ciò.
“Bene, andate.” il volto del nonno apparve un pò più rilassato. Cristian sedeva sulla sedia a rotelle con volto inespressivo, e Luca annuendo al vecchio, disse: “Signor Ferrari, andiamo al lavoro.”
“Portate Aurora.”
Serena dovette seguire Cristian.
Giunti al giardino, Cristian disse con sarcasmo: “Tu e il vecchio avete legato in così poco tempo? Vuoi spiarmi?”
Serena si fermò un attimo e aggrottò le sopracciglia.
“Non so di che cosa stai parlando.”
“Certo” disse Cristian con una fredda risata: “Meglio che tu non capisca mai, altrimenti...”
Sebbene Cristian non avesse continuato, Serena sapeva che si trattava di una pura minaccia.
Lei era furiosa poiché avrebbe dovuto seguirlo tutto il giorno. Aveva detto che non avrebbero dovuto avere nulla a che fare l’uno con l’altro, ma adesso erano legati insieme per costrizione, e lei non era affatto felice.
Tuttavia non disse nulla, poiché la sua posizione era abbastanza scomoda.
Per tutto il percorso che portava al cancello Cristian non disse nulla, seduto sulla carrozzella fu poi salito in macchina. Serena d’istinto si mosse per salire anch’essa in macchina, ma Luca la bloccò.
“Signora Ferrari, questa è la macchina privata del signor Ferrari.”
Serena si fermò: “Che significa?”
Cristian si voltò verso di lei e con i suoi occhi freddi, profondi e pieni di derisione disse : “Vuoi essere la mia assistente, ma non sei ancora all’altezza.”
A queste parole, il volto di Serena cambiò: “Che significa? Allora perché hai promesso a tuo nonno?”
Cristian non le diede più retta e ritornò al suo sguardo freddo. Mentre Luca, con volto inespressivo, si preparava a chiudere la porta, Serena lo bloccò e chiese: “Io come vado? Tuo nonno è lì.”
Sentendo nominare il nonno, negli occhi di Cristian si accese un lampo violento, alzò lo sguardo e la fissò pericolosamente.
“Luca, mostrale il percorso e dille di andare a piedi.”
Serena rimase senza parole. Come poteva una persona essere così tanto crudele? Luca, con volto inespressivo, le mostrò il percorso e chiuse lo sportello bruscamente.
“Signora Ferrari, buona fortuna.”
L’auto partì e Serena restò da sola davanti al cancello nel vento in uno stato di confusione, mentre il portiere che aveva assistito alla scena, la guardò con compassione.
Davanti a quegli occhi comprensivi, il cuore di Serena si sentì improvvisamente a disagio. Serrò i pugni. Sarebbe andata da sola.
Nel frattempo in macchina Luca chiese: “Signor Cristian, non è un pò troppo per lei?”
Cristian aggrottò le sopracciglia, e con tono freddo disse: “Perché non vai a farle compagnia?”
L’assistente sbiancò “Come non detto.”
Cristian sbuffò, diede un solo sguardo freddo allo specchietto retrovisore e vide la figura minuta in piedi vicino al cancello, un attimo dopo ripensò a qualcosa che gli fece accennare un sorriso.
“Hai qualche notizia della donna che ti ho detto di cercare?”
Parlando di questa faccenda, Luca si coprì la bocca con la mano e tossendo leggermente disse: “Signor Cristian, quella strada non aveva telecamere , quel giorno la pioggia era fitta e di notte era buio, non si vedevano nemmeno i passanti. Ma con un pò più di tempo credo di poterlo scoprire.”
Cristian era davvero amareggiato, di solito quando si trattava di qualcosa che lo riguardasse, Luca trovava sempre il modo per occuparsene. Solo questo non era riuscito a trovare.
Il respiro di Cristian si raffreddò di nuovo e inarcando le sopracciglia disse. “un mese, se è destino, quella donna dovrebbe essere incinta.”
Luca fu sorpreso, una donna di cui non conosceva né il nome né l’aspetto portava in grembo il suo bambino? Non poteva essere uno scherzo, l’espressione di Luca si fece seria.
“Capisco, farò tenere d’occhio il movimento in ospedale.”
Cristian ritrasse lo sguardo. Lui non aveva mai toccato una donna, quella sera era stata la sua prima. Perciò, deve trovarla!
Serena girovagò per mezz’ora prima di arrivare all’azienda della famiglia Ferrari.
Sfortunatamente, una volta arrivata, fu lasciata fuori essendo senza prenotazione.
Nella Città del Nord, l’azienda della famiglia Ferrari era come una parte della stessa città. Vi era solamente quell’azienda che portò avanti l’economia della città. Quindici anni prima essa era una piccola città a cui nessuno si interessava, mentre adesso aveva fatto il salto di qualità.
Non era cosa facile per un’azienda ingrandirsi in tal modo.
“Scusi, potrebbe chiedere al signor Ferrari? Sono davvero la sua nuova assistente.”
La receptionist le lanciò uno sguardo di disprezzo
“Di che cosa sta parlando? Il signor Ferrari non ha mai avuto bisogno di un’assistente, tutta la compagnia ne è consapevole, se vuole sedurre gli uomini dovrebbe almeno informarsi meglio.”
Serena restò sbalordita, forse era un piano di Cristian, che anche se lei fosse arrivata davvero non sarebbe potuta entrare.
“Vada via, gente come lei non è qualificata per essere un lavoratore ordinario, e lei vorrebbe addirittura essere un’assistente.”
Gli occhi della donna alla reception erano davvero sprezzanti, così come quelli delle persone attorno che cominciarono ad echeggiare e deriderla.
“Guarda com’è vestita, e osa dire di essere un’assistente, non ha neanche una divisa da lavoro, indossa quattro stracci.”
“C’è davvero di tutto.”
“Se non se ne va, chiameremo la sicurezza.”
Serena fu schernita al punto da arrossire, mordendosi il labbro inferiore, abbassò lo sguardo per guardare i vestiti che aveva addosso.
Era vero, quegli abiti li aveva acquistati in una bancarella al mercato notturno quando il suo stipendio non era abbastanza. Aveva sempre cercato di risparmiare, ma per tutto questo tempo ne era sempre stata orgogliosa.
Oggi, derisa da così tante persone, Serena si era improvvisamente sentita in imbarazzo.
“Vada via, e si cambi prima di tornare.”
Tutti la guardavano con sguardo sarcastico, e lei sempre più in imbarazzo, si mordeva il labbro inferiore non sapendo cosa fare, finché udì una voce gentile provenire da non troppo lontano.
“Che succede?”
Serena si voltò e incontrò due occhi calorosi.
“È arrivato il vice presidente.”
“Vice presidente!”
Era Leonardo, il fratello di Cristian.
Serena fu sorpresa di vederlo.
Leonardo andò verso di lei e disse calorosamente: “Sei venuta per Cristian?”
Lei annuì nervosamente, chiunque l’aveva vista in quella circostanza imbarazzante, l’avrebbe sempre derisa in cuor suo. Il solo pensiero le faceva venire i crampi allo stomaco.
Abbassando lo sguardo e scusandosi disse: “Mi dispiace, ho causato scompiglio in azienda.”
“Non fa nulla.” Leonardo le prese la mano e disse. “Ti porto su.”
Davanti a quella scena, i dipendenti rimasero sbalorditi ed increduli.
Il sorriso malizioso della donna alla reception scomparve dal suo viso, aveva creduto che fosse una persona qualunque, perciò l’aveva derisa, mai avrebbe potuto immaginare che lei conoscesse il signor Leonardo. Era forse davvero la nuova assistente del presidente?
In ascensore, Serena si sentiva ancora a disagio, quando abbassò il capo, notò che Leonardo le teneva la mano, il cuore le si fermò e subito ritirò la mano ed indietreggiò per mantenere la distanza da lui.
Leonardo non si scompose e mostrò un lieve sorriso sul volto attraente. Serena lo fissava di nascosto. La sua pelle era bianca, aveva sopracciglia delicate, labbra non troppo spesse, sul viso sempre un sorriso gentile e indossava una camicia bianca senza alcuna piega. Sembrava davvero a suo agio. Mentre lo guardava, l’ascensore si aprì.
Arrivati, Leonardo le disse: “ percorri il corridoio sulla destra, l’ultimo ufficio è quello di Cristian, io ho delle cose di cui occuparmi, non posso accompagnarti. Riesci a trovarlo da sola?”
Serena annuì nervosamente: “Si grazie mille.”
“Di nulla.”
L’ascensore si chiuse davanti a lei, e si tranquillizzò, fece un sospiro profondo e si diresse verso la fine del corridoio.
Finalmente vide la porta dell’ufficio, si preparava a bussare alla porta, quando questa si aprì improvvisamente ed un oggetto ne fu spinto fuori.
Serena non fece in tempo a scansarsi, fu colpita e cadde sedendosi a terra, vicina all’oggetto che l’aveva colpita.
“Come puoi farmi questo?”
Serena scoprì che ad aver lanciato l’oggetto era stata una donna dal trucco pesante e con i vestiti arruffati, che dopo essere caduta a terra, si rialzò velocemente e puntando contro Cristian gli urlava contro insultandolo. L’imponente figura di Cristian, seduto sulla sedia a rotelle, con occhi neri ed intimidatori, il cui corpo emanava una forte energia, con le labbra sottili leggermente aperte disse. “Vattene via.”
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Tiziano Ferro dolorosa separazione con il marito Victor
E adesso vi dedichiamo questo articolo che riguarda Tiziano Ferro infatti lo stesso poco fa ha annunciato pubblicamente la fine della storia d'amore con il marito Victor Allen consulente di Marketing. I due si erano sposati nel 2019. Una separazione che era un pò nell'aria per dire la verità ma che l'artita nascondeva per il bene dei due figli che hanno adottato nel 2022 ossia Margherita e Andres
Scrive Tiziano Ferro in merito alla separazione con il marito Victor Allen
Come sempre, che sia gioia o dolore, consegno a voi la mia storia. Perché non saprei fare diversamente, perché di voi mi fido. Da qualche tempo è cominciata una dolorosa separazione da Victor. L'ho affrontata in silenzio, proteggendo la riservatezza di tutti. Recentemente abbiamo avviato le pratiche per il divorzio. È un momento delicato, in cui tutta la mia attenzione è concentrata sulla tutela dei miei due meravigliosi figli, che attualmente trascorrono la maggior parte del tempo a casa con me. In questo momento non posso lasciarli, e non posso portarli con me in Italia. Per questo, con grande tristezza, sono costretto a disdire gli impegni presi con voi e con Mondadori per presentare il mio primo romanzo: un appuntamento che attendevo da una vita. | Voi lo sapete: ho portato avanti un tour contro il parere dei medici. Non avrei ma} cancellato quei concerti, non mi sarei mai privato della gioia di ritrovarvi dopo sei anni, di cantare e ballare insieme.Questa volta, però, è diverso.Non si tratta di me e della mia salute, si tratta di due bambini piccolissimi e della loro serenità.Chiedo immensamente scusa, ma adesso loro sono la mia priorità.Il vostro affetto mi ha sempre sostenuto nelle situazioni difficili e sono certo che accadrà anche stavolta: mi affido al vostro buon cuore. Questo momento buio passerà e torneremo a cantare e a ridere, a parlare del mio libro, della mia vita… della nostra vita. Ci vedremo comunque, anche nella distanza. Vi voglio bene Tiziano Dalle parole del cantante si comprende perfettamente quanto sia un momento doloroso, Tiziano Ferro è sempre stato molto circospetto nel parlare dei sentimenti con il marito e dei figli, ne aveva parlato giusto in un documentario Amazan Prime Video nel 2020 in alcuni isolati frame. La cerimonia di matrimonio era stata celebrata nel 2019 Read the full article
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Paolo Kessisoglu ritrova l’amore dopo la separazione da Sabrina Donadei, chi è la nuova fidanzata
DIRETTA TV 3 Agosto 2023 È il settimanale Oggi ad immortalare con alcuni scatti la nuova passione dell’attore, 54 anni, con Silvia Rocchi, architetto milanese di 46 anni. Lo scorso maggio raccontava la fine del suo matrimonio con Sabrina Donadei e un periodo particolarmente buio seguito alla perdita dei suoi genitori. 1 CONDIVISIONI Paolo Kessisoglu ritrova l’amore e il sorriso al fianco di…
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Quel tocco freddo, portato celermente dal vento serale, giovò certamente anche al suo umore. Per quanto conoscesse e rispettasse le usanze e i convenevoli di quella gente, Victor non avrebbe mai smesso di sentirsi diverso da loro. O, per meglio dire, diverso da chiunque altro: non avrebbe mai potuto considerarsi semplicemente una persona come le altre, estranee all’esistenza dei demoni e né uno di quei cacciatori marchiati. Lui non aveva alcuna caratteristica speciale, Victor era un ottimo combattente ma non portava su di sé alcun marchio che lo definisse tale.
Fuori da quella sala si stava decisamente meglio.
Victor si era premurato di lasciar andare la mano di lei e, nel farlo, un’improvvisa fitta alla testa, un po’ come una scarica elettrica, lo costrinse a chiudere e stringere gli occhi per vincere quella sensazione inaspettata. Nel frangente in cui le palpebre furono ben serrate sulle sue iridi, Victor fu certo di vedere la sagoma di qualcuno dai lunghi capelli, che sorgeva tra le fiamme al chiaro di luna, e quella di una bestia che stava bruciando.
Tuttavia, quella visione non durò che il tempo di un sospiro, Victor dischiuse gli occhi mantenendo la fronte corrugata nel faticare a scacciarsi via di dosso quella sensazione di smarrimento… poi volse lo sguardo su Rey, quasi rendendosi conto solo in quell’istante di non essere da solo.
— Ho sempre vissuto nella consapevolezza che ci fossero i demoni, ben nascosti… da qualche parte nel buio.
E le rammentava bene quelle notti passate in preda al terrore, certo che sotto al letto si nascondessero mostri che non sarebbe stato capace di fronteggiare.
In fondo, lui era nato senza marchio.
E non c’era giorno, persino momento, che Victor non fosse costretto ad averne coscienza, perché lo sguardo deluso di suo padre e di sua madre non mutava mai, nemmeno per errore. Nemmeno per un solo istante.
— Io non ho un marchio e su di me non grava il dovere di doverlo trasmettere a qualcun altro. Tu invece sarai costretta a scegliere uno di loro. O se non lo farai, lo faranno loro per te.
Victor sentì il bisogno imminente di doverla mettere al corrente di ciò che sarebbe accaduto, di lì a poco. Ben presto, in quel clima di generosità e gentilezza, le sarebbe stato imposto un matrimonio al quale non si sarebbe potuta rifiutare. E a cospetto di questo, in fondo, a Victor non dispiaceva più così tanto essere un senza-marchio.
Lui almeno sarebbe rimasto libero.
There is no dark side of the Moon.
It's all dark, really.
...
C’era da aspettarselo che avrebbero organizzato un ricevimento per accogliere l’ultima arrivata, la detentrice del marchio della luna, Victor sapeva bene che tutta quella bella facciata aveva lo scopo di assicurarsi che quel marchio non esulasse dalla “famiglia”, come amavano definirsi molti dei marchiati. Lui era nato libero da quelle catene e non sarebbe stato costretto a generare figli, sorte diversa sarebbe capitata a Rey – soprattutto a lei – che portava su di sé un marchio estremamente raro, probabilmente le famiglie marchiate avrebbero fatto a gara per fare avanti uno dei propri maschi affinché Rey potesse scegliere proprio il loro figlio.
La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
Forse doveva apparire un po' spaesato. Senza le sue lame addosso, proprio non gli riusciva di sentirsi a proprio agio.
@rey-themoon
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