#Luciano Garibaldi
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Four Years of Narc (Hopkinton OSS)
Each one of these brave men and women, has a father with an union deputy's badge, a mother who learned marksmanship from the Boston Women's Rally, a battered women's shelter Asia pass, a doctor for their mother named either "Glen" or "Gwen" (a Marine NCO from a tradition dating back to 800 AD or later), and a stamp on their drive's license with a bird, silver.
Class of 2001:
Michael Clark: Matt Groening, Roman unions sabotage.
Michael O'Gormon: Jeffe Hennamen, Slayer lead guitar.
Chad Moritz: Giseppe Garibaldi, Italian foreign exchange.
Class of 2002:
Jimmy Haranas: Joseph Bulger, Catholic orphans lawyer.
Michael Giroux: Michael Giroux, the Highland Park Rapist.
Adam Luciano: Ernest Charlebois, FBI founder.
Class of 2003:
Alexandra Gaetano: Raffele Rousetti, Italian frogman.
Matthew Lennox: Bob Kahn, Bloody Mary children's limericks.
David Charlebois: Judas Iscariot, Friedrich Nietzsche undercover journalist.
Class of 2004:
Jenna Williamson: Ted Bundy, Corrections Union homicide prosecutor.
Matt Blakesly: Nathaniel Bedford Forrest, Jewish Solomon elect.
Chris Dumais: Meyer Lansky, Eshkol Prime Minister of Israel.
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Case di personaggi famosi da visitare
Più di 90 case di personaggi famosi sparse in tutta Italia aperte al pubblico. E' l'iniziativa organizzata dall'Associazione Nazionale Case della Memoria. La terza edizione delle Giornate nazionali delle case dei personaggi illustri si svolgerà oggi, 6 aprile, e domani. I visitatori potranno entrare nelle case in cui scrittori, musicisti, scienziati hanno vissuto anche solo parte della loro vita e scoprire il loro lato più intimo. Case di personaggi famosi: scrittori e poeti Se vi trovate nei pressi di Forlimpopoli, in provincia di Forlì-Cesena, non potete perdere Casa Artusi, sede dell'omonima Fondazione, un vero e proprio museo della cucina di casa. Pellegrino Artusi è il padre indiscusso della cucina moderna, il suo manuale "La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene" è presente ancora oggi nelle case degli italiani. Nella sua casa, un edificio di 2800 metri quadri ricavata dalla ristrutturazione del complesso monumentale della Chiesa dei Servi, trovano posto una scuola di cucina, una bottega, un ristorante ed enoteca. La casa di Tonino Guerra, a Pennabili in provincia di Rimini, è piena di cimeli di ogni tipo: un’antica chiave, uno scettro africano, un amuleto sciamano. Alle pareti si possono ammirare, accanto ai suoi pastelli e bozzetti, un disegno colorato di Wim Wenders, un acquarello di Michelangelo Antonioni, un De Chirico oltre a diverse opere di artisti russi. Le lettere di Pasolini, Natalia Ginzburg, Calvino, Fellini (solo per citarne alcuni) testimoniano la sua fortunata carriera di scrittore e di sceneggiatore. Politici e patrioti L’8 agosto 1867, la villa Tinti-Fabiani di Castelfiorentino, in provincia di Firenze, ospitò, anche se solo per una notte, il generale Giuseppe Garibaldi impegnato a raccogliere adesioni in Toscana in vista dell'imminente attacco allo Stato Pontificio. La villa conserva ancora la stanza in cui Garibaldi pernottò con gli arredi originali. A Ghirlaza, in provincia di Oristano, è possibile visitare la casa in cui Antonio Gramsci trascorse la sua infanzia e l'adolescenza. Acquistata dal PCI nel 1965, la casa è diventata il “Centro di documentazione e ricerca sull’opera gramsciana e sul movimento operaio”, un luogo che celebra la memoria dell'uomo, del politico, dell'ideologo, del suo pensiero e della sua opera nota in tutto il mondo. Papi , Santi e testimoni Tra le dimore visitabili in Sicilia vogliamo segnalarvi la casa di don Pino Puglisi e del giudice Rosario Livatino, entrambi beatificati dalla Chiesa. A Palermo, l'appartamento in cui don Puglisi visse dal 1969 al 1993 è diventata un Museo che testimonia la sua vita al servizio del prossimo e un centro di crescita spirituale. La casa del Giudice Rosario Livatino sita a Canicattì, in provincia di Agrigento, testimoniano la sua fede religiosa e la tempra morale. Valori che hanno segnato la sua carriera da magistrato fino alla morte avvenuta per mezzo della mafia. Cantanti e personaggi dello spettacolo Quasi vent'anni fa veniva realizza a Modena la Casa Museo Luciano Pavarotti. La villa in cui il maestro visse gli ultimi anni della sua vita conserva tutti gli oggetti a lui appartenuti e i ricordi legati alla sua carriera. Ambienti realizzati secondo le sue minuziose indicazioni che testimoniano perfettamente la sua personalità. La casa di campagna della famiglia Tognazzi a Velletri, invece, è la sede del Museo dedicato a Ugo Tognazzi. Un luogo dov'è possibile respirare aria di cinema grazie alla Fondazione dedicata all'attore romano simbolo indiscusso del cinema italiano. In copertina foto di Michele Bitetto su Unsplash Read the full article
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Calcio balilla paralimpico, grande entusiasmo a Messina per le finali di Coppa Italia e Campionato Italiano
Calcio balilla paralimpico, grande entusiasmo a Messina per le finali di Coppa Italia e Campionato Italiano. La stagione agonistica della Federazione Paralimpica Italiana Calcio Balilla (FPICB) si è chiusa nel fine settimana dall’1 al 3 dicembre con tante attività ospitate a Messina. Nella città siciliana, infatti, sono emersi i nomi dei vincitori - al termine di una serrata battaglia - della Coppa Italia e del Campionato Italiano, organizzati da Mediterranea Eventi, con la compartecipazione ed il patrocinio del Comune di Messina. I verdetti – emersi dal PalaRussello - hanno espresso la vittoria (nel singolo Pro) di Domenico Smario (Mocrini Linus), battendo in finale Daniele Riga (Abr IlCalbioBalilla). Ultimo gradino del podio per Roberto Silvestro (POLHA-VARESE Associazione Polisportiva per Disabili). Nel doppio Pro, hanno trionfato Daniele Riga (Abr Uzzo) - Luigi Iannone (ASD PowerSport Basilicata) davanti a Vito Loris Bonaldo - Francesco Perin (La Barena) e alla coppia formata da Francesco Valente (Calcio Balilla Sport) e Lorin Bagdasar (POLHA-VARESE Associazione Polisportiva per Disabili). Nella classe semi-pro, i nuovi campioni italiani sono Gianluca Vuodo - (ASD PowerSport Basilicata) e Lorin Bagdasar (POLHA-VARESE Associazione Polisportiva per Disabili). Secondi Luciano Gigante - Enzo Bonvissuto (POLHA-VARESE Associazione Polisportiva per Disabili) mentre al terzo posto Francesco Vento - Dino De Leo (Mediterranea Eventi). Per la Coppa Italia maschile trionfo di Riga – Iannone, di fronte a De Florio – Silvestro e Smario – Rotino. Tra le donne Alessia Rundo (Mediterranea Eventi) ha battuto Teresa Adduce (PowerSport Basilicata). Rundo è poi riuscita a concedere il bis anche nel Campionato Italiano. Le premiazioni sono state precedute dalle note suonate dalla banda della Brigata Aosta. Nella mattina di venerdì, inoltre, è giunto al termine anche il progetto di inclusione TUTTINSIEME “OSO FONDAZIONE VODAFONE & FONDAZIONE CON IL SUD” che ha coinvolto varie scuole. Il torneo interscolastico si è concluso con l’Istituto “Nino Martoglio” di Belpasso che è salito sul gradino più alto del podio. Secondo posto per il “Pietro Piazza” di Palermo, mentre al terzo posto l’Istituto “Scelsa” di Palermo e al quarto l’Istituto “Garibaldi” di Enna ed il “Terzo” di Milazzo. «Il bilancio che posso stilare al termine di questa tre giorni intensa è assolutamente fantastico – ha commentato Francesco Bonanno, presidente della FPICB –. Devo complimentarmi con gli organizzatori e ringraziare l’amministrazione comunale che ha sostenuto questa iniziativa che è stata un vero un successo, in termine di partecipazione di atleti (una cinquantina, ndr) e di pubblico. Qui a Messina abbiamo conosciuto nuovi amici”. Analizzando poi i risultati sportivi, Bonanno ha sottolineato come nuovi volti siano riusciti a salire sul podio: “fa molto piacere vedere nuove promesse e nuovi talenti, questo dimostra come il nostro movimento sia in continua crescita». In Sicilia, in occasione della giornata mondiale dei diritti dei disabili è stato organizzato anche un torneo dimostrativo DIR, con la proclamazione del vincitore, vale a dire la squadra Pro Sport Ravanusa. Soddisfazione anche da parte degli organizzatori che ritroviamo nelle parole di Alfredo Finanza, presidente di Mediterranea Eventi: «Siamo orgogliosi e onorati di essere stati scelti dalla Federazione per la tappa conclusiva della stagione. Speriamo che sia l’inizio di un lungo percorso da intraprendere insieme. Ringrazio tutto lo staff, i partner, i volontari e ovviamente l’amministrazione comunale. Abbiamo creato un gioco di squadra che ha funzionato perfettamente». L’evento si è svolto con la collaborazione del Comitato Italiano Paralimpico, ITSF e USacli e con il supporto di SuperAbile Inail, Inail, ErreaPro, Roberto Sport, Handytech, OffCarr e Autonomy. Partner locali dell’iniziativa sono stati AISM Sicilia, Triptop, Autoscuola Urso, New Delta, Orso in Duomo, Eureka, Explorer Informatica, Lustru ‘I Luna, Birrificio Messina, Cuppari Service e ANGLAT Messina.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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MUSEO DELLA REPUBBLICA ROMANA E DELLA MEMORIA GARIBALDINA
Il Museo della Repubblica Romana è concentrato nel tenere in vita i ricordi e la memoria di Garibaldi esponendo i suoi più preziosi busti, dipinti, incisioni, cimeli e plastici. Visitando e visionando questi ricordi, si può rivivere i luoghi e la storia di personaggi della Repubblica Romana del 1849 , periodo del Risorgimento. Il museo è strutturato in singole sezioni suddivise su quattro piani. Vi immergerete nei principali protagonisti dell’epoca e con approfondimenti multimediali e didattici che narrano di argomenti a livello politico e storico-artistico.
Nel salone al secondo piano, l’ambiente più grande e significativo del complesso, un video di forte impatto emotivo, sovrastante il plastico con la battaglia del 30 aprile, riproduce le immagini dell’assedio francese tra la primavera e l’estate del 1849.
Le ultime sale sono dedicate in modo particolare ad alcuni dei principali protagonisti che persero la vita durante la difesa della Repubblica Romana come Luciano Manara e Goffredo Mameli e alla Costituzione della Repubblica Romana, testo di straordinaria modernità emanato in Campidoglio quando ormai le truppe francesi erano entrate in città.
Durante i drammatici avvenimenti della primavera e dell’inizio estate del 1849, quando le truppe francesi aggredirono militarmente la Repubblica Romana ponendo la città sotto assedio per un intero mese, Porta San Pancrazio rivestì un ruolo di primaria importanza nella difesa disperata di Roma capeggiata da Giuseppe Garibaldi.
Se sei interessato a ripercorrere questo periodo storico della vita romana, puoi soggiornare a Roma in uno dei nostri B&B Roma adatto a te! Ci trovi nel B&B Roma centro, a pochi passi dai principali monumenti (e anche da Trastevere!); potrai trovare B&B e affittacamere Roma.
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“ A Porta Pia Garibaldi non c'era. Non in questo modo aveva sognato di entrarci. Neanche si fece vivo con uno dei suoi proclami e messaggi, ma, vecchio e malandato com'era, offrì i suoi servigi alla Francia repubblicana, cioè a uno stato sull'orlo del collasso. L'unica armata francese ancora in grado di battersi (infatti la repubblica non aveva accettato le condizioni dell'armistizio) era quella del generale Bazain, lo sconfitto del Messico, ma stava rinchiusa nella piazzaforte di Metz, cinta d'assedio. Il resto dell'esercito era in disfacimento: bande di dispersi battevano la campagna taglieggiando i contadini. Anche Parigi era in stato d'assedio. Ma il primo ministro Gambetta era l'uomo dell'avvenire: lasciò la capitale a bordo d'una mongolfiera e diede ordine, raggiunta Tours, che si cominciasse la guerriglia. Garibaldi era sbarcato a Marsiglia, dove tutti lo conoscevano e lo applaudivano. Il giorno dopo eccolo a colloquio con Gambetta, il quale gli affida il comando di « tutti i Corpi Franchi dei Vosgi da Strasburgo a Parigi ». Come titolo suonava bene: il guaio è che « tutti » questi Corpi Franchi in pratica si riducevano a un branco di quattromila sbandati di tutte le nazionalità, che indossavano le divise piú varie e impugnavano le armi piú disparate. C'erano polacchi e italiani, svizzeri e algerini, spagnoli e greci. C'erano i Figli Perduti di Parigi e i Volontari dell'Uguaglianza di Marsiglia, gli Esploratori di Gray e i Volontari della Morte e della Rivincita. Eppure Garibaldi riuscì a dare a questa torma di scamiciati un minimo d'ordine e di disciplina. Ai primi di novembre del '70 aveva in mano tre brigate in grado di battersi. “
Luciano Bianciardi, Garibaldi, Arnoldo Mondadori Editore (collana L'Intrepida-Avventure), 1972¹; pp. 107-108.
#Luciano Bianciardi#Garibaldi#letture#leggere#libri#Roma#breccia di Porta Pia#opere postume#XIX secolo#risorgimento#libri per ragazzi#biografie#saggistica#saggi#Parigi#Metz#intellettuali italiani del XX secolo#Francia#Napoleone III#Vosgi#guerra franco-prussiana#Marsiglia#Giuseppe Garibaldi#Tours#Secondo Impero francese#Léon Gambetta#Messico#Europa#citazioni letterarie#François Bazaine
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Adoro i pregiudizi, i luoghi comuni
mi piace pensare che in Olanda
ci siano sempre ragazze con gli zoccoli
che a Napoli si suoni il mandolino
che tu aspetti un po’ in ansia
quando cambio tra Lambrate e Garibaldi.
Luciano Erba
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9 NOVEMBRE
Pochi giorni fa si celebrava la Liberazione di Forlì e come ogni anno mi piace raccontare un episodio legato a quei giorni. Si è sempre detto che il primo a entrare in città fu un battaglione scozzese. Ma esiste anche un’altra storia, che inizia finalmente a circolare e che vede i partigiani forlivesi protagonisti nella liberazione della propria città. Al grosso dell’8° Brigata Garibaldi fu formalmente impedito dagli inglesi di partecipare, ordinando loro di restare a Meldola e i bollettini della brigata lo confermano, ma i partigiani raccontano che furono le squadre di gappisti e le SAP del centro a cacciare i tedeschi. Esiste una mappa dove sono indicati i luoghi dove i partigiani erano concentrati per l’insurrezione di Forlì, che secondo i piani doveva avvenire ai primi di novembre: via delle Torri, via Vittorio Veneto, via G. Regnoli, il seminterrato dell’attuale campus universitario… e c’erano zone dove erano state nascoste le armi pronte per’azione: l’arena forlivese e il calzaturificio Zanotti, per citarne due. Nella notte del 1° novembre il commissario della 29° Brigata GAP Pino Maroni fu sorpreso all’altezza del ex palazzo Becchi e poi ucciso dai tedeschi proprio mentre si stava recando a prelevare alcune armi. Nonostante il “blocco” degli inglesi, il piano partigiano fu confermato e ordinato da Tabarri, comandante dell’8° Brigata. I collegamenti tra la brigata bloccata a Meldola e le squadre del centro storico erano tenuti da Luciano Lama. Le testimonianze di Sergio Flamigni e Luciano Marzocchi raccontano che nella notte i gappisti attaccarono i tedeschi in corso Diaz, Pelacano, Gorizia e viale Corridoni, dove fu colpita una colonna di carri con bombe a mano e armi automatiche. Il mattino del 9 novembre i partigiani occuparono la questura di Forlì, il municipio, il palazzo della prefettura e “nel pomeriggio i carri armati Alleati entrarono in città”. Secondo il partigiano Iader Miserocchi “gli Alleati entrarono a Forlì il 9 novembre, trovando la città già in mano ai partigiani che avevano organizzato un’insurrezione guidata da Lama.” Una volta raggiunta la piazza, gli inglesi trovarono i gappisti che li attendevano con il comunista Franco Agosto da loro nominato come sindaco. “Alla mattina del 9 di novembre - raccontò il partigiano Pasaròt - venne l’ordine di occupare Forlì e allora siamo usciti. Sembrava non ci fosse nessuno e invece quanta gente c’era che venne fuori a salutare alle finestre e ai balconi… e così sono arrivati gli inglesi che Forlì era già occupata dai partigiani.” Gli inglesi pubblicarono la notizia che Forlì era finalmente libera, prendendosi i meriti di essere stati i primi a entrare nella “città del Duce”, omettendo che la città fosse già in mano ai civili armati, cosa confermata anche dai partigiani Galio Rossi e Giovanni Nanni, che raccontarono che gli inglesi erano al Ronco e furono i partigiani che andarono loro incontro per accompagnarli nella città già libera. Ciò da finalmente significato a una frase legata a quei giorni e che a Forlì circolò per anni: “Vai a chiamare gli inglesi.”
[foto: soldati neozelandesi in Piazzale della Vittoria, 10 dicembre '44]
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⚠️ UN GRANDE BEST-SELLER
TORNA IN LIBRERIA ⚠️
Luciano Garibaldi
LE SOLDATESSE IN GRIGIOVERDE
Con il memoriale di Piera Gatteschi Fondelli,
Generale delle Ausliarie
I più famosi storici che hanno dedicato le loro fatiche allo studio della guerra civile hanno stranamente omesso di parlare delle Ausiliarie.
Esse – in numero di circa seimila – furono vere e proprie soldatesse volontarie, con tanto di divise, mostrine e gradi. Non uccisero mai, anche perché avevano il divieto di portare le armi. In compenso furono uccise, violentate o torturate, spesso anche a guerra terminata.
Il presente testo – già noto al grande pubblico e adesso ristampato in una nuova veste – colma questa lacuna. A parlare, nel suo memoriale inedito, è Piera Gatteschi Fondelli (1902-1985), comandante delle Ausiliarie e unico generale donna della storia d’Italia, chiamata a dirigere migliaia di volontarie nel più drammatico periodo della nostra storia. Salvatasi avventurosamente, rimase vedova e visse una vita tranquilla e ritirata: tra il 1984 e il 1985, prima di morire, dettò le sue memorie al giornalista e storico Luciano Garibaldi.
Ciò che si trova racchiuso in queste pagine – senza dubbio – è un documento di inestimabile valore, che restituisce al dibattito storico le testimonianze di queste giovani donne in grigioverde.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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“L’ordine di fucilare Mussolini e i suoi ministri non esisteva”. Chi ha ucciso davvero il Duce? Dialogo con Luciano Garibaldi
28 aprile 1945, Giulino di Mezzegra, frazione di Tremezzina, Como. In un luogo marginale fino all’invisibile muore, condannato senza processo, catturato mentre è in fuga, Benito Mussolini. Con lui, Claretta Petacci. Di quel giorno, che paradosso, l’unica cosa certa è che non è certo ciò che certamente trovate sui libri di Storia. Che a uccidere, cioè, sia stato il “Colonnello Valerio”, riconducibile al partigiano Walter Audisio, ragioniere di Alessandria, in seguito deputato e Senatore della Repubblica con giacca comunista. Si dirà che ciò che conta non sono i fatti, ma gli esiti. Non è proprio così: sul corpo di un capo si costruisce una leggenda; sul cadavere di un dittatore si sancisce l’identità di una nazione. E, a volte, è meglio non sottilizzare sui mandanti, non perdersi in sottigliezze, per dare al mito – che per esistere ha bisogno di un morto: meglio se analizzato, a testa sotto, in tutti i suoi particolari anatomici, meglio ancora se sfigurato – una dimensione statuaria, limpida, ‘pulita’ (resa ‘pop’, ad esempio, dal film di Carlo Lizzani, Mussolini ultimo atto, con Rod Steiger/Mussolini e Franco Nero/Valerio). Dal 1994, attraverso una serie di servizi su La Notte, Luciano Garibaldi, giornalista che ha il pregio della schiettezza (e che non si finge storico), comincia a mettere in chiaro le incongruenze sulla morte di Mussolini e a comporre un libro, La pista inglese (prima edizione Ares, 2002), che ipotizza l’azione dei servizi britannici nell’omicidio del Duce. Sarebbe stato Churchill a voler eliminare l’antico collaboratore Mussolini, quindi a istigare la strategia dei partigiani. Usiamo il condizionale – il fatidico ‘carteggio Churchill-Mussolini’ è l’Atlantide di ogni contemporaneista – ma lo studio di Garibaldi possiede: dono della sintesi, dote di fonti, vis polemica. Tra i libri di Garibaldi, tra l’altro, ricordiamo Mussolini e il professore. Vita e diari di Carlo Alberto Biggini (Mursia, 1983), Vita col Duce. L’attendente di Mussolini, Pietro Carradori, racconta (Effedieffe, 2001), Operazione Walkiria. Hitler deve morire (Ares, 2008).
Partiamo dal “Colonnello Valerio”, ossia Walter Audisio: quale fu il suo ruolo effettivo nell’operazione che portò alla morte di Mussolini e di Claretta Petacci?
Il “colonnello Valerio” – che secondo i testi di storia era il ragioniere Walter Audisio, secondo “Bill” (Urbano Lazzaro, il comandante partigiano che catturò il Duce del fascismo) era Luigi Longo, numero due del PCI, ma che ancora oggi nessuno sa chi davvero fosse – giunto a Dongo nel primo pomeriggio di sabato 28 aprile 1945, annunciò sulla pubblica piazza che aveva ricevuto l’ordine dal Clnai (Comitato di liberazione nazionale Alta Italia) di giustiziare sul posto “Mussolini e i ministri di Salò”, catturati dai partigiani mentre cercavano di fuggire. Non ubbidì alla lettera. Di Mussolini, avendolo trovato già morto, “fucilò” il cadavere, e quanto agli altri, non si limitò ai “ministri di Salò”, ma per far numero (e perfino il quindici gli restò stretto), fece sparare su un capitano dell’Aeronautica, un impiegato del ministero dell’Interno, un giornalista, un vecchio ex comunista e così via.
Chi ordinò l’esecuzione capitale di Mussolini?
L’ordine di fucilare Mussolini e i suoi ministri non esisteva. Il Clnai, rappresentante legittimo del Governo Bonomi nell’Italia del Nord, non aveva emesso alcuna condanna a morte, che peraltro non era di sua competenza, né tantomeno alcun ordine di esecuzione. Sandro Pertini, rappresentante del Partito Socialista all’interno del Clnai, nel discorso pronunciato alla radio alle ore 20 del 27 aprile (quindi parecchie ore dopo la notizia che Mussolini era stato catturato) e ritrasmesso alle ore 13 del giorno seguente (Mussolini era già morto), disse: «Egli dovrà essere consegnato a un Tribunale del popolo perché lo giudichi per direttissima. Egli dovrà essere e sarà giustiziato. Questo noi vogliamo, nonostante che pensiamo che per quest’uomo il plotone d’esecuzione sia troppo onore: egli meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso». Senza il “cane tignoso” ma con analogo riferimento alla necessità di un “tribunale” furono le dichiarazioni dei rappresentanti del Partito d’Azione Leo Valiani, della Democrazia Cristiana Achille Marazza e del Partito Liberale Giustino Arpesani. E sulla stessa lunghezza d’onda quelle di Ferruccio Parri, ancora nascosto in Svizzera, che aggiungerà: «Quanto ai fucilati sulla piazza di Dongo che “Valerio” scelse secondo criteri che ignoro, mi pare che vari di essi non meritassero, in assoluto, quella fine». In effetti, il Clnai era tenuto a osservare il Dll (Decreto legislativo luogotenenziale) n. 142 del 22 aprile 1945, che riguardava “i delitti commessi da Mussolini e dai ministri fascisti” e istituiva, per giudicarli, le CAS (Corti d’assise straordinarie). Perché il Clnai avrebbe dovuto agire illegalmente? Per ribellione al Governo del Luogotenente? Non esisteva la benché minima ragione per farlo. È che, di fronte al fatto compiuto, cioè all’avvenuta uccisione di Mussolini e di Claretta Petacci a opera dei servizi britannici, previ frenetici e convulsi accordi con Roma, il Clnai fu costretto a farfugliare la ridicola rivendicazione postuma, concepita, sottoscritta e diramata alla stampa il 29 aprile. La seguente: «Il Clnai dichiara che la fucilazione di Mussolini e complici, da esso ordinata, è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro Paese ancora coperto di macerie materiali e morali», eccetera, eccetera.
Corriere della Sera, 9 febbraio 1994: si rendono note le scoperte di Luciano Garibaldi in merito alla morte di Mussolini
Torniamo al “colonnello Valerio”: quali sono i particolari che rendono la sua figura piuttosto ombrosa dal punto di vista storico?
Per descrivere nel dettaglio le contraddizioni in cui inciampò, nei 23 anni che gli rimasero da vivere dopo quell’aprile 1945, il ragionier Walter Audisio (presentato dal PCI come il “colonnello Valerio”), non basterebbe un libro. Ma restiamo alle più eclatanti. Nel memoriale dettato a l’Unità e pubblicato dal quotidiano tra il 18 novembre e il 17 dicembre 1945, indugiava con grande enfasi sul botta e risposta avuto con Claretta, quando le negò il permesso di infilarsi le mutandine. Un episodio che fu contraddetto all’epoca da Lia De Maria, in casa della quale erano stati condotti prigionieri il Duce e la Petacci, e che rivelò come Claretta dovesse per forza già indossare quel capo intimo essendo nei giorni delle mestruazioni. Orbene, nel libro di Audisio In nome del popolo italiano, uscito postumo nel 1975 (Teti Editore), l’episodio scompare. Fanno invece capolino altre assurdità: come quella che Walter-Valerio si sarebbe rivolto insistentemente col “tu” a Mussolini, pur avendogli dato a bere di essere un fascista venuto a liberarlo. Infine, il libro si diffonde nel descrivere la viltà tremebonda di Mussolini di fronte al suo “giustiziere”, particolare smentito dagli stessi partigiani comunisti, come Michele Moretti “Pietro”, e Aldo Lampredi “Guido”. Il 23 gennaio 1996 l’Unità pubblica la relazione sui fatti scritta da Aldo Lampredi, “Guido”, funzionario del PCI, e da lui consegnata nel 1975 all’onorevole Armando Cossutta. Dalla relazione si evince che Mussolini, al momento di morire, non sbavò (versione Audisio), né tuonò “Viva l’Italia!” (versione Moretti), ma gridò: “Mirate al petto!”. Inspiegabile e senza ragione questo postumo riconoscimento dell’organo ufficiale comunista reso a un uomo (Mussolini) demonizzato per oltre mezzo secolo, da parte di una persona (Lampredi), che tutto fino a quel momento lasciava intendere non fosse stata neppure presente alla morte del Duce. Sta di fatto che tale significativa dichiarazione fu estratta da un cassetto dopo ventuno anni, nel bel mezzo dell’infuriare delle polemiche sulla “pista inglese” avanzata dal sottoscritto (e avvalorata dalle dichiarazioni del professor Renzo De Felice) e sulle incongruenze della “vulgata” comunista. Il verbale dell’autopsia del Duce redatto dal professor Caio Mario Cattabeni rileva che nello stomaco di Mussolini non v’era alcuna presenza di cibo. Al contrario di quanto affermato sia da Walter Audisio, sia dalla Lia De Maria, secondo cui il prigioniero avrebbe mangiato, a mezzogiorno del 28 aprile, latte, polenta, pane, salame e frutta. Questo particolare avvalora l’ipotesi che Mussolini non poté consumare quel pranzo, perché a quell’ora era già morto.
Quali prove esistono per avvalorare la tesi della fucilazione di Mussolini e Claretta avvenuta nella mattinata del 28 aprile, e non nel pomeriggio?
Esiste un lungo studio (una copia del quale, ben trecento pagine, da decenni in mio possesso) redatto dal compianto professor Aldo Alessiani, per 40 anni consulente medico legale del Tribunale di Roma, da cui – in base a osservazioni sulla traiettoria dei proiettili e sulla rigidità cadaverica al momento dell’autopsia – si evince che la morte di Mussolini non può che risalire al mattino del 28 aprile e i colpi non possono essere stati sparati che dall’alto verso il basso e non dal basso verso l’alto, come invece sarebbe accaduto qualora la fucilazione fosse avvenuta dinanzi al cancello di Villa Belmonte. Peraltro vi sono due domande alle quali la “vulgata” (definizione di Renzo De Felice) non ha mai saputo rispondere: Perché l’esecuzione dei “quindici” a Dongo fu consumata coram populo, mentre quella di Mussolini e della Petacci avvenne segretamente? E perché, nel secondo caso, tutti gli abitanti della zona furono mandati via e nessuno poté assistervi? Il PCI e il CVL non lo hanno mai spiegato.
Che credito ha la sua ipotesi? Non tutti la pensano come lei…
Mi limito a ricordare i più importanti scritti che confutano la “vulgata” tuttora – a 75 anni dai fatti – insegnata ai ragazzi delle nostre scuole. In primo luogo collocherei un autorevolissimo esponente della Resistenza, Urbano Lazzaro “Bill”, vicecomandante della 52.a Brigata Garibaldi, nonché l’uomo che catturò Mussolini, il quale, nel suo libro «Dongo, mezzo secolo di menzogne» (Mondadori, 1993) ricostruisce minuziosamente la morte di Mussolini, collocandola al mattino del 28 aprile dinanzi a casa De Maria e attribuendola non già a Walter Audisio, ma appunto al numero due del PCI, Luigi Longo, comandante in capo delle Divisioni “Garibaldi”. Nel testo ormai “classico” di Franco Bandini Vita e morte segreta di Mussolini (Mondadori, 1978) per la prima volta la morte di Mussolini e della Petacci viene collocata nella mattina del 28 aprile dinanzi a casa De Maria, mentre alle 16,30, davanti al cancello di Villa Belmonte, furono “rifucilati” i due cadaveri, per accreditare la versione ufficiale nel frattempo decisa nel corso delle frenetiche telefonate tra “Valerio” e i vertici del PCI e del CVL (Comando volontari della libertà). Già nel 1950, il grande giornalista Paolo Monelli, nella sua opera storica Mussolini piccolo borghese (di cui possiedo copia regalatami da Monelli con dedica personale), sottolineava le contraddizioni che rendevano inverosimile la ricostruzione “ufficiale” della morte di Mussolini. Lo storico mantovano Alessandro Zanella, prematuramente scomparso, nel libro «L’ora di Dongo» (Rusconi, 1993), ricostruisce la fucilazione di Mussolini e della Petacci come avvenuta la mattina del 28 aprile davanti a casa De Maria, a opera del “capitano Neri” (Luigi Canali), della partigiana “Gianna” (Giuseppina Tuissi) e dei loro compagni, basando tale sua ricostruzione su un documento giudiziario coevo da lui ritrovato, in cui il fratello della partigiana “Gianna” attribuisce alla sorella e a “Neri” il merito (o la responsabilità) dell’evento. Il che può ben valere anche nel caso che i mandanti o gli esecutori materiali siano stati agenti agli ordini dei servizi britannici, come apertamente affermato da Bruno Giovanni Lonati, che dopo 50 anni di silenzio, rivela, nel suo libro «Quel 28 aprile. Mussolini e Claretta: la verità» (Mursia, 1994), di essere stato lui, agli ordini dei servizi segreti britannici, ad uccidere il Duce, mentre l’inglese “capitano John” sparava a Claretta. Ma non è tutto. Anche secondo la testimonianza di Dorina Mazzola, raccolta da Giorgio Pisanò e pubblicata nel libro «Gli ultimi 95 secondi di Mussolini» (Il Saggiatore, 1996), Mussolini e la Petacci furono uccisi la mattina del 28 aprile sotto casa dei De Maria a Bonzanigo.
Luciano Garibaldi ha pubblicato “La pista inglese” con le Edizioni Ares nel 2002; il libro è costantemente in ristampa
Perché Churchill avrebbe tramato per togliere di mezzo il Duce?
Numerosi documenti pubblicati nel fondamentale libro di Ricciotti Lazzero «Il sacco d’Italia» (Mondadori, ’94) offrono ben di più di una semplice traccia sull’effettività dei contatti segreti tra Mussolini e Churchill negli anni 1944-45, dando anche un’indicazione attendibile sulla natura degli stessi. Da alcune registrazioni di telefonate e da varie lettere tra il Duce e la Petacci (lettere tutte fotografate, prima di venire consegnate ai due destinatari, dai tedeschi di guardia a Mussolini), materiale “venduto” a Lazzero dal generale Karl Wolff, comandante delle Waffen SS in Italia (che non rilasciava mai interviste senza farsi lautamente pagare), si evince come Churchill nel ’44 avesse già individuato in Stalin il pericolo più grande per l’Occidente, e premesse su Mussolini per un maggior coinvolgimento di Hitler sul fronte sovietico. Con la caduta del Reich e del fascismo, sullo sfondo degli accordi di Yalta tra Washington, Londra e Mosca, i servizi segreti britannici avrebbero avuto comprensibili motivi perché su quei contatti tra Churchill e Mussolini calasse il sipario. Questa è la sostanza del cosiddetto “carteggio Mussolini-Churchill”. Personalmente ne ebbi una definitiva conferma dall’attendente del Duce, Pietro Carradori, che mi rivelò i numerosi incontri riservati tra Mussolini e gli agenti britannici inviati dal premier di Londra. Lo scopo finale era persuadere e convincere Hitler a cessare la resistenza in Occidente per rivolgere tutte le sue forze contro l’avanzata dell’Armata Rossa verso l’Europa. Tutto raccontato nel mio libro «Vita col Duce» (Effedieffe editore, 1999). La mia ricostruzione avrà poi una clamorosa conferma nel libro di Peter Tompkins «Dalle carte segrete del Duce» (Marco Tropea editore, 2001), che sposerà senza riserve la “pista inglese”. Non dimentichiamo che Tompkins era stato, negli anni 1944-45, agente della CIA americana in Italia.
Si continua a parlare di un misterioso “carteggio Mussolini-Churchill”, che sarebbe stato sottratto al Duce al momento della sua cattura nel camion tedesco sulla strada occidentale del lago di Como, poco prima di Dongo. Carteggio requisito dai partigiani della 52.ma Brigata “Garibaldi” e da essi consegnato agli agenti di Churchill.
L’ipotesi è sicuramente verosimile e attendibile. Ma c’è di più. E si tratta della storia, tutta da ricostruire, della copia di quel carteggio, che Mussolini avrebbe consegnato all’uomo di cui si fidava al cento per cento: il suo ministro dell’Educazione Nazionale Carlo Alberto Biggini. Me ne sono occupato a lungo nel mio libro «Mussolini e il Professore. Vita e diari di Carlo Alberto Biggini» (Mursia, 1989). La morte di Biggini, amico personale di Mussolini e depositario delle sue più riservate confidenze, resta avvolta nel mistero. Fu ricoverato in clinica a Milano, appena 43enne, all’indomani della Liberazione, per una grave forma di tumore fulminante. Ma ci sono autorevoli dichiarazioni, come quella di padre Agostino Gemelli, che smontano una tale diagnosi. Quel che è certo è che Biggini morì lontano dai congiunti e chi lo assistette negli ultimi istanti negò in seguito ogni contiguità con lui. Certamente la sua scomparsa ebbe come principale conseguenza il più totale silenzio sui documenti che il Duce gli aveva consegnato in copia poco prima della fine. Quei documenti, nelle speranze del capo del fascismo, avrebbero dovuto salvargli la vita e rendere ragione della politica italiana sul finire della guerra. Quei documenti scomparvero e non furono d’aiuto né a Mussolini né tantomeno al suo fedele ministro. Le tracce che danno per certa l’esistenza di un carteggio segreto Mussolini-Churchill, posteriore al 1940, e che passano perfino attraverso la bocca cucita dell’allora ambasciatore giapponese a Roma Shinrokuro Hidaka, conducono a quella borsa ricevuta in consegna da Biggini. E scomparsa per sempre.
*In copertina: Rod Steiger come Mussolini e Oliver Reed come Rodolfo Graziani in “Il leone del deserto” (1981)
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Fatima vero centro del mondo, non solo per i cattolici
Fatima vero centro del mondo, non solo per i cattolici
Papa Francesco il 13 maggio 2017 sarà a Fatima per il centenario delle apparizioni. Non vanno dimenticate le decisione di Giovanni XXIII e Paolo VI di non pubblicare il Terzo Segreto. Una storia della Chiesa nell’ultimo secolo raccontata nell’ultimo libro del giornalista Luciano Garibaldi. (more…)
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Il ministro degli interni Matteo Salvini non celebrerà il 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo. “Non andrò all’altare della patria per ricordare i partigiani. Non mi interessano le dispute tra i fascisti e comunisti, piuttosto, andrò a Corleone per liberarci da mafia, camorra e ‘ndrangheta, e lo farò accanto alle forze dell’ordine”. Queste sono le dichiarazioni del ministro Salvini, che con questo atto vuole offuscare il valore della giornata del 25 aprile che ricorda il giorno in cui l’Italia fu liberata dai nazifascisti, con il sacrificio degli uomini e delle donne partigiani e partigiane. Forse il ministro degli interni non sa che Corleone è sì il paese “simbolo” delle mafie, ma anche il paese di Placido Rizzotto. Bene, tocca a noi ricordarglielo. Placido Rizzotto, partigiano socialista, combattente nelle brigate Garibaldi. Segretario della camera del lavoro di Corleone, ucciso dalla mafia il 10 marzo 1948. Ucciso perché organizzò le occupazioni delle terre incolte che appartenevano ai “cappeddi“. La mafia di Corleone, comandata dal boss dottore Navarra proteggeva i padroni e opprimeva i braccianti agricoli, togliendo diritti e dignità. Il giovane sindacalista Placido Rizzotto ebbe il coraggio di sfidare i mafiosi come aveva sfidato i fascisti da partigiano. La mafia non esitò a ucciderlo per mano di Luciano Liggio, detto Lucianeddu u sciancatu, lo uccise a colpi di pistola e poi fu gettato in una foiba in aperta campagna. Ci vollero molti anni per riconoscere i suoi resti e dargli una degna e giusta sepoltura. Ci auguriamo che gli uomini, le donne, ma sopratutto i ragazzi e le ragazze di Corleone, il 25 aprile, quando il ministro si presenterà nel loro paese grideranno che questo luogo è un luogo di resistenza partigiana, oltre che quello di resistenza alla mafia. Che ricordino, che i loro nonni e bisnonni contadini, con la banda in testa occuparono le terre innalzando le mille bandiere rosse, guidati dal partigiano Placido Rizzotto. Perché, il passato, per quanto odioso, terribile e violento, non tace e prima o poi urla. Giovanni Caruso
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Ho voluto fare una ricerca per capire quante sono le persone a vario titolo attaccate, prese di mira o insultate da Matteo Salvini da quando è ministro. Escludendo le categorie generiche (i "rosiconi", i "radical-chic", i "professoroni", le Ong) ho stilato la seguente lista, sicuramente incompleta ma nella quale non mancano le sorprese. Non c'è molto da dire, le parole "bullo" e "prepotente" sono le uniche due che mi vengono in mente. PERSONE ATTACCATE DA MATTEO SALVINI DAL PRIMO GIUGNO A OGGI: Gad Lerner; Roberto Saviano; Laura Boldrini; Gino Strada; Padre Zanotelli; don Paolo Tofani parroco di Pistoia; Matteo Renzi; Maria Elena Boschi; Aboubakar Soumahoro; Eugenio Scalfari; Elsa Fornero; Alan Friedman; JAx; Emanuelle Macron; Luigi De Magistris; Enrico Rossi; il settimanale Left; Leoluca Orlando; Maurizio Martina; Claudio Baglioni; Massimo Cacciari; Famiglia Cristiana; Luciano Canfora; Mario Monti; Heater Parisi; Susanna Camusso; Francesca Re David; il prof. Alex Corlazzoli; Fabio Fazio; Morgan; Carlo Lucarelli; l’Associazione Nazionale Partigiani; la Cgil; l’Arci; Piero Sansonetti; Valentina Nappi; Giuseppe Genna; Marco Minniti; Pamela Anderson; Gonzalo Higuain; Frankie Energy; i Pearl Jam; Beppe Sala; Jean-Claude Juncker; Tito Boeri; Armando Spataro; Mario Draghi; monsignor Galantino; l’Unicef; Mimmo Lucano; Virginia Raggi; Roberto Fico; Mario Balotelli; il rapper Gemitaiz; Asia Argento; Fiorella Mannoia; Nina Zilli; Ghali; Oliviero Toscani; Chef Rubio; Michele Riondino; Don Biancalani; il sindaco di Latina Damiano Coletta; Pif; il rapper francese Nick Conrad; l’Associazione Nazionale Magistrati; il ministro del Lussemburgo Jean Asselborn; Spike Lee; Ugo De Siervo; Pierre Moscovici; Gianluigi Donnarumma; Giovanni Malagò; il rapper Salmo; Michela Murgia; la preside della scuola elementare Anita Garibaldi di Terni; la Cina; Avvenire; Hezbollah; il vescovo di Caltagirone; , il ministro francese Nathalie Loiseau; Marco Damilano; Vauro; Yanis Varoufakis; Repubblica; Giampiero Mughini; il sindaco di Barcellona Ada Colau; Martin Schulz; Federico Fubini; Reinhold Messner; Lello Arena; Valeria Fedeli; Udo Gumpel; il Roma Pride; Emma Bonino; Fabrizio Corona; la Coca-Cola. Federico Mello mancano: Francesco Di Gesù a cui ha dato del cretino 3 volte per i selfi al funerale di Genova I Pearl Jam Rino Gattuso Due liceali minorenni additate al ludibrio dei suoi fans su FB il cittadino che ha denunciato la capotreno razzista di Trenord Elsa di Frozen Claudio Baglioni Fabio Fazio Coca-Cola: durante un comizio ha sostenuto che gli faceva schifo perché è sponsor Gay Pride Higuain Pamela Anderson Rolling stone la rivista La Cina Ministro di tutti Capitan Coniglio
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Rovigo: Stefano Accorsi è il protagonista di Azul, come chiudere in bellezza la Stagione di Prosa del Teatro Sociale di Rovigo
Rovigo: Stefano Accorsi è il protagonista di Azul, come chiudere in bellezza la Stagione di Prosa del Teatro Sociale di Rovigo. Azul, l'opera che chiude la stagione di prosa del Teatro Sociale di Rovigo, inscena la storia di un’amicizia inossidabile che aiuta ad affrontare la vita: in una città dove il gioco del pallone è febbre, amore e passione, quattro amici fanno i conti con le loro rispettive vite e facendo affiorare ricordi provano a ricostruire una serenità andata a pezzi, li accomuna la passione per la squadra del cuore e le infanzie fiabesche. Sono fatti di materia semplice come il pane, ma la domenica, allo stadio, si fanno travolgere da una furia che ogni volta li sconquassa. C’è gioia, amarezza, ironia e tanta voglia di sorridere mentre evocano le vittorie, le sconfitte e le tragedie che hanno condiviso negli anni. «Ho sempre raccontato storie di personaggi carichi di umanità, fragili e trasognati. Il mio teatro - dichiara l’autore e regista Daniele Finzi Pasca - è costruito riproducendo il linguaggio dei sogni. Ho avuto la fortuna di incontrare questi quattro attori carichi di umanità, mestiere e passione. Con loro è stato facile dare vita a questa piccola rapsodia dedicata a quanti non si danno mai per vinti». Appuntamento quindi mercoledì 8 marzo alle 21 con Azul: Gioia, Furia, Fede y Eterno Amor al Teatro Sociale di Rovigo. Scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca e con Stefano Accorsi, Luciano Scarpa, Sasà Piedepalumbo, Luigi Sigillo; designer luci Daniele Finzi Pasca; scene di Luigi Ferrigno; costumi di Giovanna Buzzi; video designer Roberto Vitalini; musiche originali di Sasà Piedepalumbo. Per ulteriori informazioni rivolgersi al botteghino del Teatro Sociale di Rovigo in piazza Garibaldi, 14 attraverso numero di telefono 0425 25614 o per e – mail [email protected]. Gli orari di apertura sono i seguenti: 9.00-13.00 / 15.30-19.30 giorni di spettacolo: • mattutini 8.30/13.00 - 15.30/19.30 • matinée 9.00/13.00 -15.00/19.30 • serali 9.00-13.00 / 15.30-22.30 Giorno di chiusura: domenica. Aperto nei giorni di spettacolo domenicale con chiusura il lunedi successivo. Info prezzi su www.comune.rovigo.it/teatro e www.myarteven.it La stagione 22.23 del Teatro Sociale di Rovigo è realizzata grazie al contributo e alla collaborazione di: Ministero della Cultura, Regione del Veneto, Comune di Rovigo, Fondazione Cariparo, Fondazione Banca del Monte, Fondazione Rovigo Cultura, Banca del Veneto Centrale, Asm set, Arteven, Associazione Musicale Francesco Venezze, Conservatorio Statale di Musica Francesco Venezze. Mediapartner La Piazza.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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💣💥 BOOM, NINA ZILLI IN PIAZZA A FIDENZA BIG TALK CON ERNESTO ASSANTE E IL POP, COMMOSSO, RINGRAZIA E se vi dicessimo che nell’arena naturale della piazza più pop di Fidenza arriverà uno di quegli incontri belli belli? Ad esempio tra un grandissimo giornalista che racconta meglio di tutti le storie del pop italiano e internazionale e una cantautrice che di sicuro – siate sinceri! – vi ha fatto ballare quel centinaio di volte? Ok, allora ve lo diciamo: 📆 Venerdì 8 luglio, ore 21:00 📍 Piazza Garibaldi ✅ Ingresso libero 😎 ERNESTO ASSANTE Firma di punta de La Repubblica, critico, blogger e tanto altro in radio e in tv. Pensate ad una superstar della musica. Fatto? Bene, Ernesto l’ha intervistata. Piccola perla per i cultori: ha lavorato con big Luciano Pavarotti come autore del mitico Pavarotti & Friends. Insomma, Ernesto per chi ama la musica è tanta roba. 😍 NINA ZILLI Servono presentazioni? Diciamo che il soul e l’r&b come li canta lei in Italia non lo sa fare nessuno. Da un mesetto è uscito il suo nuovo singolo “Munsta” e… 📚✍️ qui a Fidenza presenterà il suo primo libro: L’ULTIMO DI SETTE 🕵️ + 🎭 + ❤️Arte, caos e amore. Una storia fuori tempo per chi non crede nelle coincidenze. Il primo, strepitoso romanzo di una delle più amate cantautrici italiane. #borgomania #eccofidenza #bigtalk #fidenza (at Fidenza, Italy) https://www.instagram.com/p/Cfe5ATBN4rD/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Preso suspeito de matar motorista de ônibus em Viamão
Preso suspeito de matar motorista de ônibus em Viamão
Agentes da Polícia Civil de Viamão prenderam nesta quarta-feira (22) o homem suspeito de assassinar com uma facada no tórax, Luciano Pinto, 41 anos, no momento em que este dirigia um ônibus da empresa Viamão. O crime ocorreu no cruzamento da rua José Garibaldi com a ERS-118 em Viamão. Até o momento a polícia não divulgou informações sobre a detenção, como o local e as circunstâncias em que…
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