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#La terra promessa
queerographies · 2 years
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[Teatro][Guillem Clua]
Il meglio della produzione del drammaturgo catalano, sei testi capaci di restituire, dalla scena alla pagina, un’umanità sempre viva e dalle mille sfaccettature.
Uno Stato immaginario scomparso a causa dei cambiamenti climatici, una misteriosa epidemia globale, un giudice che nasconde la propria omosessualità: pur trattando gli argomenti più disparati, il lavoro di Clua riesce ad affrontare in maniera originale ed eclettica il tema della diversità e della complessità del mondo contemporaneo. Il volume raccoglie il meglio della produzione del drammaturgo…
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Giuseppe Ungaretti, “Ultimi cori per la Terra Promessa”.
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fujikoi · 2 years
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Duellarono fino all’ultimo minuto per aggiudicarsi Sanremo 2001. Una con Luce, arrivando prima; l’altra con Di sole e d’azzurro, seconda classificata. 22 anni dopo, Elisa e Giorgia saranno nuovamente insieme sul palco del Teatro Ariston
che anno fu? luce e di sole e d´azzurro stesso anno.
Al Festival ci sarà anche Eros Ramazzotti, atteso venerdì 10
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projetovelhopoema · 1 month
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Há tantas promessas quebradas e junto delas, talvez, um coração partido. A incapacidade de um ser prometer ao outro coisas das quais ele mesmo não sabe se irá cumprir, chega ser insignificante. Tantos corações estilhaçados com a ideia do para sempre, cheios de promessas vazias e nem um esforço para sequer cumpri-las. É questionável, é lamentável saber que existirão pessoas que olharão no fundo da sua alma e te prometerão céus e terras, talvez exista alguém que as cumpra, mas o mundo anda tão cruel, que amar virou uma brincadeira, a valorização se tornou algo difícil.
— Carolina Alves em Relicário dos poetas.
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ninoelesirene · 4 months
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Tanti anni fa ho incontrato una rapa. Parlava come parlano le rape, era buffa e pragmatica, ché le rape sono ancorate alla terra e non si perdono mai in chiacchiere filosofiche. Mi faceva ridere ed era gentile e mi ci sono molto affezionato.
Come ogni rapa, aveva un lungo ciuffo giocoso e ti faceva immaginare un sottosuolo morbido e felice. Ma era una rapa. Era una radice, silenziosa e spiccia. Ben presto me ne accorsi. All’inizio ne soffrivo molto perché avrei voluto che non mi respingesse, che la gioia del suo ciuffo non fosse per me un inganno, ma la promessa della profondità. La perdonai, e in fondo non c’era nulla da perdonare: la rapa era semplicemente una rapa. Faceva la rapa. Non poteva non essere una rapa.
Passarono gli anni, imparai ad amare la sua forma semplice, il suo gusto dolciastro e mai dolce del tutto. Distante quanto basta, dimenticai che era una rapa. Come succede quando non guardi da vicino, riempii di fantasia lo spazio che ci separava. Era la mia rapa, una rapa immaginaria, che mi voleva bene, anche se a modo suo.
Un giorno la rapa mi respinse ancora. Senza una ragione precisa. Non stavo provando a sradicarla, non scavavo, non le giravo intorno ormai da molto tempo. Mi fu chiaro che quello spazio che io avevo riempito di fantasia, anche lei lo aveva riempito di qualcosa. Forse le mie antiche richieste, la mia pretesa che il suo ciuffo rappresentasse più di un entusiasta saluto alla vita e significasse altro, l’avevano segnata. Era fragile, e in quel passato lontano si era sentita inadeguata. Forse sulla sua pellicina c’era una cicatrice.
Mi dispiacque molto, di averla messa a disagio e della solitudine che provavo. Finalmente capii che non potevo tirare e tirare ancora finché non avesse cavato un po’ di succo, nella speranza che il suo rosso di superficie le corrispondesse e mi corrispondesse nel profondo.
Finalmente capii che volevo dolcezza piena, perché il dolciastro non mi bastava. Avevo tutta la forza per seguire radici profonde e intricate, capaci di nutrire tronchi robusti e fronde che risuonano al vento. Avevo bisogno di radici desiderose di essere trovate, come le mie.
Finalmente capii che le rape non mi piacciono.
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blogitalianissimo · 7 months
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Ciao, sto seguendo per quel che posso i tuoi reblog a proposito della guerra in Palestina. Stando a Wikipedia, sezione ventunesimo secolo, l'ultimo conflitto tra le due parti risale al 2021 con 11 giorni di scontro per poi arrivare ad una tregua, se così può essere chiamata. Si è ripreso con l'attentato della Palestina (o Hamas) ad ottobre 2023 per arrivare fino ad oggi. Non mi torna il fatto di non citarlo quasi mai, o meglio, si parla di tutto ciò come se tutta la colpa ricadesse solo ed esclusivamente su Israele stesso. Mi piacerebbe creare una discussione normale, sperando di non offendere ecc., sono uno che appoggia l'indipendenza di entrambi gli stati (anche se poi mi sa di situazione simil Corea).
"si parla di tutto ciò come se tutta la colpa ricadesse solo ed esclusivamente su Israele stesso", perché è esattamente così.
In breve ed in modo estremamente semplicistico, e chiedo scusa se sarò (come molto probabile) imprecisa: Israele è un esperimento coloniale da parte di europei di origine ebrea che spinti dall'ideologia sionista hanno deciso di colonizzare la cosiddetta "terra promessa", volevano una "loro patria" e si sono quindi sentiti in diritto di levarla agli abitanti della Palestina. Già dall'ottocento ci sono state migrazioni da parte degli europei per colonizzare pezzi di territorio palestinese, e nel 48 addirittura la fondazione di uno Stato che non dovrebbe nemmeno esistere in quanto frutto di una massiccia colonizzazione europea.
La ripartizione del territorio, come dici tu, c'è stata da parte dell'ONU (oltre ad altri tentativi di una pace tra israeliani e palestinesi), ovviamente in modo assolutamente impari e a favore dei coloni europei, che comunque non contenti hanno continuato e stanno continuando a colonizzare il territorio palestinese, adottare politiche di apartheid e bombardare civili palestinesi, perché il sionismo punta all'intera colonizzazione della "terra promessa", e i palestinesi non sono "graditi".
Le reazioni violente in risposta ad Israele non sono altro che il frutto di soprusi che la Palestina sta subendo da oltre 75 anni, ed è assolutamente imparagonabile la "forza" palestinese a quella israeliana. Israele ha tutto l'Occidente che l'appoggia, essendo appunto uno "Stato" fondato dagli europei, è come se si stesse paragonando un bambino con una fionda ad un uomo armato fino ai denti.
Perciò no, non sono assolutamente d'accordo con la coesistenza dei due stati, la Palestina ai palestinesi, e i sionisti* se ne tornassero in Europa/Occidente.
*edit: invece nulla in contrario all'integrazione delle persone decenti
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inutilidadeaflorada · 8 months
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Toda Tentativa Fútil de Heroísmo Torna-se uma Estrela
Descarte dessas anotações A cúpula do desastre Te influencia a interpretar Os personagens mais adoecidos da cama
Incendiar com o atrito e outros tributos Cada coice desta colheita barganhando Que toda a Inglaterra apostará Coração embalsamado entre caixas de madeira
É um esporte marchar sob o sol É um esporte mentir entre fardas É um esporte proibir perfumes de valas Para o uso hipotético de Pavlov
Adotar o sal de terras sagradas Transcrevê-las promessas enviesadas Inaugurar a tendência já pavimentada Aos rostos em que desfilam rugas
A desobediência é coragem Congregar o coro e o corpo que tingem Naturezas mortas e banquetes ficcionais A inocência naufraga de braços dados a prata
O prazer se costura inimigo Transitar encontros com timbres roucos Não existe nada mais feroz se não o ímpeto em ferir O dito controle contorce primaveras ao devir
E então, os atos impropérios São desmiuçados por guardiões Tão preocupados em moldar espantalhos E trocar sexo por espelhos
A travessia que mil abutres contornam Eles sangravam danças morais dos olhos Cotação boleros e fábulas fiscais Shakespeare adoraria escrever nossa tragédia patética...
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libero-de-mente · 1 month
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L'Ultimo Tuffo
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Agosto, un sole implacabile batteva sulla sponda del lago. L'aria era ferma, appiccicosa. Il lago, quel giorno, era un tappeto blu intenso, invitava a tuffarsi. Renato non era più un ragazzino, ma un uomo e di tuffi ne aveva fatti a centinaia e centinaia. Cercando sempre una sfida con se stesso. Aveva sempre sfidato se stesso, per tutta la sua vita, non fermandosi mai. Anche davanti al fatto di essere diventato, nel tempo, padre di due meravigliose creature.
Con un fisico scolpito, era un habitué di quei salti nel vuoto. Le rocce, alte più di una decina di metri, erano il suo trampolino preferito.
Quel giorno, qualcosa sembrava diverso. Il caldo opprimente, forse, o un presentimento che aveva cercato di ignorare. Nonostante le raccomandazioni degli amici, si avvicinò al bordo, i muscoli tesi, gli occhi fissi sull'acqua cristallina.
Un suo amico lo vide "strano" e gli chiese se tutto fosse a posto. Lui sorrise, tranquillizzandolo e rispondendogli che quello sarebbe stato il suo ultimo tuffo. Che era una promessa.
Respirò profondamente, un ultimo sguardo al cielo terso, e si lanciò.
Il corpo entrò in acqua con la perfezione di un tuffatore olimpionico. Eppure, mentre il suo corpo entrava nel lago, sull'acqua si sentì un tonfo sordo. Il cuore si strinse in una morsa a tutti quelli che lo stavano osservando.
Lo aspettavano riemergere i suoi amici, sapevano che spesso riusciva a muoversi sotto acqua velocemente riemergendo da un'altra parte. Quante volte aveva fatto prendere un colpo ai suoi amici.
Non quella volta. Qualcosa era andato storto, qualcosa che nessuno avrebbe potuto prevedere. Un movimento sbagliato, un calcolo errato, forse solo una tragica fatalità. Non lo si seppe mai.
Quando lo riportarono a riva, era troppo tardi. Il sole continuava a splendere, indifferente alla tragedia che si era consumata. La scogliera, testimone muta di tanti tuffi, quel giorno era diventata la scena di un dramma silenzioso.
Renato, l'uccello libero che amava volare, era precipitato in un lago che, per un attimo, aveva smesso di essere amico. E sulla sponda, sotto il cielo d'agosto, rimaneva solo il ricordo di un ragazzo che aveva sfidato la gravità, fino all'ultimo respiro.
A Renato.
Che la terra ti sia per sempre lieve, mio caro amico.
12 agosto 2015
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curiositasmundi · 5 months
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[...]
Oggi il più grande alleato di Israele è Hamas e tutti coloro che rispondono con la violenza alla violenza. Perché offrono a Netanyahu ed i suoi sodali scuse per compiere ogni scempio in nome della legittima difesa e del diritto di esistere che negano agli altri. Prima la provocazione, poi la reazione violenta, poi una risposta ancora più cruenta. A Gaza come ovunque, da decenni. Una spirale di violenza che con Netanyahu ed i suoi sodali sta però superando il limite trascinando Israele verso l’autodistruzione. Questo perché la situazione sta sfuggendo di mano e la vita sta diventando impossibile anche per gli stessi israeliani costretti a vivere in un bunker anche mentale divorati dalla paura mentre fuori non c’è affatto il paradiso. La guerra ha causato una pesante crisi economica, si perdono posti di lavoro mentre il costo della vita è alle stelle. Intere aree del paese come quelle del nord della Galilea o attorno a Gaza, sono evacuate da mesi ed interi comparti sono crollati. Con ingenti risorse pubbliche sprecate in armamenti sempre più sofisticati invece che per i servizi ai cittadini, l’intero paese sta diventando un insediamento accerchiato da nemici. Ma l’odio si ritorce contro chi lo prova. La società israeliana è frantumata. Mentre la stampa internazionale indossa la museruola imposta dalla lobby pro Israele, a casa sua Netanyahu è considerato il neofascista che è. La dolorosa vicenda degli ostaggi di Hamas ha fatto saltare ogni ipocrisia, a Netanyahu e al suo governo non frega nulla nemmeno dei parenti israeliani degli ostaggi che da mesi protestano chiedendo un accordo. L’obiettivo di occupare i rimasugli di Palestina viene prima di tutto. Loro stessi e i loro deliri estremisti vengono prima di tutto. In Israele vi sono poi storicamente personalità e movimenti progressisti che nulla hanno a che fare con questa deriva neofascista. Ci sono ad esempio giovani obiettori di coscienza israeliani in galera di cui nessuno parla, ci sono gruppi di pacifisti ebrei sovente presi a legnate dai coloni, ci sono personalità e perfino rabbini che sono per la convivenza pacifica e pro Palestina. La società israeliana è profondamente lacerata ed è da una di queste crepe che può generarsi l’implosione. Da anni in Israele i governi durano come le arance e prima della guerra gli israeliani hanno riempito le piazze per mesi in nome di una democrazia liberale messa a rischio del delirio di onnipotenza di Netanyahu che voleva sottomettere la Giustizia alla politica. Pur di non mollare, Netanyahu ha messo insieme un governo con l’estrema destra e fin dal primo giorno butta benzina sul fuoco per tenere unita la società israeliana in nome del sempiterno nemico comune. Ma vi sono anche altre fratture. Gli invasati religiosi col doppio passaporto ululano alla Terra Promessa ma poi sono i primi a fare le valige e tornarsene a Brooklyn quando volano i missili, ma ad andarsene sono anche molti cittadini moderati esasperati da una terra anche per loro diventata maledetta. Un conto è la propaganda, un conto la realtà. Emblematiche le pubblicità sui media israeliani per convincere ebrei in giro per il mondo a trasferirsi negli orrendi condomini vista mare. In Israele vi sono poi schiere di invasati religiosi mantenuti dai contribuenti e perfino esenti dalla leva e questo mentre gli altri devono tirare la cinghia e continuamente mollare tutto per arruolarsi. E vi sono minoranze come quella araba, in sostanza palestinesi sottomessi che abbassano la testa in pubblico e la alzano in privato. Paura ma anche ipocrisia perché in Israele hanno servizi e un tenore di vita almeno fino ad oggi migliore rispetto a quello dell’altra parte del muro. Perfino l’esercito ha mugugnato contro i politici negli ultimi mesi e gli psicologi sono sommersi di soldati traumatizzati di ritorno da Gaza. Netanyahu ed i suoi sodali sono detestati da gran parte degli israeliani, eppure per egoismo continuano a schiacciare l’acceleratore ed ignorare ogni malcontento. È questo il vero fascismo ed è questo che potrebbe portare Israele allo schianto.
[...]
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casual-asexual · 8 months
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"voglio parlare di una terra promessa"
la palestina?
WAIT ACTUALLY WOW
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kon-igi · 11 months
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Ma fammi capire perchè tieni così tanto ai tuoi cani?
Una notte ero fuori con loro, nel bosco.
La luce della luna filtrava appena tra i rami, quando a un certo punto mi accorgo che entrambi si sono immobilizzati e puntano una macchia di vegetazione fitta, ringhiando sommessamente.
Improvvisamente i rami si schiantano e un orso bruno si avventa su di me, coprendo i pochi metri che ci separavano a una velocità tale da non lasciarmi scampo.
L'orso alza una zampa dagi artigli lunghissimi e io ho solo il tempo di chiudere gli occhi e sussurrare un ringraziamento a Crom per la lunga vita concessami.
Un ruggito di dolore.
Otto è appeso all'enorme zampa dell'orso e ne sta dilaniando muscoli e i tendini, scuotendosi nell'aria col suo corpo minuscolo e sventagliando sangue attorno.
L'orso lo azzanna sulla schiena, uno scricchiolio d'ossa ma Otto non molla la presa.
E a quel punto Cthulhu spicca un balzo e affonda i denti nella gola scoperta dell'orso, che ruggisce di dolore e schizza bava sanguinolenta.
Otto ha la schiena spezzata e Cthulhu l'addome lacerato dalle unghiate ma tutti e due continuano a mordere le carni della bestia.
Ho solo questa occasione.
La punta in bronzo seghettato della lancia che affondo con furia attraversa la folta pelliccia e penetra nel petto dell'orso, spaccandogli il cuore in due e facendolo crollare a terra.
Otto e Cthulhu uggiolano, entrambi accasciati a terra coperti di sangue, l'uno accanto all'altra ma mi rendo conto che con le loro ultime forze stanno scodinzolando gioiosamente come per dire 'Hai visto? Ce l'abbiamo fatta!'
Lascio cadere la lancia e mi inginocchio accanto a loro.
Con le mani gli accarezzo delicatamente il muso e poi appoggiando la fronte sui loro nasi sussurro 'Finché sarete con me nessuno vi farà mai più del male...'
E l'attimo dopo non ci sono più.
Ecco... tredicimila anni dopo intendo continuare a mantenere questa mia promessa.
Nessuno farà mai più loro del male.
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anjos7fallen · 3 months
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Incendeia Minha Alma
Em meio à monotonia dos dias, há momentos que brilham como chamas em uma noite escura, capazes de incinerar a apatia e reacender a paixão esquecida. É nesses instantes que algo, ou alguém, incendeia minha alma, despertando um fogo interno que não pode ser contido.
É o primeiro raio de sol após dias de tempestade, quando a luz dourada toca a terra molhada e tudo parece renascer. Aquele olhar intenso que atravessa a multidão e se encontra com o meu, carregando promessas não ditas e desejos ocultos. Uma melodia que toca fundo, ressoando em cada fibra do meu ser, fazendo o coração bater em um ritmo novo e vibrante.
Esses momentos, que incendeiam minha alma, são raros e preciosos. Eles transformam a rotina em aventura, o ordinário em extraordinário. São os encontros inesperados, as conversas profundas ao entardecer, os sonhos partilhados sob um céu estrelado. É o toque de uma mão que transmite calor, segurança e uma centelha de eternidade.
O fogo que arde dentro de mim é alimentado por essas experiências. Cada nova descoberta, cada desafio superado, cada emoção vivida intensamente, adiciona combustível a essa chama. E assim, minha alma incendeia, ardendo com a intensidade de mil sóis, brilhando no escuro, irradiando vida.
Viver com a alma incendiada é viver plenamente. É abraçar cada momento com coragem e paixão, é não temer a dor ou o fracasso, mas vê-los como partes essenciais do caminho. É entender que a chama pode vacilar, mas nunca se apagará completamente, pois sempre haverá algo ou alguém para reacendê-la.
E assim, sigo meu caminho, buscando aquilo que incendeia minha alma, que a faz vibrar, que a torna viva. Porque, no fim, é esse fogo interno que nos define, que nos impulsiona, que nos faz ser quem realmente somos.
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schizografia · 2 months
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Le Belle Lettere minacciano ogni linguaggio che non sia puramente fondato sulla Parola sociale. Rifuggendo sempre più da una sintassi del disordine, la disintegrazione del linguaggio conduce inevitabilmente al silenzio della scrittura. L’agrafia finale dei Rimbaud e di certi surrealisti (caduti per questo nell’oblio), questo sconvolgente autoannientamento della Letteratura, insegna che, per certi scrittori, il linguaggio, prima e ultima risorsa del mito letterario, finisce col ricomporre ciò che pretendeva di evitare, che non c’è scrittura capace di mantenersi rivoluzionaria, e che ogni silenzio della forma sfugge all’impostura solo col mutismo completo. Mallarmé, sorta di Ámleto della scrittura, esprime bene questo fragile momento della Storia, in cui il linguaggio letterario si regge soltanto per meglio cantare la sua necessità di morire. L'agrafia tipografica di Mallarmé vuol creare intorno alle parole rarefatte una zona di vuoto in cui la Parola, liberata dalle sue risonanze sociali e colpevoli, cessa felicemente di destare echi. Il vocabolo, liberato dalle scorie delle formule abituali, dei riflessi tecnici dello scrittore, è allora pienamente irresponsabile di tutti i possibili contesti; si avvicina con un gesto breve, isolato, la cui opacità attesta una solitudine, dunque un'innocenza. Quest'arte ha esattamente la struttura del suicidio: in essa il silenzio è un tempo poetico omogeneo che si incunea tra due strati e fa esplodere la parola, ancor piú del frammento di un crittogramma, come una luce, un vuoto, un omicidio, una libertà (si sa quanto questa ipotesi di un Mallarmé uccisore del linguaggio abbia influito su Maurice Blanchot). Questo linguaggio mal-larmeiano, è Orfeo che può salvare chi ama solo rinunciandovi e che tuttavia osa voltarsi un po' indietro; è la letteratura condotta alle porte della Terra Promessa, cioè alle porte di un mondo senza Letteratura, di cui tuttavia sarebbe ancora compito degli scrittori dare testimonianza.
Roland Barthes, Il grado zero della scrittura
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allecram-me · 2 months
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Dopo un anno al civico 418
Non so dire che stagione sia, mi sembra che si siano riunite tutte qui in un pic-nic sul mio collo, portando ciascuna il carico della propria inconfondibile nostalgia. Sono all’incrocio dei venti, il soffio vitale di moltissime e imprevedibili possibilità, carne ancora di carta, ma comunque la storia della carne. Il tempo non muore, il tempo semplicemente si estingue: è diverso. Penso allo sgomento col quale sono stata costretta ad accettare il fatto che, se non lo mangi, il cibo si guasta anche se è nel frigo. Quella sensazione di tradimento, di impermanenza, mi fa orrore. Eppure non credo sia metafora della mia morte, credo che sia lo spaesamento della dipendenza - è la morte degli altri. Questo mese faccio scatoloni, mi impoversico di qualche migliaia di euro, e mi impoverisco di questo ultimo status quo, uno dei primi che mi sia piaciuto dopo la baita di montagna sul mare di Valerio. Parallelamente scolpisco come una artigiana piuttosto incerta l’ultimo colpo grosso della mia carriera nel mondo della ricerca, promessa d’incrocio, incrocio che conduce da molte parti lontanissime tra loro. Berlino potrebbe non piacermi. È probabile che Berlino mi ammazzi, ma sono già sopravvissuta a qualche inferno e una trentina di inverni, e contro ogni previsione sono qui adulta con un sacco di vite alle spalle e pochissimi privilegi - tantissimi privilegi - ma meno privilegi di quelli che mi erano stati promessi. Li ho rifiutati. Se Berlino mi ammazza vorrà dire che sono scaduta, ma qualcosa mi ha comunque già mangiata: sono solo gli avanzi di me, sono quello che potrei ancora diventare. Peggio: se Berlino mi ammazza è perché l’ho lasciata guastarsi nel frigo, non l’ho assaggiata, nessun pic-nic all’aperto.
Questa vita, la mia vita, il mio unico vero amico di sempre: mi mancheranno e non so che sto facendo, li sto lasciando scivolare così, come è giusto anche se non lo voglio. In frigo nevica, fuori dal frigo ci si scioglie nel sudore. Sulla porta di casa nostra ci sarà ancora per un po’ la ghirlanda di Halloween, sopra al microonde la gallina di cioccolato di Pasqua.
Se Berlino non mi ammazza lo faranno il lavoro, la tesi, il trasloco verso un appartamento che pago ed in cui è probabile che non vivrò. Sulla mia faccia piove poco, tra le mie dita della terra da cui inevitabilmente qualcosa in primavera germoglierà.
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crazy-so-na-sega · 3 months
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Ormai è scritto che un concilio di esseri impalpabili ha il potere di sapere ciò che avviene nelle nostre case e nelle città. Delitto contro l'umanità: questa legge è buona, quella no. La civiltà ha il diritto di veto.
M. Bardèche (Norimberga ossia la Terra Promessa)
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Chi l'avrebbe mai pensato che per vivere un po' di magia celtica sarebbe bastato andare ai colli della mia città in questa notte di San Giovanni e seguire la tradizione di questa festa nella versione cristiana che non si discosta di molto dalla Beltane celtica, anche qui fanno da protagonisti il legame della vita contadina con i quattro elementi e i balli "attorno" al fuoco, oltre che l'acqua come purificazione e il salto del fuoco come prova per suggellare una promessa ed anche l'acqua-rugiada da tenere in un barattolo di vetro sul davanzale della finestra durante una notte di luna piena, il che somiglia davvero molto al rituale dell'acqua lunare, tant'è che anche in questo caso al mattino bisogna lavarsi il viso con quest'acqua caricata di energia spirituale; inoltre entrambe le feste segnano l'inizio dell'estate.
La festa di San Giovanni
La notte di San Giovanni tra il 23 e il 24 giugno si celebra una festa antichissima probabilmente risalente all'epoca italica, è la festa dei fuochi tant'è che dopo 6 mesi da questa festa ci troviamo nel periodo natalizio con un fuoco che contiene il sole che si fa via via più debole e con le giornate sempre più corte, mentre durante questa festa che corrisponde al giorno più lungo dell'anno abbiamo il fuoco di San Giovanni che purifica e che segna l'inizio del periodo più importante del ciclo calendariale agrario cioè il tempo del raccolto. Altro elemento purificatore è l'acqua, infatti il rituale del ramajietto prevede due prove quella dell'acqua e quella del fuoco da fare insieme alla persona che si sceglie come compare o commare a fiure.
In questa notte magica fiorisce la felce e quindi è la notte perfetta per scambiarsi dei mazzi di erbe aromatiche, i ramajietti, in cui ogni pianta ha la sua simbologia. Come ad esempio l'iberico, l'erba di San Giovanni i cui fiori gialli ricordano il sole e dai quali se vengono strofinati esce un succo rosso che richiama il sangue versato da San Giovanni, e attraverso questo scambio si rafforza il legame di solidarietà e d'amore tra le due persone che diventano più che parenti, appunto compare quindi come un padre e commare come una madre.
Un tempo questa festa avveniva nelle buie campagne dove a illuminare c'erano tanti fuochi accesi in ogni contrada, e si aspettava l'alba danzando la quadriglia intorno al fuoco e andando in spiaggia ad attendere il sorgere del sole e dentro al sole si doveva riuscire a vedere la testa di San Giovanni che si bagna per tre volte nell'acqua, inoltre una volta arrivata l'alba ci si bagnava nella rugiada come ad iniziare una nuova vita purificati, oppure si raccoglieva la rugiada in dei barattoli di vetro e dopo averla lasciata sul davanzale della finestra per tutta la notte ci si lavava il viso purificando così anima e mente oppure ancora si rompeva un uovo e si conservava l'albume dentro un bicchiere d'acqua tenendolo sul davanzale della finestra, al mattino l'albume aveva preso una forma particolare e la tradizione vuole che la forma di un grande e maestoso veliero simboleggi un anno meraviglioso, mentre quella di una barchetta più piccola un anno un po' così così in cui bisogna darsi da fare e remare per renderlo migliore.
Questa quindi è una festa contadina legata al ciclo calendariale agrario motivo per cui il simbolo del ramajietto è proprio un mazzetto di nove erbe aromatiche e medicinali legate quindi alla natura e ai suoi elementi: il sole e quindi il Fuoco, l'Acqua, l'Aria e la Terra che si ritrovano insieme in questo simbolo. Queste erbe rappresentano le sensibilità come la vista, l'olfatto e la meraviglia della natura, motivo per cui la civiltà contadina ricorreva a queste piante nel momento del bisogno.
Il rituale del ramajietto:
Viene prima di tutto pronunciata la promessa di volersi sempre bene davanti alla fontana:
Cumpare e cumparozz facemc ste nozz
Se ci vulem bene a lu paradise c'artruvem
Se male ci purtem a l'infern ci niem
Dopo aver pronunciato insieme questa promessa per sugellarla ci si abbraccia.
Dopodiché tenendosi per mano si fa il salto del fuoco e infine se questo vincolo viene accettato con impegno si conferma riconsegnandosi il ramajietto il giorno di San Pietro e Paolo, quindi dopo una settimana di riflessione.
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Costumi tradizionali:
Per quanto riguarda le dame, queste indossavano abiti tradizionali del paese in cui vivevano, perché ci sono differenze tra i paesi sulla costa e quelli dell'entroterra in particolare i colori vivaci e il corpetto più alto e robusto per la costa e più basso ad esempio nel chietino, inoltre il costume della costa poteva venire arricchito di seta, frutto del commercio marittimo dell'epoca. Entrambe impreziosite con la classica presentosa abruzzese, anch'essa con le sue varianti in base alla zona, si tratta di un gioiello con intarsi in filigrana a riccioli o ad altre forme, dorata e a forma di stella con molteplici punte e uno o più cuori al centro. Inoltre l'abito cambiava nel momento in cui sposandosi si andava a vivere in un paese differente, indossando quindi quello del posto.
Invece gli uomini indossavano tutti delle vesti molto simili tra loro perché non volevano essere riconosciuti.
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