#La fame del Cigno
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pier-carlo-universe · 7 days ago
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La fame del Cigno di Luca Mercadante: un romanzo che scava nell’anima del giornalismo e della vita. Recensione di Alessandria today
Un viaggio tra il disincanto e la ricerca del riscatto nel litorale campano Il romanzo "La fame del Cigno" di Luca Mercadante, edito da Sellerio, ci trasporta in una realtà cruda e affascinante, fatta di contraddizioni, violenza e speranza.
Un viaggio tra il disincanto e la ricerca del riscatto nel litorale campanoIl romanzo “La fame del Cigno” di Luca Mercadante, edito da Sellerio, ci trasporta in una realtà cruda e affascinante, fatta di contraddizioni, violenza e speranza. Protagonista della storia è Domenico Cigno, un cinquantenne che lotta contro il suo passato, il presente e un futuro che sembra sfuggirgli di mano. Attraverso…
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petalidiagapanto · 4 years ago
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«Oh, donna accolta dal mio pianto senza fine!
La tua carne possiede il bel colore del pane e della lacrima,
e il tuo corpo è sacro come la nube solitaria sorpresa dall'aurora.
II mare torna sulla spiaggia
e trascina la tremante sabbia e le conchiglie dove dormirono le prime violette di marzo.
Sembra che l'amore fugga sempre più lontano e la sua luminosa presenza è come l'ombra di un desiderio.
L'uso dorato della voce, la grazia leggera del sorriso,
lo sguardo fuggente di cigno e di vento,
tutto resta nel mio corpo con la sua sicura presenza.
Come il dolore più grande della pietra e della fame
la trasparenza più non contiene i miei singhiozzi.
Il mio ricordo trema nel dire i papaveri del tuo nome.
La mia parola vorrebbe restituire questa città che ci rende chiari come un giunco.
Quale rosso castigo sulle gote insanguinate!
Ma il presente dolore sopporta dolcemente il peso della gioia.
Resta solo il mistero, la carne della sete, la realtà del pianto,
la speranza che fissa la forma delle acque,
il miracolo delle rose che disfano le tue spalle.
E il tuo riso dorato mi seguiva come l'ombra della rondine sulla neve,
e il mio cuore tornava da te
come un cerchio di tenera spuma e una foglia solitaria di
pioppo»
(Leopoldo Panero)
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k-erelle · 5 years ago
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UN FIUME CHIAMATO ERACLITO
Eraclito se ne fregava delle feste di stato. A lui piaceva il fiume. Dall'alto del ponte il fiume era bello. Veniva voglia di buttarsi giù. Che me ne faccio della bellezza se non posso averla, pensò Eraclito. Allora scese lungo la sponda ma inciampò su un frammento di water nascosto nell'erba folta. Bestemmiò in greco poiché greco era. Il cammino verso la bellezza è irto di ostacoli, si disse, questa me la devo segnare. All'ombra di un salice si sedette in riva al fiume. Infilò un piede nella corrente d'acqua. Cazzo se è fredda! esclamò. Lo tirò fuori scosso dai brividi. Per accedere alla bellezza si ha da soffrire, anche questa me la devo segnare. Allora si fece coraggio e infilò entrambi i piedi. Nel mentre che soffriva in silenzio, sbucò una grossa zoccola , un topo enorme. Per Zeus, disse,che razza di creature strane ci sono in prossimità della bellezza. Poi si addormentò per una mezz'oretta. Al risveglio si ricordò di aver sognato che il fiume gli aveva parlato. Fu così che inventò il divenire.
Ma essendosi fatta una certa , vuoi la fame, vuoi che il sogno gli aveva messo addosso un vaga tristezza, tirò fuori il cellulare e chiamò Artemide. La dea gli piaceva molto. Anche lei disdegnava la compagnia degli uomini e se ne fotteva di onori e ricompense.
Si misero d'accordo per un pic nic nel bosco dietro casa di Eraclito. Lui portava da bere , lei da mangiare. Cosa vuoi mangiare?, chiese Artemide. Fai tu , disse lui, sei tu la dea della caccia.
Sazi e ubriachi, i due centellinavano una grappetta fatta in casa , gentile regalo della madre di Empedocle, seduti davanti al laghetto di Eraclito. La luna , un cigno , due papere
Vuoi scopare? chiese Atemide
No , disse Eraclito
Ti faccio un pompino?
No, grazie
Ti adoro per questo. Te ne freghi di uomini e dei. Vieni qui, almeno un bacetto.
Non ci riesco.
Perché sei triste?
Ho inventato il divenire ,Artemide, non sarò mai più lo stesso
Tutto qui? Non ci abbiamo capito un cazzo della vita noi che siamo dei, figurati tu.
Artemide si alzò dall'erba, si spogliò . Nuda era ancora più bella. Si tuffò nel laghetto e il cigno le si avvicinò. Insieme giravano in cerchi ora vicini ora lontani. Sembrava una danza.
Forse la malinconia è tutto ciò che rimane della bellezza di un fiume, pensò Eraclito. No, questa non me la segno.
Si spogliò e si tuffò nel laghetto anche lui. Artemide gli faceva segno con la mano e rideva con la sua bella risata da dea. Eraclito si immerse nell'acqua scura e capì. Da domani chiamatemi l'Oscuro , pensò, prima di mettere una mano sul culo di Artemide.
Kerelle
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alexc1ting · 6 years ago
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La peggiore dichiarazione d'amore di tutti i tempi (traduzione in italiano di "Worst love confession ever")
(link to English version)
Stump!
“AHIA!”
Mo Guan Shan non riusciva a credere allo spettacolo a cui aveva appena assistito: quell’agile criminale di He Tian, dalle movenze possenti e sicure da panterone, era appena inciampato spalmandosi sulle scale per raggiungere casa Mo.
“Tutto bene!”
“Chissenefrega! Si può sapere che vuoi? Ti ho detto che ho da fare!”
Nessuna risposta pervenuta. He Tian che a fatica aveva appena raggiunto il pianerottolo strisciandosi ai muri, era completamente concentrato nell’arduo compito di camminare dritto, tenendo d'occhio il pavimento, come se avesse paura che potesse tirargli qualche scherzo. Appena raggiunto il rosso, sollevò finalmente lo sguardo da terra e gli sorrise.
“Eeeehhhiiii” …e perse il già precario equilibrio, abboccandosi pericolosamente in direzione del fulcro della sua attenzione. Istintivamente, Mo Guan Shan lo afferrò prima che potessero entrambi precipitare a terra.
“Ohhh.. sì!” sospirò He Tian, ricambiando l’abbraccio.
“CHE MING FAI???!?” protestò MoGS cercando di levarsi di dosso il gattone sovradimensionato che gli faceva le fusa.
He Tian sorrise con un’aria da demente, i loro visi a pochi centimetri l’uno dall’altro.
“CAZZ… PUZZI D’ALCOOL!” tuonò MoGS così forte da fare ritrarre un minimo He Tian dal suo giocattolo preferito.
“Amo’, non strillare per favore…”
Sentendo la porta del vicino di casa aprirsi, il poMOdoro rosso inferocito non poté fare altro che battere in ritirata, trascinandosi dietro senza troppi complimenti lo stronzio (metallo pesante, molto pesante), che cercò in qualche modo di adagiare sul divano, sudando sette camice.
“Non ci posso credere! Non lo sai che non puoi bere? Sei minorenne, è illegale! Non voglio essere coinvolto in quest’altra stronzata, ti chiamo un taxi”
“NO!”
“Sì, invece!”
“No! No! Nononononononononononono”
“Non credevo fosse umanamente possibile, ma sei ancora più insopportabile da ubriaco”
“Dobbiamo parlare”
He Tian provò a sollevarsi per raggiungere MoGS senza successo. Stava messo veramente di schifo. Quindi tentò con un: “Vieni a sederti qui, Guanshanuccio”
“Te lo scordi”
“Eddai… boss”
Il presunto boss obbedì sbuffando, ma infondo tra sé e sé soddisfatto per quel piccolo, non troppo realistico, riconoscimento. Invece che col familiare sorrisetto da schiaffi, He Tian lo accolse con un sorriso onesto e dolce sotto uno sguardo reso ancora più vellutato dall’alcool.
“Allora? Spara.”
“…”
“He Tian?”
“C’è qualche tipo di bolletta che non avete pagato in questa casa? Tipo quella della gravità? Della… stabilità?” biascicò He Tian con voce da ubriaco.
“Che?”
“Questa stanza gira… sarebbe anche divertente” – risatina scema da alcolizzato – “…ma dobbiamo parlare e non riesco a concentrarmi… la fermi, per favore?”
“Non credo proprio”
“Posso pagare!”
“Non è questo il punto…”
“Ti darò tre volte tanto!”
“Che cazz… ma quanto hai bevuto?”
“Una bottiglia di…”
“UN’INTERA BOTTIGLIA???!”
“Non urlare per favore, la stanza gira di più se urli… perché gira di più? Siam tipo in un drone a comando vocale? Che mi nascondi?”
“Che hai mangiato a pranzo oggi, il tuo stesso cervello bacato?”
He Tian lo guardò serio: “Non sono riuscito a mangiare niente: ero troppo nervoso. Però ho letto che l’alcool da coraggio, quindi ho pensato di fare il pieno” (hic!)
“…e questo sarebbe il migliore studente della scuola.”
“Con chi parli?” chiese He Tian confuso.
“Con un idiota”
“Ma è colpa tua, chuchù! Io…cioè, tu… mi fai sentire… sai che effetto mi fai?”
“Che effetto?”
“…”
“…”
“Devo vomitare”
“Grazie, altrettanto”
“No, no… davvero, adesso devo vomitare, adesso” – He Tian era verde.
“Che? CHE? NO! Non qui! Non ci provare! TI AMMAZZO! E quando mia madre rientra ammazza me! Sarà un massacro! Aaaarrghh!”
“Ti dispiacerebbe se... ti chiedessi... la cortesia... di utilizzare il tuo bagno... un istante?”
“Sei un fottuto damerino inglese del periodo vittoriano adesso??? VAI E BASTA, OSCAR!”
“Aiutami ad alzarmi!”
“Fottiti!”
“Guan Shan… SUBITO!”
“MERDA! Con te ci vuole un carro gru!”
Dopo vari sforzi e probabilmente un paio di strappi muscolari, Mo Guan Shan riuscì a far sollevare il ragazzone moro che, dopo aver rischiato di cadere rovinosamente un paio di volte, finalmente raggiunse il bagno. Ne uscì dopo qualche minuto, visibilmente sollevato e gocciolante di acqua con cui si era rinfrescato il viso. L’asciugamano che MoGS gli lanciò lo prese in piena faccia.
“Bei riflessi di merda”
“Grazie”
“Va meglio?”
“Molto… ma mi sento stordito… posso stendermi un po’ sul tuo letto?”
“La mia pazienza ha un limite, testa di ming”
He Tian era pallidissimo. Sempre più pallido.
“Oh! Oh! Non svenire, pappamolle! Il divano! Vai a sederti lì!”
Dopo essersi assicurato che He Tian non inciapasse e raggiungesse il divano sano e salvo, il rosso corse in cucina a prendergli un bicchiere d’acqua per riequilibrare l’idratazione del rompipalle. Mica perché gliene importasse, si disse, solo per non avere guai. Tornando in salotto vide He Tian abbandonato sul divano, con la testa reclinata all’indietro sullo schenale, gli occhi chiusi. Il momento perfetto per ricambiare lo scherzo che aveva subito a scuola con un bacio su quel collo lungo da cigno nero. MoGS scacciò l’idea scuotendo la testa.
“Dobbiamo parlare” disse con un filo di voce He Tian, avvertendo la presenza di MoGS che gli si era seduto accanto.
“Bevi questo”
He Tian sollevò la testa e aprì gli occhi. Bevve un sorso, stranamente obbediente.
“Come va? Hai fame?”
“Non riuscirò mai più a mangiare in vita mia: dovrò essere nutrito per via parenterale d’ora in poi”
“Ah, beh. Pensavo peggio”
Doveva sentirsi veramente di merda se un maiale come lui, con l’appetito di un bue muschiato, non aveva fame dopo non aver nemmeno pranzato.
“Guanshanuccio…”
“Che c’è…”
“Sono venuto qui per una ragione precisa. Devo assolutamente dirtelo. Non posso aspettare oltre. Devi sapere quello che provo.”
Per tutte le sante palle di pelle di pollo di Apelle figlio di Apollo – pensò Guan Shan – non era per niente certo di essere pronto per QUESTO. Che doveva rispondere? Come si doveva comportare? Non ci aveva ancora pensato abbastanza! Come doveva stare seduto? E le mani? Dove doveva mettere le mani?
“Guan Shan…”
“Cosa?!?…”
Stava per succedere!!
“Vedi, tu… cioè, io… zzzzzzzzzz”
“…”
“ZZZZZZZ” *il russare aumentava
“Ma… stiamo scherzando?”
Il rosso restò per un po’ sotto shock, a guardare He Tian che dormiva, russando a bocca aperta, capelli scarmigliati, occhiaie nere, pallido come uno zombie: bellissimo. Era comunque bellissimo, il pezzo di merda.
“Va bene, allora. Sai che c’è? Beccati questo” e, così dicendo, Mo Guan Shan baciò He Tian sulla bocca.
“Direi che siamo pari adesso”
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camillifritti · 8 years ago
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Questa è una storia di digiuno
Se si va su Wikipedia, voce UEFA Champions League, sezione “runner-ups” nessuno è come noi. Insomma è un po’ come mettere i soldi da parte, prenotare da Cracco, aspettare pazientemente che venga la sera giusta, studiarsi prima il menu per potere sfruttare al meglio la serata, partire per tempo, arrivare lì e trovarsi improvvisamente lo stomaco bloccato per uno “hit of air” dopo il calice d’aperitivo. 
In questo siamo specialisti. Non mi ricordo la prima, avevo un anno e pochi mesi, ma già quella, a guardare gli almanacchi, avrebbe dovuto dirci qualcosa. Si arriva a sbattere contro un muro, quello del formidabile Ajax, un muro che da lì a poco si sarebbe sfaldato, ma che era ancora lì per il suo canto del cigno e soprattutto per noi. Dopo quella finale Cruijff ed i suoi campioni avrebbero preso la strada di club più remunerativi e per più di venti anni l’Ajax sarebbe stato a digiuno, ma intanto era lì ad attenderci e batterci. Poco male, la Juve di Zoff, Bettega, Causio, Furino e tanti altri campioni giovani stava per iniziare un grande ciclo vincente. Sì, in Italia, perché dopo l’abbuffata di stranieri ed oriundi che aveva permesso a Inter e Milan di vincere le loro prime coppe, qui si decise per la via autarchica: risultato una striminzita coppa UEFA in 10 anni di dominio solo nazionale. Poi vennero gli anni 80 e finalmente il ritorno degli stranieri: ossatura della nazionale campione del mondo, con due supercampioni stranieri, formazione che per sempre ci ricorderemo  (Zoff, Gentile, Cabrini, Bonini, Brio , Scirea, Bettega, Tardelli, Rossi, Platini, Boniek), squadra tedesca di seconda fascia, arrivata in finale quasi per caso, l’Amburgo, turni passati in scioltezza. Era vittoria certa. Invece Magath ce lo ricordiamo ancora ora. Tiro della domenica non visto da Zoff e gambe molli per il resto della partita. L’ennesimo digiuno, anche la mia prima vera grossa delusione ad 11 anni, ma poco importa: siamo i più forti e vinceremo le prossime. 
Ed infatti l’occasione arriva presto: 1985, stadio Heysel, di fronte il leggendario Liverpool, ma questa volta i favoriti siamo noi. Non mi dilungo, sapete come è andata a finire: questa volta siamo arrivati fino alla fine della cena, abbiamo pagato il conto, ma non abbiamo sentito il gusto di nulla, in piena narcolessi per ciò che era accaduto fuori dal ristorante
Di nuovo poco male, siamo sempre i più forti. Vinceremo le prossime. Ma c’è un piccolo problema: si ritira Platini ed inizia l’era dei Pacione, dei Rush, dei Marini, degli Zavarov e delle dirigenze allegre con Montezemolo che ci portano geni della panchina come Maifredi. In particolare Pacione nel 1986 con il Barcellona è il simbolo di che ci spetta al ristorante. Questa volta non siamo ancora da Cracco, ma siamo in un ristorante stellato dove ci prepariamo per la gran serata. Tutto perfetto, ma regolarmente appena ci servono i piatti in tavola, rovesciamo il bicchiere, ci cade la forchetta, il cameriere inciampa e ci rovescia addosso la zuppa. 
Intanto mentre l’Europa è interdetta alle squadre inglesi, inizia a vincere chiunque, come Steaua, PSV Eindhoven, Porto, Stella Rossa e a formarsi il primo grande Milan (complimenti, quando va da Cracco viene sempre a casa soddisfatto). Noi invece siamo in perenne ricostruzione. Fino a quando non nasce una stella che si vede solo una volta ogni 20-30 anni: Del Piero. E’ giunto il momento del nostro dominio finalmente: prenotati tutte le sere da Cracco, anzi ci lascia lui il tavolo sempre libero tanto apprezza la nostra presenza. Iniziamo bene, anzi quasi bene. In finale con l’Ajax, favoritissimi perché era chiaro che si trattava solo il primo assolo di una squadra che avrebbe dominato. Invece sofferenza fino all’ultimo, portata a casa solo ai rigori. Ma portata casa e tabù infranto: ora nessuno ci ferma. Infatti spazziamo via tutti fino a Monaco, dove troviamo un Borussia cucinato con i nostri avanzi, ormai cotti e stracotti: Kohler, Reuter, Moeller, Sousa, pure un Sammer rimandato a casa dall’Inter perché troppo lento e impacciato (da loro capito?). Una passeggiata no? Invece poco prima della finale si infortuna Del Piero, si domina ugualmente, intanto abbiamo pure Zidane, ma si va sotto 2-0 senza sapere nemmeno il perché. Entra Del Piero nel secondo tempo, subito 2-1, dai che rimontiamo... ma no, entra Ricken e segna il 3-1. Ricken, descritto come l’anti Del Piero, il fenomeno del Borussia dall’incredibile futuro. Bene, fu fenomeno sollo quella sera, poi non fece nulla di memorabile.
Poco male, siamo sempre i più forti: una partita storta non vuol dire nulla. L’anno dopo di nuovo in finale a suon di vittorie, questa volta ad Amsterdam con un Real  che non vinceva la coppa da 22 anni ed era una squadra che timidamente provava a ritornare vincente. Noi al gran completo: questa volta non si sbaglia. Invece gol di Mihatovic in fuorigioco e noi non in grado di tirare una volta sola in porta seriamente: questa volta i piatti c’erano, lo stomaco pure, ma avevamo un herpes alle mani che ci impediva di prendere in mano le posate. Credo una delle finali più brutte della storia.
Anche l’anno dopo ce l’avevamo quasi fatta per la cena, eliminati all’ultimo in semifinale, stabilendo il record della più lunga striscia di turni superati in coppa, ancora da battere. Un incidente, può capitare, tanto noi siamo sempre lì tra i più forti. Ma un giorno d’autunno succede l’imponderabile ad Udine: tibia e perone di Del Piero rotti. Non sarà mai più come prima, diventerà il Capitano per quasi altri 15 anni, porterà casa scudetti e altri titoli, ci seguirà in serie B, ma mancherà sempre qualcosa: da allora in tutte le cene che contano sarebbe sempre stato come avere il raffreddore e non sentire bene gli odori. 
Andiamo avanti veloci al 2003: via Zidane, dentro Buffon Nedved e Thuram e Trezeguet (il palo della luce più prolifico della storia). Squadra panzer, di nuovo dominio in Italia, finale letteralmente conquistata travolgendo tutti, gol del secolo di Nedved  al Real e ammonizione inutile alla fine, che gli fa saltare la finale con il Milan, ampiamente battuto in campionato. Nulla da fare, mancava lo spirito del trascinatore e altra serata dove tutto è insipido. Sconfitta meritata ai rigori.
Inizia l’era di Capello, squadra sempre più forte, scudetti vinti in scioltezza, ma dormite colossali in primavera o situazioni paradossali: tutta la squadra influenzata contro il Liverpool, poi vincitore a sorpresa. Ma anche  lì non di demoralizziamo: di anno in anno, qualsiasi cosa succede siamo comunque più forti. Per ogni O’Neill e Salas, arriva anche un Camoranesi o l’umile Panterone che con Pacione fa solo rima: lui il Barcellona lo elimina.  
L’apoteosi, amara, è la finale dei mondiali 2006, che praticamente ci giochiamo in casa con le nostre riserve e qualche ex: segno di un dominio mondiale, altro che continentale. Amara perché la federazione nel frattempo aveva deciso che siccome Moratti continuava a pagare il conto di cene in trattorie prese dalla guida Michelin che gli aveva passato Moggi (lui credeva di avergliela fregata), pensando sempre di andare da chef stellati, era ora che avesse un tavolo da Cracco pure lui. Visto che c’era il forte rischio che sbagliasse l’indirizzo, hanno fatto le cose per bene, chiuso Cracco, eliminati tutti i commensali e cucinato a casa sua. Erano piatti un po’ di cartone, ma pare  Moratti avesse gradito lo stesso (in fondo non sa come è un piatto ben cucinato sul serio).
Arriva l’era moderna. Finite le cene per Moratti e il nostro periodo simpatia, si torna a vincere. Purtroppo il mondo è cambiato: mentre all’estero si aprivano ristoranti da 100€ in ogni angolo, da noi solo kebabbari. Conte, all’inizio di bocca buona, ci reimpara (usiamo un po’ di contese) che se hai fame anche il kebab va bene e subito tre di fila. Ma non crede di avere il vestito giusto per Cracco & C. e se ne va via un martedì di luglio. Arriva Allegri e un po’ per bravura, un po’ per culo si ritrova di nuovo subito in una cena stellata. Questa volta si era già soddisfatti di aver trovato libero e avere ottenuto il tavolo. Però sotto sotto, non lo si diceva ad alta voce ma quando incrociavi uno juventino vedevi che pensava la stessa cosa: sta a vedere che è la volta buona, abbiamo trovato ogni modo creativo di perderle, magari stavolta che siamo lì per caso... E stava quasi per funzionare: dopo un primo tempo di sbandamento, secondo giocato bene, pareggio, Barcellona frastornato, occasione (un interista direbbe altro, per noi solo occasione) clamorosa di passare in vantaggio e poi come al solito... contropiede e 1-2, di nuovo contropiede e 1-3. Finale persa.
Ma eravamo di nuovo al tavolo giusto.  L’anno dopo quasi si elimina il Bayern (il destino vuole che ci facciamo fare fuori da un nostro giocatore in prestito perché da noi non aveva spazio....) e poil’ anno successivo altra finale. Volutissima, meritatissima, difesa imperforabile, Barcellona schiantato dopo che aveva appena fatto l’impresa della storia. Il momentum completamente nostro, anche se il Real ha individualità migliori, ma noi siamo più squadra. Invece lì scopriamo che un nostro pezzo di storia, Zidane, che con noi ne ha imparato a perdere le finali, ha insegnato anche a loro essere squadra: dopo il pareggio di Mandzukic ero convinto che ormai fosse tutto a posto, anche il tabù dell’andare sotto immeritatamente e non reagire era infranto. Invece no,  complimenti, perché dopo ci hanno demolito, ma sappiate che quel tavolo noi lo vogliamo e prima poi una bella cena la si fa. Possibilmente senza sangue, se non nel filetto: dopo gli incidenti assurdi di Torino anche questa sarebbe andata di traverso. Tutto sommato meglio pensare di gustarci la prossima, intanto ci sarà presto.
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pangeanews · 7 years ago
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Norman Mailer leggeva strappando i libri con i denti. Ovvero: ecco la lista dei 10 libri più belli della letteratura moderna. Ditemi i vostri, please
Un tempo Norman Mailer, insieme ai compagni di merende (Gore Vidal e Truman Capote, tutti nati tra il Ventitrè e il Venticinque), era il duce della letteratura americana. Oggi Il nudo e il morto (che per George Orwell è “il miglior libro di guerra sull’ultima guerra”, solo che George è schiattato nel 1950) è pappa universitaria, Le armate della notte è roba per gli studiosi del Sessantotto, Il Vangelo secondo il Figlio è illeggibile e La sfida – cronistoria da brivido sull’incontro del secolo tra Mohammed Alì e George Foreman – è forse il libro migliore di uno scrittore che ha il passo inesorabile – e memorabile – del rapace saggista. Morto dieci anni fa – nel 2007 – neppure l’anniversario ha galvanizzato l’editoria nostra: Mailer è ristampato stancamente, manco fosse, lui, eternamente sprezzante, un residuo del tempo che fu. Bastarda la vita. Avercene, oggi, di giornalisti con la tempra di un Mailer, con la sua fame di fama. Detto questo. Di recente il Times Literary Supplement ha pubblicato un fogliettone di J. Michael Lennon (titolo: The naked and the read), che è quello che ha catalogato la biblioteca di Mailer. Uno che leggeva tanto (“più di 7mila volumi”), che spendeva tanto (“mille dollari al mese per acquistare libri”), ma che non era affatto un bibliomane. Lui, Mailer, romanziere brutale, i libri li brutalizzava. “Li usava. Li faceva letteralmente a pezzi. Non poteva vivere senza libri ma non gli interessava l’oggetto-libro. Se gli serviva un libro per una lettura pubblica, strappava le pagine che gli erano utili. L’idiota di Dostoevskij è stato assemblato con il nastro adesivo, era spaccato in più parti”. Il bello dell’articolo è che leggendo i libri che piacevano a Mailer entriamo nella testa del furibondo scrittore. Così, scopriamo che andava matto per John Dos Passos e Lev Tolstoj, per Oswald Spengler e Karl Marx, per Thomas Wolfe, Dostoevskij, Stendhal, Hemingway. Tra le letture favorite figurano Jorge Luis Borges, Herman Melville, E. M. Forster. Gli piaceva André Malraux (“voleva diventare il Malraux americano, una specie di Cardinale Richelieu alla corte di Kennedy”), amava George Simenon (“era sedotto dalla facilità della sua scrittura”), andava in brodo per Ezra Pound. “Mailer andò a far visita a Pound nel 1970, a Venezia. Gli chiese quale tra le sue poesie preferisse. ‘La vecchia aquila’, così Mailer chiamava Pound, rispose, ‘Tutte, è ovvio!’”. Se il tema v’interessa, leggetevi l’articolo. A me interessa un’altra cosa. Vorrei sapere cosa leggono gli scrittori, i poeti, gli artisti nostri. Conoscere la biblioteca di un artista è come leggergli la mano. Comincio io, faccio outing. Ecco i dieci libri decisivi della mia biblioteca. Unica norma: stare entro l’antro della letteratura ‘moderna’, dall’Ottocento in qua. A voi la palla, fuori le palle, ora.
*Moby Dick, Herman Melville: ho tutte le versioni italiane (la più bella? quella del poeta Alessandro Ceni), il tentativo di fusione tra Omero e Isaia in territorio bellico americano;
*La morte di Virgilio, Hermann Broch: il vero tramonto dell’Occidente; dopo l’apice di Thomas Mann, la catastrofe linguistica, il romanzo che si sfa in confessione e tumulto verbale e vertigine (il canto del cigno del romanzo occidentale);
*Sotto il vulcano, Malcolm Lowry: quando James Joyce e Dante Alighieri si mettono a ballare il tango sulla palude glaciale di Cocito;
*I passi perduti, Alejo Carpentier: romanzo di corrosiva bellezza sui rapporti tra l’uomo e la sua amazzonica, perduta, natura;
*Chadzi-Murat, Lev Tolstoj: la maestria del più grande narratore di ogni tempo non chiede aggettivi ma un orecchio teso alla meraviglia;
*Cuore di tenebra, Joseph Conrad: pubblicato nel 1899, è il vero romanzo ‘d’avanguardia’, onirico, temibile, ancestrale, perfetto, un grido che si protrae fino 18.999;
*Le elegie duinesi, Rainer Maria Rilke: da leggere in liturgica tensione, in ginocchio, per l’eternità;
*Le poesie, Boris Pasternak: Marina Cvetaeva diceva che Pasternak era “un albero”, il poeta più di tutti connesso al respiro del cosmo;
*Le poesie, Dylan Thomas: l’Orfeo del Novecento insegna la più fallimentare delle utopie, che la poesia sconfiggerà la Storia, spaccandole le mascelle;
*Fogli d’Hypnos, René Char: la poesia accade così, ipnotica, tra l’erba e la battaglia, puro fiato di un istinto sgelato dal nulla.
P.S. Ogni canone, a differenza dei codici che scollegano l’ingranaggio di una bomba, ha per natura l’ineffabile imperfezione, è effimero e forse inutile. Ciò che oggi mi dà vita, dico, domani può farmi schifo. Ad ogni modo, se volete farmi sapere quali sono i vostri 10 libri più belli, con piccola giustificazione, scrivete qui: [email protected]. Pubblico tutto, lo giuro.
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tmnotizie · 6 years ago
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PESARO – Nell’anno delle celebrazioni per il 150° della morte di Rossini e nei giorni del Rossini Opera Festival, lunedì 13 agosto alle 17.30, la corte di Palazzo Mosca – Musei Civici ospita la presentazione della grande opera Cultura del Cibo diretta da Massimo Montanari, ordinario di Storia medievale all’Università di Bologna e docente di storia dell’alimentazione.
Per la direzione dei volumi 1 e 2, Montanari si è avvalso dell’aiuto di Françoise Sabban, antropologa francese e storica dell’alimentazione, e, per il terzo volume, di Alberto Capatti, già Rettore dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche
 di Pollenzo.
In 4 volumi di oltre 2000 pagine complessive con un sontuoso apparato iconografico, Cultura del Cibo è stata realizzata da UTET Grandi Opere che ha commissionato 120 saggi firmati da altrettanti autori italiani e stranieri. Né ricettario, né guida turistica, l’opera intende contribuire – grazie al suo approccio interdisciplinare – alla formazione di una valida cultura alimentare e gastronomica, fornendo gli strumenti per operare in modo intelligente e consapevole nelle scelte culinarie e dei cibi.
Il tema del cibo sarà lo spunto per parlare del rapporto tra musica e cultura enogastronomica, arti entrambe vitali e distintive per la personalità e l’espressione creativa del Cigno di Pesaro in un appuntamento promosso all’interno del progetto ‘Rossini Gourmet’.
Per l’occasione, il professor Montanari parlerà, infatti, del suo saggio dedicato alla relazione tra cibo e musica, “L’arte di comporre: invenzioni culinarie e costruzioni musicali’, presente nel IV tomo dell’opera, “Il cibo nelle arti e nella cultura”, dedicato alle contiguità dei saperi alimentari con le diverse arti ed espressioni culturali (dalla letteratura al cinema, alle arti figurative e decorative, alla scrittura musicale, alla filosofia, alla religione, al diritto e alle scienze). Oltre ad essere l’elemento primario per la vita dell’uomo, il cibo è anche uno straordinario veicolo di contenuti economici, sociali, politici e culturali.
All’incontro interverrà Tommaso Lucchetti – docente di Storia e cultura dell’alimentazione all’Università di Parma e componente del comitato ‘Rossini Gourmet’ – che illustrerà il suo contributo presente nel IV tomo dell’opera, sul cibo come arte decorativa (“La cucina, la tavola, le arti plastiche”) con riferimenti specifici all’esperienza rossiniana. Presenti anche Daniele Vimini assessore alla Bellezza del Comune di Pesaro e  Marco Castelluzzo, Presidente e Amministratore Delegato UTET Grandi Opere – Gruppo Cose Belle d’Italia.
Massimo Montanari insegna Storia medievale all’Università di Bologna; svolge attività didattica presso l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo; è direttore del Master europeo “Storia e Cultura dell’Alimentazione” presso l’Università di Bologna. Da oltre 40 anni si occupa di storia dell’alimentazione e ha contribuito in modo decisivo a sviluppare in Italia e in Europa questo ambito di interesse scientifico. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: “L’alimentazione contadina nell’Alto Medioevo”, “Alimentazione e cultura del Medioevo”, “La fame e l’abbondanza, Storia dell’alimentazione in Europa”, “Il cibo come cultura”, “L’identità italiana in cucina”, “I gusti del Medioevo”, “I racconti della tavola”.
Tommaso Lucchetti insegna Storia e cultura dell’alimentazione all’Università di Parma. Da vent’anni lavora presso musei, siti archeologici, biblioteche ed istituzioni culturali per la ricerca e la valorizzazione di tutti gli aspetti storici ed antropologici delle produzioni alimentari, della cucina e delle arti della mensa, attraverso conferenze, percorsi didattici ed espositivi, e mostre. Tra le sue pubblicazioni Piatti reali e trionfi di zucchero(Retecamere, 2009), Storia dell’alimentazione, della cultura gastronomica, dell’arte conviviale delle Marche (Il Lavoro Editoriale, 2009), Il Poeta e la sua mensa (Il Lavoro Editoriale, 2012), Il sapore delle arti (Sistema Museale della Provincia di Ancona, 2014), A convivio con Giacomo della Marca(Il Lavoro Editoriale, 2015), Le feste dello spirito (Il Lavoro Editoriale, 2015).
Ingresso libero. Info 0721 387541 [email protected]
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ewaprati · 7 years ago
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In questo misero show
Romantico comico libero tenero equivoco
Dimmelo come mi vuoi?
Fragile sadico debole frivolo mistico
Quello che chiedi tu avrai
In questo misero show
Non ho niente da perdere sai
Devo pur vivere anch`io nel vuoto che c`è
Prendimi lasciami usami sbattimi
Non mi vergogno di me
Comprami vendimi scambiami spogliami
L`alternativa non c`è
Siamo in vetrina lo so
In ostaggio di un si o di un no
Tanto non serve oramai un`anima, quest`anima
Artista dove vai, a chi darai quei sogni tuoi
Chi ti ricorderà domani?
Non hai più identità, poesia, magia, lealtà
Se muore la libertà il cuore che fine fa?
Un`altra civiltà, oh! Difenderebbe la tua età
Ma il tuo passato qui è niente
Meglio il silenzio sai, il tuo canto del cigno mai
Un poco di umanità,
Guarda che fine fai… Ascoltati
Piangere ridere fingere cedere
Per poter dire ci sei
Avidi squallidi osceni ridicoli
Pur di promuoverci noi
In questo circo lo so non sei furbo se dici di no
Parlano tutti però per ultima la musica
Artista dove vai? Non ti ricordi gli albori tuoi?
Il freddo, la follia, la fame
L`ostinazione tua, morivi di un`idea
Difendi la fantasia, non credere a una bugia
Un`altra Italia si, oh! Un po' più onesta di così
Proteggerebbe te in vita
Finchè avrai voce tu, anche solo un respiro in più
Rimani quaggiù in trincea
Che questa storia è la storia tua
Difendila difendila, difendila!
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