#La Fucina del Tempo
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“Scarpette Rosse”: Un Evento Culturale contro la Violenza sulle Donne a Savignano sul Rubicone
Il 25 novembre 2024, la Sala Polivalente Salvador Allende ospita una serata di riflessione con mostre, letture e performance artistiche per sensibilizzare sulla violenza di genere.
Il 25 novembre 2024, la Sala Polivalente Salvador Allende ospita una serata di riflessione con mostre, letture e performance artistiche per sensibilizzare sulla violenza di genere. Il 25 novembre 2024, nella Sala Polivalente Salvador Allende di Savignano sul Rubicone, si terrà l’evento culturale “Scarpette Rosse”, promosso dall’Associazione Il Richiamo A.P.S.. L’incontro, patrocinato dal Comune…
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Il vizio della parola
Il vizio della parola
Il divieto per le donne di usare la voce in pubblico nell’Afghanistan dei talebani. E noi ammutoliti da un diluvio di neologismi assurdi (vedi alla voce “maranza” o “sunshine guilt”)
Se togli loro la parola, scompariranno. I talebani hanno recentemente emanato una serie di leggi inerenti la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. Già questo proietta lo sguardo su un mondo che appartiene a una galassia lontanissima. E quando mai dalle nostre parti si parla più di vizi e virtù? In ambito legislativo, oltretutto.
In ogni caso, queste leggi sono state approvate dal leader supremo dei talebani, Hibatullah Akhundzada, e tra i provvedimenti ne spicca uno: «La voce di una donna è considerata intima e quindi non dovrebbe essere ascoltata mentre canta, recita o legge ad alta voce in pubblico». Per promuovere la virtù e scacciare il vizio, le donne non potranno esprimersi a voce alta nei contesti pubblici. Le imbavagliano, anzi le ammutoliscono, ma per il loro bene s’intende.
La scena è agghiacciante, ci costringe a una doccia terribilmente fredda. I talebani hanno chiaro chi sia una donna, a differenza della nostra situazione un po’ più aperta, cioè confusa. Abbiamo trascorso l’estate – ma è stata la ciliegina su una torta sfornata da tempo – a interrogarci su livelli di testosterone, Dna, intenzioni d’anima. Magari, al prossimo caso mediatico, potrebbe essere utile cambiare sfondo e ambientare tutti i nostri dubbi per le vie di Kabul e «vedere l’effetto che fa».
Se dai loro in pasto tantissime parole, scompariranno. Aggiungere vocaboli non è per forza segno di progresso, si può diventare muti per eccesso terminologico. L’aggiornamento dello Zingarelli per il 2025 prevede che il dizionario si arricchisca di nuovi termini, “maranza” e – udite udite – “gieffino” si conquistano un posto nell’Olimpo delle parole validate da definizione. Ma questo è solo un ritocco brutalmente onesto al nostro ritratto umano.
Il crimine terminologico è altrove, là dove spuntano espressioni che ci ritroviamo sotto gli occhi scrollando le notizie. “Coolcation” è la tendenza in crescita per trovare mete di viaggio al fresco. “Workation” è la scelta di lavorare da remoto scegliendo luoghi che offrano svago e servizi per il tempo libero. Una medaglia d’oro per l’assurdo spetta all’espressione “sunshine guilt”, il senso di colpa per aver sprecato una giornata di sole.
C’è, nel nostro intimo, un ribollimento senza nome. Sono scampoli di paura mescolati a slanci di affetto, pulsioni cattive e lacrime struggenti. È questa fucina scabrosa, feconda e indicibile che alimenta la libertà nel tumulto di gesti, scelte, responsabilità. Sono poche, devono essere poche e vertiginose, le parole a cui ricondurre il senso del nostro travaglio. Sillabe scottanti come “amore” o “invidia”. Frantumare il quadro in un mucchio di nuovi pezzettini lo riduce a un puzzle che resta scombinato.
Finiamo per scomparire ed essere muti se l’impegno di affrontare la novità di ogni nuova alba – l’ignavia che fa a pugni con la rabbia, i desideri che bevono sorsi di fiducia – viene sgonfiato dalla bugia che tutto affondi in un senso di colpa per il timore di perdere un giorno di sole.
via tempi.it
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Storia Di Musica #266 - Dead Can Dance, Aion, 1990
La copertina del disco di oggi, della serie di lavori che riprendono capolavori del Rinascimento, è un particolare de Il Trittico Del Giardino Delle Delizie di Hieronymus Bosch, dipinto probabilmente tra il 1490 e il 1510 dal maestro nederlandese, conservato oggi al Museo Del Prado di Madrid. Il particolare è della sezione centrale, sulla Vita nel Giardino. A sceglierlo per quello che è il loro disco capolavoro sono stati un gruppo australiano, i Dead Can Dance. Si formano a Melbourne alla fine degli anni ‘70, e si ispirano alla new wave britannica di quei giorni e alle sonorità post-punk. Sono in quattro all’inizio: Paul Erikson al basso, Lisa Gerrard alla voce, Simon Monroe alla chitarra e alla batteria e Brendan Perry alla voce e alla seconda chitarra. Pubblicano un singolo, nell’agosto del 1981, The Fatal Impact, che esce in una compilation di una rivista specializzata, Fast Forward. Visto il successo scarso, decidono di andare a Londra. Passano mesi duri, fino a quando nel 1983 un loro demo arriva alla 4AD Records, un’etichetta indipendente fondata nel 1979 da Ivo Watts-Russell e Peter Kent e che sarà fucina di talenti e del più sofisticato goth rock di quel periodo, avendo scoperto e prodotto Bauhaus, Cocteau Twins, Modern English, Pixies, Throwing Muses, e i leggendari This Mortal Coil, una sorta di supergruppo con molti dei musicisti delle band dell’etichetta che pubblicherà tre dischi magnifici. I Dead Can Dance sostituiscono Monroe con Peter Ulrich e nel 1984 pubblicano Dead Can Dance: in copertina, una maschera rituale della Nuova Guinea con il nome in caratteri greci del nome della band, una musica che se parte dall’elettronica new wave si espande e diventa rarefatta, acquisendo dettagli e costruzioni che diventeranno iconici, soprattutto grazie alla voce magnetica di Lisa Gerrard. Partecipano al progetto This Mortal Coil, poi nel 1985 il primo disco notevole, Spleen And Ideal, in cui introducono archi, fiati, armonie che si rifanno alla musica gotica, contenuti mistici che troppo velocemente diventano “new age”, e da qui inizia un piccolo seguito di culto per la band, che è diventata ormai un duo Gerrard\Perry, compagni anche nella vita. Si trasferiscono in Irlanda, e lì compongono il primo capolavoro: The Serpent’s Egg (1988) è ancora più etereo e sognante, e un brano, The Host Of Seraphim, verrà usato a più riprese in documentari, trailer, altri brani addirittura campionati (The Chemical Brothers che usano un sample di Song Of Sophia per la loro Song To The Siren, nel loro disco Exit Planet Dust del 1995). Succede però che i due si separino come coppia, con la Gerrard che rimane in Irlanda e inizia a studiare le lingue slave, Perry che va in Spagna. Ma il loro binomio artistico continua, e le esperienze personali sono alla base del disco di oggi, il loro capolavoro. Lo intitolano Aion, una parola greca che vuol dire “forza vitale”, e nella mitologia greca è il tempo infinito, del susseguirsi delle ere, ma anche il tempo vitale e il destino a differenza di Chronos che è il Dio del tempo degli eventi, delle ritualità. Composto da 12 brani spettacolari, ha decine di influenze. Solo due brani sono in inglese, Black Sun e Fortune Presents Gifts Not According To The Book, il cui testo è una traduzione di alcune liriche del poeta spagnolo barocco del diciassettesimo secolo Luis de Góngora. Si aggiungono melodie medioevali e rinascimentali, strumenti antichi come la ghironda o la viola da gamba, sono capaci di creare una musica che sembra un gioco di aria e acqua nella breve ma stupenda The Garden Of Zephirus, polifonie vocali nella toccante Wilderness, i ritmi da mercato arabo della conclusiva Radharc, la ripresa di un Saltarello, una melodia tipica del Centro Italia Rinascimentale, ma su tutto domina la voce, da brividi, della Gerrard, che con naturalezza canta una glossolalia fatta di parole greche, latine, arabe, bulgare, gaeliche che sembrano una misteriosa nuova lingua nella spettacolare apertura del disco, The Arrival And The Reunion, accompagnata dal soprano maschile David Navarro Sust. Alcuni strumentali sono eccezionali e rimandano al tempo del dipinto di copertina, come Mephisto e la stupenda As The Bell Rings The Maypole Spins (il Maypole Spin è molto simile All’Intreccio delle tradizioni folkoristiche nostrale legate al Carnevale, e consiste nell’intrecciare serie di nastri colorati, seguendo un ballo ritmico, ad un palo). Ma il colpo da maestro è la ripresa di una canzone tradizionale mediterranea, The Song Of The Sybil, conosciuta soprattutto nel sud della Spagna come El Canto De La Sibilla e ad Alghero: canzone di genere apocalittico che la tradizione fa risalire addirittura a Eusebio da Cesarea, che scrisse, secondo Sant’Agostino, una Iudicii Signum, che il teologo da Ippona tradusse dal greco al latino nella sua Città Di Dio. I Dead Can Dance ne riprendono la versione in catalano, che è uno dei momenti clou delle celebrazioni della natività in molte zone della Spagna: qui la Gerrad sfoggia tutta la natura dolorosa del canto, in una prova vocale da brividi e indimenticabile. Il disco è acclamato dalla critica e rimane uno dei picchi di creatività di una band che toccherà il massimo successo con Into The Labyrinth (1993), che venderà 500 mila copie, record per un disco della 4AD. Rimangono un ascolto necessario, per la delicatezza delle scelte e la magia della loro musica, da assaporare con il tempo necessario per un viaggio spazio temporale, almeno ad occhi chiusi.
P.S. La rubrica salta la domenica prossima, e riprende martedi 21 per ritornare domenica 26, con due titoli per finire la serie di dischi con le copertina rinascimentali.
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L’Isola dell’ingegnosità ideale.
Sandro Botticelli, ‘Nascita di Venere’ (1482 – 1485), Galleria degli Uffizzi, Firenze. Come il sole del cielo, così questa Nuova Atlantide dell'umanesimo fiorentino si alza serenamente, estendendo fuori per separare le onde della sua stessa genesi; l'isola siede maestosamente in cima all'oceano, come un cavaliere coraggioso in cima del suo destriero, il triumphus del Monumento equestre a Giovanni Acuto di Paolo Uccello, blasonato sulle pareti del Duomo - oppure, nel lessico di Poliziano, Nello estremo, se stesso el divin fabro formò felice di sì dolce palma, ancor dalla fucina irsuto e scabro. Per di più, come le onde della storia continuano a languire laboriosamente sulle rive di questa utopia, l'essenza dell'umanesimo fiorentino comincia a crescere dalla sabbia sottile ma sostanziale del suo passato antico: da una parte, si può facilmente scivolare ed evacuare dalla mano della memoria, in cui, granello dopo granello, il flusso è rivendicato dal silenzio tombale della gravità - ad esempio, le rovine antiche romane di Fiesole, tra cui il grande anfiteatro, tornato a nudità dalla nenia della natura; tuttavia, allo stesso tempo, nella fornace fervente della perfezione artistica, attraverso l'alchimia del genio creativo, si può diventare uno specchio di vetro cristallino attraverso il quale Il popolo della repubblica può riflettere sulla loro identità civica. Qui, vediamo il grande progetto dell'umanesimo fiorentino: questa sabbia dell'antichità sul litorale della Nuova Atlantide diventa la cornice per circondare la tela della creatività culturale del Rinascimento. A cominciare dal Priorato delle Arti, l’enfasi collaborativa sui valori umani e sull'innovazione tecnologica che hanno caratterizzato anche l'antichità precipita un’incoraggiamento dell'eccellenza artistica ed architettonica come virtù civica, l'abbellimento accomodativo del Popolo; l'isola ideale esiste per tutti gli isolani. Così, emerge una figura come Brunelleschi, che, sotto l'aegis della venerabile Arte della Lana, e sotto l'ispirazione del classicismo e l’urbanismo della vita intellettuale fiorentina, si abbraccia il materiale dell'antichità (in questo caso, la cupola del Pantheon a Roma) e si trasforma in un capolavoro architettonico che supera tutto ciò che esiste nella storia, mentre, allo stesso tempo, viene offerto per il bono communi di tutti i cittadini: la magnifica Cupola di Santa Maria del Fiore, il tetto torreggiante per tutto il popolo di Dio.
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Topazia Alliata
Topazia Alliata, intellettuale eclettica e anticonformista, spirito libero, sempre un passo avanti rispetto al suo tempo, pittrice, gallerista e curatrice, è stata una grande protagonista della scena culturale del Novecento.
Nata a Palermo il 5 novembre 1913 in una famiglia aristocratica di origini pisane, suo padre era Enrico Alliata duca di Salaparuta, proprietario delle cantine di Casteldaccia che producono i vini Corvo. Sua madre Oria Sonia Ortúzar Ovalle de Olivares, figlia di un diplomatico cileno, nata e cresciuta a Parigi, da ragazza era stata una talentuosa soprano allieva di Enrico Caruso.
Una famiglia di sangue blu che disdegnava i fasti conducendo una vita semplice e morigerata.
Il genitore, colto e illuminato, frequentava i salotti europei più innovatori, seguiva il socialismo umanitario di Tolstoj ed è stato tra i fondatori della cucina vegetariana. La madre, costretta ad abbandonare le velleità artistiche perché ai tempi non era conveniente per una nobildonna calcare i teatri, soffriva di malumori e risentimenti che ne hanno segnato l’esistenza.
Cresciuta in un ambiente di grande apertura, a contatto con diverse culture, aveva appreso, sin da bambina, l’inglese, lo spagnolo e il francese. È stata una delle prime donne in Sicilia a prendere la patente, indossava i pantaloni e fumava. Amava lo sport e la natura, è stata un’ardita arrampicatrice e sciatrice e ha compiuto varie ascensioni sulle Dolomiti.
Ha frequentato la Scuola Libera del nudo dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, fino ad allora preclusa alle donne.
Ha viaggiato molto e incontrato personaggi come Paul Guillaume, che le ha fatto un ritratto e Pablo Picasso. Nel 1931 anche Renato Guttuso, che ne era invaghito, l’ha ritratta nel quadro Giovane donna ammantata.
Le sue opere, dalla forma essenziale, sono soprattutto ritratti e autoritratti.
Della sua produzione pittorica è rimasto ben poco a causa dei tanti trasferimenti e i furti subiti.
La famiglia avrebbe voluto farle sposare un nobile inglese, ma, incurante del parere dei genitori, nel 1935, a Firenze, ha sposato Fosco Maraini, giovane intellettuale che sarebbe diventato uno dei più grandi antropologi del Novecento.
Insieme hanno vissuto una grande e intensa storia d’amore caratterizzata dalla libertà dal vincolo dei pregiudizi, il trasporto per l’arte, l’amore per la vita e per i viaggi.
Nei primi anni abitarono a Fiesole in una casa modesta dove, nel 1936, è nata la loro prima figlia, Dacia. Tre anni dopo si trasferirono a Sapporo, in Giappone, dove lui aveva ottenuto un incarico universitario e dove, nello stesso anno è nata Yuki, per l’anagrafe italiana Luisa. Nel 1941, a Tokyo, è nata Antonella, detta Toni.
Antifascisti, quando si rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, vennero internati in un campo di prigionia nipponico dove hanno sofferto fame e freddo. Di quell’anno terribile è rimasto un piccolo diario dove ha annotato condizioni e sensazioni. Nel maggio 1946 vennero rimpatriati su una nave militare. Tornati in Sicilia, andarono a vivere a Bagheria, nella monumentale Villa Valguarnera.
In un momento storico estremamente difficile, alla morte del padre, ha fatto di tutto per risollevare le sorti dell’azienda vinicola di famiglia, rivelandosi un’imprenditrice tenace e intraprendente. A lei si deve la creazione del Colomba platino, un bianco che ancora oggi è vanto del marchio Corvo. Ma, nonostante il grande impegno speso, nel 1959, si è vista costretta a vendere le cantine di Casteldaccia a un ente della Regione Sicilia.
Trasferitasi a Roma ha aperto una galleria d’arte a Trastevere, una vera fucina di nuovi talenti che ha chiuso nel 1964, dopo aver organizzato e curato circa sessanta mostre. Ha continuato comunque il suo lavoro di promozione e scoperta di artisti e artiste emergenti collaborando con diverse gallerie italiane e internazionali.
È morta a Roma il 23 novembre 2015, aveva 102 anni.
Sulla sua intensa vita e il potente contributo apportato alla scena culturale del secolo scorso, sono stati scritti diversi libri e le sono state dedicate mostre e premi.
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Con Italian Summer Market la solidarietà italiana vince a Nottingham
Di Pietro Nigro Un successo per Italian Summer Market, l'evento di beneficenza organizzato dalla Italian School of Nottingham il 13 luglio sorso. Con Italian Summer Market la solidarietà italiana vince a Nottingham La città di Nottingham si sta rivelando sempre più una fucina di eventi solidali a favore di chi soffre. E l’Italian Summer Market di sabato 13 luglio non ha deluso le aspettative, riscuotendo un grande successo di pubblico. Anche questo evento è stato organizzato, presso la Rushcliffe Spencer Academy School, da un’insegnante a cui stanno a cuore le nuove generazioni, Alessia Beneventi, che con la sua Italian School of Nottingham, accoglie ogni anno decine di bambini desiderosi di imparare l’italiano divertendosi. Come gli eventi passati, promossi nei momenti clou dell’anno (Natale e Carnevale) anche quello estivo ha avuto come obiettivo solidale quello di raccogliere fondi per il Nottingham Children Hospital "Big Appeal”, l’ospedale dei bambini: l’evento estivo ha raccolto per la sua causa £ 439. E, nello spirito che da sempre contraddistingue Alessia e il suo modus operandi, tutto è stato fatto col sorriso, nel piacere di stare insieme, di mettersi a confronto divertendosi, senza dimenticare la causa comune. Sabato 13 luglio sono stati in molti a voler esserci, visitatori ed espositori, per passare un pomeriggio festoso e coinvolgente, grazie alla tradizione culinaria italiana (il profumato caffè italiano di Bonincontro; il tradizionale gelato italiano artigianale di Debora e Daniele - Little Big Sicily; la deliziosa pizza di Vito Pizzamici) e all’artigianato locale di pregiata fattura, prodotti ideati e lavorati col cuore prima che con le mani, per avere qualcosa da portare a casa come ricordo di un pomeriggio bello e importante trascorso insieme: le originali creazioni di Lel and Sue, Prints for Joy, Made with Love Scrunchies, Sister Scent scented candles, Cute Angel Crafts, Rosa’s Jewels e i giocattoli di Sam Toys. Il tutto, sottolineato dalle note dello show di musica dal vivo dei Mas Y Mas – Rikki Thomas-Martinez, gruppo musicale latino-americano. Ma anche le Istituzioni locali non sono state a guardare, anzi, hanno partecipato volentieri al pomeriggio festoso e benefico mettendo in campo i loro nomi migliori: il Deputy Mayor di Rushcliffe John Cottee (che ha pronunciato il discorso di apertura dell’evento) e sua moglie Lorraine, il Consigliere Hari Om, il segretario del Comites di Manchester Gianluca Fanti, entusiasti della varietà e della bontà dei cibi italiani offerti, e della calda accoglienza ricevuta. Radio ufficiale dell’evento è stata London One Radio, radio italiana nel Regno Unito. “Un'esperienza culminante di Cibo e Cultura” così Alessia Beneventi ha definito la sua creatura, questo Italian Summer Market, che è la versione estiva di ciò che si vuole continuare a proporre, ossia un appuntamento regolare, annuale, che coinvolga cittadini e istituzioni in un crescente interesse sia per la solidarietà che per la cultura e le tradizioni italiane. “È stato un piacere essere presente a questo fantastico evento nella cittadina di Nottingham, nell'East Midlands, che presenta una ricca comunità di Italiani così come tanti amanti del Bel Paese - ha dichiarato il consigliere Fanti - È stata una grande emozione partecipare ad un evento che permette di diffondere i valori dell'italianità e quel senso di comunità che ci contraddistingue. “Apprezzabile – aggiunge il consigliere al nostro magazine – il grande sforzo che le associazioni italiane come la Scuola Italiana della prof. Alessia Beneventi svolgono per promuovere il nostro Paese, offrendo il loro tempo per una giusta causa, e il ruolo che Il Comites ha nel promuovere e diffondere queste iniziative sul territorio della nostra circoscrizione. Un grazie per l'ospitalità agli organizzatori, ed in particolare alla Prof.ssa Alessia Beneventi." E il successo di questo evento è dovuto anche all’impegno dei volontari che hanno dedicato tempo e lavoro ad un progetto così sentito. Nel frattempo, alla Scuola Italiana di Nottingham si sono già aperte le iscrizioni per il prossimo anno scolastico 2024-2025 per i bambini di età compresa tra i 2 e i 10 anni. Gioco, canzoni, teatro, danza: un metodo sicuramente alternativo, quindi coinvolgente, per riuscire a trasmettere a bambini così piccoli l’apprendimento di una nuova lingua, parallelamente all’acquisizione delle regole grammaticali, della scrittura in italiano, così come alla lettura di storie in lingua italiana. Per le iscrizioni occorre scrivere a [email protected]. Con il cuore e la mente già proiettati verso il prossimo evento cultural-benefico, che sarà quello natalizio, per cui Alessia sta già reclutando espositori di attività o di prodotti che si ispirano all'Italia o all'atmosfera natalizia per creare l’opportunità di mostrare i prodotti stessi, interagendo con il pubblico e creando nuove connessioni all'interno della comunità. ... Continua a leggere su
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Milano, al via i lavori di restauro della sede della Fondazione Stelline. L'intervento vede la Regione protagonista con un investimento di 5,5 milioni di euro
Milano, al via i lavori di restauro della sede della Fondazione Stelline. L'intervento vede la Regione protagonista con un investimento di 5,5 milioni di euro. VICEPRESIDENTE ALPARONE : "Da spesa a investimento, da costo a valore". Così il vicepresidente e assessore a Bilancio e Finanza Marco Alparone ha sintetizzato l'impegno di Regione Lombardia in questo progetto. Un intervento di rigenerazione urbana ha spiegato, "passa anche dalla capacità della progettazione finanziaria. E quindi dal contributo annuale di un tempo, abbiamo scelto di percorrere la strada di un grande investimento che permetta a questa realtà di operare con efficacia ed efficienza. Ossia svolgere la sua importante opera culturale attraverso una capacità finanziaria propria. Questa è la grande azione di Regione Lombardia: concordare con la Fondazione che era tempo di uscire dalla logica del contributo annuale, ma fare con coraggio un grande investimento capace di dare alle Stelline un futuro in grado di poter camminare sulle sue gambe". ASSESSORE CARUSO: Un ruolo sempre più centrale della Fondazione è stato sottolineato dall'assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso. Regione Lombardia, ha detto, "è concretamente vicina alla Fondazione Stelline e questo intervento di riqualificazione conferma la sua centralità culturale per Milano, e più in generale, per l'intero territorio lombardo. Per il progetto mettiamo in campo 5,5 milioni di euro con l'obiettivo di rendere questo luogo, la cui importanza è cresciuta negli anni, ancora più attrattivo e trasformarlo in una fucina culturale ricca di incontri, conferenze e formazione, nonché polo innovativo e all'avanguardia per l'intera Lombardia". ASSESSORE MAZZALI: "Oltre ad essere uno dei palazzi storici più grandi e affascinanti di Milano, Palazzo delle Stelline è anche un albergo di lusso nel cuore del capoluogo lombardo, e rappresenta, quindi, un importante 'biglietto da visita' per i nostri turisti, anche in vista delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026". Così Barbara Mazzali, Assessore al Turismo, Moda e Marketing Territoriale di Regione Lombardia, ha evidenziato uno degli aspetti salienti del progetto di ristrutturazione. IL PROGETTO Gli interventi previsti nella sede della Fondazione Stelline prevedono da un lato il restauro del Palazzo delle Stelline, che vedrà interventi sull'anello idrico, sull'efficientamento energetico (con il cambio di tutte le finestre dei chiostri), sull'abbattimento delle barriere architettoniche e sul rifacimento del tetto. Dall'altro vi è il rifacimento ex novo dell'Hotel delle Stelline che con il progetto di restauro firmato dallo studio Stefano Boeri Interiors passerà da tre a quattro stelle. L'obiettivo è quello di diventare un'eccellenza ricettiva, contemporanea ed elegante, in grado di rispondere agli standard dell'alta hôtellerie e di godere di una sempre maggiore e riconosciuta attrattività nazionale e internazionale. Quando sarà operativo, garantirà l'autonomia finanziaria alla Fondazione. GESTORE CON GARA PUBBLICA In prossimo gestore dell'Hotel, ha infatti illustrato il presidente della Fondazione Stelline Fabio Massa, "verrà individuato tramite gara pubblica, e non sarà più un affittuario. La Fondazione manterrà il controllo dell'hotel e si affiderà a un partner di catena, la cui selezione è in dirittura d'arrivo. Questa formula rappresenta un passo importante - ha spiegato - perché consentirà alla Fondazione di fare propri i profitti e restituirli alla collettività, investendoli nelle attività culturali e artistiche, con l'obiettivo di una totale sostenibilità ad autonomia finanziaria dal 2027. Ma è già dal 2026, in concomitanza con le Olimpiadi di Milano-Cortina, che si prevede la piena funzionalità della struttura alberghiera. Si tratta di coniugare l'ospitalità di coloro che da turisti diventano partecipi della missione della Fondazione e di affermare che la cultura può non essere un costo, ma un investimento che si sostiene autonomamente, restituendo solo benefici".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Irish Wish - Solo un desiderio: il ritorno di Lindsay Lohan per un film che scivola via
Bisogna stare attenti a ciò che si desidera, perché quel mondo così tanto idealizzato, o sognato, rischia di tramutarsi in realtà; il che non sarebbe male, se non fosse che spesso ciò che avevamo sperato non combaci perfettamente con l'ideale di felicità. Questo è ciò che succede più o meno in Irish Wish - Solo un desiderio di Janeen Damian (disponibile su Netflix) la protagonista Maddie (Lindsay Lohan) è una ragazza che vive appieno la sua fantasia. Alimentandosi di speranze, e insicurezze, la ragazza è per sua stessa indole una sognatrice.
Irish Wish - Solo un desiderio: Lindsay Lohan in una scena del film
Da buona (ma mai apprezzata) scrittrice, è naturalmente spinta a far correre sul binario della fantasia una propria versione alternativa della realtà; una versione manipolata dall'immaginazione, plasmata da grandi speranze, ma spesso del tutto opposta a quella a lei destinata. Ma il destino, si sa, è imprevedibile. Gioca senza regole. Una caduta delle aspettative, e una presa di coscienza che ciò che vorremmo non combacia con ciò che sarà, diventa il motore a scoppio di questa commedia leggera e senza tante pretese, dove Lindsay Lohan ritrova una verve che si credeva persa, mantenendo però una bassa velocità.
La trama
Irish Wish - Solo un desiderio: Lindsay Lohan in abito da sposa
Maddie (Lindsay Lohan) voleva essere una scrittrice, ma finisce per lavorare come editor. Maddie è innamorata di Paul Kennedy (Alexander Vlahos), ma ha troppa paura per dichiararsi. Risultato della sua paura? L'uomo della sua vita (o almeno, quello che ritiene tale) incontra una delle migliori amiche di Maddie e se ne innamora. Per quanto matura e capace di mettere da parte i propri sentimenti, accettando il ruolo di damigella d'onore al matrimonio dei due, la giovane sa in cuor suo che nulla è cambiato. Ecco perché, su una panchina speciale nel cuore della location irlandese dove si tiene la cerimonia, Maddie affida il proprio desiderio (sposare Paul) a Santa Brigida. Una folata di vento, una caduta all'indietro, ed ecco che la mattina successiva la ragazza si sveglierà nei panni della sposa invece che in quelli della damigella. Ma forse, anche i desideri più profondi, non combaciano con il concetto di felicità destinatoci dal fato.
Opere semplici per letture semplici
Irish Wish - Solo un desiderio: Lindsay Lohan in una sequenza del film
Tutto in Irish Wish è chiamato a restituire con semplicità una narrazione altrettanto prevedibile e facile da comprendere, senza elucubrazioni, o risvolti criptici ed enigmatici. Un po' come quei "libri che compri in aeroporto" come vengono definiti in American Fiction, Irish Wish non aspira a nulla più se non offrire ai propri spettatori un'ora e mezza di pura leggerezza; una comfort zone senza ostacoli, dove l'arco narrativo dei propri personaggi si riduce a una linea segnata con leggerezza, senza cadute dell'eroe, ma tanta, troppa, dolcezza.
Ogni cosa è illuminata, forse fin troppo
Irish Wish - Solo un desiderio: Lindsay Lohan in una foto
Irish Wish non ha nulla a che fare con il Natale, la neve, o le festività comandate, eppure tutto in lui pare vivere sulla scia del ricordo di un tipico film natalizio uscito dalla fucina di Hallmark. Tutto è perfettamente illuminato; ogni strato brilla di colori accesi; nessuna ombra osa aleggiare su un microcosmo dove anche le delusioni, o le (poche) lacrime, vengono asciugate da una positività che tutto edulcora, fino a lasciare in bocca un gusto di fastidiosa dolcezza. Sembra una cartolina di un posto bucolico e fiabesco. Un microcosmo dove tutto può accadere, non prima però che lo spettatore abbia avuto il tempo di prevederlo.
Irish Wish - Solo un desiderio: Lindsay Lohan in un'immagine
Ludico, senza tante pretese e costruito al fine di raggiungere facilmente il proprio obiettivo (e un target spettatoriale quanto più ampio possibile) Irish Wish - Solo un desiderio si pone sul mercato di visione per soddisfare un bisogno: quello di raccontare una storia, intrattenendo lo spettatore, senza richiedere molta attenzione. La regia, il montaggio, la fotografia: nulla si propone al proprio spettatore con la presunzione di farsi ammirare. Tutto è elementare, basilare. Nonostante dei raccordi di montaggio dinamici e interessanti, e dei movimenti di macchina che danno l'illusione di una tecnica pregressa, l'unica che veramente tenta di offrire una parvenza di impegno è la stessa Lindsay Lohan.
La gioiosa leggerezza del ritorno
Irish Wish - Solo un desiderio: una scena del film
Lo sa bene l'attrice che questa è la sua occasione di rinascita; Irish Wish (di cui è anche produttrice) è molto più che un film per lei; è un ulteriore livello da superare per dimostrare al mondo di essere pronta a ritornare sulla scena. E in effetti, dietro quei sorrisi mai forzati, e quei gesti tanto ampi, quanto studiati, si ritrova quello spirito di attrice spensierata e comica con cui aveva conquistato il proprio pubblico negli anni passati (basta pensare a Mean Girls, o a Quel pazzo venerdì). Una gioia contagiosa, perfettamente in linea con la natura dell'opera, con la quale l'attrice coinvolge il proprio spettatore, lo prende per mano, immergendolo al centro di un girotondo spensierato. Ma a forza di girare e ridere, la prevedibilità avanza, l'allegria si smorza, lasciando spazio alla monotonia di azione.
Cartoline di un desiderio sbagliato
Irish Wish - Solo un desiderio: Lindsay Lohan in una scena
Coerente con il fine ultimo del film che è chiamata a dirigere, Janeen Damian evita ogni tipi di virtuosismo tecnico per mettere la propria macchina da presa al servizio di un aspetto contenutistico di puro intrattenimento. Gli zoom, così come i campi lunghi che accolgono al proprio interno la bellezza di un paesaggio mozzafiato come quello irlandese, sono tessere imprescindibili di un puzzle da guardare e apprezzare nello spazio di una visione, per poi passare ad altro. Ogni sequenza si lascia ammirare, strappa un sorriso, senza però imprimersi nella memoria dello spettatore. Alla regista basta cullare il proprio pubblico tra le braccia di un'ingenuità costante, sostenuta da un ambiente folcloristicamente vicino al peso delle speranze e della magia, per alleviare la pesantezza della quotidianità, cercando al contempo di ricordare quanto spesso ciò che si desideri non sempre combaci con la felicità eterna. A volte tutto si riduce nello spazio di una meteora che passa veloce; una speranza effimera, che ci illumina il cammino per ritrovare le impronte del proprio destino. Un significato profondo, questo, restituito con una leggerezza di intenti e di racconto. Un racconto che scivola via, come pioggia sul volto sotto un cielo irlandese.
Conclusioni
In conclusione Irish Wish - Solo un desiderio il film disponibile su Netflix e con protagonista Lindsay Lohan non riesce ad andare oltre il confine dell'opera leggera e sognatrice con la quale cerca di intrattenere il proprio spettatore. Tutto è chiamato a far passare un'ora e mezza di pura spensieratezza, ma tutto si ferma a un livello superficiale di visione. Irish Wish è come quel libro che leggi volentieri, ma le cui pagine scivolano via sull'onda dei ricordi, scomparendo parola dopo parola.
Perché ci piace👍🏻
La performance di Lindsay Lohan.
I campi larghi che immortalano la bellezza del paesaggio irlandese.
Il concetto di base che vuole i desideri come benzina della propria immaginazione, ma spesso pronti a tradirci.
Cosa non va👍🏻
Una regia che vorrebbe osare, ma non può.
La fotografia accecante.
I colori accesi e troppo cangianti.
La prevedibilità del racconto.
L'antipatia intrinseca di Santa Brigida.
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Pensieri di Primavera
BELLEZZA
Trovare le parole per descrivere la bellezza del mare d’inverno, la bellezza delle gambe delle donne nel loro guizzo festoso, il planare maestoso dell’aquila tra le vette, gli stormi luccicanti al sole nei loro vortici impazziti che disegnano traiettorie nei cieli, i colori lenti dell’autunno nel mischiare le foglie nei mulinelli dei venti, la neve quasi lucida di bianco nel suo modo di avvisare che stende la sua musica sulla terra. Gli occhi dispettosi della volpe che si aggira guardinga, il disunirsi del vento che trasporta con parsimonia le nuvole abbozzando figure misteriose nei cieli, le balene e i delfini che accarezzano le onde nella loro abissale leggerezza,
le braccia tese del salice che scende sulla morbidezza di certe bugie e la maculata betulla che ripete il suo disincanto.
La bellezza della luna con il suo naso freddo che si specchia nel lago e sciorina la sua veste d’argento, quel silenzio baciato del tramonto che occupa il nostro sorriso portandosi dietro ogni piccola nostalgia.
Quella bellezza che ti scalda e si stringe forte al tuo cuore, che vola con l’angolo d’una farfalla, nell’inclinazione sapiente dell’ape sul fiore, che brucia la terra nella fucina del sole, che si mimetizza nel viso di un bimbo che piange, che si ritrova e riconosce nell’abbraccio del seno di una madre che allatta. Che crea l’affetto tra le persone, nell’idea geniale dei ricordi del tempo trascorso insieme, come una nebbia rosa che si diffonde e mette a nudo le cose per quello che realmente sono; una stilla, un colore, un profumo, il salto delle acque e lo scorrere dei fiumi, il fischio di un treno in lontananza, quelle labbra carminio baciate di fretta nell’atrio di una stazione.
La bellezza sta nel mattino, nel respiro, nella corsa, nel silenzio sottile e profondo, negli occhi che continuano a turbarti, nella voce che s’insinua dolcemente, nella pelle che s’inclina al tempo, nel dolce tepore di una sera d’estate che ti avvolge con la sua gratitudine, in quell’abbraccio con le sue gemme che copre e protegge, nella pioggia che occupa lo spazio e ci offre ristoro, nelle spiagge che corrono veloci con le loro scie di sabbia e nel fuoco dei camini nel crepitare incauto della legna che si consegna e brucia.
Siamo noi la bellezza, gli occhi che s’incontrano e le anime perse che saltellano nel vuoto, senza più l’ingombro della memoria, siamo gli atti di amore, il benestare della ragione e la pazza follia, siamo l’unico desiderio e la speciale meraviglia, il tempo donato e il dissenso e il consenso, il pensiero sapiente e la luce, il tempo reale che suona la sua tastiera, il bello nella sfera del sole, l’abbaiare dei cani e l’ombra lontana d’un pettirosso che poggia sul ramo. Siamo quella ridicola tristezza che è piena d’incanto, quel gesto sfrontato e gonfio di boria che assomiglia ad un brandello di bufera.
Poi il mondo resta fuori, nei suoi colori incerti, nel profumo del caffè e la bellezza irrompe con la sua parte infantile, nel suo eterno gioco proibito e parla a bassa voce col vento, porta con sé i campi con le distese di lavanda, i fiori dell’arancio con la loro spezie, il nettare del corpo di una donna con la sua calligrafia e si diffonde con una memoria tutta sua nel tiepido acquazzone di una lacrima o nel festoso abbaglio di un sorriso e urla per avvertirci della sua presenza piacevole e la sua immagine scava l’orizzonte, in fuga come l’onda tra i frammenti di noi che lasciano le parole in pezzi lungo le strade, nella malizia del vischio inchiodato alle porte.
Così si crea una felicità così piena nella meravigliosa illusione che la bellezza sia anche bontà, una scia di zucchero, l’aroma del pane appena sfornato, nella casualità del volo e della brezza del cielo, nei raduni di stelle che non si può smettere di contare, nel dolore travolgente e nella forza dell’amicizia, perché la bellezza è vasta e contiene moltitudini e vive nelle cose tranquille, nei covoni di fieno, nei nitriti dei cavalli in corsa, nelle lanterne accese, nelle vele che accarezzano i venti sapienti, nella scia lasciata dalle navi e dagli aerei, nel sapore della cioccolata, nella misura delle gonne, nel colore del rossetto, nella frescura dei tessuti, nella larghezza dei sorrisi, nell’impellenza dei desideri, nello stupore dei sogni. Si rianima nella caduta e nella paura, nelle zone d’ombra dove non la sente nessuno, nelle mani che gesticolano, nei versi di un poeta, nella melanconia e nella tragedia. Potremo ritrovarla nel cielo notturno, nell’assenza di uno specchio, nelle innumerevoli imperfezioni e nei continui mutamenti, nella gentilezza rivolta agli altri, in una profezia che si, nel saldare avvera, nell’intenzione di chiudere un vuoto, nel saldare un vecchio conto solo con l’aria, perché la bellezza è ovunque, come un filone d’oro che scorre, basta saperla trovare.
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Gesù ha davanti qualcuno preoccupato per la purezza.
E chiarisce che la purezza – nellʼetimologia della parola c’è pur, il fuoco – non è questione di macchie e di sporcizia. Al suo tempo, tra le situazioni giudicate più impure, c’era per esempio la donna macchiata dal sangue del ciclo mestruale. Impuro non è neanche il cibo, altro ambito che per i giudei era un recinto di divieti. Impuro ciò che può uscire dal cuore.
Sì, proprio il centro da cui il fuoco del suo amore si propaga, a sua volta una fucina di propositi di male.
Il male non viene dunque da fuori, dall’universo in moto e in azione chiamato all’incontro, sia della foglia che della persona seduta accanto a me sul treno. Il male è un prodotto interiore, figlio della chiusura, della non comunicazione, che barrica il cuore nelle trincee dell’ego.
La lista finale è esemplificativa ma non esaustiva: ci sono attitudini malvagie che la lista non comprende e altre comprese che possono farci incontrare con l’altro.
Prendiamoci cura di ciò che può abitare il cuore. È lì che hanno la loro fonte tutti i fiumi di guerra.
Giuseppe Amalfa SJ
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SPECTRAL FICTION
La Galleria “Corbett vs. Dempsey” di Chicago è una miniera di piccoli (e grandi gioielli), un vero centro culturale, fucina di artisti e musicisti. Per chi fosse curioso una visita al sito della galleria https://corbettvsdempsey.com/ potrebbe rivelare più di una sorpresa. Tra le tante, una ve la anticipo io: è lì che nel marzo 2023 la “Rob Mazurek Exploding Star Orchestra” con Rob Mazurek (tromba), Tomeka Reid (violoncello), Damon Locks (voce ed elettronica), Angélica Sánchez (piano elettrico), Ingebrigt Håker Flaten (basso) e Chad Taylor (batteria), hanno registrato “Spectral Fiction” uscito qualche giorno fa. E’ facile immaginare l’atmosfera sperimentale e di ricerca in cui spazia questo magnifico lavoro, anche alla luce proprio di questo luogo ad alta tensione creativa che ha fatto non solo da palcoscenico, ma anche da incubatore del progetto. Molto spesso i luoghi possono determinare le giuste vibrazioni per le composizioni e al contempo le composizioni e la creazione non lasciano mai i luoghi così come li hanno trovati. Si tratta di una specie di simbiosi rabdomantica che spesso nel jazz è particolarmente evidente. Il lavoro di Rob Mazurek & Co. è composto da sole due tracce, la prima “Equations of Love in Prismatic Waves of Color” è una lunga ed ininterrotta flanerie nelle emozioni che il suono può far scaturire dal sentimento e da una sorta di flusso di autocoscienza che si materializza nella musica, puntellata dai sussurri poetici della voce di Damon Locks. La tromba di Mazurek si fa discreta quasi fino a scomparire, per lasciare posto all’infinito intreccio sonoro di contrabbasso, violoncello, batteria e pianoforte. Un equilibrio quasi perfetto che si rimette costantemente in discussione in una dialettica continua. Quando si scrive si parte sempre con l’intento di esplorare qui e là il pezzo per vedere cosa ci riservi, ma quando la magia scaturisce, come sempre accade coi dischi e con i concerti di Rob, è difficile perdere anche un solo secondo della sua musica e così i quaranta minuti filati del brano scorrono via veloci, con quel senso della sospensione del tempo, che solo le opere poetiche, visive e musicali sanno dare. Equations of Love in Prismatic Waves of Color” è un ambiente sonoro sempre mutevole che passa con gradualità, o bruscamente, dall’intimismo carico di attesa punteggiata dallo “speach” sporco di Damon Lock, alla disincantata impetuosità sciamanica del groove, cifra stilistica predominante della musica di Mazurek. Il secondo brano dell’album, “Driftless” prende ispirazione da una mostra di Sam Gilliam, grande artista del “drappeggio” scomparso qualche anno fa. Ricordo di aver visto recentemente sue opere alla Fondation Vuitton di Parigi e qualcuna alla Tate modern di Londra qualche anno fa, e l’idea che Rob abbia composto un brano così, non può che rendere l’ascolto del brano ancora più partecipato. Pezzo più pacato e meno tormentato, una specie di una lunga melodia con qualche inserto elettronico e a dominarla è certamente la tromba di Mazurek, sostenuta dalla batteria di Chad Taylor e dolcemente cullata dal piano di Angelica Sanchez. Per concludere qualche nota sulla copertina dello stesso Mazurek, un acrilico (presumo) che si i titola “Film” che è stato realizzato nel 2019. Comincia a non essere più un caso isolato, quello di musicisti e compositori che realizzano “in proprio” le cover dei loro lavori: nel jazz accade spesso, sempre più spesso, quasi a voler sancire la multimedialità della creazione artistica, quasi che la musica da sola non bastasse più, oppure probabilmente, il musicista vuole controllare completamente che il risultato finale sia conforme alle proprie intenzioni. Un fenomeno piuttosto interessante sul quale vale la pena di ritornare.
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Quadro d'un esposizione: Rubedo, Adagio per arco e pianoforte
M'avvicino di soppiatto ad un ricordo Alla stregua d'un fabbro l'osservo brillare Con quale dignità posso tentare di toccarlo Come posso arrogarmi il diritto D'esser colui che tempra in parole Un kairos di tal fattura Scalzo e senza scalpo Venitemi dunque in soccorso Porgetemi i vostri scalpelli Le vostre tele ed i vostri inchiostri Avi che d'arte avete vissuto
Musa che con giudittiano sguardo Mi scruti arroventando l'intera fucina Ch'io possa esser alambicco Nel distillar questi ricami di parole
Un sospiro Ad occhi chiusi Un divampar di fiamma
D' una rugiada di baci Vi brillano l'occhi L'aire palpita meco Gaudio soave Fin su le dita Ch'allietano voi Astro cinereo Arco celeste Movete in me maree Ed io M'infrango in onde Ivi vi tuffate Danzar di farfalle Collidersi ed attrarsi Fino a divenir Quasi-particelle S'accorcia il delta Dei nostri confini Reduci infine Ebbri dell'altro Centelliniamo la nebbia Della postuma quiete A sorseggiarne ancora Bacco c'invita Gaio commensale Del cinguettar nostro Qual miglior custode D'un così caro distillato Ch'ancor m'inebria Filtro alchemico Ch'ei chiama Rubedo Com'è soave il tempo Avvezzo al solletico Com' ancora vi seguirei In su terrazzi e tetti Ove condensar le nostre essenze Ed albeggiar Ebbri e beati Di reciproca presenza
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Le 5 chat più divertenti e imbarazzanti di WhatsApp che non crederai di leggere!
Ogni giorno, su WhatsApp milioni di persone si scambiano messaggi, foto, video, audio e altro ancora con i loro contatti. Ma a volte, questi scambi possono diventare fonte di situazioni divertenti o imbarazzanti, che meritano di essere condivise con il mondo. In questo articolo, ti mostreremo 5 chat divertenti di WhatsApp che ti faranno ridere o arrossire, o entrambe le cose!
Le chat più trash e divertenti di WhatsApp? Siamo andati a scovare per voi le conversazioni di gruppo, familiari e romantiche più folli e imbarazzanti che si possano immaginare.
Le chat di gruppo su WhatsApp sono da sempre una fucina inesauribile di trash, gossip e figuracce epiche. Riunendo persone con background ed età diversi, questi gruppi generano spesso conversazioni folli che difficilmente accadrebbero in chat singole. Ma non solo: anche le chat romantiche e familiari nascondono perle di imbarazzo e ilarità. Senza contare poi le sviste tecnologiche di chi ancora non padroneggia l'app, che innescano equivoci esilaranti.
Le chat di gruppo sono spesso le più esilaranti
Le chat di gruppo su WhatsApp come ho scritto in precedenza sono notoriamente fonte di grandi risate e imbarazzo. Riunendo persone con background ed età diversi, questi gruppi generano spesso conversazioni folli che difficilmente accadrebbero in chat singole.
Alcune delle chat di gruppo WhatsApp più divertenti:
- Il gruppo Mamme Esaurite in cui madri stanche si sfogano con un linguaggio colorito sui loro figli. - La chat degli ex compagni di classe, piena di ricordi imbarazzanti dell'adolescenza. - Gruppi di colleghi in cui volano insulti e commenti sarcastici sull'ufficio e i capi. Le chat romantiche sono un'altra miniera d'oro
Le conversazioni tra partner su WhatsApp sono un concentrato di dolcezza, ma anche grande fonte di imbarazzo. Ecco alcuni esempi di chat romantiche esilaranti: - Dichiarazioni d'amore eccedenti in zuccherosità e romanticismo. - Discussioni per gelosia con accuse reciproche. - Organizzazione di appuntamenti galanti con risvolti tragicomici. Le sviste tecnologiche creano conversazioni uniche Gli errori di digitazione e l'incapacità di usare WhatsApp generano spesso chat esilaranti: - Messaggi inviati alla persona sbagliata causano imbarazzo. - La funzione vocale usata male con risultati comici. - Fraintendimenti dovuti all'incapacità di usare le emoji. I gruppi familiari sono una fucina di trash Le chat di famiglia sono spesso trash e imbarazzanti. Genitori e zii poco avvezzi alla tecnologia ne combinano di tutti i colori: - Messaggi vocali interminabili e inutili. - Condivisione di bufale o fake news su Covid, politica e salute. - Liti furibonde per futili motivi innescate da messaggi fraintesi. Le figuracce pubbliche sono all'ordine del giorno
La possibilità di inoltrare screenshot e audio imbarazzanti in altri gruppi causa continui gossip: - Audio rubati di liti e confessioni private. - Screenshot di conversazioni compromettenti. - Meme creati ad hoc per prendere in giro qualcuno. WhatsApp rimarrà una fonte inesauribile di trash e divertimento finché gli utenti continueranno a inviare messaggi senza filtri e a condividere tutto con le chat di gruppo.
Esempi di chat divertenti su WhatsApp
Abbiamo raccolto per voi alcune delle chat più divertenti e imbarazzanti di WhatsApp, quelle conversazioni che vi faranno piegare in due dalle risate e allo stesso tempo coprirvi gli occhi per l'imbarazzo. Preparatevi a conversazioni folli e trash senza limiti! Il papà che non sa usare le emoji Le emoji sono dei simpatici simboli che esprimono emozioni, oggetti, animali e altro ancora. Sono molto utili per aggiungere colore e umorismo ai messaggi, ma bisogna saperle usare bene. Altrimenti, si rischia di mandare messaggi incomprensibili o inappropriati, come ha fatto questo papà con sua figlia: Chat 1 Come puoi vedere, il papà ha usato delle emoji a caso, senza capire il loro significato. Per esempio, ha usato l’emoji della melanzana 🍆, che in realtà è un simbolo sessuale, e l’emoji della cacca 💩, che non è proprio carina da mandare a sua figlia. La povera ragazza ha cercato di spiegargli come usare le emoji, ma senza successo. Forse dovrebbe regalargli un manuale di emoji per il suo compleanno! La mamma che confonde WhatsApp con Google
WhatsApp è un’app di messaggistica, ma non è l’unica app che si può usare sullo smartphone. Ci sono anche altre app utili, come Google, che permette di fare ricerche su internet. Ma non tutti sanno distinguere le varie app, e a volte le confondono tra loro. Questo è quello che è successo a questa mamma, che ha scritto a suo figlio su WhatsApp pensando di usare Google: Chat 2 Come puoi notare, la mamma ha scritto delle domande su WhatsApp, come se fosse Google. Per esempio, ha chiesto “come si fa la pasta al forno” e “come si chiama il film con Julia Roberts e Richard Gere”. Ovviamente, suo figlio non le ha risposto, perché non era il destinatario giusto. Forse dovrebbe insegnarle come usare Google, o almeno come cambiare app sullo smartphone! Il fidanzato che sbaglia destinatario WhatsApp permette di creare delle chat di gruppo, dove si possono aggiungere più persone e parlare con tutte insieme. Questo può essere divertente e utile, ma anche pericoloso. Infatti, bisogna stare attenti a chi si scrive e a cosa si scrive, perché si potrebbe mandare un messaggio sbagliato a una persona sbagliata. Questo è quello che è capitato a questo fidanzato infedele, che ha mandato un messaggio compromettente alla sua ragazza invece che alla sua amante: Chat 3 Come puoi immaginare, la ragazza non ha gradito il messaggio del suo fidanzato, che le diceva di non scrivere perché era con la sua “moglie”. In realtà, la moglie era la sua ragazza ufficiale, mentre l’altra era la sua amante segreta. Il fidanzato ha cercato di scusarsi e di inventare una scusa, ma era troppo tardi. Probabilmente, la sua ragazza lo ha lasciato sul posto! La sorella che fa una gaffe WhatsApp permette anche di mandare dei messaggi vocali, dove si può registrare la propria voce e inviarla ai propri contatti. Questo può essere comodo quando non si ha voglia di scrivere o quando si vuole essere più espressivi. Ma anche qui bisogna fare attenzione a cosa si dice e a come si dice, perché si potrebbe fare una gaffe. Questo è quello che è successo a questa sorella, che ha mandato un messaggio vocale a suo fratello mentre era in bagno: Chat 4 Come puoi sentire, la sorella ha mandato un messaggio vocale a suo fratello per dirgli che aveva comprato dei biscotti. Ma mentre parlava, si sentiva anche il rumore dello sciacquone del water. Questo ha fatto capire al fratello che la sorella era in bagno mentre gli parlava, e gli ha fatto fare una battuta ironica. La sorella si è vergognata e ha cercato di negare, ma era evidente che stava mentendo. Forse dovrebbe aspettare di uscire dal bagno prima di mandare dei messaggi vocali! Il collega che fa una figuraccia
WhatsApp si può usare anche per motivi di lavoro, per comunicare con i propri colleghi o con i propri clienti. In questo caso, bisogna essere professionali e rispettosi, e non fare commenti fuori luogo o offensivi. Ma a volte, si può fare una figuraccia senza volerlo, come ha fatto questo collega con il suo capo: Chat 5 Come puoi leggere, il collega ha mandato un messaggio al suo capo per dirgli che aveva finito il lavoro e che lo avrebbe inviato via email. Ma poi ha aggiunto un’emoji della faccina che ride 😂, che in realtà era un errore. Il capo non ha capito perché il collega rideva, e ha pensato che si stesse prendendo gioco di lui o del lavoro. Il collega ha cercato di spiegare che era stato un errore, ma il capo non gli ha creduto e lo ha rimproverato. Forse dovrebbe controllare meglio i suoi messaggi prima di inviarli!
Conclusioni
Queste sono solo alcune delle chat più divertenti e imbarazzanti di WhatsApp che abbiamo trovato su internet. Ce ne sono molte altre, che puoi cercare tu stesso se vuoi divertirti ancora di più. Ma ricorda: quando usi WhatsApp, fai attenzione a cosa scrivi e a chi scrivi, perché potresti finire in una situazione simile!
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. Le 5 chat più divertenti e imbarazzanti di WhatsApp che non crederai di leggere!. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
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Silver Nightmares, Vittorio di Pisa, nuovo cantante
Vi abbiamo lasciato poco prima dell’inizio dell’estate, come sono andate le cose? Concerti, nuovo materiale?
ALESSIO MADDALONI (Drums, Trumpet): Ciao Carmine! Prima di cominciare, voglio ringraziarti, ancora una volta, a nome di tutta la band per lo spazio che sei solito concedere al nostro gruppo nella tua fantastica webzine. Grazie di cuore! Effettivamente, ne sono successe di cose da quando ci siamo lasciati all’inizio dell’estate!
Ma andiamo con ordine…. Dopo l’uscita di Apocalypsis, abbiamo iniziato a provare con più frequenza in studio (anche per prepararci al meglio in vista degli agognati live), ma presto abbiamo dovuto fronteggiare nuovi ostacoli che hanno portato al cambio di line-up. Da sei elementi siamo passati a cinque, e, come puoi facilmente immaginare, il lavoro da svolgere è stato davvero tanto: riarrangiamenti, cori.. che abbiamo gestito in questi mesi e che finalmente speriamo, possano portare i loro frutti sul palco.
Quanto al nuovo materiale, fortunatamente, siamo una fucina di idee e, a tempo debito, le concretizzeremo con la nuova line-up. Adesso, è il momento di presentare i brani dei nostri due lavori. Ci stiamo sempre più affiatando, il sound inizia ad essere ben amalgamato. Non vediamo l’ora di calcare i palchi!
C’è una grande novità in casa Silver Nightmares, ce ne potete parlare?
GABRIELE ESPOSITO (Bass) : La novità più grande è rappresentata dall’innesto in formazione di Vittorio Di Pisa. Cantante dalla spiccata personalità e dotato di grande sensibilità umana e artistica. Credo che siamo stati in grado di cogliere il suo pensiero propositivo e intraprendente associato ad una grande umiltà. Insomma la persona giusta che può perfettamente collocarsi nel mondo Silver Nightmares come la tessera perfetta di un puzzle. Vittorio darà il suo apporto musicale alla causa, valorizzando il percorso da noi precedentemente tracciato. Ne siamo certi!
Come avete conosciuto il nuovo cantante?
GABRIELE TAORMINA (Keyboards) : È stato più semplice del previsto! Abbiamo messo un annuncio in un noto portale online di ricerca di musicisti. Siamo stati noi a contattarlo, incuriositi dai gusti musicali che emergevano dal suo profilo personale.
È stato un ‘colpo di fulmine’ o avete fatto diverse audizioni?
GABRIELE TAORMINA (Keyboards) : Si può dire che è stato un colpo di fulmine visto che abbiamo scartato a priori le candidature degli altri cantanti. Dopo esserci sentiti più volte al telefono, è bastato incontrarlo di persona per renderci conto di chi avevamo di fronte. Naturalmente, oltre all’aspetto prettamente umano, ricercavamo un cantante con cui avere una forte compatibilità artistica. Così è stato, fin dalle primissime prove in sala. So far….so good! Siamo in simbiosi su tutto!
La separazione è avvenuta in maniera amichevole?
ALESSIO MADDALONI (Drums, Trumpet) : Assolutamente si! È stato per tutti noi un vero piacere collaborare con Michele Vitrano al quale vanno la nostra massima stima e rispetto. I suoi impegni lavorativi e familiari lo hanno portato verso lidi che non collimavano con quelli del progetto Silver Nightmares. Tengo, inoltre, a precisare che la stessa cosa è accaduta con il chitarrista Mimmo Garofalo: i rapporti umani si sono ben mantenuti ed è sempre un piacere poterlo vedere suonare nei suoi vari progetti di cover bands.
Ne approfitto per salutarli e ringraziarli nuovamente per il loro prezioso contributo fornito in passato.
Che cosa pensate possa portare in più la nuova voce?
GABRIELE ESPOSITO (Bass) : La sua voce, il suo timbro, la sua naturale estensione possono sicuramente dare alla nostra band nuovi spunti compositivi, per riallacciarci al passato e migliorare il futuro, dando magari un’inclinazione più metal ai nuovi brani, considerando anche la precedenza esperienza di Vic.
Da che esperienza arrivi, Vittorio?
VITTORIO DI PISA (Vocals): Ciao Carmine, piacere di conoscerti! Ringrazio i ragazzi per le belle parole, piene di fiducia, spese nei miei confronti. Sicuramente mi servono da stimolo per continuare a dare ancor di più il meglio di me stesso in questo nuovo percorso. Sono davvero contento di essere il nuovo cantante dei Silver Nightmares.
Ritornando alla tua domanda, le mie esperienze pregresse sono relative per lo più all’ambito metal, avendo militato in una cover band dei Dream Theater, indiscussi maestri del progressive metal e band per la quale nutro uno sconfinato amore. Sapevo di possedere delle potenzialità vocali non indifferenti per poter replicare i loro brani (con le dovute differenze, naturalmente), e mi sono voluto mettere in gioco, collaborando per un annetto circa con questa cover band siciliana, prima di separarci a causa di vedute diverse.
È stata comunque un’esperienzamolto formativa che mi ha dato tanto, che mi ha fatto crescere e capire molte cose.
Avete dovuto riadattare il repertorio alla sua voce?
EMANUELE LO GIUDICE (Guitars) : Innanzitutto, ciao e grazie anche da parte mia per l’intervista! Abbiamo dovuto riadattare non poco il repertorio soprattutto nel passaggio di formazione da sei a cinque membri, riarrangiando alcuni brani anche in modo cospicuo in modo da conservarne gli elementi fondamentali, mettendoli anche in risalto in modi alternativi.
È stato un processo naturale e divertente dove ognuno ha ripensato il proprio ruolo nell’economia del brano, e al riguardo non ci sono stati particolari problemi con Vittorio in quanto lui è venuto volentieri incontro a noi e viceversa, nei casi di necessità.
Hai già debuttato dal vivo, Vittorio?
VITTORIO DI PISA (Vocals) : Sì, con la band di cui parlavo precedentemente. Abbiamo avuto diverse serate per esibirci dal vivo. Anche se è passato parecchio tempo, faccio tesoro di queste esperienze che mi sono state assai utili per migliorare ed acquisire maggiore maturità musicale. Adesso, sono totalmente coinvolto nel progetto Silver Nightmares e non vedo l’ora di poter debuttare live con i ragazzi! Sarà il battesimo di fuoco della band!
I prossimi passi?
EMANUELE LO GIUDICE (Guitars) : Abbiamo sempre il cervello che cammina a mille e si sta creando un buon database di idee da cui attingere per il materiale che verrà in futuro (quando ci sentiremo pronti inizieremo a lavorarci tutti assieme). Come ha detto Alessio all’inizio dell’intervista, oggi, siamo unicamente proiettati a suonare dal vivo e c’è già qualcosa che bolle in pentola! Speriamo di poter coronare al più presto questo sogno! Naturalmente ti terremo aggiornato! Grazie ancora per lo spazio concessoci! A presto
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Osservatorio Vesuviano, il museo del primo osservatorio vulcanologico del mondo
La storia, unica, dell'Osservatorio Vesuviano è stata raccolta dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nell’articolo “The Museum of the Osservatorio Vesuviano: inviting the public to explore the geoheritage of the world’s first volcano observatory” pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale ‘Bulletin of Volcanology’. Quando nasce l'Osservatorio Vesuviano? L'Osservatorio Vesuviano fu fondato nel 1841 per volere di Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie. Mentre il moderno nucleo della ricerca e del monitoraggio si è trasferito da oltre 40 anni nella città di Napoli, l’antico edificio vesuviano ospita un Museo in cui sono esposte collezioni di interesse scientifico, culturale e artistico, risalenti all'inizio del 1800. Strumenti scientifici, rocce e minerali, libri antichi (alcuni dei quali risalgono al 1500), antiche carte e modelli geologici costituiscono il cuore della collezione e si affiancano a foto e filmati di eruzioni storiche del Vesuvio, gouaches del 1700, oltre a registrazioni su carta affumicata dell'attività sismica dal 1915 al 1970, nonché l'apparato stesso per affumicare la carta. Dove si trova? Il complesso dell'Osservatorio Vesuviano è sviluppato sul Colle del Salvatore ed è formato da due edifici principali: l'edificio principale del 1841, con annesso giardino storico, e una struttura moderna costruita negli anni ‘70 per le attività di ricerca e monitoraggio di quel tempo. Particolarità dell’edificio storico è la presenza di due meridiane che indicano l'ora solare e i mesi dell'anno e le grandi terrazze con vista panoramica sul Golfo di Napoli che erano utilizzate per le osservazioni esterne dei fenomeni vulcanici. Arte e scienza Per volere di Ferdinando II di Borbone, l’arte accompagna l’attività scientifica nelle sale dell’Osservatorio: le decorazioni dei soffitti delle sale rappresentano Minerva, dea della scienza, che incorona Prometeo, Eolo che comanda i venti e Vulcano, dio del fuoco, con la sua Fucina. L'arte qui presente è anche probabilmente un omaggio allegorico alla benevolenza del re borbonico verso le Arti e le Scienze della Terra. Gli strumenti scientifici pionieristici appartenenti alla collezione dell'Osservatorio Vesuviano rappresentano soprattutto i progressi scientifici compiuti tra l'Ottocento e il Novecento nel campo del monitoraggio dei vulcani. La collezione comprende strumenti sismologici, magnetici, geodetici, geochimici e meteorologici utilizzati per la sorveglianza del Vesuvio. La collezione dell'Osservatorio Vesuviano I sismografi progettati da Luigi Palmieri, Ascanio Filomarino, Emil Johann Wiechert, Guido Alfani e Giovanni Agamennone, sono il cuore di una collezione unica al mondo. I visitatori possono scoprire questo patrimonio anche attraverso esposizioni permanenti e un percorso multimediale che ripercorre la storia del Vesuvio e l'origine del monitoraggio vulcanico. Il museo si trova all'interno dell'area protetta del Parco Nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995. La rete di sentieri del parco consente ai visitatori di godere della geodiversità di Somma-Vesuvio, la cui attività si intrecciò con quella degli esseri umani dal Neolitico ai tempi moderni, come testimoniano numerosi importanti siti archeologici intorno al vulcano, tra cui i più famosi Pompei ed Ercolano. Link allo studio: https://link.springer.com/article/10.1007/s00445-023-01658-9 Citazione: Di Vito, M.A., Sparice, D., de Vita, S. et al. The Museum of the Osservatorio Vesuviano: inviting the public to explore the geoheritage of the world’s first volcano observatory. Bull Volcanol 85, 45 (2023). https://doi.org/10.1007/s00445-023-01658-9 Link utili: Il Museo dell'Osservatorio Vesuviano raccontato in un articolo su una rivista scientifica internazionale: https://www.ov.ingv.it/index.php/news/240-museo-ov-bullettin-article Foto di Charlotte Gupta da Pixabay Read the full article
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Lì passa un fiume che ha il nome di un celebre tessuto, la Scozia è vicina.
Qui però abbiamo umidità, ma non acqua.
Sì, panni stesi, e case.
La scoperta di questa magnifica fotografia la debbo al sopraffino gusto della sceneggiatrice Manuela Russo.
Chiedo venia, dovrò usare numerose parole che veicolano più d'un concetto.
Perché ci sono i Piani, ed il Tempo.
Tanti piani, più d'un tempo.
Piani prospettici, bilineari nel primo piano.
E piani temporali.
Il primo piano bipartito è astratto per grafismo:
panni ordiscono disegno.
Astratto per grafismo, ma materiale per funzione.
Storico, anche?
Ero tentato affermarlo:
i retrostanti comignoli profumano di Vittoriano, ma l'indumentale foggia ci parla del presente.
Duemilaotto Dopo Cristo, è questa la data della fotografia.
Vabbè, niente pre-vittoriane gorgiere, i panni sono di adesso.
Ma poi c'è il tono.
Che è di ieri, di un virtuoso ieri.
La scala di grigi, la scelta di luce, sinanco la ratio tra lati del fotogramma.
Uno ieri dentro l'oggi, eddunque.
E' così la Fotografia, quando è Alta.
Fucina di polisemantismo, scrigno di tempi rattenuti ed espansi.
Ed esplosivamente centrifuga.
All rights reserved
--
Claudio Trezzani
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