#IO NON LA APRO UNA NOTIFICA COSÌ
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Adesso portate davanti a me chi ha pensato che fosse una buona idea una notifica dell'app della banca che dice solo "Abbiamo una cosa da dirti"
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"Però, sai? Forse ti sto dimenticando. Non piango più dopo averti parlato, né dopo averti visto parlare con un'altra, e nemmeno dopo che i nostri occhi si sono incontrati. Certo, il tuo nome mi smuove ancora qualcosa dentro, certo, quando penso a cosa eravamo, e non siamo più, ho ancora il vuoto allo stomaco, certo, quando passo davanti la tua classe spero ancora di vederti sulla soglia, certo, fa male vederti trattare le altre come trattavi me, certo, a volte mi tornano alla mente tutti quei ricordi, certo, ogni tanto li rileggo i tuoi messaggi, e continuo a sorridere, certo, lo controllo ancora il tuo ultimo accesso, certo, quando qualcuno dice una frase che avevi detto tu, mi viene un po' di malinconia, certo, non riesco ancora a guardare nessun ragazzo senza pensarti, certo, continuo a sognarti ogni notte, certo, qualche volta mi capita di sentire ancora la tua notifica, e ci rimango un po' male quando apro il telefono e non c'è un tuo messaggio, e mi sento stupida ad averci sperato, certo, continuo a scambiare qualche passante per te, certo, se mi dicono "amore" continuo a pensare ai tuoi occhi, certo, ogni tanto ho quei momenti in cui mi butto sul letto, ti penso, e mi prende la nostalgia, certo, cammino ancora per i corridoi di scuola con quella strana ansia d'incontrarti, certo, nessun ragazzo regge mai il confronto che faccio con te, certo, ti penso ancora appena mi sveglio, prima di dormire, e anche per tutto il resto della giornata, certo, ho ancora una nostra foto come sfondo, certo, ho ancora la tua chat fissata in alto, certo, mi manchi ancora un po', forse, un po' di più di un po', certo, ogni tanto mi viene da piangere, ma ho imparato a ricacciare le lacrime indietro. Però, sai? Forse non ti sto dimenticando, per niente, però ci provo, me lo impongo, me lo sono imposta più volte, "basta lui mi ha dimenticata, devo farlo anch'io", poi però torni tu, torna il tuo ricordo, torna quell'assurda speranza nel tuo ritorno, e non ci riesco, o forse non voglio, non voglio dimenticare cosa sei stato, né cosa saresti potuto essere,no, non voglio proprio dimenticarti, anche se fa male, fa malissimo, ma il problema è che dimenticarti, mi fa più male di continuare ad amarti. Quindi aspetterò, e forse ti dimenticherò, un giorno, forse mai,ma infondo mi va bene così, forse è così che deve andare, no? Tu che sorridi a un'altra, e io che cerco di trattenere le lacrime. E forse un giorno ti dimenticherò, dimenticherò la ragione dei miei sorrisi, dei miei pianti, delle mie ansie, delle mie paure, e di tutte quelle cose, che solo tu sei in grado di provocare, e mi chiederò che ci vedevo di speciale in te. Poi forse, sarà un giorno di sole, o magari di pioggia, forse di nebbia, grandine, forse sarà autunno, o forse primavera, forse sarà al mare, magari in montagna, o, perché no? In città, sotto la luce del sole, o sotto uno spicchio di luna, forse mentre sarò presa dai miei pensieri, forse dopo una lunga giornata, forse di prima mattina, forse quando sarò in vacanza, ma insomma, poco importa, del perché, del quando, e del dove, ma succederà, che la vita, dolce amara per com'è, mi ricorderà di te, dei tuoi occhi, dei tuoi lineamenti, mi ricorderà di chi sei, probabilmente non ricorderò più il tuo nome, non è quello l'importante, o forse sì, anzi, sicuramente lo ricorderò, e mi ricorderò di te, dei sorrisi, e dei pianti, delle insicurezze e le paure, dei "vaffanculo", dei baci, dei "ti odio", della voglia che avevo di dirti "ti amo", degli abbracci, di quel posto in cui mi hai portata quella sera, delle cazzate, delle giornate no, della tua presenza a migliorarle, dei sabati sera trascorsi insieme, e di quelli passati a sentire la tua mancanza, dei messaggi, delle chiamate, dei "va via", che tradivano voglia soltanto di abbracciarti, mi ricorderò di tutto ciò che abbiamo passato, e che ho passato, dell'inizio e della fine, e mi ricorderò che ci vedevo in te, e mi riinnamorerò di te, anche se tu non mi vorrai, per poi scoprire, di non aver mai smesso di amarti."
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Insonnia
Apro gli occhi e guardo l’orario, sono le 3 è decisamente troppo presto per svegliarmi ma, a quanto pare il mio corpo non concorda con me. Mi giro e guardo la meraviglia che ho accanto. Con attenzione senza svegliarla passo una mano in mezzo ai suoi capelli, dannazione è così bella starei ore a guardarla. Ogni singolo momento ringrazio che Talinda sia mia moglie. Mi ha aiutato a uscire da un incubo che vivevo tutti i giorni, grazie a lei e ai ragazzi son uscito dal mondo dell’alcol e delle droghe e non ho nessuna intenzione di tornarci. Adesso ho uno scopo nella vita, occuparmi della mia famiglia. Il solo problema che mi tormenta, è il pensiero fisso che quel mostro chiamato depressione ostacoli nuovamente la mia vita. Non è da prendere sotto gamba una cosa del genere, bisogna imparare a leggere dentro alle persone e non vedere l’aspetto fisico, dietro a un sorriso si può nascondere tanto dolore. Mi sporgo dal letto per prendere il cellulare sul comodino senza far alcun rumore, tolgo ogni suono non voglio di certo svegliarla. Senza muovermi troppo gli scatto qualche foto, queste andranno nella mia galleria privata. Posso dire che è il mio piccolo tesoro. Le riguardo e mi ritengo soddisfatto, blocco il telefono e lo poggio sul comodino con lo schermo rivolto verso il basso, nel caso arrivi qualche notifica almeno non vedo l’accendersi dello schermo. Mi sistemo il cuscino e mi stendo di nuovo con l’intenzione di tornare a dormire, chiudo gli occhi ma niente il sonno ha abbandonato questo corpo, dannazione è presto come lo passo il tempo senza rischiare di svegliarla? Qualcosa devo pur fare, la notte è ancora lunga e io so bene che non dormirò. Prendo il telecomando e accendo la tv abbassando subito il volume. Inizio a fare zapping sbuffando e sospirando non trovando niente che attiri la mia attenzione. Decido comunque di lasciarla accesa su un canale indefinito, sinceramente non ho neanche notato cosa sta passando. Prendo nuovamente il telefono, recupero anche gli occhiali ed inizio a perdere tempo. Dopo non so quanto guardo l’orario spalancando gli occhi quando vedo che sono le 6 di mattina, è proprio vero che il telefono ti cattura. Lo poggio nuovamente e mi alzo, ho deciso di preparare la colazione per tutti, fra un ora inizieranno a svegliarsi tutti, gli impegni quotidiani chiamano. Mi dirigo in bagno dopo aver recuperato i vestiti, mi cambio dopo essermi lavato il viso. Letteralmente in punta di piedi esco da camera andando diretto in cucina, per fortuna è più distante rispetto alle camere. Inizio a sistemare il tavolo per la colazione e via ai fornelli, oggi frittelle di mele per tutti, almeno avranno una bella carica. Le metto nei piatti nel momento preciso in cui sento una porta dopo l’altra aprirsi, in pochi istanti la cucina viene invasa dalla tribù Bennington, saluto i bambini uno ad uno e li accompagno al proprio posto. Ma il mio viso si illumina quando vedo Tali arrivare in cucina, la vado a stringere e baciare. Appena si è sistemata le porto il caffè e le sue frittelle, io non vado subito a sedere, tiro fuori il telefono e faccio una foto alla mia famiglia. Questo è il mio paradiso, prendo la tazza e il mio piatto andando a sedermi. Vorrei che questo momento durasse per sempre...
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Capitolo VII
Un’altra ragione per cui Sami mi innervosisce è che si sveglia sempre presto.
Niente di male se ci si fermasse a questo. Mi andrebbe bene se fosse semplicemente un po’ mattiniero e volesse indossare un accappatoio di lana solo per farsi l’accoppiata caffelatte-sigaretta mentre guarda l’alba dalla finestra con aria drammatica.
Lui no. Lui deve svegliarti. Lui deve rispondere al telefono, fare note vocali chilometriche su argomenti di cui non frega un cazzo ad anima viva.
In parte penso faccia apposta a svegliarmi, non vedo altra ragione per cui non potrebbe rimandare questa sessione di teleconferenze a più tardi, o almeno abbassare la voce.
Quindi rieccoci, alle sette di mattina: io e Sami nella mia mansarda, lui col telefono sospeso per aria e il pollice premuto sull’icona del microfono di Whatsapp. Mi ha già fatto svegliare col piede storto.
Se le altre volte riuscivo a rimanere almeno in dormiveglia, questa volta le sue lunghe mani scheletriche cominciano a scuotermi.
“Ti ho trovato qualcosa da fare.”
Alzo gli occhi e afferro il cuscino sotto la mia testa per soffocarmi.
Sami me lo toglie violentemente, mi tira uno schiaffo sulla coscia e mi punta lo schermo del suo cellulare in faccia. E’ un annuncio di lavoro.
“Cercano dei pony pizza qua in fondo alla via.”
“Cosa? Davvero?”
“Sembrano pagare anche abbastanza bene, ti dirò...”
“E perché dovrebbero prenderci? Ho zero esperienza, mi va già bene che ho la patente.”
Sami assume una smorfia confusa, prima di alzarsi dal letto di colpo.
“Prenderci? No, no, io non lo faccio.”
Rimango in silenzio, non ho neanche voglia di chiedergli perché non voglia trovare un altro lavoro che non abbia a che fare con la macelleria.
“Quindi… perché dovrebbero prendermi, allora?”
“Vincenzo. Questa pizzeria è una mini-catena in cui lavora un suo amico. Ti faccio mettere buona parola e sei dentro di sicuro.”
Nel momento in cui nella mia testa appare il suo volto, si attiva anche una roulette con tutte le ragioni per cui averci a che fare potrebbe portare a conseguenze negative.
“Non voglio farmi aiutare da Vincenzo. Faccio da solo che è meglio.”
Poi, a Cordello, chi vuoi che sgomiti per consegnare delle pizze, alla fine? Gli manca personale. Probabilmente sarebbero in grado di prendere pure un maiale per potersi mettere l’animo in pace.
Sbuffo.
Non lo so.
“Oh, provaci. Non ti costa niente. Non hai un cazzo da fare comunque.”
Faccio spallucce, prima di stiracchiarmi e controllare il telefono.
Mi si ferma il cuore appena leggo una notifica su Whatsapp da Giuditta, ma cerco di non sembrare sorpreso quando noto che Sami mi sta fissando.
Si avvia verso la mia scrivania, dandomi le spalle e lasciando cadere l’accappatoio.
Le sue curve delicate e scoperte creano una silhouette timida, dove nulla è troppo piccolo o troppo grande. Fisicamente, lui è l’equilibrio.
Osserva un libro di astronomia, di fianco ad alcuni miei vecchi appunti di letteratura inglese.
“Qual è il tuo pianeta preferito?” mi chiede.
E’ di buon umore. Di solito non vuole mai sapere cosa mi piace.
“Giove” gli rispondo immediatamente, senza quasi prendere il fiato: “è un pianeta enorme. Se ci andassi moriresti in un secondo perché verresti risucchiato verso il centro e saresti schiacciato dall’atmosfera.”
Lui assume una smorfia inquietata e, girandosi a mezzo busto, mi dice semplicemente: “Divertente.”
“Sono serio!” insisto, balzando a gambe incrociate e svegliandomi d’improvviso: “poi, una cosa che piacerebbe anche a te, è che a volte piovono diamanti. Come su Saturno. Piovono dei cazzo di diamanti liquidi, capisci?”
Comincio a ridere, al punto che ci metto qualche secondo prima di accorgermi che Sami non sta dicendo niente da oltre un minuto, si limita a sorridere senza neanche mostrare i denti.
Evento più unico che raro, uno di quelli che mi segnerei sul calendario se ce l’avessi sottomano.
“Che c’è?”
Lui fa spallucce, continuando a guardarmi.
“Sei bello quando sei preso da qualcosa.”
Arrossisco, inclino la testa di colpo, come se mi avesse spezzato il collo.
Forse rendendosi conto della mielosità del momento, Sami afferra i suoi pantaloni.
Mentre estrae un accendino e due Camel dal suo pacchetto di sigarette, cambia discorso: “Ma se questo pianeta andasse a puttane, dove potremmo andare nella Galassia?”
“Principalmente Marte, è piccolo e freddo ma ci sta. O almeno non moriresti in un secondo.”
“Sembra annoiarti Marte.”
“Lo fa. Cioè, su Giove piovono diamanti, Marte è soltanto una Terra un po’ difettosa che usiamo come boa di salvataggio nel caso la Terra fosse invivibile.”
Lui sghignazza, negando con la testa come per darmi del deficiente. Si avvicina, grattandosi l’interno coscia destro.
Si rimette a letto, davanti a me. Anche lui a gambe incrociate.
Mi imbocca la sigaretta.
Rimaniamo in silenzio per i primi tiri, guardandoci a vicenda negli occhi come due bambini curiosi, poi mi alzo per aprire la finestrella della mia veranda.
“Sai cosa? Io da quando sono piccolo sono triste perché nella nostra vita probabilmente non potremo mai raggiungere un pianeta più lontano di Marte” gli confesso, come se non riuscissi a smetterla di vomitare ogni mio parere sull’astronomia.
“Eh, ma anche te non ti accontenti mai.”
“Sami, ci sono metodi che potremmo usare in situazioni disastrose per preservare la vita umana. Non è che ci speri, eh, però…”
Rimaniamo in silenzio.
“Lo hanno chiesto in una lezione di Etica e Morale, una volta” continua lui, abbassando lo sguardo: “nel caso avessi la possibilità di andare su un pianeta completamente nuovo, sapendo che sopravvivrai e sarai uno dei capostipiti della nuova umanità… abbandoneresti la Terra o rimarresti?”
“Andrei immediatamente” gli rispondo, senza pensarci due volte.
I suoi occhi sembrano spegnersi, la cittadina all’interno della sue iride ha un blackout.
“Tu no?” gli chiedo, non capendo la sua reazione.
“Assolutamente no. Ho… ho tutto qui, io sono abitante della Terra e mi va bene così. Un trasferimento su un altro pianeta non lo farei, anche se fosse l’Eden. Sono fedele al mio, di pianeta.”
Posso capire, Sami alla fine se la vive bene.
“E no, non è perché c’ho i soldi, Christian. E’ perché sono fedele e mantengo l’orgoglio di morire per gli errori dell’umanità piuttosto che andare altrove e distruggere un altro ecosistema.”
Sembra davvero arrabbiato, ma come sempre quando si parla di qualcosa deve girare la discussione su di lui, quindi interpretare il ruolo dell’eroe dell’umanità è sicuramente una performance credibile. Per quanto di dubbia genuinità.
Il pensiero di Giuditta mi viene in mente. Lei, stupenda, che sta leggendo un manuale di fisica e si sistema gli occhiali, scomodi su quel naso da topo.
Finisco la stizza e butto il mozzicone fuori dalla finestra. Con una scusa, scappo in bagno.
Apro il rubinetto come escamotage, e passo alla notifica di Whatsapp con una velocità impressionante.
Mi cade l’occhio sugli ultimi messaggi che ci siamo inviati, e si vede che sono io a forzare un po’ le conversazioni.
Non so bene perché, a volte mi sembra che parlare a Giuditta sia quello sbaglio per cui pagherò delle conseguenze enormi. Nonostante sia ancora in tempo per salvarmi, continuo imperterrito la mia strada. In fondo, non seguiamo sempre l’istinto, perché non ha sempre ragione. Altrimenti saremmo tutti vincitori della lotteria, penso.
Giuditta
10.15
“Scusami veramente.
Con questi telefoni sono sempre stata una merda.”
10.47
“Tranquilla.”
10.48
“Posso farti una domanda?”
Giuditta
10.50
“Odio chi me lo chiede. Fammi la domanda e basta.”
10.52
“Le nostre conversazioni fanno schifo perché ci siamo baciati?”
Non so se l’aver parlato così convinto di astronomia mi ha dato quello sprint per estrarre la criniera da leone e affrontare il problema di faccia, fatto sta che sto tremando e sudando freddo.
Il suo ‘sta scrivendo…’ mi sta mettendo un’ansia assurda, sento le orecchie pulsare. Se non fosse per l’acqua del rubinetto probabilmente mi si sentirebbe ansimare per tutta Cordello.
Nel momento in cui Sami bussa prepotentemente alla porta, il telefono mi scivola dalle mani e cade nel lavandino.
“Cazzo, cazzo, cazzo” bisbiglio tra me e me, riafferrandolo e spegnendo l’acqua.
Prendo un asciugamano lì vicino e comincio a pulire il cellulare, con lo stress e il panico di una persona che sta cercando di fare una rianimazione cardiopolmonare a qualcuno per la prima volta.
“Sbrigati che devo pisciare. Sei dentro da un’ora.”
Tiro lo sciacquone ed esco in velocità, ridendo nervosamente.
Il telefono sembra andare ancora. Sospiro, mentre Sami mi chiude fuori dal bagno.
Giuditta
11.01
“A me è piaciuto, in realtà.”
Mi sento le guance incandescenti, e mi lancio sul letto come un felino che attacca una preda.
11.01
“Anche a me, un sacco.
Rimpiango di non aver accettato l’invito e di
essermene andato via da casa tua dopo la festa.”
Mentre Giuditta sta scrivendo la risposta, non riesco a non immaginarmela lì, ad addentare un cornetto alla crema con le sue mani bianche, sempre sporche di inchiostro ai lati. Mi scrive con una mano sola. La sua concentrazione visiva alterna il focus tra la tastiera e lo smalto rovinato sulle sue unghie, che le ricorda sempre che deve andare dall’estetista uno di questi giorni.
Anche ora che mi scrive è circondata da libri di astronomia, mancano ancora due mesi alla prima sessione di esami, ma a lei non basta passarli. Deve stupire, impressionare.
Giuditta è nata per questo e sa sfruttare il suo dono in una maniera folgorante.
Giuditta
11.03
“Tranquillo, con Sami di mezzo è stato meglio così.”
11.05
“Lo pensi davvero?”
… perché io no. Rimarrò sempre col dubbio di cosa sarebbe successo se avessi dormito da lei.
Avrei allungato la magia del momento, l’avrei vista sciogliersi i capelli, toccarsi il pizzo del reggiseno e assassinarmi con quegli sguardi che sembrano dire “mangiami”.
Due mani fredde e bagnate mi circondano il petto in una morsa delicata, e gemo.
“Dio mio, da quando ti basta così poco?” chiede Sami, divertito.
Ce l’ho in tiro, e nella confusione, mi giro e butto il ragazzo sul materasso del letto.
Mi metto sopra di lui.
Ho un alito spiacevole di mattina, quindi evito sempre di baciarlo o parlargli a due centimetri dal naso. Le mani, però, quelle funzionano sempre bene.
Non voglio sapere cosa pensa Giuditta del nostro bacio, o di cosa avrei potuto fare quella sera. Non ci voglio pensare.
Sto con Sami. Voglio Sami.
Gli comincio a mordere il collo, mentre lui comincia ad ansimare.
Continuo a segarlo, a macchinetta, e mi infilo una mano nelle mie mutande. Sento la vena del mio pisello caldissima, sta pulsando come un cuore, e sento la vita.
Mi viene da urlare, perché ho le gambe sbagliate in testa, vedo una chioma mora invece che dei ricci biondi.
Comincio a spingermi col bacino in mezzo alle sue gambe, in un movimento che ricorda una creatura marina subacquea.
Continuo a segarci entrambi, finché lui non viene sulla sua stessa pancia qualche minuto dopo.
Io, dopo una debole lotta, mi arrendo. Lascio che le gambe di Giuditta mi circondino il collo e stringano forte, come due tentacoli di un polipo affamato.
Nel momento in cui vedo il mio sperma schizzare su Sami, capisco. Mi tiene la mano, mi guarda con aria sognante, e capisco tutto. Sto tessendo una trama vergognosa, e uno tra me, Sami e Giuditta, prima o poi, cadrà vittima degli altri due.
Sondaggio: 07.09.2019, 11.25 AM
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EDSXEROS
Fuori dal tempo
6.30, venerdì.
Drin drin driiiin.
Apro gli occhi, o almeno cerco di aprirli e distrattamente allungo la mano al telefono sul comodino per spegnere la sveglia.
Mi serve qualche secondo per mettere a fuoco questa stanza d'albergo.
Si, ci sono. Meeting, Milano, lavoro.
Sbadiglio e ad occhi semichiusi guardo lo schermo un po' sfocato.Una notifica. La tua.
L'anteprima sul display dice "non riesco..." non apro ma mi soffermo sulla foto.
Eccoti, di nuovo, ancora.
Sbuchi dopo anni con quei cazzo di occhi blu che appaiono così lucenti anche nella piccola foto del tuo profilo.
Mi ci sono sempre persa in quegli occhi, tu lo hai sempre saputo, mentre mi parlavi, mentre facevamo l'amore e sapevamo fare molto bene entrambe le cose.
D'altronde è sempre stato così con te, no? Nessuna promessa, nessuna definizione solo una voglia di assaporarsi l'anima con le parole, le risate, gli orgasmi e facendo quelle stupidate che solo con un caro "amico" puoi fare, seppur con la consapevolezza che le nostre carni a contatto erano come delle calamite.
Amici, amanti, non lo abbiamo mai capito, ma legati da un qualcosa di indelebile di sicuro.
Non apro. Per ora no. Lancio il telefono sul letto.
Devo essere più lucida per leggere.
Vado in bagno e mentre mi lavo i denti un pensiero che sa di odore e respiro mi stuzzica il collo. Lui non riesce a dimenticare le tue labbra. La pelle vibra mentre questa sensazione diventa palpabile e corre lungo la schiena.
Eccoti fra i miei pensieri e nella piega del mio collo come allora, come ora, come forse sarà sempre.
Mi fermo a rimirarmi allo specchio con lo spazzolino in bocca, scompigliata.
Ti sento appoggiato alla mia spalla, che mi fissi divertito, le mani che mi stringono la pancia e il naso che annusa i miei capelli.
Riesci sempre a incasinarmi i pensieri. Che rabbia che mi fai ma sorrido.
Devo leggere non resisto.
Sputo distrattamente nel lavandino il dentifricio e prendo il telefono dal letto.
"Non riesco a dormire, so che sei vicino a me. Vediamoci stasera, dove tu sai.
Ti aspetto. A." Ora del messaggio 3.34.
Mi soffermo su quella A puntata, come ti firmi sempre.
Come su quella foto che custodisco gelosamente in fondo al cassetto dell'armadio e che ogni tanto mi ritrovo ad accarezzare, poche semplici parole nella dedica e quella A. solo per me.
Sono anni che abbiamo deciso di separare le nostre vite perché ci siamo più volte spiegati quanto questa fosse la scelta giusta per entrambi.
La testa va a quell'ultimo incontro, alla tua pelle, ai miei gemiti, ai tuoi occhi.
Dovevo sposarmi, dovevi cercare una persona giusta per te. Era giusto dare un taglio a noi, anche se non ci siamo mai definiti tali. È stato l'ultimo incontro, ma prima di allora ce ne erano stati tanti altri.
Ogni volta un'ultima volta e poi, io o tu o entrambi avevamo bisogno di sbranarci, ululare di piacere per poi tornare alle nostre vite. Ma quella volta era stata davvero l'ultima o almeno ne ero convinta, visto il susseguirsi dei mesi e poi degli anni. Un marito, un figlio, un mutuo, il lavoro.
Il pensiero sul dove fossi tu alcune notti mi ha sempre accompagnato e le dita solcavano il mio corpo immaginandoti, ansimavo in silenzio sussurrando il tuo nome.
La vita era scorsa velocemente...
Eppure basta sempre un niente, come questo messaggio, come è già capitato altre volte e il tempo diventa solo una parola buttata lì senza il benché minimo significato.
Cazzo devo sbrigarmi. Mi immergo nella giornata e decido di pensarci più tardi.
20.00
Che cazzo sto facendo?
Cammino nervosamente per le vie di Milano, anche se in realtà sono uscita dall'hotel alle 19.00, ma continuo a girare in circolo evitando accuratamente di avvicinarmi al bistrot dove sono certa di trovarti. Lo stesso in cui abbiamo parlato, riso a crepapelle, giocato con i sensi, lo stesso che ci ha visti baciarci e viverci senza pensare a nulla.
Forse non so cosa sto facendo o forse si, penso questo mentre con lo sguardo basso mi soffermo sui miei passi e sugli stivaletti a punta di pelle nera che indosso.
Unico vezzo di un abbigliamento professionale sfoggiato ormai come una corazza nella vita di tutti i giorni.
Tu hai sempre saputo chi ero, chi era quella donna nascosta da un tailleur. Con te avevo assaporato il mio lato di femmina, che voleva sentirsi tale e non avevo mai più voluto lasciarlo. Dovevo indossarlo sempre, anche con piccoli dettagli, un paio di scarpe sexy, le calze autoreggenti come stasera.
Dettagli che difficilmente si notano eppure vitali per ricordarmi cosa sono.
Continuo a camminare ma ad un tratto sento un "ehi..". Alzo gli occhi, eccoti.
Mi tremano le gambe, mi fermo un attimo ma decido di venirti incontro.
Sei nervoso anche tu, ti conosco.
Hai la mano in tasca e muovi leggermente la gamba come la prima volta che ci siamo incontrati e già mi perdevo nei tuoi occhi.
"Ehi.. Ciao" ti dico, porgendoti la mano.
La stringi nella tua e mi tiri nelle tue braccia, abbracciandomi forte. Un respiro il mio, di sollievo che forse era rimasto incastrato lí da anni. Il tempo non esiste, non è mai esistito quando siamo assieme.
Ti stringo anche io e ti sento respirare sulla mia spalla "sai di buono, come sempre" mi sussurri. Ci allontaniamo e tento di dire qualcosa "quanto tempo è passato? Vuoi bere qualcosa?"
Sto cercando di divincolarmi dal tuo sguardo ma tu non cedi.
Mi sfiori la schiena e mi sussurri all'orecchio "vieni con me.. Devo parlarti, ma non qui".
Mi accompagni alla tua auto, apri lo sportello e io salgo. Non so perché non mi sono opposta o forse si.
Ti guardo le mani mentre guidi, mentre sfiori il volante e il cambio.
Le tue mani sanno essere molto sensuali quando vogliono dar piacere, lo ricorda la mia pelle, lo ricordano le mie gambe mentre si stringono all'altezza delle cosce.
Perché mi fai sempre questo effetto?
Giri in un parcheggio sotterraneo e appena trovi un posteggio libero ti fermi.
Spegni l'auto e ti giri verso di me.
"Dimmi allora, di cosa dovevi parlarmi?" Ti chiedo.
"Di tutto e niente. Mi è capitato un post del meeting della tua azienda e ho pensato fossi qui.
Avevo solo bisogno di respirare."
Non riesco a guardarti mentre lo dici ma ti abbraccio piano, stringendoti al mio petto.
Sei al sicuro, sono al sicuro. Ti alzo il mento e ti bacio.
Siamo sempre stati ottimi amici ma quel bacio fa riaffiorare tutti i brividi passati.
Le bocche ora sono affamate, di una fame nascosta per anni, le lingue si cercano, poi si leccano, si contorcono in una danza potente e ed eccitante. Riconosco la tua saliva sulla mia e quel gusto mi accende la carne. Mi libero furiosamente del trench, tu della giacca e ci divoriamo ancora, senza nessun ritegno.
"Mi sei mancata." sussurri. Ti guardo un attimo e ti bacio con più passione.
"Ti voglio." rispondo.
In un attimo allontani il sedile, slacciandoti i pantaloni e io sono già a cavalcioni su di te.
La gonna alzata sui fianchi e le tue mani che si infilano nella camicetta e liberano il seno. Mi prendi i capezzoli con le labbra, li lecchi, li sfiori con i denti e io ansimo di piacere.
Bocca aperta e mani che cercano il tuo sesso, ormai eccitato e turgido.
Sfioro e accarezzo ogni vena mentre ti sento gemere sempre di più.
Morsi, mani, baci, lingua, pelle, noi.
Respiri, urla e dita, le tue, che sfiorano i miei slip, ormai fradici. Le sento, sempre più decise.
Sposti gli slip e con un colpo entri in me. Manca il fiato a me, a te. Cazzo, come ogni volta.
E ora colpi, forti, decisi che mi entrano nel profondo, alla ricerca di quel piacere caldo, quel piacere nostro che tanto ci fa stare bene e sopravvivere. Non ci importa, continua, mi guardi, mi mordi, ancora, ansimi, urlo. Ed eccoci insieme ancora, con le teste che esplodono di piacere, come i nostri corpi caldi, percorsi da mille iperboli, da centinaia di respiri sospesi in gola.
Urla e graffi la mia schiena, ecco chi siamo. Accolgo il tuo orgasmo e lecchi dalla pelle il mio.
Ci muoviamo ancora per cercare di fermare il tempo in quell'attimo di quiete e burrasca che solo i nostri corpi riescono a creare.
Mi stringi forte, ti sento tremare. Non vuoi lasciarmi. "Mi sei mancata come l'aria. Stavo soffocando" mi dici.
Trattengo una lacrima. "Era la scelta giusta, vero?" ti sussurro.
Mi baci forte, con dolcezza e passione.
"Non posso rubarti alla tua vita, lo sai" Annuisco e mi sposto da te.
Mi riabbottono la camicetta con lo sguardo basso. Mi tiri su il viso con le dita.
"Non saremo mai un "noi" ma un "ora" per sempre. Sorridimi, ti prego, ancora una volta"
Ti abbraccio forte. "Andiamo, ho voglia di chiacchierare con un buon amico".
Ti sorrido, ti rilassi."Si, mi è mancata la tua risata".
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Pensieri
Forse stasera sono stata più triste del solito. Una settimana fa e qualche giorno fa ho potuto respirare per qualche secondo e stasera non è potuto succedere..eppure quelle parole sono in continuo rimbombo nella mia testa.
Mi ha fatto tanto arrabbiare quel “la mia fidanzata” perché fino a prova contraria, ti sento ancora la mia di fidanzata e chiunque ti chiami così per me può considerarsi morto. Sono stata arrabbiata perché ancora una volta ho visto “i fatti miei e roba mia” essere visti e amati da altri, mentre io ero lì a strulicarmi i pensieri su dove tu fossi o cosa stessi facendo.
Questa sera non ho potuto fare altro che stare sul balcone fino alle 23 nella speranza di vederti arrivare e ho fumato..da sola e senza te..perché tu non eri lì e questo mi ha fatto davvero male. Dopo di che ho raggiunto le altre siamo andate a cenare..nella speranza di poterti vedere passare e farmi qualche sorriso dei tuoi o ancor negli o nel vederti fare un cenno con la testa per stare un po’ con te.
Ogni giorno io spero che tu possa arrivare, che tu faccia qualcosa per me, per noi, per riavermi. Ogni giorno io spero e stringo i denti, senza arrendermi o smettere di lottare perché tu per me ne vali totalmente la pena.. ogni giorno io spero di poterti incontrare e tornare ad essere noi, perché io ho davvero tanto bisogno di te perché crollo e cerco tutti i modi per non farlo..ma arrivo a scoppiare e continuo a ripetermi che tu sei con me e che mi abbracci e baci ovunque, labbra, naso, fronte e collo. Ogni giorno io spero che tutto quanto possa avverarsi e che arrivi da me e mi chiedi di scendere per essere solo noi. Almeno per un po’.
Tutta questa gelosia mi sta follemente distruggendo e mi sta facendo capire ancor di più quanto io non riesca per niente a vederti così vicina ad altre persone e quanto io non voglia che ci sia nessuno con te.
È stata una serata particolare perché ho ricordato tutte le volte che hai indossato quel vestito a fiori: la prima quando dovevi andare al compleanno alla saletta belvedere ed eri talmente bella che mai mi scorderò di quanto ti motivo dietro..e poi quando ti regalai il pupazzetto di stitch. Eri bellissima perché quel vestito la ti sta d’incanto, e tu diventi sempre più bella ogni giorno che passa e penso a quanto io sia fortunata ad avere te e quanto tu sia esattamente come desideravo la mia ragazza. Ricordi quanto eri felice quando ti diedi stitch? Quasi non volevi che ci separassimo per poter stare assieme, forse è la stessa sera nella quale mi presentasti per la prima volta ad una tua amica e arrivando ci salutammo con un mega bacio sulle labbra. E quindi mi sono riaffiorati tanti ricordi che per quanto mi facciano sorridere scavano creando altro vuoto.
Per cui ti dico che sono follemente gelosa anche di sentirti dare della “mia fidanzata” (ma piuttosto ti apro la testa e faccio un casino) e mamma mia meglio che mantengo la calma.
Detto ciò credo di aver bisogno più che mai di sentire la tua presenza. Ho bisogno di poterti sentire arrivare ancora una volta perché hai troppo bisogno di me e che forse tu segua il tuo istinto.
Ah piccola dimenticavo..sono follemente innamorata de “la mia ragazza, la mia ragazza, la mia ragazza”. Io ti sto aspettando in ogni maniera possibile e con tutto l’amore che provo, nessuno potrà mai sradicarmi da te e da tutto quello che io provo per te. Si, sono follemente innamorata di te che ho sempre più bisogno di te e di averti..sempre di più. Ho davvero un immenso bisogno di te che cresce ed aumenta sempre di più. Ho bisogno di te vita mia..ti prego corri da me e vieni a salvarmi.
Io ho davvero bisogno di te.
P.S. Ho fatto una cosina che riguarda te e noi, qualcosa che resta impresso per sempre e che parla di noi e di te. Spero di potertelo far vedere e spero che tu sia anche un po’ curiosa di sapere.
Io sono sempre qua per te, ci sono ogni giorno di più e sempre di più. Ti chiedo solo e soltanto di tornare da me e da noi..perché sto impazzendo e sto perdendo la lucidità.
Ti amo da morire vita mia e spero tanto di poter trovare la notifica che mi dica che tu hai letto..ne ho davvero bisogno.
Ti amo da morire mia piccola principessina blu ed il maglioncino per coprirsi.
Ti amo ogni secondo di più. Sempre di più. È sempre di più innamorata di TE! Blu, blu ovunque.
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Non mi aspettavo grandi cose da questo nuovo anno, a giudicare da come si è concluso quello passato, avevo portato il livello delle mie aspettative ai minimi storici, ciononostante, non ero preparata. L'unica stabilità degli ultimi 3 anni se n'è andata esattamente 7 giorni fa portando via con sé il nostro cane, un set di piatti e le mie tenui speranze per il futuro. Ho versato tutte le lacrime che mi sono permessa di lasciar uscire, urlando, ho rotto il portafoto con la polaroid scattata durante la vacanza in Sicilia e maledicendo tutte le sue stramaledette paure ad impegnarsi. Ho lavorato tutte le ore possibili per non tornare al silenzio di questa casa, passando le restanti a pulire per cancellare ogni traccia lasciata da lui e ora, in questa domenica sera, mi aggiro per la casa vuota, con il sottofondo di Elettra Lamborghini che mi ricorda che la musica salva da ogni male. O almeno dovrebbe, perché stasera mi sento triste ad ogni nota, disperata e inconsolabile. Mi domando dove sono finita io? Quella donna forte e indipendente che sono sempre stata, quella che ha aperto il suo negozio di abbigliamento affidandosi solo alle proprie forze, quella che ha comprato questo delizioso appartamento con giardino, quella che ha vissuto sola all'estero realizzando il suo grande sogno. Dov'è tutta quella forza? È annegata nel cesto della biancheria da lavare, quello che il sabato svuotavi tu quando io lavoravo tutto il giorno. È finita nel trovare la cena pronta quando ero troppo stanca anche solo per alzare la forchetta, si è sciolta in quel piede bollente sotto le coperte che mi faceva sentire protetta nelle sere d'inverno. Lì, nella sicurezza quotidiana di condividere i problemi, è finita la mia indipendenza. Mi sono rilassata per la prima volta in vita mia, è stato inaspettato e bellissimo ma adesso, ho nostalgia di tutto. Soprattutto, mi manca sapere di poter crollare in qualunque momento, perché ci sarai tu a raccogliere tutti i miei pezzi disgregati e a strapparmi un sorriso con la tua pungente ironia. Invece, questo è esattamente quello che ti ha portato via di me. Troppa sicurezza si è trasformata in noia per te, troppo rilassamento è diventato banalità e la stabilità ha preso la forma di una gabbia. Così te ne sei andato. Hai detto, come fanno tutti, che si tratta solo di una pausa ma sappiamo entrambi che non tornerai. La libertà ha un sapore troppo dolce per te e dopo 7 giorni, io ho deciso di rimettere insieme i miei cocci da sola. Ne uscirò più forte di prima e rinascerò come solo una donna sa fare. Prometto ora che non lascerò più che un uomo mi allontani da me stessa, resterò fedele a ciò che mi fa brillare gli occhi in qualsiasi condizione. Sto prendendo nota dei miei nuovi propositi, quando sento lo squillo di una notifica sul cellulare, il cuore inizia a battere all'impazzata e la mente sta già galoppando, so chi vuole che sia, so che voglio che sia lui. Afferro il telefono con le mani tremanti e leggo il messaggio sul display, un largo sorriso si apre sul mio volto. "Sto arrivando" e mentre leggo il messaggio, rido e piango insieme. Solo cinque minuti dopo sento il suono del campanello. Apro la porta e mi vedo piazzare una bottiglia di vino in mano, investita da un uragano di capelli ricci. Davanti a me c'è la persona che ogni volta mi tira fuori dai miei abissi senza chiedere niente in cambio, che mi guarda andare con il culo per terra e con pazienza mi aiuta a rialzarmi. Lei è Anna, semplicemente la mia migliore amica. "Hai una pessima cera, lascia che te lo dica!" mi dice con un tono di rimprovero e con uno sguardo di disapprovazione, prima di aggiungere: "Tu adesso vai di là, ti dai una bella ripulita e ti metti uno dei tuoi vestiti da gara. Io nel frattempo stappo questo vino e preparo qualcosa da mangiare, perché tu non hai cenato vero?". Lei è così, autoritaria, sicura e con il cuore più grande che io abbia mai visto. Dopo aver finito di impartire ordini con finta rigidità, mi stringe forte in un abbraccio e lascia che io mi sciolga in quello che, decido, dovrà essere l'ultimo pianto liberatorio di questa sera. Anna mi lascia sfogare, so che è venuta per questo poi con un gesto materno mi asciuga gli occhi e mi sorride. La sua sola presenza mi ricarica, le do un bacio sulla guancia e vado in camera mia, come mi ha ordinato. "Cosa hai in mente?" le grido dalla mia camera mentre passo in rassegna il mio guardaroba. Ha ragione, ho una collezione di abiti da capogiro che non indosso da almeno 3 anni perché lui diceva che mi preferiva semplice. Coglione! Mi aveva convinto che la mia semplicità lo eccitava e poi ha finito per annoiarsi. Stupida io, che ho spento il mio fuoco per adeguarmi alla sua temperatura tiepida. Finalmente sento questa rabbia che sta affiorando e ho intenzione di trasformarla in grinta per riemergere. Torno di là e trovo due bicchieri colmi di vino ad aspettarmi. "Non dovevi preparare da mangiare? "le dico con una nota acida che non si merita. "Prima di tutto sei uno schianto! E poi, tesoro, è difficile inventare una cena con la dispensa vuota! Me lo dici da quando non ti fai un pasto decente?" mi guarda con preoccupazione ma non attende la mia risposta, con un dito fa partire la nostra playlist preferita e si avvicina con il bicchiere. "Brindiamo a un futuro pieno di orgasmi!" e con la mano fa il gesto del dito medio. Riesce sempre a farmi ridere, sboccata e sopra le righe mi travolge ogni volta con la sua filosofia genuina. Una single per scelta, ma io so che è ha solo troppa paura di soffrire ancora dopo l'ennesima storia andata male. Noi ci compensiamo, riflessiva io, istintiva lei, alterniamo folli serate passate a bere e ridere, a momenti di interminabili chiacchiere su quanto siamo fragili e inguaribili romantiche. Semplicemente ci siamo l'una per l'altra. Sempre, come stavolta. So già come andrà a finire, dopo il primo bicchiere non avremo più voglia di uscire e lei finirà con il dormire sul mio divano, per questo ho scelto questo abito decisamente troppo corto. È il mio tubino delle grandi occasioni, nero e stretto che fascia le curve, l'ho indossato l'ultima volta per una festa di Capodanno in cui volevo rimorchiare il cameriere, anche se le cose non sono andate come previsto, quella stessa sera ho conosciuto Giovanni. Tre anni fa. Abbiamo parlato tutta la sera, mi ha affascinato con la sua cultura e all'alba del primo giorno dell'anno, con la scusa più vecchia del mondo, mi ha proposto di vedere la sua collezione di libri. Ovviamente, non abbiamo letto nemmeno una pagina. Ecco, questa sarà la serata giusta per sovrapporre un nuovo ricordo a questo vestito. Il brindisi l'ha fatto lei e io non ho nulla da aggiungere, mi godo la sensazione inebriante delle bollicine fresche che scorrono lungo la mia gola e dopo il primo sorso già sento che mi sto rilassando. La musica riempie la mia cucina e la colora di suoni. Anna ha portato con sé tutta la sua l'energia esplosiva. Iniziamo a ballare sulle note di un Vasco d'annata che urla "Rewind" e noi giriamo nella stanza come la ragazza del videoclip, quella con il walkman. Sono passati tanti anni ma certe canzoni mi riportano sempre indietro nel tempo, a quando i problemi li scrivevi sul diario e il giorno dopo scomparivano dentro alla pagina dei consigli di Cioè. Ridiamo e saltiamo per la stanza fino all'attacco di Cindy Lauper e della sua "Girls just wanna have fun", scusa Elettra ma proprio non ci siamo, ora va decisamente meglio! Abbiamo tra le mani i miei cucchiai di legno da usare come microfoni, la bottiglia è finita e la musica è tanto alta da non sentire il suono del campanello alla porta. Al secondo tentativo riconosco il rumore e mi blocco di colpo, guardo Anna, chi può essere a quest'ora? Lei mi sorride di rimando, strizzandomi l'occhio "Vado io!". La seguo sospettosa, non mi sono mai piaciute le sue sorprese! Sulla soglia trovo il fattorino che regge in mano il cartone di una pizza gigante, il fattorino più sexy che io abbia mai visto. Non so se sono più interessata alla pizza o alle mani che reggono la scatola. È giovane, come è ovvio che sia, ma ha un velo di barba che lo fa sembrare più adulto e molto maschio. Occhi intensi, scuri e un sorriso dolce e imbarazzato che mi stimola non poco. Anna lo invita ad entrare e io mi precipito a cercare la borsa per pagarlo. Vago per la casa annebbiata dall'alcool senza ricordare dove cavolo l'ho buttata. Nel frattempo, sento la voce lontana di Anna tempestare di domande il ragazzo e lui balbettare delle risposte confuse. Finalmente mi ricordo di aver lasciato la borsa sulla sedia della cucina e quando torno di là trovo la mia amica che cerca di sfilare con insistenza la giacca del nostro ignaro ospite. Mi viene da ridere, so che sta giocando ma l'imbarazzo sul viso del fattorino è davvero buffo. Mi avvicino con i soldi con l'intento di salvarlo da questo attacco ma quando incrocio il suo sguardo, leggo un certo interesse che mi sorprende e mi lusinga molto. I suoi occhi scendono alla scollatura sfacciata del mio vestito e percorrono tutta la linea del mio corpo. Gli sorrido e penso tra me che non c'è niente di male a giocare un po'. "Puoi tenere il resto, ma solo se ti fermi a farci un po' di compagnia..." nella mia testa è scoppiato il caos, ho davvero detto questa frase ad alta voce?! Anna si avvicina per darmi sostegno: "E' quasi mezzanotte e il tuo turno ormai sarà finito no? sono certa che non ci saranno altre consegne da fare questa sera..." Gli occhi del ragazzo si spostano da me alla mia amica e quel velo di timidezza che prima ostentava a protezione, cala improvvisamente. "In effetti, Signore, come potrei rifiutare una compagnia così interessante?" e senza preavviso, con un movimento sensuale, sfila la divisa che tanto saldamente stava cercando di salvare poco fa. "Come possiamo chiamarti...ragazzo?" Anna ha iniziato il suo gioco di seduzione mentre sta togliendo dal congelatore una bottiglia di Vodka gelata e tre bicchierini da shot. "Mi chiamo Michael" risponde lui e con rinnovata sicurezza si avvicina al tavolo per buttare giù lo shot in un lampo. Le sue braccia piegate lasciano intravedere un fisico giovane ed allenato, con muscoli forti che evocano in me la voglia di essere presa con decisione. Dopotutto, non sono poi così spenta. La musica sta partecipando a questo nostro gioco perché dalla playlist parte la canzone sensuale per eccellenza, sulle note di Bailando, di Enrique Iglesias, io e Anna ci guardiamo con uno sguardo complice e scoppiamo in una risata brilla. Michael sorride e inizia un ballo per noi che fa aumentare la temperatura non di poco. Lo guardiamo mentre muove sensualmente il bacino in pure stile cubano, a pensarci bene potrebbe avere origini sudamericane considerato il nome e la pelle leggermente ambrata. Si muove in un modo dannatamente sensuale e io non resisto, mi avvicino e lascio che le nostre gambe si incrocino. Con una mano all'incavo della mia schiena mi tiene salda e insieme iniziamo una danza lussuriosa dei nostri bacini. Mi abbandono alla sensualità di questa gioventù e lascio cadere il collo all'indietro, sorretta dalle braccia forti di questa distrazione pazzesca e inaspettata. Anna ha buttato giù gli altri due shot e si sta avvicinando alla scena. Si posiziona dietro Michael e ancheggiando segue il movimento dei suoi fianchi. Siamo tre sinuosi corpi rapiti dal ritmo della musica, Le mani di Anna stanno diventando audaci e si spostano a tastare i pettorali del nostro fattorino, mentre io godo del calore delle sue mani che dalla schiena sono scese a riempirsi dei miei glutei. Lo sento, Dio come lo sento! Il suo sesso è pronto e sta spingendo sulla mia gamba, così il mio corpo risponde con il fuoco che brucia tra le mie cosce. La curiosità di Anna si fa sempre più intraprendente e la guardo mentre le sue mani scendono fino a infilarsi nei pantaloni del ragazzo. Michal si volta verso di lei e con impeto la sua lingua prende possesso della sua bocca. Io sono eccitata come non mi capitava da tempo ma osservo la scena da fuori come se non ne fossi davvero una protagonista e mi accorgo che non lo sono. Non è quello che voglio. Mi allontano dalla cucina, improvvisamente sento il bisogno di aria, esco di casa, diretta verso il mio piccolo giardino segreto. Anna è troppo impegnata per accorgersene e va bene così, la ringrazio per questa distrazione, anche se ho realizzato che non sono ancora pronta. Abbracciata al giovane corpo di un ragazzo, ho chiuso gli occhi un solo istante e la mia testa si è riempita dell'immagine di un altro uomo, un uomo che non è più il mio. Mi avvio distratta verso il piccolo portico e trasalisco quando mi accorgo che sul dondolo nell'angolo c'è qualcuno, sto per urlare quando dalla sagoma lo riconosco, è Giovanni, il mio Giovanni. Lo choc si trasforma in rabbia: "Che cazzo ci fai qui? Mi è quasi preso un infarto!" "Elisa! Oddio scusa, non dovevo venire qui ma volevo vederti poi ho capito che non eri sola e non sapevo cosa fare..." " Esatto, non sono sola e mi sto anche divertendo molto! Senza di te ho imparato di nuovo come si fa. Ma poi tu cosa vuoi eh? Ti sei accorto che senza di me ti annoi?" finalmente l'onda della frustrazione sale dalla mia pancia e non ho intenzione di mettere a tacere questa voglia di urlare che ho! "Oppure ti senti solo senza la tua cara quasi-mogliettina che ti fa trovare tutto al suo posto, anzi, lasciami indovinare, sei solo il solito stronzo che..." non mi lasci finire la frase e ti avventi su di me chiudendomi la bocca con un bacio famelico. Non riesco a porre nessuna resistenza, il mio corpo aveva già iniziato a reagire quando ha riconosciuto la curva delle tue braccia stese sul dondolo. È un bacio avido, affamato che sa di rabbia e nostalgia. Le tue mani mi tengono il viso e ora le tue labbra sono scese al mio collo, tracciano la scia della loro voglia che risale fino a succhiare il lobo del mio orecchio, perché lo sai quanto mi fa impazzire. Ci conosciamo, i nostri corpi si sono amati ed esplorati in questi tre anni e insieme siamo cresciuti. Le mie mani sono scese automaticamente ai tuoi fianchi, afferrandosi al quel tuo punto vicino alla cintura che so farti perdere il controllo. Carichi tutto il mio peso e mi fai scivolare sull'erba umida e mentre le tue mani armeggiano con il mio vestito, avverto il freddo della terra sulle mie gambe nude eccitandomi ancora di più. Il tubino è già volato via mentre le tue mani cercano tra le mie gambe il consenso a proseguire. La rabbia si è trasformata in passione animale e io ti sto mordendo ovunque riesco a raggiungerti, collo, spalle e braccia sono marchiati dai miei denti mentre le unghie stanno lasciando solchi sulla tua schiena. Hai liberato quel tuo membro duro e gonfio che mille volte mi ha fatto godere e con un colpo scivoli dentro di me. Di nuovo, come se fosse la prima volta, sento un universo di piacere esplodere dentro me. Stiamo ansimando, gemendo e ringhiando in questo amplesso di passione e dolore che ci sta riportando a casa. I nostri corpi di stanno divorando dalla voglia. Tu spingi e io grido, il mio orgasmo soffiato è soffocato dal mio braccio tra i denti, altre due spinte profonde e sento il tuo seme caldo colarmi dentro, in una sensazione che mi rende confusa e felice. Stiamo ansimando e negli spasmi del piacere appena provato si aggiungono i miei singhiozzi di smarrimento. Mi abbracci forte e una goccia salata cade sul mio viso, stai piangendo anche tu ed è la prima volta che ti vedo così vulnerabile. Alzi la testa per guardarmi negli occhi e io rivedo quella luce della prima volta che ci hanno presentati, quello sguardo che mi ha fatto sentire la donna più bella del mondo. "Questo mi mancava, questo fuoco ardente nei tuoi occhi!" mi dici con una voce graffiata, prima di proseguire "Mi dispiace, io ho avuto paura..." inizi a parlare e la tua solita spacconeria ha lasciato il posto a una dolcezza disarmante che io proprio non mi aspettavo, tu che abbassi tanto le difese da chiedere scusa. Stai per continuare ma ti fermo posandoti un dito sulle labbra. "Va bene, dopo ne parliamo" ti dico. Dopo sì, adesso voglio ascoltare il suono dei nostri corpi rinati nella passione, voglio mettere attenzione su chi sono io quando lascio che la mia energia bruci e non voglio più dimenticarlo. Mi sono adattata a una situazione ma ora so di non volerlo più fare, ora mi ricordo chi sono. Non so come andrà ma adesso sento che ci meritiamo una seconda possibilità. Il freddo della terra sotto di noi inizia a farsi sentire, dovremmo entrare in casa ma mi ricordo di Anna e del fattorino e una grassa risata mi esce dalla gola, se conosco bene la mia amica, la casa non sarà agibile almeno per tutta la notte. "Ciao, io mi chiamo Elisa, ti va di portarmi a casa tua, avrei voglia di leggere un buon libro..." https://www.instagram.com/p/CMt5WhArChGQOwIp3-qdMHX9_UILN9EoJk8gjU0/?igshid=15m9og577cya1
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Perdere la testa
"Mi raccomando, Dani: lava il pavimento in cucina e stendi i panni!" è l'unico saluto di mia madre mentre corre spettinata giù per le scale, terribilmente in ritardo, come al solito. "D'accordo" le rispondo, senza aspettarmi un 'ciao', vista la fretta con cui è partita. Ah, che bello stare a casa da sola! È davvero liberatorio: puoi fare quello che ti pare quando ti pare, senza nessuno che venga a sgridarti... Ok, detto così, sembra che i miei genitori siano tiranni inumani, ma alla fine suppongo che siano come tutti gli altri: sono io che me la prendo per un niente, me lo dicono tutti.
Vado in cucina e inizio a spostare le sedie per liberarmi il prima possibile dell'odiosa corvée e - tempo dieci minuti - riesco a lavare il pavimento, così acchiappo il cellulare e do un'occhiata alle notifiche: ancora nulla d'interessante. Va bene, sarò onesta: è inutile preoccuparsi, perché so già che la notifica che mi interessa non arriverà mai, visto che lui non mi nota nemmeno quando gli sono di fronte, ma questo non mi impedisce di sperare! Per chi non lo sapesse, lui è Marco, un mio compagno di classe che occupa i miei pensieri troppo spesso perché si tratti di un caso: mi piace. Da un anno. Purtroppo, abbiamo la solita, banale relazione tra persone che si vedono ogni giorno e che non si parlano mai, anche se oggi mi sono offerta per dargli una mano in chimica, sfruttando la sua totale incapacità nelle materie scientifiche. Lui mi ha risposto - Oh mio Dio, sorrideva! - che mi avrebbe fatto sapere, ed eccomi qui ad aspettare un messaggio, nonostante 'Ti farò sapere' sia la frase universale per dire gentilmente: 'Capisco che tu ci stia provando ma mi fai più schifo dei cavolini di Bruxelles, quindi toglitelo dalla testa'. Lo so: sono senza speranze... Posso persino ricordarmi il momento in cui ha iniziato a piacermi: era stata una giornata da dimenticare - due ore di verifica di francese e tre di noia pura... - e per di più stava piovendo a dirotto; io ero appena uscita da scuola, insultandomi mentalmente per non aver portato uno straccio di ombrello e chiedendomi come tornare a casa senza che il dizionario per la verifica, nella sua misera borsina di carta, si bagnasse completamente, quando dal parcheggio della scuola arrivò il timido ruggito di un motorino. Immagino abbiate già capito che era Marco, altrimenti perché ve lo starei raccontando? Ebbene, per farla breve, mi ha portato lui, nonostante casa mia fosse dall'altra parte della città. Mi ero comunque bagnata un po', ma a casa ero così sollevata che non me ne fregava nulla: per una volta non mi ero dovuta sorbire la mezz'ora di autobus per tornare e - non so se fosse per il suo gesto gentile o perché finalmente qualcuno che non fossero i miei genitori o le mie amiche si era preoccupato per me - non riuscivo a smettere di pensare a Marco, a come mi avesse offerto quel passaggio, alla sua espressione indefinibile, alle sue spalle robuste, ai suoi occhi così espressivi... In classe non lo avevo mai notato, ma non è affatto male: me ne sono accorta quel giorno e da lì in poi è stata tutta un'agile discesa verso l'inferno di una cotta non corrisposta, perché io, sciocca come sono, costruisco film mentali sul primo essere di sesso maschile non totalmente repellente che mi dedica un gesto gentile. L'inferno è proseguito per un anno, tra tentativi di conversazione caduti nel vuoto e sguardi imbarazzati, fino al momento in cui, oggi, dopo innumerevoli tentativi maldestri, ho finalmente trovato il coraggio di gettare tra noi un ponte che spetta a lui continuare. Immagino che non lo farà, o che comunque non sarà più che per l'aiuto in chimica, ma almeno potrò parlargli e magari... Basta, è inutile rimuginarci troppo: ha già il mio numero, ora la decisione spetta a lui! Meglio andare a stendere i panni - prima che mi dimentichi -, invece di fantasticare su Marco. Una volta terminato, non posso impedirmi di controllare il cellulare per l'ennesima volta: non trovo il messaggio che aspetto, ma scopro che qualcuno mi ha scritto su Fling; strano: di solito non risponde quasi nessuno... Fling è un'applicazione che permette di mandare una foto o un messaggio in giro per il mondo a un numero limitato di destinatari casuali che hanno, loro stessi, l'applicazione, in modo da conoscere persone anche molto distanti dal proprio paese; di solito più della metà sono pervertiti che chiedono foto spinte, ma ci sono anche persone carine: una volta un ragazzo cinese laureato in matematica mi ha dato una mano a venire a capo di un esercizio che non riuscivo a risolvere; oppure un'altra volta ho conosciuto una signora dell'Ecuador con cui ho scambiato la ricetta del pesto alla genovese per quella delle banane fritte: era adorabile! Queste sono solo due delle mie conoscenze a distanza, ma ci sono veramente tante persone interessanti... Apro il messaggio, un po' impaziente e vedo che è da parte di un ragazzo italiano, nonostante il suo nickname sia 'Ned Stark'. Si tratta di una foto, in risposta a quella che io ho mandato a dieci sconosciuti - il paesaggio nebbioso fuori dalla mia finestra, con la didascalia "Brace yourselves..." -: la sua rappresenta una foglia coperta di brina, e commenta: "...winter is coming"; se mi risponde così, lo amo già! Sono fan del Trono di Spade in modo assurdo, ma purtroppo a nessuno piace, tra i miei amici, quindi appena fiuto un altro fan mi entusiasmo in un secondo... - Ciao Ned, tutto bene? Gli chiedo; troppo freddo, come esordio? Forse, ma trattandosi di Ned Stark, dovrebbe apprezzare! Blocco il telefono e mi metto finalmente a fare quello che mi ha chiesto mia madre; quando ho finito, trovo già la sua risposta: - Insomma, così così... Mmm, me lo aspettavo un po' meno moscio... Comunque non posso perdere un'occasione per parlare finalmente di GoT con qualcuno: - Dai, Eddard, non dirmi che ti stai scongelando! - Beh, ridimmelo quando avrai perso la testa anche tu... Replica lui immediatamente; ok, questo devo concederglielo, ma l'ho persa anch'io; certo, solo metaforicamente, però il fatto resta! - L'ho già salutata, per citare il Cappellaio Matto. - In che senso? - In senso figurato: si è messa a gironzolare dietro ad un ragazzo, e adesso non la trovo più! - Siamo sulla stessa barca... Pensa che dopo anni che sono rimasto a guardarla in silenzio, paralizzato dal terrore ogni volta che mi si avvicinava - sì, sono piuttosto timido, in realtà... -, lei mi ha proposto di incontrarci. Io non riuscivo a crederci e le ho chiesto un attimo per pensarci, ma, indovina un po'? Mi sono accorto oggi pomeriggio di aver perso il numero! - Almeno tu le interessi... Io invece non ho speranze: mi ignora costantemente! - Mi dispiace, però immagina come mi sento io! Che figura ci faccio a chiederle il numero dopo che me l'ha già dato una volta? - Potresti semplicemente dirle la verità e sono convinta che, se vuole davvero uscire con te, ci passerà sopra... - In realtà non sarebbe proprio 'uscire': mi ha solo offerto un aiuto con lo studio... "Che bizzarra coincidenza!" direi, se mi trovassi in un libro; ma siccome la mia vita non è un libro, non credo sia il caso di iniziare con i film mentali. Poi lui continua: -Comunque per te è facile dirlo! Vorrei vedere te! E poi sono abbastanza timido, te l'ho detto... - Poi dicono che siamo noi donne a crearci paranoie su paranoie: alla faccia della timidezza! Senti, se mi dici il suo nome, le scrivo io con un pretesto e le chiedo il numero. - Davvero? - Se ti dicessi quello che penso, probabilmente ti offenderesti. - Ma lo faresti sul serio? - No: come dicono gli inglesi, 'grow a pair and ask yourself!' (Provvediti di un set di attributi sessuali maschili e trova l'ardire di chiederglielo personalmente! N.d.A.) Che razza di Ned Stark vuoi essere, se non hai nemmeno il coraggio di superare inezie come questa? - Preferirei affrontare un branco di Lannister da solo... - Codardo! - Senti chi parla! Se lui ti ignora, fai tu la prima mossa, no? - Non credere che non ci abbia già provato... Anch'io gli ho proposto di dargli una mano con i compiti di chimica e lui mi ha liquidato con un "Ti farò sapere...": insomma, neanche un 'grazie'...
Visto che non risponde subito, metto giù il cellulare e mi metto straordinariamente a fare i compiti: oddio, non starò mica male? Di solito mi riduco a farli dopo le dieci di sera! (Sempre che li faccia, naturalmente...) Apro il libro di matematica e scrivo uno degli esercizi, ma - guarda un po' - non riesco a concentrarmi. D'accordo, lo ammetto: aspetto ancora un messaggio; o meglio, due messaggi: mi sono già affezionata a Ned e non capisco perché non risponda. Beh, non è il caso di stare in ansia: avrà qualcosa di urgente da fare... Oppure gli si è scaricata la batteria... Oppure stava guidando e si è schiantato contro un albero per leggere il mio messaggio. Com'è tragico: inizio a sentirmi in colpa! Oppure gli sta bruciando la casa... Altrimenti può darsi che sia stato aggredito da una belva scappata da un circo di passaggio... Se no sua madre ha avuto un infarto e lui non può rispondere perché sta chiamando l'ambulanza! Però è strano: ci sta mettendo un po' troppo a chiamare i soccorsi: più probabilmente ha lasciato cadere il cellulare nel water per sbaglio! Ok, basta prendermi in giro: è evidente che sono pesa e sgradevole, quindi se non mi trova abbastanza simpatica, me ne farò una ragione e tutte le solite balle... Il mio telefono vibra, presago e io mi precipito con scatto felino a controllare: mio Dio, è lui, Ned! Ha risposto! Sblocco lo schermo, sollevata e... - Daniela, sei tu?
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Lunedì 9, novembre.
Sono passati mesi dall'ultima volta che ti ho potuta vedere. Ancora di più dall'ultima volta che ti ho potuta baciare. Ti stavi imbarcando quella mattina, per andartene da quell'isola e lontana dalla mia vista, dalla mia vita.
In tutti questi mesi, ho provato a fare ciò che mi chiedevi, ho provato ad esaudire le tue volontà. Ho provato a dimenticarti, a farti sprofondare nella mia testa e sparire come i sogni al mattino. Ma tu torni sempre.
Me l'hai chiesto, io ci ho provato.
Mi hai implorato di andare via, l'ho fatto.
Ma tu no.
Tu non vai via da me.
Purtroppo non è una cosa che posso controllare, fosse per me ti lascerei andare, anzi l'avrei fatto quando mi è stato chiesto.
La mia vita ora che non ci sei più è tornata come prima. Intendo prima di conoscerci.
Completamente vuota. Ho una sensazione di solitudine e di sofferenza che non voglio manifestare attivamente, non con la gente che mi sta attorno, non con i miei amici. Tutto per paura di disturbare. Perché da quando mi hai lasciato solo ho capito che non sono poi così importante. Ho capito che potrebbe cascarmi il mondo addosso e non accorgersene nessuno. Eppure si, ci ho provato davvero.
Ci sono stati momenti in cui mi mancavi, mancavi dannatamente e altri in cui riuscivo finalmente a liberarmi di te.
E questi momenti duravano giorni, veramente tanto tempo. Sai, era positiva come cosa, fondamentale per la mia serenità. Perché mi sentivo rinato, tu non c'eri e non mi mancavi. Poi la notte.
Senza alcun motivo, senza averti pensato tutto il giorno. Tornavi. Tornavi nei miei sogni.
Non possono chiamarsi sogni questi, perché nei sogni eri dolce, parlavamo ancora, percepivi la mia presenza e io percepivo la tua. Riuscivo a sentirti vicina, a toccarti, sentivo anche il tuo profumo. Dicevo...non possono chiamarsi sogni questi.
Perché ovviamente al mattino non c'eri più.
Sto parlando al passato, ma in realtà tutt'oggi vieni a trovarmi di notte, è successo appena ieri.
Da quando faccio questi incubi cerco di andare a letto tardi e svegliarmi presto. Cerco di dormire il meno possibile per evitare di vederti.
In più anche stando sveglio le cose non cambiano più di tanto. Ora che non si può più uscire in pratica, vedo camera mia e rivedo te.
Odio profondamente il mio letto e l a mia scrivania, odio con tutto me stesso tutta la mia intera casa. Passo le giornate in bagno con la stufetta, forse l'unico posto che non hai mai vissuto davvero di casa mia.
Ogni tanto ti immagino ancora arrivare a casa mia. Io che ti apro la porta in accappatoio e bagnando tutta la casa, ti vedo arrivare in camera mia, aprire la porta, poggiare la borsa sulla sedia, sederti e fare le feste a Bonnie.
Ogni tanto guardo ancora la strada per vedere se vieni davvero a casa, ma non arrivi mai.
Quando ordino la pizza non uso just eat, un po' perché ti arriverebbe la notifica e un po' perche in quel dannato sito si vedono tutti gli ordini fatti cronologicamente, perciò mi passa pure la fame.
La mia vita è veramente cambiata da quando non ci sei, e so che pure la tua è cambiata. So della tua relazione, so che hai una vita più felice. Forse ora mi rendo conto conto che non ti andavo bene. Mi rendo conto solo ora di ciò che sono per davvero. Un essere noioso, brutto, grasso e basso che non attirerebbe l'attenzione di nessuno. E pensare che quando stavamo insieme mi sentivo diverso, mi sentivo più bello. L'ho sempre saputo che quella bella sei stata sempre tu, però tu mi hai cambiato davvero in quel periodo, mi hai fatto sentire bene e fatto passare l'anno più bello della mia vita. Tutto solo con la tua presenza.
Penso sia incredibile quanto una singola vita o un'azione possa influire sulla vita di un'altra persona.
Ora non riesco a guardarmi allo specchio. Mi vedo solo e brutto. Mi sto facendo crescere i capelli e sto dimagrendo, tutto per non riconoscermi più da quello che ero con te.
Nonostante io abbia sempre il sorriso quando penso ai momenti passati con te, mi accorgo che forse non dovrei averlo. Da quando non ci sei più ho scoperto, come già dicevo, che hai cambiato vita, che come avevo immaginato sei andata avanti anche dal punto di vista delle relazioni. Hai fatto nuove esperienze, hai abbattuto le tue insicurezze.
Tutto in così poco tempo, okay, l'ho devo ammettere, il problema ero proprio io.
Mi scuso se non ti ho fatta sentire come avresti voluto, se non ti accontentata, se ho fatto il coglione per un sacco di tempo e non ti ho fatta stare bene.
Mi scuso davvero per tante cose, anche per questa.
Nonostante abbia provato più volte a farti cambiare idea, ovviamente senza successo, ti vorrei dire che ho provato a fare come hai fatto tu. Ho provato ad innamorarmi e ingaggiare una relazione con delle ragazze, per esempio con Giulia cossu, della quale eri tanto gelosa quando ti importava ancora di me. Ma ovviamente io non ti mentivo. Io voglio molto bene a Giulia, però non ero mica innamorato di lei, ma tu sei sempre stata gelosa. Il problema è un altro. Le altre ragazze non vanno bene perché hanno un difetto, grande quanto una casa, forse l'unica cosa che mi porta a non provare nulla per loro. Loro non sono te, Giulia.
Giulia non è solo una persona, Giulia è un intero universo di aggettivi che avevi solo tu e che a me facevano impazzire, dal primo all'ultimo.
La gente mi dice di andare avanti, ma non capisce che ci ho provato e che ci provo sempre.
E io mi chiedo perché, se stiamo stati degli innamorati, alla fine sono rimasto l'unico ad amare? Perché si, nonostante tu sia andata avanti e non capisco come diavolo tu abbia fatto a dimenticare ogni cosa, ogni momento passato insieme, ogni regalo, ogni bacio e tutt'altro, io sono ancora qua, innamorato di te, abbandonato e solo. Non sono mai stato bravo a scrivere, né a comunicare delle emozioni. Però vorrei dirti, anche se ho la certezza che non leggerai mai questo messaggio, di ignorarmi, di essere felice e anche di far finta di nulla se dovessi trovare altri sfoghi del genere, ma tanto, l'ho già detto, non ti accorgerai nemmeno di queste mie parole.
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. ×× ─── ᴛʜᴇ ʙᴏʏʟᴇ 🏠🌳 oh, we're building a home with the mud and the stones & the branches we bind #ᴛʜᴇᴏʀɪɢɪɴᴏғᴜs ᴀʀʟᴇɴᴇ : Cam, qual è la password della tua e-mail? Hai ricevuto una notifica, apro? ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : "hol'amantenonaprire69". La password è una data: giorno del tuo compleanno, un trattino, mese di nascita di Freya, un punto e l'anno in cui ci siamo sposati, un trattino. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Non so se restare basita per il fatto che hai un amante con cui pratichi la mia posizione preferita o se sconvolgermi per il fatto che lavori per i servizi segreti ed io non ne sapevo nulla. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Non mi aspettavo altro da te che come password hai 012345678910. Comunque hai aperto? Cosa dice? ᴀʀʟᴇɴᴇ : A volte va anche a ritroso, dai. E dice — CAM CORRI! ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Guarda qui! Mi hai fatto tagliare perché devi sempre urlare e fare scherzi! Fammi trovare una pubblicità aperta e giuro che stanotte dormo nella camera degli ospiti e— NON CI CREDO! Hanno accolto la nostra domanda... ᴀʀʟᴇɴᴇ : Vedi? Non mi credi mai quando ti chiamo. È l'Adoption Service Providers, a quanto pare la Onlus a cui abbiamo fatto richiesta ci attende il 20 Marzo. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Speriamo solo di non riscontrare problemi con gli spostamenti. Non voglio rimandare QUESTO momento, lo aspettiamo da anni ormai. Dobbiamo portare qualcosa? Ci sono delle indicazioni? E dobbiamo dirlo a Freya. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Dicono di portare i documenti cartacei della richiesta e il necessario per la degenza, dobbiamo restare lì qualche giorno. E — a quanto pare ci spetta la fascia 5 - 6 anni. I nostri quarant'anni si fanno sentire, ahi. ( sʜᴇ ʟᴀᴜɢʜs ) DEI, non ci sto credendo. Avremo un bambino o una bambina che a breve andrà in prima elementare. Freya sarà felice? ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Questi giorni passeranno troppo lentamente e sì, ovvio che Freya sarà felice! Può davvero condannare una simile scelta? Comunque non mi preoccupa la sua età ma la mia sì, si vedono già i capelli bianchi! ᴀʀʟᴇɴᴇ : Nonostante i tuoi capelli bianchi le donne non smettono di guardarti, mi toccherà di nuovo impedirti di andare a prendere nostro figlio a scuola — le mamme di oggi sono ancora più intraprendenti di quelle di un tempo. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Non ricominciamo con questa storia! Non posso non accompagnarlo o accompagnarla a scuola per questo! Lo fanno tutti e tu vuoi privarmi di un simile piacere. Nessuno mi guarda, respira. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Certo — come no. Ma va bene, alzo le mani, fingerò di non vedere. Sono troppo felice di diventare madre per la seconda volta, non mi lascerò rovinare il momento da un branco di oche. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Torniamo sempre allo stesso punto: amo te, ho scelto te e sposato te. Uno sguardo in più non mi farà cambiare idea, sono certo della famiglia che abbiamo e sì, non dobbiamo farci rovinare questo momento. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Sarò pronta a ricordartelo a parti inverse — e so bene che uno sguardo non ti farà cambiare idea, o non saremo qui ad adottare un bambino insieme. A volte però è quasi istintivo quel bisogno di proteggere ciò che si ama. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Ed io ti capisco, Lene. So di cosa stai parlando. L'istinto vuole questo e ne abbiamo passate tante per non voler ora proteggere quello che abbiamo. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Adesso l'istinto mi suggerisce di cucire un pupazzo per il bambino — magari userò una tinta neutra. Verde natura. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Ritrovo mamma Arlene, quella sempre attenta alle esigenze di sua figlia, quella che porta pazienza e ascolta, sa contare fino a dieci e spiegare. Lei non attacca e non da poco peso ad un pensiero infantile. Lei è pronta ad entrare in un mondo difficile, contorto e incomprensibile pur di non distruggere quello che il micro — macro — cosmo di un bambino. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Non sono sempre stata così, ho imparato a contare fino a dieci proprio grazie a Freya. I figli imparano più cose da ciò che fai — che da ciò che dici. E' importante dare il buono esempio e solide dimostrazioni, poi il resto vien da sé, ci sono tanti modi di stare al mondo. ᴄᴀᴍᴇʀᴏɴ : Lo so, amore. Ti arrabbiavi con me e finivi per prepararmi pane, salame e cetrioli! Le tue vendette avevano uno strano sapore acido. Lo ricordo molto bene e questo per dire che sì, Freya ti ha aiutata ma ha aiutato molto anche me, in effetti. Sicuramente il bambino che arriverà avrà molto altro da insegnarci. ᴀʀʟᴇɴᴇ : Saremo ottimi alunni, di questo ne sono certa.
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Sense8 e i gruppi Whatsapp
Sono stato in diversi gruppi Whatsapp ma mai con più di 50 persone, che non si sono mai viste, e quello che sembrava impossibile è più vicino di quello che sembra. Passo una buona fetta del mio tempo leggendo articoli e opinioni sulle cose che mi piacciono di più: serie tv, musica e film. Per fare questo spesso ho bisogno di Facebook e in particolare dei tantissimi gruppi privati che ci sono sui più vari argomenti, che se con admin con il ban facile e se fatto di persone comprese in fase post-adolescenziale e pre-kaffé è molto interessante; da quando sto in questi gruppi però non avevo mai ceduto alle richieste del numero per farsi aggiungere ad un gruppo Whatsapp dedicato, ma un giorno, forse per noia l’ho fatto. Vieni immediatamente aggiunto e ti ritrovi con un centinaio di persone mai viste e con cui nella maggior parte dei casi non avresti nemmeno scambiato uno sguardo dall’altra parte del marciapiede. A questo punto le soluzioni possibili che consideravo erano due: o silenzio il gruppo fino al 2020 e quando me ne dimenticherò sarò già stato buttato fuori o scambio quattro chiacchiere e al primo segno di qualcosa che non mi piace fuggo. Ovviamente per un cuore impavido come me la soluzione era solamente una, la seconda. Quindi mi presento e immediatamente mi pento della scelta appena fatta, sarà sicuramente pieno di ragazzini e non riuscirò nemmeno a dormire la sera per quanto squillerà il mio cellulare. Effettivamente era così, ma noto da subito qualcosa di strano, nei vari gruppi su Facebook la gente parlava dell’argomento del gruppo stesso, non esisteva OT, qui invece erano solo discorsi sì vicini a quell’argomento particolare, ma spesso si divagava ed era bellissimo. Se siete o siete stati frequentatori di forum sapete a cosa mi riferisco con OT, sono tutti quegli argomenti che c’entrano poco con la materia trattata, ma sono anche i più interessanti perchè permettono alle persone di conoscersi meglio di qualunque discorso su un disco o una serie tv. Però qui sta il mio interesse, in un forum online se entri nella sezione OT e vedi un argomento che dal titolo non ti attira non lo apri e non saprai mai di cosa parlava, nei gruppi Whatsapp per scrivere la tua stronzata devi leggere quella mandata da un altro prima di te, non ti trovi davanti ad una platea di persone che aspettano che tu dica qualcosa, sei tu la platea e scambi quattro chiacchiere con quello che sta seduto vicino a te. Dopo due o tre giorni così ormai conoscevo il nome di qualcuno nel gruppo ma quello che mi stupì di più fu cosa successe dopo: arrivò una notifica che diceva semplicemente che ero stato aggiunto ad un altro gruppo. Apro l’applicazione e vedo che questo gruppo era formato da persone che avevo conosciuto nell’altro ma eravamo una decina, chiedendo spiegazioni mi dicono che mi credevano interessante e non vedevano motivi per non aggiungermi. Sì io, non scherzavano. Da questo momento cambia ancora la visione di tutto quello che mi stava succedendo: trovo dentro persone che si confidano, parlano dei loro amori, dello stress per il lavoro o dei loro studi, tutti senza pensieri e preoccupazioni che uno o l’altro possa pensare male. Incredibile. Mi arrivano tantissime foto di posti di cui non sapevo l’esistenza, storie che pensavo possibili ma mai sentite prima, ero dentro Sense8. Ero in collegamento con una decina di persone che conoscevano il mio nome e i miei pensieri, potevo fargli vedere quello che vedevo io o raccontare cosa mi succedeva e trovavo sempre interesse perchè io l’avevo mostrato nei loro confronti.
Di Francesco Spata
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Facebook Dating
*suono di notifica*
- Ti suona il telefono?
- No mamma è una notifica.
- Notifica di cosa?
- Ma niente mi sono iscritto a Facebook Dating e mi arrivano delle notifiche.
Sguardo perplesso di mia madre, che poi mi chiede: - Non ho capito di cosa stai parlando.
- Mamma, sto utilizzando un'applicazione sul telefonino che si usa per trovare l'anima gemella.
- Tu cerchi l'anima gemella? Ancora? Ma non ti è bastata una volta?
- Ma no mamma - risatina di comprensione - non è come credi, mi serve per un progetto che sto portando avanti e devo capire come funzionano queste applicazioni.
- Ma quindi ti cercano alcune donne?
- Eh si mamma, come vedi non sei solo tu a pensare che io sia bello.
- Ma chi sono queste? Posso vederle?
- Certo guarda qui - apro Facebook Dating - vedi queste sono le donne che mi fa vedere l'applicazione, in base alla mia età e posizione geografica.
- Posso? - mi chiede allungando la mano verso il cellulare.
- Certo mamma guardaci, usa il dito per far scorrere...
Mi madre se ne sta qualche minuto a osservare, mentre finisco di metterle a posto alcune scartoffie.
Poi di botto dice: - Ma questa c'ha la mia età quasi, questa anche... guarda questa mette in mostra le tette, ma non si vergogna?
- Ehm mamma - allungando la mia mano - dammi il cellulare per favore.
- Ma sono vecchie, potrebbero essere tue zie, ma più giovani non ce ne sono?
- Ma' che ti devo dire, mica sono io è Facebook che mi passa questo.
- Andare a Lourdes?
- Mamma non ti ci mettere pure te.
Finisco quello che dovevo fare e mi congedo da mia madre.
Arrivato a casa mi accorgo che Dating è pieno di match, evidentemente mia madre ha dato dei match scorrendo le foto a destra.
Così mi ritrovo a guardare "le persone a cui piaci" aumentate a dismisura.
Quella di 78 anni che si sente una ragazzina, Ciholanka Sbilenka ex prima ballerina del Teatro Bol'šoj, una che ha messo solo foto del suo bulldog... poi scorrendo le foto mi accorgo che lei ha solo un animale da compagnia, un gatto.
Un numero imprecisato di donne con frasi nella bio tipo:
- Nulla fa male ma io non perdono,
- Se Dio perdona io no,
- Tenera e dolce ma non farmi incazzare o vedrai la paura,
- Fatta per amare,
- Fatta e basta,
- Sono come un tost croccante fuori tenera dentro, cioè sono tostA.
- Rinasco come "la Raba Fenicie"
- Quello che non mi uccide mi fornifica... fortimica... forletica... insomma me la suca!
Chiudo l'app, mi chiedo perché l'ho fatto.
Stavo così bene nella mia cameretta da giovane... maledetto testosterone.
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AMS.
E niente sono stato ad Amsterdam per lavoro, eh si, il mio primo lavoro da diciamo " ARTISTA " perché non mi considero un artista al 100%. Comunque è una storia un po' buffa, insomma sempre le cose strane che succedono a me, e lo ammetto fin dall'inizio che è stata una questione di culo che altro, in pratica nulla seguo questo tatuatore su Instagram e ogni tanto mi capitava di rispondere alle sue storie dicendogli quanto lui fosse forte per me e quanto mi fanno spaccare le sue instastorie, nonostante il mio inglese da merluzzo, comunque questa cosa va avanti diciamo per 4 mesi e piglia vedo un direct su Instagram che snobbo totalmente per tutto il weekend perché stavo decisamente abusando di instagram. Lunedì a pranzo/colazione ( mi ero svegliato tipo alle 13:40 ) mi gustavo la grande insalata di riso fatta da mia madre, apro Instagram e vedo il direct, e niente era lui che mi aveva risposto, immaginate come se vi rispondesse all'improvviso il vostro cantante preferito, la mia reazione è stata tipo quella, intanto che leggevo i suoi ringraziamenti pensavo che ormai non mi avrebbe mai più risposto, gli scrivo che non c'era bisogno perché era la verità. 15:22 notifica del telefono, Instagram, mi risponde ancora, ormai amici per me insomma, gli parlo e gli chiedo come sta, vabbè insomma parliamo per un pomeriggio intero, gli spiego un po' com'è nata la storia dei tatuaggi per me, gli racconto anche che è stato un regalo della mia ex e che fui proprio un grande stronzo, e diciamo che da lì parte tutto per me, quando gli dico di essere uno stronzo perché si, mi è tornata in mente, pensavo che lei sarebbe stata fiera di me, di quello che stava per succedere, mentre nessuno la viveva così se non mia madre. Comunque mi chiedi dei miei disegni, glieli mando e lui mi fa dei piccoli complimenti dandomi qualche dritta. Parliamo spesso per una settimana e gli mando foto di lavori e lui si gasava e mi diceva che ero bravo, che per quanto io """ tatui """ da poco, tatuo meglio di alcune persone di sua conoscenza che lo fanno da 4/5 anni. Comunque il 10 Luglio mi scrive " appena puoi mandami i tuoi dati che ti prenoto il biglietto e sali qui, ovviamente i soldi li guadagni qui e me li restituisci " io ormai gasato al massimo gli mando subito tutto. 13 Luglio sono ad Amsterdam ospitato da uno dei miei tatuatori preferiti, dove avevo il libero accesso al suo studio, mi trovo un lavoro il 14 Luglio, lavoro per Uber, consegne a domicilio in bici per tutti i punti ristoro di Amsterdam, 10€ all'ora, insomma nulla poteva tirarmi giù o altro e invece eccolo qui che torna quel pensiero! " Eppure lei sarebbe fiera di me, perché mi sento così? Sono passati quasi tre anni e ti penso ancora, non è giusto, non va bene e non mi fa bene. " Pensavo che era giusto il momento. Comunque al terzo giorno avevo organizzato la mia vita da Olandese, mattina Uber, pomeriggio gavetta allo studio e la sera macello con amici e " la famiglia " ( il nome della crew ), erba buona, birra buona, pioggia stupenda, buona musica, non mancava nulla, e rieccoci, pensai: " e invece manca qualcosa, manca lei, impazzirebbe per una cosa del genere, starebbe qui avvolta al mio braccio con le sue braccia piccole, un po' brilla e un po' fatta dicendomi cose carine oppure parlandomi nel suo silenzio come solo lei sa' fare ". Adesso basta, continuerò semmai ci incontreremo in futuro, nella giusta situazione. Comunque tu saresti fiera di me, anche perché è grazie a te se ho intrapreso questo tragitto. Buonanotte. ❤
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Love You
Ricordo il giorno esatto in cui ci siamo conosciuti, la situazione non era delle migliori, io non ti ho considerato per quasi tutta la sera dato che mi frequentavo con un altro ragazzo da qualche mese. Ricordo che ero arrabbiatissima perché volevo andare a ballare invece che uscire con un'altra coppia, e avevo avuto una brutta discussione con un amica… insomma volevo fare una serata completamente diversa da quella che si prospettava. Quando mi arrabbio io faccio tutta l’altezzosa e tu adori dirmi che sembra che abbia un palo nel fondoschiena , ma sono punti di vista. Tu eri l’amico di un mio amico che quel sabato sera estivo non sapeva cosa fare. Inizialmente non sapevo neanche che fossi con noi, ero troppo sulle mie per notarti. La destinazione della serata fu una festa celtica e per tutto il viaggio se aprivo bocca era per fare la rompiballe di turno. Mi sono accorta di te solo dopo la mezzanotte, durante l’accensione del fuoco sacro, fino a quel momento non sapevo neanche il tuo nome, forse nemmeno che tu fossi di fianco a me. E’ stato il tuo amico a farmi voltare la testolina verso di te perché ti ha chiamato Jon, esattamente come il personaggio di un libro che avevo letto recentemente. Ho notato subito quanto eri alto perché girandomi ho avuto la tua spalla all’altezza degli occhi, ma poi ho alzato lo sguardo e il tuo viso sembrava quello di un angioletto cattivo e i tuoi occhi così scuri che mi ci volevo perdere, da li non ho capito più niente. Il mio primo pensiero è stato “e tu dove cavolo ti eri nascosto?!” e subito dopo mi sono detta “figurati se sto qua mi degna di uno sguardo, sono troppo vecchia per lui”. All’epoca io avevo 30 anni e tu 25, tu eri ai miei occhi il ragazzino che non avresti guardato neanche di striscio una come me, invece ci siamo trovati a parlare tutto il resto del tempo davanti al fuoco, per lo più di serie tv e di cibo. Abbiamo scoperto che abiti esattamente due vie dopo l’ufficio dove lavoro e vai nei negozi li a fianco. Ci siamo fatti qualche risata e non ci siamo accorti che da mezzanotte erano diventate le 5 del mattino ed eravamo sotto casa mia. Mi hai salutato con un bacio sulla guancia e rivolgendoti al tizio che era con me gli hai detto “non fartela scappare”, ma probabilmente già sentivi che ero persa di te oppure mi consideravi persa e basta.
Ma le cose belle non sempre arrivano subito. Quella notte stessa ho mandato al diavolo il tipo con cui ero e poi ti sono venuta a cercare su face book per farmi un po’ gli affari tuoi, ma senza dirti niente. Ho visto che eri single, che cercavi quella giusta da un post leggermente datato. Non si riusciva a capire che posti frequentassi per organizzare un incontro casuale, ma nel tuo profilo c’erano un sacco di foto con le tue ex, quelle non potevano mancare! Ho passato una domenica intera a capire chi fossi, facendomi non sai quanti viaggi.
Passato un mese di te non sapevo più niente, non ci eravamo più visti o sentiti e onestamente mi ero messa il cuore in pace, ricordandomi solo di una serata che da disastrosa era passata a particolarmente piacevole.
Una sera di fine estate io e due amiche andiamo a ballare per un evento di un dj che ci piace molto con l’idea di fare un uscita senza uomini che creano problemi, ma verso metà serata vedo che ci sei anche tu. Fingo di non vederti ma poco dopo sento una mano sulla spalla, mi volto e noto subito il tuo bellissimo sorriso. Mi offri da bere almeno due volte e ci facciamo un rum e pera insieme durante la nottata. La serata in discoteca continua alla grande, facciamo gruppo tutti insieme e sembra di essere tornati alle “vecchie compagnie” di una volta. Il dj inizia a mettere su i pezzi più belli de momento e sulle note di “feel so close” di Calvin Harris ci baciamo. Il mondo in quel momento sono sicura che si è fermato, esistevamo solo noi. Mi hai abbracciato quasi sollevandomi, ed è stato il bacio più intenso della mia vita. Ti offri di accompagnarmi a casa e rimaniamo a parlare in macchina nel parcheggio ore e ore, baciandoci ripetutamente.
La domenica la passo cercando di riprendermi con il sorriso stampato in faccia anche se pensavo fosse stato solo una bellissima serata da ricordare per sempre e nulla di più. “La solita sbandata estiva” pensavo e mi ritenevo abbastanza sicura nel sapere che con me tu non volessi averci a che fare. Non c’eravamo neanche scambiati i numeri e il mio orgoglio non mi faceva fare la prima mossa di scriverti, volevo dimenticarti e allo stesso tempo ricordarti. Inoltre non volevo andare sui tuoi profili social e scoprire che magari ti vedevi con altre ragazze. Non ero pronta ad affrontare questo e mi piaceva rimanere con il sorriso sulle labbra.
Pochi giorni dopo svegliandomi ho trovato la notifica su face book della tua richiesta d’amicizia e un messaggio privato dove mi chiedevi di vederci per un aperitivo finito il lavoro dicendo che volevi scusarti di essere sparito qualche sera prima. Da quell’aperitivo stiamo insieme e le nostre vite si sono fondate. Ci sono state Parigi, Dublino, Vienna, Amsterdam, Roma … abbiamo visitato ogni borghetto medioevale, castelli e musei che ci venivano in mente. I giri al parco, in bicicletta e al mare. Ogni scusa è stata buona per scoprire il mondo insieme. Le sere invernali passate sotto le coperte a coccolarci, le pizze e le piadine mangiate sul divano mentre ci raccontiamo qualsiasi cosa ci passa per la testa. I cinema insieme con i pop-corn e i peluche che vinci per me dalle macchinette prima che iniziasse il film. Ascoltare in silenzio il temporale e abbracciarci sempre di più ad ogni tuono guardando il cielo fuori dalla finestra.
Sono convinta che tu sei quello giusto perché solo tu sai come rendermi felice in ogni occasione, sai tirarmi su il morale e ascoltarmi quando dico delle cavolate, anche se poi me lo rinfacci che quello che dico non ha senso e che tu saresti quello “piccolo” della coppia. Mi prendi sempre in giro per questi 5 anni di differenza che abbiamo. E poi sei dannatamente bello, l’uomo più bello che conosco. Non so come dirlo ma da ieri sono la donna più felice del mondo ed è solo grazie a te. Hai organizzato il viaggio a New York per queste vacanze di Natale, sapevi che era una vita che volevo andarci e così hai esaudito il mio desiderio. Siamo andati sul Top Of The Rock e vedere dall’alto la città di sera con tutte le sue luci, sulla pista di pattinaggio sul ghiaccio del Rockefeller Center, abbiamo dato da mangiare agli scoiattolini di Central Park, le mezz’ore con la cartina della metro in mano per capire dove andare (e per fortuna che ci sei tu), la visita da Tiffany che mi sembrava di essere Audrey Hepburn, la bellezza del National History Museum, Time Square e tanti altri posti che al momento mi sfuggono ma so che non potrò mai più dimenticare …
Siamo sotto le coperte, in hotel, e ci stiamo perdendo negli occhi dell’altro, pieni d’amore nonostante gli anni che passano e tu rimani sempre il mio bellissimo moro. Oggi abbiamo visitato la S’Patrick Church, Public Library, Grand Central Station e visto il tramonto più bello che si abbatteva sullo skyline di New York mentre facevamo la passeggiata sul ponte di Brooklyn. Le foto, l’amore negli occhi sia per noi che per quello che stiamo vedendo, un amore che si nota, che fa invidia a tanti, un amore che non ha limiti. Arrivati in hotel abbiamo fatto l’amore ed è sempre come se fosse la prima volta.
Mi alzo dal letto e mi metto la tua camicia perché è la prima cosa che ho trovato e mi vado a fare una cioccolata calda da sorseggiare davanti alla splendida vista che abbiamo dalla stanza dell’hotel: l’Empire State Building, con i suoi colori rosso e verde. Mi vieni a fianco e appoggio la testa sul tuo petto e tu dolcemente mi accarezzi i capelli. Non so quanto tempo passiamo così ma con un gesto imprevedibile mi metti davanti al naso una scatolina azzurra, palesemente di Tiffany, la apro e dentro c’è l’anello più fine e bello che possa mai aver visto, d’oro bianco con 3 diamanti piccolissimi che esplodono di luce. Prendi il piccolo anellino e quasi commosso mi chiedi di sposarti mettendolo al mio anulare e io ti dico che non ci sia niente di più meraviglioso che essere eternamente tua il prima possibile. In fondo l’indomani partiamo per Las Vegas prima di tornare a casa e io ho bisogno solo di te.
Durante quel periodo Natalizio non avremo mai potuto pensare che dopo 8 anni ci saremmo davvero trasferiti nella Grande Mela, mai avremo pensato di tornarci davvero. Il tuo lavoro ti ha portato a gestire la nuova sede aziendale a New York, abbiamo un appartamento Brooklyn e il mio lavoro posso gestirlo da casa, in qualsiasi parte del mondo, l’importate è avere il Wi-Fi. Qui dove tu mi hai chiesto di essere mia moglie, dove abbiamo ufficializzato la nostra vita insieme, mi sembra di vivere un sogno.
Ma sappiamo che tutto questo è solo un pezzettino della nostra vita insieme e ci saranno tanti alti e bassi da affrontare, ma se ci sei tu ci sono anche io e viceversa, e insieme nessun ostacolo sarà insuperabile, perché la nostra forza e il nostro amore sono la chiave di una vita meravigliosa.
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#Storia 7 pt.2
Un film per ricominciare
il film era veramente il più palloso della storia, colonne sonore tristi, era pure in bianco e nero, davvero non vedevo l’ora che finisse.
Ovviamente durò 2 ore e mezza.
Uscimmo dalla sala e mi chiese: “é bellissimo il messaggio di questo film non trovi?”
Io volevo solo sparire, non avevo minimamente seguito il filo logico di un film con una ragazza che piangeva, un ragazzo che piangeva, la mamma che piangeva, tutti che piangevano.
Mi venne in mente anche la volta in cui tu piansi, sulla porta...
Di getto le risposi una frase scomposta, senza arrivare ad un punto preciso, temporeggiavo insomma, mentre le lampadine al neon dell’uscita ci illuminavano di una luce rossastra.
Arrivati appena fuori dal cinema ci perdemmo in 4 chiacchere, ma non riuscivo a capirla del tutto, cosi mi giocai un jolly..
“senti, ci andiamo a mangiare qualcosa, un amico ha un ristorante molto carino a pochi km da qui, che ne pensi?”
“verrei volentieri, purtroppo ho l’autobus per tornare a casa ed è l’ultimo è anche molto tardi...”
Avete presente quella sensazione di completa impotenza di fronte a una risposta che non lascia via di scampo? ECCO.
Non volle nemmeno che la accompagnassi alla fermata dell’autobus, non capivo davvero, eppure mi salutò con un sorrisone e un bacio sulla guancia. Non capivo dove avevo sbagliato.
Avevo la faccia da psicopatico? o con 5 dollari pensava che la volessi comprare?
MARTEDÌ
Arrivo in ufficio, John sta distruggendo in sala riunione Paul, indovinate perchè?
Si era dimenticato di chiamare la JYNK Corp., nota azienda giapponese che ci aveva commissionato un’altra app per 5 milioni di dollari.
Affare saltato. Paul saltato. Piano finanziario saltato.
John esce sbattendo la porta imprecando e urlando di prendersi due giorni di pausa, Melanie la sua assistente lo insegue raccogliendo tutti i documenti che lancia per aria, gli stagisti non alzano nemmeno lo sguardo, qualcuno ride, qualcuno fa finta di niente, Kate, la mia segretaria mi fissa come se aspettasse un cazziatone...
Non dico nulla e vado nel mio ufficio mentre Paul...se ne va.
Mi siedo sulla poltrona e sento la pelle della poltrona tirarsi sotto il mio peso, inclino un pò il capo e tiro un lungo sospiro, che settimana di merda mi aspetta.
MERCOLEDÌ
Sono le sei e mezzo, il sole sta tramontando su Charleston, tutti stanno andando via, John non risponde nemmeno al cellulare, Kate mi chiede un permesso per il giorno dopo, annuisco senza nemmeno guardarla.
Rimango solo nel mio ufficio, gli ultimi tiepidi raggi del sole entrano dalle finestre del mio ufficio.
L’ho preso apposta qui, con visuale su un parco, mi mette tranquillità.
Mi vieni in mente, quante volte abbiamo fatto sesso su questo tavolo quando andavo via tutti, quante volte eri dall’altra parte del telefono e mi dicevi di tornare presto a casa, quante volte ancora ti penso.
Non farò mai più il tuo nome.
GIOVEDÌ
Orario di pranzo, Kate non c’è, è in ferie, massacro gli stagisti di compiti per la giornata e mi prendo 3 ore per andare a NY. Devo sbrigare delle commissioni.
Mentre guido sono stranamente felice.
Per un momento ripenso a Caroline, chissà se la vedrò ancora.
Anche questa giornata passa in fretta, sto quasi cadendo nella monotonia, non passo nemmeno dall’ufficio, chiamo il guardiano e gli dico di chiudere tutto.
Era fidato. Un signorotto di 58 anni che veniva dal Texas, poche passioni, belle donne e birra. ma sopratutto birra.
Arrivo a casa, finalmente, mi faccio una lunga doccia, mentre mi rilasso sento squillare il telefono, cerco di asciugarmi alla buona e corro.
“Ehi abbiamo chiuso un affare milionario, quelli di Goklm hanno saputo dell’affare saltato e si sono proposti al doppio della cifra! dobbiamo festeggiare!”
Era John che mi chiamava in delirio di onnipotenza, era a las vegas, festeggiava ancora prima della firma del contratto, ma portava sempre bene quindi glielo facevo fare, mi dice che prenota dei biglietti anche per me e devo raggiungerlo subito, c’è un’amica di Celine per me.
Rido e dico a John che avremmo festeggiato al ritorno.
Mentre accendo il proiettore, mi arriva un messaggio automatico dalla banca, accredito di 150.000 dollari dal conto della società.
Rido, John festeggiava cosi in anticipo dandomi e dandoci delle quote su affari ancora non chiusi.
Mi siedo sul divano e affondo i piedi nel tappeto orientale che mi comprò mia madre, si ha arredato la casa con me, figuriamoci. sono riuscito a scegliere solo location e toni delle stanze.
Vivevo in un loft all’ultimo piano di una palazzina borghese, era un pò la mia tana, open space, finestre stile americano sulla 54esima strada, parquet italiano, cucina nera e quadri di vario tipo.
Ero molto minimalista, poche cose ma ordinate, mi piaceva il lusso non visibile, contando che solo l’appartamento mi era costano quasi 800.000 dollari tra acquisto e ristrutturazione.
Ma i soldi, come detto prima non erano un problema e li gestivo bene, non avevo vizi ne grilli per la testa, bella casa, bella macchina e vacanze nei posti giusti, una vita tranquilla nel mio letto ad acqua preso in Giappone in un momento di completa pazzia.
Bene sono un 22enne annoiato con 150.000 dollari freschi sul conto cosa faccio? NIENTE
Apro facebook. Cazzeggio, commento foto, guardo video di gatti...
Finchè non mi viene un idea...CAROLINE.
Posso cercarla su facebook! Ovviamente la ricerca solo del nome mi porta a milioni di risultati, cosi cerco di fare una geolocalizzazione, sperando almeno di restringere il campo, ovviamente tra le ragazze di Charleston non la trovo.
In realtà ancora non sapevo perchè mi incuriosisse cosi tanto, Sapevo solo che avevo ancora il suo profumo di pesca ancora in testa.
Ora, non so voi, ma io credo nel destino, dopo quasi 1 ora di ricerca, ancora non la trovavo, mi ero quasi arreso.. finchè...
AGHATA, quel film ultra palloso che mi ero sorbito solo per lei, sicuro sarà tipo fan della pagina, o dell’autore, o dello sceneggiatore o di qualsiasi persona che ha partecipato alla creazione di quel film.
MIRACOLO.
Scorgo un viso quasi noto tra le valutazioni del film sulla pagina ufficiale
Caroline Westrem, eterocromica, capelli legati e studentessa. Trovata.
Profilo più blindato di una banca, va bene lo stesso. La aggiungo immediatamente agli amici.
Era molto tardi e sapevo che non sarebbe successo niente di li a poco, cosi vado a letto speranzoso l’indomani di leggere una sua notifica.
VENERDÌ
Il cinguettio degli uccellini mi sveglia 5 minuti prima della sveglia, il sole entra da uno spiraglio della finestra che avevo lasciato scoperto.
Mi alzo e vado verso la cucina, mi preparo un buon caffè brasiliano aromatizzato alla vaniglia, eh si, qualche chicca lasciatemela, e addento un cornetto al cioccolato.
Mi ricordo della richiesta inviata a Caroline, prendo il cellulare, ancora niente, solo messaggi di lavoro. Uffa.
In ufficio il clima è sereno, John ha un nuovo schiavetto, Jimmy, sembra più sveglio, speriamo, Kate mi saluta sorridendo, la trattavo come un’amica e lei era felice e lavorava bene per me, eravamo tutti contenti per il nuovo affare che avrebbe lanciato la società ancora più in alto.
Finisco la riunione delle undici e mezza, ormai è pranzo, mi slego la cravatta, faceva veramente caldo, era afoso in ufficio, batteva perennemente il sole, decido di mangiare qualcosa in un bar e approfittarne per farne una passeggiata e chiamare mia madre per organizzare il week end.
Come al solito mia madre mi tiene al telefono più del dovuto, mentre cerco di camminare tra i bambini che escono dalla scuola sulla 3 strada, non sentivo nemmeno cosa mi diceva, rispondevo solo “ok” “si domani torno” “si ho mangiato” “Ok” “si” e ancora “Ok”... classica telefonata.
Ad un tratto dell’altra parte della strada, in un bar con il free wifi scritti a caratteri cubitali sulla facciata, noto una ragazza con i capelli raccolti...non ci credo è CAROLINE.
Riaggancio a mia madre senza pensarci, e attraverso la strada.
Ma perchè poi? cosa pensavo di fare? mi aveva già mezzo rifiutato una volta perchè continuare...già perchè continuare..mi dicevi.
Entro nel bar e lei era seduta nei tavoli rettangolari che danno sulla strada, stava scrivendo al computer.
“ehi Caroline, ma che ci fai qui?”
“Dylan! ma che piacere! Sto scrivendo un articolo e tu?”
ma come si ricorda ancora il mio nome? poi mi snobba, va bhè, le donne.
Mi siedo e parliamo del più e del meno, di cosa studia lei, giornalismo, di quanto sia difficile e altre cose su di lei, noto che non mi fa domande.
Cosi le chiesi: “Ieri ti ho aggiunto su facebook.. ma forse non hai visto!”
SBAM, altra figura di merda, ma come fai a non vedere che il sito ti invia una notifica anche sul cellulare.. partiamo malissimo.
“No l’ho visto invece. Però Dylan, mi dispiace ma..siamo troppo diversi, non so nemmeno come spiegartelo, è complicato.”
Era surreale, non c’era modo e mi bloccava anche solo per una richiesta di amicizia, davvero non sapevo nemmeno cosa risponderle.
le chiesi un minimo di aiutarmi a capire o se avessi sbagliato qualcosa nei comportamenti e potevo averla offesa in qualche modo.
“No Dylan, figurati tu sei stato sempre carinissimo con me, ma davvero preferirei cosi, non voglio crearti problemi.”
Davvero ero scioccato, ma di fronte a tanto ostinazione e nessun’altra informazioni non potevo fare altro che arrendermi.
“Ok, non posso sapere chi sei, ma almeno se hai voglia di parlare o anche vedere un film noiosissimo di cui ancora non ho capito niente, scrivimi.”
Mentre le scrivevo il numero su un pezzettino di un tovagliolo, scorsi un sorriso frenato sul suo volto, si sposto i capelli dietro le orecchie e mi disse “Lo farò.”
Passarono 4 giorni, niente.
Non ho avuto nessun cenno da parte sua, eppure quegli occhi mi nascondevano qualcosa.
Noi uomini siamo così, quando non capiamo una cosa, cominciamo ad impazzire, specialmente un rifiuto non spiegato.
Caroline aveva quel non so che, classe, femminilità nelle movenze, lessico di una persona che aveva studiato, occhi profondi come l’oceano, aveva qualcosa da raccontarmi e io volevo saperlo.
E in più mi piaceva un casino, guanciotte piene, mento appena appena marcato, i capelli le cadevano perfettamente sugli zigomi e avevano dei riflessi dorati vicino alle punte, aveva delle mani bellissime e curate, e ancora mi ricordo di quel vestito nero del cinema, sottolineava le sue forme.
Non capivo perchè portasse sempre i capelli legati.
Era semplice, anche nell’abbigliamento mi colpiva molto.
Rigorosamente stivaletti neri, leggins neri e una camicia celeste con una canotta bianca, portava un bracciale sottilissimo e dorato al polso sinistro, mentre al destro aveva una specie di corda, quelle per i bracciali per intenderci, ma legata più volte intorno al polso.
Ma io riuscivo solo a perdermi nel suo maledetto profumo che mi colpiva dritto al cuore ogni volta.
Dicono che i profumi che ti colpiscono entrano dritti dentro fino all’anima e penso che lei abbia fatto esattamente questo con me.
i suoi sguardi mi colpivano nel profondo, come quando visiti un posto per la prima volta e rimani a fissare il panorama imbambolato, io mi sentivo cosi ogni volta che lei mi guardava, nei suoi occhi vedevo le emozioni che mi erano mancate da tempo.
Basta devo avere un’altra occasione. Sono ricco e ho i mezzi, è ora di usarli e da chi vado subito secondo voi?
“Kate, come faccio a conoscere una ragazza di cui so solo il nome e nient’altro senza finire in galera per stalking?”
“Ehm.. Dylan, in che senso?”
“Mi servono informazioni su una ragazza, non importa come o quanto costa, devo sapere” sembravo un pazzo psicopatico.
Nel giro di due ora nel mio studio si presenta un tizio che afferma di avere una società di spionaggio matrimoniale e quindi può ottenere facilmente informazioni. Non ho voluto sapere nient’altro. Io chiesi solo l’indirizzo di casa, volevo presentarmi la e parlare con lei. Quindi niente di troppo illegale no?
Due giorni dopo, di rientro da una sessione dal massaggiatore, trovo dei documenti sulla mia scrivania.
“risultato indagini” erano le informazioni che avevo chiesto. Finalmente.
Non so bene se fosse una cosa giusta o sbagliata, ma mi ero ripromesso di non perdere più occasioni, di volermi bene e seguire il mio cuore, mi ero ripromesso di inseguire le mie emozioni e non di soffocarle. Questa volta non volevo mollare, non come hai fatto tu con me.
Esco dall’ufficio alle otto e tre quarti, fuori è buio ed è ormai sabato, non avevo niente da fare e cosi decisi di andare all’indirizzo scritto nei documenti.
Sarà uscita, al rientro forse se sono fortunato potrei incontrarla per sbaglio, mi piazzo in qualche bar, qualche locale che ci sarà li vicino e aspetto.
Mi sbagliavo alla grande.
L’indirizzo indicato non esisteva sul mio navigatore, mi trovava la cittadina, Hamden, ma non la via, girovago per qualche minuto, ma era tutto chiuso, ero un pò spaesato e anche incosciente, recarmi ad un’indirizzo datomi da un fantomatico investigatore, da solo, essendo a capo da una società milionaria.
Trovo una signora ad un distributore automatico e chiedo informazioni, mi dice che l’indirizzo che sto cercando è ai confini della città dove inizia la statale.
Bene mi reco subito sul luogo, non mi ero accorto che avevo gia fatto due ore di strada ed erano quasi le 11.
Mentre esco dalla città, noto un certo degrato, non era come Charleston, qui era davvero quasi tutto abbandonato, cosa ci faceva una come Caroline qui?
Intravedo una stradina quasi sterrata che imbocca nella statale, vedo anche un cartello di legno “ bredley street”.
Ecco era l’indirizzo, almeno credevo. Di fronte a me una casa in legno, decisamente messa male, un capanno semi distrutto e oggetti sparsi ovunque per il giardino.
Era l’ultima casa in fondo alla statale che usciva da Hamden e andava a Tuchson, praticamente lontano da tutto.
Non trovavo il collegamento tra quella studentessa che non usciva dalla mia testa e tutto questo contesto. Era strano.
Parcheggio all’inizio del vialetto con il muso rivolto alla statale, sia per scappare sia per vedere se Caroline si fosse materializzata, e spengo la macchina.
Dopo circa mezz’ora di noia e rumori abbastanza molesti tutt’intorno, scorgo una sagoma nera che cammina nella mia direzione lungo la statale, capisco che è una ragazza e cosi accendo i fari dell’auto che illuminano la sagoma e scendo.
Era lei, Caroline, capelli arruffati, giubbotto chiuso fin sotto il mento e tuta, non il massimo ma era comunque carina.
Più che altro sembrava davvero distrutta, ma cosa fa questa ragazza la super eroina a caccia di criminali?
“Ehi caroline! ciao sono Dylan!”
“Dylan?? ma sei pazzo? che cazzo ci fai qui?”
Bhè non era esattamente l’accoglienza che avevo previsto. Pensavo le facesse piacere una sorpresa
“Sei impazzito? come mi hai trovato? ti avevo detto che....”
“ehi ehi calmati, visto che non mi hai chiamato avevo piacere a vederti, tutto qui! pensavo fosse un gesto carino”
“Carino un cazzo Dylan! tu non sai nulla, non dovresti nemmeno essere qui!”
Avevo fatto un errore madornale, ma cosa pensavo di ottenere presentandomi a casa di una sconosciuta?
“Dylan devi andare via sul serio, non puoi stare qui”
Discutemmo per qualche minuto, volevo solo farle capire che non ero uno psicopatico, ma volevo solo vederla.
I suoi occhioni metà verdi metà nocciola, immersi nelle lacrime mi implorarono di andarmene subito, non avevo scelto, acconsentii.
Se ne andò senza nemmeno guardami in faccia, ero distrutto, la vita mi aveva messo di fronte a una cosa cosi bella dopo tanto tempo e ora me la toglieva in questo modo meschino.
Salgo in auto, non parto, sto fisso con gli occhi sulla strada.
nella mia mente un susseguirsi di pensieri contorti, non ho un focus preciso, sono in preda ad emozioni contrastanti, non riesco a pensare lucidamente.
Eppure c’era qualcosa che non quadrava, che mi diceva di non andarmene da lì.
Decisi per la scelta che poteva distruggere tutto, anche la mia vita.
Scesi dall’auto e in preda ad un’adrenalina pazzesca, decisi di spiare dalla finestra, se piangeva c’era un motivo, doveva essere un motivo.
Mi avvicino lentamente, cercando di non fare rumore, mi accosto alla finestra della cucina dal lato sinistro della casa, un piccola lampadina illumina la cucina di piastrelle rosse bianche con una strana fantasia, sul tavolo qualche frutto e due piatti, c’erano scatole e barattoli aperti ovunque, e due casse di birra al fianco del frigorifero. Ma non vedevo nient’altro, dalla porta scorgevo solo un’angolo del divano e un mobile.
Capisco che il salotto è dall’altra parte e mentre cerco di fare il giro della casa sento un tonfo proveniente dal piano di sopra, mi paralizzo, silenzio, ancora silenzio, riprendo a camminare, avevo quasi finito il giro intorno alla casa ero a pochi metri dalla finestra, quando sento sbattere violentemente una porta.
Iniziale le urla, un casino assordante, non so cosa fare, mi avvicino piano alla finestra.....è un’inferno.
La tele è accesa, c’è sporcizia ovunque, dalla finestra chiusa trapassa un odore nauseabondo di umido e chiuso, ci sono cartoni della pizza a terra e anche qualche bicchiere rotto, era come se nessuno mettesse piede in quel salotto da settimane, forse mesi.
Mi appoggio con le spalle al muro per calmare la respirazione, ero in ansia, avevo paura e non capivo cosa stessi facendo, le urla al piano di sopra si fanno davvero pesanti ma non capisco cosa dicono, dalle scale sento dei passi, sbate violentemente una porta, mi accuccio per terra, sento il van che si accende mette in moto e va via di fretta.
Silenzio, nessun rumore per qualche minuto, altri passi dalle scale interne, mi accosto leggermente alla finestra giusto per intravedere qualcosa.
L’immagine che sta per seguire, turba ancora i miei sogni, come un fulmine a ciel sereno, qualcosa che non ti aspetti.
Caroline è seduto sul divano, con la testa tra le mani, in lacrime.
Non vedo altro, piange, li da sola, ma non capisco il motivo, finchè non si tira su e mentre si asciuga le lacrime con le maniche della felpa noto sul suo volto un livido rosso vicino alla tempia destra.
Panico, non so cosa fare, entrare potrebbe anche essere violazione di domicilio, se quello fosse stato il suo ragazzo? magari avevano litigato, magari ha sbattuto contro la porta (certo) un susseguirsi di ipotesi che mi fecero uscire pazzo, corsi alla mia Bmw e misi immediatamente in moto, grazie a dio il mio parcheggio ai bordi del vialetto non risulto sospetto e non diede nell’occhio.
Mentre guido non riesco nemmeno a pensare, anzi si, penso solo a una cosa, quello di Caroline non era un rifiuto ma una richiesta di aiuto.
fine parte 2
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Risveglio (di Dakinistories)
Ma come? Viene a trovarmi la prossima settimana dopo 3 mesi che ci sentiamo solo in chat? E come faccio ora? Devo trovare una soluzione.
Ripercorro mentalmente tutte le bugie che ho raccontato durante le nostre chiacchere bollenti e ne saggio la gravità.
Per prima cosa l’età, mi sono tolta dieci anni ma, pensandoci bene, non credo che questo possa essere grave. Porto bene i miei 40 ed in ogni caso sono certa che non si farà tutta questa strada per venire a leggere la mia carta d’identità.
Poi, ho accuratamente omesso di avere un figlio, un’informazione che ho ritenuto non necessaria durante le nostre chat ma che nella vita reale conta, conta moltissimo. Contano i segni lasciati sulla mia pancia, gli impegni improvvisi e le preoccupazioni che solo una madre può capire e, ad essere pratica, soprattutto conta che se voglio essere libera devo trovare un modo per organizzarmi.
Essere libera per cosa poi? Mi fermo un attimo a pensare e mi chiedo cosa voglio io, se davvero lo voglio incontrare. Non importa quante volte ci siamo detti quanto avremmo bramato un contatto di vera pelle, quando il sangue ribolle si dicono molte cose, si crede anche che siano vere perché, si sa, nell’universo parallelo fatto di parole luminose su un piccolo schermo tutto è possibile.
Ed è per questo che per 3 mesi è andata così bene. Intesa, complicità, comprensione come non le ho mai conosciute con nessun uomo. Su internet si può trovare compagnia dietro a ogni profilo ma con lui è stato diverso fin da subito. Mi ha sorpreso con la sapiente arte di usare le parole nel modo giusto, aprendosi un varco diretto nelle mie emozioni. Mi ha colpito la capacità di rispettare i tempi e mi ha rapito il modo innato di accendere il desiderio stimolando la mia mente. Mi sono lasciata svelare poco alla volta, un giorno dopo l’altro ho condiviso qualche dettaglio personale in più e lui ne ha fatto tesoro, disegnando una mappa accurata di me che mi ha spinto alla curiosità di conoscerlo e alla voglia di passare altro tempo con lui. Ho iniziato così ad aspettare con ansia che venisse sera, che tutti i lavori fossero conclusi, tutti i miei affetti sistemati e che io potessi finalmente chiudermi in camera e accedere al mio piccolo mondo fatto di sospiri, gemiti ed emozioni liquide.
Ci sono volute settimane perché io prendessi il coraggio di accendere anche la fotocamera e realizzare quei primi scatti goffi che ai suoi occhi erano meraviglia. È riuscito a sentire tutta la paura che si cela dietro a una prima volta e l’ha accolta con delicatezza, saziandosi con pazienza. All’inizio erano solo immagini di dettagli, poi sono diventati squarci di pelle esposta e nell’ultima settimana è accaduto qualcosa di nuovo, ancora più coraggioso: gli ho mandato un breve video che ha segnato uno dei momenti più erotici della mia vita. Solo a ripensarci una scossa elettrica attraversa la mia spina dorsale e infiamma le mie gambe. Lui ha saputo essere paziente e sfrontato nella giusta misura, ogni volta ha tastato il terreno per capire quanto poteva chiedere e quanto poteva dare e ne ha sempre trovato la dose perfetta, fino ad ora.
Godiamo insieme sì trovando anche il modo di scambiarci tenerezze. Difficile da spiegare ma riesce sempre a trovare la chiave giusta per lavare via quel senso di vergogna così ben radicato nella mia testa.
Un rapporto speciale il nostro. Mi sono chiesta innumerevoli volte quante e quali donne avessero il mio stesso privilegio, non sono così ingenua da pensare di essere l’unica, nonostante lui me lo ripeta di continuo. Mi rassicura e in quei momenti mi sciolgo e gli credo, per poi svegliarmi il mattino seguente sentendomi la solita sciocca romantica.
È stata ed ancora è, la mia piccola favola personale dopo tanti rapporti falliti nel mondo vero. Ho sempre saputo che quello che viviamo non è reale ma è esattamente questo che lo rende perfetto. Funziona perché tra di noi c’è lo spazio di Roma-Milano e uno schermo concreto a fare da barriera alle nostre insicurezze. Con lui, mi lascio andare completamente togliendo la maschera dell’autocontrollo che in questi anni ho costruito per difendermi ed è questa la mia bugia peggiore, quella che non so giustificare: la vera me.
Vuole venire qui per incontrare la pantera selvaggia che con le sue fantasie sconce e lascive l’ha intrattenuto tutte le sere negli ultimi 3 mesi. Non vede l’ora di sperimentare tutte quelle posizioni spinte che le mie dita hanno saputo raccontare sapientemente e impazzisce dalla voglia di sentirmi urlare di piacere. E invece cosa accadrà, quando troverà me, un gattino spelacchiato che non ha mai provato un orgasmo durante il sesso né tantomeno ha mai saputo sentirlo esplodere dentro di sé.
Il panico mi assale, ora devo trovare una soluzione. Non sarà difficile inventare una scusa, una balla credibile e ben confezionata si sta già facendo strada nella mia mente.
Fatto. Soluzione trovata. Evviva!
Già, ma perché invece di sentirmi sollevata mi è piombato addosso un senso di sconfitta?
E se questa volta il pericolo lo facessimo entrare in casa? Suggerisce la voce del mio alter ego sfrontato alla mia parte spaventata. Se per una fottutissima volta togliessimo il freno mano a questa vita e ci lasciassimo andare e provassimo a vivere?
Si tratterebbe poi di una notte. Inizio a cedere.
Mi alzo dal divano da dove stavo elucubrando sulla mia vita e finalmente rispondo al suo messaggio. Metto l’indirizzo e scrivo “Ti aspetto”.
Inviato, la spunta è diventata blu. Ommiddio!
Me lo immagino mentre legge sorpreso la mia conferma e si prepara al viaggio. Ho una settimana di tempo per correre ai ripari dopo 3 anni di trascuratezza, una missione impossibile. Mi guardo allo specchio e con un sorriso decido che per una volta posso concentrami su ciò che va bene invece che sui difetti. Mi fermo sugli occhi, lucidi di emozione e di attesa, mi basta questo per capire che forse sono finalmente pronta a mettermi di nuovo in gioco.
Ancora intenta nella mia analisi sento la notifica del messaggio di risposta e il mio cuore salta un battito: dall’anteprima leggo “e se fossi già lì?”. Panico! Non è possibile che sia già qui, non gli ho mai dato il mio indirizzo e mentre il mio cervello vaglia tutte le ipotesi possibili sento il campanello suonare. Con le gambe che tremano mi avvicino alla porta e con il cuore in gola guardo attraverso lo spioncino, fortunatamente, dal pianerottolo riconosco il viso del mio vicino di casa.
Mi rilasso con un lungo sospiro e un velo di delusione mi attraversa. Che cosa stavo pensando? Come ho fatto a non capire che il suo era un messaggio figurato e provocatorio.
Sono stizzita dalla mia stessa illusione, apro la porta controvoglia e saluto in modo brusco.
È venuto ad abitare qui solo qualche mese fa, non lo conosco molto, solo qualche scambio di parola in cortile e un paio di cortesie quando entrambi avevamo finito lo zucchero. In realtà è un bel tipo, più o meno della mia età, fisico prestante. Mi è capitato di spiarlo mentre si allenava e devo ammettere che i suoi muscoli torniti mi hanno evocato interessanti fantasie, in un’altra occasione sarei stata più cordiale ma in questo momento i miei nervi a fior di pelle mi impediscono di seguire i giusti protocolli di socialità.
“Posso aiutarti?” Chiedo con un gran voglia che se ne vada in fretta.
Lui mi fissa con uno sguardo intenso che non riesco a decifrare e non risponde.
“ Hai bisogno ancora di zucchero?” chiedo di nuovo e lui sorride, annuisce e si scusa mentre io lo invito ad entrare. Inizio a provare uno strano disagio e mi affretto a riempire un piccolo barattolo quando con la coda dell’occhio lo vedo digitare sul cellulare. Nello stesso istante una notifica squilla sul mio e la leggo chiara sullo schermo: “Grazie ma magari allo zucchero pensiamo dopo”
La mia testa inizia a girare per la confusione, alzo lo sguardo e lo osservo ammutolita, lui è impassibile.
“Non sapevo come dirtelo ma se vuoi ti spiego tutto” dice finalmente cercando di svegliarmi dal mio stato di apatia.
La mente è già partita con una lunga serie di ipotesi complottistiche che mi fanno rabbrividire, il panico mi attraversa di nuovo e perdo l’equilibrio. Con un gesto sicuro, mi sorregge e prende le mie mani tra le sue, io non riesco più a pensare ma avverto solo un forte calore che si diffonde ovunque.
Mi costringo a guardarlo negli occhi e piano nella mia testa sovrappongo l’immagine del mio amante sconosciuto al viso di questo uomo gentile che abita solo una porta accanto alla mia. Gli ingranaggi del mio cervello si mettono in moto e iniziano a collegare tutte quelle coincidenze che tanto mi avevano sorpreso durante questi mesi. Non era bravo a prevedere o a sentire, come pensavo io, lui semplicemente sapeva. Sapeva dove ero, cosa stavo facendo e che musica stavo ascoltando. Il senso di tradimento mi inonda tutta e il mio corpo inizia a tremare. I suoi occhi cercano i miei mentre stringe ancora le mie mani nelle sue, incredibilmente, c’è qualcosa nella calma del suo sguardo che mi infonde un moto di fiducia. Decido, per una volta nella vita di ascoltare la mia pancia e propongo un caffè, dopotutto questa storia la voglia ascoltare.
Lui si accomoda, parla, spiega. Non sapeva all’inizio che la donna della chat ero io, l’ha capito in seguito. Aveva impostato una ricerca geografica perché cercava qualcuno da frequentare nelle vicinanze, non solo su internet. Mi spiega di non avermi mai detto di abitare a Roma ma solo che durante la nostra prima chat era lì che si trovava ma poi ammette di aver giocato su questo fraintendimento. Mi giura che non mi ha mai spiato e che lui per primo ha pensato che fosse una coincidenza assurda anche per un film d’amore di serie B. Confessa che stava per smettere di scrivermi ma che tutto quello che ci siamo detti in questi mesi l‘ha colpito, la nostra intesa è stata unica fin da subito e non voleva perderla. Ecco perché mi ha chiesto di vederci, voleva dirmi la verità.
Io lo ascolto, combattuta tra la voglia di credere a tutto e la mia abitudine a diffidare ma mi rendo conto di aver perso tratti del suo discorso, mi sono distratta, persa a collegare 3 mesi di parole infuocate alla carne e al sangue vivo e pulsante seduto di fronte a me. La mia stessa mente mi tradisce mandandomi flash del suo membro eccitato avvolto dal suo piacere.
Inizio a sciogliermi contro la mia volontà.
Grazie a uno di questi momenti di distrazione si avvicina, leggendo la mia esitazione e trovando uno spiraglio nella corazza di diffidenza che si stava costruendo.
“Sono sempre io” sussurra con quella voce roca che riconosco dai messaggi vocali, con quella nota calda che mi ha fatto vibrare di desiderio tante volte. Il suo viso è a pochi centimetri, il suo fiato arriva umido al mio collo che si piega alla sua volontà e con una lunga inspirazione lo sento annusare il mio odore. Un leggero mugolio esce dalla sua gola e mentre una mano accarezza la mia guancia in fiamme, il calore viaggia lungo tutto il mio corpo scendendo ad incendiare le mie cosce. Le sue labbra si appoggiano con lentezza esasperante sulle mie. Il suo sapore sulla mia lingua fa esplodere tutti i miei sensi riportando vecchie memorie in superficie e i bollori di notti lunghissime passate a toccare il mio corpo sognando queste stesse labbra riemergono prepotenti. Il contatto tra i nostri corpi ha spazzato via la razionalità, l’autocontrollo e tutta la prudenza generando un desiderio incontenibile. Tutta la curiosità di esplorarci si traduce in mani operose, morsi affamati e lingue incandescenti. I nostri corpi già si conoscono. Le nostre menti già si possiedono. Mi solleva in un abbraccio audace e dai nostri bacini intrecciati sento la sua erezione spingere sfacciata. Il tavolo diventa il campo di questa prima battaglia che è solo preludio di una notte che non finirà tanto presto. Non c’è il tempo di spogliarci ma solo la voglia di prenderci, di vivere finalmente questa carne che è uscita dall’etere e si è fatta lussuria. Slaccio con foga i suoi pantaloni per estrarre quel sesso duro e gonfio che ho desiderato tenere tra le mie mani innumerevoli volte, lo sento umido tra le mie dita e il mio corpo risponde bagnandosi di attesa. Lui risponde alla mia urgenza sfilando i miei jeans e affondando la sua rigida virilità dentro una me che non riconosco. Il piacere mi avvolge completamente, sento crescere dentro il ruggito della pantera che mi ha sempre abitato ma che nessun uomo è mai riuscito a liberare. Ansimo, gemo e godo senza riserve, completamente persa in questo amplesso animale. Il mio bacino ruota in modo compulsivo accogliendo questo uomo che ha trasformato le mie incertezze in verità. Le sue mani vagano ovunque sul mio corpo riconoscendo una strada che tante volte gli è stata indicata proprio da me e sono proprio le sue dita che si muovono alla ricerca del piacere ripercorrendo i sentieri lungo le mie pieghe come io stessa gli ho mostrato dietro uno schermo. Non ho mai sperimentato un sesso così, fatto di conoscenza, ascolto e bramosia. La mia testa finalmente tace, rimane solo il suono delle mie urla che riempiono la stanza e il calore di questo profondo orgasmo che mi fa perdere il senso della realtà. Intravedo il suo sorriso beato, l’orgoglio di avermi domato regalandomi questo piacere così forte. Due ultimi colpi li tiene per sé, per esplodere il suo seme caldo sul mio ventre e rilassarsi subito dopo. Lo osservo ancora ansante e confusa e decido che per una volta ha vinto il corpo. Sospendo ogni giudizio, ogni riserva e lo guardo con sfida.
Un ruggito giocoso esce dalle mie labbra che ancora lo cercano, adesso che ha svegliato il felino dentro di me…non può sfuggire alla mia caccia.
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