#II guerra mondiale
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iannozzigiuseppe · 28 days ago
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Il fabbro di Ortigia - Giuseppe Raudino - Bibliotheka Edizioni
Il fabbro di Ortigia Giuseppe Raudino Bibliotheka Edizioni Ortigia, anni ‘20. Currò, figlio del fabbro, vive la sua infanzia alla periferia del Regno d’Italia, fra bellezza e miseria, provincialismo e gloria. Da bambino assiste alla visita in città del re Vittorio Emanuele III, e respira la sempre più soffocante attività di indottrinamento fascista. Sullo sfondo, la radio e i giornali riportano…
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aneddoticamagazinestuff · 6 years ago
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L'epopea degli sfollati nella II guerra mondiale.
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L'epopea degli sfollati nella II guerra mondiale.
Fatti e testimonianze di una tragedia poco conosciuta
Una tragedia senza voce, che gli storici hanno sempre ignorato: l’epopea degli sfollati garfagnini durante la II guerra mondiale. Un dramma che vide migliaia di garfagnini, toscani e anche persone da molte altre zone d’Italia rifugiarsi sulle nostre montagne per sfuggire agli incessanti bombardamenti alleati e agli orrori della guerra. I dati raccolti portano numeri spaventosi, ma le situazioni erano ancora peggiori, la fame e le malattie la facevano da padrona, ed ecco allora le emozionanti testimonianze di chi al tempo abbandonò la propria casa, i propri averi e talvolta i propri cari per trovare riparo altrove…
  La definizione che da il vocabolario della parola “sfollato” è netta e precisa, non lascia ombra di dubbio sul significato di questo termine: “Persona che ha dovuto abbandonare la propria residenza o il proprio centro abitato a causa di una guerra, di una calamità naturale o per motivi di sicurezza”. Ad oggi, o perlomeno dagli ultimi dati aggiornati di fine 2017 dall’Unchr (l’agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati) gli sfollati nel mondo sono circa 68 milioni. Solo nel 2017 le persone costrette a fuggire di casa a causa di guerre e persecuzioni sono state più di 16 milioni, un numero enorme che (spiega l’O.N.U) equivale a 44.500 persone sfollate al giorno o una persona sfollata ogni due secondi. A pesare sul numero delle persone in fuga lo scorso anno sono stati in particolare la crisi nella Repubblica Democratica del Congo, la guerra in Sudan e il trasferimento in Bangladesh di centinaia di migliaia di rifugiati di persone di etnia rohingya provenienti dal Myanmar.
Agenzia delle Nazioni Unite per il rifugiato
Luoghi ed esseri umani lontani questi, di cui forse nemmeno conosciamo il nome del loro Paese di provenienza o della loro etnia, eppure anche noi italiani siamo stati “sfollati”, anche noi abbiamo conosciuto l’oltraggio e il dolore di lasciare la propria casa, le proprie abitudini per rifugiarsi altrove. Sono passati più di settanta anni da quei giorni, quando la seconda guerra mondiale travolse con una violenza massiccia centinaia di migliaia di civili. Moltissime città furono distrutte dai bombardamenti incessanti, la popolazione era sconvolta dalla paura e dall’avanzata di due eserciti contrapposti, la gente oramai era ridotta alla fame, costretta a vivere ammucchiata in ricoveri di fortuna o ancora peggio costretta a spostarsi verso zone ignote. Questi sono gli sfollati della seconda guerra mondiale, un numero elevato, più di due milioni di italiani, di donne, di bambini, anziani, uomini inadatti all’uso delle armi, vissero un’esperienza al limite dell’esilio, colpita dall’umiliazione e dalla privazione degli affetti più cari. Una tragedia senza voce e nonostante l’importanza di questo fenomeno, gli storici non hanno mai voluto approfondire questo argomento che segnò per sempre la vita di molti. Ad oggi ci rimangono però le testimonianze di coloro che vissero questa tragedia, ci rimangono le parole di molti garfagnini che vissero sulla propria pelle questo dramma. La Garfagnana fu infatti una delle zone più colpite da questi avvenimenti; la morfologia delle nostre montagne  era l’ideale per fornire rifugio e riparo dalle bombe e dalle violenze della guerra, la nostra terra non fu in realtà ricovero per i soli garfagnini, ma per moltissima altra gente che proveniva dalle città di tutta la Toscana e da molte altre zone d’Italia.
Castelnuovo Garfagnana bombardata
La situazione di fatto cominciò a peggiorare drasticamente a partire dal 1943, quando in molte città iniziarono i bombardamenti più insistenti, molte persone presero la decisione di fuggire in Garfagnana in cerca di un rifugio e di una relativa tranquillità, non sospettando poi di rimanere intrappolati in una morsa letale, di li a pochi mesi il fronte si attesterà nella valle, americani e tedeschi si affronteranno senza esclusione di colpi sulla celeberrima Linea Gotica. Nel corso del 1944 proprio sulla base di questi eventi bellici tutta la provincia fu presa dal panico totale quando si profilò l’intenzione di uno sfollamento generale di tutta la popolazione. Trecentosessantamila civili si sarebbero dovuti spostare per destinazioni ignote per far combattere liberamente i due eserciti, il piano non fu poi attuato per la difficoltà dell’operazione, ma la cosa non cambiò di molto se gli sfollati nel novembre ’43 a Castelnuovo erano già 676, provenivano non solo dalle città vicine come Lucca, Firenze, Livorno, Pisa e La Spezia ma da altre città della penisola come Roma, Torino, Cagliari, Bolzano, Varese, Verona. Ma anche gli stessi castelnuovesi abbandonarono la loro cittadina, rendendola letteralmente un  paese fantasma, la popolazione lasciò le case e i propri beni in cerca di riparo nei paesi ritenuti più sicuri, alloggiando presso parenti o amici, ma non mancò chi anche trovò riparo in metati, capanne, chiese, gallerie ferroviarie o addirittura nelle grotte:- Tutti fuggono dalle loro case– scrisse Don Gigliante Maffei, parroco di Torrite- lasciando lauta preda agli ottimi predoni tedeschi e agli sciacalli italiani che si fanno spie e traditori del poco bene nascosto dai castelnuovesi sfollati-.  Il commissario prefettizio Guerrini nell’agosto 1944 denunciava già un emergenza umanitaria in tutta la Garfagnana:- …terminate tutte le scorte di viveri e di denaro, al momento non si può fronteggiare la situazione. Mancano viveri (il prodotto della farina dolce, l’unica risorsa della zona, anche quest’anno è rimasto minimo perchè danneggiata dal maltempo), vestiario, specialmente calzature e fondi liquidi per sussidiare i meno abbienti. A quanto sopra si aggiunga una forma epidemica tifoidale…-.
Oltre 600 sfollati erano giunti anche a Castiglione, provenienti per la maggioranza da Livorno e Viareggio, gran parte di questi erano nullatenenti, la stessa amministrazione comunale cercava di fare il possibile per aiutare la popolazione e gli sfollati, il reperimento del cibo come visto era problematico, trovare le medicine per gli ammalati era quasi impossibile. Nel resto della valle la situazione era identica, pure a Gallicano e a Sillano gli sfollati erano più di 600, 55 a Vergemoli, a Molazzana svariate decine. A Giuncugnano il comune metteva a disposizione degli sfollati stessi 25 case, insomma, si calcola che fra il 1943 e il 1944 in Garfagnana vi siano stati stabilmente circa 5.000 rifugiati. Come detto a memoria di tutto questo rimangono ancora vive le testimonianze indimenticabili che ha raccolto Tommaso Teora nel suo bel libro “Storie di guerra vissuta”. Lei è Tagliasacchi Teresa di Castelnuovo Garfagnana al tempo era una ragazza di diciassettenne anni e viveva con la sua famiglia in località i “Ceri” nei pressi della cittadina. Così racconta di quel periodo: “Tutto rimase tranquillo fino a quel 2 luglio ’44 quando Castelnuovo fu martoriata dai bombardamenti alleati.
Castelnuovo. Porta Castracani dopo il bombardamento
Arrivarono così nella località molti sfollati da Castelnuovo, credendo che in campagna fossero più al sicuro. La capanna e il metato furono completamente occupati dalle famiglie Lenzi, Vangi, Tolaini, Mazzei e dagli zii da parte di mio padre, in tutto eravamo una quarantina. Abbiamo vissuto con i bombardamenti aerei continui finchè ad ottobre cominciarono a piovere cannonate anche da Barga. Verso i primi di novembre una di queste colpì l’angolo della capanna. Erano circa le 18. Purtroppo dentro c’erano i Vangi ed i Tolaini. La moglie dell’Umberto Vangi fu colpita ad un braccio da una scheggia ed i due figli maschi più grandi furono feriti e portati in ospedale…Purtroppo perirono entrambi il giorno dopo…– e il terribile racconto continua:- La paura fece scappare tutti gli sfollati che se ne andarono verso le Piane di Cerretoli. Rimanemmo solo noi ed i parenti- Nel dicembre ancora una cannonata colpì la casa di Teresa e pochi giorni dopo, l’ennesimo colpo di cannone scoppiò ad una quarantina di metri dall’abitazione, questo fece desistere ogni speranza di rimanere in casa, così la famiglia Tagliasacchi eccetto padre e zio e nonni fuggì
– Mentre salivamo con la neve verso “Buggina”, fu lanciato un bengala e ci fermammo tutti, nascondendoci contro una cisterna dell’acqua. Finito il chiarore si ripartì. Sostammo in una capanna già occupata nella parte superiore da molti sfollati, noi ci sistemammo di sotto dopo aver steso il fieno in terra, dove il bestiame non c’era più, ma c’era un gran freddo. Il giorno dopo vedemmo arrivare mio nonno, portato con una barella improvvisata, perchè infermo e mia nonna trasportata a spalla. Il babbo e lo zio erano rimasti ad accudire le bestie. Nel frattempo gli uomini scavarono un rifugio vicino alla casa, aiutati da Decimo Lunardi, esperto di scavi perchè aveva lavorato in galleria. Fecero un bel rifugio con pali e tavoloni di circa dieci metri. Tornammo tutti a casa quando finì il conflitto-. Significativo e spaventoso è anche il ricordo di Tognocchi Ivana classe 1930 di Brucciano (comune di Molazzana), all’epoca viveva con la sua famiglia nella casa dove ancora abita: – Già nel 1943 arrivarono in paese tanti sfollati da Pisa e da Livorno, poi in seguito nel 1944, anche quelli da Castelnuovo e Gallicano. Quando iniziarono a piovere le cannonate da Ghivizzano e da Barga, i primi giorni dell’ottobre ’44 cominciò la paura. Ce ne andammo in casa dei nonni paterni, dove internamente c’era anche una grotta, insieme ad altri parenti; eravamo circa una ventina. Il 22 ottobre verso le 22 vedemmo arrivare Don Pietro Dini accompagnato da due o tre soldati tedeschi con il mitra spianato, che ci disse: “Bisogna partire tutti”. Rimasero in paese solo le persone anziane, mio zio Renato e mio padre, che dovevano accudire i nonni e le bestie-
Sfollati. Madre e tre figli
Tutti i rastrellati furono così portati a Castelnuovo a Palazzo Pierotti, alcuni fuggirono lungo le canale dello stabile e gli altri attesero il loro destino. La mattina seguente gli sfollati furono tutti portati al Poggio, li identificati e poi tutti rilasciati. Da questo momento per la famiglia Tognocchi comincerà un lungo esilio prima di tornare a casa: – Da qui in tanti decisero di andare con il prete a Corfino, noi invece decidemmo di andare a Sillicano, dove mia zia Marianna, maestra elementare di Gallicano, conosceva il parroco Don Aurelio Ricci. Arrivammo a buio in canonica trovammo altre persone, eravamo una quindicina. Il sacerdote ci accolse con carità e siamo rimasti li per tre o quattro giorni, dopodichè si decise di tornare a Brucciano-
Sfollati in fuga
A Brucciano non arriveranno poichè il paese era in mano ai tedeschi. Il lungo peregrinare continuò prima sostando diversi giorni a Eglio dai genitori di una vicina di casa, poi di li a Calomini da una conoscente che li accolse in casa, dopodicè i Tognocchi ripartirono, destinazione Gallicano, accolti da un cugino della mamma di Ivana, li rimasero fino al bombardamento del paese il 28 dicembre. Presi dalla paura fuggirono ancora e arrivarono a Valico di Sotto dove rimasero fino alla fine della guerra. Ecco ancora dalle parole di Ivana il tragico epilogo di questa storia: – Alla fine di aprile ’45 siamo tornati in Sant’Andrea (n.d.r:località di Gallicano) dal cugino di mia madre. Purtroppo in quel lasso di tempo, dopo varie interrogazioni a parecchie persone, alle quali chiedevamo notizie di mio padre e di mio zio, venimmo a sapere della loro morte-  Ivana continua a raccontare così la morte del padre, che nell’intento di superare il fronte…: -Arrivati in “Selva Piana”, località sopra il Ponte di Campia, mio padre calpestò una mina e fu sventrato, lo zio morì poco dopo dissanguato-. Orrori, tragedie, drammi e mortificazioni che solo una guerra può dare, ed ecco allora che nel 2004 in una Giornata Mondiale delle migrazioni a monito per l’intera umanità riecheggeranno per sempre le parole di Giovanni Paolo II : “Costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare innanzitutto il diritto a non fuggire dalle proprie case, a vivere cioè con pace e dignità nella propria Patria”.
        Bibliografia:
Rapporto annuale 2017 “Global Trends Forced Displacement”, Unhcr (United Nations Commission for Refugees)
“Dal fascismo alla resistenza. La Garfagnana tra le due guerre mondiali” di Oscar Guidi, edito Banca dell’identità e della memoria, anno 2004
“Storie di guerra vissuta. Garfagnana 1940-1945” di Tommaso Teora, edito da Tra le righe Libri, anno 2016
Fonte:
Rai Storia “Sfollati Italiani della seconda guerra mondiale” con Silvia Salvatici, Chiara Chianese
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divulgatoriseriali · 1 year ago
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Gino Bartali e il Tour de France del 1948: una vittoria che salvò l'italia
La più grande impresa sportiva della storia italiana, la vittoria di Gino Bartali al Tour de France 1948. Tra colline toscane e sfide alpine, la leggendaria impresa ha cambiato il destino dell’Italia. In questo articolo, esploreremo in dettaglio l’epopea di Gino Bartali attraverso le parole che raccontano di tenacia, passione e audacia. Dal cuore delle colline toscane, dove la sua storia ha…
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queerographies · 1 year ago
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[Uomini e basta][Pietro Buccinnà]
Il racconto storico che il protagonista presenta a sua nipote, rivelerà un ennesimo volto oscuro della Seconda Guerra Mondiale espresso dal testimone sopravvissuto alle bombe ma non all’amore.
Storie di uomini in guerra. C’è chi la ama, chi ama il Duce e chi ama l’amore. Il protagonista imparerà l’amore attraverso un’insolita storia che lo vedrà coinvolto sia come uomo che come soldato fedele al Duce. Come riuscirà a trovare l’equilibrio tra questi due “amori” così distanti tra di loro? Il racconto storico che il protagonista presenta a sua nipote, rivelerà un ennesimo volto oscuro…
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francescosatanassi · 1 year ago
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LA SPOSA È BELLISSIMA
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Alla fine dell'800, la maggior parte degli ebrei europei risiedeva in una zona tra Polonia e Russia meridionale, ma dopo l'ennesima persecuzione iniziò a muoversi verso il monte Sion, luogo sacro vicino a Gerusalemme. Quella terra però non era libera, da generazioni era abitata da pastori e coltivatori arabi. Così, l'ebreo ungherese Theodor Herzl trovò il modo di aggirare "il problema" fondando il sionismo, cioè la teoria che fosse giusto creare uno Stato ebraico in Palestina. Inviò due rabbini a valutare la situazione e la loro risposta fu: "La sposa è bellissima, ma è maritata a un altro uomo", cioè la Palestina andrebbe benissimo, però ci sono gli arabi. Non che fosse un problema, le teorie sioniste dicevano anche che se gli arabi non accettavano di abbandonare passivamente la propria terra, gli ebrei avrebbero dovuto prenderla con la forza. Alla fine della I Guerra Mondiale la zona passò agli inglesi che assieme ai francesi iniziarono a discutere su come spartirsi il territorio, ovviamente senza tenere conto del volere degli arabi. Nacquero le prime formazioni paramilitari ebraiche, anche di stampo terroristico, che compivano attentati e stragi indiscriminate tra i palestinesi. Alla fine della II Guerra Mondiale, con la scoperta dei campi di sterminio e la Shoah, il movimento sionista attirò le simpatie dell'Occidente, gli inglesi si ritirarono e l'ONU propose la nascita di due Stati: uno ebraico e uno palestinese. Agli arabi, che erano più di un milione, sarebbe andata la porzione minore di territorio; mentre agli ebrei, in minoranza, la porzione maggiore. Così esplose quella che gli israeliani oggi chiamano "guerra di indipendenza", mentre gli arabi "nakba", cioè catastrofe, che portò al grande esodo verso i Paesi confinanti. Con l'appoggio delle democrazie europee, i villaggi furono distrutti, gli abitanti arrestati, uccisi, espulsi fino alla proclamazione ufficiale dello Stato di Israele. Da quel giorno, i palestinesi conducono una resistenza eroica per difendere la propria terra, mentre violando ogni diritto umano, Israele prosegue la pulizia etnica per cancellare ogni presenza palestinese. Tutto questo, in brevissimo, è storia. Tutto il resto è propaganda.
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abr · 8 months ago
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Lo statalista sociale ogni tanto paragona il liberismo al suo primo cuggino, lo statalista bolscevico. Come i figli del cuggino, i sessantottini, comparano ancor oggi liberismo ("selvaggio") e fascismo. Tra parenti prima di parlare mettetevi d'accordo, su.
Diamo un servizio:
a) le ideologie social stataliste nazi o mao differiscono nella teoria e nelle prassi assassine, quanto il dna di gemelli omozigoti;
b) storicamente, nazional-socialismo o fascismo e internazional-socialismo o (bene-)comunismo, son mostri fatti sgravare nel reale dai gas iprite della "inutile strage" (cit.), la I Guerra Mondiale, evento che ha annichilito l'Europa ma per fortuna non solo nostra, di tutto il mondo, non il suo refugium che come tutti i bambini sani che han giocato ai cowboy sanno, è l'America;
c) i perdenti ce l'hanno col liberismo perché li ha sconfitti, a loro e ai cugini loro, trattandoli per quel che sono: carcinomi degenerati;
d) l'Occidente è tornato a salvare se stesso dalle metastasi più e più volte - la citata I guerra, la II, la Guerra Fredda; oggi l'Occidente difende se stesso dalle degenerazioni woke e Dems, così come da bravi fradei difende gli Avamposti di Civiltà come Israele contro le superstizioni barbariche circostanti (i veri liberisti come i veri Cristiani non forzano nessuno ad adottare la Civiltà: puntiamo sulle Best Practices e sul parlar dolcemente ma con un grosso bastone a portata di mano); ben diverso è il discorso Ucraina, dove il più pulito ci ha la rogna;
e) Dulcis in fundo, dalla nuda cronaca alla pars construens: il liberismo è l'unico autentico erede di quel grande filo storico filosofico che parte dall'antica Grecia e dall'ebraismo e si radica a Roma, assieme si fanno Cristianesimo, poi Scienza, Rinascimento mercantilista e capitalismo: la Civiltà, ovvero le radici dell'Occidente Cristiano, dominante e vincente su ogni idealismo degenere, su ogni statalismo sia esso satrapia, caciccato, ortodossia, fondamentalismo, dittatura del proletariato o confucianesimo. Spiaze.
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mtonino · 7 months ago
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La demolizione dello stadio di Leningrado per recuperare legno da bruciare nei circa 900 giorni di assedio di Leningrado durante la II guerra Mondiale.
Le immagini sono di repertorio e sono tratte dal documentario
Blokada (2006) Sergei Loznitsa
Come ha spiegato lo stesso regista, durante la Masterclass, ospitata dall' Unarchive Found Footage Fest, la panoramica nella gif avrebbe potuto costare la fucilazione al coraggioso operatore per aver accostato le immagini della demolizione all'effige di Stalin che chiude il movimento di macchina.
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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Versace Galleria Vittorio Emanuele II
Gianni Versace Spa, Milano 2014, 53 pagine, 20x30cm
euro 50,00
email if you want to buy : [email protected]
La boutique Versace, aperta nell'Ottagono centrale della Galleria Vittorio Emanuele II, cuore di Milano, scopre e riporta al loro originario splendore fregi, capitelli, colonne miracolosamente risparmiati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Fino ad ora celati, i tesori rinvenuti all'interno del negozio sono stati restaurati ridando vita a un capolavoro d'alto artigianato dei migliori maestri decoratori di fine Ottacento.
Lo spazio della boutique Versace dopo un'asta del Comune di Milano è stata occupata da Dior nel 2020
10/09/23
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sciatu · 1 year ago
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OASI DEL GELSONMINETO
Oggi abbiamo visitato il paradiso. Abbiamo lasciato Siracusa scendendo verso sud. Volevamo trovare una di quelle lunghe spiagge dalla sabbia rosa e il mare di un azzurro trasparente. Superiamo Fontane Bianche e scendiamo ancora più a sud. Ad un certo punto lungo la strada vediamo dei turisti con ombrelloni e asciugamani scendere da una strada laterale bianchissima. Ci fermiamo anche noi parcheggiando a lato della candida strada. Un sentiero ci porta verso una stradina sterrata che passando sotto la statale, immette in campi vastissimi che ospitano piccoli ulivi e sono circondati da alti pini o grandi acacie che ne segnano il bordo. Camminiamo per quasi dieci minuti e malgeado i filari di ulivi e le recinsioni, sembra di camminare in una savana. Si sentono solo le cicale qualche uccello che chiama di albero in albero ed il ento che smuove le cime delle acacie. Un lungo sentiero porta in prossimità della spiaggia nascosta da delle siepi di alberelli e di pini messi sul limitare a proteggere i terreni retrostanti dove venivano coltivati filari di profumati gelsomini. La spiaggia è di sabbia finissima ricolma di detriti di alberi portati dal mare e l’acqua è caldissima. La piccola baia è delimitata da due promontori. Quello a sinistra ha sulla punta un bunker della seconda guerra mondiale, quello a destra degrada lentamente verso il mare. Vedo che su quest’ultimo che molti bagnanti salgono scomparendo nella fitta macchia fatta da palme e cespugli di oleandri e alberelli di yuka. Li seguo per curiosità e inaspettatamente vi trovo un sentiero che costeggia un muro di pietre a secco , passa sulla cima del promontorio e quindi ne mostra l’altro lato, quello non visibile dalla spiaggia. Arrivato su quel lato ho una visione incredibile, dove la scogliera scende scoscesa e frastagliata in un mare color smeraldo dalla perfetta trasparenza. Si sente solo il mare entrare e uscire dalle grotte che ha scavato alla base della scogliera ed il vento urtare la roccia frastagliata e disperdersi tra la fitta vegetazione. Niente di umano appare tra gli scogli o lungo il sentiero. Non vi è plastica vetro o avanzi umani di una qualsiasi civiltà, esiste solo il vento, il mare ed il sole così come era dall’inizio dei tempi. Resto incantato ad ascoltare parlarsi il mare e il vento ed il mio stupore diventa una tangibile emozione, si cristallizza in un prezioso, unico ricordo. Questa è la Sicilia che mi brucia nel cuore, questa l’origine di ogni bellezza che riconosco, questo il senso di ogni verso che vorrei scrivere. Questo è il mio paradiso.
Today we visited paradise. We left Syracuse going south. We wanted to find one of those long beaches with pink sand and a transparent blue sea. We pass Fontane Bianche and go further south. At one point along the way we see tourists with umbrellas and towels coming down froma white street. We also stop by parking at the side of the white road. A path takes us towards a dirt road which, passing under the Provence road, leads into vast fields that host small olive trees and are surrounded by tall pines or large acacias that mark the border. We walk for almost ten minutes and past the rows of olive trees and the fences, it feels like walking in a savannah. You can only hear the cicadas, some birds calling from tree to tree and the sound that moves the tops of the acacias. A long path leads near the beach hidden by hedges of small trees and pines placed on the edge to protect the lands behind where rows of fragrant jasmine were grown. The beach is of very fine sand filled with debris from trees brought in by the sea and the sea water is very warm. The small bay is bordered by two promontories. The one on the left has a World War II bunker at its tip, the one on the right slopes slowly towards the sea. I see that on the latter many bathers go up disappearing into the thick scrub made up of palm trees and oleander bushes and yuka trees. I follow them out of curiosity and unexpectedly find a path that runs along a dry stone wall, passes on the top of the promontory and then shows the other side, the one not visible from the beach. Arriving on that side, I have an incredible vision, where the cliff drops steeply and jagged into an emerald sea with perfect transparency. You can only hear the sea flowing in and out of the caves it has dug at the base of the cliff and the wind hitting the jagged rock and dispersing among the dense vegetation. Nothing human appears between the rocks or along the path. There is no glass plastic or human remains of any civilization, there is only the wind, the sea and the sun as it was from the beginning of time. I am enchanted listening to the sea and the wind talking to each other and my amazement becomes a tangible emotion, it crystallizes in a precious, unique memory. This is Sicily that burns in my heart, this is the origin of every beauty I recognize, this is the meaning of every verse I would like to write. This is my paradise.
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ballata · 11 months ago
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Qualche giorno fa e morto un Savoia. È morto come muore ogni giorno tanta gente. Alcuni di questi sono virtuosi altri no. Alcuni sono coraggiosi e probi, altri disonesti e vigliacch e questo è insindacabile vivo o morto che tu sia.
Inconsapevole interprete di eventi che hanno visto protagonista il nonno ed il padre, non si può dire abbia spiccato per doti particolari atte a renderlo noto e desiderabile per un ipotetico ritorno della monarchia .
A Londra durante la II guerra mondiale
a principessina Elisabetta con Margaret accanto tutte le sere
parla alla radio per tranquillizzare i bambini e così anche le madri e i padri. già alla prima incursione, la regina aveva affermato "Sono contenta che siamo stati bombardati, ora posso guardare in faccia da pari a pari la gente dell'East End" (il popoloso quartiere che aveva subito più volte i maggiori danni per i ripetuti bombardamenti).
Fu suggerito ai sovrani di allontanare le due bambine, mandarle in Canadà, ma la regina rifiutò:
"Senza di me loro non partono,
io non parto senza il re,e il re non lascerà mai l'Inghilterra".
In Italia i "reali" scappavano abbandonando il paese al caos e mentre lo facevano elargivano titoli nobiliari a chiunque gli aiutasse in quella fuga. Indimenticabile il "conte della scaletta" uno sconosciuto che abbasso la scaletta dell aereo che li fece scappare abbandonando la Patria a se stessa.
Quando un clown entra in un palazzo non diventa re. È il palazzo che diventa un circo. #monarchiedadimenticare
#savoia
#italia
#storieditalia
#buffoni
#recialtroni
#clown
#italia
#monaechia
#robertonicolettiballatibonaffini
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sparviero44 · 1 year ago
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Charles Bronson
Charles Bronson,
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the "death enforcer" died 20 years ago
Childhood in the mine, the name "Soviet" and the burp that started a career, everything you didn't know about the most famous icon with the grim look of cinema
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Origins
Charles Dennis Buchinsky was born on November 3, 1921 in Ehrenfeld, Pennsylvania, to parents who immigrated from Lithuania and was the eleventh of fifteen children, all of whom grew up in extreme poverty. In early childhood, Charles did not speak English, but he had to catch up quickly
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Early fatigue
When Charles was ten, his father died and the boy followed in his footsteps by getting a job in the mine, like many of his peers, risking his life every day for about a dollar a week. Not too surprising that at that age the future stone face of American cinema was already a smoker.
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War
After becoming the first of the Buchinsky family to graduate, in 1943 Charles enlisted in the United States Army and fought in World War II as a pilot in twenty-five aerial missions.
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The name
At the beginning of his film career, Buchinsky had to stop for a moment to think about his own name. In the 1950s Senator Joe McCarthy launched a hunt for the alleged Communist who massacred intellectuals and artists across the country on charges of treason and collusion with the Soviet Union. Charles' Lithuanian surname might have made him an easy target, so the aspiring actor took on the all-American name of Bronson.
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The first role
For his film debut in 1951's "Commander Johnny" Bronson resorted to a particular skill that no other of the suitors for the role of him had: that of burping on command.
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European success
Before becoming an icon of genre cinema in America with "Death Wish" in 1974, Charles had difficulty breaking through in Hollywood, but by the late 1960s he was already a beloved face in Europe, thanks to western films such as “The Guns of San Sebastian” by Henri Verneuil and “Once Upon a Time in the West” by Sergio Leone.
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Phobias
As a probable result of a childhood spent underground, Bronson suffered from claustrophobia, but he also had a constant fear of germs and infections, which perfectly explained his notorious aversion to handshakes.
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Relations
In 1949 Bronson married colleague Harriet Tendler, with whom he had two children, Suzanne and Tony. The couple divorced in 1965 and three years later the actor returned to the altar with actress Jill Ireland, with whom he remained until her death in 1990 and with whom he had two more daughters, Zuleika and Katarina. Charles' third marriage was in 1998 to Kim Weeks.
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The death
Charles Bronson died on August 30, 2003 at Cedars-Sinai Medical Center in Los Angeles after a long hospital stay. The actor had been in failing health since the late 1990s, when he was hospitalized for hip surgery. In the following years, he was also diagnosed with lung cancer and Alzheimer's. His grave is in Brownsville Cemetery in the town of West Windsor, Vermont.
Charles Bronson,
il “giustiziere della notte” moriva 20 anni fa
L’infanzia in miniera, il nome “sovietico” e il rutto che avviò una carriera, tutto quello che non sapevate sull’icona dallo sguardo torvo più famoso del cinema
Origini
Charles Dennis Buchinsky è nato il 3 novembre 1921 a Ehrenfeld in Pennsylvania, da genitori immigrati dalla Lituania e fu l’undicesimo di quindici figli, tutti cresciuti in povertà estrema. Nella prima infanzia, Charles non parlava inglese, ma dovette mettersi in pari alla svelta
Fatica precoce
Quando Charles aveva dieci anni il padre morì e il bambino seguì le sue orme ottenendo un lavoro in miniera, come molti coetanei, rischiando la vita ogni giorno per circa un dollaro a settimana. Non sorprende troppo che a quell’età il futuro volto di pietra del cinema americano fosse già un fumatore.
La guerra
Dopo essere diventato il primo della famiglia Buchinsky a prendere il diploma, nel 1943 Charles si arruolò nell’esercito degli Stati Uniti e combatté nella Seconda Guerra Mondiale come pilota in venticinque missioni aeree.
Il nome
All’inizio della sua carriera cinematografica, Buchinsky dovette fermarsi un attimo a pensare al proprio nome. Negli anni ’50 il senatore Joe McCarthy dette il via a una caccia al presunto comunista che fece strage tra gli intellettuali e gli artisti di tutto il paese con l’accusa di tradimento e collusione con l’Unione Sovietica. Il cognome lituano di Charles avrebbe potuto farne un facile bersaglio, così l’aspirante attore prese il nome tutto americano di Bronson.
Il primo ruolo
Per il suo debutto cinematografico in “Il comandante Johnny” del 1951 Bronson ricorse a una particolare abilità che nessun altro dei pretendenti al ruolo aveva: quella di ruttare a comando.
Successo europeo
Prima di diventare un’icona del cinema di genere in America con “Il giustiziere della notte” del 1974, Charles ebbe difficoltà a sfondare a Hollywood, ma già dalla fine degli anni ’60 fu un volto amatissimo in Europa, grazie a film western come “I cannoni di San Sebastian” di Henri Verneuil e “C’era una volta il West” di Sergio Leone.
Fobie
Come probabile risultato di un’infanzia passata sotto terra Bronson soffrì di claustrofobia, ma ebbe anche un terrore continuo di germi e infezioni, il che spiegava perfettamente la sua nota repulsione per le stette di mano.
Relazioni
Nel 1949 Bronson sposò la collega Harriet Tendler, con la quale ebbe due figli, Suzanne e Tony. La coppia divorziò nel 1965 e tre anni dopo l’attore tornò all’altare con l’attrice Jill Ireland, con la quale rimase fino alla sua morte nel 1990 e con la quale ebbe altre due figlie, Zuleika e Katarina. Il terzo matrimonio di Charles fu nel 1998 con Kim Weeks.
La morte
Charles Bronson morì il 30 agosto 2003 al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles dopo una lunga degenza. L’attore era ormai di salute cagionevole dalla fine degli anni ’90, quando fu ricoverato per un’operazione all’anca. Negli anni successivi gli furono diagnosticati anche un tumore ai polmoni e l’Alzheimer. La sua tomba si trova al cimitero di Brownsville nella cittadina di West Windsor, Vermont.
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girola · 2 years ago
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Postazione contraerea della II guerra mondiale trasformata in un balconata sopra Bolzano.
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pettirosso1959 · 2 years ago
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BAKHMUT È CADUTA!
Il buff-1 di Kiew (lo digito alla tedesca, così evitiamo polemiche) doveva scatenare l'offensiva finale, quella tosta della serie "glielafacciovedere IO ad Apputin!" a maggio.
Maggio è passato.
E il suonatore di piano con il pizello ha perso anche Bakhmut/Artyomvsk. Non ci sarà nemmeno una offensiva a Giugno, se è per questo. Perché non c'è più un esercito ucraino degno di questo nome, viene mantenuta in vita l'apparenza grazie a "iniezioni" di volontari.
Questa guerra non è nell'interesse dell'Europa (e come Europa intendo il Vecchio Continente, non quel consesso di puttane e criminali che siede a Strasburgo e Bruxelles).
Questa guerra non è nell'interesse degli Stati Uniti.
Questa guerra non è nemmeno nell'interesse della Russia o dell'Ucraina.
E dell'Italia, che doveva tirarsene fuori ed essere pedina mediatrice.
Sopratutto: questa, come quasi tutte le guerre, era evitabile, non sarebbe MAI dovuta iniziare, se l'Europa e la NATO avessero firmato gli accordi di Minsk non per prendere tempo (come ha ammesso alla BBC la Merkel) ed armare l'Ucraina, ma per finalmente dare la meritata dignità ai russofoni d'Ucraina.
Ma i cittadini d'Europa non contano nulla: le elites hanno le loro ragioni, sorde ai popoli che governano. I Britannici ricercano la vendetta contro i Russi, colpevoli di aver assassinato Nicola II, imparentato con la monarchia Windsor (o dovrei dire Sachsen-Gotha-Coburg?), e la UE vede un'ottima occasione per perseguire l'Agenda 2030 (basta leggere i giornali tedeschi e le deliranti dichiarazioni dei due Verdi che sono ai dicasteri chiave, Esteri ed Economia, del governo Federale.
I cittadini americani non contano nulla: La guerra è un tentativo di coprire le malefatte della presidenza Obama prima e quella di Biden poi. Specialmente quest'ultimo ha lucrato, tramite il figlio, pescando a mani basse da aziende statali ucraine, riempiendo le sue tasche e quelle del DNC, il "partito democratico" americano. Quale miglior tappeto dove nascondere la sporcizia degli affari di Biden che una guerra, nel patetico tentativo di far dimenticare, in nome del patriottismo, le porcate commesse da Vicepresidente prima e da Presidente poi? Solo che gli Americani, dopo tre anni di bugie e di diritti erosi, non sono convinto che si stringeranno attorno a PedoJoe. Hanno altre preoccupazioni.
I Russi e gli Ucraini ne avrebbero fatto volentieri a meno: sono due paesi dove le storie reciproche si incrociano e sovrappongono, come i vecchi torti (russi) ai nuovi (ucraini). La Russia, se riuscirà a spuntarla, potrebbe inaugurare un ordine mondiale diverso. L'Ucraina, invece, non ha nessuna speranza, tra povertà (era già uno dei paesi più poveri d'Europa), corruzione, le mire territoriali russe (Ucraina dell'est) e quelle polacche (Ucraina dell'ovest).
L'italia? È una mosca cocchiera. Perché esistono interessi privatissimi e nessuno pubblico. Gli italiani non vogliono avere niente a che fare con l'Ucraina e la guerra (tranne i soliti idioti, faziosi e ciechi, che non capiscono che non c'è nulla da difendere né nel sistema NATO né nel sistema UE e che sarebbe ora di allontanarsene prima che crolli tutto rimanendo sotto le macerie). I governi, invece, anche se frutto di elezioni (in italia NON si possono eleggere governi, si nominano, leggetevela la Costipazione ogni tanto...) rappresentano solo se stessi e interessi altri. Perché il sistema è talmente corrotto e manca così tanto una identità ed un popolo (Clemens von Metternich aveva ragione, purtroppo...) che chi è al potere non sa quanto durerà la cuccagna. Per cui fa scorta di favori a terzi per il giorno in cui la politica lo scalzerà dalle poltrone (v. Di Maio, che ha raccolto il premio per aver fatto eleggere dai suoi la von der Leyen).
L'italia, se proprio la si vuole unita, è per sua natura federale. Cattaneo l'aveva capito. I Savoia prima e i Comunisti poi, invece, no.
E non lo capiscono nemmeno gli italiani, un popolo che festeggia il 25 aprile una falsità storica e militare e che la parola LIBERTÀ non sa nemmeno compitarla.
Intanto Bakhmut/Artyomoovsk è caduta, perno sul fianco della ben più importante Kramatorsk. I Russi avanzano, piano ma inesorabilmente.
E noi (alluvione Emilia-Romagna docet, ma anche gli abbracci sgangherati al suonatore di piano con il pizello da parte della nostra presidenta del Consiglio) continuiamo ad essere governati da chi si fa i cazzi suoi, con effetti disastrosi.
Paolo Ortenzi.
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abatelunare · 2 years ago
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Viaggia che tanto non ti passa
Scoppia la Terza Guerra Mondiale. Contaminazione radioattiva, spostamento dell’asse terrestre... quelle robe lì, insomma. I quattro superstiti di una base militare si mettono in viaggio, a bordo di due aggeggi corazzatissimi, per giungere ad Albany, dove potrebbe essere rimasto qualcun altro. Uno dei due mezzi finisce a ruote per aria, come pure uno dei superstiti. Gli altri tre trovano una donna. E uno dei superstiti finisce divorato da scarafaggi carnivori. Gli altri tre trovano un ragazzino. Per poi sventare l’agguato di quattro loschi figuri dai volti tutti piagati. Dopo essere scampati a una tempesta micidiale, arrivano finalmente ad Albany. Questo è il succo di L’ultima Odissea, film del 1977. Fantascienza a buon mercato non priva di efficacia. Gli effetti speciali sono un po’ grezzi, ma non si può pretendere più di tanto. L’unica cosa davvero assurda è il lieto fine, del tutto privo di basi minimamente plausibili dal punto di vista scientifico. Però è commestibile, ed è già molto. Quattro gli interpreti degni di nota: George Peppard, Dominque Sanda, Jan-Michel Vincent (Un mercoledì da leoni) e Paul Winfield (Star Trek II: L’ira di Khan). Per lo meno, io ho riconosciuto quelli. Gli altri, no.
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francescosatanassi · 1 year ago
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"GLI ANNI PIÙ BELLI"
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Pochi giorni fa la Camera dei Comuni del parlamento Canadese, con la presenza del presidente ucraino Zelens'kyj, ha riservato un lungo applauso al 98enne Yaroslav Hunka, ucraino naturalizzato canadese, per ringraziarlo di aver combattuto i russi durante la II Guerra Mondiale. Strano che nessuno (almeno inizialmente) abbia pensato all’ovvio: se negli anni ’40 combattevi i russi, la tua posizione era abbastanza ovvia. Al vecchio Hunka non è parso vero di essere accolto come un eroe di guerra, soprattutto ripensando alle operazioni militari del suo reparto. Hunka faceva parte della famosa Divisione Galizia, una formazione composta da volontari ucraini che si erano uniti al Terzo Reich. Non semplici soldati, ma uomini appartenenti alle SS che al processo di Norimberga furono accusati di aver ucciso centinaia di ebrei e civili polacchi. Le SS della Galizia furono infatti protagoniste nel reprimere la rivolta di Varsavia mettendo in atto gli ordini di Himmler: incendiare gli edifici senza curarsi di chi li occupava e sparare ai bambini, alle donne e al personale medico. Al termine dell’operazione, i civili superstiti lasciarono la città e furono pochissimi quelli che si nascosero tra le macerie. Tra questi c'era Władysław Szpilman, il musicista polacco di cui si racconta la storia nel film “Il pianista.” Dopo il conflitto, Hunka e altri 8000 appartenenti alla Divisione Galizia furono prima rinchiusi in un campo di prigionia britannico vicino a Rimini, poi con l’aiuto del Vaticano furono fatti transitare verso Spagna, Francia e Inghilterra. Da qui, il nostro “eroe” raggiunse il Canada negli anni '50, restando attivo nei circoli frequentati da ex SS. Su un blog di veterani ucraini, Hunka descrisse gli anni della guerra come il periodo più bello della sua vita. Chissà cos’hanno pensato gli ex abitanti di Huta Pieniacka, villaggio polacco raso al suolo dalle SS galiziane nel febbraio del ’44, ricordando i bambini gettati contro i muri e le donne incinte squartate. Una volta in Inghilterra, gli autori del massacro non furono interrogati e il governo inglese respinse sempre ogni richiesta di indagare sul loro passato. Nonostante i crimini di guerra dei quali si sono macchiati, una Commissione d'inchiesta canadese ha decretato che, da quando giunsero in Canada, gli uomini della Galizia "hanno tenuto una condotta soddisfacente e niente ha indicato che fossero infetti dall'ideologia nazista.” Oggi l’ex Divisione viene onorata dai nazionalisti ucraini e ogni 28 aprile si tiene una marcia per celebrarne la fondazione. Lo scorso anno la Corte suprema dell'Ucraina ha stabilito che i suoi simboli non sono riconducibili al nazismo, perciò possono essere esposti e messi in mostra. In fondo, come disse il mai pentito Hunka, si tratta solo di ricordare gli “anni più belli", non è vero?
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persa-tra-i-miei-pensieri · 2 years ago
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C'era una volta Pescara
Pescara (Piscara) il nome della città deriva dall'abbondanza nel fiume di pesce particolarmente buono (peschiera), prima prendeva il nome dal fiume Alterno (ostia aterni e aternum).
Il fiume Pescara nella storia fece molte volte da confine per i regni che si sono succeduti ed era navigabile.
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Quando la città venne distrutta rimase solo la fortezza (piazzaforte) costruita dai bizantini che cercavano di riconquistare la penisola via costa.
Sono state trovate le mura bizantine da un lato crollate per via di un maremoto probabilmente a seguito di un terribile terremoto, mentre le mura bizantine ritrovate all'interno della caserma sono ancora in piedi.
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L'imperatore Carlo V creò una serie di fortezze tra le quali la fortezza di Pescara proprio adiacente al porto di Pescara (la cosiddetta "serratura del regno")
Dal bastione San Vittorio, detto anche bastione bandiera, Re Vittorio Emanuele II si affacciò andando incontro a Garibaldi.
Re Vittorio Emanuele II affermò riferendosi a Pescara "Oh che bel sito se si abbattono le mura della fortezza Pescara diventerà una grande città commerciale" e così è stato.
Qui c'erano delle prigioni terribili "il sepolcro dei vivi" era chiamati il carcere (bagno penale) borbonico.
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La caserma di cavalleria comprensiva di una chiesetta (quella della Madonna del Carmine) era una zona molto estesa tanto da raggiungere la necropoli di Rampigna situata fuori città.
Per realizzare la ferrovia venne utilizzato il muro della fortezza.
Venne costruito sotto il regime fascista il ponte Littorio sotto il quale si teneva il mercato galleggiante delle arance.
Ennio Flaiano tra le altre cose fu grande sceneggiatore in particolare de "La dolce vita".
Inventò anch'egli come D'Annunzio alcuni termini ad esempio il termine paparazzo utilizzando il vero nome del fotografo di moda de "La dolce vita" inoltre non è un caso che le paparazze in dialetto pescarese siano le cozze che ricordano appunto il vecchio obiettivo della macchina fotografica.
Lungo l'attuale via delle Caserme al lato opposto delle caserme c'era la fanteria e le osterie.
Clemente De Caesaris salvò la fortezza di Pescara dalle truppe borboniche corrompendole con il suo oro.
Era un forte repubblicano ma per salvare la situazione chiamò i Sabaudi come reali d'Italia, però successivamente dopo aver visto come i prigionieri venivano torturati li rinnega a Torino pubblicamente in Parlamento.
Pavimento originale del '500 solo nell'attuale via Luigi D'Amico
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In Piazza del mercato (piazza Garibaldi) si facevano le prove delle bande, questa fu la vera prima Piazza Salotto per via dell'acustica che ricorda quella di un salotto.
Un pasticcere si inventa qui il "ritrovo del parrozzo"
Pescara viene distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
In piazza mercato si trova il cosiddetto "Monumento ai caduti" di Pietro Cascella che in realtà è il "monumento della distruzione e alla ricostruzione".
La Cattedrale di San Cetteo presenta un soffitto in legno, i pilastri sono di pietra così come i capitelli e vetrate colorate. Viene realizzata così a seguito di un patto con Gabriele D'Annunzio che voleva far seppellire la madre nella chiesa in un mausoleo. Ma invece di denaro dona un quadro del '600 del Guercino enorme e prezioso a Don Brandano, raffigurante San Francesco che riceve le stigmate. Ora questo quadro è posto accanto al mausoleo della madre di D'Annunzio, mentre la chiesa è stata finanziata interamente dai pescaresi.
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La Chiesa Santa Maria di Gerusalemme era a forma circolare con 2 campanili. Forse era il riadattamento di un tempio preesistente comunque i resti ritrovati sono medievali e di stile circestense.
È questa la chiesa che venne aperta rimuovendo l'abside e che divenne Porta Nuova alla quale comunque rimaneva un solo campanile, ora invece nessuno.
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Teatro Vincentino Michetti al cui fianco costruisce casa sua in stile liberty con decori di arance.
Attorno a lui molti architetti pescaresi studiando questo stile (liberty) fanno di Pescara e di Castellammare quelle che furono le due città liberty famose in tutto il mondo.
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La parte più antica della città è dov'era Porta Sala e il convento di Sant'Agostino.
Nonostante la vicinanza con questo luogo di culto quella era via dei bordelli e non solo nel nome.
Sotto le mura della fortezza ci sono ancora dei sotterranei da esplorare.
Sotto lo strato di erba c'è un mosaico romanico
Il Ponte della ferrovia fu l'ambientazione nell'immaginazione del poeta D'Annunzio nella sua opera "Terra Vergine" al passo in cui descrive il tramonto visto dal ponte.
In mezzo alla strada sono state posizionate delle pietre del ponte romano.
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