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#Gli invincibili tre
gatutor · 3 months
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Rosalba Neri "Los tres invencibles" (Gli invincibili tre) 1964, de Gianfranco Parolini.
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yomersapiens · 11 months
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Ciao yomo, ti volevo chiedere che programmi usi per scrivere e in generale quali pratiche hai per mettere giù quello che vuoi scrivere, a me piacerebbe molto potermi dedicare ma mi sento bloccato, aiutami per favore :(
Vediamo se posso esserti utile, cioè, almeno lo spero. Posso solo parlare della mia esperienza, di uno che è diventato scrittore perché non hai mai smesso di scrivere. Il mio unico talento è la perseveranza. Ma se mi leggi quassù da un po' di tempo probabilmente lo sai già e dato che mi chiami yomo credo sia così.
Una cosa è scrivere d'impulso, un'altra è farlo diventare un mestiere. Io ho semplicemente voluto far accadere questa esperienza e sono stato privilegiato dalla nazione in cui vivo che mi ha permesso di farlo. Ok muoio di fame, la disoccupazione che prendo a malapena copre la casa, qualche risparmio mi sta aiutando con la spesa ma tutto questo discorso serve per dire: ci vuole tempo.
Mi avevano appena licenziato, non proprio licenziato, ok, mi avevano spinto a licenziarmi ed era stato un lavoro piuttosto stressante in una start-up il cui unico obbiettivo era il successo di un prodotto quantomeno discutibile. Questa orribile esperienza mi ha formato in una direzione: svegliarmi e diventare operativo. Loro lo pretendevano come devozione verso il brand. Che schifo quanto mi sento sporco a ripensarci. Ma questa routine di svegliarsi, accendere il computer, mettersi subito a lavorare, non alzarsi dalla sedia fino a che qualcosa di buono nasceva, l'ho trasferita nel libro.
Mi alzavo seguendo i ritmi dell'ufficio e uscivo di casa ma, invece di recarmi in un edificio con luci a neon e colleghi frustrati, andavo in un bar. L'atteggiamento era il medesimo, copiavo lo stile di vita di qualche settimana prima e lo convertivo in una nuova missione.
Ci vuole regolarità e solo tuoi puoi essere in grado di dartela. Ci sono giornate dove nemmeno un'idea decente uscirà dalla tua testa e altre giornate dove scriverai dieci pagine e ti sentirai un treno. Si tratta di bilanciare i momenti pieni con quelli vuoti e non mollare mai. Non lo dico come un manager del cavolo che vuole spingerti a essere stacanovista, deve essere anche la storia a parlarti, devi capire pure tu se scrivere fa per te. Non c'è nulla di sbagliato nel mollare e di prenderla in maniera più leggera e discontinua. Ci vorrà solo più tempo.
Trova la tua voce e falla diventare la voce della storia. Lascia che siano i personaggi a trovare te e falli vivere nella tua testa a tempo pieno. Una volta che entri nel loop e sei circondato dal luogo che stai creando e i personaggi si stanno delineando, non uscirne. Sarà come vivere due esistenze. Una reale, che si deve ricordare di mangiare di bere e di lavarsi, e una mentale che vive nella tua immaginazione e può andare dove vuole.
Spesso, la maggior parte del lavoro, consiste nel guardare nel vuoto e immaginare cosa succederà. Lo scrivere è la parte finale e può capitare anche dopo settimane che stai pensando a una scena. Scrivere è una goccia di condensa che scivola giù dal vetro. Tu sei il vapore. Il calore. L'umidità. Tieni sempre alta la temperatura e credici, anche quando non ti sembra sufficiente. Rileggi, cancella, butta via, non affezionarti a niente perché più sentimenti leghi a una parte della storia più sarà difficile disfarsene e fidati, dovrai buttare via un sacco di idee.
Sii crudele, sii reale, specialmente con i personaggi che inventi. Sii assurdo, sii sbagliato, io immagino situazioni estreme e passo il tempo a cercare di risolverle insieme ai personaggi e mi sento nella merda fino al collo come loro. Una merda che io ho creato. A me gli eroi non piacciono, mi piacciono i sofferenti, quelli che nonostante tutto il dolore vanno avanti. Gli invincibili mi annoiano. La perfezione mi annoia. Crea un vaso che ti piace poi spaccalo e riattacca i cocci usando una colla dorata.
Apriti. Scrivere vuol dire passare un sacco di tempo da soli. Io non capisco come lo si possa fare per più di tre/quattro ore al giorno. Io vado in apnea da realtà. Per questo scrivo nei bar, così sento di essere ancora sul pianeta terra altrimenti sprofondo nei pensieri. Apriti e condividi quello che stai scrivendo con qualcuno di cui ti fidi. Io sono stato davvero fortunato. Su tumblr ho conosciuto persone che mi hanno aiutato a credere in me stesso e che hanno letto la storia che stavo scrivendo. Senza Alessio e S.A.C. non sarei riuscito a sentire dove stavo andando. Devo tantissimo a loro.
Non ti preoccupare di eventuali errori o altro. Tu scrivi. Butta fuori tutto e poi prenditene cura in un secondo momento. Io ho usato Pages il programma di scrittura del Mac, ma Word va benissimo. Tanto alla fine devi mandare un file word. Quindi è indifferente su cosa scrivi, trova un programma che converte i file in word ecco. Prendi appunti ovunque. Ho note vocali nel telefono dove mi raccontavo colpi di scena. Ho appunti nelle agende scritti a penna rossa per ricordarmi di usarli. Ho post-it attaccati in giro per il bagno. Ogni tanto al telefono dico "ah poi voglio scrivere questo me lo puoi ricordare" e spero poi l'altra persona si ricordi perché la mia memoria ogni tanto perde colpi.
Tante cose non sarai tu a farle. Ci sono gli editor che si nutrono dei tuoi errori e non vedono l'ora di trovare un'incongruenza o un congiuntivo sbagliato per fartelo notare. Sono piccole gioie nella vita delle persone, queste sono le loro. Ricordo quando mi è arrivato il file corretto per la prima volta: 963 errori da controllare. Ora tu pensa, era già la quarta stesura, il testo era già cambiato un sacco di volte e ancora, nonostante tutto, c'erano mille errori. Tieni duro, prendi una pausa, prenditi una settimana in montagna o dormi per tre giorni di fila e poi affronta il tutto. Non metterti mai fretta. Anche se ci sono scadenze, tipo pagare l'affitto.
Scrivere è un'ossessione, una bellissima e dolorosa ossessione. In pochi ti crederanno se decidi di intraprenderla come carriera. "Tanto non fai niente, cioè, stai lì davanti al computer e basta, vai tu a occuparti di questa cosa". Io in questo sono scarso, vado sotto subito se qualcuno mi critica e mi dice che non sto lavorando, perché scrivere mi rende felice e viviamo in una società dove se facciamo quello che ci rende felici dobbiamo sentirci sporchi. Tu cerca di essere migliore di me e ostenta sicurezza.
Poi arriva l'autocritica. Cerca di essere onesto con te stesso. Perché stai scrivendo? Per chi? Cosa vuoi dire con la tua storia? Non devi buttare giù una pagina al giorno, non tutti siamo industrie produttive alla Stephen King. Anche una frase, se scritta bene, può risolvere un'intera settimana di lavoro.
Attento a non scrivere per compiacerti. È una cosa che noti quando leggi, se l'autore scrive per creare piacere nelle proprie zone intime. Mi vengono in mente un sacco di nomi di autori che senti che si stanno leccando da soli, parola dopo parola. Ecco, cerca di non leccarti troppo da solo. Pensa che devi procurare piacere anche a qualcun altro. Non so se ti è mai capitato di fare l'amore, più o meno è così. Un po' a te e un po' all'altro. Bilancia. Poi trattieniti, non dare tutto, fallo a piccoli passi, fai venire fame, desiderio di andare avanti e non mollare la storia, capitolo dopo capitolo, mini-orgasmo dopo mini-orgasmo.
Scrivi tutti i giorni. Visita la storia che stai scrivendo ogni volta che puoi. Lascia sempre un orecchio rivolto verso i dialoghi che avvengono quando non sei lì. Come un genitore che lascia accesa la babycam mentre il figlio dorme e finge di non prestare attenzione quando in realtà non vede l'ora che la sua piccola creatura faccia un minimo movimento per fiondarsi e prendersi cura di essa.
Confrontati. Sappi difendere le tue idee fino alla fine. Sostieni le tue decisioni, anche quelle che ti sembrano più inutili. La casa editrice avrà sempre da ridire, non temere. Tu trova il modo di mediare ma rimani coerente con te stesso e con la storia.
Divertiti. Incazzati. Non dormirci la notte. Ah questa un'altra cosa, trova il tuo ritmo. Sei diurno o notturno? Questo lo puoi sapere solo tu. Io scrivo bene solo al mattino molto presto e per le 11/12 sono già esausto. Ma ci sono anche i vampiri che si attivano alle due di notte eh. Chi sono io per giudicare quelle strane creature.
Boh penso di aver scritto abbastanza e ora rileggendomi anche io mi sono leccato parecchio da solo mentre scrivevo. Spero di essere stato in grado di comunicarti un po' il fervore che si impossessa di me quando scrivo. Non è così sempre. Dei giorni sto attaccato a Zelda e neanche la masturbazione mi tira su. Ma quando butta bene mi spremo fino al midollo.
Sii gentile con te stesso. Le buone idee arrivano solo se ti tratti bene. Viziati. Crea un terreno fertile e qualcosa fiorirà e se ci vogliono anni non preoccuparti, tu continua a innaffiare.
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whitewaterpaper · 1 year
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Jo. Mer italiensk action. Mer retro sci-fi. Klassisk fantasy och med en herkulisk uppryckning: en släng Hollywood-action.
3 Avengers, the / Gli invincibili tre (1964) [📺]
Avenging the Throne / Adormidera (2020) [👎] Historiskt äventyr från Malta. Bra produktionsvärden i stort, men svagt och spretigt manus.
Beastmaster, the (1982) [👍📺] Äntligen har jag fått chansen att se denna klassiker! Kommer försöka se uppföljarna framöver.
Falkenbergsrevyn: Upp & Ner (2023) [👍🆓] Skynda fynda på SVT Play innan den försvinner. Falkenbergsrevyn blickar tillbaka med humoristisk penna på 2022.
Fenomen / Fenómenas (2023) [__] Spansk paranormal dramarysare. Bättre än det låter.
Jurassic World (2015) [👍🔁] Överraskade 2015 med att vara en sevärd mjuk reboot av Jurassic Park-franchisen. Överraskade denna vecka med att även vara värd att se om.
Jurassic World: Fallen Kingdom (2018) [🔁] En uppföljare som missar målet. Mindes inte ett skvatt av den när jag såg om den -- och lär inte minnas mer om jag får för mig att se den igen...
Maciste in the Land of the Cyclops / Maciste nella terra dei ciclopi (1961) [📺]
Meteor (1979) [👍📺] RetroSF med Sean Connery. Riktigt bra film.
Neptun-katastrofen / Neptune Factor, the (1973) [👍📺]
Pirates of the Coast / I Pirati Della Costa (1960) [📺]
Sensationernas Män / Fast and the Furious (1954) [📺] Intressant film. Skall nämnas att den bara har titeln gemensam med den större filmserien på den här sidan millennieskiftet.
Valley of the Dragons (1961) [📺]
Xperiment Q / Quatermass Xperiment, the (1955) [📺]
Skall man bara ge en av månadens titlar en chans kan man skutta över till SVT Play och skratta en stund ihop med falkenbergsteatern.
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m2024a · 2 months
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È morto Arnaldo Dell'Acqua, stuntman per Bud Spencer Arnaldo Dell'Acqua, uno dei più noti stuntman del cinema italiano, talvolta anche attore, è morto martedì 23 luglio a Roma all'età di 86 anni. Nato a Campobasso il 14 maggio 1938, appartenente a una famiglia di cascatori (era fratello di Alberto, Roberto e Ottaviano Dell'Acqua), dopo la gioventù nel circo aveva intrapreso l'attività di stuntman e controfigura a Cinecittà, apparendo in oltre 120 film. In diversi film è stato anche la controfigura di Bud Spencer. La notizia è stata data dal fratello Ottaviano sui social. Tra i numerosi film in cui Arnaldo Dell'Acqua ha dato prova delle sue mirabolanti capacità di cascatore figurano Gli invincibili tre (1964), Lo chiamavano Trinità... (1970), ...continuavano a chiamarlo Trinità (1971), La spada normanna (1971), La vita, a volte, è molto dura, vero Provvidenza? (1972), Piedone lo sbirro (1973), Lo chiamavano Tresette... giocava sempre col morto (1973), Ci risiamo, vero Provvidenza? (1973), Safari Express (1976), I due superpiedi quasi piatti (1977), Lo chiamavano Bulldozer (1978), Zombi 2 (1979), Uno sceriffo extraterrestre... poco extra e molto terrestre (1979).
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weirdesplinder · 9 months
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I 4 CLASSICI DELLA LETTERATURA CINESE
Purtroppo nella mia serie di post e video dedicati ai classici della letteratura credo abbiate notato l'assenza di titoli asiatici. Il problema è che non li conosco se non vagamente, la mia formazione scolastica e il mio gusto personale non me li hanno mai fatti esplorare come si deve, sino ad ora almeno, e quindi non ho dei preferiti in questo campo, ma non potevo escluderli completamente da questa serie, così ho deciso di creare appositamente questo articolo (che poi diverrà anche un video) dedicato ai famosi 4 classici della letteratura cinese, per presentarveli e farveli conoscere, se ancora non li vaete maia sentiti nominare.
Partiamo con il più famoso probabilmente:
IL VIAGGIO IN OCCIDENTE,  pubblicato anonimo nel 1590 circa, Ama attribuito tradizionalmente all'erudito Wú Chéng'ēn
Link: https://www.lafeltrinelli.it/viaggio-in-occidente-libro-ch-eng-en-wu/e/9788879843836
Trama: Il monaco Sanzang (ispirato a un personaggio storico realmente esistito) è inviato in India dall'Imperatore cinese Tai Zong per ottenere dal Buddha del Monte degli Avvoltoi i testi canonici buddisti, allo scopo di diffonderli in Cina. È accompagnato nel suo viaggio da tre discepoli: il re scimmia Sun Wukong (a cui si ispira il personaggio Goku di Dragonball), il maiale Zhu Wuneng, e il demone fluviale Sha Wujing, incaricati dalla Bodhisattva Guanyin di proteggerlo dalle insidie del viaggio. Insieme a loro c'è anche un cavallo che è in realtà un principe drago. Insieme, in un'avventura che varrà a ciascuno una purificazione, combattono decine di mostri e demoni, per lo più antropofagi, incontrati lungo quattordici anni di cammino.
Il libro è una fantasiosa e goliardica rielaborazione di un viaggio realmente compiuto fra il 629 e il 645 dal monaco detto Tripitaka, per recarsi dalla Cina all’India a raccogliere sutra buddisti. In effetti Tripitaka riportò in patria e tradusse una porzione considerevole dell’attuale canone buddista. Questo libro non è una cronaca fedele del viaggio, ma come detto sopra una rielaborazione di fantasia a cui l'autore ha aggiunto personaggi presi da tante mitologie divese, compresa quella indiana, leggende di cantastorie, aneddoti popolari, detti e proverbi in quantità.
Altro classico della lettartura cinese è:
IL ROMANZO DEI TRE REGNI, scritto da Luo Guanzhong nel XIV secolo (1330-1400 circa)
Link: https://www.lafeltrinelli.it/romanzo-dei-tre-regni-libro-guanzhong-luo/e/9788879847650
Link: https://chiquadroblog.it/romanzo-dei-tre-regni-progetto-traduzione-italiano/
Trama:  questo è un romanzo storico basato su eventi accaduti negli anni verso la fine della dinastia Han, nel periodo dei Tre Regni della Cina, che inizia nel 169 e termina con la riunificazione del paese nel 280. Il romanzo riporta i conflitti militari e politici tra i Tre Regni a cui fa riferimento il titolo: quelli di Cao Wei, Shu Han e Wu Orientale .
Romanzo molto corposo e pesante con descrizioni di molte battaglie militari, ma anche estremamente famoso in Oriente. Da lui sono derivate innumerevoli opere figlie, e milioni di trasposizioni.
I BRIGANTI è un romanzo storico cinese del XV secolo, ambientato nella fase finale della dinastia Song settentrionale (circa 1100 d.C.)
Link: https://www.abebooks.com/briganti-Antico-romanzo-cinese-Prefazione-Martin/31404647632/bd
Trama: Vi si narra l'avventurosa epopea di una banda di 108 briganti, invincibili in campo aperto, diabolicamente astuti nella guerriglia, temerari nel pericolo, spietati nella vendetta. Questi masnadieri non sono soltanto uomini d'arme e di rapina, ma cavalieri fedeli a un semplice e generoso ideale, che accorrono là dove l'ingiustizia opprime i deboli e gli inermi e ovunque ci sia la corruzione; sempre disposti, tra una battaglia e l'altra a concedersi solennissime sbronze.
I briganti sono l'esempio più famoso di un genere di romanzo cinese che, tra l'eroico e il picaresco, si può avvicinare alla Chanson de geste del medioevo occidentale, ed ha schemi narrativi comuni a quelli delle avventure dei Cavalieri della Tavola Rotonda e di Robin Hood.
Il sogno della camera rossa di Cao Xueqin, 1792
Link: https://www.lafeltrinelli.it/sogno-della-camera-rossa-romanzo-libro-tsao-chan/e/9788806248345
Trama: Il romanzo fa una cronaca dettagliata, episodica, dei due rami del clan Jia, la casata Rong-guo e la casata Ning-guo, che risiedono in due grandi quartieri residenziali nella capitale. I loro antenati avevano ricevuto il titolo di duchi e, all'inizio del romanzo, le due case sono ancora tra le più illustri famiglie della capitale. Il romanzo descrive la ricchezza e l'influenza dei Jia in modo dettagliato, naturalistico, e traccia la caduta dei Jia dalla loro posizione di elevato prestigio, seguendo circa trenta personaggi principali e oltre quattrocento personaggi minori. Alla fine il clan Jia cade in disgrazia presso l'Imperatore e le loro dimore vengono saccheggiate e confiscate.
Anche questo romanzo è intriso di filosofia taoista e buddista, ma la parte che il pubblico di solito ricorda maggiormente è il triangolo amoroso tra uno dei protagonisti Jia Bao-yu,  l'erede adolescente della famiglia, forse una reincarnazione del Divino Attendente,  sua cugina Lin Dai-yu cagionevole di salute e reincarnazione del Fiore della Perla Cremisi  e la sua altra cugina che è predestinato in questa vita a sposare Xue Bao-chai.
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infosannio · 1 year
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Festeggia anche la casta dello sport: un blitz in Parlamento salva la poltrona ai presidenti federali, potranno essere rieletti in eterno
(Lorenzo Vendemiale – ilfattoquotidiano.it) – Immarcescibili, invincibili, semplicemente eterni. Hanno vinto ancora loro: i vari Petrucci, Binaghi, Chimenti, Barelli e tutti gli altri. I boiardi che controllano le Federazioni e quindi lo sport italiano da decenni e chissà per quanto altro tempo ancora: non se ne andranno. Il limite di tre mandati, istituito nel 2018 dall’ex ministro Lotti,…
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marco-fma · 2 years
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Mr.Rain - Supereoi
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A poche ore dalla fine dell'edizione 73 del Festival di Sanremo, mi lancio nel calissico pronostico in cui tutti gli anni mi butto. Onestamente non volevo farlo, ma questa canzone è davvero stupenda e su diversi piani. Bellissimo, stupendo il testo. Da leggere, capire, fare proprio , mai come in questo periodo. Bella la canzone e la metrica che rimane facile nella testa e si insidia come non mai. Delicato l'accompagnamento musicale, con il coro di bimbi, per altro sorridenti sul palco di Sanremo e assenti nel video ufficiale (peccato), che lanciano un messaggio molto forte di pace, serenità e speranza (in un periodo storico in cui ce ne sarebbe bisogno anche se in realtà ce ne sono molti di falsi sul video e troppi anche semplicemente fra le mlle persone che incontriamo o incrociamo giorno per giorno per strada e nemmeno ce ne accorgiamo). Canzone che accarezza l'animo, scalda il cuore con un suono lento, costante, diffondendo un bel messaggio. Un video (quello ufficiale visualizzato nei primi tre giorni dal rilascio da oltre un milione e mezzo di persone al giorno in media), che è una vera e propria opera d'arte e che nella sua complessità di trama, riesce a trasmettere nelle immagini il significato della canzone stessa che tutt'altro è che leggera canzonetta. Una vera Opera dsotto diversi punti di vista che mi ha rapitp, più di altre e oltre i pronostici classici. Stupendo il ritornello ma ancor di più tutto il testo della canzone, ma proprio bella, bella tutta. Ve la propongo e sappiate che è la mia personale preferita. Non puoi combattere una guerra da solo Il cuore è un’armatura Ci salva ma si consuma, A volte chiedere aiuto ci fa paura Ma basta un solo passo come il primo uomo sulla luna, Perché da fuori non si vede quante volte hai pianto Si nasce soli e si muore nel cuore di qualcun altro Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro. Camminerò A un passo da te E fermeremo il vento come dentro gli uragani Supereroi Come io e te Se avrai paura allora stringimi le mani Perché siamo invincibili vicini E ovunque andrò sarai con me Supereroi Solo io e te Due gocce di pioggia Che salvano il mondo dalle nuvole Ci sono ferite che non se ne vanno nemmeno col tempo Più profonde di quello che sembrano Guariscono sopra la pelle, ma in fondo ti cambiano dentro Ho versato così tante lacrime fino ad odiare me stesso, ma ogni volta che ho toccato il fondo Tu c’eri lo stesso Oh Quando siamo distanti Ogni volta che piangi piange pure il cielo Oh Non ho molto da darti ma ti giuro che Camminerò A un passo da te E fermeremo il vento come dentro gli uragani Supereroi Come io e te Se avrai paura allora stringimi le mani Perché siamo invincibili vicini E ovunque andrò sarai con me Supereroi Solo io e te Due gocce di pioggia Che salvano il mondo Mi basta un attimo e capisco che ogni cicatrice tua è anche mia Mi basta un attimo per dirti che con te ogni posto è casa mia Perché siamo invincibili vicini e ovunque andrò sarai con me Supereroi solo io e te Due gocce di pioggia che salvano il mondo dalle nuvole Camminerò A un passo da te E fermeremo il vento come dentro gli uragani Supereroi Come io e te Se avrai paura allora stringimi le mani Perché siamo invincibili vicini E ovunque andrò sarai con me Supereroi Solo io e te Due gocce di pioggia Che salvano il mondo dalle nuvole Significato della canzone: Dice Mr.Rain della sua canzone: "Mi sono sentito un supereroe, come dico anche nel brano, quando in un momento di difficoltà, dato anche da un percorso cominciato alcuni anni fa, sono riuscito ad accettarmi e a volermi bene. Ho smesso di vergognarmi, di preoccuparmi nel raccontare le mie ansie". https://youtu.be/uuVBNyn3ZB8 Read the full article
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seminostorie · 2 years
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Sottopelle
La storia di Ciro e di ricordi indelebili.
Ciro nacque nei Quartieri Spagnoli il 4 febbraio 1950, in quel periodo di transizione fra la guerra e il miracolo economico. Come tanti, crebbe tra mille difficoltà, arrangiandosi con furtarelli e lavori occasionali: lustrascarpe, cartonaro, venditore ambulante. Per un breve periodo, intorno al ‘64, iniziò a frequentare i mercati con suo zio, che all’epoca faceva il fruttivendolo.
Un giorno fu mandato al porto a ritirare delle casse di frutta. Per la prima volta, quei luoghi che aveva sempre frequentato con gli amichetti gli apparvero sotto un’altra luce. Tanto fece, che di lì a poco chiese di arruolarsi su una nave commerciale, che scambiava merci con gli altri porti d’Italia.
Ciro scoprì il suo animo avventuriero. Rimase folgorato dai colori e dalla durezza di quegli uomini di mare, che a suoi occhi sembravano invincibili.
Viaggiando, all’epoca quattordicenne, entrò in contatto con le leggende e le superstizioni tipiche dei marinai: sirene, mostri marini, il divieto di fischiettare a bordo. 
Fu anche quello il periodo in cui iniziò a notare che tanti dei suoi compagni avevano dei simboli e delle scritte incise sulla pelle. Si affacciò al mondo del tatuaggio con gli occhi di un bambino che soffia sulle candeline il giorno del suo compleanno.
Negli anni a venire, iniziò a interessarsi sempre più a questa che allora non era vista come un’arte. Iniziò a notare che in ogni porto c’erano uomini e donne che si lasciavano marchiare la pelle. Iniziò a farsi marchiare la pelle.
Prima una scarpa; poi una mela; poi un teschio con le ossa incrociate; poi un’ancora; poi la Vergine Maria; poi due mani con la scritta “fedeltà e fratellanza”.
Ma Ciro si spinse oltre. Durante le traversate, con un ago sterilizzato con la fiamma di una candela e con un inchiostro di bassa qualità, di quelli facilmente reperibili per le penne stilografiche, incideva quei simboli che tanto lo affascinavano sui corpi dei suoi compagni.
Ogni porto aveva il suo “incisore”, ogni città le sue tradizioni, ogni individuo una storia da raccontare e ricordare, indelebile. 
Nelle pause tra una consegna e un rifornimento, rubava il mestiere ai più bravi e provava e incideva e riprovava nei posti più disparati: retrobotteghe, osterie, vicoli.
Diventò bravo, veramente bravo. I marinai facevano lunghe file per farsi incidere da lui. Agli occhi delle signorine era visto come un ribelle e alcune, andando incontro alle ire dei padri, si fecero decorare i polsi, le spalle o le caviglie con fiori delicati.
A Genova toccò a Melissa, figlia di un potente commerciante. Melissa, “Mela” per le amiche, volle una mela uguale e identica a quella di Ciro. Si amavano, così dicono, e nel ‘68 lui decise di restare lì. Si appoggiava nel magazzino di un negozio di liquori, tra bische e riunioni di quartiere. Disegnava su pelle e accarezzava i capelli di Melissa.
Quell’amore, ovviamente, fu osteggiato dal padre di lei, che arrivò a rinchiudere la figlia in convento, accecato da una sua convinzione di onore, e ad aggredire fisicamente Ciro. I suoi uomini gli spezzarono una gamba e la mano destra, quella con cui tatuava, poi, incosciente, lo gettarono nelle acque del Fereggiano.
Fu ritrovato su una sponda e portato all’ospedale, da dove uscì circa tre mesi dopo. Ridotto a camminare col bastone, la mano destra gli fu resa inutilizzabile. 
Venuti a conoscenza del fatto, alcuni dei suoi ex compagni di viaggio lo andarono a prendere per riportarlo a Napoli. Viveva alla giornata, sentendosi inutile e dimenticato da Dio. 
Nel ‘72, ricevette una lettera. Era una cosa inaspettata, perché nessuno gli aveva mai scritto una lettera. Era di Melissa, diventata crocerossina e ora in servizio a Venezia. 
“Trova te, poi trova quello che vuoi fare di te. Trova il tuo posto, sceglilo bene: che sia felice, che sia essenziale”. 
Ciro, con la mano sbagliata, incise il nome di lei sulla sua gamba sinistra, quella che gli recava tanto dolore; sottopelle.
Da allora incise fino all’anno della sua morte, nel 1991.
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tvln · 5 years
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gli invincibili tre / the three avengers (it/tun, parolini 64)
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spettriedemoni · 4 years
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Ciao Massimo
È arrivata come un fulmine a ciel sereno la notizia. A me in pratica con un giorno di ritardo perché il gruppo Whatsapp degli ex compagni di classe delle superiori lo tengo silenziato.
Solo oggi con un post su Facebook ho visto Stefania che ci ha taggati su una vecchia foto in gita a Barcellona.
Magari è un brutto sogno e domani ci scrive sul gruppo o ci manda uno dei suoi vocali dove ride con quella risata trascinante.
Ma lo sai che non sarà così, da quando hai letto quel messaggio nel gruppo: "Massimo non c'è più" e quella domanda incredula che vuole negare l'ovvio: "Ma in che senso?"
Massimo non c'è più, è morto.
Lui che sembrava così in salute, solare e allegro sempre ora non c'è più.
Si era sentito male giorni fa intorno al 27 febbraio. Il cuore. Ma come? Lui che aveva giocato per anni a pallanuoto, sport che gli aveva sviluppato torace e spalle, un infarto? Sì, tre bypass gli avevano messo ma non sono serviti.
Nella bellezza dei nostri diciott'anni sembriamo invincibili. Non pensi alla morte, perché dovresti farlo? Alla morte ci pensi forse attorno ai sessanta al massimo dopo aver superato i cinquanta. Invece lei arriva quando vuole, spesso senza preavviso.
Resta quell'unico rimpianto per non essere andato per impegni sopraggiunti a quella cena l'ultima volta che era tornato a Pescara.
"Tanto ci rivedremo quest'estate con il Covid che magari sarà molto più sotto controllo" mi sono detto.
Non ci sarà nessuna prossima volta. Solo la consapevolezza che il nostro tempo su questa Terra, in questo mondo, è limitato.
Non perdere più tempo. Non "passare" più il tempo.
Il tempo si vive.
E allora, vivi.
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solo-stef · 3 years
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Back to home
Mi ha fatto uno strano effetto tornare a casa dopo che me n’ero andata in fretta e furia 15 giorni fa a bordo di un’ambulanza, diretta verso il pronto soccorso. E’ stato un po’ come riprendere in mano un filo lasciato cadere e perso per strada, e riavvolgere il gomitolo per recuperare il tempo perso, e allo stesso tempo mi son sentita quasi estranea nel guardare gli oggetti rimasti esattamente la’ dove li avevo lasciati, la coperta sul divano, la borsa dell’acqua calda, i cuscini sul tappeto, la pentola col brodo rimasto ad ammuffire sul fornello. Uno strano senso di smarrimento, di quanto siamo  di passaggio, di come le cose possono cambiare cosi’ tanto e cosi’ rapidamente.
E questo forse e’ stato il senso di tutto quello che ho passato in questi ultimi 15 giorni.
Certo, c’e’ stato il dolore, tanto, tantissimo, forte, fortissimo, indescrivibile, prolungato, estenuante, infinito.
Certo, ho conosciuto l’ospedale, che devo dire non avevo mai vissuto e che tutt’a un tratto e’ diventato casa mia per due settimane.
Certo, c’erano le infermiere, le OSS, i medici, il personale delle pulizie, che ho imparato a conoscere e a riconoscere, ognuno con il proprio carattere, il proprio modo di fare, il proprio approccio nei confronti dei pazienti; ho imparato la cadenza dei turni, i ritmi, i riti, i do e i don’t, le piccole accortezze che si possono adottare per alleggerire, anche in minima parte, il loro lavoro. Con molte infermiere e OSS alla fine ci davamo del tu e scherzosamente mi dicevano “ma che sei ancora qui?” mentre mi mettevano l’ennesima flebo, perche’ quello era un reparto di chirurgia d’urgenza e non erano tanti i pazienti che stazionavano cosi’ a lungo. Nelle sere in cui sono stata male male, quando il giro letti finiva e spengevano le luci e i corridoi erano illuminati solo dalle deboli luci notturne, il chiacchiericio delle infermiere nella loro stanza era rassicurante. A volte mi arrivava il profumo del caffe’, e io, un po’ frastornata dal dolore e dalle medicine, chiudevo gli occhi e tornavo bambina, quando andavo a dormire tranquilla la sera sentendo i miei genitori in cucina chiacchierare con la televisione accesa,e mi sentivo al sicuro pensando che, se mi fosse successo qualcosa, c’era qualcuno che avrebbe potuto preoccuparsi per me.
E poi c’erano i pazienti. Ho fatto amicizia con molti, di qualcuno so un pezzetto di storia, con qualcuno ho condiviso paure e fazzoletti, a qualcuno ho tenuto la mano e ho regalato qualche sorriso e a mia volta ne ho ricevuti. Tutti arrivavano, stavano tre, massimo quattro giorni, e poi se ne andavano, e io rimanevo li’ in pigiama, a invidiarli nei loro abiti civili e a domandarmi quando me ne sarei andata, e chi avrei avuto come compagna di stanza per i prossimi tre o quattro giorni.
La piu’ simpatica di tutte e’ stata la Valeria, una donna di 85 anni con un cervello che ne aveva comodamente 20 di meno. La Valeria ha avuto una vita complicata fatta di tanto ospedale per il marito, poi deceduto, per una figlia, poi deceduta anche lei, e poi per se’ stessa, e tutta quella esperienza di ospedale si era trasformata in un pragmatismo e in un’organizzazione che un po’, ve lo devo dire, le ho anche invidiato. La Vale aveva tutto: dalla radiolina a batteria alla mini torcia (”eh perche’ di notte, se mi sveglio e mi serve qualcosa, qua non si vede mica niente eh se non hai la torcia!”), dalla fascia per i capelli allo specchietto da borsetta (“penseranno che sono vanitosa ma se mi devo sistemare l’ossigeno nel naso senza specchio non sono mica capace!”), fino a una valigia piena di camicie da notte di tutte le consistenze (”perche’ dicono che all’ospedale fa sempre caldo ma non e’ mica vero, a volte fa freddo!”). A chiunque le si approcciasse, a qualsiasi titolo, che fossero medici o personale delle pulizie, o OSS o infermieri, lei raccontava la sua storia, sempre nello stesso modo; dopo due giorni la sapevo a memoria anche io, eppure la capivo, quella sua necessita’ di raccontarla sempre, era un modo per esorcizzarla almeno un po’. La Valeria era diventata un po’ come una nonna, per me: quando portavano i pasti lei  puntualmente borbottava che quello che portavano non era mai quello che lei pensava che sarebbe stato giusto mangiare; allora mi alzavo, trascinavo i miei tubi e le mie flebo fino al suo letto e le preparavo i piatti, le sistemavo il tavolo a un’altezza giusta, l’aiutavo quel tanto che bastava perche’ lei smettesse di borbottare e suo malgrado cominciasse a mangiare, rigorosamente da se’, perche’ l’aiuto non doveva essere mai troppo, quasi a sottolineare che non ce la facesse. Allora mi guardava con quel suo sguardo un po’ annacquato e si acquietava, e mi mettevo a mangiare anche io (che poi mangiare e’ un parolone, ho campato di brodino vegetale filtrato per 10 giorni). Quando alla fine anche lei e’ tornata a casa, stesa sulla lettiga del trasporto perche’ troppo debole anche per la sedia a rotelle, tutta incartata in quei teli oro/argento, le ho detto “Ciao Valeria, guarda come t’hanno sistemata, tu mi sembri un uovo di Pasqua!” e s’e’ riso tutte e due, perche’ alla fine impari anche a ridere di queste cose, per provare a superarle senza farti schiacciare dal peso del non riuscire ad essere indipendente.
Non riuscire ad essere indipendente. Questa e’ la cosa che mi ha fatto in assoluto piu’ paura di tutto il resto. Piu’ del dolore, piu’ degli interventi, piu’ dell’ospedale, ho avuto paura quando ho realizzato che, se pur per qualche giorno, anche solo prendere una bottiglia d’acqua dal comodino era complicato, e poteva darsi che avessi bisogno di aiuto.
Quando sei solo, e puoi contare solo sulle tue forze, che hai imparato a conoscere, a misurare, a dosare, a spendere come vuoi per andare, tornare, fare, disfare, senza mai dover chiedere, senza mai nemmeno pensare che un giorno potrebbe darsi che non ce la farai ad andare, tornare, fare e disfare, ecco, trovarmi tutt’a un tratto a fare i conti che non ce la stavo facendo, per me e’ stato un colpo. Mi ha costretta a rimettere tutto in discussione, a fare i conti con il tempo che passa, con il fatto che arrivera’ un momento in cui, inevitabilmente, nel quotidiano, nello spicciolo, potro’ non farcela, e non avro’ nessuno al mio fianco al quale appoggiarmi, non solo nel pratico ma soprattutto a livello psicologico.
Quanta forza serve, quando si e’ soli, per non sentirsi soli? 
E non parlo di famiglia, amici, o qualunque altro tipo di supporto ognuno di noi possa avere intorno a se’. Parlo del fatto che arriva sempre, prima o poi, il momento in cui ti chiudi la porta di casa alle spalle, ti volti, e sei solo. Ho dovuto fare un grosso sforzo per prendere coscienza di questa cosa, che a livello inconscio ho sempre saputo ma che non avevo mai affrontato cosi’ da vicino. Del resto quando si sta bene ci si sente un po’ invincibili e tutto sembra sempre molto di la’ da venire, e le rare volte in cui questo pensiero si e’ affacciato alla mia mente ho sempre liquidato il discorso con un “ci pensero’ quando sara’ il momento”, che poi e’ da sempre il mio approccio per tutto, cerco sempre di non infilarmi in inutili arzigogoli mentali su questioni che sono solo eventualita’ non ancora reali.
Solo che quel momento, anche se per pochi, brevi giorni, e’ arrivato, e mi ha devastata piu’ di quanto vorrei ammettere. Mi sono scoperta fragile, insicura, incerta sul futuro, tremendamente sola. Ho dovuto fare un grosso, grossissimo sforzo per elaborare, razionalizzare, masticare e digerire questa sensazione. E anche ora, che tutto sommato sto bene, che il peggio e’ passato e quasi dimenticato e sono gia’ proiettata in avanti verso quello che potenzialmente potro’ fare nei prossimi giorni o nei prossimi mesi, mentre piano piano riprendo confidenza e familiarita’ con la mia casa, pure mi resta una punta di amaro in fondo in fondo, come una cicatrice, a ricordarmi che arrivera’ prima o poi il momento in cui questa sensazione tanto sgradevole si riproporra’, probabilmente non per qualche giorno ma come nuova condizione di una vita che dovro’ aver imparato ad accettare e a vivere come nuova realta’.
Mi guardo di nuovo intorno: la coperta sul divano, la borsa dell’acqua calda, i cuscini sul tappeto, la pentola col brodo rimasto ad ammuffire sul fornello.  Scuoto la testa mentre prendo la pentola e lentamente rovescio il brodo ammuffito nel lavandino, e nello stesso modo lascio che questi pensieri lo seguano nel mulinello di liquami che lentamente viene inghiottito dallo scarico.  Ci saranno altri momenti in cui dovro' riaffrontare questo discorso. Ora basta.
Back to home. Ricominciamo da qui.
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gatutor · 4 years
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Rosalba Neri "Ursus: los tres invencibles" (Gli invincibili tre-Ursus l´invincible) 1964, de Gianfranco Parolini.
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veronica-nardi · 4 years
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High and Low The Movie + The Red Rain
Party time
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Di base, questi due film di High and Low (a quanto pare la serie più longeva di tutta l'Asia), mi sono piaciuti. Hanno certe difficoltà, le loro problematiche, ma mi sono piaciuti.
Innanzitutto una cosa: sono molto offesa che in The Movie il personaggio di Hyuga sia stato relegato in pochissime scene, quando la sua tamarraggine meritava di brillare in tutto il suo splendore.
@dilebe06 Questa gif è tutta per te:
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A parte questo, veniamo alle cose serie. Colui che brilla davvero è senza ombra di dubbio Kohaku, il "villain" di questo primo film.
Penso che sia uno dei personaggi più interessanti e scritti meglio di questa serie, e mi è davvero piaciuto il suo tragico percorso, pieno di rabbia e sensi di colpa. In questo l'ho trovato molto umano.
Lo scontro tra lui, Tsukumo, Cobra e Yamato è semplicemente straziante e mi è piaciuto un sacco, anche se ancora mi chiedo com'è possibile che nessuno di loro sia morto dopo essersi menati in quel modo.
La pecca che trovo in questa scena è la ripetizione delle stesse dinamiche usate tra Cobra, Yamato e Noboru nella prima stagione. Però devo anche dire che Kohaku non è mai stato un villain vero e proprio, era solo un uomo molto arrabbiato che aveva perso la strada, quindi capisco se alla fine non è rimasto nel lato oscuro.
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Comunque trovo BELLISSIMO il concetto di aver creato l'Unione del Sannoh per dare agli amici un posto in cui tornare tutte le volte che lo vorranno.
Non mi sarei mai aspettata tutta questa emotività e introspezione in High and Low: alla fine le botte sono solamente un ripiego e un intratteninento per raccontare le vicende di questi poveri disgraziati e tutti i valori in cui credono, come la famiglia e l'amicizia.
Ho ADORATO il mega rissone che occupa quasi metà del film. Mi ha pompato parecchio e me lo sono goduta come una bambina davanti alle caramelle.
Mi è piaciuto come i vari personaggi si aiutano e si parano il culo a vicenda, anche tra gruppi diversi, dimostrando ancora una volta il rispetto che scorre tra le varie bande, o forse hanno finalmente capito che per sconfiggere davvero i cattivi bisogna combattere insieme e aiutarsi a vicenda.
(Peccato che questo sia un film e non una serie quindi non posso usare questa scena come miglior scena d'azione nel quiz finale. @dilebe06 E ORA COME FACCIO??? 😭😭😭).
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Ma siccome nulla è perfetto, ho un paio di appunti da fare riguardo questa mega rissa: prima di tutto, la versione femminile asiatica di Leopardi, tizia di nome Sara, qualcuno può spiegarmi come sia possibile che per tutto il tempo non viene colpita nemmeno una volta??? Può essere brava a combattere quanto vuoi, ma questo è sicuramente assurdo. L'altra cosa che ho trovato ridicola è stata l'assenza di morti. Trovo davvero improbabile che dopo una rissa del genere nessuno ci abbia lasciato le penne.
Un'altra cosa che non mi è piaciuta del film, sono stati i villain. Li ho trovati abbastanza insulsi e privi di una psicologia profonda e interessante.
Riguardo The Red Rain invece, dunque, ho apprezzato tantissimo l'idea di partenza, ovvero dare spazio ai fratelli Amamiya creando una storia tutta per loro con tanto di background.
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Ovviamente si tratta di una storia tragica perché ormai High and Low sembra diventata un'opera scritta dalla penna di Shakespeare. Ma è una cosa che mi piace, perché io da questa serie mi sarei aspettata solo botte e inseguimenti.
"Indipendentemente da quello che dicono gli altri, noi tre siamo veri fratelli."
Non è la prima volta che High and Low affronta questo discorso, avevo già visto come Smoky e Lala si considerassero fratello e sorella benché non avessero lo stesso sangue, ed è un concetto davvero bello che mi piace un sacco.
Quella tra questi tre fratelli è l'ennesima bella bromance che vedo quest'anno (My Country sta mangiando la polvere): tre ragazzi cresciuti insieme come una famiglia al di là dei legami di sangue.
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Entrambi i film sono guidati dalla voglia di vendetta, ma laddove Kohaku vuole distruggere lo SWORD per poi colpire i veri cattivi (i piani geniali), qui Takeru si infiltra tra i cattivi per colpirli dall'interno (piano più intelligente ma suicida).
E quando alla fine Masaki e Hiroto fanno facilmente il culo a tutti i cattivi mettendoli tutti a tappeto senza alcuna difficoltà (Bud Spencer e Terence Hill levatevi), non ho potuto fare a meno di chiedermi perché non lo avessero fatto prima. È vero che non sapevano chi fossero i responsabili, ma quando ho visto questi due fare fuori tutti in due minuti contati dopo che il fratello si è fatto il mazzo tanto per mesi, mi è venuto un po' da ridere.
Riguardo alla mancata vendetta finale, ho sulle prime dato la colpa al buonismo, ma trovo molto buona la spiegazione di @dilebe06: secondo il modo di pensare giapponese essere sconfitti è un'umiliazione talmente grande che è peggio della morte. Una mentalità poetica e affascinante, e anche da puro medioevo.
In generale, Masaki e Hiroto sono una coppietta di fratelli niente male: menano bene (sono invincibili) e sanno anche essere divertenti.
I film sono piuttosto godibili e sono da vedere assolutamente dopo le prime due stagioni.
The Movie: 7.6
The Red Rain: 7.3
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corallorosso · 4 years
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“MA CHE CAZZO VUOI, MA VALLO A DI' A CONTE” «Io la mascherina non me la metto». Diciassettenni massimo ventenni rispondono così, sfacciati, all'agente della polizia municipale che educatamente, pure troppo, invita a rispettare la misura anticovid dopo le 18. Questo venerdì sera è accaduto nei principali luoghi della movida romana, a San Lorenzo, Trastevere, Fontana di Trevi e Ponte Milvio dove sono in atto i controlli disposti con ordinanza del Questore Carmine Esposito. Qui dopo le rispostacce e le offese verbali, «ma che c... vuoi, ma vallo a di' a Conte», una comitiva è quasi arrivata alle mani con gli agenti del presidio fisso intervenuti per difendere un fotografo. Spintoni pugni e tre denunce per rissa, resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale (due gli agenti lievemente feriti). Assembramenti meno clamorosi comunque negli ultimi giorni ma resistenza a oltranza alla mascherina. Sul braccio fino a quando l'agente non chiede di indossarla, qualcuno lo ascolta, qualcun altro lo fa per pochi minuti, altri hanno a che dire. Ironizzano, protestano, rispondono. Comitive di 20enni incuranti del pericolo, come fossero invincibili, anzi proprio perché giovani e potenzialmente asintomatici, spregiudicati e ignoranti, alcuni perché ignorano altri perché cafoni. Per lo più, all'arrivo delle pattuglie tendono a disperdersi momentaneamente e a mettere la mascherina per poco. «Perché non me posso bere una birra in pace?», biascicava convinto un giovane sul muretto di Ponte Milvio. Una battaglia iniziata tardi, forse bisognava far capire lor che i superpoteri sono variabili e soprattutto a casa possono mieter vittime. Ora c'è tempo solo per fare i controlli. Così dopo esser stato più volte invitato a indossare la mascherina, all'ennesimo rifiuto gli agenti della polizia di Roma Capitale hanno multato un 17enne in piazza Fontana di Trevi. «Non mi va», avrebbe risposto il giovane a una pattuglia del I Gruppo Centro, in servizio di vigilanza serale nella piazza. Un altro ragazzo è stato sanzionato per lo stesso motivo in una piazza di San Lorenzo. «Il Covid non esiste, ma che volete...». Anche in questo caso, di fronte al rifiuto del giovane di mettere il dispositivo di protezione, gli agenti del II Gruppo Sapienza hanno proceduto con la sanzione prevista. (...) Raffaella Troili per “il Messaggero”
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app-teatrodipisa · 4 years
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Il fumo ai tempi del  Covid 19 — Elda Dassi
Devo scendere a buttare la carta sperando di non trovare come al solito il cassonetto già pieno,  è la quarta volta che torno su senza averlo fatto. Ora è il momento buono, lo sento. Sì, è stato vuotato da poco, è all'interno del condominio da quando è iniziata la differenziata porta a porta, non da molto, qualche mese. Non mi dispiace riprovare a controllare, è sempre una scusa per uscire da quando è iniziata la quarantena; sono a casa dal 9 marzo, quindi da una ventina di giorni, ora dovrei essere in cassa integrazione. Boh, forse, lo spererei.
E insomma, sono davanti al cassonetto della carta, la tengo sciolta e la butto un po' per volta cercando di occultare i pacchetti vuoti, che soltanto ora che li butto vedo quanti sono. Cazzo, ma quanto fumo? Sono tutti lì, non so da quanto, ma sono una quantità incredibile. Mi guardo in giro se c'è qualcuno a guardarmi... Sì, è vero, mi vergogno un po', mi sento molto tossica, cosa che sono fra l'altro, è inutile negarselo. E da quanto poi? 45 anni. Cazzo, ma è una vita! Eh sì, ne ho 60, quasi 62 per l'esattezza, e la prima volta che ho messo una sigaretta in bocca è stato a 14 anni, 14 e mezzo per l'esattezza, nel bagno di una mia amica con sua cugina. Manca poco vomito dallo schifo, la gola si contrae dopo avere inalato, subito una tosse a conato; e noi ridiamo, incoscienti, stupide, e ci passiamo la sigaretta fino alla fine,  in un patto di amicizia e complicità.
Da quel momento non ho mai smesso né ho provato realmente a farlo. Il fumo ha sempre misurato il battito delle mie emozioni: si fuma perché si è felici, depresse, nervose, esaltate, ubriache, ansiose. Si fuma dopo il caffè, per andare al bagno, perché non si prende sonno, perché si gioca a burraco...Cazzo, il burraco! Da qualche anno ho il nick name su burraco on line, livello Pegaso col nuovo aggiornamento, drago col vecchio, che era il livello più alto, ora sempre in alta classifica comunque. E' quando gioco che fumo di più: l'adrenalina, l'attesa, la vincita, la perdita, il pareggio. Sì lo so, le solite scuse del giocatore, del tossico, della dipendenza. Come dice parafrasando quel comico: "Ce l'ho tutte".
In realtà c'è stato un momento in cui avevo diminuito, a 32 anni, inizialmente perché avevo la nausea, eh sì, ero incinta, nei primi tre mesi con un senso di schifo, di ipersensibilità olfattiva, poi per senso di responsabilità restando nelle 5 sigarette giornaliere più o meno consentite per tutta la gravidanza e poi fino alla fine dell'allattamento: un anno e mezzo di quasi disintossicazione. Poi non mi aveva più sfiorato nemmeno l'idea.
E insomma sono lì che butto la carta, i pacchetti vuoti della vergogna li nascondo sotto i cartoni più grandi, in modo che non si vedano dall'alto, poi butto tutto il resto della carta e chiudo il cassonetto, E' fatta. Faccio il giro più lungo, passo da dietro dal parcheggio delle macchine e sul retro del giardino condominiale, giusto per fare il giro un po' più lungo e godermi un po' di sole primaverile, piacevole, quasi caldo, con un animo un po' più sereno che non avrei se uscissi dal cancello, sparata nella realtà da incubo con gente frettolosa in mascherina che si scansa anche se a più di un metro da te. Invece dentro ci sentiamo tutti un po' più protetti, si scopre una normalità divenuta insolita. Ci faccio più caso io o nel giardino e nel cortile siamo più di prima? Della quarantena,  intendo. Quarantena: che brutta parola, come fossimo tutti appestati. Però è vero. Malati lo siamo un po' tutti: di egoismo, di Ego, di immagine e poi le solite cose, inquinamento, riscaldamento globale, mare di plastica che mangiamo, beviamo, cachiamo. Diventati frasi luogo-comune, ormai ne parliamo come un mantra, e questo vuol dire che ne siamo già assuefatti, e quando diventa normale non è neanche più pericoloso, ce ne scordiamo. Eppure ora che è tutto fermo vediamo dei segnali nuovi: l'acqua dei fossi è trasparente, nei porti accanto alle navi giocano i delfini,  i livelli di inquinamento sono calati nelle grandi città e sembra che anche il virus si propaghi meno dove l'aria è più pulita. Chi crede nelle piaghe d'Egitto avrebbe di che pensare, ma anche per noi che non la vediamo come una punizione mandata da un Dio vendicativo, può veramente essere una occasione per riflettere su dove stiamo andando, fermare questa frenesia e cercare di curarci. Curarci: che bella parola. Non per niente la canzone scelta sui Social è proprio "La cura" che dice: "ti proteggerò, ti solleverò, ti salverò, avrò cura di te e guarirai". Se ce ne facessimo tutti carico di questi semplici insegnamenti cominciando da noi, da chi ci sta vicino e dal nostro piccolo mondo, non la faremmo, la rivoluzione? Beh, pensiamoci.
E insomma, sono in giardino, parlo con chi ha portato fuori il cane che è una cucciola di chow chow, mi dicono una seconda Mulan, la prima se n'era andata quest'inverno ed ovviamente aveva lasciato un vuoto da colmare. E' un po' più chiara della prima, è una tombolina tutto pelo, tenerezza e simpatia, come tutti i cuccioli del resto. E in giardino ci sono anche dei padri che giocano con i figli, chi a nascondino, chi a palla, chi ci fa ginnastica insieme o li vede andare in bicicletta.  Ci si racconta le cose dai terrazzi: una mia vicina è diventata nonna da poco, ha il figlio a Milano e ha visto la nipote solo in foto; un'altra vede il nipote solo dall'alto del terrazzo e si commuove. Mi sembra che siamo tutti più fragili, più esposti, più vulnerabili ma anche più veri, autentici nelle nostre umanità. Forse ce n'eravamo scordati, ci sentivamo invincibili come dei supereroi. Beh, adesso abbiamo finito le noccioline di SuperPippo, che ci vuoi fare.
Magari cercare di fumare meno e restare entro il pacchetto? Ma quante ne fumo di preciso? No, perché ne tengo un pacchetto in ogni tasca dei giacchetti, nella borsa, uno in cucina, uno in sala accanto al computer, e ho quasi finito la stecca. Cazzo, altri 50 euro in fumo! E non si trovano quasi più, queste maledette Yes-moke-grigie! Prima dal tabaccaio di Via Donnini, il mio pusher di fiducia, arrivavano di venerdì e me ne metteva sempre da parte due stecche con due accendini omaggio, poi mi ha cominciato a dare buca, ma questo già da prima di Natale. Allora ho trovato i napoletani dentro la Pam: sempre riforniti, mai un ritardo, e la garanzie dell'accendino, più o meno a richiesta. Ma stavolta sono in quarantena anche le sigarette ed è la terza volta che rimanda. Ora alterno tra le Rotmans e le Benson, che non sono certo la stessa cosa. Entro dal tabaccaio, ammicco alla signora dietro al bancone, mi fa un cenno di no col capo, ruota il dito per dirmi di tornare... Anche questa devo ammetterlo è un'altra situazione imbarazzante, deludente e però  anche molto teatrale. A 60 anni, 62 quasi per l'esattezza, patetica direi, il drogato che non trova la roba, Bella scena, da andarne fieri.
Va bene, qui ci vuole un piano d'azione, trovare strategie, favorire consapevolezze: quindi quanto cazzo fumo? Per saperlo o fare finta di non saperlo il piano è: dividere un pacchetto da 20 sigarette in 4 pacchetti da 5. La strategia è: farseli bastare nella giornata. 5 sigarette per la mattina, 5 prima metà del pomeriggio, 5 l'altra metà, e  5 dopo cena. Sembrano tante? Provare per credere: sveglia alle sette, colazione-sigaretta-bagno.  poi Cucina-caffè-sigaretta. Rifaccio la camera poi vado in cucina-sorso di caffè- sigaretta. Toeletta, vestizione, rendersi un minimo presentabile, cucina-pausa cicchino. Che ore sono? Cazzo, le 10 e ho già fumato 4 sigarette in 3 ore. E so già che la sera è anche peggio,  se sto lì a giocare poi...Le accendo in automatico senza nemmeno accorgermene. Dopo due ore praticamente ho già il portacenere pieno di cicche. E poi quando mi sdraio? L'inspirazione avviene sempre o con un rantolo o con un fischio. E meno male che vivo da sola, sennò mi ritroverei direttamente sull'ambulanza a sirene spiegate e con la bombola dell'ossigeno attaccata.
E comunque la strategia funziona, ora so quello che già sapevo: un pacchetto di sigarette al giorno non mi basta più, l'ho superato da un pezzo. Potrei addirittura arrivare a due. Cazzo!Allarme, allarme rosso, Houston abbiamo un problema. Eh già, e chi te lo deve risolvere? Perché siamo tutti bravi nella teoria della ragione: il fumo fa male, è cancerogeno, e per chi ancora non lo sapesse lo trova anche scritto sui pacchetti con tanto di foto fra il tragico e l'assurdo,  peraltro talmente finte da sembrare telenovele di serie B -sempre che esistano telenovele di serie A- come quella che vedo sul pacchetto di Benson (sigh) "Il fumo può uccidere il bimbo nel grembo materno" con addirittura la foto di una coppia abbracciata accanto ad una piccola bara bianca con tanto di fiore bianco e con una candela...bianca. E poi nel tabacco ci sono pesticidi, diserbanti, antiparassitari, per te che vai a comprare il Bio è una bella contraddizione, non trovi? E vogliamo parlare del costo? Una media di 5 euro a pacchetto si va minimo a 150 euro al mese, e  per chi ne guadagna 1200 mi sembra una buona percentuale di spesa. Si può essere più cretini? E poi la smania, la voglia di fumare quando sei al ristorante, al cinema, al lavoro, a teatro, quando devi uscire per forza anche se fuori c'è una bufera di neve, il termometro segna meno 20 e che rischi una bella congestione perché dalla foga non hai preso neanche il cappotto. E quando non ci pensi e hai anche amici tossici come te che ti chiamano per fumare insieme a loro,  e te ci vai e rifumi anche se l'avevi spenta da cinque minuti.
Eh già. Per chi fuma lo sa, il problema è grosso, l'impresa titanica, la volontà non è di ferro, la riuscita è incerta, il passo è... Com'è il passo? No, dico, il Primo Passo. Cerco tra gli aforismi "un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo" (Lao Tzu). Sarà un caso che in tempi di virus dalla Cina, m'imbatta proprio in un cinese? Leggo anche che la parte più difficile consiste nel fare il primo passo. Stavolta lo sento, i tempi sono maturi, e se non ora, quando? (Tracy Chapman - if not now) "Dobbiamo tutti vivere la nostra vita, sempre sentendo, sempre pensando che il momento giusto è arrivato".
Sì, è la mia sfida contro il Covid-19, contro l'inquinamento, la mia rivoluzione personale e collettiva, contro le multinazionali del tabacco, il mio sacrificio a questa svolta epocale, nei miei 60 anni, quasi 62 per l'esattezza, di cui 45 da tabagista convinta e recidiva... Scusate ma ho bisogno di una grossa spinta per il primo passo, sono bloccata come quando sull'orlo dell'aereo a 2000 metri, sopra le nuvole ho fatto il primo e unico lancio a tandem col paracadute e quello imbracato a me mi ha dato la spinta per saltare nel vuoto col vento che mi spazzava indietro. Cazzo, che sensazione! Lo volevo fare ma mi cacavo addosso, come ora, lo ammetto. Ma la sensazione di libertà e di esaltazione che ho provato in quel momento non l'ho mai più raggiunta. Breve ed intensa, come tutte le cose belle. E allora proviamo a farlo questo primo passo. Sì, ho deciso, a very very big decision. L'ho detto e lo faccio: da oggi SMETTO.
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I ricordi arrivano all'improvviso. Non te ne rendi conto, sei li nella tua camera, magari con la musica che risuona e loro non volendo arrivano. Ti ricordi di quando da bambina era tutto più facile, i giochi spensierati, le domeniche al mare passate con mamma e papà, e insieme a tua sorella facevate a gara per il castello di sabbia più bello. Le sere d'estate mangiando un gelato che sapeva di libertà e amore. I giorni passati al parchetto con gli amici e un pallone, e chi perdeva la partita doveva pagare la Coca-Cola a tutti. Ti ricordi le prime notti che si usciva da soli la sera, e quel motorino era la tua felicità, il sentirsi grandi pur non essendolo, il sentirsi invincibili perché il mondo era nostro, il sentirsi bene e leggeri sopra quelle due ruote che potevano portarti ovunque. Ti ricordi le prime bevute,quella sensazione di sentirsi forti, ma in fondo forti non lo siamo mai stati. Non ci importava lo stare male dopo, era bello perché eravamo giovani, eravamo noi, eravamo insieme. Ti ricordi le prime volte in discoteca, la musica assordante, le persone intorno e la notte sembrava eterna. Ti ricordi i primi amori, quelli che sembrano durare per sempre, quelli del "Io e te tre metri sopra il cielo" quelli dei baci di nascosto, dei sorrisi stampati in volto, quelli che rimarranno sempre nel cuore, ed anche se è finita male oppure bene non importa, perché i primi amori non si scordano mai. Ti ricordi tutto quello che è passato e ti prende quella strana nostalgia per i momenti felici, ma sai che rimarranno sempre dentro di te, e li terrai ben custoditi. Dove ogni volta che ti sentirai persa, saprai che li c'è il posto dei ricordi, dove tu puoi essere ancora quella bambina che gioca e corre con un pallone in mano e il cielo in tasca.
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