#Giuseppe Modenese
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perfettamentechic · 3 months ago
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21 novembre … ricordiamo …
21 novembre … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2023: Bettina Moissi, attrice tedesca. Figlia dell’attore austriaco di origini italo-albanesi Alessandro Moissi e dell’attrice Herta Hambach. Intraprese la carriera di attrice, divenendo famosa in particolare per aver recitato sul grande schermo in diversi film. Sposò nel 1959 Heinz Berggruen, collezionista d’arte, gallerista, mecenate e giornalista tedesco, da cui ebbe due figli: Nicolas…
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zaerq-news · 9 years ago
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Soldi neri: la lista di chi è andato offshore
Tante aziende, piccoli imprenditori e persone note. Ecco chi sono i clienti di Alessandro Jelmoni che hanno portato all'estero i loro capitali
Nomi noti, piccoli imprenditori, decine ?di aziende. Secondo la Procura di Milano, Alessandro Jelmoni li aiutava a evadere ?il fisco. La lista dei clienti (solo alcuni ?di loro sono indagati) spunta dalle carte dell’inchiesta giudiziaria su Jelmoni.
Con lui sono stati rinviati a giudizio, tra gli altri, anche Paolo Perino e Gianenrico Buso della Reno, società di consulenza di Segrate, accusati di ricettazione e riciclaggio, per una somma di centomila euro. Briciole, rispetto ai 3,5 milioni che Michele e Maurilio Carasi, anche loro indagati, hanno spostato dalla San Martino srl su conti esteri. Di Michele Carasi, Jelmoni ricorda poco: «Mi sembra fosse un gestore di fondi inglesi», dice, nonostante i pm durante l’interrogatorio gli avessero sottoposto gli appunti dei 37 comparti di Titris. Era suo cliente anche Andrea Bucalossi, manager esperto di private equity, patron dell’atelier Jonofu. Stando alle ricostruzioni della Procura sfruttava false fatture emesse dalla lussemburghese J&Be per farsi pagare all’estero «prestazioni effettuate in Italia» ?per le società Opera Sgr e Arthur D. Little.
Dicono le carte dell’inchiesta che tra il 2004 e il 2011 alcuni imprenditori hanno usato le cartolarizzazioni di Titris per portare all’estero i ricavi da operazioni di compravendita. È il caso di Luca Pasini, figlio dell’immobiliarista Giuseppe. A quell’operazione partecipa anche Nicola Squillace, avvocato, ex consigliere ?di Finmeccanica. Domenico Bellomi, manager di Acciaierie Valbruna, compare in un affare immobiliare, sempre via Titris, che ruota attorno alla società Pival.
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Fra i clienti di Jelmoni compaiono i comaschi Mario Giovanni Secchi e Felice Cappellini che hanno ceduto immobili alla Addinvest di Giosuè Addamiano, costruttore incappato nel disastro ambientale delle acque del Lambro nel 2010.
Gli imprenditori di Potenza Giuseppe e Pasquale Di Leo della Astor Immobiliare, anche loro clienti Titris, possiedono lotti di terreni a Melfi. Stando alle indagini della Procura, anche altri industriali hanno sfruttato le cartolarizzazioni di Titris per spostare capitali. Per esempio, la Finanziaria Modenese, società di Enrico Campari, figlio del fondatore dell’industria alimentare Le Conserve della Nonna. Nella lista troviamo mobilifici come la ditta veneta L’Elite di Renato Nichele e la comasca Meritalia della famiglia Meroni.
E nelle carte ?di Titris viene citata anche l’azienda di Perugia Sitrex: fa macchine agricole ed è controllata dalla famiglia Signorelli. E poi ancora le succursali statunitensi e giapponesi della bresciana Flos, leader dell’illuminazione di design. E anche la Bdf Boscato & Della Fontana di Vicenza, leader nella produzione di macchine per l’industria vetraria, che tramite Titris ha fatto affari in Algeria. Indagini anche sui baresi Vito Lucatorto, Giuseppe Lacarra ?e Annamaria Lacarra della Giem, società che possiede i terreni di Punta Perrotti.
Sono accusati di aver evaso le tasse, spostando grazie a Jelmoni 10 milioni su una società offshore panamense. Si è rivolta al broker di Titris anche la Electa Financial Engineering di Simone Strocchi, vice presidente del gruppo vitivinicolo Italian Wine Brands quotato in Borsa. Stesso discorso per la Koflach Properties di Vittorio Ciccaglioni, imprenditore di Orvieto. E per la Mefim, azienda romana ?di gestione d’immobili.
Oltre alla Brovedani di Pordenone presieduta da Benito Zollia, tra i clienti Titris troviamo PM, proprietario del residence delle Olgettine. Un comparto Titris è intestato a Fabio Balbinot, «un gestore di fondi», come ?lo definisce Jelmoni. In effetti un Fabio Balbinot è il numero uno di Italfondiario, ?del gruppo americano Fortress.
A partire dalle carte di Titris, la Procura di Milano ha avviato anche indagini separate, come quella che ha coinvolto i vertici di Renco, azienda di ingegneria nel settore energetico. Davide Ripesi, ex direttore finanziario di Renco, e Pier Luigi Tomassi manager di Unicredit Lussemburgo, a febbraio sono usciti dal processo patteggiando una pena (16 mesi ripesi, 14 mesi Tommasi) per aver corrotto il figlio del presidente di Zanzibar, per allargare il resort controllato da Renco sull’isola africana.
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Rapina in villa nel Modenese, picchiati imprenditore e la moglie
Violenta rapina nella villa dell’imprenditore del settore ceramico Giuseppe Marasti giovedì sera a San Venanzio di Maranello, nel Modenese. A riportare la notizia è ‘il Resto del Carlino di Modena’. L’uomo, 76 anni, e la moglie sono stati sorpresi ed aggrediti da quattro malviventi col volto travisato, che hanno fatto irruzione nell’abitazione sollevando la tapparella automatica e sorprendendo le…
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goodbearblind · 4 years ago
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Posted @withregram • @fotografie_della_storia 15 gennaio 1950 Fiorentina - Juventus. Ultimo minuto di gioco, il risultato è inchiodato sullo 0-0 ma la Fiorentina continua ad attaccare per trovare la rete del vantaggio. Il momento decisivo della partita è il lancio lungo del difensore Magli verso Egisto Pandolfini, la stella della Viola. Tra lui e il gol c’è solo Parola che si esibisce in un colpo che sarebbe diventato storico anche grazie alla fotografia di Corrado Bianchi, fotografo di guerra prestato al calcio. E’ un attimo che diventa leggenda: il gesto stilisticamente perfetto, la gamba sinistra piegata ad accompagnare il movimento, la destra tesa a mostrare la forza e poi il pallone colpito di collo. Nasce la rovesciata di Carlo Parola, l’ideale massimo di bellezza calcistica, il sogno di ogni calciatore. È l'essenza del calcio, lo spettacolo della forza e dell'armonia. Dal 1965 diventa un'icona di stile Sugli spalti c’è un ragazzo che si innamora di quel gesto tecnico, è modenese e decide di acquistare i diritti di quella foto: si chiama Giuseppe Panini e farà diventare la rovesciata di Parola il simbolo delle sue raccolte di figurine. Un gesto improvviso, istintivo e magicamente romantico destinato a diventare immortale. Oggi Carlo Parola avrebbe compiuto 99 anni ma la sua leggenda rimarrà impressa per sempre nella mente di milioni di ragazzini italiani che hanno fatto almeno una volta la raccolta di figurine Panini. Grazie a Giovanni Parente! #lefotografiechehannofattolastoria #calciatoripanini https://www.instagram.com/p/CKDiuBzgTat/?igshid=1uzigmcbbsgbh
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hotelpinetafanano · 4 years ago
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BENVENUTI A FANANO
Fanano è un piccolo comune immerso nella natura situato nel Parco dell’Alto Appennino Modenese, ad un ora di distanza da Modena, la Ferrari di Maranello, Bologna, Bologna-Aeroporto Marconi e Pistoia.
Fanano è una meta turistica valida per tutti i periodi, è un comune versatile, per 365 giorni all'anno. Una meta turistica che non ha paura del cambiamento delle stagioni perché, in tutti i suoi mesi, può contare su diverse opportunità per il tempo libero e per le famiglie: da un lato l'estate con trekking, e l’inverno con lo sci, le ciaspolate e il pattinaggio e tutti gli sport  di squadra praticabili nelle strutture presenti, come il Palaghiaccio, una bellissima piscina all’aperto, i campi da tennis e da calcio. Il nostro appennino è una zona strategica per tutto il nostro paese: a un'ora di distanza da Modena, Bologna, Firenze e anche dalla Ferrari e da altri importanti luoghi d'interesse. La forza di Fanano sta nel poter disporre di strutture di primo piano al centro del paese, raggiungibili comodamente a piedi da bambini e famiglie e può contare anche su un enorme patrimonio naturalistico: i Laghi Pratignana e Scaffaiolo, i chilometri di crinale al confine con la Toscana che danno vita ad una delle reti sentieristiche più ampie e fruibili del territorio, e percorsi adatti sia alle famiglie che a camminatori esperti e ad amanti della mountain bike. Tra le novità dell’estate 2015 segnaliamo anche il noleggio della Mountain Bike Elettrica, che sta prendendo molto piede nei paesi nordici. Da non dimenticare, poi, il Museo dedicato alla Linea Gotica a Trignano, vero fulcro delle dure lotte nella Seconda Guerra Mondiale in questi territori, e l’area tematica dedicata a Felice Pedroni, storico cercatore d’oro che fece fortuna in Alaska arrivando a fondare la cittadina di Fairbanks.
Fanano non è solo sport e aria aperta, ma anche patria di un patrimonio storico e culturale di primo piano che va dagli antichi graffiti pre-romani della  Borgata “La Sega”, ai tanti e suggestivi chilometri dell’antica via Romea, al quadro di scuola Guercino presente nella chiesa di San Giuseppe di Fanano, facente parte del complesso dell’antica università dei Padri Scolopi e per ultimo, ma non certo per ultimo, il museo all’aperto di Scultura su Pietra che vanta centinaia di opere realizzate in oltre 20 anni di Simposio Internazionale di scultura su pietra.
Cultura è...vita: sì perché Fanano, grazie ad una forza lavoro di volontari veramente unica, riesce a creare un connubio unico in diverse manifestazioni storiche, turistiche, culinarie e culturali che attraggono sul territorio migliaia di visitatori: il Presepe Vivente, riproposto ogni due anni (2012/2013, 2014/2015 e 2016/2017), che porta in ogni edizione più di 10 mila spettatori, grazie alla rappresentazione degli antichi mestieri svolti dagli oltre 200 figuranti fananesi. e anche la Triennale del Venerdì Santo (2016, 2019, 2022) Altrettanto seguite anche la “Festa del Mirtillo” (primo weekend dopo ferragosto) e “Ste Sròden” (sròden è un termine dialettale fananese per indicare l’autunno), in programma il secondo o terzo weekend di ottobre, che ha unito le feste del fungo e della castagna.
E Fanano, come tutta l’Emilia, è patria culinaria di primo livello: dalle tradizionali crescentine al Parmigiano Reggiano, Aceto Balsamico, funghi, mirtilli, ciacci di farina di castagno e tanto altro. Provare per credere.
Che dire, benvenuti a Fanano!
INFO: http://www.fanano.it/index.php/it/fanano/la-storia-di-fanano
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thinkleonardo · 7 years ago
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Style Lessons From Italians
Style Lessons From Italians
It’s no coincidence that many of the world’s best-dressed men aren’t in the first flush of youth – just think of Messrs Ralph Lauren, Bryan Ferry, Luca di Montezemolo and Terence Stamp. Fine clothes are indeed necessary, but not sufficient. In many cases, it’s simply a sense of steely confidence. If you want to dress like a master rather than a mannequin, it’s vital to be at ease with yourself,…
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pangeanews · 6 years ago
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Il Petrarca allucinato, il Baudelaire padano. Sulla poesia di Antonio Delfini, l’autore più incendiario della letteratura italofona del Novecento
“Attenzione, sozzi professionisti fascisti dopo il delitto Matteotti e antifascisti dopo la morte di Mussolini, […] turpi spie del governo fascista (e di tutti i governi), vecchi sporcaccioni cornuti fino al midollo della vostra fronte sfrontata, attenzione, c’è sempre qualcosa (anzi c’è sempre tutto!) che il vostro cervello privo di immaginazione, con la vostra fantasia da elefanti, col vostro cuore ateo, con la vostra cultura inesistente e con quella vostra erudizione, che persino il genio di Manzoni non sarebbe riuscito a percepire, attenzione… c’è sempre qualcosa, per tutti, e anche per voi ci sarà… prima e dopo la morte! […] Voi […] non andrete né in Paradiso né in Purgatorio… qui, in questa terra brucerete, come si brucia all’inferno e poi, dopo, come avete fatto nella vita, non saprete nulla, non soffrirete, avrete un solo ricordo: quello di far schifo ai vivi.”
Parole di fuoco di Antonio Delfini, l’autore più incendiario della letteratura italofona del Novecento, le cui pagine si possono forse riassumere in un distico – “Vorrei tu mi armassi la mano / per incendiare il piano padano” – che sembra saltare fuori direttamente da una ruvida salmodia dei C.C.C.P., il gruppo punk di Giovanni Lindo Ferretti – e curiosamente, rarità per il poeta, il tu cui si rivolge è il Signore – e salta invece fuori da un colpo di macchina da scrivere, o di penna impugnata, con la mano sinistra, come un revolver – due oggetti d’acciaio, due cose solide, per dirla con Fuoco fatuo – in una stanza modenese, anno 1958, di grazia, o disgrazia, che è quella che sente Delfini, e la frizione sulla carta deve aver prodotto non faville ma fiamme, quel giorno…
Niente padre, infanzia agiata, bisnonna naturale Marietta Pio di Savoia – “che abita vicino a Crevalcore, ma dentro i confini del ducato di Modena”, specificava –, figura snella ed elegante, calvizie precoce – come questo terzetto da amare: Oswald Spengler, Pierre Drieu La Rochelle, Henry Miller –, umore malinconico, indolente e rivoltoso (“tifiamo / tifiamo rivolta / nell’era democratica / simmetriche luci gialle e luoghi di concentrazione / nell’era democratica / strade lucide di pioggia splende il sole” – cantava Ferretti), non è andato a scuola e non ha letto i classici, spirito agonico e quasi agonistico, che infatti si voleva atleta ma prevalse il dandy baudelairiano, “funereo” – scrive Marcello Fais che ha curato il volume delle poesie complete per Einaudi –, il passo dondolante del nullafacente o, per meglio dire, di chi non sapeva davvero cosa fare e visse – parole queste dello stesso Delfini sugli anni trascorsi tra la sua Emilia e Firenze –, con “la paura di non arrivare in tempo a vivere, di non sposarmi, di non avere figli, di non vivere una vita dignitosa”; e per la scrittura.
“Al di qua di ogni letteratura” era la scrittura di Delfini, poesia centellinata ma debordante, esito del sentire saturnino delle antenne più dritte sulla sventura che si chiama Italia e che la sciagurata Italia abbia avuto assieme forse a Giuseppe Berto e Pasolini.
La sventura di Modena, di Parma, di Bologna, di Ferrara, “(la quale – ove la storia d’Italia fosse andata diversamente con minor nume rodi avventurieri stranieri e più amore, competenza e lealtà per le cose proprie – potrebbe essere oggi la capitale d’Italia)”.
La disgrazia di tutta la penisola, “Italia, mia patria assassinata”, scrive Delfini, che per la sua terra sognava, come alternativa più ovvia alla più romantica Ferrara, Reggio Emilia capitale, perché città in cui fu inventato il tricolore della Repubblica Cisaplina.
“Sarai d’Italia capitale / perdere Roma sarà poco male”, recita infatti un altro distico letale, nella poesia di È morta la reazione; Roma capitale di una società sempre più inumana, “l’inumanesimo italiano”, come lo definisce il poeta in rottura col disumano:
“Ma ciò che io combatto e col quale intendo rompere ogni rapporto è il disumano. Intendo per inumano ciò che è contrario all’uomo, che non essendo più imano è tuttavia incluso nell’umano. Insomma l’inumano è un uomo che finisce, o può finire, all’inferno. Il disumano è in vece ciò che è fuori dall’umano […]. In poche parole: è il diavolo. Il disumano può circolare fra noi, per via della nuova moda italiana dell’inumanesimo. Il disumano può circolare, ripeto, travestito da essere umano; può circolare, però soprattutto, nell’aria, nelle parole, negli oggetti, nel disegno degli architetti, nei frutti degli speculatori inumani […]; quando le donne che incontriamo non sono più né belle né brutte, ma provocanti, arrapanti, fredde o calde […]; quando più niente corrisponde alla verità del passato o dell’avvenire, e il presente vive senza rapporti e senza confronti.”
E stando a Delfini il disumano è il diavolo che tenta di vincere, e che in Italia ci riesce almeno dal 1935:
“Tornava fuori, nel 1935, il carattere sozzo, strozzinesco e delinquenziale di gran parte di quegli italiani cittadini che, falsi innamorati della vita, e consci della loro povertà senza America, intendono comechessia farsi la vita e l’avvenire col bagno, l’automobile, le troie e i gioielli. Questo gusto da sciacalli, più che da lupi da tigri e da leoni, gli italiani ce l’hanno nelle ossa fin dai momenti migliori della grandezza di Roma, affinato con le invasioni dei barbari, diventato costituzionale con la servitù allo straniero, portato al delirio fanatico degli alti ideali col fascismo, e caduto in un puzzo graveolento da rendere irrespirabile lo stesso dolce clima dell’Italia, proprio ora, nel momento in cui i migliori, i pochi italiani, attendono con ansia l’inizio (soltanto l’inizio) di una resurrezione del senso morale e artistico della Patria”.
Delfini amava e odiava l’Italia, la detestava in modo viscerale perché avrebbe voluto poterla amare, cosa impossibile a simili condizioni, lui, scettico alla Cavalcanti, alla Pound, prossimo a Cervantes e Rimbaud, a Unamuno e Campana, e che in sé voleva “Napoleone, Bach Manzoni, Leopardi, Cavalcanti, Machiavelli, Goldoni…”, per possedere davvero una visione totale. Ma che si sentiva sfiduciato, disorientato di fronte alla realtà, seppur solidamente agguerrito, membro con Zavattini e Guareschi, di una mai vista brigata del risveglio padano, lui, un po’ comunista, conservatore e reazionario, certo non in senso latino, mussoliniano, né progressista né rivoluzionario, di sicuro ribelle disimpegnato che fece del disimpegno il suo vero impegno.
Le sue uniche vere lotte civili, a parte un tentativo di candidarsi nelle liste di Unità popolare, solo in funzione antagonista alla legge maggioritaria che per lui evocava ciò di cui non ne voleva più sapere – ossia il fascismo –, furono infatti la fondazione tra Viareggio e Bologna, tra il 1927 e il 1929, di un paio di periodici indipendenti, come recita il sottotitolo de Il Liberale, immediatamente soppressi dai fascisti, ma soprattutto la battaglia, tutta sua, donchisciottesca e di campanile, per la Certosa di Nonantola…
Non ha letto i classici, Delfini. È come spesso gli capita a Viareggio, lui che sempre bazzicò il quartiere Marco Polo, il Forte dei Marmi, il Fiumetto, la Versilia ancora dei letterati… Passeggia con un amico, che gli racconta che la Certosa resa famosa dal romanzo di Stendhal, che non ha mai letto, non è a Parma, bensì a Modena… Non ha letto i classici, Delfini. S’incuriosisce, ma, annoiato, si ferma a pagina trenta del libro di Stendhal, e che desidera è solo di dimostrare che la certosa era quella di Nontantola…
Da qui l’ultima opera, uscita nel 1963, poco prima della morte, Modena 1831, la città della Chartreuse.
*
Baudelaire padano, Delfini è il più grande lirico dopo Campana, è poeta senza l’ombra di un epigono, campanilista figlio di una depressione ambientale – ovvero la pianura –, di una terra di gente pragmatica e sognatrice, ruvida e molle, indolente, contadina e insieme aristocratica, calma ma anche subito pronta alle ebbrezze, ad allentare i freni inibitori, come nel suo stesso cantare, secco, carico, teso, a volte dolce, a volte delatorio, spesso prossimo a un turpiloquio in cui il manierismo si fa stile “céliniano”…
Una poesia lirica, con spunti stilnovisti, romantici e crepuscolari, dadaisti, certo, ma di un “dada” che è tutto assolutamente emiliano, e che non poteva che esser “Mamama”, e “Mamama non polemizza: provoca. Mamama non ingiunge: disguida”, e che non può che produrre sillogismi pazzi qu anto lucidi, tipo: “Che cos’è la patria? La patria è un villaggio. Che cos’è un villaggio? Un agglomerato di imbecilli. Che cos’è un imbecille? Un uomo che può vivere nel villaggio e non può leggere Mamama”… Voilà!
Una poesia spesso sghemba e sgrammaticata, non da accademia ma da bettola, fatta per offendere, per perturbare, per distruggere ma anche per amare, l’amore rivolto a una donna sognata più spesso che a una reale, o alla patria (in Avvertimento, avverte di essere “lo straniero”), lui che si sente ormai apolide (un po’ come Papini, come Gadda, come Montale), ma sanguigno di un sangue che sente le proprie radici anche nelle flânerie incessanti, non solo nelle città ma tra le città emiliane, versiliane, e Firenze, e Roma.
Una poesia di passeggiatore; quale era da ragazzo incantato dal francese; una lingua in cui gli capita di scrivere versi (“On se souvient de Baudelaire la nuit / dans le train en traversant notre Emilie” – “Je suis un poète flâneur et débauché / je tiens mon poing en air”); e di dandy indolente (“È bene scrivere sempre / così si dice, / ma è tanto bello dormire”); e di girovago ozioso (“Quando verrà quel giorno / tanto desiderato / nella mia vita oziosa”); e a volte sonnolento, “disteso sul letto a immaginare speranze” e “talmente fissato in una tragica svagatezza”; come nella pesante delusione che fu Firenze; fuggiasco nel silenzio; esule della solitudine. E che in prosa ha sognato: “potessi partire, ma partire come non è mai partito nessuno, andarsene senza un addio, senza un ricordo”. E che in poesia ha ribadito: “Tra Secchia e Panaro è disceso l’oblio / altri fiumi, altri cieli, altri monti, / non diranno che cosa ero io”.
Ovvie le fughe rimbaudiane. Ovvia una scappata a Parigi. Da cui a Modena finge d’importare il surrealismo, Modena in cui vive la sua bohème (“Mi ero lasciato trascinare in minimi e ingenui bagordi da una compagnia di giovinastri rumorosi e goderecci, coi quali correvo letteralmente le strade, le piazze e i teatri” – “mi permettevo di creare satire ai costumi del tempo, figurate e verbali, di una tale comicità, improvvisate sulla pubblica via in qualunque ora del giorno e della notte”), in cui è “snervato da una vita ignobile e eccitato dai vini e liquori”, facendo “esperienze di vita, sofferte e godute di mia sola iniziativa”, esperienze originali e complicate, le quali lo distinguono dai suoi “compagni di trastulli notturni che definisce con sprezzo fats de café…
Era il 1933 circa. E Delfini non gridava solamente gli ovvi “Viva la figa!” e “Viva le tagliatelle!” ma anche “Abbasso il Duce!”. Erano i tempi di Ritorno in città, autoedizione di successo, ma anche di progetti di amori e pure di matrimoni. Ma nulla di fatto.
Da lì in poi, il poeta inizia ad assumere l’aria di un Petrarca allucinato che non riesce, o meglio non può trovare, in quella Italia che lo ripugna e che si rispecchia nelle donne, una Laura o una sposa (“le spose che sognai son morte”), la donna, la femmina che sia una musa, (“con la storia dei miei amori sapevo di non avere un avvenire di amante come si rispetti (era fallito in me l’amante mio originale, un tipo che stava tra Leopardi e D’Annunzio)”), vittima degli orrori di un paese ormai semprepiù allucinante.
Erano i tempi della sua Modena, di idee di libri, di abbozzi di racconti e di versi, dei quali scriverà poi: “A ripensarci dico che se avessi allora tenuto un journal non avrei potuto avere il tempo di vivere, né l’estro di creare, quei veri racconti, vivendo i quali non ho avuto il tempo di scriverli. Nei momenti di riposo di quella vita veramente intensa e attenta scrivevo delle frasi sui biglietti del tram e del cinema, sulle scatole dei fiammiferi e delle sigarette: li conservavo.” Per lo scrittore sono anni di fermentazione…
E anni di spettri della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, rivolta e inerzia, voluntas e noluntas, e fuga…
Un tema che davvero merita lunga una serie di citazioni: “Povero ragazzo / pieno di fantasie / verso la scuola arida e perduta // E tra la nebbia / ombra indecisa / guardavo avanti // chissà fin dove / chissà fin dove guardavo mai // Malinconia /di una ribellione / che vuol durare ancora // E ritornavo a casa / gonfio di niente // Poi mi affacciavo / a riguardare / dalla finestra del solaio / giù nel cortile buio / l’invisibile andare della gente / il muto ricordo del mare / me naufragante nel pantano” (Lo spettro dell’infanzia); “Potessi un giorno / camminare da solo / ma solo solo / non come vado adesso / solo / ma solo solo / senza me stesso” (Non ho volontà); “Voglio andar via / anima mia / Solo per il mondo / ch’è piccolo e senza fine / m’illuderò di perdermi / E sarò sempre solo / La gente non fa compagna” (Itinerario – I); “Ma un giorno me ne andrò / limpido e solenne / per la mia strada muta” (Itinerario – II); “Voglio scappare / come una sera d’estate / quando pensavo di andare” (Esasperante!); “Chissà che cosa avrei fatto / chissà quanti amori / chissà quanti denari” (idem); “Penso ancora di andare andare / non so dove non so come non so quando / penso di partire morire e partire” (idem); “Non venite con me / ché sono solo / E andar coi solitari / è come andar di notte / per le strade senza luce” (Avvertimento).
*
La voglia di scappare corrisponde in Delfini a quella sprezzante di distruggere, uccidere, appiccare il fuoco.
Una voglia di fuga, da parte del futuro poeta, che corrisponde alla realtà della sua vita quotidiana, fatta di spleen, e di una bohème un poco stantia in quella che descrive come “un’immensa pianura / CITTÀ invecchiate / donne abbandonate / amori consumati / nel tedio e nell’attesa / FANALI e lunghe strade / cortei – fanfare / olimpici richiami / il mare il mare / […] / la città – la torre / le campane / le bimbe della messa / i vicoli bui / un solitario / la lampada sul tavolo / penso a cose strane / (forse alle puttane)”.
Una realtà che gli starà sempre stretta, sotto il fascismo come nel dopoguerra in un paese nel quale sotto i colpi di presidenti, segretari, ministri, giudici, già si sta disfando l’antico mondo della provincia… “Il tribunale democristiano del demonio / mi ha rotto il focolare antico / Sia maledetto colui ch’è magistrato / sia maledetto il mio più grande amico”.
Delfini si proclama “giudice supremo / di questa vasta vita / senza freno e senza vita” e la poesia è la sua arma individuale: “Sian maledetti tutti gli avvocati / figliati dal lucertole e lombrichi / Sian maledetti i vuoti vasi cervellotici / dei lustri ministri servitori / di lontane terre e avidi ladri / delle nostre terre e portatori / di mestizia disperazione e follia”.
Sa sintetizzare in poesie di quattro versi, senza titolo, e in fulminanti distici, tutta la sua visione anarcoide: “Né laico, né prete / intendo votare”; e: “Sporca la scheda, / lasciala bianca”. Scrive d’altronde nel primo verso di Sega gli alberi, titolo che rieccheggia senza saperlo la Deuxième élégie XXX di Charles Péguy: “L’eterno inferno è il governo”.
Il disgusto verso i politici e l’Italia lo riversa anche sulle donne, che ne sono lo specchio sensuale: “È la gran moda democristiana: / restare vergine e far la puttana”. Un disgusto che nei versi de Le ragazze del mondo borghese diventa puro desiderio d’insozzarle: “avrete la merda sulle gonne: / non al presente, ma nel ricordo”… “La figlia del miliardario / regina delle ladre / quando si fa chiavare / lo fa nel letto di suo padre / Ha l’inferno nel cuore / ma il cuore no n ce l’ha / resta che ha l’inferno / altro di umano non ha”. E il suo proclama politico è tutto baudelairiano: “Monarchico anafilattico, / allergico repubblicano, / idiosincratico socialdemocratico. / Rimasto son solo, / ho preso lo scolo: / Non voterò!” L’ironia dadaista si fa sempre più acida e feroce.
“Invasione, fallimenti / bombeatomiche, tormenti / fame, preti, seghemezze / tutte queste son pagliuzze. // Peste, rogne, inondazioni, / influenze, insurrezioni / spie, fascisti, partigiani, / delinquenti, e battipani // Tutto meglio all’ingiunzione / del coacervo liberale / che ti manda l’ufficiale / a pigliar la tua magione.” L’oggetto dei suoi assalti poetici sono mercanti, finanzieri e banchieri (“Sacerdoti del pareggio / con la banca dello strozzo”), democristiani, borghesi, modernisti e progressisti, procuratori e questori, governatori e dottori, ingegneri e cocchieri, fascisti, liberali, deficienti, comunisti, radicali, cornuti e finocchi, viriloidi e lesbiche, spie e delinquenti, ministri (“[…] ministri Saltinbocca e Mozzarella / e ‘l loro degno presidente Tarantella”) e avvocati (“Caro avvocato sadico e ristretto / dal sudicio sguardo da strozzino / hai una figlia che non ho mai visto / […] / stai attento: tua figlia verrà uccisa” – “Caro avvocato guarda bene / la moglie tua verrà insultata / da quattro sante prostitute / e davanti a te saran sapute / di tutte le ordure di gioventù” – “a Bologna, a Modena, a Milano / e c’è l’illustre castrato / generale avvocato di culano / che quando parla tiene in mano / un finto cazzo levigato”). E sogna una qualche rivolta né fascista né antifascista, né comunista né anticomunista, né filosovietica né filoamericana (Delfini scrisse tra l’altro un Manifesto per un partito conservatore e comunista, che sarebbe dovuto nascere nelle capitali degli stati d’Italia, contro l’unità mitizzata dal Risorgimento piemontese, le riforme agrarie e i grandi affaristi del capitalismo, e fondato sulla proprietà terriera, negli interessi di contadini e operai, ai tempi ancora cari alla sinistra). E sogna ironiche punizioni, castigando in versi gli appartenenti ai partiti di quella che oggi è chiamata prima repubblica (rispettivamente i democristiani con olio di ricino se di sinistra, con vino democristiano se di destra, con acqua del Meridione se di centro, e i comunisti, i socialisti e i socialdemocratici con la Coca-Cola, i liberali col Cynar, i radiali e i repubblicani con la Corona, non intesa come birra bensì come monarchia, e i monarchici con l’edera dello stesso P.R.I.).
L’amarezza e disincanto che prova rispetto alla patria non vale soltanto per le donne ma anche per gli amici:
“Molto più bello, più intelligente, più ricco e più aristocratico degli amici che ho avuto, mi sono trovato davanti alla barriera terribile e armata dei loro difetti, vizi e capricci: gelosia, narcisismo e sfrenata (ma sorda) ambizione. Né geloso, né ambizioso, […] mi sono scoperto (ma troppo tardi) un difetto […]: una mitezza eccessiva nata dal desiderio di non soffrire mai o il meno possibile, si è convertita nel tempo in pigra contemplazione e in una sorda velleitaria rivalsa che non è mai sfociata in una conclusiva spiccata vendetta.
Mentre scrivo continua questa brutta storia. La mia è una discesa continua; talvolta procurata dagli amici che ho avuto; tal’altra, aiutata dalla mia disperazione a vedere gli amici che ho avuto, guardarmi, compiaciuti (col loro sguardo freddo tra di tedesco, di eunuco, e di triglia) scivolare verso il basso. Ma si illudono. Poiché il basso verso il quale scivolo, non è che un elevatissimo altipiano: mentre alle loro spalle, di sulle vette dalle quali par che mirino altezzosi, coi loro sguardi annoiati e incomprensibili, li attende il baratro)”.
E l’amarezza e il disincanto che prova per donne e amici è uguale a quello verso gli intellettuali in Versilia: “Dopo una giornata con gli scrittori, non mi riusciva nemmeno di leggere. Passavo momenti in cui desideravo veramente uccidere. Pochi scrittori, credo, hanno odiato gli altri scrittori come li ho odiati io. Avevo una naturale simpatia per uno solo di loro” – “Parlare di quegli svariati e uniformi gruppi mondani che dovetti conoscere e frequentare mio malgrado, mi fa avere ancora oggi un senso di smarrimento della mia personalità, come se avessi vissuto e continuassi a vivere in una perenne vergogna morale”.
Nel 1935 si è trasferito a Firenze proprio per poter frequentare il mondo degli intellettuali, ma ne è deluso.
Vive “l’agonia dello spirito” e ha voglia tornare a casa, rendendosi però conto di non poterlo più fare, come confesserà poi nella splendida introduzione a Il ricordo della basca.
Si sente “un borghese sulla via della delusione” che ammette l’inanità (“non sapevo veramente che cosa fare”), legge Stendhal, “una disgrazia”, e, appena può, fugge a Bologna.
A Firenze non riesce davvero a vivere (“la sprecata vita letteraria dell’inverno fiorentino”), per cui torna continuamente a Parma e a Modena, che ritrova solo allora, ora che se n’è andato via, e così, attraverso quella distanza, la città diventa quasi irreale… E spesso a Bologna, dove si reca per seguire le orme di Stendhal, ripercorre, perdendosi, le strade di Campana (“mi perdevo […] negli itinerari di Dino Campana”), girando fino alle due, fine alle tre del mattino per poi tornare a Firenze col primo treno…
*
“Come salivo su quel treno che proviene da Verona, va a Bologna passando per dolci sinuosi paesi come Camposanto, San Giovanni in Persiceto e Crevalcore […], come salivo su quel treno andavo ripensando di un giorno lontano, di un ottobre solare, di un giorno semplice, senza visioni particolari, senza tenebre, chiaro e disadorno, pieno del rieccheggiamento di echi famigliari che ogni strada e ogni piazza che avevo attraversa, mi rimandavano avvolgendomi in un mantello morbido e sottile combinato di un tessuto fatto di aria, di luce, e profumato delle vaghezze autunnali, dei prati e dell’uva matura, filtrate attraverso le porte della città, dei vicoli, delle piazzette rinchiuse. Ricordo di raggi di luce di un oro tenue e leggero che andava a consolidarsisui muri del Palazzo Ducale, sulla chiesa di San Bartolomeo, sullo sfondo del Corso Reale. Era un giorno lontano…”
Nasce così il suo capolavoro, Il ricordo della Basca, volume di novelle in prosa decisamente poetica, baudelairiana, che “fu il meno diffuso, della collezione meno diffusa, dell’editore meno diffuso d’Italia”, Lischi di Pisa.
Opera che ripercorrerà, verso la metà degli anni ’50, quando, a Roma, scriverà l’introduzione, traccia di un lavorio che culmina nel gioco di specchi tra questa piccola autobiografia e le poesie della fase che segue il 1958.
La scrittura di Delfini si fa allora tentativo di ricostruire, dai ricordi, le connessioni di avvenimenti non solo personali ma anche nazionali, con un senso apocalittico di fine del mondo, e infatti nel febbraio 1959 annota di voler tentare “l’anticanzoniere di questi ultimi giorni della vita del mondo. Ultimi giorni che stiamo vivendo o che ci illudiamo di vivere”, tra memorie, rimorsi, visioni, fine di speranze e brame d’assassinio, identificando e minacciando i colpevoli, come Pasolini, prima di Pasolini, più di Pasolini.
La sua malattia è stata quella di partire, per Firenze prima e per Roma poi, perché l’Emilia la lasciava malvolentieri, e i suoi ritorni “dalla stazione Termini alla stazione di Modena, erano sempre stati accompagnati da una grande euforia, da una pienezza di propositi e da una sconfinata gioia di vivere”, e la ragione è presto svelata: “Fra parentesi dichiaro il mio odio per tutti coloro che per Roma o da Roma hanno voluto, contro di me e contro molti altri italiani, gettare il seme dell’avvilimento sul mio – sul nostro – sentimento orgoglioso di non essere nati a Roma, di non vivere a Roma, e sulla mia – nostra – impressione che a Roma, e soltanto a Roma, si trovi quella data forma di vita che gli avvilitori di questo secolo chiamano provincia e provincialismo.”
La capitale lo farà ammalare del pregiudizio o complesso del provincialismo che ammorba gli intellettuali:
“Certo che se non avessi conosciuto degli intellettuali, e li avessi frequentati ancor meno di quanto li avessi frequentati fin allora, non sarei partito per Roma. Perché partire per Roma significava sottomettermi a una specie di complesso di inferiorità, che gli intellettuali mi avevano rivelato, e col quale non seppi giocare disinvoltamente a pallino. Era il loro complesso di inferiorità, e, par delicatesse, finsi di esserne anch’io infettato. […] Il complesso di inferiorità si chiamava (e si chiama tutt’ora) provincia. Si badi però a quanto dico. Il loro complesso non stava nell’essere dei provinciali […] ma nel parlare, nel giudicare, di una provincia, di un provincialismo, nel contagiare di un timore della provincia, e nell’isolarsi in una torre, o in una valle segreta, o nel centro di una grande città, o nel salotto di una signora dentro una villa, fuori della provincia.”
A Roma il poeta padano troverà infatti solo intellettuali che definisce con sprezzo, in francese, assommants, ossia che tendono a umiliarlo (“come se fossi un vecchio socialista, che delinquenti squadristi si fossero portati in giro dileggiando”), ad annullarlo (“Non ero più nessuno. Ero stato raccolto, spremuto per quel che valevo materialmente, e gettato via”), e a renderlo quindi inerte, lui che, senza studi e laurea, era partito come se dialogare con Cardarelli e Bacchelli in terra padana valesse meno che farlo a Firenze oppure col D’Annunzio, di cui ricordava una grottesca adorazione nella sua Modena: “Camerati, non dimentichiamo Gabriele d’Annunzio. Per il Condottiero eja! eja! Eja!”, e “Alalà!”, gli rispondeva oscenamente il coro dei fascisti.
La sua Modena non poteva dunque esser quella del fascismo, bensì una città medievale e baudelairiana, sfumata nella nebbia e ricolma di strane figure: romantiche se in accordo con tale identità; grottesche quanto figlie del regime italico…
Modena di modiste e marchesi, di puttane e puttanieri, di mariti che scompaiono nel nulla, mogli e amanti, signore impiumate e sculettanti, vecchi maestri soli e con la paura della morte, e Felice e suo fratello uscito di prigione, condannato a tre anni per truffa, i quali, in due, soddisfano la stessa donna, fino alla rovina, senza dimenticare – e come si potrebbe mai farlo? – “l’indimenticabile dandy” – la nitida proiezione di Delfini – che frequenta pittori, scrittori, giornalisti e famiglie bene, giocatore d’azzardo, spendaccione e dongiovanni che si proclama “scrittore e contrabbandiere, ricco e fortunato, brillante e famoso […] per farvi crepare di rabbia, gente impacciata cattiva pettegola paurosa e senza stile”, per prendere le distanze dalla gente – “gente […] moscia, gnaulante e ottusa” – “gente senza poesia” – “siete della merda” – gente di Modena, tra la quale c’è tuttavia anche la deliziosa apparizione della “diciottenne saltellante ed allegra Gina che coi suoi occhi neri, capelli bruni, le anche entusiaste, le gambe lunghe e tornite, già si era resa famosa in città pur preservando la sua purezza di fanciulla. Sotto il Portico del Collegio, durante i rumorosi e affollati andarivieni del mezzogiorno domenicale, era un fiorire di elogi detti grassamente in dialetto all’indirizzo della bella Gina, la quale, nella sua inavvertita solitudine passava più volte sotto quei frizzi e sotto quegli sguardi, lieta e confusa, col cuore imaginosamente pieno di un luminoso e rombante avvenire che le si presentava caoticamente con giovanile sicurezza. […] Già qualcuno l’aveva fermata, la domenica, nella stretta via di San Michele, mentre ella volgeva verso casa. Il più svelto di tutti, il Marchesino B., l’aveva palpata ben bene mentre lei ridendo cercava di liberarsi per salire presto in casa ancor timorosa che il fratello non la redarguisse”, e poi ancora, in campagna, la romanticissima ballata di un fidanzato, Teodoro, partito a cavallo da un paesino della zona incolta della pianura per andare dalla sua amata, che vive in una villa a cento chilometri e che vuol sposare per avere una famiglia, più che l’amore, dopo avere avuto tante ragazze da cui veniva infine sempre disgustato; perché i due: “Avevano in comune, e ne gioivano tacitamente, quell’educazione che non insegna e che non fu insegnata, dote somma che lascia talvolta all’uomo la libertà di sentirsi vicino a Dio”; e ora sogna: “Andremo a letto, e dormiremo, ché ne abbiamo bisogno, poiché sono trentacinque anni che non dormo, e lei trent’anni. E ogni volta che ci addormenteremo, diremo che non ci sveglieremo più per l’eternità. E quando ci saranno i bambini, anche i bambini diranno così con noi. […] Quello che facciamo noi è la cosa più antica e più rara della terra: l’amore. C’è una società che ha reso questa parola ridicola. E noi ne siamo felici, perché il nostro amore è ridicolo, noto antico, sorpassato, ma unico perché solamente te ed io lo conosciamo…”; e lei uguale;
*
E poi c’è la basca che dà il titolo a una novella e alla raccolta, testo che qui resta implicito e se ne riempiono i margini, perché non può esser riassunto o accennato, ma letto.
*
A Modena, ricorda lo scrittore, gli facevano i complimenti nel 1935, quando non aveva pubblicato un bel niente, non una critica non un premio non un ministro ammazzato.
E poi, anni dopo, uscito Il ricordo della basca, silenzio, indifferenza, disprezzo, a dispetto del suo amore per la città (“Duomo torre e casa mia / voglio con te andar via”, scrive in un altro distico, della poesia Non c’è niente da fare), delle sue evocazioni del passato nel presente (“Tempo in cui le mura della città erano ancora intatte, e poche case sparse picchiettavano la solitudine della pianura”), come in un sogno, “confusa nella nebbia della pianura”, come nel sonno che spesso avvolge la campagna circostante, “il sonno dei campi sotto il sole”, il cui il ricordo della basca, figlia di una terra regionalista, si fa insomma ricordo di “quella parte della pianura, chiamata la Bassa, la cui vegetazione rigogliosa, coi campi simmetricamente divisi da lunghi filari di alti alberi vitati, e di tanto in tanto cosparsi da pioppe cipressine, dà l’idea di un’enorme infinita città signorile, mai apparsa e mai distrutta”, terra di stradine, alberi, campanili, e di malinconie.
*
Lo s’immagini e ricordi a guardare fuori attraverso i vetri di un caffè, senza poter vedere il colonnato dei portici medievali, velato dalla nebbia, a pensare alla morte… Perché per i poeti: “L’unica via possibile è la morte”. Perché veramente: “Viva la f…!” / grida il popolo emiliano. / Sfonda una diga. // La morte è un piano / di ricostruzione / per la reazione”. Perché è il miglior ricordo, ora che sono passati centodieci anni dalla nascita del poeta, ottanta dalla prima edizione de Il ricordo della basca, e sessanta da questo verso, vergato a Modena: “non è il disastro che conta, / è l’assente sospiro che monta”. Perché: “Non c’è cosa più bella al mondo, non c’è ora più felice, come quella di incontrare una persona che ti ha fatto piangere al solo vederla, e che ti dice ogni cosa, come se ti conoscesse dall’infanzia, spontaneamente, senza misure e senza paure.” E chi vuol provarci tenti pure, con tanti auguri, di trovare prose e versi più potenti di quelle del poeta che voleva incendiare, senza misure né paure, la Bassa, e l’Italia.
Il suo ricordo della basca, e in parte della Bassa, è l’antidoto a uno più diffuso, “quello di far schifo ai vivi”.
Marco Settimini
L'articolo Il Petrarca allucinato, il Baudelaire padano. Sulla poesia di Antonio Delfini, l’autore più incendiario della letteratura italofona del Novecento proviene da Pangea.
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scorpione66 · 4 years ago
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Blog su insolite tradizioni. strane superstizioni, profezie, usanze quasi dimenticate . e altri argomenti riguardanti il tema del mistero . .
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perfettamentechic · 2 years ago
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21 novembre … ricordiamo …
21 novembre... … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2020: Beppe Modenese, all’anagrafe Giuseppe Modenese, è stato un manager italiano, presidente onorario della Camera nazionale della moda italiana. Dopo la scomparsa dell‘inseparabile compagno, Piero Pinto, nel 2018 Beppe Modenese si ritirò dalle scene pubbliche. (n. 1929) 2019: Michael J. Pollard, nato Michael John Pollack, attore statunitense. Pollard era sposato con l’attrice Beth Howland. (n.…
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cristianesimocattolico · 4 years ago
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Clandestini falsi minorenni: per truffa e per business
Un foglietto in lingua farsi trovato a un clandestino a Modena svela la tecnica per essere accolti dal Comune, che sborsa fino a 2800 euro al mese per ogni minore accolto. Basta dichiararsi minorenne e presentarsi ai servizi sociali. «I controlli non ci sono più - spiega alla Bussola il consigliere di Forza Italia Giacobazzi - si risparmia sulle visite auxologiche perché sono antieconomiche». Il silenzio delle coop che accolgono clandestini e alimentano il business. Quel vademecum è la prova che c’è un sistema che non funziona e che l’immigrazione è in completo abbandono.
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Andrea Zambrano
Un foglio stropicciato con scritte in lingua farsi e cerchiata in rosso la foto aerea della Ghirlandina, la torre campanile simbolo di Modena, quasi a voler dire: andate qui a colpo sicuro. È ancora presto per capire se dietro questo apparentemente innocuo foglietto “turistico” possa celarsi un organizzazione dedita allo sfruttamento dei clandestini, ma il messaggio che si ricava dalla lettura del vademecum è incontrovertibile: viene spiegata la modalità con la quale fingersi minorenni non accompagnati e poter in questo modo passare per i programmi di accoglienza che il Comune di Modena e altri comuni italiani sono tenuti a mettere in piedi per loro. Una vera e propria truffa ai danni dello Stato che per i minorenni clandestini paga di più: 95 euro al giorno e 2800 euro al mese.  
Clandestini che si fingono minorenni e dichiarano di non avere famigliari in suolo italiano: la strategia è nota e consolidata, come ha denunciato anche Anna Bono nei suoi articoli sulla Bussola e nei libri dedicati al fenomeno migratorio. Ma la scoperta fatta a Modena dal quotidiano on line La Pressa costituisce la prova che il passaparola si sta strutturando in qualche cosa di sistematico che sfugge, al momento, al controllo delle forze dell’ordine.
Nel suo articolo del 15 settembre scorso infatti, il direttore del giornale modenese Giuseppe Leonelli ha scritto che il foglio «è stato trovato nelle tasche di un sedicente minorenne tunisino fermato a Modena senza alcun documento e come si legge dalla traduzione delle parole in arabo-tunisino stentato, una volta arrivati a Modena spesso dal Sud Italia (sul foglio vi è addirittura stampata, cerchio rosso, la foto della Ghirlandina dall'alto) basta presentarsi in un posto di polizia (polizia locale, questura, carabinieri, oppure al Centro Stranieri o nei centri di prima accoglienza) e dichiararsi minorenne non accompagnato. In questo modo si entra automaticamente nella rete di assistenza dei servizi sociali: il sedicente minore è accolto nelle strutture convenzionate ad hoc presenti in città e in provincia (dove il costo dell'accoglienza è a carico del Comune) ed entra ufficialmente in un percorso di integrazione».
La procedura sembra abbastanza semplice. E il consigliere comunale di Forza Italia Piergiulio Giacobazzi, che proprio martedì sera è stato intervistato dalla trasmissione tv Fuori da Coro condotta da Mario Giordano, adesso vuole sapere dal Comune come stiano le cose.
«Il Comune non aspetti altro tempo, accerti nel più breve tempo possibile quanto emerso dall'inchiesta giornalistica sui numerosi casi dei finti minori stranieri clandestini accolti a Modena e fornisca pubblicamente i risultati. Sarebbe grave ed inaccettabile che soldi pubblici siano spesi per accogliere e mantenere sul territorio adulti stranieri che, facendosi beffa dello stato e delle istituzioni, si spacciano per minori per accedere ai percorsi di accoglienza, alle forme di protezione e ai benefici riservati giustamente a bambini e ragazzi stranieri soli». A Giacobazzi si è unito anche il deputato azzurro Enrico Aimi, che ha presentato una interpellanza al ministro degli Interni Lamorgese.
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Ma come è possibile che ragazzi già sviluppati vengano scambiati per minorenni? «Basta dichiararlo – spiega Giacobazzi alla Bussola – le mie fonti mi hanno detto che fino a qualche anno fa i controlli prevedevano un prelievo osseo e una visita auxologica, ma i costi sono aumentati e la procedura di identificazione ha dovuto sacrificare una prova che, anche se non al 100%, garantiva riscontri più o meno attendibili».
Insomma: verificare l’esatta età dei falsi minorenni è diventato antieconomico, ma evidentemente non è antieconomico il business che si teme possa celarsi dietro questo escamotage che sfrutta le maglie di una legge, quella a tutela dei minori stranieri non accompagnati, che fa acqua.
Il risvolto di business infatti è stato affrontato dalla trasmissione di Rete 4 (riguarda qui la puntata del 15 settembre) che è andata a Modena a intervistare clandestini, funzionari di polizia e mediatori culturali. Tutti hanno confermato che il sistema per aggirare la legge è quello, ma gli unici che non hanno dato risposte sono stati i gestori di alcune cooperative che hanno tra gli ospiti proprio dei sedicenti minorenni. Il Comune di Modena poi, ha dato via a progetti di accoglienza di minori non accompagnati: «Però nonostante il Comune abbia detto che nel 2019 il fenomeno dei minorenni fosse in calo, come mai in febbraio, prima del lockdown proprio il sindaco Muzzarelli ha annunciato l’attivazione di una nuova casa di accoglienza?», prosegue Giacobazzi, il quale ha anche presentato un’interpellanza in agosto, che non ha ancora ricevuto risposta.
La domanda di fondo verte su quanto possa essere strutturata questa pratica e se dietro ci sia un’organizzazione. «La troupe di Fuori dal coro mi ha detto che a Udine il fenomeno è ancor più grande che a Modena. A Modena mi hanno detto di aver visto arrivare questi giovani a bordo di macchine con targa straniera che venivano scaricati davanti alla sede dei servizi sociali e della polizia municipale. Chissà perché mai davanti a questura e caserma dei carabinieri».
Intanto nella sola Modena nel 2019, secondo dati forniti dalla stessa amministrazione comunale, i minori stranieri non accompagnati erano 110 dislocati in 15 strutture. «Per loro il Comune è tenuto per legge a garantire un’offerta socioassistenziale ed educativa assumendo le funzioni di tutela conferita ai sindaci dal Tribunale dei minorenni regionale attingendo ai fondi nazionali per l'accoglienza – spiega Leonelli -. Nell’ambito del progetto legalità dall'anno scorso è attivo anche un progetto che ha consentito all'ufficio di polizia giudiziaria della polizia locale, in collaborazione con la Polizia di Stato, di scoprire 12 minori che avevano simulato l'abbandono, ma che in realtà vivevano segretamente con parenti adulti».
Eppure, quel foglietto è indice che sotto c’è un sistema che non funziona e prova che la materia dell’immigrazione è in completo abbandono.
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adrianomaini · 5 years ago
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Combattenti repubblicani di Spagna
A destra, Cesare Menarini in Spagna - Fonte:  AICVAS
Di Cesare Menarini * e della sua militanza come volontario delle Brigate Internazionali a difesa della Repubblica Spagnola mi è venuto solo casualmente di fare cenno a Sergio, l'altro giorno, mentre mi raccontava di risvolti inediti del Gruppo Partigiano Sbarchi di Vallecrosia.
A sinistra, Cesare Menarini in Spagna - Fonte:  AICVAS
Sergio che, a suo tempo aveva conosciuto e frequentato pure lui Menarini, non ne conosceva - o non ne ricordava - questa esperienza. Neppure quella di comandante partigiano durante la Resistenza nel Modenese.
A sinistra Cesare Menarini ad una Festa della Donna nella Sezione del P..C.I. di Vallecrosia (IM) nei primi anni '80
A Vallecrosia, dove Menarini aveva abitato in precedenza per breve tempo, mi sembrava avesse ormai stabile dimora un altro combattente di Spagna, Giuseppe Mosca **, di cui, invece, Sergio aveva contezza.
Giuseppe Mosca in Spagna - Fonte:  AICVAS
Non rammentavo, tuttavia, che Mosca era tornato a Biella.
Mi viene da dire che io e tanti altri amici e conoscenti non abbiamo onorato come si doveva questi due uomini coraggiosi. Anche se io, nei libri che avevo letto, avevo già trovato ben citati Mosca e Menarini in alcuni di Giorgio Amendola e di  Luigi Longo.
Posso ora solo tenatre di sopperire parzialmente, molto parzialmente, con qualche fotografia e qualche cenno informativo, reperiti sul Web. 
E di Menarini ho trovato più immagini.
* Menarini Cesare di Pietro e Malagoli Maria, 5/10/1907, Città  del Lussemburgo. Autista, comunista. Cittadino italiano nato in Lussemburgo, nel 1915 rientra a San Felice sul Panaro insieme alla famiglia, originaria del Modenese. Il 13 gennaio 1923 espatria con regolare passaporto in Francia, raggiungendo il padre, emigrato per lavoro l'anno precedente. Si stabilisce prima a Homécourt, nel dipartimento della Meurthe e Mosella, fino al 1926, poi a Le Plessis-Trévise, nel dipartimento della Valle della Marna, nella regione dell'àŽle-de-France, dove nel 1926 entra nella Federazione giovanile del Partito comunista francese e poco dopo nei Gruppi di lingua italiana del PCF. Nel 1928 si trasferisce a Le Blanc-Mesnil, nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, sempre nella regione dell'Ile-de-France, dove svolge un'intensa attività  antifascista tra l'emigrazione italiana fino all'ottobre 1936, quando decide di partire per difendere la Spagna repubblicana e si imbarca dal porto di Marsiglia sulla nave "Ciudad de Barcelona”. Sbarcato ad Alicante, raggiunge in treno Albacete, dove è arruolato nel battaglione Garibaldi, 1. compagnia, per poi passare alla 2. e alla 3. compagnia. A novembre combatte a Cerro de los Angeles e a Casa de Campo, dove il 20 novembre è ferito da una pallottola alla spalla sinistra. Dopo il ricovero negli ospedali di Madrid e di Valencia, nel gennaio 1937 torna al fronte e combatte alla Città  Universitaria, a Puente de Segovia, a Carabanchel, ad Arganda, sul Jarama, a Morata de Tajuà±a e a Guadalajara. Passato alla Brigata Garibaldi, il 31 maggio 1937 è promosso sergente e combatte a Huesca, a Brunete e in Catalogna. In seguito è al servizio della Delegazione della Brigate Internazionali a Valencia e poi, dal settembre 1937 al giugno 1938, alla Censura militare delle Brigate Internazionali, a Godella, in provincia di Valencia, e a Barcellona, nel quartiere di Sarrià. Il 10 novembre 1937 è promosso tenente e si reca alla base di Quintanar de la Republica, che lascia il 19 novembre per tornare in servizio. Nel febbraio 1938 è ferito al lato destro della testa da una scheggia durante un bombardamento aereo su Valencia ed è ricoverato all'ospedale militare cittadino. Il 4 aprile 1938 è promosso ancora e raggiunge il grado di capitano. In agosto si frattura il piede destro a causa di un bombardamento aereo su Barcellona ed è ricoverato in ospedale. Il 20 agosto 1938 esce dalla Spagna per infermità  e rientra nella sua abitazione a Le Blanc-Mesnil. Il 24 agosto gli viene tolto il gesso al piede all'ospedale di Versailles. Guarito, riprende il lavoro di operaio edile. Nel 1940 è responsabile del Partito comunista per il settore Parigi-Nord (Le Bourget, Le Blanc-Mesnil, Aubervilliers, Drouot, Bobignye e altri comuni) e durante il periodo dell'occupazione tedesca organizza un gruppo antinazista clandestino che distribuisce il bollettino ciclostilato "La Voce degli Italiani" e materiale di propaganda francese. Nel settembre 1940, la sua casa è perquisita dalla polizia, ma riesce a sfuggire l'arresto e viene ospitato per alcuni mesi da compagni di partito. Nell'agosto 1941 il Centro estero del Pcd'I lo invia in Italia con materiale di propaganda comunista nascosto in un baule con doppio fondo. Dopo un primo periodo presso dei parenti a Mirandola, il 7 marzo 1942 sposa Anna Polloni e si trasferisce a San Felice, dove lavora nel magazzino per l'ammasso della canapa, da dove diffonde materiale di propaganda comunista. Entrato nella Resistenza con il nome di battaglia "Andrea", è commissario politico di brigata della Divisione Modena Armando. Riconosciuto partigiano combattente dal 1 ottobre 1943 al 31 maggio 1945 (dal 1 ottobre 1943 al 24 febbraio 1944 con il grado di sergente maggiore, dal 16 marzo 1944 al 31 maggio 1945 con il grado di maggiore). Dal 1945 al 1948 è sindaco di San Felice sul Panaro. Successivamente impiegato comunale all'ufficio delle imposte di consumo, nel 1956 è licenziato per attività  sindacale e decide di tornare a lavorare all'estero, in Svizzera, Germania e Francia. Nel 1962 si stabilisce a Sanremo, poi si sposta a Vallecrosia e infine a Ventimiglia, dove muore l'11 aprile 2002. Eventi a cui ha preso parte [nella guerra civile spagnola]: Battaglia di Cerro de los angeles (Cerro Rojo) Battaglia di Casa de campo Battaglia della Città  universitaria di Madrid Battaglia di Arganda del Rey Battaglia del Jarama Battaglia di Morata de Tajuña Battaglia di Guadalajara Battaglia di Huesca Battaglia di Brunete Annotazioni: Secondo il "Dizionario storico dell'antifascismo modenese", vol. 2: "Biografie", nell'estate 1941 il gruppo antinazista organizzato da Menarini in Francia fu incorporato nel Front National clandestino.
da Istituto Nazionale Ferruccio Parri
** Mosca, Giuseppe Di Giovanni e di Aurelia Cristianelli. Nato l'11 gennaio 1903 a Cossato, residente a Chiavazza (Biella) fin dall'infanzia, fonditore. Iscrittosi alla Camera del lavoro e successivamente alla gioventù comunista, fu un militante molto attivo. Costretto, dopo ripetuti scontri con i fascisti, alla vita clandestina, il 27 novembre 1927 fu arrestato a Torino con l'accusa di appartenenza al Partito comunista e diffusione di stampa sovversiva nelle fabbriche della città: deferito al Tribunale speciale, fu assolto in istruttoria il 6 luglio 1928 per insufficienza di prove. In seguito resse l'organizzazione del partito nel Biellese. In procinto d'essere arrestato, in seguito alla scoperta di un gruppo clandestino operante nel basso Biellese e nel Vercellese, cui aveva fornito materiale e direttive, nel novembre 1932 riuscì ad espatriare illegalmente in Francia, dove si stabilì a Villeurbanne. Fu iscritto nella "Rubrica di frontiera". Nel marzo 1934, in seguito ad indagini dell'Ovra che portarono all'arresto, in Piemonte e Lombardia, di ventisei comunisti, tra cui alcuni biellesi, fu denunciato al Tribunale speciale, in stato di latitanza, per attività comunista. Il 19 novembre 1936 si arruolò nel battaglione "Garibaldi". Combatté a Boadilla del Monte, Mirabueno, Arganda, Guadalajara, dove rimase ferito. Rientrato nella formazione, nel frattempo trasformatasi in brigata, fu inquadrato nella 2a compagnia del 2o battaglione, con il grado di sergente. Combatté ancora a Huesca, Brunete, Farlete, Belchite, Fuentes de Ebro, Caspe e, promosso tenente nell'aprile del 1938, in Estremadura e sul fronte dell'Ebro. Tornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato a Saint Cyprien, Gurs e Vernet d'Ariège. Rimpatriato il 23 settembre 1941 e tradotto, in stato di arresto, a Vercelli, il 19 novembre fu condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato dopo la caduta del fascismo. Partecipò alla Resistenza nella brigata Sap biellese "Graziola" come commissario di battaglione. Riportò una ferita. Dopo la Liberazione svolse attività sindacale nella Fiom e politica nella Federazione comunista di Biella. Morì il 18 luglio 1992 a Biella.  
Fonti: Acs, Cpc, fascicolo personale; Acs, Confinati politici, fascicolo personale; Acs, Ps aaggrr, cat. K1b-45; Apci, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; Anello Poma, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Biografato anche nell'Enciclopedia dell'Antifascismo e della Resistenza e citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; Giacomo Calandrone, La Spagna brucia; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Si veda inoltre Autobiografia di una guerra civile.
da Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli 
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goodbearblind · 5 years ago
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Posted @withregram • @fotografie_della_storia 15 gennaio 1950 Fiorentina - Juventus. Ultimo minuto di gioco, il risultato è inchiodato sullo 0-0 ma la Fiorentina continua ad attaccare per trovare la rete del vantaggio. Il momento decisivo della partita è il lancio lungo del difensore Magli verso Egisto Pandolfini, la stella della Viola. Tra lui e il gol c’è solo Parola che si esibisce in un colpo che sarebbe diventato storico anche grazie alla fotografia di Corrado Bianchi, fotografo di guerra prestato al calcio. E’ un attimo che diventa leggenda: il gesto stilisticamente perfetto, la gamba sinistra piegata ad accompagnare il movimento, la destra tesa a mostrare la forza e poi il pallone colpito di collo. Nasce la rovesciata di Carlo Parola, l’ideale massimo di bellezza calcistica, il sogno di ogni calciatore. È l'essenza del calcio, lo spettacolo della forza e dell'armonia. Dal 1965 diventa un'icona di stile Sugli spalti c’è un ragazzo che si innamora di quel gesto tecnico, è modenese e decide di acquistare i diritti di quella foto: si chiama Giuseppe Panini e farà diventare la rovesciata di Parola il simbolo delle sue raccolte di figurine. Un gesto improvviso, istintivo e magicamente romantico destinato a diventare immortale. Oggi Carlo Parola avrebbe compiuto 99 anni ma la sua leggenda rimarrà impressa per sempre nella mente di milioni di ragazzini italiani che hanno fatto almeno una volta la raccolta di figurine Panini. Grazie a Giovanni Parente! #lefotografiechehannofattolastoria #calciatoripanini https://www.instagram.com/p/B7WrTibifUd/?igshid=iukjuarit2oc
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grandeguerra100 · 8 years ago
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La memoria della Grande Guerra Il tempio ai caduti di guerra, Modena "Eretto in ricordo dei caduti della Prima Guerra Mondiale su progetto dell'architetto/ingegnere Domenico Barbanti, con la collaborazione di Achille Casanova, il Tempio è dedicato a San Giuseppe ed è stato realizzato anche grazie al contributo di molti modenesi spinti da devozione religiosa, civica e patriottica. La posa della prima pietra avvenne l'8 dicembre 1923 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III e dell'Arcivescovo Natale Bruni, suo principale ideatore e benefattore. L'inaugurazione avvenne il 3 novembre 1929. A Natale Bruni è dedicata una cappella funeraria a destra dell'entrata, con un Ritratto Funerario di Giuseppe Graziosi (1932). Sempre del Graziosi è la statua di San Giovanni Battista in bronzo. Nella cripta, sui pilastri e sulle pareti, sono scolpiti i nomi dei 7.237 modenesi caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Sul portale, una lunetta del pittore Evaristo Cappelli rappresenta la Resurrezione di Cristo e la Patria che accoglie tra le braccia il soldato caduto". (Fonte: "I luoghi sacri dell'arte – itinerari nelle chiese modenesi di proprietà comunale" - Comune di Modena- Artestampa, 1994). English - The memory of the Great War The Monumental Temple to the Fallen of World War 1, Modena Erected in memory of the fallen from the First World War, according to a design by the architect/engineer Domenico Barbanti, with the collaboration of Achille Casanova, the Temple is dedicated to Saint Joseph and was created also thanks to the contribution of many Modenese citizens, prompted by religious, civic and patriotic devotion. The first stone was laid on 8 December 1923 in the presence of King Vittorio Emanuele III and of Archbishop Natale Bruni, the benefactor who conceived the monument. The inauguration took place on 3 November 1929. A funerary chapel on the right of the entrance is dedicated to Natale Bruni, with a Funerary Portrait by Giuseppe Graziosi (1932). The bronze statue of Saint John the Baptist is also by Graziosi. In the crypt, sculpted on the pilasters and the walls are the names of the 7,237 citizens of Modena who fell during the First World War. On the portal, a lunette by the painter Evaristo Cappelli depicts the Resurrection of Christ and the figure of “Patria” who cradles the fallen soldier in her arms. (Source: "I luoghi sacri dell'arte – itinerari nelle chiese modenesi di proprietà comunale" - Comune di Modena- Artestampa, 1994)
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giornalepop · 5 years ago
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VINCENZO MOLLICA DISEGNATORE DI BETTY BOOP
VINCENZO MOLLICA DISEGNATORE DI BETTY BOOP
Vincenzo Mollica, uno dei giornalisti più conosciuti del piccolo schermo, modenese di nascita, vive a Roma, in pensione ufficialmente dal 29 febbraio 2020, dopo 40 anni al Tg1. Non ha mai perso la sua buona dose di ironia, anche di fronte alla degenerazione della vista e al Parkinson, “perché oggi il Parkinson balla il rock & roll”, come ha detto al direttore Giuseppe Carbonimentre gli reggeva il…
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sulpana · 5 years ago
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MIRANDOLA – Sabato 14 dicembre 2019: Mirandola: Sala mostre via Luosi 49: MOSTRA DEI PRESEPI 6° edizione – diorami e scene presepiali: orari: 10.00 – 12.30 / 16.00 – 18.30. A cura della Consulta del Volontariato.
Sabato 14 dicembre 2019 dalle ore 10.00 alle ore 19.00: Mirandola: via Cavallotti e piazza Mazzini: MERCATINO DI NATALE DEL VOLONTARIATO CON SPECIALITÀ GASTRONOMICHE.
Sabato 14 dicembre 2019 ore 10.30: Mirandola: Via 29 Maggio – biblioteca Eugenio Garin: Piccole storie per piccole orecchie, con i volontari Nati per Leggere: STORIE DI NATALE. Letture per bambini da 3 a 6 anni. Prenotazione obbligatoria allo 0535/29778 e 29783.
Sabato 14 dicembre 2019 dalle ore 10.30: San Martino Spino: NOI MORIAM PER UN’ITALIA LIBERA E GRANDE – cerimonia a ricordo dei caduti partigiani: Mario Borghi – Oles Pecorari – Cesarino Calanca. A cura ANPI.
Sabato 14 dicembre 2019 ore 20.15: Mirandola: Palazzetto dello Sport “Marco Simoncelli” – via Dorando Pietri n. 11: ROLLER CHRISTMAS CIRCUS – Spettacolo gratuito del settore pattinaggio della polisportiva G. Pico. A cura del Settore Pattinaggio della Polisportiva “G. Pico”.
Sabato 14 dicembre 2019 ore 20.30: San Martino Spino: teatro Politeama: SOTA A CHI TOCA. Prevendita biglietti.
Sabato 14 dicembre 2019 ore 21.00: Mirandola: Palafeste Cherubino Comini (ex Nuovo Centro Anziani – CIRIPO’) – Via Dorando Pietri 13: IL SABATO SERA TUTTI AL BALLO: con CLAUDIA BAND. Sorprese durante la serata e spuntino offerto dalla direzione.
Domenica 15 dicembre 2019 dalle ore 08.00: Confine di Mortizzuolo: Stazione Ornitologica Modenese “Il Pettazzurro” Via Montirone 3: SOM – Censimenti mensili degli uccelli acquatici. A cura della Stazione Ornitologica Modenese.
Domenica 15 dicembre 2019: Mirandola: Sala mostre – via Luosi 49: MOSTRA DEI PRESEPI 6° edizione – diorami e scene presepiali: orari: 10.00 – 12.30 / 16.00 – 18.30. A cura della Consulta del Volontariato.
Domenica 15 dicembre 2019 dalle ore 10.00 alle ore 19.00: Mirandola: via Cavallotti e piazza Mazzini: MERCATINO DI NATALE DEL VOLONTARIATO CON SPECIALITÀ GASTRONOMICHE.
Domenica 15 dicembre 2019 ore 15.30: Mirandola: C.R.A. C.I.S.A. via Dante Alighieri: POMERIGGIO DI INTRATTENIMENTO. A cura del Coro del Duomo di Mirandola.
Domenica 15 dicembre 2019 ore 17.00: Mirandola: aula magna Rita Levi Montalcini – Via 29 Maggio 4: MONTALCINEMA 2019 – IL CINEMA AL MONTALCINI: film DUMBO. Apertura biglietteria 30 minuti prima dell’inizio proiezione, non si effettuano prenotazioni.
Domenica 15 dicembre 2019 ore 20.30: Mirandola: ristorante LA MARCHESA – Via per Concordia 46: CENA DI NATALE a favore del Canile Intercomunale di Mirandola. Menù tradizionale e vegetariano. Per info e prenotazioni mandare un messaggio a Tiziana 388/8074680 oppure Roberta 347/6587373 specificando il numero di persone e il menu scelto. A cura L’isola del Vagabondo.
La rassegna prosegue dopo la fotogallery
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  Martedì 17 dicembre 2019 dalle ore 08.30 alle ore 14.00: Mirandola: Portineria Ospedale “Santa Maria Bianca”: VENDITA DI STELLE DI NATALE E OGGETTISTICA CREATA DELLE VOLONTARIE. A cura dell’Amo Nove Comuni Modenesi Area Nord.
Martedì 17 dicembre 2019 ore 09.30: Mirandola: C.R.A. C.I.S.A. via Dante Alighieri: FESTA “NATALE A COLORI”- Scambio di auguri e canti di Natale con i bambini delle scuole dell’infanzia di Mirandola.
Martedì 17 dicembre 2019 dalle ore 14.00 alle ore 15.30: San Biagio: Giardino Botanico La Pica via Imperiale n. 650: YOUNG IN ACTION – DACCI 1 TAGLIO – Corso introduttivo alla potatura di alberi e arbusti. A cura dell’Associazione Giardino Botanico La Pica in collaborazione con Augusto Garutti
Martedì 17 dicembre 2019 ore 16.30: Mirandola: Biblioteca “Eugenio Garin” via 29 Maggio: IL NATALE DI NONNO MOUSSA. La vigilia di Natale a Parigi accadono magie e si svelano segreti, mentre ai tropici Babbo Natale è alle prese con un coccodrillo molto affamato. E voi, in quale parte del mondo sarete la notte di Natale? Raccontano Alessandra Baschieri e Gianluca Magnani equiLibri cooperativa. Per bambini e bambine dai 4 ai 10 anni. Prenotazione obbligatoria 0535/29783 – 29778. A cura della Biblioteca “E. Garin”.
Martedì 17 dicembre 2019 dalle ore 18.30 alle ore 20.00: Mirandola: Hangar SL via Brunatti n. 1: YOUNG IN ACTION – SUPER READING – Corso di potenziamento della capacità di lettura e comprensione. A cura dell’Associazione Sostegno DSA ODV in collaborazione con Progetto Crescere RE / Università IULM e con il sostegno della Regione Emilia-Romagna.
Martedì 17 dicembre 2019 ore 20.30: Mirandola: Auditorium Scuola secondaria di 1° grado “F. Montanari” via Tazio Nuvolari n. 4: conferenza GENERAZIONE TOUCH – consapevolezza delle problematiche educative legate all’uso delle nuove tecnologie con prof. Daniele Novara.
Martedì 17 dicembre 2019 ore 21.00: Mirandola:, Biblioteca “Eugenio Garin” via 29 Maggio: IO È L’ALTRO – Il tempo dell’identità plurale. Tradizione, identità e multiculturalismo. Un dialogo sul futuro della cultura occidentale a cura del prof. Lorenzo Tinti. A cura dell’Ass. Amici della Biblioteca.
Mercoledì 18 dicembre 2019 ore 09.30: Mirandola: C.R.A. C.I.S.A. via Dante Alighieri: FESTA “NATALE A COLORI”: Scambio di auguri e canti di Natale con i bambini delle scuole dell’infanzia di Mirandola.
Mercoledì 18 dicembre 2019 ore 15.00: Mirandola: Auditorium Scuola secondaria di 1° grado “F. Montanari” via Tazio Nuvolari n. 4: LA GIURISPRUDENZA E L’ANALISI DELLA CASISTICA: LA SOLUZIONE È ARMARSI? – Discussione sulla regolare detenzione di armi da fuoco ai fini di tutela personale e del domicilio. Docente: Andrea Campagnoli – Ispettore superiore della Polizia di Stato in congedo. A cura dell’Università della Libera Età “Bruno Andreolli”.
Mercoledì 18 dicembre 2019 ore 19.00: Quarantoli: Centro Sociale “Guicciardi” Via Pertini: SPETTACOLO DI NATALE DEL CATECHISMO. A cura delle Parrocchie di Cividale e Quarantoli.
Giovedì 19 dicembre 2018 ore 09.30: Mirandola: C.R.A. C.I.S.A. via Dante Alighieri: FESTA “NATALE A COLORI” Scambio di auguri e canti di Natale con i bambini delle scuole dell’infanzia di Mirandola.
Giovedì 19 dicembre 2018 ore 11.45: Mirandola: Aula Magna “Rita Levi Montalcini” via 29 maggio n. 4: LEONARDO. LA NATURA, LA MENTE, L’ANIMA. Conferenza di Stefano Zuffi, storico dell’arte. A cura del Centro Internazionale di Studi “Giovanni Pico”.
Giovedì 19 dicembre 2018 ore 19.30: Quarantoli: Centro Sociale “Guicciardi” via Pertini: FESTA DI NATALE DELLA SCUOLA MATERNA.
Giovedì 19 dicembre 2018 ore 19.30: Mirandola: Circolo Culturale “Aquaragia” via Dorando Pietri n. 15: SEMINARE FUTURO – CAMBIAMENTI CLIMATICI A LIVELLO LOCALE. Special guest: Luca Lombroso, meteorologo e divulgatore ambientale. A cura del Circolo Culturale “Aquaragia”.
Giovedì 19 dicembre 2018 ore 19.30: Mirandola: Palazzetto dello sport “Marco Simoncelli” Via Pietri: “NATALE INSIEME” : saggio interno per i genitori degli alunni della Scuola Materna Don Riccardo Adani
Venerdì 20 dicembre 2019 ore 09.30: Mirandola: Ospedale “Santa Maria Bianca” padiglione “Scarlini”: NATALE A COLORI. Benedizione del Presepe allestito nel Padiglione Scarlini; alunni della Scuola elementare di Mirandola consegneranno i doni nei vari reparti con Babbo Natale. A cura di AVO, AMO, La Pica e AUSL di Modena.
Venerdì 20 dicembre 2019 dalle ore 09.45: Mirandola: sede di Penso Positivo ODV – Casetta Associazioni – stazione FS – Viale Gramsci 322: MERCATINI SOLIDALI – raccolta fondi di autofinanziamento Penso Positivo ODV: vendita abiti usati, bijoux, libri ed altro. Raccolta fondi da destinare alle iniziative di laboratorio ricreativo. Orario: dalle ore 09.45 alle 11.30 dalle 15.00 alle 18.00.
Venerdì 20 dicembre 2019: Mirandola: Palazzetto Marco Simoncelli Via Pietri: BUSSOLA CLUB – il mito ritorna. Remembers ufficiale. La musica di quegli anni – con i Dee Jays di quegli anni.
Sabato 21 dicembre 2019: Mirandola: Sala mostre – via Luosi 49: MOSTRA DEI PRESEPI 6° edizione – diorami e scene presepiali: orari: 10.00 – 12.30 / 16.00 – 18.30. A cura della Consulta del Volontariato. Alle ore 10.45 visita dell’Amministratore Apostolico Diocesi di Carpi S.E. MONS. Erio Castellucci.
Sabato 21 dicembre 2019: Mirandola: Duomo di Santa Maria Maggiore – Piazza Conciliazione: I Presepi del Mondo – esposizione di mini presepi nella navata di sinistra a fianco dell’opera Albero della Vita. A seguire Presepe del Duomo a cura degli Scout (AGESCI).
Sabato 21 dicembre 2019 ore 15.00: Mirandola: sala comunità via Posta 55: arrivo a Mirandola della LUCE DELLA PACE: dalla lampada a olio che arde perennemente nella grotta della Natività di Betlemme; a Dicembre ogni anno da quella fiamma ne vengono accese altre e vengono diffuse su tutto il pianeta come simbolo di pace e fratellanza fra i popoli. A cura degli adulti Scout (MASCI)
Sabato 21 dicembre 2019 ore 15.30: Mirandola: via Mazzone 3 c/o centro commerciale: Arcobaleno BLU Mirandola: dimostrazione e corsi FAI DA TE: Natale. Informazioni e prenotazioni 0535.610544.
Sabato 21 dicembre 2019 ore 21.00: Mirandola: Duomo di Santa Maria Maggiore – Piazza Conciliazione: ITINERARI ORGANISTICI Ciclo XXIV – Anno 2019: CONCERTO DI NATALE IN MEMORIA DEL PROF. BRUNO ANDREOLLI. Sacri fasti barocchi per voce,organo e orchestra. Musiche di Händel, Vivaldi, Corelli. Soprano, Sylva Pozzer; organo, Matteo Messori; Orchestra d’archi “I Solisti di San Valentino”; Violini I, Antonio Laganà – Laura Rotolo – Enrico Gramigna; Violini II, Gabriele Vincenzi – Simona Sciuto – Simone Benatti; Viole, Giuseppe Donnici – Francesca Fogli; Violoncelli, Francesca Neri – Cecilia Lo Chiano; Contrabbasso, Paolo Molinari; Clavicembalo, Istvan Bàtori. Ingresso libero. A cura dell’Associazione Domenico Traeri.
Sabato 21 dicembre 2019 ore 21.00: Mirandola: Palafeste Cherubino Comini (ex Nuovo Centro Anziani – CIRIPO’) – Via Dorando Pietri 13: IL SABATO SERA TUTTI AL BALLO: con LISA MAGGIO. Sorprese durante la serata e spuntino offerto dalla direzione.
Domenica 22 dicembre 2019 dalle ore 08.30 alle ore 19.00: Mirandola: Ipercoop “della Mirandola”: VENDITA STELLE DI NATALE E ALTRI PRODOTTI NATALIZI. A cura dell’Amo Nove Comuni Modenesi Area Nord.
Domenica 22 dicembre 2019 ore 09.00 e ore 10.30: Mirandola: Duomo – Piazza Conciliazione: durante le Sante Messe BENEDIZIONE DEL BAMBINO GESU’ dei Presepi casalinghi.
Domenica 22 dicembre 2019 ore 10.00: Confine di Mortizzuolo: Stazione Ornitologica Modenese “Il Pettazzurro” Via Montirone 3: RICERCA SCIENTIFICA E STUDI NELLA BASSA MODENESE. L’importanza della collaborazione tra SOM e Istituti Universitari nella ricerca scientifica sull’avifauna. Presentazioni di progetti di ricerca a cura di: – Alessandro Berlusconi – Progetto “Life Falkon” – Studente, Università degli Studi di Pavia, Dip. Scienze della Terra e dell’Ambiente; – Sara Cioccarelli – Progetto “Life Falkon” – Studente, Università degli Studi di Milano; -Martina Esposito – Progetto “Progetto Acrocefali-Cuculi Team” – Studente, Università degli Studi di Modena-Reggio; – Aliona Pazhera – Progetto “Life Falkon” – Studente, Università degli Studi di Milano. A seguire BRINDISI FINALE E AUGURI DI BUONE FESTE.
Domenica 22 dicembre 2019: Mirandola: Sala mostre – via Luosi 49: MOSTRA DEI PRESEPI 6° edizione – diorami e scene presepiali: orari: 10.00 – 12.30 / 16.00 – 18.30. A cura della Consulta del Volontariato.
Domenica 22 dicembre 2019 dalle ore 11.00: Mirandola: Centro Storico: PER UN CANTO DI NATALE – Un’intera giornata di Auguri tra le Vie: – ore 11.00: via Castelfidardo 31/37 Little Free Library: IL DONO DEL NATALE – REGALA UN LIBRO, RICEVI UN LIBRO – Incontro con il poeta e scrittore Alessandro Riccioni, dedicato ai bambini e ai ragazzi da 0 a 10 anni; – ore 16.00 via Cavallotti, – ore 17.00 via Battisti, – ore 17.45 piazza Costituente ang. via Verdi: LO SPIRITO DEL NATALE – JOYFUL CHRISTMAS: Concerto Gospel itinerante con RDM Fortress Gospel Choir; – ore 16.45 piazza Costituente c/o Municipio: LA MAGIA DEL NATALE – WAITING FOR CHRISTMAS TOGETHER… : Installazione artistica/musicale – Elena Mirandola, violino elettrico. A cura di Ass. 46Vie.
Domenica 22 dicembre 2019 dalle ore 15.30 alle ore 17.30: Mirandola: C.R.A. C.I.S.A. via Dante Alighieri: C.I.S.A. IN FESTA. A cura del Principato di Francia Corta.
  SI RINGRAZIA LA CONSULTA PER IL VOLONTARIATO
Gli appuntamenti del week end a Mirandola MIRANDOLA - Sabato 14 dicembre 2019: Mirandola: Sala mostre via Luosi 49: MOSTRA DEI PRESEPI 6° edizione - diorami e scene presepiali: orari: 10.00 - 12.30 / 16.00 - 18.30.
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luciamosca14 · 5 years ago
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Giuseppe Tirelli: dall'esilio un'eccellenza per l'agricoltura italiana
Giuseppe Tirelli: dall’esilio un’eccellenza per l’agricoltura italiana
di Maurizio Verdenelli MORROVALLE – Non tutti i mali vengono per nuocere. Dall’ esilio di un patriota risorgimentalenella ‘dolce’ Francia nacque, non solo un matrimonio, ma sopratutto un’eccellenza per l’agricoltura italiana. “Sia chiaro. A meta’ dell’800, i vini italiani erano quasi imbevibili. Si deve al modenese Giuseppe Tirelli, senatore del Regno e prefetto di Macerata (ma lo sarebbe stato…
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