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marksanglobal · 2 years ago
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morelin · 2 months ago
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Volo acrobatico in aliante con Luca Bertossio
Sì, avete letto bene il titolo... volo acrobatico in aliante con Luca Bertossio... e pensare che non ho mai voluto provare le montagne russe per paura. Per spiegarvi da dove viene questa idea devo tornare un po' indietro nel tempo, più o meno al 2021 quando un giorno, navigando un po' tra i post di Facebook per cercare qualche nuovo spunto di viaggio o gita da fare non appena fosse stato possibile uscire, mi imbatto in un adv di un tour operator che propone esperienze come escursioni a cavallo, picnic in vigna e gite in barca e tra queste c'era anche un volo in aliante. Sulla mia travel list erano già presenti volo in mongolfiera, elicottero ed idrovolante e questo mancava, quindi ritenendo la proposta interessante mi appunto il nome. Trascorre un po' di tempo e grazie agli algoritmi di Facebook mi compare un nuovo adv: un ragazzo giovane, un certo Luca Bertossio, un pilota di aliante, che invita a volare con lui. Il nome non mi suonava nuovo ma in quel momento non riuscivo a spiegarmi il motivo (ma poi lo scoprirò) e molto incuriosita clicco il link che riporta al suo sito web. Qui trovo le esperienze che è possibile fare con lui in aliante: non è un “semplice” volo, si tratta di volo acrobatico. Voglio saperne di più, quindi vado alla sua biografia dove leggo che ha conseguito l'abilitazione a più di 25 velivoli diversi ma soprattutto trovo elencati tutti i premi FAI (Federazione Aeronautica Internazionale) vinti per la disciplina dell'acrobazia aerea: 9 medaglie d'oro, 8 d'argento e 4 di bronzo. Inoltre ha raggiunto il miglior piazzamento di sempre per l'Italia nei Campionati del Mondo di Acrobazia aerea in aliante ed è stato il più giovane vincitore dei FAI World Air Games che si sono tenuti a Dubai nel 2015. A questo punto mi si accende la lampadina e capisco dove avevo sentito il suo nome: nel 2015 avevo visto un breve servizio del TG che celebrava la sua epica vittoria a Dubai! Da quel momento decido che prima o poi avrei volato con lui ed inizio a seguirlo su diversi social. Tra i molti video che potete trovare vi propongo la visione di questi due che a mio parere riassumono la sua abilità e bravura oltre alla bellezza ed alla magia delle evoluzioni da lui create durante un'esibizione:
youtube
instagram
Il mio sogno deve attendere: prima la pandemia, poi per un lungo periodo Luca decide di sospendere i voli in aliante per dare priorità alla sua carriera da pilota di linea (ora lavora per una nota compagnia aerea low cost), poi i miei impegni personali finché qualche settimana fa riesco a prenotare il mio volo con lui. Raggiungo l'aeroporto e dopo pochi minuti Luca mi accoglie calorosamente prima di decollare con il cliente del turno precedente, così nell'attesa ammiro le loro evoluzioni. E' giunto il mio momento: mi siedo all'interno dell'aliante, poi entra anche Luca e l'aereo di traino si posiziona davanti a noi pronto a decollare.
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L'adrenalina aumenta e nel giro di pochi istanti siamo già in volo. Dobbiamo raggiungere la quota prestabilita così continuiamo a salire con un volo tranquillo che permette di ammirare il panorama circostante.
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Ormai ci siamo, l'aereo di traino sgancia il cavo e parte la caccia alle correnti che ci permetteranno di rimanere in volo (l'aliante non possiede il motore) e di eseguire le manovre acrobatiche. Mi affido a Luca.
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Alla prima evoluzione rimango quasi senza fiato perché è la prima volta che subisco la forza G e a seconda delle manovre è possibile raggiungere anche i 5G. Tra looping, Fieseler, mezzo otto, tonneau e voli rovesci mi ritrovo diverse volte a testa in giù e perdo la cognizione del tempo.
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Il programma di volo è terminato e Luca prepara l'aliante per un atterraggio morbidissimo. Quasi quasi ancora non ci credo di averlo fatto, io che non ho mai voluto salire sulle montagne russe!
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Un immenso grazie a Luca che ha reso possibile questa adrenalinica esperienza, esaudendo un mio desiderio. E' stato un onore aver volato con te, campione!
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r-roiben-r-blog · 5 months ago
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Cielo - L’infinito di un sogno (parte prima)
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Il colpo di fucile riecheggia nell’aria polverosa; il suono fragoroso, lentamente, si dissipa nell’azzurro slavato del cielo immenso sopra la sua testa arruffata. Dolcemente, quasi con delicatezza, le piccole ali bianche dell’aereoplano monomotore si inclinano di lato, il suo motore si zittisce, lasciando il cielo in silenzio e in pacifica contemplazione, e la corta fusoliera rossa sussulta lievemente prima di precipitarsi giù, verso la verdeggiante macchia di alberi.
Il respiro si inceppa bruscamente fra il suo petto e la sua gola. Spalanca la bocca e non gli riesce di recuperare l’ossigeno necessario per pensare. “Oh, no. L’ho ammazzato” è il pensiero fisso che gira senza sosta nella sua testa incasinata. Ma infine abbandona ogni ulteriore indugio e, mentre il fucile scivola via dalle sue dita, si precipita in una corsa disordinata e abbastanza penosa verso la distesa di rami verdi che sembrano volerlo deridere con la loro placida tranquillità.
«Plata!» non può fare a meno di urlare, nonostante si renda conto che da quella distanza non lo può sentire.
Sempre ammesso, naturalmente, che sia ancora vivo per sentire qualcosa… Oh! Questo no, era meglio non pensarlo.
Ha il fiato corto. Il suo cuore minaccia di piantarlo in asso da un istante all’altro. Gli bruciano le gambe e i polmoni. Ciò nonostante sta ancora correndo, il più velocemente possibile, perché deve assolutamente raggiungerlo e appurare che respiri ancora, che non abbia effettivamente ucciso il suo migliore amico.
Infine lo avvista, bianco e rosso sullo sfondo verde della foresta, e si permette un minuscolo sospiro di sollievo: se non altro non è un ammasso di lamiere contorte e fumanti. È già qualcosa. Poche sgraziate e traballanti falcate ancora e finalmente lo raggiunge e spalanca il portello con foga febbrile. Qualche misero istante dopo barcolla indietro, centrato dalle nocche spigolose dell’amico. Con il culo ammaccato e la mascella dolorante, risolleva la testa e lo guarda confuso. “Uhm… Non ha l’espressione granché amichevole, a ben vedere” ragiona incerto. E quel sogghigno che arriccia le sue labbra, seguito dal motteggio che fa odiosamente il verso a quel che Salud si era divertito ad affibbiargli subito dopo il loro disastroso atterraggio nella foresta, gli confermano che no, non sembra averla presa troppo bene in effetti. Ma, insomma, non lo voleva certo ammazzare per davvero! Ci mancherebbe. E con tutti i guai che ha dovuto passare lui, per colpa di Plata e dei suoi giochini malefici! Ne vogliamo parlare?
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In tutta evidenza no, non ne vuole parlare. Preferisce prenderlo a calci, questo è sicuro. Gli dovrà proprio far presente, un giorno o l’altro, che i tacchi dei suoi stivali fanno abbastanza male. Magari un’altra volta, ora gli tocca fare a botte. Eh va bè! Un po’ di movimento ci voleva per sgranchirsi, giusto?
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fotografoinviaggio · 9 months ago
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Il Duomo di Orvieto e le imperdibili opera d'arte
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Il Duomo di Orvieto, conosciuto anche come la Cattedrale di Santa Maria Assunta, rappresenta una delle più straordinarie realizzazioni architettoniche e artistiche dell'intero panorama italiano, un vero e proprio gioiello incastonato nel cuore dell'Umbria. Questa magnifica cattedrale, che domina la città di Orvieto da una posizione elevata, è un esempio preminente di architettura gotica in Italia, ma con una fusione di elementi che vanno oltre un singolo stile, rendendola unica nel suo genere.
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Storia e Costruzione La costruzione del Duomo di Orvieto iniziò nel 1290, voluta dal Papa Niccolò IV allo scopo di offrire una degna dimora terrena al Corporale del miracolo di Bolsena, e si protrasse per circa tre secoli. La leggenda narra che durante una messa a Bolsena, un sacerdote dubitante della reale presenza di Cristo nell'Eucaristia vide sgorgare sangue dall'ostia, macchiando il corporale. Questo evento miracoloso fu il motore che spinse la costruzione di una cattedrale che potesse ospitare tale reliquia sacra.
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Architettura L'architettura del Duomo di Orvieto è un compendio di stili che si sono succeduti e integrati nel corso dei secoli, con un predominio del gotico che si fonde con elementi romanici e rinascimentali. La facciata, un capolavoro di mosaici, sculture e bassorilievi, è un libro aperto sulla fede cristiana, illustrando storie dell'Antico e del Nuovo Testamento. Particolarmente notevole è il grande rosone, che irradia luce e bellezza all'interno della cattedrale.
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Interno All'interno, il Duomo di Orvieto si presenta con una navata centrale imponente, fiancheggiata da cappelle laterali ricche di opere d'arte. La più importante è la Cappella di San Brizio.
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La cappella di San Brizio La Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto è una delle opere più straordinarie e affascinanti del Rinascimento italiano. La cappella è nota per i suoi affreschi eccezionali e per la sua bellezza architettonica.
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La cappella fu commissionata nel XV secolo dal vescovo di Orvieto, monsignor Giovanni di Andrea, che desiderava creare uno spazio sacro dedicato al culto di San Brizio, il santo patrono della città. L'incarico di decorare la cappella fu affidato a due dei più grandi artisti del Rinascimento italiano, Luca Signorelli e Fra Angelico.
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Gli affreschi della cappella rappresentano scene della fine del mondo, del Giudizio Universale e dell'Apocalisse, con una maestria e una profondità emotiva che lasciano senza fiato. Le figure sono dipinte con una precisione e un realismo straordinari, e i colori sono vibranti e intensi. Ogni dettaglio è curato con estrema precisione, creando un'atmosfera di sacralità e misticismo che avvolge il visitatore
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  Ma non sono solo gli affreschi a rendere la Cappella di San Brizio così straordinaria. L'architettura della cappella è anch'essa di una bellezza senza tempo, con le sue volte a crociera e le sue colonne slanciate che si innalzano verso il cielo. L'intero spazio è pervaso da una luce dorata che filtra attraverso le finestre gotiche, creando un'atmosfera di magia e incanto.
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La Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto è un luogo che va visitato almeno una volta nella vita, per ammirare la grandezza dell'arte rinascimentale e per lasciarsi trasportare dalla bellezza e dalla spiritualità di questo luogo straordinario. Chiunque abbia la fortuna di visitare questa cappella non potrà che rimanere affascinato e rapito dalla sua bellezza e dalla sua potenza emotiva.
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Importanza Culturale Il Duomo di Orvieto non è soltanto una meraviglia architettonica e artistica; è anche un simbolo della fede e della storia del popolo italiano. La sua costruzione, che ha coinvolto generazioni di artisti, artigiani e fedeli, testimonia la profonda spiritualità e il senso di comunità che hanno caratterizzato l'Italia medievale e rinascimentale. Oggi, il Duomo continua ad essere un luogo di culto attivo, oltre ad attrarre visitatori da tutto il mondo, affascinati dalla sua bellezza e dalla sua storia.
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quellotropposensibile · 10 months ago
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Il vuoto. È mezz'ora che provo a scrivere. Prima mi sentivo come sul rettilineo di mulsanne, ancora prima delle chicane, di notte, a mani nude, sporco di olio e benzina, sudato e stanco. Poi mi sono sentito nel deserto del Sahara a duecento all'ora sulla sabbia, affiancato da un camion che sta per superarmi mentre entrambi saltiamo perdendo trazione sulle ruote posteriori. Dopo ancora ho sentito i polmoni bruciare e il fiato mancarmi come fossi al 20⁰ chilometro in bici, o al decimo giro di pista, quando vai avanti solo d'inerzia ma poi partono i Beastie Boys allora le energie riappaiono e vai ancora più veloce di quando il fiato non ti mancava. Le mani gelide sono una costante, il sangue è tutto al cuore. Chiudendo gli occhi ho sentito il motore degli Zero, del mio Zero, quel rumore demoniaco, nato per terrorizzare, diffondere panico in chi non può che sperare di colpire uno dei flap in modo da deviare l'attrezzo infernale. Ma il peso è tutto in punta, una volta in picchiata può solo cominciare a roteare sul suo asse, ma non cambiare traiettoria. Ho questa sensazione addosso, sparsa ovunque, come se stessi bruciando la candela da entrambi i lati, munito di napalm e lanciafiamme. E verso la fine, anziché rallentare, accelero.
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a-m-g · 1 year ago
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Quando sei piccolo una delle cose che chiedono,sopratutto hai maschietti è:
"Quale superpotere vorresti ?"
La scelta è vasta,ma ricordo che quando me lo chiesero risposi di voler volare.
Recentemente un'amico mi ha rifatto la stessa domanda una sera,
-"Se potessi scegliere che superpotere vorresti ?"
Ci ho pensato un secondo, e ho dato la stessa risposta di quando ero bambino.
-"Volare ovviamente! Sai che figata!"
Cambiamo discorso ma rimango tutta la sera a pensarci come se sapessi di aver dato una risposta tanto per darla.
Tornando alla macchina questo pensiero continua sempre di più a ronzarmi in testa,salgo accendo il motore e parto.
Mi dimentico di svoltare e subito mi rendo conto di non poter evitare una strada che non faccio da un po'
Mi si stringe lo stomaco,e subito qualcosa mi sobbalza in gola,mi manca il fiato.
Anche se succede ogni giorno ogni volta mi prende alla sprovvista,non ci farò mai l’abitudine.
Passo sotto casa tua,le luci sono accese sorrido ed immmagino te che guardi la tv sul divano e che magari ti sei anche addormentata.
La risposta di quella sera arriva su senza neanche pensarci,io non voglio volare.
Io vorrei essere invisibile.
Perchè cosi potrei arrampicarmi fino al tuo balcone,
senza avere paura delle vertigini del mio cuore,
sgattagliolare dalla finestra
e darti il bacio della buonanotte,
sfiorando con le dita i tuoi capelli del colore dell'autunno.
Poi mi siederei vicino a te,ad ascoltare il tuo respiro.
Di colpo,come se mi fossi addormentato spalanco gli occhi,
una macchina rossa suona il clacson,riparto.
Ma in realtà
io sono rimasto lì sotto.
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cara--vita · 1 year ago
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Quanti pezzi di noi si ricompongono ogni giorno, quanti altri se ne staccano per modellarsi in un ordine diverso e dare vita a qualcosa altro.  Chissà se lo sa mia madre come sono a lavoro, chissà cosa pensava quella professoressa di me, cosa direbbe ora. Cosa direbbe mia nonna. O l’altra. Cosa direbbe la mia maestra dell’asilo, la mamma della mia amichetta delle elementari, la vecchia amica con cui adesso non ci frequentiamo più.  Siamo così malleabili, siamo così temporanei, così instabili. Siamo così mutevoli, così spaventosi, così in grado di percepire le emozioni, così pensanti. E io non avrei voluto una vita diversa, perciò ho paura di tutte le cose che vanno bene perchè temo che la vita poi mi porti il conto. Ma io non reggo nessun dolore, non è giusto riceverli e non voglio minimamente averli nella mia vita. Eppure io non smetto mai di pensare alla morte e a volte mi toglie il fiato. Non ho mai immaginato bene il giorno della mia morte, del mio matrimonio o della nascita di mio figlio. Non ho mai pensato al giorno della morte di chi conosco, di chi ha il mio sangue e di chi posso definire la mia vita. Ho paura delle malattie, del dolore, del sangue, delle operazioni, degli ospedali, delle bare. Ho paura degli sconosciuti, dei ladri, del ritardo, delle brutte notizie, delle metro di notte. Ho paura di perdere i ricordi, di mutare senza riconoscermi, ho paura dei matrimoni infelici che si vedono non solo nei film, ho paura che chi amo non stia bene, ho il terrore di perdere le cose o le persone. Ma io che vita volevo? Sicuramente non diversa da questa. Ma allora perchè sembra sempre di fare i conti con chi non posso essere. Ma chi volevo essere? Non mi sono mai guardata troppo a fondo per decidere per filo e per segno tutta la mia vita ma mi sono scrutata abbastanza da non scordarmi di rimanere fedele a quelle 4 cose che mi faranno sempre stare bene. Anche se gli anni passano, anche se più cose hai più ne vuoi, anche se le esperienze che si vivono a un certo punto acquisiscono l’idea di dover essere di più, più Inn, più fighe, più costose. Claudia non dare nulla per scontato, ringrazia, chiedi scusa, chiedi per favore e abbraccia chi ti sorride.  Claudia non te lo dimenticare mai che l’amore è il motore primo di tutte le cose. Che sempre lo sarà, che unisce e non dividerà mai. Che tutto ciò che ami costa impegno, lealtà, tempo, parti di cuore e di vita. Perché quando chiuderai gli occhi dovrà esserne valsa la pena. E solo con l’amore lo sarà.
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epilexia · 2 years ago
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Vieni qui senza dire una parola al vento Come se non sentisse il tuo fiato in silenzio Vieni qui se hai coraggio Se hai amore per me Ho aspettato troppo tempo E adesso il tempo ci prende in giro Ho aspettato un inverno Adesso è il sole sul comodino Il mio motore è spento vieni a mettere benzina Ti giuro che ti porto sulla strada in collina Ti chiamo stellina, aspettiamo mattina
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banglamark · 2 years ago
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fenitelaminaperdue · 2 years ago
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Sono Pop, sono Ciop, sono Crock , sono Mork..ciao MIndy.
Calpesto con pesantezza l'erba impenitente ed oltremodo resistente di questo viale alberato che porta in 130 passi al mare. Ho sempre avuto questa malsana idea di contare le distanze in falcate da più o meno 70 centimetri . Sono come Pollicino che lasciava le briciole di pane per essere capace di tornare indietro, mi serve un punto da fissare per non perdermi e sparire come il Croccante al Cioccolato solo perchè quello all'Amarena è decisamente più buono. Non sono mai venuto qui con te e con te non ho più contato i passi che mi separavano dal mare per almeno 30 anni. Hai scelto questo posto per sentire il profumo del mare e qui sei rimasto, in una casetta colorata di uno scontato ma sempre efficace bianco e blu, sotto dei pioppi dal fogliame pigro di verde slavato. Il nano è meno nano, ma tu non lo sai o forse si per certi misteri non si ha ancora la soluzione. Lui sgambetta veloce nelle sue ossa sottili da genetica familiare che ci lega e ci rende simili da svariate generazioni. La malinconia che mi umidifica le pareti del costato da un bel pò adesso trasuda e va oltre, mi prende la testa, il fiato. il nano lo sa perchè lui ha il nostro stesso super potere , il sentire anche senza udire, il vedere senza guardare. Passava di qui vero? Me lo chiede sapendo già la risposta. Ma perchè si muore? Parlare con un settenne della morte non è semplice , non ha il concetto di inizio e fine ma solo del frattempo, del frappè e del Calippo gusto Coca Cola che non tramonta mai. Tutto gli appare lontano disconoscendo che invece è tutto incredibilmente vicino, a volte basta solo girare l'angolo e pouf, ciao ciao, saluti, adios, bye bye, adeus, aloha, farvel, adieu, fanculo il buco nero, se solo avessi tardato 5 secondi o mi fossi masturbato con un video di Pornohub sezione "Threesome Amateur". Si muore perchè in realtà siamo solo delle macchine di carne che a poco a poco si consumano, ci ammaliamo dal momento in cui nasciamo. Il primo giorno è quello di nostra massima efficienza, poi è tutta una discesa "like a Rolling Stone", cellule che decadono come un antico nobile del casato della Regale Casa del Mulino Tricolore , cromosomi che si suicidano per la noia, tessuti che si aprono veloci come la zip dei jeans quando avevi 15 anni ed in TV passava "La Dottoressa alle Grandi Manovre". Visti da dentro facciamo proprio pena. Per un certo periodo ci sentiamo come una Ferrari con però il motore della Panda e quasi giunti al traguardo siamo diventati una Panda che pensa di avere il motore di una Ferrari. La vita è al limite del banale quando ne hai conosciuta troppa. Sono diventato socialmente asociale talmente tanto che quando chiedo il gelato al bar indico direttamente il gusto con le dita anche se poi arriva la domanda maledetta, cono o coppetta? Anche questa volta cara gelataia dallo sguardo goloso hai vinto il duello del silenzio. Cono, medio, senza panna anticipo per evitare ulteriori motivi di inutile comunicazione. Chissà che fine ha fatto Calcutta e mi viene in mente che anche io "sono uscito stasera ma non ho letto l'oroscopo" speriamo di non avere Saturno contro, la Luna Nera in opposizione e Marte rosso dalla rabbia e non ho neanche ingoiato la" Tachipirina 500 se ne prendi due diventan mille " come le spille che adesso sento sulla schiena perchè ancora non ho ben capito in fondo " che cosa mi manchi a fare" . Dovrei chiedere scusa a molte persone per averle lasciate andare, quindi scuse fatte ciao. Sono stanco, non ho più voglia di inseguire, parlare, capire , discutere, che tanto anche se scrivessi il mio personale e dettagliato manuale delle istruzioni e ve lo dessi voi cerchereste soltanto il buco dove infilare la batteria perchè nella realtà vi interessa solo di vedere tutto senza pagare il canone o l'abbonamento, pezzottatori di vite perfette per il pubblico votante "Hai visto che tramonto Truman? E' perfetto...Merito del grande Capo." Ciao Nano mi ero dimenticato di te nel frattempo scusa ho finito i 4096 caratteri di Tumblr.
Sono pop, sono cool Sono come tu mi vuoi Sono un po' stanco di Aspettarti e così Per un po' vado via
Pop - Lo Stato Sociale
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susieporta · 2 years ago
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"Morirai sola come un cane", le diceva la madre che per molto tempo fu incapace di capire il suo disturbo. Con una lettera aperta al Corriere della Sera, la scrittrice Susanna Tamaro, autrice del best seller "Va' dove ti porta il cuore" e ora di "Il tuo sguardo illumina il mondo", ha parlato per la prima volta del disturbo che la affligge da sempre.
"Soffro della sindrome di Asperger, è questa la mia invisibile sedia a rotelle, la prigione in cui vivo da quando ho memoria di me stessa. La mia testa non è molto diversa da una vecchia motocicletta. In certi momenti la manopola del gas va al massimo, in altri le candele sono sporche e il motore si ingolfa. Dentro di me ogni mattina apparecchio una tavola. C’è molto ordine nel mio disporre le stoviglie, prima il piatto, poi il bicchiere, il pane, le posate ai lati, in mezzo al tavolo la brocca dell’acqua, magari vicino un piccolo vaso con un fiore. Poi qualcuno, all’improvviso, dà un violento strattone alla tovaglia e tutto vola a terra con gran frastuono di metallo, cocci e vetri".
"Le cose che facevano gioire gli altri bambini mi lasciavano indifferente. Avvenimenti di cui gli altri bambini neppure si accorgevano mi provocavano strazi interiori. I miei capricci erano capricci metafisici, privi di oggetto. Mi buttavo a peso morto per la strada e mia madre era costretta a trascinarmi per un braccio. Diventavo rossa, viola, le vene della fronte gonfie, pronte a esplodere. Gridavo con quanto fiato avevo in corpo, mi divincolavo come un’indemoniata in preda a una rabbia fuori controllo. A queste crisi seguivano lunghi periodi di quiete atarassica. Il tempo necessario per apparecchiare nuovamente la tavola. 'Morirai sola come un cane!' gridava ogni tanto mia madre, esasperata dai miei comportamenti. Povera mamma, oltre a un primo marito più che disgraziato e un secondo psicopatico oltre che alcolista, ha avuto anche una figlia che era come una cassaforte di cui nessuno conosceva la combinazione. In un tempo poi in cui ai bambini era posta un’unica opzione — obbedire — come si deve essere vergognata di quella figlia fuori controllo, totalmente indenne dalla logica correttiva del castigo".
"E che cos’è che mi permette di sopravvivere alla fragilità dei miei giorni? Tutto ciò che è limitato, ripetitivo, stabile. Tutti i mondi in cui quello che accade è chiaro, senza possibilità di fraintendimenti. Praticare arti marziali, osservare le api, suonare il pianoforte, raccogliere quasi ossessivamente vecchie biciclette, passare ore a curarle per il senso di estatica meraviglia che provo davanti alla loro meccanica perfetta. Ho avuto anche la fortuna di poter costruire, intorno a me, un mondo a mia misura".
"Prima di morire mi ha regalato una scatoletta di legno con un cuore inciso sopra. Quando l’ho aperta, ho trovato al suo interno un biglietto scritto di suo pugno: «Ti voglio bene anche se non ti ho mai capita».
Susanna Tamaro
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sciatu · 4 years ago
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SICILIA - PEZZI DI BLU. Scala li Turchi, Eolie, Favignana, spiaggia di Menfi, casa espropriata alla mafia e colorata di blu, i muretti di pietra di Ragusa, il lago Arancio, i Nebrodi, Erice.
Pezzi di blu – Di tanti istanti dei giorni passati non ricordo nulla. Sono in particolare quei momenti più dolorosi o tristi, che la memoria ha nascosto in un angolo come si fa con i regali non graditi. Di altri momenti ricordo molto, ma non tutto. Sono i momenti felici di cui la memoria ridona gli istanti che sanno di gioia come le distese dei monti o del mare che osservandoli da lontano non percepisci i dettagli anche se l’insieme di quel paesaggio ti rende felice. Poi vi sono quei momenti che non dimenticherò mai e di cui la memoria con facilità trattiene ogni dettaglio perché sono talmente legati al mio intimo che non potrei mai sotterrali nel monotono fluire dei giorni. Ad esempio quando gli altri hanno dimostrato il loro amore per me, quando mio figlio ha stretto per la prima volta un mio dito, quando l’amore di lei è diventato eterno, quando la natura mi ha fatto trattenete il fiato o la mia squadra di calcio ha realizzato l’impossibile, quando ho fatto qualcosa di giusto di cui mi sento orgoglioso e che potrò raccontare come esempio. Sono questi i pezzi di blu che mi sono rimasti nel cuore, l’immensità e la purezza intensamente blu di pezzi di cielo o di un mare che mi rivestono l’anima e che guidano i miei giorni. La vita è un continuo divenire, i dolori si trasformano in preziosi insegnamenti, gli attimi felici sono il motore del vivere, quelli indimenticabili diventano il cielo d’agosto che porti dentro di te, così quando il mondo s’intristisce e tutto intorno a te diventa di un nebbioso e  stucchevole grigio, quando gli uomini mostrano la loro parte diabolica, dentro di te il mosaico blu che hai raccolto nella vita ti da la fede per credere che quel grigio, quel senso di dolore che vedi per strada o nel cielo, è un sipario  provvisorio e illusorio: la vera realtà è dietro di esso, sono quei pezzi di blu che porti dentro di te.
Pieces of blue - I don't remember anything from many moments of the past days. They are in particular those most painful or sad moments, which the memory has hidden in a corner as is done with unwanted gifts. I remember a lot of other moments, but not everything. These are the happy moments of which the memory restores the moments that know of joy, they are as the expanses of the mountains or the sea that, observing them from a distance, you do not perceive the details even if the whole of that landscape makes you happy. Then there are those moments that I will never forget and of which the memory easily retains every detail because they are so tied to my intimate that I could never bury them in the monotonous flow of days. For example when others have shown their love for me, when my son first held my finger, when her love became eternal, when nature made me hold my breath or my team of football achieved the impossible, when I did something right that I feel proud of and that I can tell as an example. These are the pieces of blue that have remained in my heart, the immensity and the intensely blue purity of pieces of the sky or a sea that cover my soul and guide my days. Life is a continuous becoming, pains are transformed into precious teachings, happy moments are the engine of living, the unforgettable ones become the August sky that you carry within you; so when the world becomes sad and everything around you becomes a hazy and cloying gray, when men show their evil side, inside you the blue mosaic you have collected in life gives you the faith to believe that that gray, that sense of pain you see on the street or in the sky, it is a temporary and illusory curtain: the real reality is behind it, it is those pieces of blue that you carry inside you.
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yelenabworld · 4 years ago
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Non so fare l’appiccicosa. Gli uomini da pregare non mi interessano, appartengo alla categoria delle “decise”, quella rara categoria che si cerca per tutta la vita ma non si riesce a gestire. Si perché noi siamo tipo treno merci, sporche di carbone ma sempre funzionanti. Non ci piangiamo addosso, non stiamo a guardare vetrine e vestiti: noi si guarda a che velocità si corre e se il motore funziona, ci ripariamo da sole in ogni caso e con ogni tempo, sappiamo giocare con fronzoli e merletti a letto, ma fuori dal letto ci puoi usare come sostegno, come forza, come motivo per andare avanti. Non ti stupisci mai abbastanza quando ci incontri perché siamo inusuali, inaspettate e indigeste: quelle come noi non le domi, puoi solo sperare che ti regga il fiato mentre corri insieme a loro, altrimenti ti accontenterai di guardarle correre libere o verso qualcun altro che le sappia meritare.
[Yelena b.]
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scampoliditesto · 4 years ago
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Broncomat
Seduto alla scrivania fisso una finestra sul monitor. Non capisco bene cosa sto guardando, i miei occhi non mettono a fuoco il testo e seguono i bordi, proprio come dei che bambini giocano percorrendo un motivo fatto di mattonelle, uno di quelli che si trovano sotto i portici di Via XX Settembre. I miei occhi saltano sulla data. È appesa in un angolo. Senza pensarci, faccio due conti e mi rendo conto che sono 59 giorni che non esco, escludendo i venti secondi ogni due giorni durante i quali faccio tre passi oltre il cancello di casa per lanciare i sacchi della spazzatura nel cassonetto.
Allora mi alzo e guardo in basso. Un osservatore distratto potrebbe pensare che mi stia fissando i coglioni, ma in realtà mi sto guardando la pancia. «Hai 'na panza che sembri un ambasciatore!» dico sottovoce.   Questa frase me la diceva sempre il mio professore di educazione fisica per spronarmi a non passare tutto il tempo libero sdraiato sul letto ad ascoltare dei dischi. Effettivamente non ho mai avuto la passione per l'attività fisica, a parte una moderata epifania verso i trent'anni per le camminate, passione che ho abbracciato per poter fare Piazza delle Erbe - Casa ubriaco marcio senza arrecare danni a cose e persone.
Cinque minuti dopo sono dentro ad una tuta che salgo verso le alture di Genova. L'elastico dei pantaloni mi stringe intorno la vita e ad ogni passo, la reazione vincolare del terreno mi percuote le vertebre, il coccige, sa-la-madonna quale muscolo, insomma sento tirare roba che non sapevo più di avere. Sento il mio corpo che si muove lungo i tornanti, sento una sensazione strana, il fiato è caldo attraverso la mascherina, insomma, non sono sicuro di essere a mio agio nel mondo esterno. Ho un brivido e mi sembra di essere il giochino degli anni 80, Animillo il Magico Vermillo, una roba rossa e pelosa che si poteva far passare in spazi angusti tirandola attraverso un filo di nylon. Ma chi sta tirando il mio filo?
E mentre cerco di mantenere l'andatura, la strada si fa più ripida. Nelle orecchie c'è Frank Zappa che sta dicendo qualcosa su Lando Calrissian, ma il sangue mi pulsa così forte nelle orecchie che non capisco bene, allora abbasso la mascherina e tiro fuori il naso. Espiro aria fresca, sembra gelata. Davanti a me ci sono quattro ragazze che corrono, saltellano, attraversano la strada per non incrociare il loro destino al mio. Ma la ventata d'aria fresca dura poco. Al mio fianco passa un bus che per vincere la forza di gravità viene frustato da un'autista con la coda di cavallo e una mascherina bianca. Ha il braccio che penzola fuori dal finestrino. Il mezzo è vuoto, la gente è tutta fuori: negli orti, per strada o dalla finestra.
Dopo circa un'ora, prendo in mano il telefono e cerco un disco per il viaggio di ritorno. Vengo interrotto da un ciclista che passa vicino a me. È ritto in piedi sui pedali, sembra un meccanico spastico intento ad aggeggiare con il motore per aumentarne la cilindrata. Il culo gli esce dai pantaloncini perché sono strappati. Com'era il detto? "Meglio un culo sano nelle braghe rotte, che viceversa". Non lo ricordo.
Decido di tornare indietro. "Ormai è discesa" penso. E mentre le gambe sono irrigidite dalla fatica, vedo davanti a me un ramo che penzola da un muretto. Lo prendo in mano per spostarlo, ci passo sotto e mi fermo poco più avanti per guardare il panorama. L'aria è pulita, sono in mezzo al verde. Ma il mio cervello mi suggerisce solo l'immagine di un cesso. Sento il profumo di fiori, di vegetazione, di roba profumata e quel mischione olfattivo mi sembra uno di quegli spray che si spruzzano dopo che si è cagato, una di quelle robe che sembrano un incrocio tra una conferenza stampa di scuse convocata dal culo e un prodigio della chimica.
E insomma, sono stanco, così mi dirigo a passo spedito verso casa. Appena entro tiro un sospiro di sollievo, sono tornato dove sono stato al sicuro negli ultimi due mesi. Sento gli odori che conosco, i feromoni dei miei dischi, dei miei libri, della mia roba. Poco prima di andare a farmi la doccia, suonano alla porta di casa. Urlo che vado io. È la consegna della spesa.
Davanti a me c'è un tizio sudato. Ansima, tossisce, posa sacchetti, cestelli d'acqua. Gocce di sudore ovunque. Cerco la mascherina ma non la ho più. Lui mi porge la macchinetta per pagare con il Bancomat. Si passa una mano sulla fronte marcia di sudore, poi si tocca il culo e soffia. «Phew, che cazzo di caldo!» dice sbuffando. Sorrido poco convinto. E mentre strappa la ricevuta per porgermela, penso che il mondo è dappertutto.
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corallorosso · 5 years ago
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Palermo, è morto di leucemia Ibrahim Gaye, il 18enne del Gambia che sognava di diventare come Cristiano Ronaldo Il suo nome ricorda quello di un grande campione (Zlatan Ibrahimovic) della nostra Serie A, quel campionato in cui lui – arrivato dal Gambia – aspirava di giocare emulando i gesti di un altro fenomeno, che indossa una maglia diversa e che si chiama Cristiano Ronaldo: purtroppo, però, la leucemia si è portata via Ibrahim Gaye prima che potesse realizzare i suoi sogni. Il 18enne è morto ieri all’ospedale Civico di Palermo: da due giorni, le sue condizioni erano molto peggiorate. Ibrahim, qualche settimana fa, aveva raccontato la sua commovente storia sulle colonne di Repubblica: aveva ripercorso i suoi ricordi, dalla fuga dal suo Paese quando era ancora un bambino, ai pericoli affrontati nel deserto, durante la prigionia e la traversata del Mediterraneo. Aveva raccontato di quando gli avevano puntato una pistola alla testa e lui era rimasto in silenzio, fingendo di stare male perché l’unica regola era “dimostrarsi debole anche se sei forte”. Poi, finalmente, l’arrivo a Lampedusa e la nuova vita a Palermo: “Sono felice di essere qui – aveva detto -, qui è dove ho compiuto 18 anni, dove voglio vivere ed essere siciliano. In Gambia, invece, sarei già morto. Ma qui mi possono curare e posso ancora farcela”. Perché per il giovane Ibrahim Gaye la diagnosi era stata di quelle che ti spezzano il fiato: leucemia. Un’altra durissima battaglia da affrontare, per lui che aveva rischiato di morire già decine di volte: nel deserto, nella prigione in Libia, in mare aperto quando si era rotto il motore del gommone che lo stava proiettando verso la sua nuova vita. In Italia, aveva avuto il privilegio di conoscere Laura Pausini, la sua cantante preferita: “Ho imparato l’italiano con le sue canzoni”, raccontava orgoglioso. La cantante aveva conosciuto la sua storia e gli aveva telefonato, rendendolo felicissimo. Il suo sogno nel cassetto, però, mostrava un pallone e un campo rettangolare, in erba: “Sono un bravo calciatore, il mio mito è Cristiano Ronaldo. Nella mia città tutti lo dicevano che ero bravo. Mi sarebbe bastato attraversare il mare. Avrei cambiato la mia vita e anche quella dei miei nonni, troppo poveri per prendersi cura di me”. “Adesso – aveva continuato Ibrahim – i miei amici rimasti in Gambia non ci credono quando gli dico che sto male. Pensano che sono già un calciatore famoso e che non voglio dirlo per non dare loro soldi e cambiare anche la loro vita”. La verità, purtroppo, era molto diversa. E dopo sette ricoveri, il giovane 18enne ha dato il suo ultimo addio al personale dell’ospedale, che era ormai un po’ la sua nuova famiglia. Il suo corpo rientrerà domani in Gambia, quel Paese da cui era fuggito con tanti sogni nel cassetto. È lì che vivono tutti i suoi cari, compresi i nonni a cui non aveva detto niente della malattia, perché “non lo avrebbero sopportato”. Quelli che Ibrahim Gaye sognava di aiutare, mettendosi ai piedi due scarpini da calcio proprio come CR7. Di Carmelo Leo
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animereviewssblog · 5 years ago
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Primo anime che adoro che mi piacerebbe recensire: Your lie in April [Shigatsu wa Kimi no Uso]
Trama: “Conobbi una ragazza sotto un ciliegio in piena fioritura e il mio fato cominciò a cambiare.” “Fermi tutti... com’è che chiamano questa sensazione...? com’è che chiamano questo sentimento...? è come essere... nel pieno della primavera. Durante la primavera del mio 14esimo anno di vita, ho cominciato a correre verso il futuro con te.” Queste le parole di Kousei Arima, un pianista prodigio, almeno fino alla morte della madre, a seguito della quale divenne incapace di suonare, come se avesse una voce che gli sussura all'orecchio, e che gli impedisse si sentire le note del piano. L'incontro con la violinista Kawori Miyazono porterà una nuova luce nella sua vita. La ragazza ha una personalità audace e dirompente, a differenza del protagonista, chiuso e tormentato dalla paura di suonare il piano, che rimane affascinato del modo come Kawori trasforma la musica. Ma dietro tutto questo, c'è qualcosa che Arima ancora non sa.
Recensione: Una canzone, una melodia, un motivetto, un pezzo classico o una filastrocca. Almeno una volta nella vita, ognuno di noi è stato toccato dalla musica nel profondo. Note che sfiorano il cuore, prima di qualsiasi altra cosa. Un linguaggio sopra ogni torre di Babele, comprensibile a chiunque, e che non ha bisogno di spiegarsi. Ognuno di noi ha un momento o triste o felice legato a delle note che glielo faranno riemergere dal profondo della memoria per sempre.
“Bugie d’aprile” (“Shigatsu wa Kimi no Uso”) parla di quelle note: tutto parte da qui.
È uno di quegli anime che tratta musica classica nel migliore dei modi, senza artefare, storpiare, mistificare o iperbolizzare ciò che è l’anima vera e propria dei pezzi sacri ed eterni che propone: l’intreccio fra sceneggiatura emozionante e musiche semplicemente gloriose avviene con cura e con giusta misura, e questo rende il tutto estremamente gradevole, soprattutto agli appassionati del genere.
Visivamente eccezionale sin dai primi episodi, ecco ciò che sembra una classica storia fra alunni delle scuole medie, alle prese coi loro problemi personali e i loro percorsi di crescita: pertanto, non ci è lasciato intendere quali possano essere queste “bugie primaverili”, eppure, pian piano, ci renderemo conto che sarà proprio una di queste il cardine palpitante e delicato di tutta la vicenda.
È una storia dai colori splendidi. Le animazioni colpiscono sin da subito: ventidue episodi con rarissimi cali di qualità, una brillantezza sia nella cromatica che richiama volutamente le pastellate livree primaverili, sia nelle animazioni, sempre incisive, fluide, quantomeno sufficienti, per poi divenire eccellenti nei momenti chiave: il binomio fioritura primaverile e scenari dalle livree tenui e delicate sortiscono un effetto meraviglioso.
E’ questa (anche) la storia di Kousei Arima, quattordicenne che fu prodigio del pianoforte fino a quando, a causa di una grave malattia, la severissima madre non lo lasciò. Egli, in seguito al lutto, finì per sviluppare un vero e proprio blocco psicologico, una sorta di trauma legato a una infanzia sofferta e ricca di sentimenti contrastanti, che lo costrinse a fuggire dalla musica. Così, ora, i giorni di Kousei procedono monotoni ma apparentemente sereni, almeno fino a quando, nel bel mezzo d’un giorno di primavera, non si imbatte in una bella, vivace, euforica biondina di nome Kaori, che, inaspettatamente - in un modo o nell’altro - scuoterà l’anima del giovane ragazzo, trascinandolo in un turbinio di emozioni capaci di smuoverlo nell’intimo più di qualsiasi altra cosa. Ma Kousei non è mai stato davvero solo: è circondato da amici che lo hanno sempre sostenuto e lo sosterranno in futuro, amici che provano sincero affetto per lui, ognuno di loro in modo... differente: alcuni antagonisti di spartito, altri sinceri amici del cuore, altri ancora insospettabili estimatori.
Tuttavia, Kaori non è solo una semplice spalla né “soltanto” la protagonista femminile della storia: è probabilmente uno dei personaggi femminili migliori mai creati in un anime con questo genere di target: in alcuni episodi brilla davvero come una stella, ed è capace di prendersi l’intero palcoscenico (letteralmente e metaforicamente); dietro un carattere irascibile e una verve eccessiva nasconde una bontà d’animo incredibile, una personalità solare e una timida generosità, poiché in quelle amabili contraddizioni vi è racchiuso un amore viscerale e sfrenato per la vita, una voglia di gioire, sorridere, andare “avanti”. “Lasciare il segno nel cuore delle persone a cui vuole bene” e, soprattutto, sfiorare il cuore di chi ascolta la sua musica: è questo il suo motore, la spinta della sua anima, la sua motivazione più grande. Sì, perché Kaori è una violinista di grande talento, istintiva e sregolata, capace di interpretare brani classici in chiave personale unica e farli propri, per poi trasmetterli alla platea filtrati attraverso la sua anima colorata, scoppiettante ed esplosiva, delicata eppur vigorosa, e, soprattutto, così intensa e sincera. È uno spirito libero, capace di folgorare con frasi ad effetto (talvolta magari un po’ eccessive in determinate situazioni, ma capaci di far risaltare dialoghi altresì banali).
Ma come tutti gli adolescenti è fragile, e prova timori. Ma perché vive ogni giorno come fosse l’ultimo? E perché ha deciso di suonare il violino con tanta passione?
“Bugie d’Aprile” è un prodotto davvero molto curato.
Le esibizioni sonore dei protagonisti tengono lo spettatore col fiato sospeso; non solo narrano la vicenda tramite le note di pezzi immortali della musica classica (Chopin, Mozart, Rachmaninov, Beethoven, per fare dei nomi), ma parlano al cuore della platea, le note come parole di una lettera d’amore, o una sfuriata, o un momento triste, come lacrime o come sorrisi, in un turbine di sentimenti ed emozioni come solo la musica può plasmare o trasformare. L’episodio 4, a proposito, è, probabilmente, a livello emotivo e artistico, uno dei migliori della storia dell’animazione giapponese moderna.
V’è una magia cromatica nella correlazione fra lo spettro emotivo dei musicisti coinvolti e i colori scelti per illustrare questa dolce tragedia, quasi come se paesaggi, luoghi e momenti della vicenda possano essere raccontati tramite la musica, metro di misura e idioma universale, capace di trascendere ogni genere di comunicazione e arrivare dritta al cuore di chiunque, se espressa con nobile sincerità.
Bella e pertinente la CG utilizzata per mostrare le mani dei pianisti in azione, esaltanti le scene quando Kaori suona il violino: una cura maniacale nella fedeltà di strumenti e gestualità.
E così, con ritmo compassato ma crescente, la vicenda scivola lentamente in un dramma quasi telefonato che di sicuro non stupisce lo spettatore, ma lo prepara a un finale duro e sofferto.
C’è da dire che qualche volta le scene drammatiche eccedono di intensità, raramente appaiono forzate, ma nel complesso rimangono pertinenti e coerenti alla struttura della trama (sebbene fin troppo semplificata in alcuni punti e troppo complessa in altri, surreale per dei ragazzi così giovani).
Della colonna sonora non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne. Siamo semplicemente su un altro pianeta. Le opening e le ending sono orecchiabili, allegre le prime, malinconiche le seconde, in linea con la trama, ma, quando si tratta di pezzi classici reinterpretati o suonati alla “lettera”, allora è la magia della musica classica che prende il sopravvento e atterrisce, stupisce, eleva, colpisce e tramortisce. Emozioni inimitabili, in cui si identificano i nostri giovani eroi, che, fra sogni per il futuro e alle prese coi primi amori, costruiscono passo dopo passo il loro futuro.
Ma è per tutti così?
Fra le tristi note di Chopin, l’esaltazione di Mozart e i sentimenti complessi e intrigati di Kousei e compagni, “Bugie d’Aprile” ci ricorda in modo potente e sfacciato che ogni minuto della nostra vita è prezioso, sono minuti che non torneranno mai più, e che nessuno di noi sa esattamente quando lascerà questo mondo. Quindi vivete, vivete sorridendo, non lasciatevi sfuggire nessun momento e fate quello che volete e quel che potete, perché, come citava Lorenzo de’ Medici: “Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.”
Il finale di questa tenera e amara vicenda vi svelerà quali, di quelle bugie dette “lo scorso aprile”, sarà la più importante e toccante.
Se amate la musica classica, non perdetevi questa piccola gemma. Se non la amate o semplicemente non ci avete mai pensato, guardatela lo stesso.
La musica tocca il cuore, quando ci si esibisce con l’anima. [Fonte: animeclick.it]
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