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#Disastro aereo
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Non solo il mare sardo (ricordate il KT 12 di Orosei?) ospita relitti abbandonati: il nostro ricordo del disastro di Capoterra.
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sauolasa · 2 years
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Nepal, lutto nazionale dopo il disastro aereo (68 vittime): recuperata la scatola nera
Recuperata la scatola nera con i dati del volo e le registrazioni della cabina di pilotaggio: servirà per stabilire le cause dell'incidente all'aereo della Yeti Airlines, che in Nepal, ha causato la morte di 68 dei 72 passeggeri
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osmosidelladecenza · 9 months
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Avete presente la scena finale di fast & furious, dove il tipo esce vivo da un disastro aereo lasciandosi alle spalle le fiamme?
Io, oggi, mentre andavo via dal lavoro
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deathshallbenomore · 9 months
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amico: hai visto su netflix quel film che parla di un disastro aereo?
io, che domani prendo un volo intercontinentale:
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gcorvetti · 7 months
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Oggi piove.
Nel silenzio che c'era fino a pochi minuti fa, mi rimbalzavano nella testa le immagini e i suoni del sogno che ricordo fatto stanotte. Non di sicuro il migliore dei sogni e nemmeno il peggiore, ma uno di quelli significativi, certo come dice Spock sono solo sogni e spesso ricalcano le nostre paure, ma in questo periodo senza nessuna idea palpabile in mano tutto è lecito, anche i sogni brutti. Lo so che è un periodo e che in realtà in queste due settimane ho atteso l'arrivo di mia figlia, e fidanzato, quindi per evitare non mi sono mosso in nessun campo, sarei qui per vedere se trovo un lavoro, anche se la trovo una cosa assurda, visti alcuni annunci, mi sono fatto anche linkedin, sotto vivo consiglio di Spock anche se per ora non ho messo nulla. So solo che il sogno mi ha tagliato le gambe e in questo momento, si, proprio adesso che sto scrivendo, prenderei un aereo e tornerei volentieri a casa, poi penso che la situazione la è comunque un disastro, a livello lavorativo, e un pò mi calmo, però poi mi rendo conto che sto viaggio è più una forzatura per me stesso, una cosa che non volevo fare ma che è stata dettata dalla noia, la chiamo così, di un periodo molto lungo privo di spunti e lavoro, naturalmente. Eh si, perché nonostante abbia in mano una forte componente musicale e potrei anche camparci, almeno a vedere quello che c'è in Estonia, ma non è così, non è il mercato giusto, allora lavoro? Come scritto nei posto pre-partenza non c'è lavoro per gli stranieri in questo momento, oppure per gli over 50 (anche se ne ho solo 51), oppure non c'è lavoro per chi non parla la loro lingua bene, perché le scuse sono facili da trovare quando non si vuole vedere facce diverse da quelle inebetite e tristi degli estoni, questo lo sapete. Ma cosa vado cercando? La realtà mi sormonta come le nuvole di questa giornata che sganciano acqua, che è solo acqua. Ma da ieri sono entrato in modalità "arriva la mia piccina e devo pensare a farli girare un pò", i soliti posti da vedere, sperando anche in qualche bella giornata, sarà una fatica andare sull'etna, per via di problematiche legate ai mezzi, le solite cose che capitano quando da 3 si diventa almeno 6/7, questo perché anche mia sorella vuole partecipare attivamente all'escursione, francamente andrei anche solo con loro e con il rottame di mia madre, che anche se è una fetecchia dovrebbe riuscire nell'impresa di portarci su, in 3. Va bè questa è una delle tante cose, c'è poi la famosa cena con i parenti che non è stata fatta perché "Aspettiamo Sofia, poi andiamo", questo perché ho dei parenti che mi vogliono bene, stronzi, sarebbe da dirgli "Guardate, visto che abbiamo da fare se siete liberi giorno XY bene se no ciao, rincoglioniti", che non è solo una questione di età ma anche di amminchiamento a "Quel posto non si mangia bene", "C'è la confusione domenicale, venerdì, giovedì, martedì è troppo presto", ma minchia siete in pensione quasi tutti e quelli che non lo sono lavorano in ufficio e alle 18 hanno finito, ma che cazzo di merda di gente mi è toccata.
Ok, lasciando perdere i parenti del cazzo che mi ritrovo, cerco di non esserlo io almeno con mia figlia cercando per quanto posso di farle godere una settimana di vacanza decente, anche se in una settimana si vede poco, ma quello che serve vedere penso sia già in programma. Me lo sento che prenderò un aereo e tornerò in Estonia, a fare cosa non lo so, intanto sistemo le stanze, soprattutto la mia ex camera che è una discarica dove mia sorella ha gettato qualsiasi cosa non volesse tra i piedi, oltre alla polvere.
Va bè mi muovo e cercherò di stare sereno, anche se variabile come sempre.
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zadigo · 2 years
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scienza-magia · 5 days
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Progettato il primo aereo per lo spazio
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Il primo spazioplano al mondo con motore aerospike è pronto a volare. Nel mondo dell'aviazione e dell'esplorazione spaziale, la perseveranza e l'innovazione vanno spesso di pari passo. Questo è certamente il caso di Polaris Aerospace, l'azienda che, nonostante le difficoltà, vorrebbe scrivere un nuovo capitolo nella storia dell'aviazione con il suo rivoluzionario modello di velivolo con motore aerospike. Sebben un primo test di volo si sia concluso con un disastro, Polaris Aerospace non si è lasciata scoraggiare. L'azienda ha annunciato che è pronta a far volare due nuovi prototipi della sua piattaforma spaziale supersonica/ipersonica MIRA entro poche settimane, segnando potenzialmente il primo volo di successo di un velivolo con motore aerospike al mondo. Il MIRA II e il MIRA III, i nuovi prototipi di Polaris, sono identici telai da 5 metri con il 30% in più di superficie alare rispetto al loro sfortunato predecessore, il MIRA I, che ha fallito il test schiantandosi. Questi nuovi velivoli incorporano tutte le lezioni apprese dall'incidente precedente, con significativi miglioramenti nel design. Ma cosa rende così speciale questo motore aerospike? Ora ve lo spieghiamo. Come funziona il motore Aerospike Un motore aerospike è un tipo innovativo di motore a razzo progettato per essere efficiente a tutte le altitudini, dal livello del mare fino allo spazio. Questa caratteristica lo rende particolarmente interessante per i veicoli spaziali a singolo stadio (SSTO - Single Stage To Orbit). Invece di un ugello a campana convenzionale, un motore aerospike ha una "spina" centrale attorno alla quale vengono espulsi i gas di scarico. La forma del flusso di scarico si adatta automaticamente alla pressione atmosferica circostante, creando un "ugello virtuale" che cambia forma con l'altitudine. Questa capacità di adattarsi permette al motore di mantenere un'efficienza relativamente alta a tutte le altitudini, a differenza dei motori a razzo convenzionali che sono ottimizzati per una specifica altitudine.
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A basse altitudini, la pressione atmosferica "comprime" il flusso di scarico contro la spina centrale, mentre man mano che l'altitudine aumenta e la pressione atmosferica diminuisce, il flusso di scarico si espande naturalmente. Eliminando la necessità di un grande ugello a campana, il motore aerospike può potenzialmente ridurre il peso complessivo del veicolo. Ecco i vantaggi potenziali - Efficienza costante: Prestazioni ottimali su un'ampia gamma di altitudini. - Design compatto: Potenziale riduzione del peso e delle dimensioni del veicolo. - Singolo stadio: Ideale per veicoli spaziali che devono operare sia nell'atmosfera che nello spazio. Il cuore di questa tecnologia è il motore a razzo lineare aerospike AS-1, che utilizza una miscela di ossigeno liquido (LOX) e cherosene. Questo motore, insieme a quattro motori a turbina convenzionali, dovrebbe permettere ai velivoli MIRA di decollare e atterrare come normali aerei, ma anche di raggiungere velocità supersoniche e potenzialmente ipersoniche. L'obiettivo finale del progetto MIRA è lo sviluppo di uno spazioplano per il trasporto di merci e/o passeggeri, capace di raggiungere l'orbita in un singolo stadio (SSTO), decollare e atterrare su piste convenzionali, ed essere completamente e rapidamente riutilizzabile.
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Nonostante l'entusiasmo, è importante ricordare che questa tecnologia è ancora in fase sperimentale. L'incidente del MIRA I, che si è schiantato al decollo a oltre 160 km/h, serve come un forte promemoria dei rischi associati allo sviluppo di nuove tecnologie aerospaziali. Tuttavia, Polaris Aerospace rimane ottimista. L'azienda ha già in programma di testare NOVA, un prototipo supersonico da 8 metri che intende trasformare in un prodotto commerciale, a partire dal prossimo anno. Fonte: POLARIS Spaceplanes Read the full article
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queerographies · 12 days
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[Quelli che restano][Gerbrand Bakker]
Simon vive una vita solitaria ad Amsterdam, gestendo il negozio di famiglia. Dopo la morte improvvisa del padre in un disastro aereo, cerca di colmare il vuoto attraverso il racconto degli altri, ma anche attraverso il desiderio fisico. Un romanzo toccant
Solitudine e desiderio: un romanzo che racconta il dramma di un’assenza Titolo: Quelli che restanoScritto da: Gerbrand BakkerTitolo originale: De kapperszoonTradotto da: Elisabetta Svaluto MoreoloEdito da: IperboreaAnno: 2024Pagine: 320ISBN: 9788870916874 La trama di Quelli che restano di Gerbrand Bakker Simon vive da solo sopra il suo negozio in un quartiere bohémien di Amsterdam. Come il…
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telodogratis · 1 month
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Disastro aereo a Vinhedo: un ATR-72 precipita in un quartiere residenziale
[[{“value”:” Vinhedo (Brasile) – Nel primo pomeriggio di venerdì 9 agosto, un aereo passeggeri è precipitato nel quartiere Capela di Vinhedo, una… L’articolo Disastro aereo a Vinhedo: un ATR-72 precipita in un quartiere residenziale proviene da Notizie 24 ore. “}]]  ​Read More  [[{“value”:”Vinhedo (Brasile) – Nel primo pomeriggio di venerdì 9 agosto, un aereo passeggeri è precipitato nel…
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levysoft · 2 months
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Su La Stampa la storia d’amore tra la cantante Edith Piaf e il pugile Marcel Cerdan e quella di una canzone che celebra un amore ancora vivo a distanza di 70 anni nata proprio il giorno della morte del pugile.
E’ il 27 ottobre 1949. Cerdan deve combattere contro il toro Jack La Motta. Parte da Parigi per andare a New York. All’incontro manca più di un mese, ma anticipa il viaggio perché in America c’è Edith Piaf.
Cerdan è sposato e ha due figli, ma tutto il mondo sa che i due si amano e sono legati. La Francia lo sa, approva la coppia. Si tratta di due idoli del Paese.
In ogni ristorante o bar in cui entri Cerdan, parte «La vie en Rose». Cerdan non fa che sentire quelle note. Decide di partire per raggiungere Edith. Non sa che sceglie la data del suo destino.
L’aereo su cui viaggia si schianta nella notte, poco prima delle 3. Nessuno delle 48 persone a bordo sopravvive.
La Piaf lo scopre diverse ore dopo, poco prima di un concerto. Si ubriaca per sopportare il dolore e riscrive «Hymne à l’amour» che ha composto 4 mesi prima, e che aveva dedicato proprio a Cerdan.
Sale sul palco, canta, sviene, distrutta dal dolore e dai farmaci con cui si è imbottita.
“Da lì sarà sempre nebbia, fino alla scomparsa nel 1963. Non solo per la brutale fine della storia con il pugile, ma di certo perché quello è stato il colpo di grazia a ogni speranza di felicità”.
Cerdan e la Piaf si erano conosciuti solo un anno prima, in America, durante una serata di rappresentanza. Dopo poche settimane, Cerdan era diventato campione del mondo.
Era il coronamento di un sogno, di una carriera iniziata per mantenere la famiglia. Era nato in Algeria e cresciuto a Casablanca. Rappresentava la Francia e il Nord Africa insieme. Combatteva perché aveva bisogno di soldi.
Morì mentre andava in America per prendersi la rivincita su La Motta, che lo aveva sconfitto in precedenza. Non ne era stato turbato perché c’era tempo per riprendersi e intanto per amare la Piaf.
Sono passati 70 anni da allora e Cerdan è sempre il pugile senza paura.
“Il peso medio che ha vinto più di 100 sfide e non si è curato di quella che ha perso perché pensava a lei ed era sicuro di rifarsi purché fosse con lei, con Edith Piaf”.
Del loro amore restano due carriere indimenticabili, delle immagini struggenti e una valigia con la scritta «la Motta arrivo» e le iniziali E.C. (Edith e Cerdan), ritrovata dopo il disastro aereo. Fu messa all’asta nel 2013. Restano lettere commoventi e un inno all’amore e alla boxe.
“Una canzone legata a una storia che forse non avrebbe retto al matrimonio di uno e all’inquietudine dell’altra, pure nel testo lei si chiede se si amano davvero. Solo per rispondersi che non è una domanda importante «nel cielo più nessun problema» ed è lì che sono rimasti nella notte tra il 27 e il 28 ottobre del 1949. Un anno in cui continuavano a cadere stelle”.
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lamilanomagazine · 3 months
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Bologna, Attorno al Museo la rassegna dedicata al 44° anniversario della Strage di Ustica
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Bologna, Attorno al Museo la rassegna dedicata al 44° anniversario della Strage di Ustica Il 27 giugno 2024 ricorre il quarantaquattresimo anniversario della Strage di Ustica, che causò la morte di 81 persone in viaggio tra Bologna e Palermo su un DC9 della compagnia Itavia, in una sera di inizio estate del 1980, di guerra aerea, come ricordato dal Giudice Rosario Priore nella sua sentenza ordinanza del 1999. Manca ancora un pezzo è il tema scelto per la XV edizione di Attorno al Museo, la rassegna organizzata dall'Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica al Parco della Zucca, dove sorge il Museo per la Memoria di Ustica del Settore Musei Civici di Bologna con l'installazione permanente di Christian Boltanski attorno al relitto del DC-9 e in dialogo con esso, e, accanto, il "Muretto di Andrea", dedicato alla memoria del giornalista Andrea Purgatori, scomparso lo scorso anno, che alla strage di Ustica dedicò gran parte della sua vita. Dal 27 giugno al 10 agosto arte, teatro, musica, poesia, danza si confrontano ancora una volta con la strage, che nel corso di questi 44 anni ha continuato a sollecitare la necessità della riflessione e rielaborazione artistica e culturale, forse più di qualsiasi altro evento nella storia del nostro Paese. Un anniversario che si arricchisce quest'anno di due importanti notizie: da un lato la costituzione, da parte della Regione Emilia-Romagna, Il Comune di Bologna e l'Associazione dei Parenti, di una Fondazione per la gestione e la promozione del Museo per la Memoria di Ustica; dall'altro la decisione della Giunta Comunale di Mantova, città natale della Presidente dell'Associazione Daria Bonfietti, di intitolare alle vittime della strage di Ustica un giardino nella zona di Valletta Paiolo, quartiere dove risiedevano due delle cinque vittime mantovane. Tanti sono i protagonisti e le protagoniste del mondo della cultura, dell'arte e dello spettacolo che hanno voluto essere presenti anche quest'anno alla rassegna con produzioni originali che, a partire dalla strage, arrivano a riflettere sul presente. Giovedì 27 giugno alle 11.30 a Palazzo d'Accursio il sindaco Matteo Lepore incontrerà i parenti delle vittime. Saranno presenti il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e la presidente dell'Associazione Parenti delle Vittime della strage di Ustica Daria Bonfietti. L'incontro sarà trasmesso anche in streaming sul canale YouTube del Comune di Bologna. L'apertura della rassegna serale Attorno al Museo al Parco della Zucca è affidata nella stessa giornata alle 21.15 allo spettacolo Sempre, ovunque con te mi troverai di Concita De Gregorio, in cui parole e musica si intrecciano partendo dalla cronaca per arrivare alla poesia, "l'unica capace di raccontare la verità che abita l'animo". Sul palco le canzoni e la voce di Erica Mou diventano la musica che guarisce le ferite della memoria. Viaggio notturno per mare è il titolo della videoinstallazione di Jacopo Rinaldi a cura di Laura Brambilla costruita sulle immagini del relitto del DC-9 Itavia sul fondale marino girate nell'ambito della missione "Opera – Operazione di Recupero Aeromobile", che a partire dal 27 aprile 1987 diede avvio al recupero dei resti del velivolo consentendo al Giudice Rosario Priore di scrivere la verità sulle cause del disastro aereo. Il video sarà proiettato in alcuni luoghi della città, tra cui il MAMbo, Bologna Welcome e le sedi Tper di via di Saliceto e via Lame, a partire dalle 20 del 27 giugno e per tutta la notte, e al termine dello spettacolo all'interno del Parco della Zucca. L'opera di Rinaldi consente di immergersi nell'abisso marino riportando a galla la drammaticità dell'evento nello spazio pubblico della città. Il progetto è realizzato in collaborazione con MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna. La rassegna continua giovedì 4 luglio alle 21.15 con Stefano Massini per Ustica, in cui l'autore restituisce un affresco della storia italiana degli anni Ottanta in parole e racconti che nel suo stile caratteristico e travolgente 'toccano il cuore e la mente' per non dimenticare, fare memoria e ricordare la necessità di fare chiarezza sulle tante vicende ancora oscure della storia italiana. Giovedì 11 luglio è la volta del concerto, in collaborazione con il Conservatorio G.B. Martini di Bologna, dei Pulse Percussion Duo, al secolo Mattia Grassi e Pierfrancesco Semeraro, viaggio sonoro fatto di energia esplosiva, che porta le percussioni a esplorare un ampio repertorio musicale, dalla musica classica a quella popolare e contemporanea. 3D Soundscape - La Battaglia per Ustica è il titolo dell'opera sonora ideata da Oderso Rubini e composta da Carlo Cialdo Capelli, musicista e compositore, in occasione del terzo anniversario della morte di Christian Boltanski, che sarà presentata domenica 14 luglio alle 19: una partitura polifonica realizzata a partire dalle voci degli 81 altoparlanti – uno per ogni vittima – che compongono l'installazione dell'artista francese, che si allarga fino a creare un viaggio immersivo, rievocando le profondità marine e restituendo da un lato il senso della fragilità umana, dall'altro un messaggio di speranza, determinazione e coraggio. Una toccante e significativa esperienza d'ascolto che offrirà al pubblico fino al 10 agosto un modo diverso di vivere l'installazione permanente del Museo per la Memoria di Ustica (da venerdì a domenica alle 17.30 e nelle serate di rassegna alle 21 e al termine degli spettacoli). Alla memoria di Andrea Purgatori, che ha dedicato gran parte della sua vita di giornalista di inchiesta alla strage di Ustica, è dedicato venerdì 19 luglio, nel primo anniversario della sua scomparsa, il concerto di Francesco Cafiso e Alessandro Lanzoni, entrambi enfants prodiges della musica jazz e oggi tra i più affermati musicisti in ambito nazionale e internazionale, in una serata in collaborazione con il Bologna Jazz Festival. La danza d'autore di Virgilio Sieni sarà protagonista nello spettacolo Esistenze, in prima assoluta mercoledì 24 luglio: un mosaico di sette brevi danze dedicate e intervallate, misurate e sospese dalle parole che alcuni visitatori hanno lasciato nel guestbook del Museo, passando davanti al relitto, contribuendo a tracciare un punto di vista che si muove sempre verso noi. A David Riondino il compito di chiudere la rassegna sabato 10 agosto con La Notte di San Lorenzo: il poliedrico artista fiorentino reciterà testi poetici e narrativi legati al tema del volo, uno dei temi maggiormente presenti nella letteratura di tutti i tempi, da Luciano di Samosata a Giovanni Pascoli. Accanto a lui Monica Demuru, le cui canzoni si intrecceranno alle letture sospese tra nostalgia e speranza, tra malinconia e vitalità. Gli spazi esterni del Museo per la Memoria di Ustica si arricchiscono, durante le giornate della rassegna, dei disegni realizzati nel corso dell'anno dagli studenti e dalle studentesse di alcuni istituti scolastici romagnoli, frutto delle visite al Museo e degli incontri con l'Associazione dei Parenti, che raccontano il punto di vista dei ragazzi e delle ragazze rispetto all'esperienza del Museo e al racconto della strage. In una sorta di museo a cielo aperto, i disegni andranno a completare le installazioni già presenti sui muri esterni, accanto alle celeberrime vignette del settimanale satirico Cuore. Anche quest'anno si rinnova la collaborazione con il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna, dove il 21 giugno nella Sala delle Ciminiere apre al pubblico (fino al 29 settembre) P E R S O N O M A L I A, mostra personale di Robert Kuśmirowski a cura di Lorenzo Balbi e Marinella Paderni con l'assistenza curatoriale di Sabrina Samorì: volontà dell'installazione dell'artista polacco, noto per il suo approccio alla creazione di ambienti immersivi che combinano elementi visivi, sonori e sensoriali, è quella di richiamare soprattutto i più giovani ad approfondire il loro legame con una vicenda che non li ha direttamente coinvolti ma che ha segnato la storia del Paese, affidando al linguaggio del contemporaneo una riflessione sulla memoria collettiva in un particolare momento di ripiegamento della storia su se stessa. Per tutte le serate della rassegna le Cucine Popolari di Bologna in collaborazione con il Centro Sociale Antonio Montanari prepareranno i "Piatti della solidarietà", nell'ambito del progetto La memoria in tavola. In collaborazione con Tper, il bus "vestito" con l'immagine coordinata della rassegna Attorno al Museo circolerà per le strade di Bologna a partire dal 27 giugno. Come di consueto, in corrispondenza delle date di tutti gli eventi in programma il Museo per la Memoria di Ustica propone aperture straordinarie con i seguenti orari: giovedì 27 giugno dalle 11 alle 14 e dalle 19 alle 24; 4, 11, 14, 19, 24 luglio e 10 agosto dalle 20 alle 23. In queste serate, ad eccezione del 27 giugno, il Dipartimento educativo MAMbo propone una visita guidata gratuita al Museo alle 20: la prenotazione è obbligatoria scrivendo alla mail [email protected] entro le 13 del giorno precedente. Negli altri giorni restano invariati gli orari di apertura estivi del Museo, validi dal 28 giugno al 29 settembre: venerdì, sabato e domenica dalle 17 alle 20. La rassegna fa parte di Bologna Estate 2024, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena. Il programma completo è disponibile sul sito www.attornoalmuseo.it Attorno al Museo è realizzata con il sostegno della Regione Emilia-Romagna; Assemblea legislativa Regione EmiliaRomagna; Settore Musei Civici di Bologna | Museo per la Memoria di Ustica; Città metropolitana di Bologna; Comune di Bologna; Bologna Unesco City of Music. Con il patrocinio di: Rai Media partner: Rai Radio 3. Si ringraziano: TPER; Legacoop Bologna; Gruppo Hera; Coop Alleanza 3.0; Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Progetti realizzati in collaborazione con: Cronopios; Officina Immagine; Bologna Jazz Festival; Conservatorio G.B. Martini; Centro Sociale Antonio Montanari; Cucine Popolari Bologna. Per informazioni: www.attornoalmuseo.it www.associazioneparentiustica.it www.museibologna.it/ustica... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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m2024a · 3 months
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I piloti "disorientati", poi lo schianto nel Golfo Persico. Tutti morti sul volo Gulf Air 072 23 agosto 2000. Alle 16:52 dall’aeroporto internazionale del Cairo, Egitto, decolla il volo Gulf Air 072 diretto a Manama, in Bahrain, con 143 persone a bordo. Ma a pochi minuti dall’atterraggio, a causa di una riattaccata fallita, per l’impossibilità di atterrare sulla pista numero 12, l’aereo precipita nelle acque del Golfo Persico, uccidendo tutti i passeggeri e l’equipaggio. Quello del volo Gulf Air 072 è considerato il peggior incidente aereo avvvenuto in Bahrain e uno dei più gravi accaduti ad un Airbus A320, superato nel 2007 dal disastro del volo Tam 3054 di Rio de Janeiro. L’incidente Il velivolo coinvolto nell’incidente quel 23 agosto 2000 è un Airbus A320-212, con 6 anni di vita e 17.370 ore di volo accumulate. Il comandante del volo Gulf Air diretto in Bahrain quel giorno si chiama Ihsan Shakeeb, ha alle spalle 4.416 ore di esperienza di volo, delle quali 86 come comandante. Al suo fianco il primo ufficiale, il 25enne Khalaf Al Alawi, con 608 ore di esperienza di volo, 408 delle quali su Airbus A320. Sul volo 072, che arriverà al gate di partenza in ritardo, circa 25 minuti prima dell’orario di partenza previsto, e decollerà alle 16.52, a pilotare l'aereo è il comandante Shakeeb e il primo ufficiale Al Alawi è addetto al monitoraggio degli strumenti di volo. Alle 19:26 il controllore di volo dell’aeroporto di Manama autorizza il volo Gulf Air ad atterrare all'aeroporto di Manama, il comandante riferisce all’operatore di aver esteso i flap e il carrello, ma che pur avendo avvistato la pista d’atterraggio, e trovandosi a 297 metri da terra, il velivolo non è stabilizzato. Da questo momento, i piloti inizieranno una serie di manovre incomprensibili. “Non penso che ce la faremo”, si sente affermare il comandante nelle comunicazioni tra l’aereo e l’operatore di volo, il quale lo autorizza a compiere un’orbita, ovvero un'azzardata virata di 360 gradi. Ma le cose non sembrano andare per il verso giusto e alle 19:28, il comandante Shakeeb riferisce alla torre di controllo di aver mancato la pista: “...siamo andati oltre [la pista]", dichiara il capitano, che chiede di poter effettuare una riattaccata, che consente di interrompere la manovra di atterraggio di un aeroplano e riprendere quota. La scatola nera registrerà il master warning (l’allarme principale) suonare per 14 secondi, e il comandante affermare con tono preoccupato: “velocità, velocità eccessiva...". Il velivolo stava volando ad un'altitudine di 321 metri e alla folle velocità di 354 km/h. Qualche secondo dopo l'attivazione dell'allarme, la scatola nera registrerà un movimento in avanti della barra di comando dal lato del comandante, lo sticker laterale sarà tenuto a 13,3 gradi rispetto alla posizione neutra, il beccheggio dell'aeromobile passa da 5 gradi verso l'alto a circa 15,5 gradi verso il basso. Ma non è tutto: la velocità aumenta da 357 km/h a 433 km/h e l'accelerazione diminuisce. Alle 19:30, mentre il velivolo si trova ad un'altitudine di 306 metri e una velocità di 409 km/h, dalle registrazioni si sentirà il comandante affermare: "retrarre completamente i flap" e il primo ufficiale rispondere: "zero". Dopo quest'ultima conversazione, il volo Gulf Air 072 si schianterà nel Golfo Persico, che nel punto del violento impatto era profondo solo 3 metri, facendolo disintegrare completamente. Nello schianto periranno tutti i passeggeri e i membri dell'equipaggio. Le indagini e le cause dello schianto Ad investigare sulle cause che portarono alla tragedia del volo Gulf Air 072 vennero incaricati il Bahrain Civil Aviation Affairs (Caa), il National Transportation Safety Board (Ntsb), il Bureau d'Enquêtes et d'Analyses pour la sécurité de l'aviation civile (Bea) e il Directorate General of Civil Aviation & Meteorology (Dgcam). Le indagini rivelarono una serie di errori procedurali commessi dai piloti, i quali non aderirono a diverse procedure operative standard. Una delle procedure considerate "non convenzionali" fu l'orbita che il comandante effettuò a bassa quota e troppo in prossimità della pista d'atterraggio. Anche la riattaccata eseguita in maniera errata contribuì alla tragedia, in quanto durante la manovra i piloti rimasero vittime di quello che viene definito disorientamento spaziale, ovvero un'illusione somatogravica, che diede loro la falsa percezione di aver iniziato un beccheggio verso l'alto, mentre l'aereo stava scendendo in picchiata verso il basso. Le indagini misero in luce l'inadeguato addestramento dei piloti, i quali non riuscirono a coordinarsi durante le fasi più critiche del volo e l'insoddisfacente sistema di analisi dei dati di volo della compagnia aerea. La combinazione di tutti i fattori elencati portò quindi l'aereo a schiantarsi nel Golfo Persico, senza lasciare scampo alle 143 persone a bordo. Che cos'è l'illusione somatogravica? In aviazione, la cosiddetta illusione somatogravica è un tipo di illusione ottica che crea nel pilota la percezione di salire, mentre in realtà il velivolo sta scendendo. Questo accade soprattutto, come nel caso del volo Gulf Air, durante i voli notturni, quando è più facile al buio, perdere l'orientamento. Subì la medesima sorte del volo Gulf Air anche il volo armeno Armavia 967, che nel 2006 precipitò durante una riattaccata, mentre volava dalla capitale armena Yerevan, a Sochi, in Russia, uccidendo tutti i passeggeri a bordo. Anche nel caso del volo Armavia i piloti rimasero vittime di un disorientamento spaziale durante la manovra di riattaccata, che li confuse al punto da far precipitare l'aereo nel Mar Nero.
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multiverseofseries · 4 months
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La società della neve: il film Netflix di J.A. Bayona e il confine tra miracolo e tragedia
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La società della neve: oltre il dramma di una storia vera, il film di J.A. Bayona è un'opera sulla forza della ragione, sulla salvezza come fede, sulla sopravvivenza della collettività stessa.
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Lo chiariamo subito: La società della neve non è mai morboso, mai scenografico, mai estemporaneo rispetto ai fatti raccontati, e narrati seguendo fedelmente i terribili avvenimenti. Dall'altra parte, nella sua oggettività sacrale, J. A. Bayona sceglie il linguaggio dell'esperienza cinematografica più pura per mettere in scena "il ritorno dalla morte" dei sedici superstiti del volo 571, schiantatosi sulle Ande il 13 ottobre del 1972. Con una riflessione, che torna, a più riprese, negli estenuanti 144 minuti: ciò a cui stiamo assistendo, è una tragedia o un miracolo?
La società della neve, disponibile su Netflix, non abusa mai del materiale originale, né approfitta di un facile dolore. Preferisce un tono introspettivo, soffermandosi sui dettagli, sulle labbra screpolate, sugli oggetti recuperati dai cadaveri e custoditi in uno scrigno, a futura memoria e a testimonianza immortale.
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La società della neve: una scena del film
Un'introspezione lucida, coerente, protagonista nel percorso umano di un pugno di uomini, spinti oltre qualsiasi limite, sfiorando con mano un inferno dove si brucia dal freddo - e una riflessione su quanto siamo predisposti alla lamentela facile. Oltre il senso del survival movie, e più un romanzo che artiglia lo stomaco, che scuote la testa, lasciando una scombussolata sensazione alla fine della visione. Come se fosse una sorta di liberazione, come se il respiro trattenuto per quasi tre ore (sì, dura troppo, bisogna tornare in sala di montaggio), tornato regolare, fosse l'aggancio tra il cinema e la realtà. Perché ciò che vediamo nel film di J.A. Bayona, che ha adattato The Snow Society: The Definitive Account of the World's Greatest Survival Story di Pablo Vierci, è ottimo cinema che incontra l'opprimente cronaca di un dramma sconcertante.
La società della neve, una terribile storia vera
Un po' di contesto, per capire meglio: La società della neve è la storia vera del disastro aereo delle Ande, in cui persero la vita 29 persone, contando 16 sopravvissuti. A bordo dell'aereo, gestito dall'areonautica militare uruguayana, c'era la squadra di rugby al completo degli Old Christians Club, compresi amici, tecnici, famigliari, personale di bordo. Il film di Bayona, intelligentemente, non si incastra troppo nelle dinamiche del disastro, prendendo quasi immediatamente il filo del discorso nel bel mezzo dello schianto, affidando parte della narrazione al punto di vista di Numa Turcatti, interpretato da Enzo Vogrincic Roldán, con un voice over perfettamente amalgamato alla colonna sonora di Michael Giacchino.
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La società della neve: un'immagine dal set
La stessa musica che sembra coincidere con l'umore delle Ande, a tutti gli effetti le protagoniste del film nella loro naturale scenografia, e riprese dal regista come se fossero dei giganti silenziosi, immobili davanti lo sgomento. Dunque, dosando parole e respiri, Bayona ricompone i 72 giorni di sopravvivenza, addentrandosi nelle dinamiche, nelle scelte, nella lotta per non impazzire, con un accennato riverbero emotivo nonché religioso: i 16 superstiti, infatti, sono riusciti ad andare avanti cibandosi dei corpi delle vittime, scendendo a compromessi con la propria coscienza.
Tra miracolo e tragedia
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La società della neve: una foto del film drammatico
Tuttavia, il tono de La società della neve, per intuizione di Juan Antonio Bayona (regista spesso indeciso, che pare ora abbia trovato una sua dimensione), non indugia mai sull'atto cannibale in sé, declinando l'intera situazione come se fosse un diretto confronto tra l'anima e la testa delle persone coinvolte. Per farla breve: non è questo il fulcro del film, né della storia in sé. Piuttosto, c'è una tridimensionalità rispettosa, di reverenza davanti alla catastrofe, e di sincero trasporto emotivo quando i superstiti, con le sparute scorte cibo ormai finito (biscotti e cioccolata), si trovarono a compiere un atto indicibile. Anche perché il film è un manifesto sulla forza della ragione, sulla fermezza, sulla sopravvivenza come atto stesso di fede, e quindi di speranza - ricordando che le persone coinvolte erano e sono credenti.
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La società della neve: una foto del film
Un film diviso in due, compatto nella tecnica quanto nella nevralgia di una sceneggiatura dal forte impatto, rinchiusa dal regista in una carcassa metallica nel bel mezzo di un palcoscenico innevato e roccioso. Come fosse una matrioska: il cielo, le montagne, la carlinga dilaniata, e poi ancora le emozioni dei protagonisti, intorpidite ma coscienti, debilitate ma tenaci. Tutto in serie, tutto a fuoco, tutto in primissimo piano secondo l'idea di Bayona, che allarga l'immagine utilizzando un esasperato grandangolo, quasi a volere superare i limiti di una prospettiva senza happy ending che, però, rincorre la compassione. Una prospettiva tenuta in vita dalla coriacea perseveranza di chi non ha ceduto alla tragedia, credendo invece in un miracolo. Un miracolo umano, e non divino.
In conclusione La società della neve, dimostra un ottima la scelta del regista di optare per una visione oggettiva e mai morbosa, ponendo l'attenzione sull'introspezione, sul dramma delle scelte, sulla sopravvivenza come fede. Ottima tecnica, buoni interpreti, una durata probabilmente eccessiva.
Perché piace 👍🏻
Le scelte narrative, mai eccessive o morbose.
La prospettiva delle vittime.
Il senso di comunità nel dramma.
Rendere le Ande le vere protagoniste.
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alephsblog · 6 months
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ufficiosinistri · 6 months
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What will you be reading this weekend? Luca Baccolini - "Bravi e dannati"
Ogni volta che ci passavo davanti, mi incuriosiva. Esposto lì, in una grande libreria, assieme ad improbabili autobiografie, libri fotografici e manuali sul calcio. Il titolo che parafrasava un film epico di Gus Van Sant, “Belli e dannati” con Keanu Reeves e River Phoenix. Un libro che a prima vista, dalla copertina, mi sembrava commerciale e scontato. Dopo una, due, tre volte che ci passai davanti, decisi però di portarmelo via. “Bravi e dannati” è una corposa raccolta di brevi, a volte brevissimi biografie riguardanti calciatori che nelle loro carriere sono stati capaci di accomunare genio e sregolatezza, talento e spreco, impegno politico e vittorie. L’autore, il giornalista sportivo bolognese Luca Baccolini, ci racconta le loro imprese, calcistiche e non, analizzandole come fulmini a ciel sereno, contestualizzandone la narrazione nello spazio e nel tempo, riuscendo a coprire un secolo di storie da sviscerare in tutta la loro umanità.
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I “Carneadi” (termine che ricorre tantissimo nelle pagine del volume ) di Baccolini ci vengono raccontati con spudorata umanità e uno stile molto giornalistico, che evita ripercussioni emotive. Le storie descritte sono tristi, violente, iperboliche e a lieto fine. Appartengono a vite di calciatori, e quindi di esseri umani, e forse la bravura dell’autore risiede proprio nel raccontarle in maniera distaccata e disillusa, senza soffermarsi su giudizi e opinioni personali. Spetta quindi al lettore trovare spunti di riflessione e farne, in seguito, tesoro. La sgroppata trionfale di Saeed Al-Owarian nella partita contro il Belgio a USA 94, che fu classificata come il sesto gol più bello di sempre nella storia dei Mondiali, viene così narrata in contrapposizione all’intera carriera del trequartista saudita, conclusasi senza mai aver avuto la possibilità di giocare in un campionato europeo. Dino Ballacci, poi, il difensore partigiano che militò nel grande Bologna del dopoguerra, ci viene inquadrato nella sua più totale normalità di uomo che, oltre alla fede calcistica, visse la propria vita in nome di ideali libertari e di uguaglianza. Poco importa se si presentò al rinnovo del contratto portando con sé una pistola, perché sapeva che il presidente Dall’Ara ne avrebbe avuto con sé una. E poi la tragica storia di Fashanu e del suo soffertissimo coming-out, la Via Crucis giudiziaria a cui fu sottoposto Beppe Signori, la morte nel disastro del Vajont di Giorgio de Cesero. Persino la collocazione in rigido ordine alfabetico dei protagonisti ci fa rimanere con i piedi ben saldi a terra, e la parte finale, dedicata a citazioni e aforismi più o meno famosi, fa da corollario alla ricerca sociale dell’autore. “Bravi e dannati” trasuda di cultura e storia. Di politica e divertimento, di illusioni e vittorie. “Spiazzato di netto, il portiere egiziano si alza e proietta le braccia al cielo in un urlo liberatorio. Simultaneamente, tutti i giocatori del Camerun le portano dietro alla testa in un gesto di disperazione collettiva, condiviso da un Paese intero. Womé, l’eroe degli undici metri, questa volta ha tradito. Ma per lui, quello, è solo l’inizio dell’incubo. La sera stessa un gruppo di tifosi inferociti entra nella sua casa in Camerun e si porta via tutto. Nella fuga sfasciano anche l’automobile, rendendola inservibile. Non sfugge alla loro ferocia nemmeno il negozio della compagna del calciatore, saccheggiato e dato alle fiamme. Womé, nel frattempo, è stato scortato dalla polizia locale e imbarcato a bordo del primo aereo in partenza per l’Europa, come in un film di spionaggio. Quando atterrerà in Italia, ascolterà dalla bocca del suo compagno di squadra Samuel Eto’o un doloroso retroscena, che forse avrebbe preferito non venisse divulgato: >, rivelerà l’attaccante del Barcellona.”
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giancarlonicoli · 8 months
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23 gen 2024 12:01
“UNO A CUI SQUILLA DI CONTINUO IL TELEFONO NON È POTENTE. IL POTERE, QUELLO VERO, NON VIENE MAI DISTURBATO” – SABINO CASSESE APRE LE VALVOLE, DALLA MORTE DI MATTEI AI CARABINIERI CHE AL TEMPO DELL'ENI PRESERO INFORMAZIONI SU DI LUI (“SCRISSERO CHE AVEVO IDEE COMUNISTE”) - GLI INCONTRI SEGRETI CON DAVIGO PER SCRIVERE LA FINANZIARIA NEL ’93 AL TEMPO DEL GOVERNO CIAMPI. “CESARE GERONZI CI MISE A DISPOSIZIONE UN UFFICIO DELLA BANCA DI ROMA IN VIA DEL CORSO” – LA CANDIDATURA AL QUIRINALE NEL 2022: “L’IDEA FU DI RENZI, SALVINI VENNE A CASA MIA PER…” -
«Uso una frase che mi aveva detto Guy Braibant, il più rispettato membro del Consiglio di Stato francese, un super mandarino che era stato capo di gabinetto di Fiterman quando i comunisti francesi erano nella coalizione di governo: le cariche pubbliche non si sollecitano e non si rifiutano».
Tommaso Labate per il Corriere della Sera - Estratti
Professor Cassese, in un libro-intervista con Alessandra Sardoni, lei ha delineato le strutture del potere. Chi è stato il primo potente che ha incontrato?
«Enrico Mattei, conosciuto quando nel 1957, un anno dopo la laurea, andai a lavorare all’Eni».
Che ricordi ha della notte in cui morì Mattei?
«Fui tra i primissimi a sapere del disastro aereo. Mi avvisò quasi in tempo reale Stelio Valentini, un ragazzo di cui seguivo la tesi di laurea, che era figlio del capo di gabinetto del presidente del Consiglio Amintore Fanfani. Seppi tutto quasi in presa diretta: l’aereo di Mattei scomparso dai radar, poi dato per disperso, fino alla notizia della morte. Andai anche io all’Hotel Eden, vicino via Veneto, dove Mattei abitava quando stava a Roma; e ricordo come venne organizzato il convoglio speciale per portare a Milano i rappresentanti del governo e dell’azienda».
Come cambiava l’Italia con la morte di Mattei?
«Noi dell’Eni, come scrisse Marcello Colitti, perdevamo un padre. L’Italia perdeva l’uomo del futuro. Consideri che a mio avviso, pur essendo passati quasi diciotto anni dal 25 aprile, c’erano ancora dei fortissimi elementi di continuità col Ventennio».
Per esempio?
«Le racconto un episodio personale. Quando mi chiamarono all’Eni, un carabiniere si presentò nel mio palazzo a prendere informazioni su di me e chiese con discrezione al portiere dello stabile di che orientamento politico fossi. Nel rapporto finale c’era scritto che ero un uomo di sinistra, che pencolavo verso le idee del Partito comunista, ma che comunque ero “uno studioso, un bravo ragazzo”. Quindi, non una testa calda».
Secondo lei, Mattei fu ucciso?
«Non ho mai avuto elementi per dare una risposta certa a questa domanda. Le tesi dell’omicidio sono le stesse da sempre: che lo volessero morto gli americani, visto che aveva cambiato i rapporti tra i Paesi produttori di petrolio; che lo volesse morto un pezzo di Democrazia cristiana, visto che lui foraggiava la sinistra del partito; che lo volesse morto la mafia. A quest’ultima tesi è legata anche la scomparsa di Mauro de Mauro, il fratello del mio grande amico, e poi cognato, Tullio».
Il fascismo, in Italia, è un capitolo che può riaprirsi?
«No. È un capitolo chiuso».
Secondo molti, nel pezzo di Paese limitrofo alle idee di Fratelli d’Italia...
«Come le dicevo prima, il fascismo per certi aspetti è proseguito anche oltre la morte di Mussolini: la polizia politica ha proseguito il suo lavoro, la censura cinematografica è arrivata fino agli anni Sessanta, l’Iri è rimasto in vita fino all’ultimo decennio del secolo... Poi però la riforma agraria, la messa in funzione della Corte costituzionale, la nazionalizzazione elettrica, la riforma della scuola, la “pensione sociale”, lo Statuto dei lavoratori, l’arrivo del Servizio sanitario nazionale, ecco, tutto questo ha abbattuto quello che era rimasto del fascismo».
È vero che è stato vicinissimo dal diventare presidente della Repubblica?
«È vero che si è fatto e scritto il mio nome nel 2015 e nel 2022, che è diverso».
Come si vive nel condominio del totonomi?
«Credo che tutti quelli di cui si fanno i nomi nel momento in cui c’è da fare un governo o il nuovo presidente della Repubblica la vivano con distacco, anche perché quel mestiere è difficile e non sempre gradevole. Come se la circostanza di essere nominati ministri o eletti al Quirinale stia nel mondo delle cose possibili ma non di quelle probabili».
Nel governo Ciampi, 1993, la sua nomina a ministro fu possibile, probabile, infine reale.
«Ciampi mi telefonò per dirmi “penso a lei”, all’epoca ci davamo del lei, “come ministro della Funzione pubblica”. Ovviamente, aggiunse, “non glielo posso garantire finché non lo annuncio”».
Si era in piena Mani Pulite.
«Le racconto questa cosa: viste la dimensione delle malversazioni che emergevano via via dalle carte delle inchieste dei giudici milanesi, decidemmo di scorporare il costo della corruzione dal bilancio dello Stato e quindi di toglierlo dalla legge finanziaria. Serviva un lavoro preciso, fatto bene, che tra l’altro aveva iniziato anche l’ufficio studi della Banca d’Italia. D’accordo con Ciampi, presi contatto col pool di Milano e il dottor Davigo viene in gran segreto a Roma a lavorare sulle cifre con me. A Roma nessuno, a parte noi due e il presidente del Consiglio, sapeva di questi incontri. Anzi, solo un quarto, che mantenne il segreto».
Chi era?
«Cesare Geronzi, che ci mise a disposizione un ufficio della Banca di Roma in via del Corso. Io e Davigo lavorammo per un intero giorno, entrando separatamente in quel palazzo da due ingressi riservati.La finanziaria del 1993 la scrissi dopo quegli incontri».
A gennaio del 2022, in piena elezione del capo dello Stato, l’uomo che dava le carte, Matteo Salvini, venne a casa sua e mangiaste insieme un passato di verdure.
«Salvini venne per fare una verifica, per farmi un esame. Ma l’idea che io potessi andare al Quirinale era stata di Matteo Renzi. Infatti, la prima a interpellarmi in tal senso, prima dell’inizio delle votazioni, era stata Maria Elena Boschi».
Quando ci sono incontri di questo tipo, che cosa viene chiesto esplicitamente?
«La domanda è: “Sarebbe disponibile o indisponibile per...?”. Ma molte persone sono “sondate”, come è giusto».
Lei di solito che cosa risponde?
«Uso una frase che mi aveva detto Guy Braibant, il più rispettato membro del Consiglio di Stato francese, un super mandarino che era stato capo di gabinetto di Fiterman quando i comunisti francesi erano nella coalizione di governo: le cariche pubbliche non si sollecitano e non si rifiutano».
Credette alla possibilità di diventare presidente della Repubblica?
«Nel 2015 scrissi un fondo per il Corriere in cui elencavo le caratteristiche per cui di solito si viene eletti al Colle. Sostanzialmente, bisogna essere stati presidenti di Camera o Senato, presidenti o vicepresidenti del Consiglio. Il motivo è semplicissimo: il Parlamento vota uno che conosce. Può immaginare quindi quale conclusione ne traessi a titolo personale».
Chi è stato il potente che ha meno fatto pesare il suo potere, di quelli che ha incontrato?
«Ciampi. Si metteva sempre un gradino sotto i suoi interlocutori, in una stanza non lo notavi neanche, poi finiva per prendere il meglio da tutti quelli che stavano accanto a lui. Era la coralità del potere. E poi, scusi, chi mai avrebbe potuto ambire a diventare capo del Servizio studi di Bankitalia, voluto da Menichella e Carli, partendo da una laurea in filologia e sbaragliando la concorrenza degli economisti?».
Craxi com’era?
«L’esatto contrario. Con Craxi in una stanza si vedeva solo Craxi, era o voleva essere il centro di tutti. Lo stesso può dirsi per Spadolini, in cui c’era anche quell’elemento di vanità tipico degli uomini di cultura».
Il potente più simpatico che ha conosciuto?
«Ciriaco De Mita, il potente che più di altri ha conservato e coltivato quell’elemento dubitativo e raziocinativo che è proprio dell’intellettuale».
(…)
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