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[Corpi ribelli][Giulia Paganelli]
Nelle pagine di Corpi ribelli, divulgatori, professionisti e attivisti portano le loro testimonianze dando vita a un racconto corale appassionato, formato da tanti sguardi diversi, ma tutti rivolti verso un futuro di inclusione.
Lo sappiamo: i corpi non sono tutti uguali. Pur facendo parte di un Tutto, come i pianeti all’interno delle galassie, ogni corpo ha caratteristiche proprie che lo rendono unico e diverso. Diverso, non meno valido. Tuttavia, esiste un posto, la «terra dei corpi che nessuno vuole», in cui sono confinati quei corpi che, non rispecchiando canoni imposti dal sistema dominante, vengono definiti «non…
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#2023#Carlotta Vagnoli#Corpi ribelli#Diversity Media Awards#evastaizitta#Eytan Ulisse Ballerini#Giulia Paganelli#Italia#LGBT#Luca De Santis#Marina Cuollo#Marina Pierri#Naomi Kelechi Di Meo#Nina Segatori#nonfiction#Pietro Turano#queer#Saggistica#Sagi#Sociologia#Sperling & Kupfer#Storie umane di rivoluzione
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NICOLA SACCO E BARTOLOMEO VANZETTI: DUE INNOCENTI SULLA SEDIA ELETTRICA IL 23 AGOSTO 1927
Il 23 agosto 1927, poco dopo la mezzanotte, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti venivano uccisi sulla sedia elettrica nel penitenziario di Charlestown.
Ingiustamente condannati per un reato che non avevano commesso, furono oggetto di un processo totalmente condizionato dal razzismo e dal pregiudizio nei confronti delle idee anarchiche che i due professavano.
Dopo la condanna, pronunciata dal giudice Webster Thayer, che non esitò a definirli "bastardi anarchici", moltissimi negli USA e in Europa si batterono per salvare la loro vita, purtroppo senza successo.
I loro corpi furono cremati e trasportati in Italia da Luigina Vanzetti. Oggi riposano rispettivamente nel cimitero di Torremaggiore e in quello di Villafalletto.
Dall'ultimo discorso di Bartolomeo Vanzetti durante il processo:
"Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano [...] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già".
Cannibali e Re
Cronache Ribelli
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❗1.03.1945: Il rastrellamento di Fiera di Treviso e l'assassinio di Giovanni Giuliato.
✍ La sera del 1° marzo 1945, su segnalazione del delatore Italo Billio, le Brigate Nere rastrellano il quartiere di Fiera (Treviso), abitato da famiglie antifasciste, arrestando molti giovani renitenti che vengono costretti ad arruolarsi nei corpi fascisti.
A guidare il rastrellamento è Brevinelli Giorgio - "Lince" con due squadre di militi.
Elio Fregonese, insieme all'amico Antonio Zanin, è sorpreso in casa sua: entrambi sono sottoposti ad una brutale bastonatura, poi sono incarcerati nella caserma delle Brigate Nere al Collegio Pio X.
Le percosse convincono uno dei catturati a fare il nome di Giovanni Giuliato - "Naso" -, uno sbandato del quartiere di Sant'Antonino, dichiarando che possedeva una pistola. Gli squadristi vanno a prelevare ‘Naso’ e, rinvenuta l’arma, lo conducono a Fiera, facendolo camminare a colpi di frustate; da lì lo caricano su una bicicletta, spingendolo a colpi di bastone verso le campagne di Silea e fratturandogli un braccio; quando l’uomo, sfinito, cade a terra lo picchiano per farlo rialzare e, non ottenendo risultati, lo passano per le armi sul posto. Per giustificare il brutale omicidio, l’Ufficio Addestramento e Operazioni della XX BN definisce Giuliato “un delinquente pericoloso e abituale”, sintetizzando l’accaduto come segue: “Interrogato, questi confessava di convivere con i ribelli e di avere altre armi, che vennero trovate. Considerati i suoi precedenti e il fatto di essere armato, Giuliato veniva passato per le armi sul posto. La popolazione ha appreso con piacere la fine di questo delinquente abituale, poiché si sentiva continuamente minacciata, e ha elogiato la BN per quest’opera di epurazione”.
Elio Fregonese, dopo qualche giorno di cella, è costretto ad arruolarsi nell'esercito fascista da cui diserta alla prima occasione raggiungendo i partigiani in montagna.
👉 Estremi e Note sui procedimenti:
CAS Treviso, sentenza n.19/45 del 4.7.1945 - R.G.26/45 - R.G.P.M. 223-224-409/45, a carico di Brevinelli Giorgio (‘Lince’) e altri; Brevinelli (‘Lince’), condannato a morte dalla CAS di Treviso nel luglio 1945, è fucilato al poligono di tiro di Maserada il 13 febbraio 1946.
📓 Fonte bibliografica e foto:
Federico Maistrello, XX Brigata Nera - Attività squadrista in Treviso e provincia (luglio 1944/ aprile 1945), Istresco, Treviso, 2006, pp. 164-165.
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Cosa pensano gli uomini quando stanno per amare la propria donna? Io ho immaginato questo....
Finalmente era uscita dal bagno, bella come il sole, forse anche di più. Sembrava una bimba con quel faccino acqua e sapone. Ma no, lei non era una bambina. Mi bastò guardarla solo un attimo per ritrovare la donna che infiammava i miei sensi. Indossava una camicia da notte semplice. Niente pizzi o trasparenze ammiccanti,solo una profonda scollatura che lasciava poco all'immaginazione. Il bianco raso della sottoveste aderiva alle sue curve ancora umide per la doccia appena fatta, mostrando,in trasparenza, le sue forme pronte per il mio delirio. Stringendo due forcine tra le labbra,con le mani teneva su disordinatamente i capelli, lasciando che alcune ciocche ribelli le cadessero sull'incavo del collo,quasi fosse un muto invito ad accarezzarla.. Piano, guardandomi dritto negli occhi, con aria di sfida, si avvicinò a me protraendo le labbra piene .
Non aspettavo altro.
Inebriandomi del suo profumo, le tolsi le forcine dalla bocca, appoggiandole sul comodino vicino al letto. Come una cascata,senza abbassare mai lo sguardo, lascio'
finalmente la sua chioma libera
di cadere sul suo petto. Distrattamente, tenendo gli occhi chiusi, spostò con le mani quella nuvola profumata, ridonandomi la vista della sua perfezione.
Dio se era bella...una tentazione per qualunque uomo sano di mente .
Con una lentezza quasi esasperante si avvicinò, sfilandosi quell' unico velo che mi separava dal paradiso. Senza fiatare,
mi spinse sul letto coprendomi con il suo corpo. La sentivo muoversi su di me.Sentivo il suo odore di donna,il suo respiro caldo, la sua pelle liscia.
Sentivo le sue mani ovunque. Le labbra che prima tenevano strette le due forcine, ora avevano catturato le mie. Ero senza fiato...la desideravo da morire.Tanta era la voglia di lei,che
non sapevo da dove iniziare.Non volevo tralasciare neppure un millimetro del suo corpo.
Ci amammo violentemente,con la forza di un uragano. Come se qualcuno mi avesse detto che quella sarebbe l'ultima volta . Tutte le emozioni e le sensazioni del mondo erano concentrate lì, dove i nostri corpi affamati si univano.
Tra sospiri, brividi e
gemiti sfuggiti dalla bocca di entrambi, lei si avvicinò al mio orecchio e,con il respiro corto, mi sussurrò la parola più calda ed eccitante del mondo: "ancora..."
Fu la fine del mio autocontrollo. La feci mia, prendendo e dando tutto .
Poi ,furono solo miele e orgasmi di anime e corpi.
Corinna AghelopulosI
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Leggo sergio corazzini perché non so che cazzo fare
I.
Egli le disse: So, so di morire pallida Iddia fra le tue braccia e sfido questa morte dolcissima, sorrido a quest'ora fatal che dee venire.
O, frementi d'amor nel nostro nido in un bacio lunghissimo svenire!... Così la gente ci vedrà partire abbracciati per sempre e senza un grido.
Oh è bello, è bello, sai far della vita un'eterna dolcezza e poi passare con un bacio alla morte! Ecco che bramo!
Nella fronte di lei pallida e ardita risplendettero i grandi occhi di mare e appassionata sospirò: Moriamo...
II.
Un lampo sotto al sua ciglia folta brillò d'ebbrezza e porse all'estasiato le sue labbra divine e il dolce fiato... Baciò, baciò furente ed ogni volta
che baciava, moriva sull'amato corpo che come rosa appena colta era fragrante... Su la coppia stolta languiva il sole; ma trionfava il fato!
Poi vennero le stelle silenziose... Cantò il gallo all'aurora di viola e s'aprirono al dì tutte le porte.
Ma nell'alcova, fra morenti rose ella gridò: Non mi lasciare sola! Lui disse: Resterò, fino alla morte!...
III.
Venne la morte; piansero le rose petali tristi sopra i corpi belli; egli, confusi aveva i suoi capelli con le chiome di lei, fresche e odorose.
I grandi occhi non più fieri e ribelli nelle palpebre la pia morte ascose, le manine di lei nelle sue pose e li lasciò sognar sogni novelli...
Venne la luna nel suo dolce viaggio sovra gli amanti e li guardò: dal cielo fece piovere un suo pallido raggio,
e vide in quella luce gialla e stanca fra le rose insecchite e senza stelo un forte braccio e una manina bianca...
[...]
O gelida, nel tuo triste abbandono, ricordi il vasto fiammeggiar dei ceri, il buon profumo de l'incensieri saliente ad un glorioso trono.
O gelida, ricordi un lento suono dai fremiti lunghissimi e leggeri o gravemente rombanti e severi, ora trillo di rondini, ora tuono.
O gelida, la tua campana è muta, la tua croce si curva, come un fiore troppo amato si piega sullo stelo,
e niuno a risorgere l'aiuta, e tu disperi perchè a tanto orrore, freddo, immobile amante, irride il cielo.
[...]
Lama, fulmin d’acciar, anima tersa e fredda come un’anima di bianca sacerdotessa, o lama, dimmi, stanca non fosti mai di star nel sangue immersa?
5Io t’odio, t’odio, eppure a questo orrore un’invidia di pazzo s’accompagna; sei più grande di me, lama di Spagna, perché tu forse hai penetrato un cuore!
[...]
Noi sedemmo sull'orlo della fontana nella vigna d'oro. Sedemmo lacrimosi in silenzio. Le palpebre della mia dolce amica 5si gonfiavano dietro le lagrime come due vele dietro una leggera brezza marina.
Il nostro dolore non era dolore d'amore né dolore di nostalgia 10né dolore carnale. Noi morivamo tutti i giorni cercando una causa divina il mio dolce bene ed io.
Ma quel giorno già vanìa 15e la causa della nostra morte non era stata rinvenuta.
E calò la sera su la vigna d'oro e tanto essa era oscura che alle nostre anime apparve 20una nevicata di stelle.
Assaporammo tutta la notte i meravigliosi grappoli. Bevemmo l'acqua d'oro, e l'alba ci trovò seduti 25sull'orlo della fontana nella vigna non più d'oro.
O dolce mio amore, confessa al viandante che non abbiamo saputo morire 30negandoci il frutto saporoso e l'acqua d'oro, come la luna. E aggiungi che non morremo più e che andremo per la vita errando per sempre.
[...]
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Firenze era una città ormai a ridosso del fronte, e infatti un mese dopo sarebbe stata liberata.
In quel luglio del ’44 reparti tedeschi e corpi della Repubblica Sociale Italiana stavano già abbandonando la città, ma non prima di essersi lasciati andare a diversi atti di violenza arbitraria e gratuita.
In questo quadro si inserisce il terribile eccidio di Piazza Torquato Tasso.
Nel pomeriggio del 17 una camionetta piena di militi della famigerata Banda Carità, guidata da Giuseppe Bernasconi, raggiunse il quartiere fiorentino di San Frediano. Si appostarono nell’angolo tra via Giovanni Villani e viale Francesco Petrarca e aprirono il fuoco senza preavviso sulle persone che si trovavano per strada. Cinque furono le vittime immediate di tale efferata azione, tra loro il piccolo Ivo Poli, di soli otto anni, che secondo le testimonianze venne falciato mentre correva disperato verso la porta della propria abitazione. Insieme a lui morirono Aldo Arditi, Igino Bercigli, Corrado Frittelli e Umberto Peri. Vi furono inoltre numerosi feriti. Non paghi di quello che avevano fatto, i fascisti rastrellarono anche diverse persone di cui si persero le tracce. Solo nel 1957, durante alcuni lavori di scavo, i corpi dei rastrellati vennero ritrovati sul greto del fiume Arno, presso il parco delle Cascine. Erano stati fucilati e seppelliti lì, insieme ad alcuni partigiani e altri uomini presi a caso. In tutto diciassette persone.
Sulle motivazioni della strage e del rastrellamento di piazza Tasso gli storici si sono a lungo interrogati, senza trovare alcun tipo di spiegazione. Probabilmente gli uomini di Bernasconi, in partenza da Firenze, volevano congedarsi così dalla città colpendo uno dei quartieri antifascisti che spesso offriva asilo ai partigiani. Non era certo il primo atto efferato del Reparto dei Servizi Speciali, meglio noto come Banda Carità, dal nome di Mario Carità, aguzzino, truffatore, picchiatore che aveva raccolto intorno a sé il peggio che la RSI era riuscita a mettere in campo. Un manipolo di assassini, spie e torturatori avvezzi al continuo uso di cocaina. Destinati soprattutto alla guerra contro i partigiani, gli uomini di Carità parteciparono ai rastrellamenti e alla deportazione degli ebrei, torturarono e assassinarono numerosi uomini della Resistenza ma rapinarono anche banche, sinagoghe e case private.
Spesso quando abbiamo parlato di stragi nazifasciste qualcuno ci ha scritto che avremmo dovuto togliere il suffisso e parlare solo di eccidio nazista. Abbiamo spiegato che a molte stragi uomini della RSI parteciparono come guide, fornendo appoggio logistico, o indicando le vittime da prelevare e giustiziare.
Oggi invece possiamo togliere il prefisso, questa fu una strage tutta fascista.
Cronache Ribelli
Di questo e di decine di efferati crimini fascisti contro i civili parliamo in Ventennio di sangue. Info nel primo commento.
Cronache Ribelli FB
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Rebel Moon - Parte 2: La sfregiatrice: Zack Snyder sa quello che fa
Rebel Moon - Parte 2: La sfregiatrice: più efficace del primo capitolo, con 45 minuti finali di azione pura. Ma siamo ancora a un piccolo tassello di un universo che Zack Snyder vuole espandere in serie tv, fumetti e podcast. Su Netflix.
A prescindere che venga idolatrato da un piccolo esercito di fan pronti a combattere battaglie virtuali per lui (impossibile dimenticare il martellamento del "Release the Snyder Cut", con cui gli estimatori del regista hanno invocato il director's cut di Justice League), o quasi deriso da quei cinefili che vogliono darsi un tono a tutti i costi, Zack Snyder sa quello che fa. Nel bene e nel male ha creato una sua estetica riconoscibile, fatta di slow motion, fotografia desaturata e corpi statuari perennemente scolpiti da luci e ombre. Il tutto a celebrare un superomismo moderno che sa più di spot pubblicitario di profumi e biancheria intima, ma che, proprio grazie alla sua estetica, cattura. Questa visione del mondo come una grande palestra ha raggiunto l'apice grazie al connubio con Netflix.
Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice, Sofia Boutella in una scena del film
Seconda parte, come indica il titolo, di Rebel Moon - Parte 1: Figlia del fuoco, il film è in streaming sulla piattaforma dal 19 aprile e riprende il racconto esattamente dove si era fermato. Come già annunciato dal regista, queste due parti sono in realtà una versione provvisoria: uscirà infatti anche lo Snyder Cut di Rebel Moon, che si annuncia lungo sei ore, più crudo e vietato ai minori. Nell'idea di Snyder Rebel Moon è infatti un grande universo da espandere in diversi media: per i film pensa a due trilogie da sei film, poi a serie tv, fumetti e anche un podcast sul robot Jimmy (doppiato in originale da Anthony Hopkins).
Insomma Snyder e Netflix stanno cercando di fare quello che i Marvel Studios hanno fatto in questi ultimi 16 anni: creare un franchise di successo basato su un universo condiviso. Il regista non ci è riuscito con i personaggi DC e Warner Bros., ma ci sta riprovando con una storia di sua creazione e l'appoggio della piattaforma di streaming, disperatamente alla ricerca di proprietà intellettuali originali da legare al suo marchio. Questa ambizione commerciale basta a fare di Rebel Moon un prodotto godibile? Sì e no.
La trama di Rebel Moon - Parte 2: violenza!
Per stessa ammissione di Snyder l'universo di Rebel Moon è la versione del regista di Star Wars: da piccolo è rimasto folgorato dal film di George Lucas, che lo ha spinto a dire "un giorno farò anche io cinema!". La storia è esattamente quella: Kora (Sophia Boutella) è una Anakin Skywalker che ci ha ripensato: tra le guerriere più spietate ed efficaci del Mondo Madre, impero militare basato sulla sopraffazione, decide di ritirarsi a vita privata sul pianeta Veldt, abitato da agricoltori. Quando arriva lo spietato ammiraglio Atticus Noble (Ed Skrein) a mettere in pericolo la tranquillità degli abitanti, Kora decide di unirsi ai ribelli, andando a cercare i migliori guerrieri per convincerli ad unirsi a lei contro l'impero.
In Rebel Moon - Parte 1: Figlia del Fuoco abbiamo fatto soprattutto la conoscenza dei personaggi, arrivando a un combattimento finale tra Kora e Noble che è un assaggio di quello che accade in questa seconda parte. Dopo un inizio in cui i protagonisti raccontano qualcosa in più del loro passato (e che sono chiaramente accenni di quanto verrà maggiormente approfondito nelle serie e nei fumetti), questo capitolo dà finalmente al pubblico ciò che vuole: 45 minuti di azione pura e combattimenti. La trama di Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice si può quindi riassumere così: violenza!
Le scene di combattimento di Rebel Moon - Parte 2 non deludono
Snyder conosce perfettamente il suo pubblico e sa che oggi la trama è sopravvalutata: gli spettatori sono sempre più distratti, la soglia di attenzione è calata drasticamente e i film hanno quanto più successo quanto più spezzoni di scene vengono condivisi su TikTok. E Rebel Moon sembra concepito appositamente con questo in mente: si tratta di un'opera che funziona sia scomposta in tanti piccoli frammenti che fruita nell'insieme. La storia è secondaria, l'estetica è tutto. Quindi non importa se le spade imbracciate da Kora e Noble sono la fusione delle lightsaber di Star Wars con la katana della Sposa di Kill Bill: l'importante è che rendano bene sullo schermo. E in effetti lo fanno: l'azione funziona e, senza dover introdurre uno per uno i personaggi, il ritmo ne guadagna in questa seconda parte.
Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice, Djimon Hounsou, Staz Nair in una scena
Certo, puntare sulla volontà degli spettatori di ricostruire tutto il puzzle una volta che i vari contenitori saranno disponibili è un azzardo, ma Snyder e Netflix sanno benissimo che questo è un modo per fidelizzare il proprio pubblico. Per chi ha la voglia e il tempo, l'universo di Rebel Moon può diventare come un gioco alla ricerca del nuovo oggetto mancante. Volendo fare un parallelo azzardato, la principessa Issa di Rebel Moon, che tutti cercano ma nessuno trova, è un po' come il Godot di Samuel Beckett: non arriva mai, ma intanto succedono cose. E così è per questi film: si aspetta che arrivi uno slancio in più, un'idea originale che non c'è. Ma intanto c’è lo sfoggio di muscoli e props!
Conclusioni
In conclusione con Rebel Moon - Parte 2: La sfregiatrice Snyder si concentra più sull'azione: la pellicola offre infatti 45 minuti di azione pura, che danno soddisfazione a chi cercava combattimenti con la spada, scontri di astronavi e sangue. Ma è solo l'inizio: nella mente del regista infatti arriveranno altri quattro film, serie tv, fumetti e podcast.
👍🏻
I 45 minuti finali di azione pura.
Il robot Jimmy doppiato da Anthony Hopkins.
La coerenza di Zack Snyder.
👎🏻
La trama è un pretesto.
Chi cerca l'originalità è meglio che passi oltre.
I dialoghi sono elementari.
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Gb pronta a riconoscere Stato palestinese a fine guerra | Usa, ok alla ritorsione contro l'Iran: identificati gli obiettivi
02 febbraio 2024 01:18 TEMPO REALE Colpita dai ribelli Houthi una nave cargo americana nel Mar Rosso. Al Jazeera: ‘Trovata a Gaza una fossa comune con 30 corpi di palestinesi”. Qatar: passi avanti verso la tregua 02 feb 01:22 Israele: “Continueremo campagna militare fino a Rafah” 01 feb 22:07 Gb potrebbe riconoscere Stato palestinese a fine guerra Momenti principali Correlati source
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Attacco islamista in Uganda recuperati i corpi di 41 persone
Tra le vittime 38 studenti, bruciati e uccisi dopo che sospetti ribelli islamisti delle Forze democratiche alleate hanno attaccato una scuola secondaria vicino al confine con il Congo
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Tragedia infinita nell'inferno congolese La fotoreporter e documentarista iraniana Newsha Tavakolian non ha ancora superato l'impatto emotivo del suo viaggio attraverso la regione dell'Ituri, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Tavakolian ha girato la zona e ha catturato, su commissione dell'organizzazione Medici Senza Frontiere, l'orrore quotidiano della miseria, delle malattie e della violenza sessuale subita da uomini e – soprattutto – donne in un Paese incessantemente afflitto dallo spettro della violenza.“Una dopo l'altra, le donne e le ragazze sopravvissute a un'aggressione sessuale si siedono davanti alla mia telecamera. Vogliono condividere le loro storie. Non posso aiutarli in nessun altro modo se non pensare che la mia macchina fotografica possa catturare la vera profondità della loro lotta” , scrive l'autore delle immagini nel suo reportage. Il suo obiettivo immortala gli esseri umani che, sfollati dalle loro case e dalle loro regioni, sono ammassati in campi malsani e privi delle condizioni di vita minime adeguate. Ospedali e chiese sembrano essere gli unici rifugi per il sollievo dei loro corpi e delle loro anime. *********** 1 - Manyotsi, 32 anni, posa con il suo bambino di sei mesi, concepito a seguito di uno stupro. "Lo amo lo stesso perché è innocente", dice. 2 - Questa è la storia di Dhesi, una donna congolese di 17 anni che vive con i genitori in uno dei campi profughi della provincia di Ituri, nel nord-est del Paese: “Una notte, verso le otto, ero tornando a casa dal mercato. Dato che si stava facendo tardi, ho preso una scorciatoia. In mezzo al sentiero ho incontrato un uomo molto alto e molto forte che, senza dirmi niente, mi ha spinto, colpito e fatto cadere a terra. Non potevo fare niente. Passando davanti alla chiesa, ho raccontato tutto a una donna e lei mi ha consigliato di andare in ospedale, cosa che ho fatto. Non ci penso più e non sono più triste per quello che è successo. L'unica cosa che mi preoccupa è sposarmi e avere figli". 3 - Giselle ha 16 anni. Sua madre ha lasciato la casa dopo aver avuto il più giovane dei suoi otto fratelli. Nel 2018, i ribelli hanno fatto irruzione nella sua casa e hanno ucciso suo padre, lasciandola alle cure dei suoi fratelli. Tre mesi fa, mentre tornava dall'acqua, tre uomini armati l'hanno aggredita e violentata. Riceve cure all'ospedale di Drodro. Dice che non vuole avere niente a che fare con gli uomini e che non si sposerà mai. 4 - "Hanno ucciso uno dei miei figli", dice Borive, 28 anni, anche lei vittima di uno stupro di gruppo. 5 - Un gruppo di otto donne attende di essere ricevuto da padre Dieudonné e si confessa nella chiesa cattolica romana di Drodro, a nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Molti sfollati vanno in chiesa ogni giorno non solo per confessarsi, ma anche per parlare degli orrori a cui hanno assistito e delle cose di cui si sentono in colpa o si vergognano. 6 - Tutte le donne congolesi che appaiono nella fotografia in questa doppia pagina sono state violentate più volte. Newsha Tavakolian
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Per non dimenticare "Non vi ingannino i nostri sorrisi, siamo morte tutte.Ci hanno violentato, ammazzato di botte e sparato. Hanno mutilato i nostri corpi, i nostri genitali, e li hanno filmati, ridendo di noi. Eravamo colpevoli perché ribelli, colpevoli perché donne che imbracciano un fucile. Ma eravamo solo ragazze. Abbiamo patito la fame, ricevuto sguardi di incoraggiamento da chi aveva meno di noi, sorriso, pianto, siamo state terrorizzate, abbiamo pensato di potercela fare nell'indifferenza del mondo che ci ammirava ma che non ci ha mai sostenuto." (Le combattenti curde morte ad Afrin, marzo 2018) https://www.instagram.com/p/CU_1moytyWw/?utm_medium=tumblr
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quando avevo 16 anni andai a visitare Firenze con la mia ragazza di allora. Fu il nostro primo viaggio di più giorni fuori casa e coi soldi conservati dei rispettivi compleanni acquistammo un Intercity a/r da Napoli e due notti in un b&b a pochi passi dalla stazione. Tuttavia, arrivare a Firenze non fu uno spasso. Era un lungo insopportabile viaggio di 6 ore, lento, ripetitivo, scomodo. Mi facevano male le gambe per lo stare seduta troppo tempo e dopo le prime tre ore la mia personale spasmodica voglia di fare mi colse con tutta la sua prepotenza gonfiandomi di un colpo vibrante di agitazione e poi svuotandomi piano piano con la noia. Fu più o meno allora che la signora seduta di fronte a noi iniziò un innocuo scambio verbale, un banale: “ragazze vi dà fastidio se poggio la borsa sul tavolino?”, a cui seguì un’altrettanto nostro semplice: “si figuri”. L’avevo osservata già per un po’, lei, coi suoi capelli rossi e implacabilmente ricci, mantenuti con un grosso fermaglio così, a fissarli verso l’alto, mentre alcuni, educati, restavano in quel cespuglio infuocato e altri, più ribelli o pigri, si lasciavano cadere in avanti sulla fronte o indietro, sul resto della nuca. Indossava un maglioncino blu a collo alto, di una tonalità accesa e piena, che attirava lo sguardo e richiamava il colore degli occhiali spessi e grossi ma che, con la loro forma tonda, le conferivano un’aria intellettuale che poco si addiceva al resto dell’abbigliamento. La bocca era stretta ma spessa e le si potevano notare, ai bordi del rossetto scuro, delle piccole rughe che danzavano e si contorcevano al ritmo del suo parlare. Questo lo notai solo poco dopo, quando, preso coraggio, ci chiese:” da dove venite ragazze?”. A questa domanda la mia noia, anziché trovare ristoro nella nuova possibile attività, ne fu rinvigorita e mi scoprii in tutta quella strana fatica del rispondere e del comunicare, quando si immagina che non ci sia niente da aggiungere o da guadagnarci. Di tutt’altro pensiero era invece Carolina che prontamente, come se non aspettasse altro, rispose e diede inizio a una cospicua corrispondenza verbale di informazioni personali, commenti paesaggistici e non pochi luoghi comuni. Io continuavo ad ascoltare in silenzio con una diffidenza tipica dell’adolescente che è abituato ai discorsi vuoti dei grandi, ai loro richiami, al loro petto gonfio di esempi e orgogliosa saggezza. Non mi accorsi allora subito che aveva preso parola anche l’uomo che era al suo fianco, un tipino sistemato, con i capelli brizzolati e il mento squadrato. Sotto delle sopracciglia folte, aveva occhi piccoli piccoli che si accendevano quando parlava e recuperava i ricordi, due occhi come pozzi in una notte stellata che riflettono il cielo e che, getta e rigetta il secchio, ti sembrano possano salire su le stelle. Lo guardai e ne fui presa e capii che il discorso si andava infittendo. Uscì fuori che i due erano sposati e soprattutto che si amavano alla follia. Si amavano e si erano amati. Erano andati al nord Italia da giovani per trovare lavoro e avevano affrontato la durezza del trasferimento e degli anni delle prime mansioni e pochi soldi. Avevano vissuto in un appartamento piccolo piccolo con un letto singolo. Lui lavorava di giorno e lei di notte in una fabbrica tessile. Lui si svegliava alle sette per raggiungere il supermercato dove svolgeva il ruolo di scaffalista e lei si metteva a letto per riposarsi dopo la notte di fatica. Dormivano abbracciati forte e stretti in quella piccola ora, dalle 6 alle 7, piccola come i loro corpi intrecciati in quel piccolo letto, quei corpi che riuscivano a sentirsi comodi, a rimpicciolirsi, a trovare nuovi spazi nuove posizioni nuovi incastri, proprio lì e solo lì, nel loro amore. Le loro parole si intrecciavano e si completavano. Ogni tanto si guardavano guardandosi indietro e le immagini diventavano così vivide che le potevo percepire. Di quella conversazione, che mi prese così, quando meno me l’aspettavo, ricordo ancora l’incontro dei loro occhi più che le singole parole. Ricordo cosa mi presi e cosa pensai, cosa ne guadagnai. Un amore non è nulla, mi dissi, pensai, nulla se viene solo da sé. Un amore si sforza, si conserva, è il modo in cui si sceglie di curarlo, di trascinarlo quando ha paura di andare avanti. Un amore è pratico, è corporeo, è sudato, situato in una città, in una casa, in un piccolo spazio, in un preciso momento in cui un abbraccio, un bacio, una carezza possono distruggere e costruire tutto da capo: una nuova città, una nuova casa, un nuovo spazio, un nuovo preciso momento.
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4 luglio 1944, la strage nazifascista di Cavriglia, Arezzo. Il massacro mentre i tedeschi ascoltano Mozart
Ci sono anche due sacerdoti tra i 191 uccisi, tutti civili, tutti uomini tra i 17 e gli 85 anni, nel distretto minerario di Cavriglia tra i paesi di Meleto, Castelnuovo, Massa dei Sabbioni, Borgo San Martino. È una delle stragi occultate nell’armadio della vergogna. I responsabili, secondo il dettagliato rapporto stilato nel dopoguerra dallo Special Investigation Branch dell’esercito inglese, sono truppe d’élite della Hermann Göring: i paracadutisti del 76° Panzerikorps e i soldati della Alarmkompanie Vesuv di Wolf, specializzata nella caccia alle bande partigiane. Il supporto logistico arriva dai militi italiani di San Giovanni Valdarno.
Si comincia rastrellando casa per casa, gli ostaggi sono radunati davanti al monumento ai caduti, o allineati davanti al muro della chiesa, nelle aie dei contadini. A Castelnuovo il parroco don Ferrante Bagiardi e a Meleto don Giovanni Fondelli offrono in cambio la loro vita. La scena è simile: al rifiuto dei tedeschi chiedono il permesso di somministrare ai fedeli la Comunione. I testimoni sentono rispondere “Sì” e aggiungere: “Poi tutti contro il muro”, compresi i sacerdoti. Le esecuzioni avverranno a gruppi, mitragliando circa trenta persone per volta. Al termine I tedeschi prenderanno della mobilia dalle case vicine, la metteranno sopra i corpi delle vittime, cospargeranno liquido infiammabile e daranno fuoco. Anche le case saccheggiate verranno bruciate. Un’appendice dell’orrore è l’11 luglio, quando i tedeschi fucilano 10 persone in località Le Matole.
La strategia criminale prevede il rilascio di alcuni catturati affinché possano raccontare degli ostaggi e far recedere i partigiani da attacchi per liberarli. A pianificarla è il capitano Wolf, e lo fa ascoltando il De profundis di Mozart nelle stanza di villa La Costa, trasformata in centro di comando.
Aver per decenni nascosto il fascicolo nell’armadio di palazzo Cesi non ha permesso di dare giustizia ai Martiri. Non è mai avuto un processo la strage di Cavriglia e nessuno di quei militari è finito imputato.
L’emergere di nuova documentazione negli archivi militari tedeschi ha aperto nuove ipotesi sulle motivazioni della strage: faceva parte dell’operazione dal nome in codice “Seidenraupe”, baco da seta. Non una rappresaglia per le azioni delle bande partigiane, ma un eccidio compiuto perché il territorio rientrava lungo la linea di ritirata della Wehrmacht e per l’esercito tedesco era assolutamente necessario rendere sicure quelle zone “infestate di ribelli”.
Patria Indipendente
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Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco, Zack Snyder ha il suo Star Wars
Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco, film di Zack Snyder che apre le porte a una nuova saga ispirata all'universo di Star Wars. Su Netflix.
Zack Snyder è uno di noi. Con lo slow motion facile e un piano di allenamento sicuramente migliore, ma è comunque uno di noi. Perché anche lui, quando ha visto il primo Star Wars da bambino, ha detto: un giorno voglio fare un film di Guerre Stellari tutto mio. La differenza è che Snyder non si è fermato alla collezione di action figures: lui ce l'ha fatta sul serio. Nato proprio come storia facente parte dell'universo creato da George Lucas, con l'acquisizione di Lucasfilm da parte di Disney il progetto è stato modificato, diventando un mondo a sé stante. Questa è la versione in carne e VFX dei giochi immaginati da un bambino che sognava una galassia lontana lontana.
Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco, disponibile su Netflix, è la prima parte di una saga che si articolerà su più media. Il secondo capitolo, girato back to back con questo, è arrivato questo aprile, sempre su Netflix, ma Snyder ha già dichiarato di voler fare anche un terzo film. Arriveranno poi un videogioco, una serie prequel a fumetti, dal titolo House of the Bloodaxe, e un corto animato. Le potenzialità sono quindi elevatissime. Non solo: Rebel Moon è, per ammissione del regista, ambientato nello stesso universo di Army of the Dead, altra saga, di stampo più horror, che sta sviluppando sempre insieme a Netflix. Chissà quindi che le due prima o poi non si incrocino.
Rebel Moon si poggia sulle spalle di Sofia Boutella, ballerina che nel cinema d'azione ha trovato una seconda vita brillante. L'attrice interpreta Kora, che potremmo definire una Darth Vader sotto coperta: ha fatto intatti il percorso opposto a quello del personaggio immaginato da Lucas, passando dal Lato Oscuro al Lato Chiaro. Era una delle più potenti guerriere al servizio dell'Imperium, ma poi ha preferito abbandonare la lotta, scegliendo una vita semplice in mezzo ai coltivatori di grano. Quando l'ammiraglio Atticus Noble (Ed Skrein) porta terrore nel suo villaggio, decide però che è arrivato il momento di ribellarsi e di mettere insieme una squadra dei migliori combattenti della galassia per contrastare il Motherworld.
Rebel Moon - Parte 1: Figlia del Fuoco, Sofia Boutella in una sequenza
L'universo muscolare di Snyder
In un'altra vita Zack Snyder probabilmente era uno scultore nella Grecia classica: tutto il suo cinema è infatti basato sulla plasticità dei corpi. È stato così in 300, lo è stato nel suo viaggio con i supereroi DC e continua in Rebel Moon. Le parole a Kora non servono: il suo strumento è il suo corpo, che esprime una chiara e netta volontà. Nessuno può decidere per lei. È con questo spirito indomito e libero che si affianca e conquista i suoi compagni di avventure.
Con lei c'è Gunnar (Michiel Huisman), contadino che decide di seguirla per aiutarla. Sul cammino si aggiungono poi il mercenario Kai (Charlie Hunnam); il nobile Tarak (Staz Nair), diventato un fabbro; il generale Titus (Djimon Hounsou), caduto in disgrazia, ma formidabile stratega; la spadaccina Nemesis (Doona Bae) e infine uno dei capi dei ribelli contro l'Imperium, Darrian Bloodaxe, interpretato da Ray Fisher, che torna a collaborare con Snyder dopo il travagliato Justice League.
Un gruppo vario e dalla fortissima presenza scenica, che per Snyder sfoggia tutto il carisma di cui è capace, dando vita a intense scene di combattimento. Le interazioni tra questi interpreti sono tra i momenti più interessanti del film e, come si intuisce, saranno fondamentali nei capitoli a venire.
Una lunga preparazione
Rebel Moon, proprio come Star Wars, è fantascienza piena di vento e sabbia ed è anche un western tra Sergio Leone e Kurosawa. I riferimenti non finiscono qui però: ci sono anche influenze da Matrix e Il Signore degli Anelli. Insomma, praticamente il meglio che il genere fantasy e sci-fi abbiano offerto negli ultimi 40 anni. Il regista non rinuncia ai suoi tratti distintivi, ovvero fotografia desaturata e scene in slow motion, ma sembra aver trovato un equilibrio nel loro utilizzo rispetto ad altre opere più recenti. Trattandosi di un lungo prologo, il film risulta però decisamente frammentato, perché è un susseguirsi di introduzioni dei vari personaggi e pianeti.
Le premesse però per un universo che lascia la curiosità di continuare a essere esplorato ci sono tutte. Infine il desiderio di Snyder di mettere in piedi squadre numerose di protagonisti che lottano per uno scopo comune è quasi commovente: in questo momento storico pensare a eroi che agiscano insieme per il bene della collettività e non come agenti del caos solitari è qualcosa che fa piacere vedere.
Conclusioni
In conclusione Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco, la nuova saga creata da Zack Snyder si ispira dichiaratamente a Star Wars. Al centro di tutto c'è la guerriera Kora interpretata da Sofia Boutella: passata dalle forze oscure dell'Imperium a una vita semplice in mezzo a dei contadini, quando questa comunità viene minacciata decide di ribellarsi e mettere insieme una squadra dei migliori combattenti della galassia per reagire al potere. Cast dal carisma muscolare, Rebel Moon è un primo assaggio di questo nuovo universo creato da Snyder, che risulta molto frammentato perché è un continuo susseguirsi di introduzioni di personaggi e luoghi. Le basi per un mondo che si fa guardare con curiosità sono però gettate.
👍🏻
Il carisma della protagonista Sofia Boutella.
Il cast dalla forte presenza scenica.
Le scene di combattimento.
La costruzione consapevole di una nuova mitologia.
👎🏻
Dovendo introdurre molti personaggi, il film è frammentato.
Gli elementi caratteristici e divisivi di Snyder, slow motion e fotografia desaturata, ci sono: nel bene e nel male.
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[scritto da Chicco, marzo] Albert Einstein, fisico e accademico tedesco, viene spesso identificato nella cultura popolare come il genio per eccellenza, il più cervellone tra i cervelloni. Ciò che lo rese famoso fu la teoria della relatività, che presentò nel 1905 con l’articolo “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento”. Ma mentre tutti conoscono il lato matematico di Einstein, in tantissimi ignorano le sue riflessioni di sfondo filosofico. Tali riflessioni hanno tutte lo scopo di commentare il sistema educativo e in generale la società di quel tempo. Einstein infatti nella sua infanzia era molto critico dello scenario scolastico: spesso non frequentava le lezioni per passare il suo tempo a fare esperimenti nel laboratorio di fisica. Questo atteggiamento ovviamente provocò l’ostilità dei suoi insegnanti, ma al giovane Albert non importava. Egli voleva allontanarsi dall’inessenziale a tutti i costi, e l’ostacolo più grande erano ovviamente gli esami. Infatti per lui l’intelligenza non significava memorizzare quello che si trovava comodamente su un libro, ma bensì dalla capacità di cambiare in scenari di necessità. Riguardando la storia passata della specie umana, è incredibile quante volte all’idea di cambiamento i benpensanti siano inorriditi per difendere la tradizione e la legalità. Ad esempio alla proposta di tradurre la Bibbia in una lingua comprensibile alle classi “inferiori” le autorità della chiesa cattolica gridarono allo scandalo, considerando l’atto come un crimine nei confronti di Dio. Anche ai giorni nostri, sono ancora moltissimi coloro che non si adattano al cambiamento, che maledicono, ad esempio, i genitori ed i matrimoni omosessuali. Per farla breve, la stupidità, o almeno la visione di Einstein della stupidità, ha sempre infestato le menti umane, e sicuramente non scomparirà mai. Ma qual è la differenza tra un genio ed uno stupido? Secondo Albert l’unica caratteristica che rende le due figure diverse è che il genio ha dei limiti, lo stupido no. Lui stesso crede che esistano solo due cose infinite: l’universo e la stupidità umana. Inoltre, aggiunge sarcasticamente di non essere sicuro dell’universo. Riflettendoci, la nostra intera società è basata su questo pensiero: solo coloro che oltrepassano i limiti di imposti dalla suddetta società vengono considerati degli scellerati. Se tutti quanti non rispettassero i limiti, il mondo intero cadrebbe in una situazione di chaos totale, di anarchia assoluta. Ed invece coloro che rispettano i propri limiti? Sono davvero tutti quanti geni? Secondo Albert Einstein assolutamente sì. Uno dei suoi pensieri più celebri inizia proprio proponendo l’idea che ognuno sia un genio e continua dicendo che se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, il pesce passerà tutta la sua vita a credersi stupido. [a capo] L’insegnamento che ci vuole dare Einstein è semplice ed evidente. Ognuno di noi possiede delle doti naturali, dei talenti: non si acquisiscono con l’esercizio, si hanno con la nascita ed è però possibile perfezionarli. Chiunque, nel corso della propria vita, può realizzarsi al massimo solo se parte da una dote naturale. Con l’immagine del pesce Albert il fisico tedesco insegna che bisogna innanzitutto scoprire e riconoscere le proprie doti, le proprie inclinazioni, concentrarsi su di esse e svillupparle. Nello stesso modo, non bisogna giudicare le altre persone per quello che non sanno fare. Ad esempio, è inutile che una persona si voglia dedicare al canto se è stonata; non arriverà mai ai risultati desiderati e forse guardando la collezione di insuccessi accoumulati potrebbe anche pensare di essere stupida. Ma non è colpa sua, e per questo non deve sentirsi inferiore o essere giudicata da altri. I limiti già menzionati in questo caso sono dunque i propri talenti. Solo uno stupido tenterebbe di perfezionare ognuna delle sue abilità: fare una cosa del genere è materialmente impossibile, ed apporterebbe solamente una estrema quantità di stress alla nostra persona. Memorizzare ogni libro esistente sarebbe un’impresa dello stesso calibro, che inoltre, come già menzionato detto, non darebbe alcun beneficio all’intelligenza dell’individuo. Non è difficile notare cos’è che lega queste riflessioni insieme: tutte quante sono riguardo riguardano la visione di Einstein dell’intelligenza. È questo ciò che rende Einstein una figura che va oltre la sua grandezza matematica. I suoi pensieri ribelli che lo caratterizzarono sin da ragazzo, il suo amore per la filosofia e per la musica, la sua capigliatura a dir poco iconica e la sua espressione giocosa fuori da ogni consuetudine lo rendono per molti un punto di riferimento, e sicuramente un genio.
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"Non vi ingannino i nostri sorrisi, siamo morte tutte.Ci hanno violentato, ammazzato di botte e sparato. Hanno mutilato i nostri corpi, i nostri genitali, e li hanno filmati, ridendo di noi.
Eravamo colpevoli perché ribelli, colpevoli perché donne che imbracciano un fucile. Ma eravamo solo ragazze.
Abbiamo patito la fame, ricevuto sguardi di incoraggiamento da chi aveva meno di noi, sorriso, pianto, siamo state terrorizzate, abbiamo pensato di potercela fare nell'indifferenza del mondo che ci ammirava ma che non ci ha mai sostenuto."
Le combattenti curde morte ad Afrin, marzo 2018
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