#Corpi Estranei
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Oiza Queens Day Obasuyi
https://www.unadonnalgiorno.it/oiza-queensday-obasuyi/
Le persone nere sono corpi spersonalizzati, senza identità, pensieri, opinioni. Le persone nere sono a tratti degli invasori, oppure dei cuccioli da salvare. Sono da sfruttare, oppure da nominare per appuntarsi la propria medaglietta di ‘antirazzista perfetto’. Le persone nere sono, per esempio, quello a cui ho dato l’elemosina e che deve essere il protagonista del mio post su Facebook.
Oiza Queens Day Obasuyi è un’esperta di diritti umani, migrazioni e relazioni internazionali. Laureata in Global politics and international relations presso l’Università di Macerata, collabora con The Vision, Jacobin Italia e Internazionale.
Utilizza i social per discutere e proporre riflessioni legate al razzismo nel nostro Paese. Collabora con CILD, organizzazione no-profit che difende e promuove i diritti e le libertà, unendo attività di advocacy, campagne pubbliche e azione legale.
Nei suoi lavori, studia e indaga le dinamiche che si innescano in un'Italia sempre più ricca di diversità, tra nuove cittadinanze e migrazioni, cercando di decostruire razzismo, stereotipi e pregiudizi.
Nata ad Ancona nel 1995, ha esordito nella scrittura con Corpi estranei del 2020, saggio femminista e antirazzista in cui evidenzia il razzismo sistemico su un piano politico, culturale e sociale attraverso il suo vissuto di donna afro-discendente che tenta di smascherare i meccanismi e le carenze della nostra classe dirigente.
Lo ha fatto cambiando il punto di vista, ascoltando le voci di chi per troppo tempo è stato chiamato in causa senza poter parlare, come un corpo estraneo.
Ripercorrendo la storia politica e culturale italiana, prova a smantellare il sistema di esclusione e discriminazione in cui viviamo, per denunciare un Paese culturalmente arretrato nel rapporto con le minoranze etniche e le migrazioni.
Un paese che banalizza il suo passato coloniale, giustificando il razzismo parlandone come forma di ‘ignoranza’, pensando sia normale affrontare viaggi che mettono a rischio la vita per arrivare in Europa, e considerando il caporalato un evento a margine della società.
Il razzismo è un fenomeno complesso da decifrare soprattutto per chi, non appartenendo a una minoranza etnica, difficilmente lo coglie e spesso, anzi, lo perpetua senza rendersene conto.
Non è un episodio isolato ma parte integrante di un sistema basato su disuguaglianze sociali e che necessita una rivoluzione culturale che parta dal riconoscimento delle sfumature più che dei casi eclatanti, più facilmente riconoscibili.
Rendersi conto di essere stati assuefatti da una cultura che ha disumanizzato completamente le persone nere e che non le vede come parte integrante di questo Paese è il primo passo per decostruire le micro-aggressioni che fanno parte di un razzismo invisibile.
Il razzismo non è un blocco unitario e immediatamente riconoscibile, assume diverse forme a seconda dei contesti. Una persona nera in un contesto a maggioranza bianca cresce con la consapevolezza che l’aspetto esteriore – il colore della sua pelle – sarà cruciale nel rapporto con gli altri, nei colloqui di lavoro, negli incontri per l’acquisto o l’affitto di un appartamento, sull’autobus, nei rapporti con le forze dell’ordine e perfino nella burocrazia, avere origini diverse comporta difficoltà enormi nell’ottenimento dei documenti.
Il razzismo è strutturale e gerarchico, una piaga sociale che ha alle spalle una storia di colonialismo e segregazione.
Ha a che fare con la gentrificazione dei quartieri, la creazione di marginalità, l’emanazione di leggi liberticide che colpiscono le classi sociali più svantaggiate e razzializzate della società, la mobilità internazionale per pochi e la creazione delle frontiere.
È necessario, quindi, dare alla luce nuove narrazioni, cercando di comprendere un punto di vista differente e una diversa chiave di lettura della società in cui viviamo. Ascoltare e dare voce, spazio e visibilità a persone che per troppo tempo sono state ignorate. Affinché non siano più dei corpi estranei, come appunto ci racconta Oiza Q. Obasuyi ogni giorno, col suo incessante attivismo, i suoi articoli e i suoi post.
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Cosa sappiamo col corpo? Che è il primo luogo del selvaggio. L’irriducibile. Può essere domato, addomesticato? (Non rispondere). Invecchia, si trasforma, perde sangue, crea corpi suoi, muore per corpi estranei. Alla prima occasione si libera. Cercando anche la distruzione, se necessario. Può essere persuaso? Forse. Dove sei, ora che parli del corpo? Davvero sei in un giardino? Un giardino immaginario, i giardini di Kyoto. E il giardiniere zen che sposta la sabbia davanti a te con il rastrello? No, ma questa è una conversazione. Forse sei tu in un giardino, a leggere in un giardino, su carta o schermo. Ora che leggi, prendi forma nella mia mente. Tu sei da qualche parte, davanti a me. Osserviamo insieme. (E l’osservatore, lo so e lo sai, modifica l’oggetto osservato). Il pensiero che cerca la sua materia, la sua forma, la lingua che forma una parola. Nella poesia c’è sempre un tu. Anche quando è segreto, in qualche modo. Anche qui. Tra parola e parola, c’è il vuoto. Dovrebbe esserci il senza-sforzo. Lo stato di flusso, il fluire nel bianco della pagina, nella mente di chi legge-ascolta. Se stai scrivendo o stai leggendo, sei da solo. Sei da solo?
Laura Pugno
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LIBERA!
Il titolo non si riferisce a un proclama urlato a squarciagola per qualche lotta politica contro le sopraffazioni ma alla frase urlata dal dottore di turno dei medical drama quando si appresta a usare un defibrillatore su un paziente in arresto cardiaco.
Se non lo aveste ancora intuito, con questo post mi appresterò a raccontarvi quanto siano sbagliati e/o inesatti i medical trope cinematografici a cui tanto siete abituati, così abituati che promettereste denuncia al tribunale del diritto del malato qualora non vi venissero praticate le stesse identiche procedure.
NESSUNO ESTRAE I PROIETTILI
Non è una priorità, non è il proiettile a creare l’eventuale emorragia (cioè... lo ha fatto ma non continua a farlo) quindi tutte le scene in cui la vita dell’appena crivellato dipende dall’estrazione del proiettile SONO UNA STRONZATA. Eventualmente ci si concentra sul tamponamento della ferita applicando una pressione perché il tentativo di rimozione potrebbe peggiorare il sanguinamento, sia perché eseguito in modo maldestro con pinzette per sopracciglia o tenaglia da fabbro sia perché, a volte, il proiettile tiene chiusa la ferita.
Il proiettile è di per sé a bassa carica batterica (è stato sterilizzato dalla deflagrazione della polvere da sparo) quindi può essere rimosso a distanza di ore o giorni (e pure anni).
NESSUNO CAUTERIZZA LE FERITE
Il sanguinamento di un’arteria non lo fermi con un pezzo di ferro arroventato (se proprio tenendoci sopra qualche minuto una fiamma ossidrica) e sanguinamenti venosi li blocchi col tamponamento. Cauterizzare una ferita, a dispetto di quanto si creda, AUMENTA IL RISCHIO DI INFEZIONE perché non solo le ferite non le ‘disinfetti’ col fuoco ma un’ustione è una sede di ingresso di patogeni migliore di un semplice buco o taglio.
NESSUNO RIDUCE LE FRATTURE TIRANDO
O meglio, lo fanno gli ortopedici dopo un Rx e dopo averti somministrato del midazolam o del propofol. Se lo fai per strada a caso, rischi come minimo una lesione di un plesso nervoso o addirittura un’arteria tranciata. E se non sapete come steccare correttamente un arto evitate di farlo e aspettate i soccorsi.
NESSUNO ESTRAE I CORPI ESTRANEI CONFICCATI
e comunque nessuno si fa distrarre da domande stupide prima della rimozione a tradimento.
I corpi estranei conficcati VANNO LASCIATI DOVE SONO perché un pezzo di legno appuntito, una scheggia metallica e persino un coltello stanno già creando un tamponamento su qualsiasi vaso dovesse essere stato reciso e una rimozione maldestra in ambito non operatorio potrebbe creare danni emorragici in uscita che non potrebbero essere trattati in modo professionale.
NESSUNO METTE LACCI EMOSTATICI
perché se non sapete qual è l’origine dell’emorragia (venosa o arteriosa) un laccio emostatico può creare un danno ischemico IMPORTANTISSIMO all’arto, proporzionale ai minuti di applicazione (dopo i canonici tre). Peggio che mai se applicate una cintura o una corda. TAMPONATE E BASTA.
NESSUNO AFFOGATO SPUTA L’ACQUA DOPO ESSERE STATO RIANIMATO
Se sei in arresto cardiaco, la respirazione bocca-a-bocca e il massaggio non servono a far tornare il cuore a pulsare e tu a respirare MA A PRESERVARE IN MODO FORZATO L’OSSIGENAZIONE E IL CIRCOLO in attesa di veri soccorsi attrezzati. Quindi nessuno che sia veramente in arresto cardiaco si rianima in tale modo (se succede era solo svenuto) né tantomeno avrebbe la forza di espellere con un colpo di tosse l’acqua del tratto tracheo-bronchiale. La posizione laterale di sicurezza, invece, ne permette il defluire per gravità.
NESSUNO INIETTA UN FARMACO PIANTANDOTI L’AGO DRITTO NELLA VENA DEL BRACCIO
E soprattutto guardandoti negli occhi mentre lo fa.
Sarebbe quasi impossibile individuare la vena senza palpare e senza stabilizzare le proprie mani sull’avambraccio e se l’ago è perpendicolare alla cute, pochi millimetri prima sei fuori dalla vena e pochi dopo l’hai forata da parte a parte.
Bonus: se pianti un ago nel collo di una persona gli inietti il farmaco in trachea, nell’esofago, nel midollo spinale o anche nella tiroide.
NESSUNO FA LA TRACHEOTOMIA A UNA PERSONA CHE HA SMESSO DI RESPIRARE
La tracheotomia e la tracheostomia (la prima è la manovra, la seconda il foro praticato) servono a bypassare un’ostruzione tra la bocca e la laringe. Si fa col bisturi e un taglio prima verticale sulla cute e poi orizzontale sulla cartilagine cricotiroidea. Se perfori brutalmente con una penna è facile che farai soffocare la persona nel suo stesso sangue perché non è che inserendo una cannuccia l’emorragia si ferma. E devi avere difficoltà respiratorie da corpo estraneo... se hai già smesso di respirare è inutile.
E per concludere, ripetete con me:
NESSUNO INIETTA L’ADRENALINA NEL CUORE
né alcun’altro tipo di farmaco, soprattutto se sei in overdose da oppiacei.
Capito Quentin Tarantino?
(ノಠ益ಠ)ノ彡┻━┻
Grazie dell’attenzione e dell’eventuale gentile reblog medico-divulgativo.
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Veneziani: In treno verso il nulla, stranieri a casa propria.
di Marcello Veneziani – 13 Agosto 2023
L’altra sera ho preso un treno locale tra Foggia e Bari. Ero nella mia terra, dovevo raggiungere il mio paese natale, ho preso l’ultimo regionale della sera. Non ero in prima classe, non leggevo Proust, non ero tra lanzichenecchi, come era capitato ad Alain Elkann ed ero curioso di chi mi stava intorno. Ero l’unico anziano in un treno zeppo di ragazzi, pendolari della movida, che si spostavano per andare a fare nottata in paesi vicini. Ero su una tratta che un tempo mi era famigliare, ma mi sono sentito straniero a casa mia. No, non c’erano stranieri sul treno, come spesso capita nei locali. Ricordo una volta su un locale, ero l’unico italiano tra extracomunitari, in prevalenza neri, con forte disagio perché ero pure l’unico ad avere il biglietto. Stavolta invece ero tra ragazzi dei paesi della mia infanzia e prima giovinezza, eppure mi sentivo più straniero che in altre occasioni.
Li osservavo quei ragazzi e soprattutto quelle ragazze, erano sciami urlanti che agitavano il loro oggetto sacro, la loro lampada d’Aladino e il loro totem, lo smartphone. Si chiamavano in continuazione, la parola chiave per comunicare era “Amò”, ed era un continuo chiedersi dove siete, dove ci vediamo. Era come parlare tra navigatori che si dicevano la posizione.
Le ragazze erano vestite, anzi svestite, scosciatissime, come se fossero cubiste o giù di lì, con corpi inadeguati. Era il loro dì di festa, il loro sabato del villaggio, ma in epoca assai diversa da quella in cui Leopardi raccontava l’animazione paesana che precede la domenica. Dei loro antenati forse avevano solo la stessa pacchianeria prefestiva, ma nel tempo in cui ciascuno si sente un po’ ferragnez e un po’ rockstar. Parlavano tra loro un linguaggio basic, frasi fatte e modi di dire sincopati. Mai una frase compiuta, solo un petulante chiamarsi, interrotto da qualche selfie, si mandavano la posizione e si apprestavano a incontrarsi e poi a stordirsi di musica, frastuono, qualche beverone, fumo, e non so che altro. Li ho visti in faccia quei ragazzi, erano seriali, intercambiabili, dicevano tutti le stesse cose, ciascuno in contatto col branco di riferimento. Cercavo di trovare in ciascuno di loro una differenza, un’origine, un qualcosa di diverso dal branco; ma forse erano i miei occhi estranei, la mia età ormai remota dalla loro, però non ravvisavo nulla che li distinguesse, che li rendesse veri, non dico genuini. Eppure parlavano solo di sé, si specchiavano nei loro video, si selfavano, un continuo viversi addosso senza minimamente preoccuparsi di chi era a fianco, insieme o di fronte. Sconnessi.
Magari è una fase della loro vita, poi cambieranno; magari in mucchio danno il peggio di sé, da soli sono migliori. Però non c’era nulla che facesse vagamente pensare al loro futuro e al loro piccolo passato, alle loro famiglie, ai loro paesi, al mondo circostante; tantomeno alla storia, figuriamoci ai pensieri, alla vita interiore, alle convinzioni. Traspariva la loro ignoranza abissale, cosmica; di tutto, salvo che dell’uso dello smartphone. Anche i loro antenati, mi sono detto, erano ignoranti; ma quella era ignoranza contadina, arcaica e proletaria, carica di umiltà e di fatica, di miseria e di stupore; la loro no, è un’ignoranza supponente e accessoriata, non dovuta a necessità, con una smodata voglia di piacere e vivere al massimo il piacere, totalmente immersi nel momento. Salvo poi cadere negli abissi della depressione, perché sono fragilissimi.
Mi sono detto che i vecchi si lamentano sempre e da sempre dei più giovani, li vedono sempre peggiori di loro e dei loro nonni. Però, credetemi, la sensazione più forte rispetto a loro, era un’estraneità assoluta, marziana: nulla in comune se non il generico essere mortali, bipedi, parlanti. In comune non avevamo più nulla, eccetto i telefonini. Per confortarmi mi sono ricordato di quei rari ragazzi che mi è capitato di conoscere e che smentiscono il cliché: sono riflessivi, pensanti, leggono, studiano con serietà, sanno distinguere il tempo del divertimento dal tempo della conoscenza, hanno curiosità di vita, capiscono l’esistenza di altri mondi e altre generazioni, capaci di intavolare perfino una discussione con chi non appartiene alla loro anagrafe. Però ho il forte timore che siano davvero eccezioni. E mille prove personali e altrui confermano questa impressione. Raccontava un amico che fa incontri nelle scuole che davanti a una platea di trecento ragazzi, chiese loro se leggessero giornali, o addirittura libri, se vedessero qualche telegiornale, se sapessero di alcuni personaggi, non dico storici o i grandi del passato, ma almeno importanti nella nostra epoca. Uno su cento, e poi il silenzio. Hanno perso la loro ultima piazza, il video, ognuno si vede il suo film e la sua serie su netflix o piattaforme equivalenti, segue il suo idolo, ha vita solo social.
Qualunque cosa in chiave politica e sociale, storica o culturale, non li sfiora, non li tocca, non desta il loro minimo interesse. Certo, sono sempre le minoranze a seguire attivamente la realtà o a coltivare una visione del mondo e condividerla con un popolo, un movimento, una comunità. In ogni caso non è “colpa loro”, se sono così. E’ anche colpa nostra; anzi non è questione di colpe. E l’impossibilità di comunicare con loro dipende pure da noi. Però, mi chiedo: cosa sarà tra pochi decenni di tutto il mondo che si è pazientemente e faticosamente costruito lungo i secoli, attraverso scontri, guerre, sacrifici, fede, conoscenza, lavoro, lavoro, lavoro? Nulla, il Nulla. Sono questi i cittadini, gli italiani, di domani? Sono forse diversi, e più nostrani, rispetto agli stranieri extracomunitari che sbarcano da noi a fiumi?
Tabula rasa, zero assoluto, il postumano si realizza anche senza manipolazioni genetiche, robot sostitutivi, intelligenze artificiali e mostri prodotti in laboratorio. Quel treno della notte non portava da un paese a un altro, portava solo nella notte.
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Non ti sognai come si sognano gli amanti,
ripercorrendo i corpi ad occhi chiusi,
circumnavigando ogni insenatura,
soffermandosi in ogni porto,
indugiando con labbra e vino buono.
Ti sognai come sognano i folli,
i Santi, i visionari;
con l' immaginazione dei bambini,
con l' audacia dei Poeti,
con l' arroganza di Dio.
Ti sognai come se il sogno
fosse il compimento di una vita,
come se la realtà fosse svanita
sotto la scure di un amore senza tempo
(senza un inizio, né una fine).
Ti sognai come se non ci fossero più parole,
né luoghi, estranei o calendari.
E nel sogno, io ero io.
Tu eri tu.
Nient' altro,
nemmeno la polvere sul comodino.
Carla Casolari
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Eppure possiamo leggerci dentro al cuore l'uno con l'altro, seguirci in ogni strada o piazza e fra le mura delle nostre case di Quartiere. I nostri sogni sono stati così uguali che per formare diverse le nostre storie abbiamo dovuto dividerci le occasioni, come da fanciulli si prendeva ciascuno una qualità diversa di gelato per assaggiarle tutte. Ma ora abbiamo i tacchi alti e le ginocchia coperte; e una finzione negli occhi se ci guardiamo. Ma basta che uno di noi volti un angolo di strada o salga una rampa di scale perché gli altri possano seguirlo in ogni gesto, come in uno specchio. Ce ne siamo dette le ragioni un giorno lontano, con pugni e abbracci, muco sotto il naso: non c'è nulla che possa sfuggirci nell'affetto che ci lega. Lasciate che la finzione ci squassi, o la vita, col cuore che si fa grosso e noi che lo comprimiamo. Un giorno saremo ancora tutti assieme, seppure coi corpi consumati da contatti estranei. Ma i nostri corpi sono abituati a dormire su un materasso di foglie, a soffrire di geloni, si sono nutriti di cavolo e lempredotto, come volete che ci faccia paura ritrovarci un po' diversi in viso? Credete che non ci riconosceremo?
Vasco Pratolini - Il quartiere
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Avvertenze: scritto da ubriaco, mai riletto
9 Tra alcol e alieni
L’indecisione se scrivere o meno è forte. Mi ero promesso di restare lontano dal telefono, moderna carta e penna, però i pensi continuano a richiamarsi per via dell’alcol. Prima mi chiedevo come si chiamasse il barman, poi mi sono ricordato una citazione di Shakespeare che “una rosa avrebbe lo stesso profumo anche se si chiamasse con un nome diverso”, quindi l’effimeratezza del nome. A questo ho collegato anche l’accademia di Lagado de “I viaggi di Gulliver” dove le parole risultano talmente superflue che gli scienziati portano dietro dei carretti carichi di robe da mostrare. Ricordi del liceo di 10 anni fa. Quanto siano attendibili non so, ma concettualmente li capisco. Quando il nome diventa solo una convenzione sociale, non esiste… alla fine sono solo suoni, al limite della teoria delle stringhe: una vibrazione che in qualche modo dà significato alla realtà, forse anche esistenza. Non so, questioni fuori dal mio campo di studi ma che mi affascinano. Forse un giorno saprò fregarmene di tutto e studiare tutto quello che voglio, quando la malattia e la sonnolenza se ne andranno. Spero presto. Ho sempre vissuto per il sapere e già dalle elementari volevo essere uno scienziato, nel senso più largo del termine. Come un Leonardo. Volevo sapere di tutto un po’ per non aver problemi a destreggiarmi tra i problemi, a danzare tra la conoscenza collegando tutto a tutto. Già, come se fosse una teoria del tutto ma non solo della fisica, anche della biologia, medicina, matematica, informatica, arte ecc… Se avessi tale concezione molto probabilmente sarei indistinguibile da un Dio. Del resto una specie superiore alla nostra con tale conoscenza come potremmo pensarla come aliena e non come divinità? Alla nostra visione sarebbe tutti esseri soprannaturali. Alla fine questa è la visione delle civiltà cosmiche, mi fermo perché tra il paradosso di Fermi, le simulazioni, la teoria delle civiltà non mi ricordo molto e non vorrei commettere altri errori.
Piccolo stacco derivato da conversazioni sulle ragazze di oggi. Spesso è difficile trovare qualcuna che non sia solo carne, che abbia quell’elemento della passione mentale che quando la penetri non è solo con il cazzo ma le entri in mente. L’unione tra le menti, quando l’atto sessuale si compie ti estranei, derealizzi, depersonalizzi. Entri nella sua mente. Il corpo diventa solo come un tramite con data di scadenza. Io parlo del sesso, amore, riproduzione o qualsiasi altro termine associabile a due che scopano come una sintesi tra corpi. Un mito delle metà di Platone portato all’estremo. Ho sentito di alcune droghe che annullano il tuo io, qui sto parlando di un’azione naturale ma al tempo stesso innaturale data dal fatto che noi siamo esseri con coscienza e pensiero. Va bene, basta scopate che mi sembrano precluse. Posso andare ad escort, posso gustarmi la “carne” come un lupo gusta un agnello… ma dove sta il mio vero banchetto se non nella mente? Se non distruggere l’altra persona attraverso l’orgasmo, farla perdere da se stessa, di se stessa per far sì che sia parte di me e che diventi quasi maestro di vita? Mi chiedo spesso se questi pensieri siano comprensibili siccome sono flussi di coscienza, sgrammaticati, scorretti nella consecutio temporum… è inutile… mischio sesso ed erotismo alla grammatica e alla cultura. Non riesco a separarle.
Basta pensare, ma fa parte di me. Ho provato a scindermi tra animale ed umano ed ho fallito. Forse dovrei far imparare a convivere queste due nature e come Machiavelli usare sia leone che volpe. Ci proverò, magari è la soluzione.
Alieni noi? Io mi alieno da tutto questo. Che ho da perdere? Che ho da essere impopolare nel leggere un libro mentre bevo birra e whiskey come Bukowski in un pub? Nulla! Che ho da perdere nell’essere me stesso, la versione migliore o peggiore? Nulla! Sono già il nulla e non posso rischiare niente. Ho solo da guadagnare. Quindi domani, sabato, mi porto dietro un libro di Bukowski da leggere con il suo drink preferito. Va bene comunque. Magari sarai la scusa giusta che aspettavo da tempo per parlare con qualcuna. Ci sta. Sperimentiamo come ogni artista nei secoli. Mi ricordo quando non sapevamo che cazzo fosse la prospettiva nei quadri e l’abbiamo trovata.
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I bambini spesso ingeriscono corpi estranei, sia accidentalmente che volontariamente, suscitando preoccupazioni nei genitori. L’ingestione può avvenire durante i pasti, il gioco o mentre esplorano il loro ambiente. Nella maggior parte dei casi, l'oggetto viene espulso naturalmente, ma a volte è necessario un intervento medico, e in alcune situazioni estreme, l'ingerimento può avere esiti fatali. In Italia, si registrano circa mille ricoveri all'anno per questo problema, principalmente nei bambini sotto i sei anni, con alcuni casi mortali. Negli Stati Uniti, la situazione è in crescita, con un aumento del 91%. L'AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri) spiega che i sintomi variano a seconda della gravità dell'ostruzione. In caso di ostruzione esofagea, possono manifestarsi rigurgiti di muco, ipersalivazione o difficoltà a mangiare e bere. Se l'ostruzione è a livello della valvola ileocecale, si possono avere sintomi occlusivi come dolore addominale e difficoltà a evacuare. È fondamentale portare il bambino al pronto soccorso al più presto in caso di ingestione. Indurre il vomito non è consigliato, poiché potrebbe risalire e restare bloccato in zone più critiche, aumentando il rischio di complicanze. Benché sia raro, se gli oggetti ingeriti rimangono nell'intestino, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico. La prevenzione è la miglior strategia, ma è complicata dalla naturale curiosità dei bambini. Secondo Elisa Stasi, gastroenterologa presso l'Ospedale Vito Fazzi di Lecce, è essenziale evitare che i bambini vengano a contatto con oggetti pericolosi. Gli oggetti più comunemente ingeriti includono monete (60% dei casi), giocattoli piccoli (10%), gioielli (7%) e batterie (7%). Il rischio è più elevato intorno ai due anni, periodo in cui la supervisione dei genitori è cruciale per prevenire situazioni pericolose. La maggior parte degli oggetti di piccole dimensioni passa attraverso l'apparato digerente senza causare problemi, ma se un corpo estraneo non riesce a superare le aree più strette del tratto gastrointestinale, possono verificarsi gravi complicanze. Particolare attenzione deve essere prestata a oggetti come le batterie a disco, che possono causare seri danni o anche la morte.
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7 02/11/2024
Conosci il principio fisico dell'osmosi inversa? L'osmosi inversa è un processo di separazione dei corpi estranei dall'acqua mediante l'utilizzo di membrane semipermeabili. Ebbene, si può utilizzare anche in altri ambiti, come le energie sottili. Io sono il tuo filtro. Non entro nel merito perchè sarebbe un discorso troppo complesso da scrivere, fatto sta che in questi sette giorni sono stato davvero male, hai accumulato parecchie delusioni, sensi di colpa e cattiverie. Il mio stomaco è perennemente chiuso, mi sto nutrendo a malapena, è colpa di tutte le situazioni che hai mandato giù e che non hai elaborato. Martedi notte ho pianto dal dolore, mi si spaccava il cuore, eri tu che ci stavi soffocando prima che diventasse tutto troppo pericoloso. Ora ho capito come fai ad essere diventata cosi' fredda in certe cose, le stronchi sul nascere per paura di soffrire, è un meccanismo di difesa valido in quel momento, ma che a lungo andare ti aliena da te stessa. So guardare il dolore negli occhi e riconoscerlo come mio alleato evolutivo, gli sorrido, perchè dopo che avrà attraversato il mio corpo, sarai libera di ricevere amore, tutto quello che posso. Avverrà senza altro fine che non sia quello di regalare al mondo la versione migliore di te stessa.
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L'abbraccio di un'ameba
“Seguimi,” disse, prendendomi per mano e immergendosi coraggiosamente nelle torbide acque di quella fiumana umana. Gente che entrava, gente che usciva, gente che rimaneva saldamente sul proprio posto, magari noncurante di bloccare il passaggio a qualcuno che doveva entrare, a qualcuno che doveva uscire. Gente che vagava caoticamente, senza nessuna causa logica – o almeno così sembrava – come tante piccole particelle di gas che sbattono tra di loro, rimbalzano come palline da flipper e continuano il loro insensato movimento all'infinito. Eccola, la condizione umana, pensai, siamo un gas compresso, sì, tanti piccoli atomi di gas compressi in un ambiente troppo piccolo per noi, in un ambiente che non rispetta per nulla lo spazio vitale di ciascuno di noi, un ambiente dove siamo costretti a scontrarci l'uno con l'altro, magari tu quella persona lì non la vuoi proprio vedere, ti sta sul cazzo, e invece sei costretto a sbatterci contro, prima o poi, magari invece non succederà mai, ma statisticamente parlando potrebbe succedere, statisticamente parlando TUTTO potrebbe succedere, e allora, se non sei capace di vivere accettando (subendo?) questa cosa, vivi in perenne ansia, di qualcosa che chissà se e quando accadrà.
Tenevo salda la sua mano, per paura di perdermi, in quel posto fatto di corridoi – in realtà sapevo che era fatto di corridoi, ma in quel momento lì non si vedevano, perché ogni singolo centimetro quadro era occupato da una persona, ma la conoscenza di una cosa condiziona la percezione di essa, quindi. Tenevo salda la sua mano, mentre scivolavamo lungo muri altissimi, mentre salivamo scale ripidissime, mentre oltrepassavamo porte che davano su altri corridoi dai muri altissimi e altre scale ripidissime, tenevo salda la sua mano, per non perdermi, per non perderci, schiacciate da una folla brulicante, una massa unica, viva, incosciente, come un'enorme ameba informe, in grado di deformarsi a suo piacere. Sentivo la pressione di decine di corpi estranei sulla mia pelle – braccia, pance, schiene, mani, seni strisciavano su di me senza ritegno, senza permesso, era una sensazione strana, come se questo enorme essere, questa ameba, mi stesse abbracciando (Dio! Cosa si arriva a pensare in momenti di carenza di affetto), mi stesse inglobando, facendomi sentire parte di qualcosa in realtà a me estraneo, qualcosa di cui non sapevo nulla, un organismo composto da cellule sconosciute, era strano, era piacevole, ma faceva paura, una volta si sarebbe detto che era sublime, è un concetto di sottomissione, ed effettivamente in qualche modo ero costretta a sottomettermi, perché questa creatura era più forte di me, nonostante io contribuissi con la mia presenza alla sua esistenza e alla sua potenza – quindi, probabilmente, da qualche parte qualcun altro avrà provato sensazioni simili anche per colpa mia, si sarà sentito sottomesso anche da ME, e questo mi dava una sensazione di pseudo-potere, si può essere padroni e sudditi allo stesso momento?, mi chiedevo, e poi pensavo che il mondo là fuori, oltre questi muri altissimi, oltre questi corridoi lunghissimi, era fatto esattamente allo stesso modo, non cambiava nulla, era solo infinitamente più grande e infinitamente più incontrollabile.
Poi, nel bel mezzo delle mie riflessioni, arrivammo davanti a una porta con appesa la figura stilizzata di una donna. “Finalmente,” pensai.
Due minuti dopo, eravamo già fuori, liberate da pesi inutili. “Andiamo a bere,” propose lei. “Andiamo.”
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Bologna, il filmato della rapina finisce sui social network: arrestate 3 persone dai Carabinieri
Bologna, il filmato della rapina finisce sui social network: arrestate 3 persone dai Carabinieri. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bologna hanno eseguito un'ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti di tre persone, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Bologna, per risalire ai presunti responsabili di una rapina aggravata e lesioni personali. I fatti sono accaduti la sera del 5 novembre 2023, nelle vicinanze di via Giuseppe Massarenti, quando un automobilista, in compagnia dei figli minorenni seduti sui sedili posteriori, è stato aggredito da due uomini che si sono avvicinati a piedi, uno lato guidatore e l'altro lato passeggero. Inerme di fronte all'attacco subito da uno dei due malviventi che lo picchiava sulla testa con un oggetto contundente, il malcapitato è stato rapinato della sua collanina d'oro che portava al collo e di uno zaino contenente 1.900 euro. Nonostante le ferite e la paura per i figli, che fortunatamente sono rimasti illesi, l'automobilista si è accorto che durante la rapina, c'era una terza persona nelle vicinanze che filmava l'azione criminale. Soccorso dai sanitari del 118, la vittima è stata medicata e dimessa con una prognosi di cinque giorni: "Ferita lacero contusa a livello frontale sx, non corpi estranei nella ferita, suturata mediante tre punti". Insospettito dal filmato che gli era stato fatto, l'automobilista, che evidentemente conosceva i suoi aggressori, ha scoperto che il video era stato pubblicato su un social network da un utente. A quel punto, la persona offesa ha consegnato alle autorità una copia del filmato che aveva acquisito e il telefonino cellulare che uno dei due malviventi aveva perso durante la rapina. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bologna delegati a svolgere le indagini, hanno completato il quadro indiziario, analizzando il video, studiando i tabulati telefonici e la personalità dei presunti responsabili, tutti e tre disoccupati: un 33enne e un 21enne nati a Forlì e un 20enne nato a Torino. Rintracciati dai Carabinieri, i tre soggetti sono stati arrestati e tradotti in carcere... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Al buio
Al buio è l’incontro tra due estranei, combinato per gioco
Al buio è l’attesa che ci stimola i sensi, enfatizza l’evento
Voglia di te dei tuoi capelli sciolti, della tua pelle bianca
Voglia di te del tuo profumo denso, del tuo sapore intenso
Al buio sono i nostri corpi nudi, intrecciati, pieni d’ardore
Al buio sono solo voci, le nostre voci a urlare quel piacere
Voglia di te della tua bocca, dei tuoi capezzoli tra le dita
Voglia di te della tua lingua, delle tue mani sul mio sesso
Al buio è il tuo viso bagnato di gioia da un pianto a dirotto
Al buio ti guardo sperado che il giorno si attardi ad uscire
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Le avventure delle stelle/46
46 Il mistero noir dei buchi neriNoi buchi neri siamo diversi dagli altri corpi celesti. Noi abbiamo l’orizzonte degli eventi e siamo capaci di scrutarlo.Io sono Astolfo. Mi trovo al centro della galassia Messier 87, infatti gli estranei mi chiamano “Monsieur”, per prendermi in giro.Inoltre, anche io, come Damaso, sono un buco nero supermassiccio. Tuttavia, nel mio caso non è perché faccio…
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Gli elementi di pensiero magico in Freud
Anche se non è possibile definire magica la teoria dell’inconscio elaborata da Freud egli si occupa di magia vera e propria in una delle sue opere più importanti ovvero “Totem tabù”. In tale opera per la prima volta Freud applica il metodo psicoanalitico non a un materiale clinico ma utilizza tale metodo come chiave di interpretazione della storia degli uomini e della loro civiltà. Spinto anche dalle ricerche che Jung stava portando avanti in quegli anni Freud decise di esplorare in Totem e Tabù due fenomeni apparentemente estranei agli interessi psicoanalitici ovvero quello del tabù e quello del totemismo oramai assente dalla civiltà contemporanea. Freud si propose di mettere a fuoco quella particolarissima concezione della natura e del mondo che hanno i popoli primitivi a noi noti. Secondo la prospettiva di tali popolazioni primitive il mondo sarebbe popolato da una moltitudine di esseri spirituali benevoli o malevoli. A tali esseri viene attribuita la causa degli eventi naturali dell’universo. Gli stessi esseri umani sarebbero dotati di anime capaci di abbandonare la loro dimora emigrare in altri uomini. Tali anime di conseguenza sarebbero in una certa misura indipendenti dai corpi. Freud individua alla radice di tale credenza l’osservazione di fenomeni quali il sogno il sonno e la morte. Da queste premesse sarebbe derivata una prospettiva in grado di legittimare una comprensione unitaria dell’universo. Tale comprensione dell’universo di volta in volta avrebbe assunto il nome di animismo religione e scienza. Agli occhi di Freud l’animismo conterrebbe dunque le premesse necessarie e sufficienti a generare quel che noi conosciamo come religione pur senza coincidere con quest’ultima. Non può stupire a loro sapere che insieme all’animismo si sarebbe sviluppata una certa indicazione del modo in cui comportarsi per padroneggiare uomini animali e cose. Tale indicazione va sotto il nome di “incantesimo” e “magia”. Freud distingue però l’incantesimo dalla magia. Secondo Freud l’incantesimo si risolve nell’arte di influire sugli spiriti placandoli conciliandoseli privandoli del loro potere. Al contrario la magia è caratterizzata dal lusso di strumenti particolari prescindendo dagli spiriti per assoggettare alla volontà dell’uomo i fenomeni naturali difendere l’individuo dai nemici e dai pericoli nonché dandoci il potere di danneggiare i suoi nemici. E tutto questo avviene basandosi su un principio autentico principio fondante della magia ovvero quello per cui si confonde un nesso ideale con uno reale. Si tratta in breve di agire per “similarità su un’immagine del nemico nella convinzione che quanto verrà fatto a tale immagine accadrà anche all’originale. O anche di operare per imitazione ottenendo la pioggia con il versare dell’acqua o imitando le nuvole da cui la pioggia cade. Freud si riferisce costantemente all’opera di Frazer “Il ramo d’oro”. In tal modo Freud individua i principi fondamentali dell’agire magico ovvero quello della similarità e quello di appartenenza : se si impadronisce di una ciocca di capelli della persona e si agisce su quella ciocca si crede che le cose accadranno come si ci si fosse impadroniti della persona stessa . Inoltre Freud riprende ancora da Frazer la distinzione tra una magia imitativa e una contagiosa . Ma se tali sono i principi dell’azione magica quali sono le ragioni che spingono a esercitare la magia? Freud non ha nessun dubbio a riguardo infatti sostiene che che i desideri dell’uomo sono le ragioni che spingono a praticare la magia . Freud mette in evidenza che l’uomo primitivo ha una straordinaria fiducia nel potere dei suoi desideri. Di conseguenza tutto ciò che egli realizza per via magica deve accadere soltanto perché egli vuole. Si intende che anche l’analisi di Totem e tabù non è interamente fine a se stessa . Analizzando il comportamento dell’uomo in una condizione primitiva Freud non dimentica di problemi dei suoi pazienti . Infatti Freud collega quello che egli chiama il principio della onnipotenza dei pensieri alle rappresentazioni ossessive di cui soffrivano alcuni pazienti convinti che tutto quanto accadeva alle persone a cui pensavano dipendesse dal semplice averle pensate . Anche in questo caso dunque in un ambito prettamente scientifico si introduce la magia in rapporto con le nevrosi ossessive . Poiché il nevrotico ha paura di esprimere certi suoi pensieri convinto che per il semplice fatto di aver pensato determinate cose queste ultime debbano accadere ecco entrare in gioco gli incantesimi per proteggersi dal timore di sventure. Freud è convinto che nella civiltà contemporanea operi ancora una scintilla dell’antica tradizione animistica magica. Secondo Freud e la fede nell’onnipotenza dei pensieri non è stata ancora del tutto sconfitta dal dominio della forma mentis però puramente scientifica . Per Freud il principio dell’onnipotenza dei pensieri è ancora vivo e operante in un settore quello dell’arte . In definitiva per Freud opere d’arte spiriti e demoni sono dunque semplici proiezioni dell’emozioni umane dal momento che l’essere umano trasforma le proprie cariche affettive in personaggi e oggetti con i quali popola il mondo. così facendo l’essere umano ritrova fuori di se i propri processi mentali interiori. Uomo primitivo ,nevrotico artista e mago sono dunque compagni in una stessa avventura vittime della fiducia nell’onnipotenza del pensiero . Ma nel disegnare la sua teoria della magia Freud si contrappone esplicitamente alle ricerche che per un certo verso l’avevano spinto a farlo . In particolare Freud si contrappone alle ricerche elaborate in quegli stessi anni dal migliore dei suoi allievi Jung . Agli occhi di Freud, Jung avrebbe usato un procedimento inverso al suo utilizzando materiale tratto dalla psicologia dei popoli per tentare di risolvere i problemi della psicologia individuale. Giovanni Pellegrino Read the full article
#anime#formamentis#Frazer#Freud#Ilramod’oro#jumg#metodopsicoanalitico#pensieromagico#Psicologia#sigmundfreud#tradizioneanimistica#tradizionemagica
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"Una manovra per la vita" per salvare i bimbi dal soffocamento
Si chiama “Una manovra per la vita”, in riferimento a quella necessaria a impedire il soffocamento da inalazione di corpi estranei, un fenomeno generato dall’ostruzione completa delle vie aeree e che in Italia provoca ogni anno la morte di circa trenta bambini. Si tratta di un’iniziativa, promossa dalla Simeup (Società italiana medicina di emergenza e urgenza pediatrica) in collaborazione con la…
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