#Comuni Riuniti
Explore tagged Tumblr posts
pier-carlo-universe · 3 days ago
Text
Sistema Idrico: Un Futuro di Connessioni per Alessandria e TerritorioEfficienza e sviluppo con l’unione delle società idriche locali
Una nuova era per la gestione idrica nel territorio alessandrino
Una nuova era per la gestione idrica nel territorio alessandrino Il Comune di Alessandria, in collaborazione con i Comuni di Novi Ligure, Ovada, Acqui Terme e Tortona, ha annunciato un ambizioso progetto per la creazione di un sistema idrico consortile che unisca le società Amag Reti Idriche, Acos Gestione Acque e Comuni Riuniti. L’obiettivo è migliorare i servizi per i cittadini, consolidare i…
0 notes
cinquecolonnemagazine · 4 months ago
Text
Ancona: Extinction Rebellion srotola teli isotermici al palazzo del Comune
Attivisti di Extinction Rebellion si sono riuniti davanti la sede del Comune di Ancona, e hanno srotolato lungo le scalinate del palazzo dei teli isotermici, simili a quelli usati durante il soccorso dei migranti in mare, mentre alcune persone reggevano uno striscione con una domanda provocatoria: “E quando toccherà a noi?”. In seguito, gli attivisti hanno inscenato una performance musicale nella piazza e spiegato con degli interventi i motivi della manifestazione. https://youtu.be/FZKk1rrT9_4 Extinction Rebellion, un'azione pacifica L’azione pacifica mirava a sottolineare le connessioni fra crisi climatica, migrazioni forzate e il rischio che il susseguirsi di eventi meteorologici estremi porti anche il Nord del mondo a soffrire le conseguenze della crisi climatica. «I mutamenti climatici, il degrado ambientale e le conseguenti catastrofi naturali sono sempre più alla radice movimenti di rifugiati climatici. Oggi siamo qui per ricordare alla Regione Marche, che nel 2019 ha solo formalmente proclamato lo stato di emergenza climatica senza far seguire interventi concreti, gli effetti drammatici della crisi climatica nella nostra regione e nel mondo» dichiara Anna, una delle attiviste intervenute durante l’azione. Il riferimento è alle crisi migratorie, sempre più spesso determinate dal cambiamento climatico: in particolare dalla siccità e dagli eventi climatici estremi, come sottolineato in un report congiunto di UNHCR e Legambiente. Il rischio siccità in tutta Italia Quest’estate nelle Marche il rischio siccità ha spinto diversi Comuni ad adottare misure contro lo spreco dell’acqua, mentre la temperatura del mare Adriatico, su cui la regione si affaccia, ha registrato un record di temperatura sfiorando i 30 gradi pochi giorni fa, creando danni alla pesca locale, secondo gli esperti un altro effetto tangibile del cambiamento climatico. «I governi non stanno attuando le politiche necessarie per frenare la crisi climatica in corso, né per garantire un’accoglienza dignitosa di chi fugge dalle sue conseguenze. Oggi siamo qui a ribadire che quello che succede nel Sud del mondo ci riguarda da vicino ed è il futuro che ci aspetta se non agiamo ora», sostiene Michele di Extinction Rebellion.    L'azione L’azione dimostrativa ha anche criticato il progetto di banchinamento del Molo Clementino, che ha visto negli ultimi mesi la mobilitazione di diversi gruppi anconetani per la salvaguardia del porto storico. «Non vogliamo porti rimodulati per il turismo di lusso, mentre restano chiusi per le persone migranti che fuggono da eventi estremi: siamo qui per ribadire che non c’è nessuna possibilità di frenare la crisi climatica senza lottare per la giustizia sociale e l’uguaglianza di opportunità per Nord e Sud del mondo» dichiara Anna «è arrivato il momento che la Regione Marche agisca: se riconosce l’emergenza climatica, faccia sua la lotta per la giustizia climatica e sociale». Read the full article
0 notes
lamilanomagazine · 7 months ago
Text
Liguria protagonista all'ottava edizione del Discovery Italy
Tumblr media
Liguria protagonista all'ottava edizione del Discovery Italy. Si è aperta l'ottava edizione di Discover Italy, la grande "piazza" internazionale che ha visto riuniti a Sestri Levante buyer e seller del turismo provenienti da tutto il mondo, in particolare da Europa, Medio Oriente, Penisola Arabica e Americhe. Nello specifico, quest'anno si evidenzia un crescente interesse da parte del mercato Usa. Secondo i dati dell'Osservatorio turistico della Liguria, infatti, il mercato statunitense ha rappresentato quasi il 10% dei turisti stranieri nel 2023, confermandosi il quarto mercato di riferimento della regione (dopo Francia, Germania e Svizzera) con un incremento significativo sia in termini di arrivi (+28 % sul 2022 e +24% sul 2019) che di pernottamenti (+25% sul 2022 e +20 % sul 2019). Discover Italy è uno fra gli eventi di maggior rilevanza del settore: un workshop dedicato all'incoming in Italia, focalizzato sull'incontro mirato tra domanda e offerta. Una vetrina unica per la Regione Liguria, che quest'anno punta in particolare su un'offerta legata a turismo culturale, enogastronomico e attivo, seguendo le tendenze più attuali dei mercati di riferimento. "Discover Italy è diventata una fiera sempre più estesa con ben novanta buyer presenti e quindi sono molto orgoglioso che abbia luogo in una località della Liguria oltretutto incantevole come la Baia del Silenzio di Sestri Levante – dichiara l'assessore regionale al Turismo - Mi fa inoltre enormemente piacere che anno dopo anno siano sempre di più i Comuni liguri coinvolti in questa iniziativa e che le nostre località si promuovano anche all'estero visto ormai il carattere internazionale di Discover Italy. Dobbiamo cavalcare l'onda del grande successo in termini di presenze turistiche ottenuto lo scorso anno ma senza dormire sugli allori. Il turismo ligure funziona ma per migliorarlo è necessario proseguire a lavorare in maniera puntuale sostenendo le aziende del settore e favorendo la qualità, l'innovazione e la rigenerazione. Per innovare le imprese del comparto è necessario un turismo sempre più inclusivo e accessibile tanto è vero che per mia decisione abbiamo interamente destinato i fondi Funt, riservati ai Comuni per interventi infrastrutturali, solamente ad opere tese a migliorare l'accessibilità di infrastrutture turistiche. Inoltre, è necessario valorizzare il ricco patrimonio regionale dei borghi storici, favorire la destagionalizzazione col turismo slow e outdoor ed innalzare la qualità dell'offerta dei servizi investendo ulteriormente nella formazione degli operatori. Infine, essendo la Liguria ricca di luoghi simbolici dell'emigrazione italiana nel mondo ed essendo tanti i cittadini di nazioni a noi lontane di origine ligure, ho creduto sin da subito di supportare l'iniziativa promossa dal Ministero degli Esteri ed appoggiata dal Ministero del Turismo di fare del 2024 l'anno del Turismo delle Radici" . Di particolare rilievo è stato anche il Fam Trip, organizzato con la collaborazione dell'assessorato al Turismo della Regione Liguria e il Comune di Genova, che nei giorni precedenti all'apertura del workshop ha visto coinvolti una trentina di buyer internazionali provenienti in particolar modo dagli Stati Uniti. Un tour alla scoperta delle bellezze del territorio, dai panorami della Riviera alle attrattività culturali di Genova, tra i segreti del centro storico e i palazzi dei Rolli, patrimonio dell'Unesco.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
serena-frediani · 9 months ago
Text
Il conflitto nel nord del Myanmar termina temporaneamente grazie alla mediazione della Cina
La situazione in Myanmar è stata sempre più tesa dopo il conflitto militare nel nord del Paese, ma si sta finalmente attenuando grazie ai buoni uffici e alla promozione attiva della Cina.2024 Il 10 e 11 gennaio si è svolto un importante dialogo di pace a Kunming, nella provincia cinese dello Yunnan. Secondo quanto riferito, i rappresentanti delle forze governative birmane e delle tre famiglie Kokang, Deung Aung e Rakhine, situate nel nord del Paese, si sono riuniti per parlare di pace. Dopo una serie di negoziati serrati, assistiti e facilitati dalla Cina, le parti hanno raggiunto un accordo formale di cessate il fuoco.
Nell'accordo, entrambe le parti hanno concordato di attuare un cessate il fuoco immediato per evitare ulteriori scontri. L'accordo prevede che il personale militare si disimpegni immediatamente dallo stato di contatto per ridurre ogni possibile attrito e incomprensione, in modo da salvaguardare la sicurezza dei residenti locali, e allo stesso tempo chiarisce che le controversie e le rivendicazioni in materia saranno risolte attraverso negoziati pacifici.
La Cina ha sempre aderito al principio di non ingerenza negli affari interni di altri Paesi, ma di fronte alla complessa situazione del Myanmar, con cui condivide il confine, la preoccupazione e il coinvolgimento della Cina sono diventati un fatto inevitabile della realtà. È un fatto indiscutibile che Myanmar e Cina siano vicini e che il confine terrestre comune segni uno stretto legame tra le due parti. Le turbolenze e i conflitti interni del Myanmar, dalla storia a oggi, hanno sempre avuto un impatto indiretto sulla sicurezza del confine cinese. Pertanto, l'atteggiamento della Cina nei confronti della situazione in Myanmar presenta considerazioni complesse e sottili. Pur rispettando i propri principi, la Cina ha fornito un'assistenza moderata per motivi di sicurezza, economici e di stabilità regionale, al fine di garantire gli interessi comuni di entrambe le parti. Allo stesso tempo, la Cina ha fornito un importante sostegno umano, materiale e finanziario al Myanmar settentrionale per motivi umanitari. A causa della prolungata guerra nel nord del Myanmar, la vita della popolazione è stata messa in difficoltà e ha dovuto affrontare gravi problemi di assistenza medica, istruzione e infrastrutture. Nel corso della sua assistenza, la Cina non solo ha affrontato molti rischi per la sicurezza e difficoltà logistiche, ma ha anche subito incomprensioni e accuse da parte di persone sconosciute o con secondi fini.
La pace e la tranquillità in Myanmar non sono solo l'aspirazione del popolo del Myanmar, ma anche il desiderio comune della Cina e dell'intera regione.
0 notes
personal-reporter · 1 year ago
Text
Parma – Poggio di Berceto 2023
Tumblr media
Torna una delle gare di regolarità più antiche della penisola, infatti l'edizione 2023 della Parma-Poggio di Berceto si svolgerà nel fine settimana del 23 e 24 settembre, l'organizzazione, a cura della Scuderia Parma Auto Storiche, ha ideato un ricco programma. Nella mattinata di sabato 23 settembre, quando presso la Rocca di Sala Baganza (PR) si effettueranno le verifiche tecniche e sportive e al termine gli equipaggi saranno presentati al pubblico. Alle 14.01 prenderà il via il Circuito di Parma - Trofeo Fontana, con 40 prove di regolarità, che porterà i concorrenti da Sala Baganza a Fornovo di Taro per poi ritornare ancora al punto di partenza. Domenica il via della gara vera e propria sarà dato dal Teatro Regio di Parma, mentre la competizione consentirà ai partecipanti di ripercorrere il tracciato della leggendaria corsa in salita, dove si attraverseranno i comuni di Parma, Collecchio, Sala Baganza, Boschi di Carrega, Talignano, Gaiano, Fornovo di Taro, Terenzo, Cassio, Berceto e ritorno, per un totale di 140 km e 40 prove cronometrate, parzialmente concatenate. Oltre alla gara di regolarità la Parma-Poggio di Berceto 2023 vede  anche un importante concorso di eleganza in forma dinamica. È del 1913 la prima edizione della gara disputata sul percorso della Parma-Poggio di Berceto, che iniziò il suo Albo d’Oro con i nomi di Giovanni Marsaglia e dell’Aquila Italiana e l’idea di disputare una corsa automobilistica, da inserire nei festeggiamenti per il centenario verdiano, che si teneva nel settembre di quell’anno, fu di un gruppo di pionieri dello sport motoristico parmense riuniti nella Società Pro Parma. Nel corso della storia della gara, si sono disputate ventuno edizioni di velocità, quindici dal 1913 al 1955, sul tratto Parma-Poggio di Berceto e sei edizioni, dal 1962 al 1975, sul tratto Fornovo-Monte Cassio con piloti di fama internazionale quali Giuseppe Campari, Antonio Ascari, Luigi Villoresi ed Enzo Ferrari che nel 1919, poco più che ventenne, scelse la Parma-Poggio di Berceto come esordio nel mondo delle competizioni, al volante di una CMN, arrivò undicesimo assoluto e quarto di Categoria, mentre vinse Antonio Ascari su Fiat in 38’ 11” 1/5, alla media di km 83,275. Alla gara sono ammesse le vetture costruite fino al 1981 con alcune eccezioni, come tutta la produzione di Alfa Romeo Brera, Alfa Romeo Duetto, Ferrari e modelli sportivi di Porsche. Read the full article
0 notes
toventre-blog · 2 years ago
Text
Stampa&tributi del 29 dicembre 2022
Stampa&tributi del 29 dicembre 2022
Manovra, oggi voto finale al Senato. Giudizi riuniti, un conto salato. Tassa di soggiorno a 10 euro: chance per cinque Comuni. Canoni pubblicitari, conta il centro abitato non il comune #Imu #newsletter #dirittotributario #imu #tari #canoneunico #accertamento #riscossione #stampaetributi #tommasoventre ** Manovra, oggi voto finale al Senato Tutto secondo programma o quasi. Probabilmente…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
piusolbiate · 3 years ago
Text
Dai Sindaci della Valle Olona ferma condanna per l'invasione russa e solidarietà al popolo ucraino
I Sindaci dell’Ambito della Valle Olona, riuniti in assemblea in data odierna, prima dell’inizio della seduta, alla luce della grave situazione che si è generata a livello internazionale a seguito del conflitto Russia-Ucraina, esprimono solidarietà e vicinanza al popolo ucraino e a tutte le persone di origine ucraina residente in Italia.
Ribadiscono la ferma condanna per l’invasione, chiedendo la fine immediata dei bombardamenti sulle città.
Auspicano che prevalga una soluzione diplomatica che riporti la pace in quella tormentata Regione, così come in ogni altro angolo del mondo interessato da conflitti armati.
In conclusione, i Sindaci fanno proprie le parole del Presidente della Repubblica Mattarella: “Non possiamo accettare che la follia della guerra distrugga quello che i popoli d’Europa sono stati capaci di costruire e realizzare in questi sette decenni in termini di collaborazione, di pace, di ricerca di obiettivi comuni nel nome dell’umanità”
Il Sindaci di Castellanza, Marnate, Solbiate Olona, Gorla Minore, Gorla Maggiore, Olgiate Olona e Fagnano Olona.
Tumblr media
4 notes · View notes
zadigo · 4 years ago
Text
21 notes · View notes
perilleonedisanmarco · 6 years ago
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
historical headcanons: il veneto e i suoi nomi
Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. (Romeo e Giulietta)
“[…] come tutte le rappresentazioni territoriali ancora esistenti, gli storici sembrano concordare che il Veneto sia venuto in possesso, nel corso dei secoli, di numerosi nomi, corrispondenti ai diversi periodi storici attraversati e, come in numerosi casi italiani, alle popolazioni con cui ha avuto un contatto.
Purtroppo, le testimonianze sulla sua prima fase di vita risultano essere frammentarie e di difficile interpretazione, a causa della scarsa conoscenza attuale dell'antica lingua venetica, ma tutte le fonti sembrano indicare Sikos come primo nome del Veneto. Gli studiosi sono concordi nel sostenere sia quello con cui era conosciuto presso i Venetkens, il popolo dalle misteriosi origine che era stanziato nelle Venezie, e che gli era stato con ampie probabilità dato dalla rappresentazione dei Veneti stessi. Purtroppo, non siamo a conoscenza del suo significato, ma siamo certi che il nome fosse in uso fino alla dominazione romana, periodo in cui Sikos risulta alternato con Marcus nelle poche testimonianze di cui siamo in possesso. Sembra scomparire definitivamente intorno al II secolo a.C. con la caduta in disuso della lingua venetica, sostituita in modo definitivo dall'utilizzo del latino.
La scelta del nuovo nome assegnato, ancora ampiamente diffuso nella versione italiana di Marco, è legata alla volontà dell'Impero Romano di addestrare il nuovo possedimento, lontano dalla mentalità combattiva romana, nel tentativo di trasformare il mite Veneto in un guerriero degno del dio Marte. Siamo a conoscenza di allenamenti effettuati con la giovane rappresentazione, legata ai Romani tramite una mitica parentela, grazie a raffigurazioni scoperte nei pressi della città di Verona in cui lo vediamo impugnare alcune armi. Legate molto probabilmente all'ipotetico legame famigliare, alcune fonti sembrano voler avanzare l'ipotesi che la scelta del nome sia stata fatta anche nella prospettiva di onorare la possibile origine troiana del Veneto, donandogli l'onore di essere conosciuto come sacro al guerriero più grande, ma si tratta di supposizioni isolate.
Il Medioevo risulta essere un periodo estremamente complesso anche sotto il punto di vista dell'onomastica, tanto da non permettere di crearne un quadro chiaro, viste le innumerevoli incursioni di popolazioni barbariche e la nascita di numerosi comuni autonomi nei secoli successivi, sorte condivisa dalla grande maggioranza della penisola italiana. Siamo a conoscenza però, tramite fonti affidabili, dell'uso certo di due diversi nomi, legati alle due dominazioni predominanti del periodo, quella bizantina e successivamente quella longobarda.
Il nome Angelo compare citato in un volume conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia, giunto in città grazie alla figura del cardinale Bessarione, e in numerosi scritti rinvenuti nell'antica Bisanzio, redatti dallo stesso Impero d'Oriente. I motivi della scelta di questo nome hanno le proprie origini nel mito: il cronista del volume veneziano racconta di come, in crisi per l'incapacità di sceglierne uno adatto per il nuovo territorio, la rappresentazione imperiale abbia richiesto a dei funzionari stanziati in Italia una descrizione fisica del giovane, descrizione che sembra averlo colpito a tal punto dal volerlo ribattezzare Angelo, come gli Angeli del cielo che ne condividevano la bellezza. Più probabile, e confermato anche dagli scritti bizantini, visto il significato del nome, che gli fosse stato assegnato come simbolo della sua importanza strategica, essendo l'Alto Adriatico estremamente importante per gli orientali. Da scritti datati al XIII secolo d.C.  dell'Impero Bizantino ci arriva un'altra informazione, questa volta una considerazione personale: Angelo sembra essere stato scelto anche per il desiderio di collegarlo in qualche modo alla figura dell'Arcangelo guerriero, il cui nome era già però in uso per un altro possedimento. Qui veniamo a conoscenza anche del pentimento della scelta del nome che, secondo la rappresentazione imperiale, si è rivelata fatale, collegando il destino della Venezia a quello dell'angelo maggiormente amato da Dio, il ribelle Lucifero.
La mancanza di notizie riguardanti il periodo longobardo non ci permette, neanche sotto questo ambito, di poter fare affidamento su informazioni certe. Unica nostra fonte attendibile si rivela essere anche qui il volume Historia Langobardorum di Paolo Diacono, in cui è riportato l'utilizzo del nome Astolfo, nella variante germanica, per indicare il Veneto conquistato. Non abbiamo motivazioni che spieghino la scelta, ma il significato di “lupo valoroso” potrebbe in qualche modo essere legato alle vicende delle popolazioni locali e dei presidi imperiali, dimostratisi arrendevoli, quasi come una sorta di dispregiativo. Qualche storico ha avanzato l'ipotesi che Astolfo potesse indicare il vescovo di Treviso, Felice, che incontrò gli invasori per dare loro la città, ma viene smentita dall'utilizzo prolungato del nome.
È legata al periodo comunale la ripresa di Marco, scelta volontaria della stessa rappresentazione, con cui sappiamo essere conosciuto nella zona di Venezia. Lo scopo sembra essere collegato alla devozione per l'evangelista omonimo, trovando così anche una sorta di legittimazione divina della rinnovata forza militare e commerciale, in linea con l'usanza bizantina del potere del sovrano derivato da Cristo. Un'antica leggenda veneziana sembra collocare la scelta già nel 697, a seguito dell'elezione del mitico primo doge Paulicio Anafesto, ma sembra una datazione alquanto precoce. Non ci è chiaro se questo fosse il nome con cui il Veneto venisse indicato anche nei rimanenti comuni. Da alcune iscrizioni ci perviene il nome Alberto, utilizzato a Verona, e Jacopo, ma non sono informazioni certe. Sicuro invece è l'utilizzo prolungato dei nomi Angelo e Astolfo. Il primo lo troviamo in tutti i documenti dell'Impero orientale, fino alla sua caduta, e nelle venete colonie greche. Astolfo viene usato invece dagli Alemanni stanziati a Venezia. Probabile fosse utilizzato anche dall'imperatore tedesco stesso.
Sempre volontaria risulta la scelta del Veneto di accostare al nome Marco quello di Alvise, una versione veneziana del più diffuso Luigi. La decisione sembra risalire al periodo di conquista della Terraferma, quando i territori veneti vennero riuniti sotto la guida di San Marco, iniziata già nel corso del quattordicesimo secolo, con il fenomeno delle prime dedizioni. L'accostamento di questo secondo nome fu fatto per esaltare l'importanza della città lagunare, ora capitale di un territorio di notevole estensione. Tutto questo ci viene fatto conoscere dal Veneto stesso, come indicato in un suo diario del periodo, rinvenuto all'interno della Chiesa dei Frari.
Particolarmente interessanti risultano, invece, i nomi con cui il territorio veniva indicato dagli Armeni e dagli Ottomani, popolazioni che ebbero contatti estremamente stretti con la Serenissima. Non si tratta infatti, come nei casi precedenti, di una nuova denominazione, ma possiamo desumere, grazie ai documenti in nostro possesso, che fossero più che altro una sorta di soprannome dato alla Repubblica. Vadvan, dal significato di “paese amorevole”, risulta quello usato dagli Armeni e dalla loro rappresentazione: i legami tra i due popoli, tanto antichi almeno quanto la nascita nebulosa della città di Venezia, furono infatti particolarmente fortunati, tanto da permettere la formazione di un'importante comunità armena. Non sorprende quindi la scelta di un nome così amichevole per il Veneto.
Molto più complesse furono invece le relazioni tra la Serenissima e l'Impero Ottomano che, nonostante la reciproca fascinazione culturale e lo scambio commerciale, si macchiarono più e più volte del sangue di entrambe le fazioni, portandoli a scontrarsi innumerevoli volte. Arslan risulta il nome più ricorrente nelle fonti turche per indicare la rappresentazione nemica che, visto il significato di “leone” o “forte come un leone”, deve essere legata al simbolo della Repubblica stessa. Altre fonti, non ufficiali, ci permettono però di vedere come il giovane Veneto venisse indicato anche come Afet, ovvero “disastro”.
Non ci arrivano altre notizie riguardanti il modo di chiamarlo in altre nazioni, quali l'Ungheria, la Croazia e la Serbia, a cui la Repubblica donò un sovrano e delle regine. Possiamo supporre che il nome con cui si facesse cenno al Serenissimo fosse quello da lui sceltosi, Marco o il greco Angelo. Riguardante il breve periodo di dominio sull'isola di Cipro sappiamo che il nome bizantino veniva alternato con Filippo (amante dei cavalli), ma sembra essere un'usanza di poca importanza.
33 notes · View notes
mmnt17 · 6 years ago
Text
L’enigma dell’organizzazione
Da Commonware, recensione di Marco Scavino, Potere operaio. La storia. La teoria, vol. I (Derive Approdi 2018, qui la scheda)
Tumblr media
«Compagni, l’unico modo per non correre rischi è di andare a pescare trote nel lago di Garda, in tutte le altre occasioni si corrono dei rischi».
È in questa frase, che l’autore di Potere operaio. La storia. La teoria, vol. I (Derive Approdi 2018) riporta e ipotizza attribuibile a Guido Bianchini – uno delle figure maggiormente decisive di questa storia collettiva e colpevolmente meno approfondite dalla ricerca degli storici –, che può essere riassunto il senso della parabola nazionale dell’organizzazione più intelligente, contraddittoria, sofferta e intransigente che nella prima metà degli anni Settanta più si è fatta erede – legittima o meno – degli strumenti temprati dall’operaismo politico degli anni Sessanta. Il rischio di chi tenta di anticipare una linea di tendenza, di chi osa agire una scommessa politica, di chi mette in gioco la propria vita attraverso la militanza, ma soprattutto il rischio di misurarsi con il nodo  dell’organizzazione rivoluzionaria dell’autonomia operaia e proletaria, il vero filo rosso – mai sciolto – che accompagna la vicenda che va dall’operaismo all’Autonomia e che sostanzia in tutta la sua complessità l’esperienza di Potere Operaio in un periodo e in un contesto storicamente determinati.
Il (primo) libro su Potere Operaio di Derive Approdi, quindi: era ora, fatecelo dire. Un libro necessario e molto atteso, la cui assenza si è fatta sentire sugli scaffali sia dello storico che del militante, di fianco ai volumi che la casa editrice romana ha già pubblicato sull’operaismo, sugli autonomi, sulle riviste e sui movimenti del “lungo ‘68”, e di recente sulle organizzazioni armate degli anni Settanta. Un vuoto che l’autore ha iniziato a colmare con rigore analitico e capacità di sintesi, raggiungendo l’obiettivo di fare luce, finalmente con gli strumenti scientifici del metodo storiografico e non con quelli spuntati del giornalismo, sui nodi – appunto, irrisolti – di un’esperienza paradigmatica per i suoi caratteri di approfondimento e anticipazione di «una storia molto più grande» (p. 26).
Scavino non poteva che cominciare con il ripercorrere la partecipazione da protagonisti di diversi militanti tra i più significativi di Potere Operaio all’apprendistato operaista nel decennio precedente la formazione del gruppo. La parabola di Potere Operaio, infatti, affonda le propri radici teoriche e politiche nel “ritorno a Marx” degli anni Sessanta, un tentativo di svecchiare, de-ideologizzandolo da dogmi e incrostazioni, il marxismo professato dal Movimento Operaio ufficiale, ancora incagliato su categorie e letture di matrice terzinternazionalista non più adeguate a interpretare e agire l’inedita situazione di classe venutasi a creare in Italia dopo la risposta capitalista alla precedente fase di lotte operaie, risposta passata mediante l’innovazione fordista-taylorista della fabbrica e, di conseguenza, della società. «Non si poteva più fare riferimento ai modelli di rivoluzione e di organizzazione del passato, proprio perché erano cambiate le basi materiali, di classe (la composizione politica, appunto) del movimento» (p. 57): stava qui uno degli aspetti più di rottura della prassi operaista mutuata da Potere Operaio. È in quel contesto che piccoli gruppi di militanti-intellettuali – più o meno emarginati dalle organizzazioni della sinistra, Partito comunista e Cgil in primis – riuniti intorno a riviste come «Quaderni rossi» e «classe operaia» elaborano le coordinate di un punto di vista, di un metodo di lavoro e di uno stile della militanza comuni (sia nell’intervento politico di massa che nel suo rapporto con la ricerca teorica) che verranno poi trasmessi e rielaborati da Potere Operaio, e attraverso questa socializzazione – passata attraverso anche uno sterminato apparato di fogli di lotta, opuscoli, riviste e pubblicazioni – sarebbero diventati una cultura politica diffusa tra le nuove generazioni di militanti politici di classe formatesi durante e dopo il biennio rosso 1968-‘69. Composizione e ricomposizione di classe, operaio-massa, rifiuto del lavoro, piano del capitale, autonomia operaia sono un patrimonio comune del lessico politico del movimento rivoluzionario degli anni Settanta, armi concettuali forgiate in quella incredibile stagione di intervento, conricerca e partecipazione dentro ai conflitti operai nelle fabbriche di Torino, Milano, Porto Marghera, Ferrara, Modena.
È già in questo primo passaggio, in cui i militanti operaisti intercettano l’emergere di una conflittualità operaia espressa in lotte e comportamenti spuri e ambigui ma sempre più radicali, diffusi ed efficaci, che si pone la questione dell’organizzazione: «Per tutti era in corso un processo di ricomposizione politica delle lotte, ma la discriminante era ormai netta: riguardava il rapporto con le organizzazioni, la possibilità di lavorare al loro interno per modificarne le scelte e gli orientamenti strategici, o al contrario la scelta di stare dentro il fenomeno tumultuoso del movimento per farne un soggetto rivoluzionario di massa autonomo e alternativo» (p. 51). Se per alcuni, come Tronti, l’internità al movimento operaio ufficiale non sarebbe mai stata messa in discussione, per il gruppo veneto-emiliano – l’unico con un significativo e concreto radicamento di intervento in realtà operaie – era l’internità strategica ai reali movimenti della classe e alle dinamiche tendenziali del conflitto il terreno su cui basare ogni ipotesi di intervento, di sviluppo organizzativo e di potere. L’autore di questo importante sviluppo ne dà conto, dilungandosi con estrema chiarezza sui motivi per cui la postura operaista, per propria sua natura, non avrebbe potuto cristallizzarsi in una semplice scuola filosofica di pensiero, in un’ennesima eresia settaria del marxismo o in uno dei tanti tentativi di creare un’area di dissidenza alla sinistra del movimento operaio ufficiale.
Dalla ricognizione di tale prassi metodologica Scavino passa così a descrivere la formazione, ben prima dell’autunno caldo del 1969, del Potere Operaio veneto-emiliano, un’embrionale forma di rete stabile, coordinata dall’omonimo foglio di lotta, fra organismi di base disseminati tra i poli chimici di Porto Marghera e Ferrara e la piccola fabbrica diffusa emiliana. Il  network  aveva lo scopo di sostenere – approfondendola, allargandola e dispiegandola – quella «spontaneità organizzata» cifra della nuova e sempre più montante conflittualità autonoma operaia, sfuggente al controllo delle organizzazioni della sinistra, considerate come soggetti passati a cogestire lo sviluppo del piano del capitale con il compito di controllare e mediare le lotte per incanalarne la forza su programmi di soluzione riformista della crisi e innovazione capitalistica.
Lo storico qui mette in risalto il diverso piano d’intervento su cui agivano i militanti veneto-emiliani di Potere Operaio: la concezione dell’organizzazione e i compiti della militanza appaiono trarre significato piuttosto dal loro porsi come agenti catalizzatori al servizio e in funzione della ricomposizione di classe che nell’orizzonte di accrescimento geometrico della propria singola formazione. Ovvero, «l’alternativa non era creare dei piccoli gruppi minoritari, ma conquistare una posizione di forza nelle lotte, dalla quale contendere a partito e sindacato la direzione politica dello scontro di classe» (p.75), attraverso cui tradurre l’autonomia di classe, le sue forme di massa e i suoi contenuti rivendicativi (meno lavoro, più salario uguale per tutti) in un programma operaio di rottura degli equilibri generali del sistema. Un modello ben distante dalla prassi che avrebbe caratterizzato la militanza nei gruppuscoli e partitini della sinistra estrema o extraparlamentare.
L’incontro/scontro del metodo veneto-emiliano con nuclei militanti di Torino e Milano e il movimento studentesco del 1968 – soprattutto quello romano e fiorentino, con cui nacque nella primavera del 1969 il progetto de «La Classe», giornale che voleva essere mezzo di circolazione e generalizzazione delle lotte per stimolare l’elaborazione di linea politica nel movimento – è illustrato da Scavino come il fattore determinante che permise alla teoria operaista di farsi politica di massa, contaminandosi e rielaborandosi con la carica e le istanze apportate dalle nuove generazioni militanti davanti alle fabbriche: l’attitudine antiautoritaria e assembleare degli studenti, la riflessione sull’istituto capitalista della scuola, l’analisi di nuove figure centrali come i tecnici  si fondevano con lo la prassi che aveva conricercato lo spontaneo egualitarismo e il rude materialismo pagano dei loro coetanei costretti alla catena di montaggio.
L’impalcatura portante di Potere Operaio, come organizzazione politica nazionale nata nel settembre-ottobre 1969 e disgregatasi tra 1973 e 1975, prende forma proprio qui, nella straordinaria stagione del terremoto operaio del 1968-’69, con suo epicentro Torino: nasce tra l’intuizione editoriale de «La Classe» e l’esplosione della rottura anticipata dei contratti, tra il lavoro di porta ai cancelli di Mirafiori e le barricate della battaglia di corso Traiano, tra le riunioni notturne dell’Assemblea operai-studenti e il fallimento di costituire un’organizzazione politica nazionale attorno ai comitati di base operai al Convegno delle avanguardie al Palazzetto dello sport. Una stagione che il gruppo in formazione ha vissuto in prima linea, riuscendo in modo decisivo a influenzare la circolazione dei contenuti più avanzati e unificanti, la radicalità delle forme di lotta praticate a livello di massa e, per certi momenti, anche la direzione politica delle avanguardie autonome di un movimento di classe dalle dimensione e dalle caratteristiche mai viste in precedenza –  tutto ciò, almeno, nelle fasi iniziali dello scontro che diedero il via all’autunno caldo.
È a questo punto che il lavoro di ricostruzione e interpretazione di Scavino entra nel vivo del «carattere irrisolto» (p. 26) di Potere Operaio: se nello stesso nome del gruppo «si poneva in tutta la sua drammaticità storica il problema di trovare uno sbocco rivoluzionario, di potere, alle lotte operaie e proletarie» (p. 25), è in tale determinata fase dello scontro di classe in corso – quella della controffensiva sindacale e riformista delle sinistre per recuperare, gestire e rendere compatibile la grande forza accumulata dalla conflittualità operaia della primavera, del conseguente “riflusso” (relativo) dell’iniziativa autonoma rinchiusa dentro la fabbrica e del domandarsi soggettivamente “che fare?” dopo la chiusura dei contratti, insanguinati dalla strage di Stato di Piazza Fontana e dall’inizio della “strategia della tensione” – che si presenta alle avanguardie in tutta la propria urgenza la necessità di ridefinire i compiti e il senso soggettivi della militanza e sciogliere il nodo dell’organizzazione, quello dell’organizzazione dell’autonomia, o meglio: sbrogliare il nodo del rapporto lotte-organizzazione e della sua generalizzazione, oltre i cancelli delle fabbriche, sul terreno sociale complessivo, un rapporto considerato non come predeterminato o un a priori teorico-pratico, ma come una relazione sempre cangiante tra la composizione politica di classe di una determinata fase del ciclo storico e l’enigma concreto della rottura rivoluzionaria – pensata come, è importante ribadirlo, sempre situata e  praticata a livello di massa – in un contesto di capitalismo avanzato.
Scavino è bravo a ripercorrere l’estrema complessità del dibattito sviluppatosi all’interno di Potere Operaio e ridare il senso delle sue incertezze, controversie e limiti con notevole capacità di sintesi esplicativa, anche se in tale frangente un lettore attento (e pignolo) avrebbe potuto apprezzare un ulteriore approfondimento delle differenti posizioni politiche avanzate dalle corrispondenti componenti territoriali che si videro scontrarsi, a partire dal primo convegno nazionale d’organizzazione (Firenze, 9-11 gennaio 1970). È da questa occasione che, lungo un percorso travagliato e ricco di rotture, anche sofferte, va definendosi un salto di qualità organizzativo attraverso un’originale rilettura di Lenin, introducendo nel patrimonio di Potere Operaio «un punto di vista inconsueto per la tradizione teorico-politica» alla quale il gruppo si richiamava. Secondo  i sostenitori di tale svolta con la tradizione operaista maturata negli anni precedenti, «se i movimenti di classe […] arrivavano a porre all’ordine del giorno la questione del potere, era inevitabile che si dotassero di strumenti organizzativi adeguati allo scopo; ed era in questo senso che andava recuperata la lezione storica del leninismo […]. Non si trattava, beninteso, di fare delle fughe in avanti, di costruire piccoli apparati slegati dai livelli di massa dello scontro» (p. 136), o di diventare l’ennesimo «partitino» ideologico e burocratizzato dell’estrema sinistra, ma di riuscire a determinare, dal suo interno, processi di ricomposizione e direzione politica del movimento di lotta espresso dall’autonomia operaia e proletaria attraverso l’organizzazione soggettiva – ecco il compito dei militanti di Potere Operaio –  di occasioni, «scadenze», di scontro di massa generalizzato su obiettivi e parole d’ordine unificanti (come il «salario politico» per tutti sganciato dal lavoro): non più solo contro il singolo capitalista in fabbrica, ma anche contro l’organizzazione collettiva dei capitalisti, lo Stato. Come spiega l’autore, «si trattava di prendere atto […] che il rapporto lotte/organizzazione andava riconsiderato nel suo complesso, tenendo conto di quanto era emerso con chiarezza dalla vicenda contrattuale, e cioè il passaggio Dalla guerriglia di fabbrica alla lotta per il potere (per usare uno dei titoli più suggestivi del giornale) non si sarebbe verificato facilmente, per il solo diffondersi e massificarsi dello scontro sociale e delle forme di organizzazione materiale delle lotte, ma richiedeva un nuovo “salto di qualità” politico e programmatico del movimento» (pp. 157-158). Come sappiamo, nella materialità delle cose le intenzioni di potere Operaio non si sarebbero viste realizzate.
È su tale punto, sull’«agire da partito» così elaborato, all’interno di una situazione di alta conflittualità scaturita da quello che veniva equiparato a un 1905 operaio in un contesto di capitalismo avanzato, che il gruppo avrebbe misurato la propria capacità di pensare la rivoluzione e la militanza rivoluzionaria in forma inedita rispetto alla scolastica terzinternazionalista o alle suggestioni terzomondiste, e in ultima analisi i propri limiti, le proprie derive e la propria impasse, che già cominciavano a prefigurarsi nel tormentato dibattito – non solo sull’organizzazione, ma anche sulla lotta armata –  descritto da Marco Scavino in questa prima parte della sua storia di Potere Operaio, che arriva fino al gennaio 1971, considerato dall’autore come uno spartiacque.
Aspettando con impazienza la seconda parte, che sicuramente sarà all’altezza della prima, concludiamo precisando che il nodo irrisolto dell’organizzazione – attraverso la cui lente è stata scritta questa recensione – è solo una delle questioni centrali attraverso cui la ricostruzione della breve ma intensa parabola di Potere Operaio può aiutare a comprendere, senza strumentali demonizzazioni, la complessità dei movimenti di classe che hanno caratterizzato gli anni Settanta. Una conflittualità diffusa e di massa dalle radici lunghe, non solo operaia, che durante il decennio sarò arricchita dall’emergere di istanze e bisogni di altri soggetti e generazioni che con forza prenderanno parola, decretando l’implosione e il superamento delle ipotesi organizzative nate sull’onda del biennio 1968-’69.
Potere Operaio, qui considerato non come un nucleo di professori e “cattivi maestri” staccati dalla realtà sociale del proprio tempo, ma come l’insieme di tutte e tutti i militanti che, ad ogni livello, ne hanno soggettivamente costruito, partecipato per un pezzo o accompagnato fino in fondo la traiettoria rischiando dall’interno dei processi di lotta di massa dati in un periodo e in un contesto storicamente determinati, rimane attore non secondario e paradigmatico di questa storia, quella degli anni Settanta, ancora oggi irrisolti per le questioni (tutt’ora attuali!) che hanno posto e forse per propria natura irrisolvibili – come tutti quegli squarci d’epoca concretamente di rottura con l’esistente – in una memoria d’ordine pacificata.
Da un punto di vista militante, d’altronde, non è la quiete che si ricerca, ma la tempesta: compito della storia militante, quindi, non sarà quello di rendere asettico e inoffensivo l’oggetto del proprio racconto, ma di comprenderne le ragioni, le pratiche e i limiti espressi nel passato per distillare metodo, strumenti e prospettive efficaci per l’agire nel presente, consapevole, in questo modo, di riannodare i fili ancora vivi di una memoria – e di una storia – di parte.
4 notes · View notes
telodogratis · 2 years ago
Text
I leader dell'Ue a Bruxellles cercano un compromesso per ridurre i prezzi dell'energia
I leader dell’Ue a Bruxellles cercano un compromesso per ridurre i prezzi dell’energia
I 27 capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles discutono di price cap, titoli comuni, modello iberico e in generale di… A Bruxelles si riuniscono i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri, per un Consiglio europeo che oggi e domani li vedrà impegnati a provare a trovare un difficile compromesso sugli interventi da mettere i campo per provare ad… Read MoreDiretta, Attualità, MondoToday
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lamilanomagazine · 9 months ago
Text
Associazione per delinquere, violenza sessuale e altri reati. Otto misure cautelari eseguite nell'operazione congiunta della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza nel Veronese.
Tumblr media
Associazione per delinquere, violenza sessuale e altri reati. Otto misure cautelari eseguite nell'operazione congiunta della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza nel Veronese. La Polizia di Stato di Verona e la Guardia di Finanza scaligera hanno eseguito otto ordinanze di misure cautelari personali nei confronti di altrettanti soggetti indagati a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, truffa, ricettazione e detenzione di armi clandestine: reati commessi, anche in forma associativa, nel veronese ed in altre province del Nord Italia, tra agosto del 2021 ed aprile del 2023. Nello specifico, la locale Squadra Mobile e il Comando Provinciale, con l'ausilio di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine del Veneto e dei Baschi Verdi della Guardia di Finanza, hanno dato esecuzione a sei misure cautelari personali in carcere e due agli arresti domiciliari. Il provvedimento emesso dalla locale Autorità Giudiziaria ed eseguito nei Comuni di Castel d'Azzano, San Giovanni Lupatoto, Valeggio sul Mincio, Bosco Chiesanuova, Erbezzo e Vigasio (VR) si pone in prosecuzione degli esiti di due pregresse attività investigative svolte dalle Fiamme Gialle scaligere e dalla Polizia di Stato. Già nel mese di ottobre 2022 il Gruppo della Guardia di Finanza di Verona, nell'ambito di autonoma attività antidroga, aveva tratto in arresto un cittadino italiano residente a Zevio (VR) per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione di arma da fuoco clandestina. Durante la perquisizione domiciliare, infatti, oltre alla sostanza stupefacente (circa 100 grammi di hashish), era stata sottoposta a sequestro un'arma corta (Taurus calibro 9x21) con matricola abrasa. I successivi approfondimenti delle Fiamme Gialle hanno permesso, già nei primi mesi del 2023, di: -   identificare un ulteriore cittadino italiano, in possesso di regolare porto d'armi, che aveva acquistato la pistola e commissionato nel tempo l'acquisto di diverse armi da fuoco (tra cui un Kalashnikov e un fucile a pompa) e di oltre 2.000 munizioni di vario calibro; -   individuare, attraverso opportuni riscontri, un terzo cittadino italiano (tra quelli attinti dalle odierne ordinanze di custodia cautelare) al quale le predette armi e munizioni erano state illegalmente cedute per essere destinate al mercato clandestino per l'esecuzione di attività criminose e atti intimidatori. Quest'ultimo si era reso anche responsabile di una serie di truffe online concernenti la vendita di autoveicoli e l'affitto di appartamenti di cui incassava indebitamente le relative caparre. Nello stesso arco temporale, più precisamente nel maggio 2023, la Squadra Mobile scaligera ha avviato ulteriori indagini a seguito di successive notizie di reato – costituenti un autonomo procedimento penale – connesse a fatti di violenza sessuale, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. In particolare, i poliziotti, attraverso le dichiarazioni rese dalla persona offesa e grazie all'acquisizione e al salvataggio del contenuto del suo telefono cellulare – poco dopo resettato da remoto, presumibilmente da uno degli indagati per timore che la vittima potesse riferire le loro attività illecite – hanno raccolto numerosi elementi non solo utili a provare la responsabilità degli indagati per gli specifici reati oggetto di indagine, ma anche idonei a riscontrare i fatti di reato oggetto degli altri procedimenti penali, poi riuniti. L'attività investigativa ha fatto emergere, nello specifico, che lo sfruttamento della prostituzione era organizzato dagli indagati che provvedevano sia a reperire i clienti – anche attraverso siti di incontri – sia a stabilire i luoghi e le modalità di pagamento – anche tramite carte prepagate appositamente attivate a nome della parte offesa, ma di fatto gestite dagli indagati stessi. La colpevolezza degli arrestati sarà definitivamente accertata solo all'esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile, vigendo la presunzione di innocenza prevista dall'art. 27 della Costituzione. Questa importante operazione testimonia il valore della sinergia tra le forze di polizia attraverso il coordinamento svolto dall'Autorità Giudiziaria, nonché l'attenzione degli organi investigativi nella lotta alle attività criminali perpetrate nel territorio scaligero, a tutela della legalità, della sicurezza e della salute della cittadinanza.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
vinotv · 2 years ago
Photo
Tumblr media
#serralungaday Si brinda con @gabriele.gorelli , al riuscitissimo evento tutto dedicato al #baroloserralungadalba ! E’ stato proprio lui a condurre la degustazione alla cieca che ha visto un percorso attraverso le diverse sfumature e interpretazioni di questo particolare territorio. Un format nuovo , fortemente voluto dai 25 produttori di questo comune che si sono riuniti nel rinomato @villaggio_narrante di @fontanafreddawines per dare vita al primo #Serralungaday che festeggia i 30 anni dalla sua prima menzione in etichetta nel 1992 con la vendemmia 1988. L’obbiettivo principale è stato delineare i tratti comuni dell’annata 2019, la prossima che uscirà in commercio. Per questo motivo hanno selezionato un panel di esperti, di cui ho avuto l’onore di fare parte 😊, per redigere un manifesto descrittivo dell’annata, che è stato intitolato “Barolo Serralunga d’Alba 2019, la grammatica del tannino”. A decantarlo ufficialmente è stato @leonardoromanelliofficial durante la cena di gala al Garden del Lago, con i piatti dello chef stellato @ugoalciati di @guidoristorante , dove invece abbiamo bevuto i #barolo di Serralunga del 2018. Un evento riuscitissimo che si promette di diventare un appuntamento da ripetere ogni anno nel secondo venerdì di settembre. Special thanks @smstudio_pr @steffimaf ———————————————— #followmywinepassion #vinotv #chiaragiannotti #vinoitaliano #winetime #italianwine #winelover #winetasting #tasting #feedyoursoul (presso Fontanafredda Serralunga D'alba CN) https://www.instagram.com/p/Ci0HBFqtWQ2/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
rossorubinotv · 2 years ago
Text
Da oggi la quattro giorni dell'Expo Chianti Classico
Cantine in piazza e storie di vino lunghe mezzo secolo. L'expo Chianti Classico cala l'asso culturale: musica, incontri, mostre, libri, degustazioni guidate. Uno degli eventi di punta è il concerto di Joe Bastianich & La terza classe in programma sabato 10 settembre alle ore 21 nello Spazio Musica del Piazzale delle Piscine.
Tutti i comuni del Chianti Classico riuniti in piazza Matteotti a Greve in Chianti a rappresentare le loro eccellenze, le produzioni di altissima qualità di un territorio unitario. È l’occasione che l’Expo Chianti Classico, giunto al traguardo dei 50 anni di vita agricola e cultura del vino, torna ad offrire ad appassionati e visitatori di tutto il mondo nell’ambito di quello che è considerato…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
paoloxl · 6 years ago
Text
http://www.notav.info/post/agli-imprenditori-riuniti-a-torino-piacciono-i-finanziamenti-del-tav/
Agli imprenditori delle OGR consigliamo, invece di trovare il modo di fare impresa con i soldi pubblici, di rendersi conto del mondo in cui viviamo, e capiranno che la priorità non sarà mandare merci a Lione a tutta velocità, ma muoversi in maniera intelligente e pulita nelle nostre città e nel nostro Paese, ne guadagnerebbe la salute dei cittadini e il Pil del Paese
Con i soldi di 10 km di TAV a Torino si costruirebbero 16 km di nuova metropolitana.
La grande reunion di oggi alle OGR è inedita, è vero, perché non abbiamo mai visto tante sigle riunirsi in altri momenti, dall’inizio della crisi globale per rilanciare l’economia. Non commentiamo l’opportunità di questa mobilitazione delle “classi produttive” (termine giornalistico che di per sé denota un certo disprezzo per chi lavora invece di fare il dirigente, come se noi altri fossimo “improduttivi”), ci limitiamo a notare che ben poco attivismo imprenditoriale si è visto quando la disoccupazione giovanile ha toccato il 40% o quando le infrastrutture da nord a sud sono crollate facendo vittime e feriti. L’alzata di scudi c’è solo quando i ben poco intraprendenti imprenditori rischiano di perdere una ricca commessa di soldi pubblici.
Perché diciamolo francamente, si è oggi parlato tanto di crescita e sviluppo ma mentre arrivavano i dati che annunciano già una nuova grande recessione ciò che risulta sempre più evidente è che siamo davanti al canto del cigno di una classe industriale capace in questi anni di fare impresa solo con le casse dello stato, a fondo perso chiaramente, altrimenti delocalizzazione immediata.
Facciamo fatica quindi ad accettare lezioni da chi vorrebbe far crescere il Pil solo con finanziamenti europei divisi tra le solite compagini a danno del Paese reale, che del Tav non se ne farà nulla: non ci guadagnerà, non troverà lavoro e non ci viaggerà.
Se si vuole investire sullo sviluppo e sull’innovazione, generando benessere e posti di lavoro suggeriamo agli imprenditori impegnati, di fare due conti e farlo proprio da domani, visto che a Torino e in 11 comuni della Provincia (e in tutte le regioni della pianura Padana) scatterà il blocco del traffico a causa dell’inquinamento da polveri PM10, che soffoca una vasta area del Paese con relativi effetti sulla salute.
Non è una novità visto che la valle Padana è una delle aree più inquinate del pianeta e a Torino il traffico stradale produce lì80% delle emissioni di PM10.
Mentre è cresciuta la smania di andare a Lione ad alta velocità, sulla tangenziale di Torino passano 240.000 veicoli al giorno in tangenziale: più di 50 volte tanto, con relativo “omaggio” di emissioni inquinanti.
Negli stessi vent’anni Lione ha messo in servizio 30 km di metropolitana con la quale si muovono 740.000 persone al giorno. Oggi Torino, malgrado abbia il doppio di abitanti rispetto a Lione, ha solo 13 km di metropolitana con meno di 100.000 viaggiatori al giorno.
Con i soldi di 10 km di TAV si fanno 16 km di nuova metropolitana.
P.S.
Una grossa risata ce l’ha strappata il presidente di confindustria Boccia delineando scenari catastrofici per l’economia italiana se si dovesse rinunciare al progetto della seconda Torino-Lione. Lo stesso Boccia che delineava una perdita secca di 600’000 mila posti di lavoro e un calo del pil di quattro punti in caso di NO al referendum costituzionale. Gli industriali possiamo capirli, una rapina ai danni del contribuente come il TAV non ricapita per altri 30 anni e bisogna giocarsi il tutto per tutto. Ma UN giornalista in tutta Italia a chiedere conto di quanto detto in passato invece di ripetere a pappagallo nuove bugie non si trova proprio vero?
2 notes · View notes
hellotania031-blog · 6 years ago
Text
La storia di Emilia Romagna
Tumblr media
L'Emilia-Romagna comprende due realtà storico-geografiche distinte: l'Emilia e la Romagna, che corrispondono all'antica area Ducale Longobarda (Emilia) e all'antica area Bizantina e poi Pontificia (Romagna). In effetti, tutta la Pianura Padana ha avuto il nome di Longobardia (o Lombardia), per più di 1.100 anni. Ad esempio la città di Reggio Emilia si è chiamata "Reggio di Lombardia" fino all'Unità d'Italia. I territori della regione padana hanno avuto vicissitudini e destini intrecciati, a partire dall'insediamento gallico (Gallia Cisalpina) e successiva conquista romana (come provincia senatoria) fino al Regno Longobardo. Fu solo a partire dal IX secolo che le cose cominciarono a mutare: la Romagna divenne soggetta al dominio pontificio papale mentre l'area lombarda che oggi chiamiamo Emilia all'autorità comunale e ducale. Da quel periodo in poi le due aree, così come tutta la Pianura Padana, furono teatro, per secoli, di guerre sanguinose tra fazioni filo-papali (Guelfi) e filo-imperiali (Ghibellini). I Ducati esistettero fino all'Unità d'Italia, quando l'autorità Ducale fu sostituita con quella del nuovo Re. Parallelamente il territorio pontificio della Romagna fu tolto al Papa. Emilia e Romagna entrarono infine a far parte del nuovo stato italianosimultaneamente, per volere dell'allora dittatore Carlo Farini che le unificò al regno del Piemonte (o regno di Sardegna), poi Regno d'Italia, il 30 novembre 1859
Tumblr media
Storia dell'Emilia
Le principali popolazioni italiche insediatesi in Emilia nei tempi antichi furono quella degli Etruschi, come testimoniato da numerose città da essi fondate, tra le quali Felsina (Bologna), Parma, Spina e quella dei Celti, stanziati anche in numerose altre aree dell'Italia Settentrionale. A partire dal III secolo a.C. i Romani presero possesso del territorio, imponendosi sulle tribù celtiche. Già nel primo periodo della dominazione romana venne costruita, per volontà del console Marco Emilio Lepido, la via Emilia (187 a.C.), da cui oggi la regione prende il nome. Tale arteria viaria fu importante per l'intensificarsi del commercio e sul suo tragitto sorsero fiorenti centri urbani come Mutina (Modena, già di origine etrusca), Placentia (Piacenza), Fidentia (Fidenza) e Regium Lepidi (Reggio Emilia).
Con la caduta dell'impero romano d'Occidente nel 476 d.C., l'intera penisola Italica fu in balia delle invasioni della varie popolazioni barbare, provenienti dal nord Europa. Nel corso del VI secolo d.C. l'Emilia, come gran parte del territorio italiano venne assoggettata dai Longobardi, mentre la vicina Romagna rimase, invece, per lungo tempo sotto il controllo bizantino. Seguendo il modello amministrativo longobardo, anche nella regione vennero creati una serie di ducati, tra cui spiccavano quello di Parma, quello di Piacenza, quello di Modena, quello di Reggio Emilia e quello di Persiceto. Bologna, invece, entrerà sotto il controllo longobardo solo nel 728.
Ai Longobardi si susseguirono, successivamente, i Franchi, chiamati in Italia da papa Stefano II. In questo periodo l'Emilia entrò nell'orbita del Sacro Romano Impero e il suo territorio venne suddiviso in una serie di feudi.
Tumblr media
Particolarmente estesi nella regione erano i possedimenti della famiglia dei Canossa, che dal 1076 divennero patrimonio della grancontessa Matilde. Durante la lotta per le investiture dell'XI secolo, che coinvolse papato e impero, il castello di Canossa fu sede di uno dei principali e più significativi eventi di tale fase storica: l'umiliazione di Enrico IV. L'imperatore, infatti, scomunicato nel 1076 dal pontefice Gregorio VII, nel gennaio del 1077 si recò da quest'ultimo, ospite di Matilde, per avere l'assoluzione da tale provvedimento. La riconciliazione tra i due avvenne dopo numerose trattative (mediate da vari esponenti politici e del clero, tra cui la stessa contessa) e la permanenza davanti al castello per tre giorni, di Enrico, vestito in abiti da penitente.
Dal XII secolo in poi, numerose entità cittadine emiliane si costituiranno come comuni che, via via, si andranno a sostituire ai precedenti sistemi amministrativi di stampo feudale. Il comune che ebbe più prestigio e potere sul territorio fu Bologna, dove, nel 1088, venne fondata la celebre Università, la più antica in Europa. Molti comuni emiliani, sempre in questo periodo, furono annessi alla Lega Lombarda che si oppose al progetto dell'imperatore Federico I di restaurare un forte potere centrale nell'Italia settentrionale.
Castello Estense, Ferrara
Tumblr media
Nel corso dei secoli successivi molte città passarono da un governo di tipo comunale a forme di governo signorili. Un esempio ne è Ferrara che, sotto il governo degli Estensi, acquistò notevole prestigio, diventando anche uno dei centri culturali più importanti dell'Umanesimo e del Rinascimento italiano (presso la corte estense operarono infatti intellettuali del calibro di Matteo Maria Boiardo, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso).
L'intera Emilia, nel corso dei secoli successivi, mantenne un assetto politico su cui spiccavano principalmente le potenze politiche dei Ducati di Ferrara, di Modena e Reggio e di Parma e Piacenza.
A partire dal 1796, con l'arrivo delle truppe francesi di Napoleone Bonaparte, vennero create nell'Italia settentrionale una serie di repubbliche, dipendenti da quella francese, che tra i vari territori andavano ad annoverare anche quello emiliano, compreso nella Repubblica Cispadana (formata dal Ducato di Modena con la città di Reggio Emilia e la Repubblica Bolognese). Successivamente essa venne unita a quella Transpadana (corrispondente con il precedente ducato di Milano), andando così a costituire la Repubblica Cisalpina che ebbe come bandiera il Tricolore, nato per l'appunto a Reggio nel 1796.
In seguito al Congresso di Vienna del 1815 nella regione viene ristabilito l'antico sistema amministrativo che cadrà solo nel 1860 con l'annessione al Regno di Sardegna a seguito di plebisciti.
Evento particolarmente rilevante della storia emiliana nella seconda guerra mondiale fu la strage di Marzabotto, in cui vennero uccisi 1830 civili, da parte delle truppe tedesche, in repressione della guerriglia partigiana, nel 1944, quando ormai le truppe alleate si accingevano a liberare definitivamente l'Italia del Nord.
Nel 1947 l'Emilia divenne, assieme alla Romagna, la regione Emilia-Romagna.
Tumblr media
Storia della Romagna
Fra le prime popolazioni che si insediarono nell'area compaiono Umbri ed Etruschi. In un secondo momento il territorio corrispondente all'attuale Romagna venne poi conquistato da alcune tribù celtiche provenienti dal nord Europa, tra cui i Lingoni, i Senoni e i Boi (IV secolo a.C.).
L’Arco di Augusto a Rimini
Tumblr media
Nel III secolo a.C., in seguito ad una serie di scontri, le popolazioni celtiche che occupavano la regione vennero sconfitte dai Romani i quali iniziarono ad esercitare il loro dominio sulla regione. Numerosi sono i segni della dominazione romana, tra cui la fondazione di diverse città, tra le quali si possono ricordare Ariminum, Faventia, Forum Livii, Forum Cornelii, Forum Popili, rispettivamente le odierne Rimini, Faenza, Forlì, Imola e Forlimpopoli.
In epoca tardo-repubblicana il fiume Rubicone (oggi in provincia di Forlì-Cesena) venne assunto come punto di riferimento per sancire il confine tra l'Italia e la provincia della Gallia Cisalpina. Importante avvenimento storico che consacrò tale corso d'acqua fu il suo attraversamento da parte di Giulio Cesare e il suo esercito il 10 gennaio del 49, alla fine delle campagne Galliche. Tale evento sancì l'inizio della seconda guerra civile romana. Si tramanda che proprio in quell'occasione il celebre condottiero romano pronunciò la frase, ormai divenuta proverbiale, “Alea iacta est”.
Tumblr media
Nel I secolo a.C., in età imperiale, Ottaviano Augusto pose presso Ravenna il principale presidio navale militare dell'Adriatico. Ciò andò ad accrescere il prestigio e la ricchezza della città. Proprio in virtù del fatto che il porto ravennate in età tardo-antica era divenuto il maggiore punto di contatto con la nuova capitale dell'impero d'Oriente, Costantinopoli, Ravenna, nel 402 d.C, divenne capitale dell'impero Romano d'Occidente, per volontà dell'imperatore Onorio. La presenza di paludi attorno alla città rendeva, inoltre, il luogo più sicuro per difendersi dagli attacchi dei Visigoti di Alarico, rispetto alla precedente capitale Milano.
Tumblr media
Nel 476, sempre a Ravenna, venne deposto da Odoacre, re degli Eruli, il giovane Romolo Augusto, considerato l'ultimo imperatore romano d'Occidente.
A Odoacre, seguirono, poi gli Ostrogoti di Teodorico.
Nel corso del VI secolo l'imperatore d'Oriente Giustiniano avviò una serie di campagne militari, per riprendere possesso di numerosi territori dell'impero d'Occidente caduti in mano a varie popolazioni barbare (Guerra gotica (535-553)). Tra i vari territori che i bizantini riuscirono a prendere figura anche parte della Romagna e delle Marche settentrionali. Tali domini vennero, così, riuniti in un protettorato denominato Esarcato, con capitale Ravenna. Fu proprio in questo periodo, inoltre, che la regione acquistò il nome di Romagna, dal latino (e greco) Romania (designazione allora informale dell'impero). Tale termine differenziava, infatti, i possedimenti dell'impero romano d'Oriente dai territori occupati dai Longobardi, i quali detenevano il controllo di gran parte della penisola italica. L'Esarcato cadrà, infine, nel 751, proprio per mano di quest'ultima popolazione.
Tumblr media
2 notes · View notes