#autonomia operaia
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nando161mando · 5 months ago
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Valerio Verbano
Member of Autonomia Operaia who had conducted personal research and collected a lot of information and photographic documentation on the Roman extreme right and its links with state apparatuses and organised crime.
On 22 February 1980, three men from the neofascist Nuclei Armati Rivoluzionari group, pretended to be Verbano's friends in order to gain entry to his home. They tied and gagged Verbano's parents before waiting for Verbano to return from school. When he did so, they shot him dead, and his murderers escaped.
/ #February 22 1980 /
/ Rome - Italy /
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radiso1978 · 1 year ago
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RADISOL, Il sogno della rivoluzione nell’Italia del 1978. Romanzo, Alfredo Facchini, Ed. Red Star Press
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Il libro è ordinabile sulle piattaforme Feltrinelli, Amazon, Red Star Press, Libreria Universitaria, Mondadori, Rizzoli, Ibs
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dominousworld · 11 months ago
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Autonomia Operaia: la terza posizione di estrema sinistra e la morte di Toni Negri
Autonomia Operaia: la terza posizione di estrema sinistra e la morte di Toni Negri
a cura della Redazione L’ex leader di Autonomia Operaia si è spento nella notte a Parigi. Filosofo e politologo, aveva 90 anni È morto questa notte a Parigi il filosofo e politologo Toni Negri. Aveva 90 anni. A dare la notizia della sua scomparsa è stata la compagna e filosofa francese Judith Revel. Antonio Negri, detto Toni, nato a Padova il 1° agosto 1933, è stato uno dei maggiori teorici del…
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abr · 2 months ago
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Fermare il degrado di migranti molesti e indesiderati? Non serve schierare la Marina Militare. Basterebbe molto meno.
Specificare e applicare il reato di favoreggiamento alla Tratta (generico) e agli eventi delittuosi commessi dai loro assistiti (specifico), per gli avvocati in pianta organica delle Ong che li agevolano coi cavilli, i redditi, i ricongiungimenti e a far perdere le tracce non solo fiscali.
Applicare costantemente una sorta di "norma Vandelli", l'avvocato di Autonomia Operaia, poi del boss della mafia del Brenta Felice Maniero (il legame ideologico mi pare evidente per se), arrestato per favoreggiamento a Parigi dove s'era rifugiato in clandestinità.
Così prosciughi la palude e togli benzina alla macchina Ong, che è lì non per favorire ma per SFRUTTARE i migranti: è il famoso "business più lucroso del traffico di droga" (cit. uno di loro, tal Bucci credo).
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polaroidblog · 1 year ago
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Sostanza di cose sperate. Voci e storie dal processo 7 aprile
di Massimo e Ivan Carozzi
https://www.raiplaysound.it/playlist/sostanzadicosesperatevociestoriedalprocesso7aprile
Il 7 aprile 1979, un'imponente operazione di polizia porta all'arresto di decine e decine di militanti dell'area di Autonomia Operaia. Il più noto è il professor Antonio Negri, docente di Dottrina dello Stato all'Università di Padova. L'accusa del magistrato Pietro Calogero desta scalpore. Secondo Calogero, dietro i tanti episodi di illegalità e terrorismo diffuso dell'Italia degli anni Settanta - dall'esproprio nel supermercato al sequestro Moro - ci sarebbe la regia di un gruppo ristretto, che manovra le tante sigle del mondo extraparlamentare e i gruppi clandestini che praticano la lotta armata. Per la prima volta nella storia della Repubblica viene contestato il reato di «insurrezione armata contro i poteri dello Stato». Le voci, i volti e le storie del processo 7 aprile occuperanno per anni le cronache dei giornali e dei tg, eppure oggi se n'è quasi del tutto perduta la memoria. Attraverso gli audio dei processi, interviste e documenti sonori, viene ricostruito il clima di un'epoca insieme alla vicenda di un teorema giudiziario, che se da una parte portò ad accertare molti reati, dall'altra fu responsabile di un abuso dello strumento della carcerazione preventiva e contribuì alla liquidazione di un'opzione politica ed esistenziale, quella «sostanza di cose sperate» evocata in aula dall'imputato Paolo Virno.
documentario alla radio davvero molto bello - come tutto quello che scrive Carozzi - che si chiude con questa canzone incredibile che avevo dimenticato:
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curiositasmundi · 1 year ago
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[...]
Nei giorni in cui sono state scritte tante parole su Toni Negri, deceduto nella sua casa di Parigi lo scorso 16 dicembre, appare davvero una grande occasione questo docu – film per ripercorrere, partendo proprio dalle vicende dell’Autonomia Operaia di cui lui è stato uno dei protagonisti, cosa sono stati quei giorni, quegli anni. Seppure siano passati oramai diversi decenni da quel 7 aprile del 1979, quando decine di persone, appartenenti o simpatizzanti o considerate vicine alla formazione di sinistra extraparlamentare Autonomia Operaia, furono arrestate in un’operazione che diede inizio a uno dei capitoli più discussi e controversi della storia giudiziaria italiana degli scorsi decenni. Una vicenda che coinvolse centinaia di persone ma che ebbe come protagonisti da una parte proprio il professor Toni Negri, dall’altra il magistrato Pietro Calogero. Siamo nei cosiddetti “anni di piombo” e delle stragi fasciste. Un anno prima c'è stato il rapimento di Aldo Moro e la sua uccisione. Vennero così adottate “leggi speciali” tra cui quella che permetteva di applicare il reato di associazione a delinquere alle organizzazioni politiche, e non solo a quelle mafiose. Negri fu accusato di aver partecipato direttamente al rapimento Moro, e addirittura di essere stato il telefonista delle Brigate Rosse che condusse le trattative. In realtà si dimostrò dopo che la voce brigatista era di Valerio Morucci. A denunciarlo fu un docente dell'Università, iscritto al Pci, che dichiarò di aver riconosciuto la voce di colui che teneva i contatti tra le Br e la famiglia del dirigente democristiano, come quella del collega. 
Il processo si svolse con tempi lunghissimi e, secondo Amnesty International, in violazione dello stato di diritto. Gli imputati furono detenuti preventivamente in carcere per anni. Il processo cominciò soltanto nel 1983. A difendere ben 54 imputati di quel processo denominato 7 aprile e che fu diviso in due tronconi tra Padova e Roma, emerge la grande abilità di un giovane "compagno" avvocato: Enrico Vandelli. E proprio attraverso la sua esperienza che nella prima delle tre puntate si affronta la questione degli Autonomi padovani. E per la prima volta sono i diretti protagonisti a raccontare quegli anni. E sono davvero tanti visto quanto popolare era il movimento ai tempi, in pieni anni Settanta, è raro che ne parlino o concedano interviste. C'è una sorta di patto non scritto che da un lato obbedisce a un principio di lealtà, che non può comunque essere tradito anche se la storia si può dire ormai chiusa, un po' perché non la si vuole svendere, svilire, o rappresentare con una sola immagine consapevoli che nessuno ne è il solo custode visto che quanto vissuto è generato da una esperienza collettiva. Hanno sempre lasciato farlo ad altri ed è inevitabile poi che passi una sola fotografia della storia, in cui inevitabilmente c'è per forza una molotov. 
Dal punto di vista giudiziario il processo si chiude quasi quattro anni dopo con la sentenza della Cassazione che elargisce pene miti e assolve imputati come Toni Negri perché crollano le accuse più gravi insieme al teorema Calogero. Nel film lo scontro tra due magistrati, Calogero appunto e Palombarini, viene ben illustrato.
La docu serie mette bene a fuoco il fatto che come ogni vicenda è fatta di persone e di vite. E il film, soprattutto nel primo episodio che è completamente dedicato alla vicenda degli Autonomi, rende bene l'idea di cosa fossero quegli anni. Affronta il tema della repressione, della carcerazione e pure della latitanza, che è tutto fuorché una vacanza. Racconta di giovani donne costrette a lasciare i figli per sfuggire a una nuova detenzione, come il caso della docente di scienze politica, Alisa Del Re. Se il racconto della sua fuga e come evita l'arresto ricorda la trama di un film di spionaggio, poi c'è la vita non vissuta, sospesa, che forse colpisce ancora di più. Nel film si sceglie di non parlare dei decessi dopo la carcerazione, come il caso del Professor Ferrari Bravo, ma si sente nelle parole di coloro che vengono coinvolti in questo racconto che le scelte convintamente fatte e portate avanti sono state tutte pagate. Anche alla giustizia. 
L'avvocato Enrico Vandelli negli anni di quel processo accresce la sua fama, il suo volto finisce sui giornali e telegiornali nazionali di continuo. E come è ovvio che sia attira le attenzioni soprattutto di chi è malavitoso o detenuto. Tutti quelli che hanno bisogno di un buon avvocato. E lui ha dimostrato di esserlo. Così quando molti anni dopo arriva la chiamata la vede solo come una grande occasione, l'avvocato Enrico Vandelli. Anche economica visto che dal processo 7 aprile non ha certo guadagnato nulla. A rivolgersi a lui è infatti il boss della mala del Brenta, "faccia d'angelo", Felice Maniero. Sono anni completamente diversi in cui l'eroina insieme a un certo diffuso benessere prendono il posto delle contestazioni. E qui comincia una storia, soprattutto umana, completamente diversa. A tenere insieme la banda Maniero sono i soldi, la violenza, i ricatti. Non c'è una figura a lui vicina, madre esclusa, a cui non abbia fatto o procurato del male. Ha tradito chiunque lo ha servito, fino ad arrivare proprio al suo avvocato che di certo errori ne ha commessi ma non quanti gliene sono stati imputati. Eppure ha pagato più di Maniero. La condanna per mafia, l'addio forzato alla toga ma anche la latitanza e la detenzione. Straordinaria la testimonianza del figlio Michele, che racconta con la consapevolezza dell'adulto che è oggi come il passaggio da avvocato dei "rossi" a quello di un mafioso ha cambiato per sempre la sua vita. Nel docu-film il contributo dello scrittore Massimo Carlotto che rende omogeneo tutto il racconto e poi i protagonisti delle due vicende giudiziarie, non solo avvocati ma anche magistrati e procuratori. Una delle contraddizioni che emergono da quella fetta di storia italiana, è che lo Stato che ha trattato centinaia di giovani come criminali solo perché non volevano pentirsi né di ciò che non avevano commesso ma neppure di ciò che praticavano con convinzione, si è invece fidato di uno, Felice Maniero, che non si è fatto problema alcuno nel tradire tutti. Centinaia di persone. Se non fosse che si può comunque scappare da tutto ma non da quel che si è, Maniero in questi anni non l'avrebbe mai vista una cella e si sarebbe potuto godere tutti i giorni in libertà, perfino con una nuova identità.
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alephsblog · 2 months ago
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chiamalegge · 10 months ago
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Autonomia operaia. Scienza della politica e arte della guerra dal '68 ai movimenti globali.
Dall’autodifesa all’affermarsi della guerriglia nella metropoli, il movimento Autonomo degli anni Settanta italiani viene teorizzato e analizzato nella sua specifica componente operaia di massa. Un’anomalia spiegabile solo attraverso l’egemonia che la figura dell’operaio massa impose all’intero Movimento italiano mettendo al centro il nodo del potere politico. Ma la “questione del potere” non può…
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isacopraxolu · 1 year ago
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Morto Toni Negri, storico leader di Autonomia Operaia #tfnews #16dicembre
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Morto Toni Negri, storico leader di Autonomia Operaia
Aveva 90 annisource
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crossroad1960 · 1 year ago
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noisynutcrusade · 1 year ago
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Toni Negri, the "bad teacher", founder of Autonomia Operaia, has died, he was 90 years old
Toni Negri, the controversial philosopher and political scientist who between the sixties and seventies was one of the major theorists of workerist Marxism, died during the night in Padua. He was 90 years old. The news of his passing was reported by his partner and French philosopher Judit Revel. Antonio Negri, known as Toni, was born in Padua on 1 August 1933 and was among the founders of Potere…
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radiso1978 · 1 year ago
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LETTERE A LOTTA CONTINUA: FAUSTO E IAIO
Scrivo di Fausto e Iaio perché eravamo amici. Avevano diciotto-diciannove anni, non erano di nessun gruppo, nonostante le ricorrenti simpatie di Iaio per Autonomia Operaia e il recente entusiasmo di Fausto per Lotta Continua.
L’istituto professionale non erano riusciti a sopportarlo e se ne erano andati. Fausto per passare all’Artistico e Iaio per andare a lavorare.
A Iaio piaceva mettersi la bombetta nelle serate del Leoncavallo, era buffo con quella faccia da indiano ragazzino. Una volta sul pullman, ha chiesto a una giovane signora che non conosceva: «Mi presta il bambino, che ci gioco un po’?».
Dal falegname dove lavorava come decoratore lo sfruttavano moltissimo, ma recentemente aveva un progetto di andare a lavorare con altri.
Gli piaceva leggere. Quando lo hanno ucciso aveva con sè I sotterranei di Kerouac. Raramente ho visto uno più autonomo di Iaio da miti e mode culturali, a parte il suo recente pallino per i segni zodiacali (era dell’Ariete). Con Iaio avevamo in cantiere una intervista sulla sua vita, il che lo divertiva molto. Gli chiedevo: «A che pensi Iaio?», e lui: «Niente, sogno».
Con Fausto avevamo recentemente parlato di proporre a «Lotta continua» un paginone su Baudelaire e compagni e i giovani che li leggono oggi.
Li trovavo spesso il sabato sera a ballare al Leoncavallo, Fausto imitava in modo eccezionale il dimenarsi da decadent-rock e poi veniva in radio a farci compagnia nelle notturne, collaborando alla scelta dei dischi, ma senza mai voler parlare al microfono per timidezza e discrezione.
Per caso sono stati uccisi proprio loro. Ma casualmente i killers hanno scelto con precisione esemplare: non due militanti organizzati, non due “combattenti comunisti”, non due “freaks alternativi”, ma due giovani compagni che stavano esattamente sotto e sopra queste dimensioni e figure.
So che è retorico usare le parole innocenza e verità a proposito di persone. Ma la sensazione terribile è proprio questa: d’innocenza e verità stroncate.
Paolo
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RADISOL, Il sogno della rivoluzione nell’Italia del 1978. Romanzo, Alfredo Facchini, Ed. Red Star Press
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tempi-dispari · 2 years ago
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Fil di Ferro: Torino fucina metallica
Contesto
Il 1979 è un anno denso di avvenimenti come lo sono pochi altri. Avvenimenti quasi tutti di pesante impatto globale e gravidi di conseguenze per il periodo a venire. Già il 1° gennaio, il riconoscimento della Cina comunista da parte degli Stati Uniti, lo scambio di ambasciatori tra Whashington e Pechino.
Cambia tutto tra le due sponde del Pacifico. Il 7 gennaio cade in Cambogia il regime di Pol Pot, uno dei più sanguinari della storia recente. Un poco più a Ovest, in Iran, il giorno 17 prende invece il potere un leader religioso rientrato da un lungo esilio a Parigi, Ruhollah Khomeini.
In Italia
In Italia il 1979 avviene l’assassinio del giornalista Mino Pecorelli, che ha voluto mettere il naso nei segreti di certe banche e della massoneria. L’incriminazione del governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e l’arresto del direttore generale Mario Sarcinelli per interesse privato in atti d’ufficio (accusa che poi cadrà).
Il delitto dell’avvocato Giorgio Ambrosoli liquidatore della banca di Michele Sindona. Arresto dei brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda coinvolti nel caso Moro. Morte in un incidente aereo a Forlì del re dei cereali Serafino Ferruzzi. La fine del sequestro di Fabrizio De André e Dori Ghezzi, rapiti in Sardegna quattro mesi prima.
Per ricordare un fatto che ha tenuto a lungo le prime pagine dei giornali e che avrà echi negli anni successivi si deve tornare al 7 aprile. Un magistrato di Padova, Pietro Calogero, lancia una grande offensiva giudiziaria contro Autonomia operaia.
Tra gli arrestati figurano docenti universitari, intellettuali, giornalisti. Spicca il nome del professor Antonio Negri, Toni Negri. Gli inquisiti sono centinaia.
Nel 13 marzo nasce lo Sme, Sistema monetario europeo, antenato della valuta unica di oggi. Margareth Thatcher si prepara alla elezione del suo primo parlamento.
In questo contesto nascono i Fil di ferro
Storia del gruppo
I Fil di ferro sono un gruppo heavy metal italiano, formatosi a Torino nel 1979 per iniziativa del bassista Bruno Gallo Balma e del batterista Michele De Rosa.
La band è considerata, insieme a Vanadium, Strana Officina, Death SS e Bulldozer, una delle prime ad aver portato la musica metal in Italia, nonché una delle più importanti dello stesso.
Michele De Rosa e Bruno Gallo hanno formato il gruppo con il chitarrista Danilo Ghiglieri e il cantante Leonardo Fiore. Nel 1986 (dopo un demo tape del 1984 e numerosi concerti che danno una certa notorietà al gruppo) esce il primo album, Hurricanes, pubblicato da Il Discotto Records. Questo album viene registrato con il nuovo cantante Sergio Zara e il nuovo chitarrista Claudio De Vecchi.
Il titolo Hurricanes proviene dal nome del gruppo biker di cui facevano parte sia Michele De Rosa sia Bruno Gallo. Il disco è stato registrato da Beppe Crovella (tastierista degli Arti e Mestieri).
Nel 1987 per l’etichetta dischi Noi, con la produzione esecutiva di Mariano Schiavolini (ex membro del gruppo rock progressivo Celeste), i Fil di ferro registrano il loro secondo album, omonimo, che vede l’entrata del nuovo chitarrista Miky Fiorito, autore di tutti i brani del disco, arrangiati con il resto del gruppo.
Le registrazioni vengono effettuate in Cornovaglia con Guy Bidmead, ingegnere del suono di Rod Stewart e Motörhead. I Fil di ferro tengono anche un concerto presso l’Hammersmith Apollo di Londra, trasmesso dalla televisione italiana su Italia 1 nel programma Rock a mezzanotte.
La performance viene registrata e inclusa nella compilation Italian rock invasion.
Nel 1991 Sergio Zara è uscito dai Fil di ferro, lasciando il posto alla voce femminile di Giordy (Elisabetta Di Giorgio), con la quale la band ha registrato la ballata Give me your hand e girato un video clip per il mercato russo.
Nel 1992 per l’etichetta Axis Records è uscito il terzo album, Rock Rock Rock che vede la partecipazione del chitarrista russo Victor Zinchuk e di Roberta Bacciolo delle Funky Lips in veste di ospiti. In esso è stato ripreso Give me your hand registrata precedentemente da Giordy come singolo.
L’album ha presentato caratteristiche più hard rock/blues rispetto ai primi due lavori e vede Miky Fiorito anche nel ruolo di cantante. Nello stesso anno si è verificata la fine della collaborazione, durata quasi un anno, con Giordy.
Nel 1997 è entrato nel gruppo Piero Leporale alla voce, mentre il 1998 è tempo dell’ingresso di Francesco Barbierato al basso.
Nel 2004 esce a distanza di dodici anni dal lavoro precedente il quarto album, It Will Be Passion. Il disco è un rifacimento di vecchi brani e nuovi inediti.
Nel 2008 il gruppo cambia ancora formazione: escono dalla formazione Fiorito, Leporale e Barbierato, sostituiti da Gianni Castellino al basso, Alex Verando alla chitarra e Phil Arancio alla voce. Nel 2009 entrano in formazione Gianluca “Yes” Uccheddu alla chitarra al posto di Alex e Elvis Taberna al posto di Phil Arancio.
Con questa nuova formazione il gruppo ha abbandonato l’hard rock blues del terzo e quarto album ritornando ad un più duro heavy metal di stampo Saxon/Judas Priest che ha caratterizzato la band nei primi due album.
Nel settembre del 2012 è uscito It’s Always time, album contenente il rifacimento di Hurricanes con la nuova formazione, tre inediti e dodici brani tratti dai dischi più significativi.
In occasione del festival Acciaio italiano 2015, tenutosi a Modena il 31 gennaio 2015, si è verificato il ritorno alla voce di Phil in sostituzione di Elvis Taberna, che ha dovuto abbandonare il gruppo per motivi di salute. Elvis è rimasto nel giro Fil di ferro con mansioni amministrative.
Dopo pochi mesi nuovo cambio di formazione riguardante la voce: entra Paola Goitre al posto di Phil, con la quale sono in programma vari lavori live e in studio.
A inizio 2017 ritorna in formazione il chitarrista Miky Fiorito, il quale si mette subito al lavoro per comporre le canzoni che faranno parte del sesto album del gruppo. I riff di chitarra questa volta hanno un piglio epico ed è a seguito di queste nuove sonorità che nasce l’idea del concept album intitolato Wolfblood, che narra della mitologia nordica del RagnaRock, anche per via dei testi a tema ideati da Paola Goitre. Il nuovo lavoro viene pubblicato a ottobre del 2019.
Discografia Hurricanes (1986) Fil di Ferro (1988) Rock Rock Rock (1992) It Will Be Passion (2004) It’s Always Time (2012)
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diagenetic-nostalgic · 2 years ago
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Italy's long '68
8-part article series published by Gábor Balázs on merce.hu
originally read in 2022, months before my diploma presentation
recommended by Á.T., thesis supervisor, after his lecture on Aldo Rossi, to my question "Where did all the impetus of Italian architects go after the 70's?"
what was the situation in 1977? what preceded it?
To take back the city means to rediscover the unity of the proletariat, not only in opposition to capitalist production, but in the sense of collective power, which aims at a healthy communist social life, free of necessities, leading to happiness, which opposes the economist concept of detachment from life, according to which class struggle or politics is detached from everyday life, even though the masses attach at least as much importance, if not more, to their lives than to their work. (Lotta Continua, 1975)
part 7
In mid-March, events that are slowly taking on the appearance of a real uprising sweep the country - the epicentre is now Rome, where the Movement's members from all over the country arrive for the demonstration (held despite the ban). More clashes break out - again shots are fired, from both sides. In the months that followed, street fighting became almost constant (especially in Rome and Milan), but universities and many high schools throughout the country were also under blockade.
It is difficult to give a fair answer to the question of whether the members of the Movement really wanted this uprising (by uprising they did not mean a major event, but rather an escalation and spread of clashes). It is undoubtedly true that by the spring of 1977 the "now or never" mood had taken hold in more than one wing of the Movement, and it is also undeniable that the failure to win over the classical working class (except in a few factories where Autonomia Operaia was particularly strong) increased doubts among the older generation and, as is often the case, the young, who were, on the contrary, driven towards a direct confrontation with state power as soon as possible.
In any case, the situation was not going to end well: at the beginning of May, the first "anti-terrorist" campaigns were launched, i.e. arrests of members of the Movement, banning and blocking their communication channels, closing their social spaces, raids on their publishers, bookshops, etc. (for a while, even the lawyers defending the members of Autonomia were arrested…). After that, the question became more how to maintain a minimum level of activity of the Movement in what was essentially illegality, while state repression was taking on increasingly worrying proportions.
part 8
The Movement rushed towards an antagonistic clash with the state, at a speed that even its members were no longer able to contain. In a way, it was a schizophrenic situation: how could the richness and creativity of the Movement be maintained without leading to a fatal, open confrontation?
The perhaps insoluble central problem was how to turn this infinite diversity, the myriad escape routes from the Norms, into some kind of unified attack on the system - without any centralised organisation, of course. No one had the answer. In any case, the dynamics of the Movement led towards a parallel intensification of ever richer, more creative lifestyle experiences and militarisation - towards both expansion and radicalisation. Anti-institutional extremism and the emancipatory experience of desires went hand in hand from the very beginning: '1977', the revolution, the uprising, was almost inevitable.
As the "urban Indians" wrote in a manifesto at the end of the climactic year 1977 (a real jacquerie, a real red flag state of emergency):
"We will no longer stay in your reservations! This year will finally be a year of fun and war. Fun: because we need to be together, to feel each other's warmth, to find our collective desire to fight, to change ourselves and the world, to overcome hopelessness and to achieve our dreams. But also to fight, because we refuse to sacrifice our lives and imaginations to capitalists. We want to shout our hopelessness and our joy of life in their faces!" (Circoli giovenili, Róma, 1977).
It was typical of the gunmen of Autonomy that they always made a point of showing that we had guns at the demonstrations (i.e. they usually drew pistols): precisely so that they would not have to use them….Nevertheless, the war that the state and the Brigate wanted was as far away as possible from the aims, the reality, the ideas, the style, the creativity, the desires of the Movement - the war, the "lead years", were both the cause and the consequence of the Movement's downfall.
[...]
Autonomia made it clear that communism is not a programme or an end: communism is a process that happens here and now. Revolution is not only possible, it is necessary.
The liberation of desires, the revolution of the workplace, the radical reduction of working hours, the reservations, the expropriations, the cultural revolution of feminism, the transformation of life, the mass development of lifestyles that denied the reduction of life to wage labour, the commodification of the body, the hierarchical model of communication, competences and performances… all this was in many ways far more dangerous for the capitalist system than armed struggle.
Our world today is precisely the tragedy that came out of the fall of the Movement, the era of capitalist reconstruction that criminalised resistance, marginalised contradictions and normalised malaise in the world of capital.
[...]
Autonomy has become the deification of individual enterprise, the drastic reduction of wage labour has become the subordination of the totality of our lives to the logic of value production, the harsh critique of culture has become an all-encompassing lack of culture, ignorance and cynicism.
The collective experience of the rejection of wage labour, the practical ways of being outside capitalist society, boomeranged back after the defeat: automation, reconstruction, unemployment, flexibility, precariat, the end of the working class… The end point of the "trend" was not the last hours of wage labour (or the "de-socialisation" of work), but the bizarre, terrifying reality of a working society based on less and less work.
The autonomy of the class became the flexibility of capital - but this was of course a consequence of the defeat of the Movement, not of its very existence (as quite misinformed people believe about the relationship between '68 and neoliberalism).
[...]
Meanwhile, in the labyrinths of the big cities, silence, loneliness and helplessness reigned. The same meaningless words poured from the mouths of serial politicians on television screens. The eighties had begun.
The years of cynicism, opportunism and fear.
And we have not even mentioned what has happened since then.
We have perhaps done our duty of commemoration here, as they say: 'without myths and without nostalgia, except for the nostalgia we feel for the future'.
For our patient readers should never forget: 'Settantasette, la rivoluzione che viene'. Seventy-seven, the revolution to come.
1977 is but the memory of what could be the next episode in the class struggle.
from Il Caimano, d. Nanni Moretti, 2006
Autonomia showed what could be possible - it is no coincidence that after the debacle there was such a strong sense of disillusionment, which (as usual) sooner or later led to indifference and then regression. If you think about it, Italy's next two decades were dominated by Andreotti, Bettino Craxi and Berlusconi - few countries in the western half of the continent have been lower. Perhaps nowhere. And perhaps this is also the reason for today's Italian disaster: while other countries where anti-fascism is a national tradition (Greece, Spain, Portugal, France perhaps the borderline case) are quite well resistant to the current fascist wave, there is not much left of the Italy of Bella ciao (or what remains is a cultural enclave - but that they also have elsewhere).
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aforismidiunpazzo · 4 years ago
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Accadde Oggi: 22 Febbraio 1980
A Roma, Valerio Verbano, studente di 18 anni vicino agli ambienti dell’Autonomia Operaia, viene ucciso con un colpo alla nuca da tre neofascisti che lo attendono a casa sua, dopo esservisi introdotti e aver immobilizzato i genitori.
Continua su Aforismi di un pazzo.
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