#Club di Milano
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Discoteche Milano: La Guida Completa alla Movida Milanese
Milano è famosa non solo per moda e design, ma anche per la sua movida milanese. Questo articolo ti mostra le migliori discoteche Milano e locali notturni Milano. Troverai il posto perfetto per divertirti e vivere momenti speciali, indipendentemente dal genere musicale che ami. Imparerai a scegliere il locale giusto per le tue serate in discoteca Milano. Esplorerai i quartieri più affascinanti e…
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visto un video quiz di coppia di girù e pavà sul sito uefa e devono indovinare l'inno ( fratelli d'italia ) girù ha dato la risposta quando il nostro bellissimo e reattivissimo difensore stava ancora elaborando la domanda, è un po' rinco gli voglio bene
(però chiellini l'ha indovinato subito quindi patente azzurra non ritirata dai)
#“non la sapeva” “sì che lo so ma fammela ascoltare” cmQ ragazzi ora che girù non è più nel club peggiore di milano forse forse sapete che#mi sta simpatico#non al livello di chiedere le gif in giro come successo alla povera simo perché a quell'ask mi sono cjnvhfdgsahu che ridere#però dai
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Serie A1 Tigotà - Due notti alla fine del girone d'andata, sprint finale per l'accesso in Coppa Italia
MILANO. Roma, Vallefoglia, Firenze e Busto Arsizio si giocano la qualificazione ai Quarti di Finale, Trento e Pinerolo in campo nell’anticipo del venerdìA ridosso delle festività natalizie arrivano le ultime due notti del girone d’andata della Serie A1 Tigotà. Soprattutto la serata di domani, sabato 23 dicembre, con sei partite in contemporanea alle 20.30, risulterà decisiva per l’accesso…
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“Infanzia e autismo” al centro della serata Lions Club Milano Marittima 100
Un GRAZIE di cuore agli amici del LIONS Club di Milano Marittima per avermi ospitata ieri sera per la presentazione della mia pubblicazione “L’AUTISMO visto da una Prospettiva Diversa” – La Storia di successo di Cesare – scritta a quattro mani con l’amico e collega Autore Giovanni Tommasini.
#Lions Club Milano Marittima#Alessandra Maltoni#Dr. Salvatore Trigona#maria teresa de donato#L'Autismo visto da una prospettiva diversa#giovanni tommasini#la storia di successo di cesare#cesare
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Automobile Club di Milano. 1905. Dessinateur inconnu - source Swann Galleries.
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Stasera mio figlio va all’Inter club della nostra città a vedere il derby. Il papà di un suo compagno è socio e li porta lì con lui. Mio figlio indosserà la maglia originale dell’ Inter comprata all’Interstore di Milano e la felpa dell’Inter presa a una bancarella a Sansiro e ovviamente porterà un sacco di tifo. Astenersi uccelli del malaugurio 😂
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Maldini: “Milan senza amore e ideali. La storia non si cancella”
di Enrico Currò
Paolo Maldini, perché ha aspettato quasi 6 mesi per rompere il silenzio dopo il suo licenziamento e quello del ds Massara?
“Perché avrei parlato troppo di pancia. Ma ora è maturo il tempo per analizzare quanto è accaduto con quella serenità che la distanza temporale permette. Mi piace essere onesto e prendermi le mie responsabilità, ma vorrei che le cose venissero considerate nella loro effettività e valutate nella maniera giusta. Farei subito una premessa”.
Prego.
“Sarò per sempre grato a Leonardo, che mi ha chiamato nel 2018, al fondo Elliott, che mi ha fatto firmare il primo contratto e a Redbird che me lo ha rinnovato, anche se con qualche difficoltà. In questi 5 anni ho imparato tanto, ho avuto relazioni personali e professionali che mi porterò dietro per sempre e sono anche cresciuto in un ruolo completamente diverso, il che non era scontato: la regola è che spesso il grande calciatore non riesca a fare quel salto di qualità. Ci sono persone che sono di passaggio in istituzioni come il Milan, nel mondo dei club di calcio di profilo internazionale, e che non hanno un reale rispetto della sua identità e della sua storia. Non sono incaricate e non si muovono per dare una visione per le nuove generazioni di tifosi. Spesso sono manager che vengono a lavorare in un grande club di grande prestigio e popolarità anche per migliorare il proprio curriculum e poi andare da un’altra parte. Per contro, invece, ci sono persone che hanno a cuore tutte queste cose, molto più a lungo termine e molto più legate agli ideali che il club, nel corso della sua storia, ha insegnato a tanti, sul campo e fuori. Purtroppo, nel calcio professionistico moderno, la popolazione della prima tipologia di persone sta diventando sempre più numerosa. Io credo che bisognerebbe tenersi stretto chi è portatore di ideali e orienta il proprio lavoro per salvaguardarne valori e identità”.
Non si aspettava il divorzio?
“Se il Milan è stato venduto a 1,2 miliardi di euro e la proprietà vuole cambiare l’organigramma, ne ha il diritto. Anche in questo caso, però, le modalità sono importanti e tante cose non sono andate come sarebbe stato doveroso, per rispetto delle persone e dei loro ruoli. Ho dovuto discutere per trovare un accordo e per non rinunciare ai miei diritti, ma avevo detto subito all’ad Furlani che l’ultima cosa che avrei voluto era un contenzioso con il club: vi rendete conto, gli ho spiegato, che sarebbe la seconda causa di una leggenda del cub al gruppo proprietario del Milan in due anni, dopo quella (persa!) con Boban? Una cosa è certa: il mio amore per il Milan sarà sempre incondizionato. Da figlio di Cesare. Da ex capitano. Da papà di Christian e Daniel, che al Milan sono passati. E poi anche da dirigente: sono stati cinque anni fantastici”.
A giudicare dai cori per lei, nello spettacolo teatrale di Giacomo Poretti cui ha preso parte a Milano, il pubblico ha capito.
“Spesso si pensa che il pubblico non capisca e che si faccia condizionare dalla comunicazione, magari studiata a tavolino, ma per fortuna così non sembra. È inutile nascondere che tutti quelli che hanno avuto a che fare con la galassia Milan in questi anni siano stati indirizzati nel veicolare sui media compiacenti una certa storia: chi dice il contrario sa di mentire a se stesso. Io ho pensato agli interessi esclusivi della squadra (e perciò del club, dal momento che la squadra rappresenta l’asset principale di una società sportiva), credendo che i risultati avrebbero avuto la meglio su una narrazione proposta senza curarsi del fatto che corrisponda o meno alla realtà. E la verità è che spesso ex calciatori come me, Boban e Leonardo, hanno sempre esercitato il proprio ruolo in piena autonomia di giudizio, ma senza mai travalicare i rispettivi ambiti di competenza. Aggiungo che questa indipendenza deve sempre contraddistinguere noi stessi, che quasi certamente non potremmo farne a meno, anche quando assumiamo ruoli o responsabilità manageriali. Si chiama, se non sbaglio, professionalità”.
Secondo Gerry Cardinale, l’azionista di controllo del Milan, lei era un individualista, allergico al lavoro di gruppo.
“Appunto, direi che confonde l’individualismo con la volontà di essere responsabile nel prendere le decisioni previste dal mio ruolo e magari nel pagarne le conseguenze, trascurando peraltro le prerogative che il contratto, che lui ha firmato, mi attribuiva. Io non mi sono mai sottratto al confronto: il confronto quotidiano stimola l’ingegno e apre a visioni diverse. Siamo spesso circondati da persone che ci danno sempre ragione: avere amici o colleghi che sfidano le tue certezze è una benedizione. In questi cinque anni ho capito che la capacità di assumere e gestire responsabilità personali, cioè individuali, non è così comune. Chi ha giocato a calcio ad alto livello ha meno paura di fallire, essendo stato giudicato per tutta la vita ogni tre giorni. Questo rappresenta un grande vantaggio e ha un grande impatto su un’azienda, ma può non essere gradito a chi non è aperto al confronto e non condivide neppure l’idea anche di rispondere dei propri errori, che per me è normalissima, sana, dialettica di ogni gruppo dirigente che si rispetti. Io ho sempre voglia di imparare: alcune cose del passato, ad esempio alcune critiche al Milan, oggi non le farei più, perché ho capito che cosa vuol dire gestire l’ area tecnica di una società ambiziosa, a livello globale, nello sport professionistico”.
Da che cosa erano dettate quelle critiche?
“Più dal sentimento che dalla ragione e sinceramente dalla poca esperienza: certe dinamiche, fino a quando non sei dall’altra parte, non puoi capirle. Il primo anno l’ho passato ad ascoltare e imparare, era apprendistato. Nei primi 6 mesi mi sentivo inutile, ma Leonardo mi diceva: stai solo imparando. Non è facile avere come interlocutore un fondo americano o un Ceo sudafricano: la mia visione del calcio, rispetto al 2018, è stata stravolta. Ma lo ripeto: non ho mai avuto, né avrò mai paura del confronto”.
E sul mercato?
“È stato veicolato il concetto che io e Massara siamo stati allontanati perché non condividevamo obiettivi e strategie di mercato: niente di più lontano dal vero. Anche da un punto di vista formale. Infatti, se parliamo delle condizioni di ingaggio, non ho mai avuto potere di firma neanche per i prestiti. Ogni giocatore che è stato preso è stato scelto da me, Boban e Massara, ogni scelta condivisa con l’ad e con la proprietà. Ma la firma era sempre di qualcun altro che avallava l’operazione. Più o meno sono 35-40 i giocatori del nostro ciclo e io non ho firmato i contratti per nessuno di loro, neanche per quelli in prestito, perché non avevo il potere di firma, non l’ho mai voluto. Anzi, tante soluzioni proposte non sono state approvate: mi è stato detto di no tantissime volte. Capita. A volte mi dicevano semplicemente di no, a volte veniva ridimensionato il budget. Nelle riunioni sentivo spesso: “Io non capisco niente di calcio”, ma alla fine c’era sempre un però. Non sono nato ieri, ho abbastanza esperienza per capire che sia normale una certa differenza di vedute, a volte anche un’interferenza da parte della proprietà nelle scelte tecniche dell’area sportiva, che poi, nel caso specifico, è il core business dell’azienda, tale da spostare gli equilibri finanziari. Tuttavia essere accusato di non avere voluto condividere non lo trovo affatto giusto. E poi io penso che le proprietà, specialmente se straniere, non abbiano ancora raggiunto una piena consapevolezza di quali siano la mole e il tipo di lavoro svolti all’interno del club dalle varie aree, in particolare da quella sportiva, soprattutto nel mercato italiano. Preciso che tutti i giocatori che sono arrivati sono stati approvati da me: non mi è stato mai imposto niente e nessuno, anche perché me ne sarei andato il giorno dopo. Per lo stesso ingaggio di Zlatan, a suo tempo, erano servite parecchie riunioni”.
A proposito di Ibrahimovic, pensa che tornerà al Milan?
“Non lo so, non conosco i termini della questione, né l’eventuale ruolo, leggo che sarebbe indicato come consigliere personale di Cardinale. Quello che gli posso suggerire è di seguire il mio stesso percorso: all’inizio sarebbe logico osservare e imparare prima di agire”.
Anche se la ferita sarà dolorosa, può tornare a quel 5 giugno fatidico?
“Gerry Cardinale mi ha chiamato per colazione e dopo un commento sull’addio al calcio giocato di Zlatan mi ha detto che voleva cambiare e che io e Ricky Massara eravamo licenziati. Gli ho chiesto perché e lui mi ha parlato di cattivi rapporti con Furlani. Allora io gli ho detto: ti ho mai chiamato per lamentarmi di Furlani? Mai. C’è stata anche una sua battuta sulla semifinale di Champions persa con l’Inter, ma diciamo che le motivazioni mi sono sembrate un tantino deboli. Le cosiddette assumptions, gli obiettivi sportivi ed economici di inizio stagione, erano state clamorosamente superate”.
Quali erano?
“Ipotizzando l’eliminazione dalla Champions, qualificarsi per la Champions successiva e passare un turno in Europa League”.
Il club dava per scontato che in Champions la squadra non avrebbe passato la fase a gironi?
“Erano previsioni molto conservative, che tra l’altro sono stata riconfermate quest’anno anche dopo la campagna acquisti importante di quest’estate. Ma nella scorsa stagione, a livello economico, la semifinale ha portato almeno 70 milioni di introiti in più, oltre all’indotto derivante da sponsorizzazioni e ticketing, settori in cui abbiamo battuto record su record. Non è un caso che poi l’ultimo bilancio porti il segno positivo. Quel bilancio è riferito alla stagione 2022-2023. Siamo andati ben oltre il risultato sportivo, era impossibile imputarmi di non aver centrato gli obiettivi”.
Cardinale eccepiva?
“Cardinale l’ho incontrato di sfuggita in occasione di qualche partita di Champions, ma nell’arco di un anno ho avuto solo una chiacchierata su come andasse la gestione sportiva. Mi ha scritto 4 messaggi per i vari passaggi del turno, senza neanche chiamarmi. La prima cosa che mi ha detto, quando ci siamo conosciuti, è stata che dovevamo fidarci l’uno dell’altro, ancora prima di conoscerci di più, perché non avevamo tempo. Io mi sono fidato e sinceramente come è andata è noto a tutti. Io credo che la decisione di licenziare me e Massara fosse stata presa molti mesi prima. E a posteriori mi vedo costretto a riconsiderare il rapporto con alcune persone, che lavoravano con me e che sicuramente, mi riesce difficile immaginare il contrario, erano già al corrente di quella decisione. D’altronde il contratto, di due anni con opzione di rinnovo, mi era stato rinnovato solo il 30 giugno 2022 alle 22. Credo che all’epoca sarebbe stato troppo impopolare mandarci via, perché avevamo appena vinto lo scudetto”.
Che cosa le disse la società?
“Cardinale voleva vincere la Champions. Io gli dissi che era necessario un piano triennale per pensare a quell’obiettivo e lui mi propose due anni più opzione di uno. In quel momento chiesi due anni: pensavo che ci sarebbe stato tempo, dopo, per discutere di piani. Se poi fosse stato contento, mi avrebbe proposto il rinnovo lui”.
È vero che a febbraio 2023 lei aveva presentato un piano triennale di sviluppo?
“Verissimo. In 3-4 mesi, da ottobre a febbraio, l’ho preparato con Massara e con un mio amico consulente. Erano 35 pagine: raccontavo i 4 anni trascorsi e gli obiettivi, secondo una strategia sostenibile economicamente, ma con la necessità di un salto di qualità”.
Risposte?
“Nessuna. Ho mandato il piano a Cardinale, a due suoi collaboratori molto stretti, con uno dei quali si tenevano call settimanali ogni lunedì alle 18, e all’ad Furlani. Non ho ricevuto alcuna risposta. Forse non abbiamo ascoltato il campanello d’allarme perché eravamo concentrati sulle tante cose che il mio ruolo e quello di Massara prevedono. Dopo avere acquistato circa 35 giocatori ci viene contestato l’ingaggio di De Ketelaere, che peraltro aveva 21 anni, un’età in cui non sempre l’adattamento è immediato. Chi ha giocato a calcio sa che non sempre si è strutturati a quell’età per sostenere un salto così importante come quello fatto da Charles: i ragazzi vanno aspettati, aiutati, coccolati e ripresi, continuamente. Chi pensa che il lavoro dell’area sportiva sia solamente quello di fare mercato sbaglia tutto: allenatori, calciatori e staff hanno bisogno di supporto continuo. Spesso si scommette solo sul talento senza sapere come svilupparlo, gli esempi più lampanti sono Chelsea e Manchester United: grandissimi investimenti sul mercato e gestione insufficiente portano a risultati molto scadenti. Non sempre il talento viene riconosciuto, quando si scommette su potenzialità di ragazzi giovani il rischio di insuccesso è molto alto. Dopo appena 3 mesi di lavoro, Boban e Massara ed io fummo chiamati a Londra da proprietà e Ceo e praticamente esautorati, delegittimati ad esercitare i nostri ruoli, perché i vari Leao, Bennacer e Theo non piacevano. Noi sapevamo che il Leao del Lille poteva diventare una stella, ma che gli sarebbe servito un percorso e la stessa cosa valeva per Theo, Ismael e per tutti quelli che sono arrivati successivamente. Ricordiamo sempre da dove siamo partiti”.
Vuole riassumere?
“Nel 2018-19 avevamo una squadra avanti con gli anni e poco performante, erano ormai sei anni che il Milan non si qualificava per la Champions League. Il valore complessivo della rosa era di circa 200 milioni e il monte ingaggi di 150. La ristrutturazione, con giocatori giovani, è stata fatta in 4 anni con una spesa al netto delle cessioni di 120 milioni, 30 a stagione e 15 per sessione. Il valore della rosa è passato a circa 500 milioni, il monte ingaggi è sceso il primo anno a 120 e poi a 100 per i tre successivi, anche se, come spiegavo nel piano strategico, il taglio degli stipendi aveva portato al mancato rinnovo di giocatori come Çalhanoglu e Kessié, con i quali avremmo avuto un centrocampo tra i più forti d’Europa. Alla fine della stagione scorsa contavamo tre partecipazioni di fila alla Champions, uno scudetto vinto dopo11 anni, una semifinale di Champions dopo 16 e un bilancio in positivo dopo 17 . Se si resta sempre sul filo, basta sbagliare una stagione per rovinare il lavoro fatto in quelle precedenti”.
Qual era il budget per il 2023-24?
“Nelle squadre di calcio in genere la previsione di budget va affrontata intorno a marzo, ma il mio settore, tra l’altro il più importante, era l’unico per il quale non se n’era ancora parlato. Più volte ho chiesto un incontro per parlare di numeri e strategie, dato che non si può aspettare giugno per programmare il mercato. Poi, 4 giorni prima del licenziamento, Furlani mi ha comunicato molto imbarazzato che il budget sarebbe stato molto basso. A prescindere da come è finita, io sono contento per il Milan e i suoi tifosi per almeno due cose: il budget di spesa sul mercato, dopo la nostra partenza, è finalmente raddoppiato, al netto cioè della cessione di Tonali, e il monte ingaggi è finalmente cresciuto, in linea con il piano che avevamo inviato. Il nostro documento strategico deve essere diventato improvvisamente fonte di ispirazione!”.
Avreste mai ceduto Tonali?
“Avremmo fatto tutto il possibile per non lasciarlo andare via, anche di fronte a un’offerta così importante. Non siamo mai stati totalmente contrari alla cessione di uno dei nostri calciatori importanti, ma non c’era neanche una reale necessità. Mi piace ricordare che spendemmo per acquistarlo una cifra pari a circa un quinto del valore di cessione di dominio pubblico e che anche in quel caso dovemmo discutere animatamente con Ceo e proprietà: nessuno di loro voleva comprarlo, neanche l’area scouting”.
Poi Tonali è incappato nel caso scommesse.
“Sono rimasto scioccato. Mi dispiace: non mi sono reso conto del suo disagio. Questo mi fa capire una volta di più che non si fa mai abbastanza per cercare di gestire e capire questi ragazzi. È una sconfitta anche per noi quello che è successo a Sandro”.
Colpa dei social?
“Ai giocatori dicevo spesso di distinguere la vita reale da quella dei social, anche quando si sentono attaccati e offesi da un mondo senza regole. Si deve aspirare a qualcosa di più radicato e profondo, anche se il “sentiment”, una parola che ho sentito spesso a Casa Milan e che mi fa sorridere, magari è un altro. Di sicuro, come abbiamo detto precedentemente, acquisti e cessioni sono solo una piccola parte del lavoro dell’ area sportiva”.
Qual è quello meno appariscente?
“Il lavoro con i giocatori. Con Leao, Theo Hernandez, Bennacer, Maignan, Kalulu, Thiaw, Tomori e molti altri, il vero lavoro è stato supportarli nel loro sviluppo. Se noi pensiamo che i giocatori non abbiano bisogno di supporto, sbagliamo. Sinceramente, quando oggi leggo che Theo e Leao sono il problema del Milan, dico che al mondo si può davvero raccontare tutto e il contrario di tutto: sono due campioni, ma la loro crescita non è ancora completata e necessitano di qualcuno che li aiuti. I giocatori hanno bisogno di tempo per maturare e di persone che parlino con loro: è anche il bello del nostro lavoro, è il frutto della nostra esperienza. Spesso ho fatto mente locale, pensando a me quando ero calciatore: allora non si usava, ma avrei avuto tantissimo bisogno di supporto. D’altronde, se l’equazione tra la spesa sul mercato e il risultato fosse corretta e infallibile, Psg, Chelsea e Manchester United avrebbero vinto tutto più volte”.
Nel Milan attuale manca una figura del genere: tutto ricade sulle spalle di Pioli.
“Innanzitutto Stefano andrebbe ringraziato sempre dai tifosi milanisti, il suo lavoro è stato fondamentale per la crescita dei giovani calciatori che sono arrivati al Milan, li ha fatti giocare e li ha aiutati a diventare quello che sono adesso, è stata una figura chiave delle nostre fortune. Vorrei ricordare però che l’allenatore è una tra le persone più sole del mondo del calcio. Dargli compiti che esulano dai suoi lo renderà sempre più solo, se non verrà supportato”.
Avrebbe voluto sostituire Pioli con Pirlo?
“Il ruolo di responsabile dell’area tecnica nel settore sportivo impone di avere incontri e confronti frequenti. Sono un momento di crescita generale, se avvengono con toni rispettosi, come è sempre successo. Ci stavamo già confrontando per la stagione successiva. Siamo stati noi a rinnovare il suo contratto fino al 2025, perché lo meritava. Se ci fosse stata, come negli anni passati, un’unità di intenti e visioni con gli obiettivi societari, non vedo perché l’avremmo dovuto cambiare”.
Il presidente del Milan, Paolo Scaroni, ha dichiarato che senza di lei adesso il gruppo di lavoro è unito.
“Mi dà fastidio come si raccontano le cose. Il Milan merita un presidente che faccia solo gli interessi del Milan, insieme a un gruppo dirigenziale che non lasci mai la squadra sola. La condivisione e il supporto sono principi da attuare nei momenti belli come in quelli brutti. In questi anni non ho mai percepito una chiara condivisione di che cosa voglia dire lavorare di squadra: non mi ha mai ha chiesto se ci fosse stato bisogno di due parole di incoraggiamento ai giocatori e al nostro gruppo di lavoro, in pubblico o in privato. Mai ho ricevuto supporto nei tanti momenti difficili. Anzi. In tribuna l’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico. Mentre me lo ricordo puntualissimo in prima fila, quando abbiamo vinto lo scudetto: per questo non so che cosa si sia voluto dire con l’espressione “gruppo unito senza” di me. Ma è evidente che io ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire che la stessa cosa è avvenuta anche con i due Ceo Gazidis e Furlani”.
Che cosa pensa dei famosi algoritmi?
“La narrazione su questo tema mi ha fatto un pochino sorridere: non c’è bisogno di scomodare gli algoritmi per prendere Loftus-Cheek, Pulisic e Chukwueze, basta utilizzare per il mercato i soldi che una società che finalmente fattura 400 milioni merita. Non si possono paragonare le quattro annate precedenti con l’ultima, abbiamo combattuto sul mercato con armi diverse, ma mi fa piacere che adesso non ci sia più il freno a mano tirato. Detto ciò, abbiamo sempre utilizzato l’intelligenza artificiale, strumento ormai indispensabile in qualunque attività, senza tuttavia pensare ragionevolmente che una società sportiva possa essere gestita da un algoritmo. Le molteplici variabili del calcio non lo consentirebbero. È forse per questo che ancora questo sport appassiona milioni di persone”.
Lei ha detto di avere imparato ad apprezzare la cosiddetta sostenibilità.
“Sì, è stata una sfida. La sostenibilità mi ha conquistato: avevamo poche possibilità di riuscita, ma è stato molto sfidante tagliare del 30% il monte ingaggi, rinnovare la rosa e aumentare il valore dei calciatori arrivando allo scudetto e a 3 anni di Champions, dopo 7 senza. L’ho fatto con Boban e Massara, attraverso condivisione di principi, di conoscenza ed esperienza, e utilizzando anche strumenti, legati alle statistiche, che io e Zvone conoscevamo meno rispetto a Ricky. Pensiamo che siano parte di una decisione finale che deve essere presa da persone che abbiano una visione completa”.
Il nuovo stadio è davvero così centrale per il salto di qualità?
“Lo stadio è stato un motivo di scontro. Io non potevo mettere la faccia su un progetto da 55-60 mila posti, quasi tutti corporate e con pochissimi biglietti popolari. Non potevo lasciare un’eredità così alle nuove generazioni milaniste. Non potevo supportare questo piano. Ho lottato per fare capire che serviva uno stadio più grande e con parte di posti accessibili a tutti. La media di oltre 70 mila spettatori a San Siro, la scorsa stagione, dimostra che avevo ragione”.
Qual è la sua idea?
“Un nuovo San Siro moderno e accogliente è fondamentale. L’idea che lo stadio nuovo dia 80 milioni in più da investire sul mercato è da rivalutare, come dimostrano i numeri della stagione scorsa. Quando raccontavo le potenzialità e l’unicità che ha il Milan rispetto ad altri club, probabilmente suscitavo ilarità. Ma io so che è così. Se ci fosse la possibilità, e in questo il sindaco è assolutamente responsabile, lo stadio lo farei a San Siro, magari ancora con l’Inter. Dopo 5 anni non solo non c’è il primo mattone, ma non sappiamo neanche dove si farà lo stadio: non mi sembra un gran successo. Quella del nuovo San Siro sarebbe anche una grande occasione per la rivalutazione dell’area: è verde destinato ai cittadini di una zona di Milano che rischia l’abbandono. Milano, negli ultimi 10 anni, è ridiventata trainante in Europa perché abbiamo superato vecchie barriere mentali. Dobbiamo avere paura del degrado, non del futuro. L’attuale San Siro è iconico, ma rendiamoci conto che sono stati i grandi campioni che ci hanno giocato a renderlo tale. È ancora fantastico dal punto di vista sportivo, ma serve una nuova storia: il passato è passato, Milano ha sempre guardato al futuro”.
Nel passato il Milan aveva molti più giocatori italiani.
“I ragazzi italiani devono avere più coraggio, devono darsi una mossa. Se occorre, devono andare anche a giocare di più all’estero, dove i giovani vengono buttati nella mischia. Li fanno giocare e loro devono dimostrare di essere all’altezza. In Italia li teniamo spesso nella bambagia”.
Conferma di avere pensato a Messi?
“Confermo che ci abbiamo pensato. Dopo il Barcellona era libero e il club ha fatto fare una proiezione sull’indotto del suo ingaggio. Era un’operazione fattibile, ci avrebbe aiutato il decreto crescita. Ne valeva la pena. Ma quando ho sentito Leonardo, ci ha detto che l’affare col Psg era già molto avanti ed è rimasta solo un’idea”.
Paolo Maldini dirigente in Arabia Saudita: è solo una suggestione?
“Per il mio lavoro le alternative al Milan sono molto limitate. Non potrei mai andare in un’altra squadra italiana, eventualmente valuterei solo l’offerta di una squadra straniera di alto livello. A me piace vincere e costruire. L’Arabia potrebbe essere una opzione stimolante, chissà”.
Resterà nel board Uefa di ex campioni e allenatori per le riforme tecniche del calcio?
“Sì. L’idea di Boban è azzeccata. Continuerò. Nel confronto tra arbitri, capi arbitri, ex calciatori e allenatori su determinate regole, mi ha impressionato la quasi unanimità dei calciatori, con grande sorpresa degli arbitri. Il distacco è evidente, la prospettiva è diversa, il calciatore capisce l’intenzionalità del gesto. L’esempio è il fallo di mano: il 95% di allenatori ed ex calciatori la pensavano alla stessa maniera. Io sono per interrompere le partite il meno possibile: lo spettacolo non è interrompere, però si deve imparare ad accettare anche l’errore. Quanto agli infortuni, si gioca troppo, ma la voce del calciatore non viene mai ascoltata”.
Dai 10 ai 41 anni al Milan da giocatore, dai 50 ai 55 da dirigente: la storia si è davvero interrotta?
“Non so, il legame è troppo forte e tale resterà per sempre: la storia non si può cancellare. Non credo che da dirigente avrei lavorato da un’altra parte. Non avrei iniziato altrove a fare il dirigente, 9 anni dopo avere smesso di giocare. Non stavo aspettando l’offerta, la vita andava avanti. C’era stato qualche abboccamento con Barbara Berlusconi e poi con Fassone e Mirabelli. Se fossero arrivate le giuste condizioni, avrei forse accettato e così è stato con Elliott. Io voglio solo dire grazie alla vita che mi ha dato questa opportunità e al Milan che per l’ennesima volta mi ha dato la chance di fare qualcosa che mi ha dato una soddisfazione personale, relazionale, che mi ha riempito il cuore. Provo affetto per quello che è stato costruito, per i ragazzi che abbiamo preso e plasmato, per i loro genitori. Ho ricordi indelebili con persone di alto livello morale: Leo, Zvone, Ricky, Virna, Angelo, Marina e Antonia, solo per citarne alcuni, anche gli altri sanno che rimarranno sempre nel mio cuore”.
Poi è arrivato il 5 giugno.
“E adesso leggo la rappresentazione di una nuova era, di un Berlusconi 2: un ripassino della storia italiana, politica e imprenditoriale degli ultimi 40 anni, forse farebbe bene a tutti. L’ho detto quel giorno stesso, prima del mio congedo: oggi comandate voi, ma per favore rispettate la storia del Milan”.
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Frosinone: La passeggiata benefica "Walk for the cure" contro i tumori al seno
Frosinone: La passeggiata benefica "Walk for the cure" contro i tumori al seno Si terrà domenica 27 ottobre con partenza alle ore 10 dalla Villa comunale di Frosinone la "Walk for the cure", la passeggiata benefica a sostegno di Komen Italia organizzata da Inner Wheel – club Frosinone Fiuggi, patrocinato da Provincia e Comune di Frosinone il supporto della Asl di Frosinone.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Foto d'archivio Italia tra '800 e '900
a cura di Maria Raffaella Flory Ceccopieri e Giuliano Manzutto
scritti di Cesare Zavattini e Paolo Monti
Touring Club, Milano 1979, 224 pagine,121 fotografie b/n, 23,5x31,7cm, ISBN 9788836501465
euro 25,00
email if you want to buy [email protected]
Antologia di antiche immagini tratte dalla fototeca del Touring Club Italiano che consentono di leggere alcuni aspetti del nostro paese di ieri. Con in fascino dell’immediatezza, le pagine di questo volume hanno la capacità di ricreare l’atmosfera di un’epoca, il suo stile e il suo costume
15/01/24
#Foto d'archivio#fototeca Touring Club Italiano#antiche immagini#photography books#fashionbooksmilano
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CARA "PAOLA EGONU..."
(...le spiego io che cosa fa veramente schifo)
di Mario Giordano
(da 'La Verità' del 6 febbraio 2023)
_______________________________________________________________
"Cara Paola Egonu,
le sono vicino per tutte le indicibili sofferenze che ha subito nella sua vita. E che ha denunciato nell'intervista a 'Vanità Fair', invocando addirittura l'apocalisse (testuale: "Mondo di m. Spero che arrivi l'Apocalisse").
Ma resto un po' perplesso quando lei si chiede se "vale la pena far nascere bambini e condannarli all'infelicità", aggiungendo che non vuol far vivere a suo figlio "tutto lo schifo che ho vissuto io".
Resto perplesso perché lo trovo offensivo nei confronti di tutte quelle mamme che, proprio ora, in questo momento, stanno mettendo al mondo figli in una situazione almeno tanto difficile come la sua.
Magari sotto le bombe in Ucraina. O in un villaggio sperduto dell'Africa. O anche soltanto in un quartiere della periferia di Milano dove non si arriva a fine mese.
Capisco che per lei sia più dura che per tutti gli altri per via della pelle nera.
Ma le assicuro, per riferirmi ai gravi episodi di razzismo denunciati nella sua intervista, che anche a me è capitato di ricevere un caffè freddo al bar e persino di rimanere chiuso fuori dalla banca, pur essendo colpevolmente bianco.
Per solidarietà nei suoi confronti, comunque, sono andato a rivedermi per intero "lo schifo" da lei vissuto nei suoi primi 24 anni:
-a 14 anni è entrata nel Club Italia
-a 15 anni ha avuto la cittadinanza italiana e la serie A2
-a 16 anni la serie A1 e la nazionale italiana
-a 18 anni è stata premiata come miglior giocatrice italiana
-a 19 anni come miglior giocatrice europea
-a 21 anni ha lavorato in un film della Disney
-a 22 anni ha presentato 'Le Iene' in prima serata TV ed è stata portabandiera olimpica
-a 24 anni sale sul palco di Sanremo.
Ha vinto due scudetti, due Champions League, cinque Coppe Italia, quattro Supercoppe, un Campionato Mondiale di Club, un oro alla Nation League, un oro agli Europei, un bronzo e un argento ai Mondiali ed è stata nominata Cavaliere della Repubblica.
Per essere uno "schifo" non c'è male.
Per carità tutto meritato, tutto conquistato. Ma, vede, siccome studia psicologia, le consiglio di pensare l'effetto che possono fare le sue parole sulle persone meno fortunate o meno dotate di lei.
Con tutto il rispetto per le difficoltà che lei ha incontrato, se la sua vita è "uno schifo" che cosa dovrebbe pensare una ragazzina nata paraplegica e inchiodata alla sedia a rotelle? Ne ho incontrate tante sa?
Nessuna di loro ha mai messo in dubbio l'importanza della vita.
In genere mi hanno regalato un sorriso.
E poi le chiederei un po' di rispetto anche per questo nostro mondo, prima di invocare l'apocalisse. Lo hanno costruito i nostri vecchi, con il loro sudore, e fa male vederlo disprezzato così da lei.
Mio nonno Lello, per esempio, ha cominciato a lavorare a 7 anni, ha faticato fino a 80, si è spaccato la schiena in fabbrica e nei campi, ha costruito case, piantato alberi e vigne, non si è fermato neppure quando la malattia lo costringeva a camminare con due bastoni fra atroci sofferenze.
Ebbene: non gli ho mai sentito dire che la vita era uno schifo. Mai. E ha accolto ogni nipote come una gioia infinita.
Questa è la differenza fra lei e lui, non il colore della pelle, mi creda."
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Fortescue si era lanciato a modellare un'altra delle sue ben tornite costruzioni di parole (Virginia Woolf, Notte e giorno, Milano, Club degli Editore, 1970).
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Trovo sempre bello immergermi in storie e canzoni che magari non sono propriamente mie ma comunque mi fanno sentire lo stesso parte di qualcosa. Prima dell’inizio della pandemia non sapevo niente di rap e così ho voluto dedicare quell’immenso tempo libero per cominciare a conoscere qualcosa - seppur in minima parte, ovviamente. Ho guardato documentari, ho letto storie, ho ascoltato l’origine di questo genere e ogni giorno sempre di più ha cominciato a fare parte della mia vita, forse accentuato dal fatto che vivo a Milano. Ho assistito a diversi concerti ma questo di stasera ha sancito sia un ritorno storico, i Club Dogo, sia la mia (seppure sempre minima) “appartenenza” a questo genere. Il rap ho imparato ad apprezzarlo, capirlo e giudicarlo lentamente, moooolto lentamente e alla fine ho capito che è il modo più diretto per vomitare tutto quello che hai in pancia, perché molto spesso abbiamo bisogno solo di questo.
“Mi avevan detto questo ghiaccio non lo scioglierai
Le tue strade saran sempre più fredde
è un compromesso come il cash che non basta mai
Le tue tasche saran sempre più strette.
Ma io mi sento come il sole che tra poco esploderà
E intanto brucia ancora
Mi avevan detto che sarebbe passata con l'età
Invece brucia ancora”
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Lettera aperta allo psycorettore dell’Università Bocconi.
All’ Esimio Magnifico Rettore della Università di Milano Bocconi Professor Francesco Billari.
Pregiatissimo , Chiarissimo ac reverendissimum Signor Dottor Professor Billari , Le scrivo riguardo alla sospensione di sei mesi e alla condanna a 200 ore di volontariato che il Suo prestigioso Ateneo ha inflitto ad alcuni studenti rei di avere criticato e canzonato sui social la Vostra decisione di dotare di servizi igienici gender-free l’Istituto da Lei diretto.
Premetto che non La tedierò sulla libertà di espressione, perché so che dalle Vostre parti (a sinistra) la stessa è ammessa e difesa strenuamente solo quando ci si esprime come Vi confà.
Non Le ricorderò neppure che sino a qualche decennio fa nelle università italiane esisteva la goliardia e se i Suoi colleghi di allora, avessero applicato i Suoi metodi contro il sarcasmo, sarebbero stati costretti quantomeno a fare commissariare dal Mossad l’intero Ateneo.
Quello che mi invece mi sorprende e che le vorrei sommessamente evidenziare è che in una delle Università più rinomate del mondo per lo studio delle materie economiche si prendano decisioni in spregio a quelle che sono le regole base del mercato e di una Società ad ordinamento capitalista.
Mi spiego.
Innanzitutto è sorprendente che si puniscano degli studenti perché dissentono su come vengono spesi i soldi delle loro rette. Un po’ come se il Presidente del CDA di una S.p.A. espellesse dall’Assemblea degli Azionisti quelli che sollevano critiche alla gestione aziendale o come se il Commodoro di uno Yacht Club mettesse “i sigilli” alle barche di soci che hanno avuto qualcosa da eccepire sulle spese del circolo. Ricordi che Lei con quelle rette si porta a casa la pagnotta di Peck!
Secondo. Pare che la decisone dei bagni “gender neutral” sia stata da Voi presa a seguito delle lagnanze di un singolo studente (o studentessa, o studenta….non so a che punto della transizione esso/ella sia adesso o se si senta oggi uomo, donna o cavallo) che si lamentava perché veniva osservato/a/ə con scherno, sia nei servizi igienici degli uomini, che in quelli delle donne
Ora prima cosa che meraviglia è che una persona che sta facendo un percorso di transizione di genere, che quindi non passa certamente inosservata, abbia subito tali “sguardi omofobi” solo ed esclusivamente nei servizi igienici e non nelle aule, nei corridoi e in tutti gli altri spazi comuni della Vostra Università.
Quindi, a mio modesto parere, Esimio Signor Professor Rettore , il Suo Ateneo spendendo migliaia di euro degli studenti e dei contribuenti italiani non ha fatto( o ha fatto sommariamente) il calcolo dei “costi benefici” per questo “investimento”. E ciò per due ragioni: la prima che su migliaia di studenti quelli che si fanno tali seghe mentali per questi presunti “sguardi omofobi” si contano sulle dita della zampa di una gallina e poi se volevate veramente essere sicuri di evitarli , per fare un “lavoro fatto bene” e fugare la possibilità di ogni “sguardo, omofobo”, avreste dovuto costruire un padiglione separato per ogni lettera dell’acronimo LGBTQI. Sempre sperando che nel contempo non avessero aggiunto un’ulteriore lettera!
E converrà sicuramente che il calcolo “costi benefici” è una colonna portante della gestione aziendale, attività che in futuro la più parte dei vostri studenti, sarà chiamata a svolgere.
Quindi anche spendendo decine di migliaia di euro per una singola denuncia, comunque il “problema di omofobia ” non lo avete risolto.
Infine mi permetta di ricordarLe che i bagni separati non servono tanto per proteggere l’intimità dei due sessi biologici, io per esempio dopo decenni di frequentazione degli stessi non ho mai visto nessuno (mi scusi il francese) cagare. I bagni separati servono principalmente perché i maschietti fanno la pipì in piedi e notoriamente non alzano l’asse e puntualmente mancano il buco, mentre le femminucce la fanno sedute e giustamente sclerano perché noi maschietti ci dimentichiamo sempre di alzare la tavoletta.
Concludendo se mi avesse consultato prima le avrei proposto una soluzione molto più economica: mantenere solo due bagni e cambiare con pochi euro solo le targhette.
Scrivendo su una:
Servizi per uomini, donne, LGBTQI-4KFULLHD con il PISTOLINO.
E sull’altra:
Servizi per uomini, donne, LGBTQI-4KFULLHD con la PATATINA.
La ringrazio per l’attenzione e porgo i più...
Distinti Saluti.
Alberto Mascioni.
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“ Fuori continuano a sfilare, genitori e bambini. Ma perché diavolo B è venuto a trovarmi? “Perché non sfili anche tu?” chiedo. “È pure il tuo dovere.” Sogghigna. “Mi sono dato ammalato.” I nostri sguardi s’incontrano. Ci capiamo, dunque? “Non ti tradirò,” dico. “Lo so.” Che cosa sai? penso. “Non mi piace più sfilare e neppure mi va questa storia del comando. Il primo venuto ti riempie la testa di urla semplicemente perché ha due anni più di te. E quei discorsi... sempre gli stessi, pure stupidaggini.” Non posso fare a meno di ridere. “Spero che sarai il solo, in classe, a pensare così.” “Oh, no, siamo già quattro.” “Quattro di già? Da quando?” “Ricorda, professore, quando ha parlato dei negri, in primavera, prima di partire per il campo? Abbiamo tutti firmato che non la volevamo come professore, ma io l’ho fatto dietro comando. Perché lei aveva ragione, naturalmente, per i negri. E poi ce ne sono stati altri tre che si sono espressi nello stesso modo.” “Chi?” “Non lo posso dire, è proibito dal nostro codice.” “Quale codice?” “Abbiamo formato un club. Vi aderiscono altri due, ma non del liceo. Uno è apprendista fornaio, l’altro è un fantino.” “Un club?” “Sì, ci riuniamo settimanalmente, e leggiamo tutto ciò che è proibito.” “Ah, ah!” Che cosa diceva Giulio Cesare? Di nascosto si legge, ma soltanto per riderne. Il loro ideale è il dileggio. Andiamo verso tempi freddi. Domando a B: “Allora vi riunite per ridere di tutto, eh?” “No, l’ironia è severamente proibita dal paragrafo 3. Sì, ci sono dei ragazzi che ridono di tutto, per esempio T, ma noi non siamo di quelli, ci riuniamo per discutere su quello che abbiamo detto.” “E poi?” “E poi parliamo del mondo come dovrebbe essere.” Ascolto. Come dovrebbe essere? Guardo B e rivedo Z. Dice al presidente: “Il professore parla del mondo come dovrebbe essere, non come è.” “
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Ödön von Horváth, Gioventù senza Dio, traduzione di Bruno Maffi, Bompiani, Milano 2003. (Libro elettronico)
[ 1ª edizione originale: Jugend ohne Gott, Amsterdam, 1937 ]
#Ödön von Horváth#Gioventù senza Dio#letteratura tedesca#letteratura tedesca del '900#narrativa#leggere#letture#libri#narrative europea del XX secolo#antimilitarismo#militarismo#storia della Germania#anni '30#giovani#educazione#vita#seconda guerra mondiale#libero arbitrio#antifascismo#etica#citazioni letterarie#razzismo#libertà di parola#umanesimo#libertà di pensiero#umanità#Bruno Maffi#scrittori tedeschi#maestri#pacifismo
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DI MARÍA NOT GETTING CALLED UP TO THE ARGENTINA NT FOR THIS MONTH'S INTERNATIONAL BREAK BECAUSE OF HOW BADLY HE GOT INJURED IN BENFICA VS INTER THE OTHER DAY???? That's IT. This is the FINAL straw. Football Club Internazionale Milano, COUNT your fucking days 🤬🔪💣🏹💥🥊🔥⚔️🧨👊🤺
#inter beating milan 5-1 is one thing but LEAVE di maría ALONE#he's never done anything wrong in his entire life 😭#my poor old man 😔💔#argentina nt#football
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