#Carducci e il ricordo
Explore tagged Tumblr posts
Text
“Alla stazione in una mattina d’autunno” di Giosuè Carducci: Il Dolore dell’Addio e l’Eterna Ombra del Novembre. Recensione di Alessandria today
Un viaggio attraverso il distacco e la malinconia autunnale
Un viaggio attraverso il distacco e la malinconia autunnale Nella poesia Alla stazione in una mattina d’autunno, Giosuè Carducci ci conduce in un viaggio interiore denso di malinconia e dolore, in una mattina plumbea e piovosa che sembra riflettere lo stato d’animo del poeta. Le immagini di fanali fiocamente illuminati, di pioggia battente e di un convoglio che parte nell’oscurità si mescolano…
#addio e partenza#Alla stazione in una mattina d’autunno#analisi letteraria#autunno e malinconia#autunno nell’anima#Carducci analisi#Carducci e il dolore#Carducci e il ricordo#Carducci e la malinconia#Carducci e la nostalgia#classicismo Carducci#classicismo e modernità#Critica letteraria#distacco e dolore#Giosuè Carducci#letteratura italiana#lirica italiana#lirica sul dolore#poesia autunnale#poesia Carducci#poesia d’amore#poesia decadente#poesia del distacco#poesia esistenziale#poesia italiana#poesia romantica#poesia simbolista#poesia su Lidia#poesia sul distacco#poesia sul tedio
0 notes
Text
🍷 𝗘𝗻𝗼𝘁𝗲𝗰𝗮 𝗧𝗼𝗴𝗻𝗼𝗻𝗶. 𝗕𝗼𝗹𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶 Vacanze a Bolgheri? Vi ricordo l' Enoteca Tognoni nel centro di Bolgheri. Appena entrati bellissime pareti di vini dove poter scegliere e portare al tavolo la nostra bottiglia. (Prezzi ottimi). Ambiente ampio, caldo e colorato di parole nei mesi freddi invernali e ampio giardino nel cuore del Borgo nei mesi caldi estivi. Menù tipicamente di piatti toscani. Della terra Toscana. Antipasti di salumi, formaggi crostini caldi e giardiniera (15 €). Primi piatti di cacciagione (14 €) non manca ovviamente la carne, bistecche (5 €/h) tartare (14 €) È aperto tutto il giorno con orario continuato anche per degustazioni di vini e taglieri. 🇬🇧 I tried the Enoteca Tognoni in the center of Bolgheri. As soon as we enter, beautiful walls of wines where we can choose and bring our bottle to the table. (Excellent prices). Large, warm and colorful environment with words in the cold winter months and large garden in the heart of the village in the hot summer months. Typically menu of Tuscan dishes. Of the Tuscan land. Appetizers of cured meats, cheeses, crostini and giardiniera (15 €) First courses of game (14 €), obviously there is no shortage of steaks (5 € / h) tartare (14 €) If you go, try it and let me know, it's open all day long even for wine tastings and platters. 👉 Enoteca Tognoni 📍 Strada Lauretta, 5, Bolgheri. Castagneto Carducci LI ☎️ 0565 762001 💶 35 - 45 € 🍷
CLICCA LINK SOTTO PER FOTO 👇👇👇www.facebook.com/share/p/2JL3xKGvmpZ8cYBG/
0 notes
Text
Posizionato in area pubblica il defibrillatore in ricordo della giovane Alessia Angulo
Posizionato in area pubblica il defibrillatore in ricordo della giovane Alessia Angulo
Livorno, 18 febbraio 2022 Con una breve cerimonia è stato posizionato il primo defibrillatore a Livorno in area pubblica all’incrocio tra viale Carducci e viale Ippolito Nievo. Il DAE (Defibrillatore Semiautomatico Esterno) è stato donato dai familiari di Alessia Angulo, quattordicenne deceduta in seguito ad un incidente stradale a febbraio 2011 e da sette scuole di danza che, coordinate da…
View On WordPress
0 notes
Text
MINIMA IMMORALIA
Era l’autunno del 1991 e le meraviglie potenti dell’internet mi confermano il ricordo di un autunno caldo, sferzato dalle terzine dello Scirocco che accumulava vortici di foglie di platano rossastre, assieme al pino marittimo sfascia-marciapiedi l’albero d’ordinanza della città di Viareggio.
Il papà del tizio che leggeva Il Caprettino durante l’abbattimento delle Torri Gemelle dieci anni dopo (SOLO DIECI?!) aveva appena deciso che friendship ended with Saddam Hussein, now petrolio is my best friend e due o tre mesi prima aveva dichiarato che era cominciata La Prima Guerra del Golfo, solo che essendo dieci anni prima della seconda non aveva messo ‘prima’ davanti a ‘guerra’ (un po’ come se ora dicessi Prima Pandemia Covid... ogni cosa a suo tempo!).
Comunque, siccome ci volevamo scrollare di dosso l’etichetta di fancazzisti alvarovitalisti figli delle stellestrisce anni ‘80 avevamo deciso di occupare il nostro Liceo Classico Giosuè Carducci per protestare-contro-la-guerra™ e caso voglia che io mi ritrovassi fra quelli che avevano appuntato sulla camicia un cartellino con su scritto ‘COSTITUENTE’ e anche se in trent’anni non ho mai avuto il coraggio di chiedere cosa diamine significasse (ora cerco su wikipedia... uh... AH! Quella costituente! LOL) mi ritrovai a far parte di coloro che dovevano guidare LA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA che sarebbe partita dalla scuola fino ad arrivare al Municipio per poi giustiziare tutta la giunta, appendere il sindaco a testa in giù in piazza e prendere il potere.
A mia preventiva discolpa posso dire che mi ero svegliato appena un’ora prima sulla spiaggia senza sapere come ci fossi finito ed ero incrostato di sabbia mista a malessere psico-fisico, quindi arrivai in ritardo al briefing sovversivo e mi infilai quatto quatto e molto stordito nelle prime file che si stavano muovendo verso la sede del Comune.
Suoni di clacson di macchine ferme, cori di protesta che denotavano una certa qual verve versiliese (’LE TESTATE LE VOGLIAMO DI SICURO! QUELLE DI BUSH CONTRO IL MURO!’) e nemmeno l’ombra di un poliziotto in tenuta antisommossa con facce e scudi da oplita (cit.), giusto per dire quanto ci prendessero sul serio.
Arriviamo davanti al Municipio, sento che che la concitazione aumenta ed è a quel punto che mi danno qualcosa in mano e mi spingono dentro. Faccio per prendere un sorso dalla bottiglia di vino che mi avevano allungato ma no... è un megafono.
L’attimo dopo tutta la Costituente (sei stronzi, me compreso) è sul balcone del Municipio e sotto di noi una massa variegata e multicolore di studenti che ancora adesso mi pare di sentire lo smell di teen spirit a base di ormoni e ascelle a malapena purificate.
Laggiù le giacchette e i tailleur d’ordinanza del liceo Classico, accanto le camicie abbottonate al colletto del Liceo Scientifico, più in là le cerate e i berretti di lana del Nautico e sullo sfondo i bomber e le catene di quelli dell’Itis.
Mi sentivo Cyrus nei Guerrieri della Notte.
Silenzio improvviso e occhi puntati sul balcone.
Stavano tutti aspettando che il tizio col megafono dicesse qualcosa.
Io mi guardo attorno per cercare il tizio col megafono e incoraggiarlo a fare un discorso appassionato ma poi mi ricordo che il megafono ce l’ho io ed è troppo tardi per mollarlo a qualcun’altro o far finta che siano scariche le pile.
Mi schiarisco la voce (sento la sabbia mista a vodka da due soldi che si scrosta dalle corde vocali), penso alla tragedia di una guerra ingiusta in una terra così lontana (così lontana che manco sapevo dove fosse) e facendomi ispirare da tutti quei valori che nei miei lunghi 18 anni di vita mi avevano scaldato l’animo e indicato la via, urlo
SUL PONTE SVENTOLA BANDIERA BIANCA!
Se prima di prendere parola avevo creduto che ci fosse stato silenzio, fu in quel momento che dio dovette aver premuto MUTE sul telecomando del mondo, perché tutte le persone si immobilizzarono e sgranarono gli occhi con aria... sconvolta? Delusa? Omicida?
Laudato si' mi' signore per sora nostra morte corporale - pensai.
E poi, con un’unica e compatta voce la folla di studenti mi urlò indietro
E poi fu tutto un picchiare manate di congratulazioni sulle spalle e urla di giubilo al mio indirizzo mentre il corteo riprendeva a sfilare in ogni dove cantando in coro ‘Mister tamburino non ho voglia di scherzare, rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare’ e io che capivo un cazzo meno del solito, mi ritrovai a voler solo pisciare e dormire, preferibilmente non in contemporanea...
...ma evidentemente, dovevo aver fatto la cosa giusta al momento giusto.
Cosa e quale momento me lo sto chiedendo ancora adesso.
37 notes
·
View notes
Text
Per anni mi sono domandata cosa fosse quella villa immersa nel verde e parte del campus universitario di Bari.
Ieri mi sono messa d'impegno e finalmente ho trovato le informazioni.
Villa Sbisá o anche Villa Maria Luisa adesso parte della facoltà di Agraria. È circondata da un giardino e alberi di ulivo sono posti lungo il perimetro. Nel periodo di maturazione le olive cadono sul marciapiedi che costeggia la villa e si rischia di scivolare. Io ho rischiato spesso.
Ho scoperto che in passato quella che un tempo era la campagna di Bari era piena di villini Liberty della ricca borghesia. Purtroppo molte di queste ville sono state abbattute perché private e non sottoposte a vincolo, ma due sono di proprietà dell'università.
L'altra villa di proprietà dell'università è Villa La rocca,sede dell'Accademia pugliese delle scienze.
Altre due Villa Romanazzi Carducci e Villa de grecis sono sale ricevimenti.
Villa Romanazzi Carducci è una sorta di oasi immersa nella città moderna e trafficata.
Ci sono anche dei bellissimi villini che erano stati costruiti per i dipendenti di Postelgrafonici negli anni 20 ma una parte è stata abbattuta nel 1969 per la costruzione di un'arteria stradale.
Pochi di quei villini sono sopravvissuti e fanno capolino tra i condomini.
Prima. Dopo.
Questa era la sede amministrativa della birra Peroni,ora non c'è più perché è stata abbattuta per costruire un nuovo edificio residenziale. Questa la ricordo bene.
3 notes
·
View notes
Text
Ciao a tutti sono scat Chan, oggi vi racconterò una mia esperienza successa quattro anni fa a casa di una mia amica.
Era un giorno di inverno, precisamente dicembre, ero a casa di una mia amica per un compito scolastico, di terza media
Dovevamo fare una ricerca su Giosuè Carducci, quel giorno avevo mangiato del cibo messicano piccante mischiato con due banane e un pollo rinforzante con caffè alla fine, il caffè l ho bevuto di nascosto dato che i miei non volevano che lo bevessi, inoltre non andavo in bagno da due giorni ma mi sentivo bene quindi decisi di prepararmi per il pomeriggio e andare a casa della mia amica,
Una volta arrivata lei mi accolse con un abbraccio, non vedeva l ora di incominciare la ricerca insieme a me, dato che per una settimana è stata col raffreddore e non ci siamo visti per nulla.
Dopo pochi minuti sua madre se ne andó a lavoro me tre suo padre non c'era, così abbiamo iniziato il nostro lavoro intente a finirlo Il prima possibile perché volevamo giocare, dopo circa un'ora e mezza finimmo il lavoro e tutte soddisfatte ci mettemmo davanti la TV per giocare con la Xbox One, dopo qualche minuto iniziai a sentire una strana pressione sulla pancia ma essendo poco meno di un leggero fastidio lo ignorai, pensando fosse colpa del piccante, continuammo a giocare divertendoci e sgranocchiando cereali al farro, dopo un oretta di gioco la mia amica volle chiare chiedendomi se mi andava di giocare al twister, accettai subito pensando fosse un ottima idea dato che non ci giocavo da molto tempo, beh che dire mai scelta fu più sbagliata, appena mi alzai dal divano sentii un leggero crampo che mi constrinse ad incrociare leggermente le gambe, ancora una volta ignorai l urgenza della situazione credendo fosse solo un po' di gas intestinale nel gergo scorreggia, laia amica mi chiese se fosse tutto apposto, le dissi di si lasciando andare qualche leggera flatulenza, leggermente udibile, così dissi di iniziare il gioco.
Iniziammo il gioco e già dopo poche mosse ci ritrovammo ingrovigliati tra noi stessi, ogni tanto inoltre sganciavo qualche scorreggia a per aglievare la pressione sullo stomaco che si faceva sempre più persistente, alla fine del primo round dovetti stare un po' ferma in piedi perché non mi sentivo bene ma dopo poco ricominciammo a giocare facendo altri quattro round, non sto qua a dirvi quanto fu difficile per me resistere alla pressione che pian piano si trasformava in dolore, alla fine dell' sesto round non potei piu ignorare i segnali che il mio corpo mi mandava capendo che avevo una grave urgenza di andare in bagno, ma non volevo dire niente alla mia amica pensando che avrebbe riso di me, inoltre tra un oretta mia madre sarebbe venuta a prendermi, quindi pensai di poter resistere ancora un po'chino, dissi alla mia amica che ero stanca ma lei voleva fare un altro giro al twister, il settimo per la precisione, prima di fermarsi, dato che non volevo essere una seccatura accettai, iniziato il gioco mi dovetti bloccare per stringere le chiappe il più forte che potevo tre volte di fila, la mia amica si preoccupi di nuovo per ma me ma la rassicuarai dicendole che era tutto apposto e che ero solo un po' stanca.
Dopo pochi minuti lei fini con la testa sotto al mio sedere, e proprio in quel momento mi venì un crampo così forte da farmi bloccare e irrigidire tutta, non volevo avere un incidente davanti alla mia amica, soprattutto in quella posizione.
Non sto a dirvi che tutti i miei tentativi per bloccare la ondata puzzolente che si faceva strada tra le mie viscere era inutile, presto iniziai a scorreggiare senza controllo e subito dopo sentii un calore scoppiettante invadermi il retro dei pantaloni (per la precisione dei Blue jeans abbastanza aderenti), sentii una poltiglia semi solida schiacciarsi sul mio sedere, mentre continuava ad uscire sentivo il mio ano andare a fuoco,
All inizio uscii un ceppo non molto solido di cacca seguito subito dopo da un ondata di merda molliccia incredibilmente puzzolente, potevo sentire la poltiglia che si riversava nei miei pantaloni e si schiacciava contro il mio sedere, mi lasciai andare completamente arredato n una mega cagata durata forse qualche secondo, ma che mi sembró un eternitá.
Nel mentre potevo sentire il sedere caldo grazie alla cacca, il carico mi sembrava che norme anche senza guardarlo.
da sotto il mio sedere la mia amica assistette in prima fila alla più grande disfatta che mi fosse capitata, penso che dal suo punto di vista si vide tutta la mia merda riversarsi su di lei, in quel momento ero immobilizzata dalla paura e dalla vergogna per quello che avevo appena fatto, in pochi millisecondi elaborai la situazione rendendomi conto di essermi cagata i pantaloni letteralmente sopra alla mia amica, l odore era diventato insopportabile ma tutto sommato metobolizzando lentamente la cosa iniziammo a darmi un senso di piacere, cosa che mi fece stare ancora più male, dopo pochi secondi tornai in me e mi spostai subito da scopre la mia amica con uno scatto, non l avessi mai fatto, dopo lo scatto scivolai col piede e finii per sbattere col sedere per terra, schiacciando tutto il casino che avevo fatto contro il mio sedere, a quel punto la mia amica mi guardo con una faccia sbalordirà e una mano sul naso, in quel momento avevo paura che mi gridasse di uscire dalla sua casa, o meglio dalla casa dei suoi, ma la sua reazione successiva mi lascio a bocca aperta, infatti lei inizio a sorridere inconsciamente e guardandomi mi chiese sei fossi appena fatta la cacca addosso, vedendola con quel sorriso stampato in faccia mi tranquillizzai e le risposi di si, nel mentre che io arrossivo come un peperone lei saltava di gioia chiedendomi di farglielo vedere meglio, dopo mi confesso che era una fanatica dello scat ovvero tutto quello che riguardava la cacca compreso farsela addosso, sentendo questo mi sentii molto sollevato, da quel giorno iniziammo a parlare più spesso di questo fetish e anche io inizia ad appassionarmici, purtroppo dopo quello che successe a casa della mia amica noni ricordo nientaltro, so solo che fu il mio giorno più imbarazzante della vita
1 note
·
View note
Text
«Tutta la mia vita è stata influenzata dalle scenate che mio padre faceva a mia madre. Quelle scenate hanno fatto nascere in me il desiderio di morire».
Anche a quel tempo Pier Paolo scopre, contro suo padre, l’«antifascimo» di sua madre Susanna. I Pasolini sono a Belluno: il re è in visita alla città. La popolazione lo accoglie con qualche ostilità. Susanna «che era antifascista e teneva ingenuamente per il re, ha gridato da sola nel silenzio “Viva il Re!”. Questo “Viva il Re” me lo ricordo bene. Io però non mi ero accorto che la popolazione era ostile. Avevo solo notato la bella voce infantile di mia madre». Delle idee politiche del padre dice invece: «Mio padre era un uomo passionale, sensuale, disorientato e nel momento che ha abbracciato l’ordine, l’ha fatto sul serio. E’ diventato nazionalista fascista». Rivalità tra padre e figlio, il padre lo vuole letterato, poeta. Aveva un fratello, proprio di nome Pier Paolo, che scriveva poesie: morì a vent’anni affogato in mare. «Io fino ai sedici anni volevo fare l’ufficiale di marina. Lui [il padre] invece diceva che dovevo fare lettere. Poi naturalmente i suoi incoraggiamenti si sono ritorti contro di lui». Perché mai «contro di lui»? La risposta di Pasolini, a questo punto, è parzialmente simulatoria: «Perché lui attribuiva alla poesia un carattere ufficiale. Non pensare che potesse essere eversiva, scandalosa. Lui pensava a Carducci, a D’Annunzio». Attraverso la poesia, e la cultura, Pier Paolo si affrancava dal mondo morale del padre, dando voce a quello della madre. («Mia madre era come Socrate per me. Aveva e ha una visione certamente idealistica e idealizzata del mondo. Lei crede veramente nell’eroismo, nella carità, nella pietà, nella generosità. E io ho assorbito tutto questo in maniera quasi patologica»). Tale affrancamento è servito per lanciare in faccia al padre un mito personale del tutto «scandaloso»; — la poesia come veicolo per esprimere contro di lui, e contro ogni volto dell’autorità, il vero dell’esser «diverso», il vero del rapporto con Susanna, il tragico corollario dell’infantile Teta-veleta, l’omosessualità. Infine la «storia del matrimonio». «Tutta la mia vita è stata influenzata dalle scenate che mio padre faceva a mia madre. Quelle scenate hanno fatto nascere in me il desiderio di morire». Susanna, delicata e passiva, poteva apparire come vittima, colei che soccombeva in quelle scenate. Carlo Alberto le rimproverava futilità, «il bicchiere fuori posto, l’asciugamano non lavato, il cibo troppo salato, [...] La rimproverava di avere la testa fra le nuvole. Ma non era vero. Il fatto è che lui era fascista e lei no. Fra di loro non parlavano mai di politica, ma mio padre sapeva che mia madre pensava di Mussolini che era un “culatta”, cioè “chiappe grosse” come lo chiamava gaddianamente mia nonna. Stare nelle nuvole comunque per lui voleva dire essere anticonformista, in contrasto con le leggi dello stato, in dissidio con l’opinione dei potenti...». Quindi, era in discussione, perennemente in crisi, un’idea dell’autorità, la scala medesima dei valori: — in tale dissesto, dove era chiaro il senso di «rapina» dell’unione matrimoniale, l’unica scappatoia nevrotica appariva naturalmente «il desiderio di morire». La soluzione espressiva doveva venire dopo: — anche se Pier Paolo aveva cominciato a scrivere poesie fin dall’età dei sette anni, e fu bocciato in italiano alla quinta elementare per un componimento «troppo poetico». Comunque, la vita dell’ufficiale di fanteria Pasolini non fu felice: — fu dostoevskianamente straziata dalla passione per sua moglie («mio padre era innamorato pazzo di mia madre ma in un modo sbagliato, passionale, possessivo»). Lo strazio si risolse in vino, in gioco, in una deriva che lo scoppio della seconda guerra mondiale temporaneamente interruppe: partì per il fronte, fu prigioniero nel Kenia, tornò in Italia al finire del 1945. Investito poi dal dramma di Pier Paolo, dallo «scandalo»: — lo accettò con dolore. Gliene venne una sorta di follia: accrebbe il bere: — e la notte gridava che sua moglie non lo amava; morì di cirrosi epatica il 19 dicembre del 1958, a Roma.
#pier paolo pasolini#enzo siciliano#fascismo#carlo alberto pasolini#susanna maria colussi#italia#mussolini#omosessualità#letteratura#poesia
4 notes
·
View notes
Text
11 Aprile 2020 (quinta pagina)
Caro Diario,
Arrivati di nuovo a zia lisa ma questa volta leggermente più grande e senza sentimenti oltre la rabbia, inizia la terza media, alla carducci.
Ho riconosciuto qualche compagno delle elementari, almeno vedevo qualche volto familiare anche se tanto non ci parlavo, almeno così non dovevo fare nuove “conoscenze” e farmi prendere da altre persone per il culo.
Bhe qui conobbi Michelangelo e Gabriele, mi parlavano stranamente e mi volevano far giocare assieme a loro, solo che qualche volta mi insultavano come se erano superiori a me, io non rispondevo, perchè pensavo fosse normale come se si scherzasse ma non erano scherzi, ogni volta che finita la scuola mi invitava a casa sua gabriele, michelangelo saliva ma a me dicevano di rimanere sotto, perchè dovevano “sistemare” casa, in realtà è che non voleva farmi vedere dai suoi genitori, perchè ero trasandato, anche se mi lavavo avevo gli stessi vestiti, mia madre non mi comprava niente.
Il mio armadio era composto da 2 o 3 mutande, accompagnate da 2 magliette, un jeans ed una tuta, a scuola andavo con gli stessi indumenti, e non passò molto tempo che oltre agli insulti di loro due si aggiunse tutta la classe, tranne di un ragazzo Natanaele oppure ora in francese nathanael, perchè ora è in francia a seguire il suo sogno di suonare pianoforte, era molto bravo, nelle ore di musica si sentiva quanto era bravo, sapeva suonare molte canzoni con una pianola, incredibile, era il mio compagno di banco e non mi trattava con superficialità anzi mi parlava normalmente anche se ero trasandato, forse non lo notava oppure aveva visto dentro di me qualcosa che non capisco tutt’ora.
In classe sentivo bisbigliare il mio nome ogni volta durante la ricreazione, mi sentivo osservato e criticato, volevo urlargli contro cosa subivo ogni giorno da mia madre e cosa stavo passando, ma mi fermavo perchè tanto in fondo non mi importava, non erano miei amici, ero abituato a questa situazione e a me andava bene così.
Comunque durante l’anno circa dopo due mesi dall’inizio della scuola, incominciai ad andare al doposcuola, da una ragazza universitaria, molto carina, era pure dolce, migliorai i voti un pò, mi insegnò a ripetere seguendo uno schema logico e non a pappagallo come ho sempre fatto.
Il doposcuola iniziava alle 15:00 e la scuola finiva alle 13:15, in quel lasso di tempo non tornavo a casa a mangiare, mia madre si seccava a venirmi a prendere e fare avanti e indietro, quindi ogni giorno mi dava un euro per mangiare un pezzo di tavola calda e andavo nel bar sotto casa del doposcuola, alla cassiera dopo un pò di tempo iniziò anche a regalarmi uno o due pezzi, forse di tasca sua, penso che gli facevo pena vedermi lì ogni giorno ad aspettare 2 ore, e quando non andavo al bar e volevo dormire, mi nascondevo a vulcania e mi sdraiavo in una panchina, una volta si avvicinò un barbone e mi chiese se avevo una cartina, non sapevo cosa fossero vi giuro, all’inizio pensavo chiedesse una cartina dei calciatori panini, risposi di no a prescindere, non so chi era e non volevo parlare con lui, volevo continuare a dormire.
Quando finivo al doposcuola verso le 18:00, certe volte mia madre non mi veniva a prendere quindi ero costretto a farmela a piedi, da catania a zia lisa, bhe d’altronde come ogni mattina, oppure certe volte riuscivo a prendere un bus che passava di lì e mi risparmiava un sacco di fatica.
Una sera che tornavo nel condominio si avvicinò un ragazzo, mi ricordavo di lui, abitava di sotto, ora non so, mi ricordo di lui perchè ogni domenica metteva canzoni napoletane e cantava a squarcia gola ahah, comunque mi disse se gli potevo dare una mano per una cosa che gli faceva prendere soldi senza fare niente, mi sembrava un ottima occasione per poter prendere qualcosina e mangiare un pò di più, pensavo solo a mangiare in quel tempo, nessun gioco, nessun amico con cui uscire, niente di niente, quindi volevo fare qualcosa e poi ha detto senza fare niente, caspita come ero curioso, il mio vicino di casa che mi chiedeva una mano? anche senza conoscermi bene, mi vedeva solo uscire di casa e tornare tardi.
Mi portò da un gruppo di ragazzi, mi presentai, ero nervosissimo, a prima vista erano zaurdissimi, parlavano solo il siciliano, ci credete che imparai il siciliano da loro? Comunque mi spiegarono cosa dovevo fare assieme al ragazzo, dovevo solo portare dei “pacchetti” dove dicevano loro, delle persone mi avrebbero pagato, non dovevo dire niente, e in questo ero molto bravo, d’altronde la mia vita è stata piena di bugie, e mi dissero ti daremo una parte di questa cifra, così potrai comprarti tutti i giochi che vuoi, non sapevo manco dove comprarli i giochi ma dissi di si, accettai l’offerta era come se per una volta la fortuna mi avesse visto, quasi ogni sera, tornato dal doposcuola andavo da questi ragazzi, mi facevano portare dei “pacchettini”, dopo aver inserito sul mio telefono la via da raggiungere, così col gps mi sarei sbrigato prima ad arrivare in quel punto, inoltre mi spiegavano chi dovessi aspettare, mi dicevano il colore del giubbotto e dei pantaloni della persona a cui avrei consegnato quel pacchetto, quando mi guardarono alcuni avevano la faccia sorpresa o stranita, come se non si aspettassero un ragazzino.
Quando mi davano i soldi in mano e caspita quanti soldi, non ne avevo mai visti così tanti, sopratutto per un pacchetto che non sapevo neanche cosa contenesse, ad oggi penso proprio che quello che portavo era della droga e anche pesante da quanti soldi mi davano, si parla di centinaia di euro se non anche di più a pezzi di 50, 20 caspita, certe volte pensavo di prendermi qualche soldino, però mi fermavo da questo impulso perchè sapevo che mi sarebbe finita molto male, anche perchè quando tornavo dalla consegna mi accorgevo che nascosto c’era sempre un ragazzo del gruppo, come se mi tenesse d’occhio.
Alla consegna mi davano 5 euro o certe volte 10, per me erano tantissimi, per la prima volta potevo prendermi da mangiare qualsiasi cosa senza limitarmi in quel cazzo di bar ero felicissimo . Tanto mia madre non si accorgeva di quanto avevo in tasca, non controllava mai il mio zaino (il tutto tra andata, consegna e pagamento durava 15/20 minuti) mi chiamavano con un soprannome i ragazzi, il corriere, mi sentivo speciale cazzo, quanto era bello, anche se oggi so che rischiavo il carcere e la morte forse, il cliente poteva sempre accoltellarmi e prendere tutto, d’altronde avevo 13 anni non sapevo manco come difendermi.
Tornando a casa, vedevo mia madre sempre al pc a giocare ai giochini di facebook, almeno quando non ero con lei il pomeriggio non andavo al bingo ad aspettarla. Certe volte anzi spesso e volentieri si arrabbiava per qualsiasi cosa e se la prendeva con me, ricordo che mi difendevo anche con la sedia, e lei mi rideva in faccia come se era divertita da quello che vedeva. Una sera mi svegliai, perchè stavo sognando che questa storia non sarebbe più finita, ero stanco, volevo farla finita, andai in cucina, presi un coltello enorme, come quelli che vendono coi set knife per cucina, e guardai mia madre pensando solo di accoltellarla mentre dormiva, avevo pensato ad un piano in 3 minuti, forse era pure un piano perfetto, che ora vi spiegherò, dopo averla accoltellata, avrei sminchiato la serratura facendo pensare ad uno scassinamento, messo qualcosa fuori posto, sparire per qualche giorno, far nascondere il coltello dai ragazzi per cui lavoravo e un giorno prima di andare dalla polizia farmi picchiare da loro facendo pensare ad un rapimento, si forse nemmeno qualcuno di malato avrebbe pensato ad un piano così però non lo feci tornai in cucina e lo posai perchè se mi avrebbero preso, non avrei migliorato la mia situazione. Dopo qualche giorno da questo episodio pensai una volta di volermi suicidare, buttandomi dal balcone, abitavamo al terzo piano, non so se era sufficiente per morire, era un momento che avevo la testa vuota, non pensavo a niente guardavo dal balcone ,sopra ad una sedia, dritto, un passo bastava un passo ma fui interrotto dalla voce di mia madre che mi chiamava, mi sedetti immediatamente come se non fosse successo niente a guardare quel panorama di palazzi di cemento.
Ma tornando al discorso della scuola e tralasciando tutto questo per non dilungarmi troppo, l’anno stava finendo e quella del doposcuola mi "aiutava” a fare la tesina d’esame, cioè ha fatto tutto lei al pc, io ho solo cercato di studiare, e sempre alla fine dell’anno mi aspettò una sorpresa inaspettata, alla mia insaputa si stava muovendo qualcosa di grosso, qualcosa che ha cambiato la mia vita, il compagno di mia madre, ha contattato mio padre, forse per vendetta verso mia madre che l’ha lasciato o non so, sta di fatto che una volta me lo trovai davanti la scuola, assieme alla sua compagna, quanto ero felice di vederlo, non lo vedevo da anni cazzo, ci sedemmo al C&G per parlare, mi chiesero se volessi andare da loro, forse perchè avrei fatto 14 anni e potevo decidere da chi stare, comunque sta di fatto che prima degli esami scritti, io scappai di casa, ero partito la mattina per fare la prima parte degli esami scritti, dopo averli finiti dovevo andare dal doposcuola, la chiamai e gli dissi che non ci sarei andato perchè stavo andando a casa.
Non andai a casa, mi passò per la testa che volevo solo andare da mio padre e finire di vivere quell’inferno, mi feci catania -battiati a piedi, ricordavo ancora dove abitava, l’unica cosa buona che vedo in me tutt’ora è la memoria, penso che non scorderò mai qualsiasi cosa veda e senta, comunque arrivato a battiati, tutto sudato suonai a casa di mio padre, mi aprì giovanna, rimase a bocca aperta, chiamò mio padre e pure lui non fù da meno, mi feci una doccia, gli parlai di tutto quello che avevo passato e nel frattempo denunciammo la mia “scomparsa” ai carabinieri perchè su facebook c’era il mio annuncio della mia presunta scomparsa e l’ultimo posto dove mi avevano visto era vulcania, leggevo le chat in tempo reale di mia madre che usava il mio facebook dal suo pc e parlava con quella del doposcuola che gli diceva che le avrei chiamato dicendo che ero andato a casa e i post che stavano inviando i miei presunti “amici” “preoccupati” della mia scomparsa pezzi di merda fasulli.
I carabinieri dopo che avvertirono mia madre, ci dissero di andare dai carabinieri, davanti al palazzo di giustizia e di andarci assieme ad un avvocato, anche a lei raccontai tutto questo.
Arrivati sul posto, non so come, fu in meno di un secondo, attorno alla macchina di mio padre c’erano un sacco di agenti di polizia che volevano far scendere mio padre dalla macchina perchè mia madre aveva detto loro che mi aveva rapito, l’avvocato non ricordo cosa gli disse ma li fermò, e ci dirigemmo dal comando dei carabinieri, dove mi fecero rilasciare una “testimonianza” che fu storpiata dal collega di mia madre che faceva entra ed esci, lo scoprì dopo che l’avvocato mi chiese: “(nome mio) ma hai detto tutto?” ed io risposi ovviamente di si dato che stesi 2 ore a parlare, “lei mi fece vedere il foglio e mi disse, allora perchè qui c’è la tua firma su queste due riga?”
Oggi so come hanno fatto, perchè sotto a quel foglio che io firmai ce ne era un altro, ed essendo molto sottili non ci feci caso che erano due, e firmai quella falsa.
L’avvocato disse ai miei genitori che sicuramente c’era qualcosa che non andava e infatti era così.
Comunque quel foglio non contava così tanto ,perchè andai lo stesso da mio padre e successivamente fui ascoltato da altri avvocati e psicologi che confermarono quello che stavo dicendo, tolsero la patria potestà a mia madre e iniziai a vivere con mio padre.
E qui continuerò dopo
2 notes
·
View notes
Text
Tedio invernale: l'intenso lamento di Giosuè Carducci sulla perdita del passato. Recensione di Alessandria today
Un canto malinconico tra memoria e desolazione
Un canto malinconico tra memoria e desolazione. “Tedio invernale”, poesia di Giosuè Carducci, è un’opera che riflette il profondo senso di disillusione e malinconia di fronte alla percezione di un passato glorioso ormai irrecuperabile. Carducci, con la sua abilità lirica, dipinge un quadro emotivo intenso, in cui il contrasto tra il ricordo di tempi luminosi e la cruda realtà presente genera un…
#Alessandria today#Arte poetica#Bellezza#classicismo#classicismo e modernità#classicismo italiano#critica sociale#Decadenza#decadenza moderna#disillusione#epoche perdute#Giosuè Carducci#Giosuè Carducci biografia#Google News#italianewsmedia.com#letteratura italiana#letteratura universale#linguaggio elevato#Lirica#Malinconia#malinconia invernale#metafore poetiche#Mito#Natura#Nebbia#nostalgia#Odi barbare#Omero#passato glorioso#Pier Carlo Lava
0 notes
Quote
– Mi sembra che in questa storia i poeti abbiano un ruolo nefasto. Carducci scrive che l’Italia deve «offendere», Pascoli e D’Annunzio esaltano la guerra e la distruzione… – A contatto con il nazionalismo, i poeti tirano fuori il peggio di sé e fanno un sacco di danni. Ricordo un articolo di Slavoj Žižek sulla guerra in Iugoslavia, dove si ricordava che Radovan Karadžić era un poeta e godeva anche di un certo credito. Era uno dei tanti poeti che a partire dagli anni Settanta si erano impegnati a riformulare e propagare miti etnici. Žižek usava l’espressione «complesso militarpoetico» e definiva la pulizia etnica «prosecuzione della poesia con altri mezzi».
(Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, Point Lenana; Einaudi, 2013)
16 notes
·
View notes
Text
🍷 𝗘𝗻𝗼𝘁𝗲𝗰𝗮 𝗧𝗼𝗴𝗻𝗼𝗻𝗶. 𝗕𝗼𝗹𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶 Vacanze a Bolgheri? Vi ricordo l' Enoteca Tognoni nel centro di Bolgheri. Appena entrati bellissime pareti di vini dove poter scegliere e portare al tavolo la nostra bottiglia. (Prezzi ottimi). Ambiente ampio, caldo e colorato di parole nei mesi freddi invernali e ampio giardino nel cuore del Borgo nei mesi caldi estivi. Menù tipicamente di piatti toscani. Della terra Toscana. Antipasti di salumi, formaggi crostini caldi e giardiniera (15 €). Primi piatti di cacciagione (14 €) non manca ovviamente la carne, bistecche (5 €/h) tartare (14 €) È aperto tutto il giorno con orario continuato anche per degustazioni di vini e taglieri. 🇬🇧 I tried the Enoteca Tognoni in the center of Bolgheri. As soon as we enter, beautiful walls of wines where we can choose and bring our bottle to the table. (Excellent prices). Large, warm and colorful environment with words in the cold winter months and large garden in the heart of the village in the hot summer months. Typically menu of Tuscan dishes. Of the Tuscan land. Appetizers of cured meats, cheeses, crostini and giardiniera (15 €) First courses of game (14 €), obviously there is no shortage of steaks (5 € / h) tartare (14 €) If you go, try it and let me know, it's open all day long even for wine tastings and platters. 👉 Enoteca Tognoni 📍 Strada Lauretta, 5, Bolgheri. Castagneto Carducci LI ☎️ 0565 762001 💶 35 - 45 € 🍷👇CLICCA LINK PER FOTO
www.facebook.com/share/p/HfJgf7aUiFCcHSax/
0 notes
Text
“Riempio di angoscia le filastrocche, questo è un libro senza precedenti”: dialogo con Tiziano Scarpa
Nel 2018 è sbocciato un poeta. Nel 2018 Tiziano Scarpa, con cui dialogo spesso, per “un ingorgo editoriale non premeditato”, come dice lui, ha pubblicato un romanzo – Il cipiglio del gufo, con Einaudi – e due raccolte poetiche, una s’intitola Le nuvole e i soldi (stampa sempre Einaudi), l’altra, che a onor di sottotitolo è una raccolta di “storie in rima”, si chiama Una libellula di città (stampa minimum fax). In realtà, il genio di Scarpa è che tiene il piede linguistico in più scarpe: fa romanzo, teatro, poesia, mantenendo la stessa posa, ma mutando il peso della forma. Se altri esperimenti poetici – Nuove galassie oggi come oggi, Groppi d’amore nella scuraglia – non sono stati ben digeriti dal mio cranio lirico – cioè: gonfio di pregiudizi e di astuzie – quest’ultimo, questa collezione di libellule in versi, all’apparenza fragile, effimero come uno sbuffo di luce, che Scarpa si porta appresso da lustri – “La più vecchia di queste storie in rima è… scritta nel 2000” – mi sorprende. Con atletismo letterario e tempra da alchimista, Scarpa rinnova l’arte bambina, e rischiosa, della filastrocca – distici in rima baciata, endecasillabi – incatramandola di tenebra, tuffandola nell’angoscia, nell’horror, nel grottesco. A me fa venire in mente un David Linch che beve una china calda con Palazzeschi, mettendo in scena Twin Peaks con una falange di ‘scapigliati’, lui mi dice che ha preso a spunto Edward Lear, virtuoso del limerick. In ogni caso, questa libellula di città custodisce sketch corrosivi, come la storia del ragno leopardiano (“Sono contento di essere nato?/ O questo mondo è tutto sbagliato?”) che cerca la verità nei lamenti delle sue prede (“La vera musica che sognavo,/ dalle mie vittime lo aspettavo”), quella dello Scultore più retto del mondo che “doveva squadrare/ il più grande tabù circolare”, quella della Giocoliera di Tolmezzo che ha un finale epigrafico, canonico, straziante (“Il grande artista è sempre quello morto”). Soprattutto, filastrocheggiando, ci occhieggiano versi molto belli, piccoli pezzi di cristallo, come questi: “Volano verso il fiotto splendente./ Cieche, risalgono alla sorgente”; “Da quella stirpe illusa e felice,/ si staccò un’indole controluce”; “Qualcosa pullula in mezzo al nulla./ Alle mie spalle il buio sfarfalla”, tutti tratti da Una falena a Cinecittà. Anche l’intervista, d’altronde, per sua natura è falena – e a volte felina – godetevela così, come una fiammata di verbi nella trita oscurità. (d.b.)
Intanto. Due raccolte poetiche nello stesso anno (l’altra è Le nuvole e i soldi, stampa Einaudi), fanno di te più che altro e più che tutto un poeta. Parola – “poeta” – passata di moda, che sta tra il marmo e la sfiga. Cosa dici, ci stai nella didascalia – poeta – o per te la poesia è gioco, “anello che non tiene”, sfogo liminare alla prosa, alterità che si fa verbo?
Che questi due libri – Le nuvole e i soldi e Una libellula di città – siano usciti nello stesso anno è casuale, un ingorgo editoriale non premeditato. Nessun gioco: scrivo poesie quando sento il fervore della forma. Quanto a Una libellula di città, non sono sicuro che si tratti di poesie; io le chiamo storie in rima: scusa se faccio il puntiglioso nel precisare questo, ma se ci pensi è un modo di risponderti, perché la parola “poeta” è una specie di piedistallo, può indicare il posto da cui hai intenzione di parlare; più o meno così: «Ecco, adesso salgo sul piedistallo di marmo dove è incisa la parola “POETA” e vi parlo da lì». No, per favore. Non guardate da dove vi parlo. Leggete, se ne avete voglia, le parole che ho scritto, prendetele per quello che dicono, senza badare al presunto piedistallo da cui vengono pronunciate.
In questi versi poco civici e piuttosto cinici leggo, in controluce, Palazzeschi, Govoni, un poco di Dossi: è vero? Da dove arrivano queste filastrocche macabre e colorate?
Quasi tutte queste storie cominciano come i limerick di Edward Lear: si indica un personaggio in maniera generica, accanto alla città di provenienza: “There was an Old Person of Dover”, “There was a Young Lady of Dorking”; “C’era un elefante di Pordenone”, “C’era un mastro vetraio di Murano”… Il riferimento principale è quello, i limerick, anche se poi ogni mia storia è molto più lunga, e ha una sua coerenza, non è un nonsense. È raccontata con le rime baciate, che di solito si usano nelle storie per bambini. C’è un libro Rizzoli, del 1968, intitolato Le nuove filastrocche, con testi di Landolfi, Arpino, Rodari (che mi piace anche se non lo ammiro formalmente, perché era metricamente sciatto) e altri, fra cui un autore bravissimo e dimenticato, Vezio Melegari. Ma in Una libellula di città io racconto agli adulti storie tragiche e disperate usando le rime e la metrica che gli adulti stessi riservano ai bambini. Capisci? Ritorco contro noi adulti una forma che riteniamo puerile, e la riempio di angoscia. Perciò penso che questo libro non abbia precedenti nella nostra letteratura; o almeno, io non ne conosco.
Parli, spesso, con l’arma della rima in apparenza facile, di morte: perché? Non c’è davvero, dunque, altro tema che questo?
Una storia su due parla di morte, ma quasi sempre negli ultimi versi. Ciò che conta non è la morte, ma da dove ci si arriva, che percorso si fa per raggiungerla.
“Sono contento di essere nato? / O questo mondo è tutto sbagliato?”: a parlare è un ragno esistenzialista. La domanda che si pone il tuo ragno, la faccio io a te, rispondi!
È significativo che ti abbia colpito proprio questo testo, che è anomalo in un libro fatto di storie in terza persona: Una libellula di città è antilirico, parla di altri, donne e uomini che non sono io, piante, animali: non c’è quasi mai identificazione tra chi dice “io” e il protagonista della storia. Te lo faccio notare solo per mettere in evidenza che la nostra cultura poetica è fatta così: tutto ciò che è scritto in versi tendiamo a considerarlo un’immediata effusione dell’io, della sua posizione esistenziale. Quando uno sale sul piedistallo di marmo dove è incisa la parola “POETA” e parla da lì, ecco che si dà per scontato che stia parlando di sé. Ma Una libellula di città ha sì e no cinque storie su trenta raccontate in prima persona. Comunque, non voglio sottrarmi alla tua domanda: “Sono contento di essere nato? / O questo mondo è tutto sbagliato?”, si chiede il ragno. Ammetto che mi ha fatto effetto scrivere quei due versi, anche se li ho messi in bocca a un personaggio diverso da me: lì il pronome “io” è in prestito. Io sono contento di essere nato anche se questo mondo è tutto sbagliato. In quella storia il ragno pretende un canto di verità dalle sue vittime durante la loro agonia. Spero di non essere altrettanto sadico, ma penso anch’io che la vita sia ipocrita. Non ci si dice la verità, che è fondata sulla coscienza di dover morire prima o poi. La letteratura è uno dei modi per rimediare a questa ipocrisia.
Non mi pare che al primo posto dei piani culturali del paese ci sia la poesia, letta, semmai, nel suo aspetto liofilizzato, via Instagram, e…
Scusa se ti interrompo. Ma anche la scuola liofilizzava la poesia, o la incaprettava dentro categorie assurde che a me sembrano modi per disinnescare la forza di ogni singolo testo annebbiandolo dietro un’etichetta: pensa a “decadentismo”, “crepuscolarismo”, “ermetismo”… Spero che oggi le cose vadano meglio; non so, non conosco gli attuali programmi scolastici né i manuali. Giorni fa in una bancarella ho trovato il primo volume dell’Antologia popolare di poeti del Novecento, curata per Vallecchi da Vittorio Masselli e Gian Antonio Cibotto negli anni Cinquanta: poesie di Saba, Govoni, Rebora, Palazzeschi, Campana, Sbarbaro, Ungaretti, Montale e altri, scelte per il grande pubblico, pubblicate per colmare una lacuna. Senti che cosa scrivevano i due curatori nella prefazione, rivolgendosi al lettore: «Tu sei uno dei tanti che durante gli anni scolastici hanno letto le poesie di Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Carducci, Pascoli, D’Annunzio e ne conservano ricordo. Ma se ti si parla della poesia del Novecento, scorgi distintamente, nel fondo della memoria, soltanto La signorina Felicita di Guido Gozzano. Degli altri poeti del Novecento hai una pallida idea perché mai nessun critico letterario del nostro tempo ha saputo o voluto parlartene con semplicità di linguaggio nei giornali comuni che legge il cittadino comune». Quindi, anche allora “non mi pare che al primo posto dei piani culturali del paese ci fosse la poesia” (per citare le tue parole). Instagram e Facebook sono le antologie popolari dei nostri tempi. Così le poesie arrivano anche a chi non prenderebbe mai in mano un libro di versi. Tra un post su Salvini e uno sui gattini, la poesia cresce come una piantina interstiziale che ha attecchito chissà come sul muro rasente un marciapiede: cammini per la strada con gli occhi fissi sul tuo smartphone, navighi in rete e ti imbatti per caso in una poesia che sboccia sul tuo minuscolo schermo. Le nuvole e i soldi e Una libellula di città sono i miei libri di versi di cui ho potuto constatare per la prima volta la propagazione sui social. Il mio libro precedente, Discorso di una guida turistica di fronte al tramonto, era del 2008, quando Twitter, Instagram e Facebook non erano così pervasivi. Una poesia rilanciata su quei canali, oggi, raggiunge decine di migliaia di persone, spesso per caso, cogliendole di sorpresa. Su carta, la leggono sì e no in mille: con la differenza che questi lettori devono aver deciso di prendere in mano un libro di versi e aprirlo. Cosa dici? È un bene? È un male? Meglio leggere poesia per caso o per volontà? Era meglio prima? È meglio adesso?
Non mi pare, devo dire, che la cultura in sé sia il primo dei pensieri di questo e di altri governi. Come si reagisce (ma poi, c’è bisogno di reagire?), che cosa bisogna fare quando anche il gesto stesso di “pubblicare” pare atto medioevale, vetusto, in fondo inutile?
Io le porto in giro, le leggo in pubblico, da solo o con una musicista formidabile, Debora Petrina. Per me le letture sceniche non sono né un cavallo di Troia né una strategia pop: sono una forma d’arte, perché la parola non è solo inchiostro, è anche suono, voce, suggestione fonosimbolica, percussione degli accenti. Stampare un libro è un atto moderno, non lo definirei medioevale: fonda un rapporto gutenberghiano, individuale, diretto, silenzioso, interiore, protestante, fra il testo e chi lo legge: non è che oggi le cose siano cambiate troppo; come succede da sempre per la letteratura – aedica, orale, papiracea, amanuense, su codici, a caratteri mobili, linotypistica, digitale – pubblicare innesca anche conseguenze sociali, relazionali, comiziali fra l’alfabeto e i corpi.
***
Una ragazza che vive in Alaska
Una ragazza che vive in Alaska vuole viaggiare senza niente in tasca,
senza coltello né soldi né mappe: lascerà al viaggio dettarle le tappe.
Farsi guidare dalla libertà. Intanto andarsene, poi si vedrà.
Pensa al suo viaggio, si immagina i monti, picchi, cascate, voragini, ponti,
gorghi, vertigini, cavalcavia, fiordi, caligini, periferia.
Boschi notturni, ululati, creature. Sarà fantastico: quante avventure!
Muoversi a caso, da nord verso sud: Canada, Messico, Cuba, Perù,
poi con l’aereo volare a Hiroshima solo perché dopo Lima fa scena.
Senza un criterio, così, allegramente, cogliere ciò che racchiude il presente.
Non stare lì a criticare ogni bivio: prendere il largo e sfruttare l’abbrivio.
“Parto”. Si chiude alle spalle le porte, vede una freccia con la scritta Morte.
Segue quel senso, ridendo di cuore. Fa un passo, incespica, ruzzola, muore.
Tiziano Scarpa
*da “Una libellula di città e altre storie in rima”, minimum fax, 2018
L'articolo “Riempio di angoscia le filastrocche, questo è un libro senza precedenti”: dialogo con Tiziano Scarpa proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2SxrugA
4 notes
·
View notes
Text
Un defibrillatore per la cittadinanza sul viale Nievo in ricordo della 14enne Alessia Angulo
Un defibrillatore per la cittadinanza sul viale Nievo in ricordo della 14enne
Livorno, 17 febbraio 2022 Si terrà domani, sabato 18 febbraio alle ore 11,30 la cerimonia di posizionamento del primo defibrillatore in area pubblica all’incrocio tra viale Carducci e viale Ippolito Nievo. Il DAE (Defibrillatore Semiautomatico Esterno) è stato donato dai familiari di Alessia Angulo; quattordicenne deceduta in seguito ad un incidente stradale a febbraio 2011 e da sette scuole di…
View On WordPress
0 notes
Text
Lettera infinita a Leopardi
[Scriverò di seguito ogni pensiero trascrivibile in parole rivolto a lui.]
Stamattina mi sono accorta che mi hai fatto trovare ordinatamente piegati i miei panni di pensieri sporchi e disordinati della sera prima, e lo stai facendo da molte mattine, ogni giorno. Sei un grande psicologo. "Sono il tuo servo," mi dicesti, con uno sguardo che non esprimeva umiltà, ma grande potere di scompaginarmi dentro. Ma il tuo scompaginare è pulire e mettere ordine. Credo che non ti ricambiero` mai abbastanza, per questo ho paura che tu mi abbandoni. Sento che mi dici che potrei superarti e andare senza di te, ma non voglio.
Ho questa costante paura di essere abbandonata, perché i miei genitori andavano via, dopo che mi ero addormentata.
"Voglio toccarti attraverso le cose del mondo" è una bella frase che mi rassicura.
Leggendo una biografia di Leopardi focalizzata sui suoi processi mentali, ovviamente insondabili, ma che si colgono in alcuni aspetti grazie al minuzioso registro di auto-analisi rappresentato dai suoi scritti, ed in cui sono presentati anche gli aspetti più crudi dei suoi mali fisici, reputo doveroso dire che egli è un santo per come la sua energia ha brillato nonostante le eccezionali condizioni avverse. La sua vita è stata una sorta di passione simile a quella di Cristo. La sua croce lo avvicina a noi con un irresistibile potere attrattivo.
Io voglio stare ai piedi della croce tutta umana e laica di Leopardi.
Averti riscoperto come soggetto con sindrome di Asperger, mi ha fatto vedere gli aspetti da me conosciuti della tua vita e delle tue opere in un'ottica che sento finalmente giusta, che ha riacceso il mio entusiasmo e insieme mi ha placato.
Tu sei il centro esatto del mio interesse, il modello stesso del mio atteggiamento d'interesse verso qualsiasi cosa. Qualunque altra cosa m'interessi, lo fa sempre meno di te, e come in tuo ricordo o preannunciazione.
Tu sei la fonte prima di ogni gioia, e non intendo per me sola, ma per tutti. O almeno così immagino e vorrei che tutti comprendessero. Ora vedo i tuoi scritti come il raffinatissimo prodotto del mestiere di un intelletto iperfunzionale più che come espressione di sentimento; entro in contatto con la tua energia di tipo freddo, come l'ho sentita di là nel tuo mondo, replicando la gioia di quel contatto con il solo pensiero, in assenza delle visioni che mi hai regalato.
La tua mente che pensava tutto e il suo contrario contemporaneamente, massima espressione della libertà umana che si traduce in esplorazione ed espansione potenzialmente illimitate, mi riempie di gioia. È gioia non poter esprimere la tua grandezza e complessità con le parole. È gioia ammirare, in un silenzio traboccante di tutto ciò che non ha nome.
Non dovrei parlare di te al passato. Non tollero la tua morte. Non la volevi né la aspettavi. Adesso, da sola, o forse in tua compagnia, io la combatto, anche per te.
Per tutte le signore che non ti hanno risposto. Per tutte le signore che non ti hanno scritto quanto e come avresti voluto. Ci sono io, in loro vece. Con il mio fare ingenuamente protettivo e comodamente sentimentale. Spero, in qualche modo, di andarti bene.
Ciao, caro Leopardi. Capisco bene come, avendo ricevuto delusioni dalle donne e trovandosi nell'impossibilità fisica di amarle, avendo comunque bisogno di amare ed essere amato, ci si possa rivolgere sentimentalmente agli uomini. Mi ha decisamente destabilizzato immaginarti, come suggerito da Carducci, rivolgere quei deliranti soliloqui amorosi di cui parla Ranieri, ad un congiunto, mascherato con uno scialle da donna, di Fanny Targioni Tozzetti. Chi vuole portarti dalla parte degli omosessuali, però, trascura di considerare la tua lunga corrispondenza con Fanny. Perché tanta devozione ad una donna che, secondo loro, non avresti amato?
Io sono più propensa a credere che la tua mente ospitasse e producesse letteralmente tutto, anche in campo affettivo. Una scelta non esclude l'altra, considerata opposta o diversa. Nella tua mente onnicomprensiva, credo che tutto, ogni estremo del pensabile, si unisse.
Soffro molto di non poter conoscere la tua vita fisica e psicologica così come si è veramente svolta. Soffro che tu sia, come tutto il resto, sostanzialmente inconoscibile. Che noi osservatori possiamo avere solo impressioni ed opinioni. Alla fine, ha più valore la verità o i racconti che se ne possono trarre? Non credo avrò mai pace.
Spero che anche le mie immaginazioni, come le tue, abbiano un valore, narrativo ed anche di costruzione della realtà, in modo che verità oggettiva e visione soggettiva, realtà data e realtà immaginata siano in collaborazione.
"Ho detto troppo, non ho detto abbastanza," potrebbe dire il tuo amico del suo Sodalizio. E quali le sue intenzioni? È tutto così complicato che solo tu puoi capirlo.
Prendimi presto con te. Come tu immaginavi donne che non ti avrebbero mai soddisfatto, io sto immaginando te. Com'è strana la vita! Divertente! Come tutto si capovolge e spazia da un estremo all'altro in un fenomeno elettromagnetico che manifesta luce.
Resta con me se puoi con quell'entusiasmo che da bambino ti faceva carezzare anche oggetti inanimati, pieno di amore per tutto ciò che cadeva sotto i tuoi sensi e si sottoponeva al tuo pensiero.
Non voglio nemmeno un momento di solitudine. Per quanto io non possa interamente accedere, voglio percorrere continuamente quei gradini in salita, in vista dell'ingresso.
Carissimo conte Leopardi, fonte di ogni felicità per tutti (è un complimento di quelli che mi piace fare), grazie per avermi segnalato la "farsa" (mi suona irrispettoso, di una cosa che ti riguarda, ma questo è) 'O Ranavuottolo, con la quale ho sorriso (e continuerò a farlo, perché voglio gustarmene lettura e rilettura), e grazie alla quale ho trovato, almeno momentaneamente, e parzialmente, risposta al mio lacerante quesito sul valore della verità e della narrazione e del loro reciproco rapporto. Grazie per questa chiave di lettura, quest'ombra di soluzione, questo momento di tregua. Innescare il piacere psico-fisico di una risata è come fare una carezza di puro amore.
"I vostri panni turchini" dell'articolo trovato precedentemente alla "farsa" e che idealmente l'ha introdotta, mi ossessioneranno con il loro potere simbolico-evocativo, ti avverto. Ma tu trovi soluzioni armoniose a tutto. Risistemi tutto a costo di stancarti (immagino). Per favore, non stancarti per me.
Caro signor conte, Giulio Manfredi scrisse nel 2006 quest'opera teatrale che sto leggendo senza potermi trattenere dal ridere. In alcuni tratti, l'umorismo è un po' troppo dissacrante della tua figura e del tuo pensiero, ma era proprio ciò che mi serviva per ridere, tanto pesante era la cappa che mi schiacciava. Quindi grazie di avermi consentito di ridere insieme a coloro che hanno ritenuto accettabile ridere di te, o meglio, con te. Grazie a quest'opera, mi sto liberando di ogni gelosia e ansia di sapere come sono andate veramente le cose. Sto entrando in una dimensione in cui realtà e immaginazione collaborano per costruire un'altra realtà non meno legittima di quella data. E se prima capivo solo con l'intelletto il valore della finzione (teatrale o letteraria), adesso lo sento ed esso riesce a placare la mia ansia dovuta all'iperemotivita`. Inoltre, è molto bello sentire che tu leggi con me, validando lo stato d'animo che la lettura suscita in me. Non ti farò mai abbastanza complimenti. Anche i più apparentemente esagerati, non si avvicineranno nemmeno a descrivere ciò che sei. Non sei Dio, non sei un angelo, ma sei un'entità potentissima che ha scelto di essere buona. In particolare con me.
Caro Leopardi, la seconda parte era proprio da buttare via. Raffazzonata e mal conclusa. Apprezzo l'intento dell'autore di fare ridere. Avevo bisogno di ridere e con la prima parte lui è riuscito con me nell'intento, ma la seconda parte e la conclusione, troppo insistite sul cliché della gobba, erano veramente grevi, quasi da schifarmi. E la scommessa con Antonio era pretestuosa. Del tutto ho apprezzato la prima parte con Fanny, con Congiunto, e il complessivo scomporti dell'autore attraverso i pareri di Antonio e di Congiunto per farti poi ricomporre nell'ultima frase, rivolta al pubblico, che fa sentire come tu sia tutto, e possa esser voce di tutti. Nessuno può prendere le distanze da te o darti torto. Tu ci porti, davvero, tutti sul cuore.
Ho riso, va bene. Mi sono anche sentita un po' presa in giro. Non volevi solo fare il pagliaccio, ma anche indurmi a ridere di me stessa. Per dirmi che non vuoi che ti ami in modo triste, compassato, reverenziale.
Ebbene sì, sono impaziente. Sono pronta a lasciare immediatamente tutto pur di stare con te. Sai cosa immagino? Che arrivata nell'aldilà, troverò soltanto ombra. Sarò sola. Camminero` per incontrare qualcuno e chiedere di te.
- Buongiorno, scusi, sono qui da poco e vorrei chiedere un'informazione. - Prego, mi dica. - Conoscete Giacomo Leopardi? Sono qui per incontrarlo. - Qui c'è tanta gente, impossibile conoscere tutti. Mi spiace, non so darle nessuna informazione. - Ah, va bene, grazie lo stesso. - Buona ricerca!
- Buongiorno, ecc. - Chiii? Quello che si studia a scuola? Ma come ti viene in mente, cerca piuttosto un parente, magari tua nonna. E qui forse davvero incontrerei mia nonna, che mi porterebbe in un negozio di vestiti, per consolarmi.
Ma siccome avrei la testa sempre rivolta a te, continuerei a chiedere a tutti, ricevendo una vasta gamma di risposte. Alcune potrebbero essere: "È uno dei più alti Spiriti: impossibile, da questo livello, connettersi con lui". "Non sappiamo dove sia, è una specie di leggenda, sta con Dante e Torquato Tasso, supponiamo, ma nessuno di noi l'ha visto". "Punti in alto, eh? Vedi di studiare bene, prima di poter anche solo pensare di incontrarlo". "Perché vorresti incontrarlo? Vuoi confutarlo, vuoi litigare con lui?" "Lui non c'è, qui non è mai arrivato, forse non è mai esistito". "Faresti meglio a togliertelo dalla testa". Immagino, praticamente, una piatta continuazione della vita, con i suoi ostacoli e delusioni, con quel senso continuo di assurdo. Non credo possa esserci un sensibile, improvviso cambiamento.
Ma questo è niente. Non incontrarti sarebbe niente in confronto ad essere confusa dall'incontro con vari tuoi simulacri, uno per ogni persona che ti ha immaginato. Anche se incontrassi il simulacro creato dalle mie stesse immaginazioni, sarei disperata di non poter incontrare il vero te. Io voglio arrivare a te così come sono, nella mia autentica identità, e vorrei che anche tu di fronte a me fossi l'unico, l'autentico te stesso. Questa è la più importante delle preghiere che ti rivolgo: di mostrarti davvero a me, di non essere un'illusione, di essere reale, anche una realtà che mi faccia male. Non sopporterei realtà costruite da me o per me. Voglio la realtà data, con la quale interagire, ma che esista di per sé. Voglio la vera conoscenza.
0 notes
Link
Dall’ultimo corteo a oggi le tensioni nelle scuole pisane non si sono fermate. Forte criminalizzazione, scontri con i presidi e i docenti, assemblee, tutti gli istituti superiori della città occupati. Un movimento in piena regola che pur sulla scala ridotta di una sola città suggerisce di un’insofferenza generale a una scuola dissestata e trasformata in fabbrica del controllo e dell’impoverimento per migliaia di ragazzi e ragazze. Abbiamo assistito al propagarsi di un virus che cura una pestilenza peggiore: una scuola che fa soffrire. Abbiamo raccolto qualche testimonianza.
Di cortei a dire il vero se ne sono visti pochi. È un movimento studentesco ma i suoi riti sono profanati e le sue forme esteriori e ufficiali superate: i collettivi sono a rimorchio, la politica e le sue istanze di sinistra in secondo piano, i cortei rari e chiamati non dalle organizzazioni studentesche ma per catene di messaggi whatsapp. Viene prima il rifiuto di una condizione che la presa di parola sul mondo politico. Perché la politica giudica, non conosce e aggredisce. Pure Nardella si è messo a ficcare il naso nelle scuole di Pisa: “non si deve punire ma far pagare ai responsabili delle occupazioni”. Da sbirro a padre e da padre a padrone il passo è breve. Il cerchio si chiude. Allora ci si ritrae, si cercano altre armi senza esporsi frontalmente, per non essere dei bersagli facili, per non stare al gioco della politica, ai suoi temi, alle sue preoccupazioni. Lo scontro vero è sul controllo delle scuole, a tutti i livelli, dal controllo dei cancelli al controllo sulla vita dentro le aule.
“Al collettivo della scuola non si sapeva nulla, io però ero in contatto con un gruppo di ragazzi e ragazze di scuola che al mattino sono andati da quelli del collettivo e gli hanno detto – beh che volete fare, noi si occupa oggi – e quelli mica erano uniti, davanti a un bivio si sono spaccati. Avevano tutti paura delle minacce del preside e allora alcuni parlavano come lui, intimorendo chi voleva occupare, dicendo che finivamo come quelli del Matteotti che hanno spaccato tutto e sono passati dalla parte del torto. Perché è così, un po’ in ogni scuola quando sente aria di casino il Preside va a cercare prima quelli del collettivo per controllare meglio la situazione. Fortuna che da noi questi gruppi di ragazzi organizzatisi su whatsapp hanno imposto l’occupazione al collettivo, perché erano la maggioranza e le ragioni c’erano tutte”. È la mattina di giovedì 24 gennaio, lo scientifico Buonarroti è di nuovo occupato dopo pochi giorni dalla prima occupazione. Al pomeriggio rioccupa anche il Santoni, l’istituto tecnico che condivide con il liceo il complesso Marchesi, una delle strutture più disastrate dell’edilizia scolastica pisana. La provincia stima che per metterlo in sicurezza servano 56 milioni di euro. “I miei compagni di classe, quelli che si dicevano di destra, che poi destra, tanti dicono così perché magari gli sta sul cazzo il PD o per la famigli. Ma comunque quelli che non avevano mai partecipato ai cortei sono stati i primi a muoversi. Ora siamo assieme. Non è che sono fasci. E non è che non gliene frega nulla della politica, anzi c’è molto di politico in quello che sta succedendo, ma riguarda noi”.
Gli incappucciati
Una campagna a tamburo battente sulla stampa locale dedica per quasi una settimana di fila l’apertura dei giornali alla protesta studentesca. O quasi. A capeggiare nelle prime pagine sono i vandali, i teppisti, gli incappucciati. Delle motivazioni che portano migliaia di studenti pisani a disertare le aule e a bloccare le scuole non si parla: né dell’innesco esplicito della protesta, i problemi dell’edilizia scolastica, né della latenza che ha scoperchiato, l’insofferenza verso una didattica omologante, la restaurazione di rigide gerarchie di controllo e potere, la diminuzione di ogni ambito decisionale per ragazzi e ragazzi la cui maturità è riconosciuta, o meglio calcolata, solo come atto amministrativo conclusivo. La criminalizzazione prende le mosse dall’episodio dell’alberghiero Matteotti in cui al secondo tentativo di occupazione alcuni locali della scuola vengono danneggiati. A essere presi di mira sono i computer, la sala professori, alcuni arredi. Si monta lo scandalo per la sparizione di un defibrillatore donato alla scuola in ricordo di una ragazza scomparsa. Una rabbia distruttiva presa a pretesto per gettare fumo negli occhi e attaccare i ragazzi. Il preside conduce la crociata, minaccia denunce. I giornali lo seguono.
Un giornalista locale, Luca Lunedì, fa irruzione nella scuola e bracca alcuni ragazzi che si riparano dalla telecamera correndo per i corridoi e lasciando alle loro spalle dei banchi rovesciati per coprirsi la fuga. Sono spaventati ma rabbiosi perché il territorio di libertà che si erano riconquistati è stato di nuovo invaso. Il giornalista ne mette all’angolo uno o due: “Perché vi coprite, abbiate il coraggio delle vostre azioni”. Di coraggio ne hanno avuto da vendere invece, perché sanno di rischiare i ragazzi e per questo, per quello che possono, si proteggono, mentre la strafottenza del giornalista è fastidiosa per loro come la campanella del (Luca) lunedì mattina: la stessa condanna di sempre, sempre uguale. Ma tant’è, un po’ in ogni istituto dietro le barricate di banchi, dai balconi della presidenza dai quali vengono calati gli striscioni che proclamano la conquista della scuola da parte degli occupanti, si scorgono giovani bardati. Per qualche giorno anche sui giornali diventa il movimento degli incappucciati.
Le occupazioni infatti proseguono. I fatti del Matteotti dividono ma quello che si legge sui giornali non è quello che si vive a scuola. Quindi si va avanti. Quasi nessuno condivide la devastazione dell’alberghiero ma dissociarsi non è facile. I più a dire il vero ai danneggiamenti sono indifferenti. Quindi si va avanti. È un’esperienza che vogliono fare tutti: “finalmente sei padrone di qualcosa di tuo e sacrificarsi per questo, vuol dire dormire due ore a notte, pulire la scuola, organizzare i pranzi”. Martedì 22 rioccupa il Carducci, occupano il Pacinotti e il classico Galilei dove l’esperienza di riconquista della scuola si fa ricca e complessa. “In una grossa assemblea i professori hanno iniziato ad attaccarci criminalizzandoci per esserci coperti all’inizio dell’occupazione – Se non avessimo fatto così ci avreste presi uno a uno, minacciati, messi all’angolo e ora non saremmo qui a discutere assieme di come cambiare la scuola – così abbiamo risposto e su quello non hanno più detto nulla”. La democrazia, a volte, prende forme bizzarre e a volte i modi della sua attuazione funzionano altre volte no. “Sì poi quando anche al Santoni siamo andati davanti ai professori questi non ci riconoscevano e non volevano parlarci e alla fine uno di noi s’è sfavato e si è levato il passamontagna dicendo – o ma lo vede che sono io insomma! Allora quelli si sono girati e quando il preside mi ha detto – ci sei anche te? allora deh me lo sono tolto pure io, non funzionava più”. Per lottare serve proteggersi, anzi si lotta per proteggersi, perché si è tutti uguali contro una macchina distruttiva: “Ci copriamo perché rappresentiamo tutti gli studenti del Buonarroti e per tutelarci da eventuali ricatti”, sono le parole finali di un video rilasciato da dentro le mura del Buonarroti occupato per spiegare le ragioni della protesta.
Mercoledì 23 viene occupato il Dini e rioccupato l’artistico. Mentre la campagna di diffamazione della protesta investe anche il Buonarroti dove vengono segnalati diecimila euro di danni con una stima spaventosamente gonfiata, al Matteotti vengono identificati alcuni studenti. Uno di questi compare nel video del giornalista. La madre è intervistata e mentre sulla stampa l’esperto sociologo e l’esperto professore danno il proprio parere, la donna racconta che ha già messo in punizione suo figlio ma che lui in effetti aveva sempre avuto buoni voti ma poi per via dell’alternanza scuola lavoro è stato bocciato. Troppe ore, poco studio. Ai ragazzi denunciati il preside vorrebbe far risarcire i danni alla struttura ma nella scuola inizia a circolare una raccolta firme in difesa dei “vandali”. Firmano anche alcuni professori. A ogni attacco c’è una risposta. È un conflitto vivo perché dialettico e produce sempre nuovi aggregati di ragazzi impegnati a difendere un nuovo interesse conquistato autonomamente riprendendosi la scuola. “Qualche giorno fa, finita l’occupazione, mi hanno convocato in sala professori, tutti molto seri, mi hanno detto che c’era stato un collegio dei docenti il giorno prima e che al prossimo ce ne sarebbe stato un altro in cui avrebbero deciso la sospensione mia e di un altro, ma che ce l’avevano in particolare con me e che la scuola doveva tornare alla normalità. Ho spiegato tutto, che non avevo nulla di cui pentirmi e che la scuola era stata occupata contro la normalità. A ricreazione ho fatto un giro tra le classi e ho tirato fuori una trentina di ragazzi e siamo andati in presidenza e loro hanno detto – lui non si sospende, sospendete noi e tutta la scuola allora. Sì hanno parlato loro, cioè lo hanno detto loro, ma prima glielo avevo detto io perché poi è vero che si dovrebbe fare così”.
L’impresa
Nella scuola dei numeri, dei ranking e della contabilità i numeri hanno un valore solo sulla scala della valutazione dei ragazzi e della misurazione della capacità finanziare dell’istituto. Ma i numeri contano anche in assoluto. “Eravamo tanti fuori a bloccare i cancelli, trecento. E il preside ci fa dove volete andare siete solo trecento. Quindi qualcuno gli ha detto – se non aveste chiamato a casa saremmo tutti. Anche a me lo hanno fatto, hanno chiamato mia madre e lei mi ha richiamato dicendo – ma che succede dicono che sta venendo la polizia a scuola che ci sono guai, io poi gliel’ho detto, stai tranquilla ma’, tutto a posto e lei mi ha detto va bene mi fido di te, ma altri magari non hanno questa fiducia e sentono la paura”. Se si facesse una stima di quante ore di lezione e di quanti studenti hanno saltato scuola in queste settimane si impallidirebbe. Un vero sabotaggio di massa. “Infatti no, le assenze non le stanno segnando, perché se dovessero segnare come assenza i giorni di occupazione allora a fine anno saremmo tutti a rischio bocciatura e non possono farlo perché poi si ferma tutto davvero, ancora di più. Anche se pure su questa cosa provano a dividerci, ad esempio a quelli della sede staccata segnano le assenze mentre a noi no”.
La normalità deve essere preservata perché il processo di impresizzazione della scuola richiede continuità. Le leggi sull’autonomia scolastica sono diventate pienamente operative con la riduzione dei finanziamenti statali alle scuole. Ogni istituto è di fatto un’impresa che deve procacciarsi da sé fondi e finanziamenti da altri enti pubblici o da privati. Il preside deve saper investire per valorizzare il proprio brand. Non è un caso che sull’edilizia scolastica si produca una grossa contraddizione: il pubblico non mette le risorse e nessun privato copre la voce di bilancio. Così basta spulciare i siti on-line delle scuole per scoprire come i cosiddetti P.O.F., i piani di offerta formativa, siano costellati di agenzie formative, progetti con questo o quell’altro ente o privato, corsi di accreditamento etc. Questo non solo permette la sopravvivenza – più che l’autonomia – finanziaria della scuola, ma la quota entro un mercato della formazione. “È stato importante che occupassimo anche al classico. Siamo considerati una scuola d’eccellenza sotto molti aspetti, uno dei licei migliori d’Italia. Se anche il classico viene occupato allora si dimostra che è questa eccellenza a non essere veritiera, che i problemi ci sono e stanno altrove”.
Se si deve realizzare un buon investimento, se si deve acchiappare un finanziamento su qualcosa si deve pur risparmiare. A essere sacrificato è il rapporto formativo. Il suo tempo, la sua durata, la sua cura. La formazione è sempre un investimento a perdere in realtà… difficile inscriverlo nel P.O.F. “In alcuni casi questa preoccupazione non viene neanche simulata. All’ITIS c’erano proprio i banner pubblicitari delle aziende. Nel frattempo la struttura crolla a pezzi, ci sono crepe nei laboratori, nella palestra ci piove addosso, l’altro giorno sono caduti dei calcinacci in testa a una ragazza, nelle aule il riscaldamento non funziona. Abbiamo scritto quattro volte alla provincia ma non abbiamo ricevuto risposta”. La scuola è occupata il 25 gennaio. È la situazione di tutti gli istituti professionali, dove maggiormente questa dinamica risalta: andare incontro alle esigenze delle aziende e della realizzazione finanziaria della scuola significa confondersi con quell’interesse. “Il Matteotti ad esempio ha un’agenzia formativa sua propria con a capo il preside Caruso, e tutta una serie di responsabili d’area: marketing, qualità, responsabile valutazione e apprendimenti etc. Cosa fanno loro? Prendono i soldi dalla regione o dalla provincia per i corsi, quelli per la ristorazione, ad esempio, come l’haccp e hanno delle classi speciali che fanno solo quello praticamente. Ad esempio uno dei ragazzi a cui ora vogliono accollare i danni dell’occupazione, stava in una di queste classi. Però andava bene quando li portavano a fare gli stage a servire nei catering dei convegni, ci faceva bella figura la scuola e il preside, come quando era preside anche del classico che mandava quelli dell’alberghiero ai catering pure lì, nel liceo”.
- 0,5
Ma la formazione dei ragazzi? “Sì c’è, ma si chiama in un’altra maniera. È valutazione. Ci sono dei ragazzi con potenzialità enormi che si perdono perché vengono letteralmente avviliti da uno studio che si risolve nella valutazione. Anche perché il metodo di valutazione non va bene. Privilegia solo la memoria e la logica mentre le capacità inventive, emotive o la capacità di stabilire connessioni tra i fenomeni non sono prese in considerazione. La didattica è la trasmissione di un metodo di apprendimento, non c’è comprensione ma l’importante è centrare il bersaglio. Nei compiti spesso veniamo penalizzati di 0,5 punti per le risposte sbagliate, per non farci tirare a caso. Questo è un po’ come se il banco barasse perché se pensi l’insegnamento come apprendimento di una risposta giusta allora anche chi studia fa economia visto che l’obbiettivo è raggiungere il punteggio giusto anche noi studiamo in base a quell’obbiettivo e non per conoscere”.
È in ballo qui la questione radicale di cosa sia l’intelligenza e di cosa farne. Una questione non da poco per degli adolescenti, affrontarla implica una grossa responsabilità, si potrebbe dire stiano lottando per questo. Per capire. “È stata come una scoperta. Noi stiamo al classico, no? La scuola rinomata e all’avanguardia. La struttura non ha problemi, tutte le aule hanno la lavagna elettronica, non ci manca nulla in teoria. Però quando abbiamo sentito che al Santoni protestavano per il freddo o che non mi ricordo dove era caduta una finestra in testa a una ragazza allora ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti, anche noi stiamo male. Anche noi viviamo con disagio questa scuola, il fatto di essere trattati come contenitori, non essere mai partecipi di quello che studiamo. Vogliamo porre il problema perché basta guardarci siamo tutti stressati, tutti travolti dall’ansia, ma che sarà quest’ansia a sedici anni”. E i professori sono parte di questo rapporto, lo attuano, lo dispongono. Un anello intermedio che a volte vive con disagio questo sistema di infilare i ragazzi nella gabbia del numero e della burocrazia, sa che fa una violenza, altre volte tace, per paura di vedere compromessa la sua autorità.
“Quando provano a intervenire con gli strumenti a disposizione fanno più danni che altro. Allora fioccano i b.e.s, i bisogni educativi speciali, le richieste di sostegno, gli appuntamenti con gli psicologi, i disturbi dell’attenzione. Non so quanto funzionino queste cose, non possiamo mica essere tutti con dei disturbi, oppure se è così può essere che sia la scuola ad avere un disturbo”. Al Classico in particolare l’occupazione si è trasformata in un nuovo incontro con parte del corpo docente, a partire però dallo scontro contro il funzionamento della scuola, su cosa fa, a cosa serve, in cosa trasforma i ragazzi. “I primi giorni sono stati segnati da un muro contro muro. Le minacce di non fare i progetti, le gite scolastiche, di comprometterci l’anno, i compiti infilati in mezzo alla protesta, poi quando hanno visto che proseguivamo alcuni hanno iniziato a capire”.
Sabato mattina, il 26 gennaio, prima di lasciare l’occupazione gli studenti del classico convocano un’assemblea con i professori. La vogliono fare avendo ancora la scuola sotto il proprio controllo. I professori vengono quasi scortati in palestra dal servizio d’ordine. L’assemblea inizia tesa con reciproche accuse, alcuni se ne vanno, ma qualcosa passa. Esce fuori un documento in cui viene rivendicato rispetto per la voce studentesca, spazi autogestiti per gli studenti, il ritorno a una comunicazione diretta e non mediata dal registro elettronico, strumenti di valutazione reciproca e non unilaterale: “Ci accorgiamo che talvolta i professori formulano opinioni sugli studenti basate esclusivamente sul voto; ci teniamo a ribadire che prima di tutto siamo persone, con un valore che va al di là del mero rendimento scolastico. Inoltre frequentemente le valutazioni, sia positive che negative, non vengono sufficientemente motivate, impedendo così che ci possa realmente essere una crescita dello studente”.
È una partita sulla normalità. La normalità dell’ordine precedente non è più accettata. Se a difesa di questo la diga dei professori cede c’è quella del preside, se quella del preside cede c’è quella delle guardie. Con l’occupazione del Biologico il 25 gennaio e del Fascetti il 30 a Pisa si tocca quota 11 istituti occupati su 11. Al Pesenti di Cascina, a pochi chilometri dal capoluogo non vogliono essere da meno. Le motivazioni sono le stesse. Martedì 29 inizia un’assemblea permanente. Dopo poche ore arrivano le volanti della polizia municipale e dei carabinieri. Questi irrompono nell’edificio e appendono letteralmente al muro il primo ragazzo che gli capita a tiro. Scoppia il parapiglia, anche un docente si frappone per liberare il ragazzo. Le volanti se ne vanno. Inizia l’occupazione della scuola. I prof si uniscono alla protesta: “anche noi docenti ci siamo riuniti in una nostra assemblea per prendere posizione rispetto al documento fornitoci dagli alunni contenente le loro motivazioni. Ci preme stigmatizzare il comportamento delle forze dell’ordine che, con tono intimidatorio e non consono ad una comunità scolastica, hanno prelevato fisicamente uno studente, già precedentemente identificato, che non stava commettendo alcun atto provocatorio”.
Con l’avanzare dei giorni sarà difficile tenere alta l’intensità della mobilitazione, anche perché la posta è alta e sta sulle regole di controllo delle scuole, sulla vita al loro interno, sul loro funzionamento. Eppure non sarà facile tornare indietro, ristabilire a pieno le precedenti gerarchie. Un virus si è propagato. Perché più o meno come recitava un volantino o una poesia scritta al Santoni sul banco durante una lezione al primo giorno dopo l’occupazione: “siamo stanchi ma determinati, infine desiderosi di essere quello che siamo...”
1 note
·
View note
Photo
New Post has been published on http://www.tempi-dispari.it/2018/11/16/lucca-comics-games-numeri-da-capogiro-pronte-le-prossime-date-omaggio-a-stan-lee-con-251-000-fans/
Lucca Comics & Games, numeri da capogiro, pronte le prossime date. Omaggio a Stan Lee con 251.000 fans
Si terrà dal 30 ottobre al 3 novembre 2019 la prossima edizione di Lucca Comics & Games, che con quella conclusa la settimana scorsa si è confermato il maggior show crossmediale dell’Occidente. Circa 251.000 presenze da ticketing, cui si sommano le centinaia di migliaia extraticketing, hanno pacificamente colorato e arricchito, all’insegna del più assoluto rispetto, il prezioso centro storico cittadino. Nei cinque giorni in programma l’anno prossimo, l’obiettivo sarà migliorare l’edizione appena conclusa, giudicata da pubblico e addetti ai lavori una delle migliori di sempre, per affluenza di pubblico, qualità della proposta culturale, varietà dell’offerta merceologica e risonanza mediatica.
“Lucca Comics & Games non è un festival che si occupa di cultura, ma èun festival che fa cultura – commenta Emanuele Vietina, direttore generale di Lucca Crea Srl – che assume la modalità ludica come matrice di partecipazione attiva, pietra angolare per analizzare i vari linguaggi della cultura pop contemporanea”. Prova ne è l’avvio del progetto del Game Science Center: un centro di ricerca interuniversitario in materia di game science, nato dalla collaborazione tra la Scuola IMT Alti Studi Lucca e Lucca Crea, aperto alla partecipazione e alla collaborazione di altre istituzioni del mondo universitario e scientifico, così come altre manifestazioni ludiche italiane e internazionali.
La formula ormai consolidata dei cinque giorni sarà ripetuta per tutto il prossimo quadriennio. Fatte salve le ovvie verifiche e conferme annuali, le prossime edizioni di Lucca Comics & Games fino al 2022 dureranno anch’esse cinque giorni. Ecco le date:
2019: mercoledì 30 ottobre – domenica 3 novembre
2020: mercoledì 28 ottobre – domenica 1 novembre
2021: giovedì 28 ottobre – lunedì 1 novembre
2022: venerdì 28 ottobre – martedì 1 novembre
In cinque giorni sono state 250.263 le presenze da ticketing (pari a 4 volte il pubblico della finale 2018 della Champions League). A questi si aggiungono i 331 Level Up Fan, visitatori che hanno scelto il nuovo e speciale abbonamento a cinque giorni con servizi e possibilità aggiuntive, tra cui accessi prenotati agli incontri con coupon, possibilità di incontri diretti con alcuni ospiti, la lounge dedicata nel prestigioso palazzo Arnolfini. Senza contare poi gli accreditati (espositori, media, autori, ospiti e staff) e tutti i semplici visitatori senza biglietto, che si sono riversati in città per vivere per davvero il centro storico lucchese e portarne per il mondo l’immagine e il ricordo.
La “fruizione digitale” della manifestazione ha amplificato ulteriormente il pubblico: la rinnovata app Lucca CG Official dedicata alla manifestazione è stata scaricata quasi 14.000 volte (il 50% in più rispetto al 2017), mentre sono già oltre 21.000 gli utenti registrati nell’area riservata del sito www.luccacomicsandgames.com, una community nella community, che ha potuto selezionare gli eventi e i padiglioni preferiti, inserirli nella propria agenda e raggiungerli tramite navigatore all’interno della città.
E a proposito di personalizzazioni, sono stati circa 30.000 i poster di LRNZ generati dagli utenti, grazie alla genialità dell’artista romano e al software messo a punto da Mauro Stazi e dallo Studio Kmzero. Per la prima volta al mondo, Lucca Comics & Games rivoluziona la storia delle affiche dando vita a un festival rappresentato non da un’immagine, ma da milioni, tutte diverse, prodotte dall’intelligenza artificiale su input visivo di Lorenzo Ceccotti, e personalizzate dal pubblico stesso: un esperimento di costruzione visiva in cui si mescolano l’individualità dell’artista e la pluralità degli spettatori, la creatività umana e le infinite possibilità del linguaggio macchina.
Dal gioco al fumetto, dal videogioco ai collectible: assalto al “salone dei saloni”
Il padiglione a campata unica più grande d’Italia (il “Carducci”, ampio 10.000 mq) con al suo interno il meglio dell’editoria del gioco da tavolo, accompagnato dalla narrativa fantasy e di fantascienza; l’unico padiglione in Europa che ingloba al proprio interno una statua di pregio storico-artistico (il “Napoleone”, dedicato alla grande editoria del fumetto, che ha al centro la statua di Lorenzo Bartolini dedicata a Maria Luisa di Borbone); un nuovo padiglione di 1.000 mq, terzo per ampiezza, dedicato al videogioco e all’hardware di qualità (il neonato “Bit District”); due padiglioni monografici (Hasbro e Funko) che hanno realizzato il sold out prima della fine della manifestazione e hanno innalzato ulteriormente il livello dell’offerta di gadget e collezionabili.
Lucca Comics & Games si conferma un vero e proprio “salone dei saloni”, in cui l’editoria di fumetti, ludica e di narrativa incontra il pubblico e un’offerta culturale di livello internazionale. Prova ne è stata, domenica 4 novembre, la visita del senatore Vito Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’editoria, che ha voluto incontrare coloro che trasformano il sogno autoriale di fumettisti, illustratori e game designer in una realtà tangibile e raggiungibile dal grande pubblico: gli editori. Il sottosegretario, frequentatore della manifestazione anche in passato, ha incontrato dapprima gli editori delle grandi factory del gioco da tavolo nel padiglione “Carducci”, ha salutato alcuni direttori delle case editrici di fumetto in occasione dell’incontro organizzato dal quotidiano “La Repubblica” a chiusura dell’evento, senza tralasciare la stretta di mano (da appassionato) al suo autore preferito, l’americano Robert Kirkman, padre della saga “The Walking Dead”, anche quest’anno ospite in fiera.
Incontri memorabili, ospiti d’eccezione e spettacoli “made in Lucca”
I cinque giorni del 2018 saranno ricordati per gli oltre 2.000 eventi, molti di questi inediti, alcuni probabilmente irripetibili, tutti a loro modo unici perché “made in Lucca”: format e occasioni che si concretizzano solo durante la manifestazione. Tra queste migliaia, perciò, citiamo soltanto:
-il “summit” tra Leiji Matsumoto (il creatore di “Capitan Harlock”), Umberto Guidoni (astronauta) e Licia Troisi (scrittrice e astrofisica), che ha messo insieme chi nello spazio ci ha fatto viaggiare con la fantasia, chi ci è stato per davvero e chi l’ha studiato dal nostro pianeta;
-l’anteprima assoluta di “Kobane Calling On Stage”, lo spettacolo teatrale basato sull’omonima graphic-capolavoro di Zerocalcare, format ideato e prodotto da Lucca Comics & Games, scritto e diretto da Nicola Zavagli (sold out al Teatro del Giglio);
-“Figli di Paz!”, la serie di video interviste, coordinata dal festival, con autori e personalità che hanno colto l’eredità di Andrea Pazienza a 30 anni dalla scomparsa (in collaborazione con Centro Fumetto Andrea Pazienza, ARF Festival e Coconino Press);
-ilMondiale di “Pandemic”, il popolarissimo gioco da tavolo collaborativo che ha scelto Lucca per celebrare la propria fase finale, alla presenza del suo creatore, l’americano Matt Leacock;
-il convegno degli autori italiani di giochi di ruolo, primo appuntamento di sempre nel suo genere, per individuare le specificità italiane della creazione dei GdR;
– la quinta edizione di “Voci di Mezzo”, i grandi brani della letteratura fantasy letti dai big del doppiaggio italiano, capitanate dal Francesco “Gollum” Vairano (sold out al Teatro del Giglio);
-“Un viaggio d’anime”, il concerto ideato e prodotto da Lucca Comics & Games, con le colonne sonore dei capolavori d’animazione anni ’90, cantate da Stefano Bersola, Pietro Ubaldi, gli Animeniacs Corp e la Bim Bum Bam Band (guest Fabrizio Mazzotta e Guiomar Serina dei “Cavalieri del Re”).
Il videogioco nei luoghi d’arte, le serie tv tra le Mura e le piazze, e il fumetto… ovunque
Lucca Comics & Games 2018 ha confermato quella caratteristica che rende l’evento differente da tutte le altre fiere di settore: la perfetta e irripetibile commistione tra universi narrativi, tecnologia e contesto monumentale e artistico della città.
Il mondo del videogioco esemplifica questa commistione. Basti pensare a:
la ESL Cathedral, ovvero i tornei professionistici di eSport di ESL Italia, nell’Auditorium San Romano (quello che fu il più antico convento lucchese, splendidamente affrescato nel ‘500);
il neonato Esports Palace nel cuore di piazza Santa Maria, dove ha fatto tappa anche Jean Alesi, amatissimo ex pilota Ferrari, con la sua Academy sulla scia dei talenti di domani;
Kingdom Hearts III, terzo episodio della celebre saga videoludica, ha invaso la magnifica Villa Bottini e ha attirato anche la visita dal Giappone dell’executive producer Shinji Hashimoto;
“Lone Wolf AR”, il gioco mobile in realtà aumentata, dedicato al Lupo Solitario dell’indimenticato Joe Dever, e testato nella sua prima ambientazione: le vie del centro città;
e soprattutto il TIM Dome, ovvero l’edificio della cavallerizza napoleonica dove tutti i giorni si sono giocati con TIMGAMES i Tornei di “TIM Asphalt 9″ (alla presenza dei Mates).
Anche il mondo del cinema e delle serie tv ha avuto per sfondo d’eccezione non un piccolo o un grande schermo, ma una serie di set irripetibili, tra i quali per esempio:
il Baluardo San Colombano, che si è trasformato nel Sotterraneo di Westeros, dedicato alla serie tv “Game of Thrones” (e visitato da Sibel “Shae” Kekilli)
piazza Anfiteatro, che ha accolto il padiglione di Netflix tutto dedicato a “Narcos: Messico”, la nuova serie della saga (e sono arrivati i protagonisti, Diego Luna e Michael Peña)
piazza San Michele, ormai da anni sede dell’attesissimo padiglione Warner Bros., meta di migliaia di visitatori, che nell’attesa di entrare hanno potuto scattare suggestive foto dal sotto insù della statua dell’Arcangelo, uno dei simboli di Lucca
piazza della Cittadella, con la statua di Giacomo Puccini, che ha festeggiato 4 dei famosi “44 Gatti” della mitica canzone dell’Antoniano, trasformata da Rainbow in serie tv per RaiRagazzi (e abbiamo visto l’anteprima mondiale al cinema Centrale – e nel rinnovatissimo Lucca Junior al Real Collegio Rainbow ha iniziato i festeggiamenti per i 15 anni delle Winx).
Ma naturalmente il fumetto e il gioco rimangono i due pilastri della manifestazione, in una miscela di tradizione e novità, come:
la già citata mostra diffusa di Dampyr e l’installazione dell’opera dell’artista NoCurves (di fronte alla Fondazione Banca del Monte di Lucca) che ha aperto la manifestazione;
la nascita di “Piazza Star Comics”, padiglione integrato con piazza San Giovanni, di fronte alla chiesa-auditorium, a sua volta ribattezzata Sala Robinson per la presenza del media partner;
la Sala del Vescovado concessa per gli appuntamenti dedicati ai 70 anni di Tex e agli incontri di Sergio Bonelli editore.
Villa Gioiosa, dove dal 2014 al Boardgame Studio vengono provate le novità di gioco da tavolo e di gioco di ruolo del panorama italiano e internazionale (tra cui la finale del campionato di Bang!) anche alla presenza degli autori, e dove si tengono educational e seminari sull’universo ludico.
Lo sbarco su Twitch e l’impatto mediatico: Lucca oltre le Mura
Primo evento al mondo del suo genere, Lucca Comics & Games ha approntato, in collaborazione con AK Informatica e Tom’s Hardware, un network di canali di riprese in diretta su Twitch.tv, la piattaforma streaming del gruppo Amazon che è stata media partner della manifestazione:
35 canali nel team di “Lucca CG Live” (il canale principale) tra location, partner e caster
oltre 123 ore di diretta totali e 835.281 minuti visualizzati
più di 127.000 spettatori unici
oltre 213.000 visualizzazioni complessive
“La community di Twitch è appassionata di tutto ciò che riguarda videogiochi, fumetti e cultura pop ed essere streaming partner esclusivi di Lucca C&G è stato quanto di più adatto per il nostro brand – dice Ines Mostaccio, Partnerships Manager, Twitch – insieme abbiamo creato qualcosa di unico ed emozionante per i nostri spettatori e non vediamo l’ora di collaborare nuovamente in futuro”.
Sono stati oltre 1.500 gli operatori media accreditati, con rappresentanti da Stati Uniti, Francia, Belgio, Svizzera, Austria, Ungheria ed Europa dell’Est. Infine, per la prima volta in Italia una comic-convention è arrivata sulla prima pagina di un quotidiano nazionale: è successo su “La Repubblica” di domenica 4 novembre, segno di un’attenzione sempre maggiore dei media nazionali e internazionali per il nostro programma culturale e per gli operatori che decidono di investire su Lucca Comics & Games.
TIM, un main sponsor con contenuti di qualità
“Siamo molto soddisfatti della nostra partecipazione a Lucca Comics & Games, che ha rappresentato un’importante occasione di confronto con le communities che TIM ha ingaggiato con attivitàrealizzate ad hoc per l’evento– dichiaraCristiano Habetswallner responsabile Sponsorship & Events di TIM –Sono stati oltre 35mila i visitatori del TIMDome, cuore pulsante della nostra presenza all’evento, e oltre mille i cosplayer che hanno animato il palco del TIMCasting, più di 500 le foto scattate. Una presenza pervasiva attraverso iniziative di e-gaming con i Mates, testimonial del torneo ‘TIM Asphalt 9’, il lancio in anteprima delle serie TV ‘Siren’ e ‘Marvel’s Runaways’ di TIMVISION e anche la creazione di un’app dedicata per seguire tutti gli eventi in tempo reale, raggiungere i diversi padiglioni con il navigatore in realtàaumentata e partecipare alla ‘caccia ai RobotTIM’”.
Hanno detto di Lucca Comics & Games 2018…
“Questo festival mi fa dire che c’è speranza, nel mondo”. Leiji Matsumoto, autore di fumetti e anime
“Lucca è un festival unico, il festival è ovunque, nei padiglioni, per le strade, nei palazzi storici, nelle chiese, nei bar, nei ristoranti. A fare il festival sono anche le persone e l’intera comunità. Bisogna che i miei amici americani vengano qui per capire come si fa una convention. Da tutto il mondo devono venire qui a imparare”.Neal Adams, autore di fumetti
“Sono stato in decine di convention, dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti e devo dire che questo festival non ha paragoni nel mondo”. Miltos Yerolemou, attore del “Trono di Spade”
“Questa edizione per me ha marcato venticinque anni di carriera come autore di giochi professionista nonchéfruitore– e talvolta ospite – della manifestazione. Ancora una volta Lucca C&G mi ha mostrato come ‘Made in Italy’ vuol dire creativitàe inventiva, ma anche professionalitàe cura di ogni dettaglio – gli stessi ingredienti che servono a fare un bel gioco”. Francesco Nepitello, tre volte Best of Show di Lucca Games (a proposito, buon 25° anno, Lucca Games!)
“Sale piene agli incontri, il momento di confronto con chi ci legge. Lavoriamo mesi per prepararci a questo momento. Lucca è un luogo geografico ma anche una scadenza temporale, le novitàle prepariamo per Lucca”.Michele Masiero, direttore editoriale Sergio Bonelli Editore
“Sono venuto in viaggio per lavoro a Lucca per incontrare l’editoria del fumetto e del gioco, in una manifestazione che conosco bene, in continua crescita all’insegna dell’innovazione”.sen. Vito Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’editoria
“A Lucca Comics & Games, l’evento più importante e grande d’Italia, […], l’editoria– a fumetti, certo; ma tutta, nella sua totalità – riprende fiato. Respira. […] E anche il cinema, e la serialità, ritrovano spazio e dignità. Perchéc’è un senso effettivo di comunitàe di scambio, di cultura –dinamica –e di partecipazione. E perchéc’è una narrazione credibile e capace, perchéi vari momenti sono messi in contatto, perchénon si parla solo di libri ad una bolla, ma si parla di libri a tutti: a tutte quelle duecentocinquantamila persone che ci vanno”.“Esquire”
“È la madre di tutti i festival”. “Robinson-La Repubblica”
“La Mecca della cultura pop”. “Variety”
“Il fumetto, grazie a Lucca, fa notizia al pari dei grandi avvenimenti e fatti notiziabili. E sì, siete liberi di stupirvi”.“Fumettologica”
Il saluto di Lucca a Stan Lee
“Abbiamo ancora davanti ai nostri occhi – dice il direttore Emanuele Vietina – le immagini di Stan Lee che a Luciano Secchi davanti alla cattedrale di San Martino nel’73 raccontava l’incipit di una storia mai scritta (e magari, chissà, ancora da scrivere) ambientata proprio nella nostra città: l’Uomo Ragno e i Fantastici Quattro devono impedire al Dottor Destino di impadronirsi nientemeno che dell’Italia intera. Era un esempio di ciò che ancora oggi tentiamo qui a Lucca: far collidere mitologie contemporanee di tutto il mondo in uno scenario impareggiabile, mettendo sempre al centro il pubblico dei lettori e degli autori. Stan nella sua luminosa carriera ci ha indicato come esplorare nuovi e incredibili mondi, noi vogliamo seguire la sua strada con entusiasmo e determinazione: glielo dobbiamo, oggi più che mai”.
2 notes
·
View notes