#Carducci e il ricordo
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“Alla stazione in una mattina d’autunno” di Giosuè Carducci: Il Dolore dell’Addio e l’Eterna Ombra del Novembre. Recensione di Alessandria today
Un viaggio attraverso il distacco e la malinconia autunnale
Un viaggio attraverso il distacco e la malinconia autunnale Nella poesia Alla stazione in una mattina d’autunno, Giosuè Carducci ci conduce in un viaggio interiore denso di malinconia e dolore, in una mattina plumbea e piovosa che sembra riflettere lo stato d’animo del poeta. Le immagini di fanali fiocamente illuminati, di pioggia battente e di un convoglio che parte nell’oscurità si mescolano…
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🍷 𝗘𝗻𝗼𝘁𝗲𝗰𝗮 𝗧𝗼𝗴𝗻𝗼𝗻𝗶. 𝗕𝗼𝗹𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶 Vacanze a Bolgheri? Vi ricordo l' Enoteca Tognoni nel centro di Bolgheri. Appena entrati bellissime pareti di vini dove poter scegliere e portare al tavolo la nostra bottiglia. (Prezzi ottimi). Ambiente ampio, caldo e colorato di parole nei mesi freddi invernali e ampio giardino nel cuore del Borgo nei mesi caldi estivi. Menù tipicamente di piatti toscani. Della terra Toscana. Antipasti di salumi, formaggi crostini caldi e giardiniera (15 €). Primi piatti di cacciagione (14 €) non manca ovviamente la carne, bistecche (5 €/h) tartare (14 €) È aperto tutto il giorno con orario continuato anche per degustazioni di vini e taglieri. 🇬🇧 I tried the Enoteca Tognoni in the center of Bolgheri. As soon as we enter, beautiful walls of wines where we can choose and bring our bottle to the table. (Excellent prices). Large, warm and colorful environment with words in the cold winter months and large garden in the heart of the village in the hot summer months. Typically menu of Tuscan dishes. Of the Tuscan land. Appetizers of cured meats, cheeses, crostini and giardiniera (15 €) First courses of game (14 €), obviously there is no shortage of steaks (5 € / h) tartare (14 €) If you go, try it and let me know, it's open all day long even for wine tastings and platters. 👉 Enoteca Tognoni 📍 Strada Lauretta, 5, Bolgheri. Castagneto Carducci LI ☎️ 0565 762001 💶 35 - 45 € 🍷
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Modena, oltre cento alunni uniti nella commemorazione in onore delle vittime di mafia
Modena, oltre cento alunni uniti nella commemorazione in onore delle vittime di mafia. "Addio amici, addio famiglia. Spero che quello per cui ho combattuto sia servito, che la mia lotta non muoia con me...". Sono le ultime parole di Piersanti Mattarella, immaginate e interpretate da alcuni studenti giovedì 21 marzo, in occasione di un'iniziativa per la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. La commemorazione si è svolta in presenza di oltre cento alunni, provenienti da alcune classi delle scuole medie Carducci e Mattarella, di fronte alla stele nell'area verde di via Carlo Alberto Dalla Chiesa che omaggia, appunto, donne e uomini uccisi dalla criminalità organizzata. All'evento, organizzato dal Quartiere 3, erano presenti il presidente del Consiglio comunale Fabio Poggi, il vicepresidente del Quartiere 3 Nino Remigio e alcuni volontari modenesi di Libera, associazione che dal 1995 sensibilizza la società civile nella lotta alla criminalità organizzata. Al centro della commemorazione la lettura di due testimonianze degli studenti, sintesi dei percorsi di legalità svolti nelle scuole. In particolare, gli allievi delle classi prime dell'Istituto Piersanti Mattarella hanno teatralizzato gli ultimi attimi di vita proprio del presidente della Regione Siciliana, assassinato dalla mafia il 6 gennaio 1980, in presenza dei familiari. La breve performance ha permesso di trasporre un progetto creato durante l'anno che racconta, con l'ausilio di tecniche cinematografiche, le vicende di magistrati, giornalisti e politici uccisi dalla criminalità, a cui sono dedicate le vie limitrofe alla scuola (video disponibili su www.ideacinema3.ic3modena.edu.it). L'incontro con personalità impegnate contro le mafie, ma soprattutto il lavoro annuale svolto con la criminologa romana Flavia Fiumara, sono stati, invece, al centro della testimonianza letta dagli studenti della 2^C delle scuole Carducci. Nell'istituto, infatti, dal 2010, è attivo un progetto di legalità che consiste nell'approfondimento di storie di donne e uomini impegnati, anche a prezzo della propria vita, nella lotta quotidiana contro la mafia "che è una cosa orribile e potente – hanno concluso i ragazzi – ma non invincibile perché, parafrasando Giovanni Falcone, come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio e avrà una fine". Nel suo intervento, il presidente Poggi ha voluto sottolineare l'importanza di contrastare le mafie a partire dal valore della cultura e dalla formazione proprio nelle scuole: "La conoscenza, lo studio, i saperi – ha affermato – se resi vivi e operanti nella nostra quotidianità, ci rendono persone libere capaci di sognare e progettare il proprio futuro senza affidarlo a chi, con prepotenza e con l'inganno, ci promette illusioni in cambio di obbedienza, omertà e rinuncia della propria dignità". Dopo le testimonianze, sono stati letti i nomi di alcuni magistrati uccisi dalle mafie ed è stato osservato un momento di silenzio. Al termine, è stata deposta una corona di fiori davanti alla stele commemorativa collocata 15 anni fa, nel 2009, nell'area verde della via dedicata al generale e prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Posizionato in area pubblica il defibrillatore in ricordo della giovane Alessia Angulo
Posizionato in area pubblica il defibrillatore in ricordo della giovane Alessia Angulo
Livorno, 18 febbraio 2022 Con una breve cerimonia è stato posizionato il primo defibrillatore a Livorno in area pubblica all’incrocio tra viale Carducci e viale Ippolito Nievo. Il DAE (Defibrillatore Semiautomatico Esterno) è stato donato dai familiari di Alessia Angulo, quattordicenne deceduta in seguito ad un incidente stradale a febbraio 2011 e da sette scuole di danza che, coordinate da…
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MINIMA IMMORALIA
Era l’autunno del 1991 e le meraviglie potenti dell’internet mi confermano il ricordo di un autunno caldo, sferzato dalle terzine dello Scirocco che accumulava vortici di foglie di platano rossastre, assieme al pino marittimo sfascia-marciapiedi l’albero d’ordinanza della città di Viareggio.
Il papà del tizio che leggeva Il Caprettino durante l’abbattimento delle Torri Gemelle dieci anni dopo (SOLO DIECI?!) aveva appena deciso che friendship ended with Saddam Hussein, now petrolio is my best friend e due o tre mesi prima aveva dichiarato che era cominciata La Prima Guerra del Golfo, solo che essendo dieci anni prima della seconda non aveva messo ‘prima’ davanti a ‘guerra’ (un po’ come se ora dicessi Prima Pandemia Covid... ogni cosa a suo tempo!).
Comunque, siccome ci volevamo scrollare di dosso l’etichetta di fancazzisti alvarovitalisti figli delle stellestrisce anni ‘80 avevamo deciso di occupare il nostro Liceo Classico Giosuè Carducci per protestare-contro-la-guerra™ e caso voglia che io mi ritrovassi fra quelli che avevano appuntato sulla camicia un cartellino con su scritto ‘COSTITUENTE’ e anche se in trent’anni non ho mai avuto il coraggio di chiedere cosa diamine significasse (ora cerco su wikipedia... uh... AH! Quella costituente! LOL) mi ritrovai a far parte di coloro che dovevano guidare LA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA che sarebbe partita dalla scuola fino ad arrivare al Municipio per poi giustiziare tutta la giunta, appendere il sindaco a testa in giù in piazza e prendere il potere.
A mia preventiva discolpa posso dire che mi ero svegliato appena un’ora prima sulla spiaggia senza sapere come ci fossi finito ed ero incrostato di sabbia mista a malessere psico-fisico, quindi arrivai in ritardo al briefing sovversivo e mi infilai quatto quatto e molto stordito nelle prime file che si stavano muovendo verso la sede del Comune.
Suoni di clacson di macchine ferme, cori di protesta che denotavano una certa qual verve versiliese (’LE TESTATE LE VOGLIAMO DI SICURO! QUELLE DI BUSH CONTRO IL MURO!’) e nemmeno l’ombra di un poliziotto in tenuta antisommossa con facce e scudi da oplita (cit.), giusto per dire quanto ci prendessero sul serio.
Arriviamo davanti al Municipio, sento che che la concitazione aumenta ed è a quel punto che mi danno qualcosa in mano e mi spingono dentro. Faccio per prendere un sorso dalla bottiglia di vino che mi avevano allungato ma no... è un megafono.
L’attimo dopo tutta la Costituente (sei stronzi, me compreso) è sul balcone del Municipio e sotto di noi una massa variegata e multicolore di studenti che ancora adesso mi pare di sentire lo smell di teen spirit a base di ormoni e ascelle a malapena purificate.
Laggiù le giacchette e i tailleur d’ordinanza del liceo Classico, accanto le camicie abbottonate al colletto del Liceo Scientifico, più in là le cerate e i berretti di lana del Nautico e sullo sfondo i bomber e le catene di quelli dell’Itis.
Mi sentivo Cyrus nei Guerrieri della Notte.
Silenzio improvviso e occhi puntati sul balcone.
Stavano tutti aspettando che il tizio col megafono dicesse qualcosa.
Io mi guardo attorno per cercare il tizio col megafono e incoraggiarlo a fare un discorso appassionato ma poi mi ricordo che il megafono ce l’ho io ed è troppo tardi per mollarlo a qualcun’altro o far finta che siano scariche le pile.
Mi schiarisco la voce (sento la sabbia mista a vodka da due soldi che si scrosta dalle corde vocali), penso alla tragedia di una guerra ingiusta in una terra così lontana (così lontana che manco sapevo dove fosse) e facendomi ispirare da tutti quei valori che nei miei lunghi 18 anni di vita mi avevano scaldato l’animo e indicato la via, urlo
SUL PONTE SVENTOLA BANDIERA BIANCA!
Se prima di prendere parola avevo creduto che ci fosse stato silenzio, fu in quel momento che dio dovette aver premuto MUTE sul telecomando del mondo, perché tutte le persone si immobilizzarono e sgranarono gli occhi con aria... sconvolta? Delusa? Omicida?
Laudato si' mi' signore per sora nostra morte corporale - pensai.
E poi, con un’unica e compatta voce la folla di studenti mi urlò indietro
E poi fu tutto un picchiare manate di congratulazioni sulle spalle e urla di giubilo al mio indirizzo mentre il corteo riprendeva a sfilare in ogni dove cantando in coro ‘Mister tamburino non ho voglia di scherzare, rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare’ e io che capivo un cazzo meno del solito, mi ritrovai a voler solo pisciare e dormire, preferibilmente non in contemporanea...
...ma evidentemente, dovevo aver fatto la cosa giusta al momento giusto.
Cosa e quale momento me lo sto chiedendo ancora adesso.
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Per anni mi sono domandata cosa fosse quella villa immersa nel verde e parte del campus universitario di Bari.
Ieri mi sono messa d'impegno e finalmente ho trovato le informazioni.
Villa Sbisá o anche Villa Maria Luisa adesso parte della facoltà di Agraria. È circondata da un giardino e alberi di ulivo sono posti lungo il perimetro. Nel periodo di maturazione le olive cadono sul marciapiedi che costeggia la villa e si rischia di scivolare. Io ho rischiato spesso.
Ho scoperto che in passato quella che un tempo era la campagna di Bari era piena di villini Liberty della ricca borghesia. Purtroppo molte di queste ville sono state abbattute perché private e non sottoposte a vincolo, ma due sono di proprietà dell'università.
L'altra villa di proprietà dell'università è Villa La rocca,sede dell'Accademia pugliese delle scienze.
Altre due Villa Romanazzi Carducci e Villa de grecis sono sale ricevimenti.
Villa Romanazzi Carducci è una sorta di oasi immersa nella città moderna e trafficata.
Ci sono anche dei bellissimi villini che erano stati costruiti per i dipendenti di Postelgrafonici negli anni 20 ma una parte è stata abbattuta nel 1969 per la costruzione di un'arteria stradale.
Pochi di quei villini sono sopravvissuti e fanno capolino tra i condomini.
Prima. Dopo.
Questa era la sede amministrativa della birra Peroni,ora non c'è più perché è stata abbattuta per costruire un nuovo edificio residenziale. Questa la ricordo bene.
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Ciao a tutti sono scat Chan, oggi vi racconterò una mia esperienza successa quattro anni fa a casa di una mia amica.
Era un giorno di inverno, precisamente dicembre, ero a casa di una mia amica per un compito scolastico, di terza media
Dovevamo fare una ricerca su Giosuè Carducci, quel giorno avevo mangiato del cibo messicano piccante mischiato con due banane e un pollo rinforzante con caffè alla fine, il caffè l ho bevuto di nascosto dato che i miei non volevano che lo bevessi, inoltre non andavo in bagno da due giorni ma mi sentivo bene quindi decisi di prepararmi per il pomeriggio e andare a casa della mia amica,
Una volta arrivata lei mi accolse con un abbraccio, non vedeva l ora di incominciare la ricerca insieme a me, dato che per una settimana è stata col raffreddore e non ci siamo visti per nulla.
Dopo pochi minuti sua madre se ne andó a lavoro me tre suo padre non c'era, così abbiamo iniziato il nostro lavoro intente a finirlo Il prima possibile perché volevamo giocare, dopo circa un'ora e mezza finimmo il lavoro e tutte soddisfatte ci mettemmo davanti la TV per giocare con la Xbox One, dopo qualche minuto iniziai a sentire una strana pressione sulla pancia ma essendo poco meno di un leggero fastidio lo ignorai, pensando fosse colpa del piccante, continuammo a giocare divertendoci e sgranocchiando cereali al farro, dopo un oretta di gioco la mia amica volle chiare chiedendomi se mi andava di giocare al twister, accettai subito pensando fosse un ottima idea dato che non ci giocavo da molto tempo, beh che dire mai scelta fu più sbagliata, appena mi alzai dal divano sentii un leggero crampo che mi constrinse ad incrociare leggermente le gambe, ancora una volta ignorai l urgenza della situazione credendo fosse solo un po' di gas intestinale nel gergo scorreggia, laia amica mi chiese se fosse tutto apposto, le dissi di si lasciando andare qualche leggera flatulenza, leggermente udibile, così dissi di iniziare il gioco.
Iniziammo il gioco e già dopo poche mosse ci ritrovammo ingrovigliati tra noi stessi, ogni tanto inoltre sganciavo qualche scorreggia a per aglievare la pressione sullo stomaco che si faceva sempre più persistente, alla fine del primo round dovetti stare un po' ferma in piedi perché non mi sentivo bene ma dopo poco ricominciammo a giocare facendo altri quattro round, non sto qua a dirvi quanto fu difficile per me resistere alla pressione che pian piano si trasformava in dolore, alla fine dell' sesto round non potei piu ignorare i segnali che il mio corpo mi mandava capendo che avevo una grave urgenza di andare in bagno, ma non volevo dire niente alla mia amica pensando che avrebbe riso di me, inoltre tra un oretta mia madre sarebbe venuta a prendermi, quindi pensai di poter resistere ancora un po'chino, dissi alla mia amica che ero stanca ma lei voleva fare un altro giro al twister, il settimo per la precisione, prima di fermarsi, dato che non volevo essere una seccatura accettai, iniziato il gioco mi dovetti bloccare per stringere le chiappe il più forte che potevo tre volte di fila, la mia amica si preoccupi di nuovo per ma me ma la rassicuarai dicendole che era tutto apposto e che ero solo un po' stanca.
Dopo pochi minuti lei fini con la testa sotto al mio sedere, e proprio in quel momento mi venì un crampo così forte da farmi bloccare e irrigidire tutta, non volevo avere un incidente davanti alla mia amica, soprattutto in quella posizione.
Non sto a dirvi che tutti i miei tentativi per bloccare la ondata puzzolente che si faceva strada tra le mie viscere era inutile, presto iniziai a scorreggiare senza controllo e subito dopo sentii un calore scoppiettante invadermi il retro dei pantaloni (per la precisione dei Blue jeans abbastanza aderenti), sentii una poltiglia semi solida schiacciarsi sul mio sedere, mentre continuava ad uscire sentivo il mio ano andare a fuoco,
All inizio uscii un ceppo non molto solido di cacca seguito subito dopo da un ondata di merda molliccia incredibilmente puzzolente, potevo sentire la poltiglia che si riversava nei miei pantaloni e si schiacciava contro il mio sedere, mi lasciai andare completamente arredato n una mega cagata durata forse qualche secondo, ma che mi sembró un eternitá.
Nel mentre potevo sentire il sedere caldo grazie alla cacca, il carico mi sembrava che norme anche senza guardarlo.
da sotto il mio sedere la mia amica assistette in prima fila alla più grande disfatta che mi fosse capitata, penso che dal suo punto di vista si vide tutta la mia merda riversarsi su di lei, in quel momento ero immobilizzata dalla paura e dalla vergogna per quello che avevo appena fatto, in pochi millisecondi elaborai la situazione rendendomi conto di essermi cagata i pantaloni letteralmente sopra alla mia amica, l odore era diventato insopportabile ma tutto sommato metobolizzando lentamente la cosa iniziammo a darmi un senso di piacere, cosa che mi fece stare ancora più male, dopo pochi secondi tornai in me e mi spostai subito da scopre la mia amica con uno scatto, non l avessi mai fatto, dopo lo scatto scivolai col piede e finii per sbattere col sedere per terra, schiacciando tutto il casino che avevo fatto contro il mio sedere, a quel punto la mia amica mi guardo con una faccia sbalordirà e una mano sul naso, in quel momento avevo paura che mi gridasse di uscire dalla sua casa, o meglio dalla casa dei suoi, ma la sua reazione successiva mi lascio a bocca aperta, infatti lei inizio a sorridere inconsciamente e guardandomi mi chiese sei fossi appena fatta la cacca addosso, vedendola con quel sorriso stampato in faccia mi tranquillizzai e le risposi di si, nel mentre che io arrossivo come un peperone lei saltava di gioia chiedendomi di farglielo vedere meglio, dopo mi confesso che era una fanatica dello scat ovvero tutto quello che riguardava la cacca compreso farsela addosso, sentendo questo mi sentii molto sollevato, da quel giorno iniziammo a parlare più spesso di questo fetish e anche io inizia ad appassionarmici, purtroppo dopo quello che successe a casa della mia amica noni ricordo nientaltro, so solo che fu il mio giorno più imbarazzante della vita
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«Tutta la mia vita è stata influenzata dalle scenate che mio padre faceva a mia madre. Quelle scenate hanno fatto nascere in me il desiderio di morire».
Anche a quel tempo Pier Paolo scopre, contro suo padre, l’«antifascimo» di sua madre Susanna. I Pasolini sono a Belluno: il re è in visita alla città. La popolazione lo accoglie con qualche ostilità. Susanna «che era antifascista e teneva ingenuamente per il re, ha gridato da sola nel silenzio “Viva il Re!”. Questo “Viva il Re” me lo ricordo bene. Io però non mi ero accorto che la popolazione era ostile. Avevo solo notato la bella voce infantile di mia madre». Delle idee politiche del padre dice invece: «Mio padre era un uomo passionale, sensuale, disorientato e nel momento che ha abbracciato l’ordine, l’ha fatto sul serio. E’ diventato nazionalista fascista». Rivalità tra padre e figlio, il padre lo vuole letterato, poeta. Aveva un fratello, proprio di nome Pier Paolo, che scriveva poesie: morì a vent’anni affogato in mare. «Io fino ai sedici anni volevo fare l’ufficiale di marina. Lui [il padre] invece diceva che dovevo fare lettere. Poi naturalmente i suoi incoraggiamenti si sono ritorti contro di lui». Perché mai «contro di lui»? La risposta di Pasolini, a questo punto, è parzialmente simulatoria: «Perché lui attribuiva alla poesia un carattere ufficiale. Non pensare che potesse essere eversiva, scandalosa. Lui pensava a Carducci, a D’Annunzio». Attraverso la poesia, e la cultura, Pier Paolo si affrancava dal mondo morale del padre, dando voce a quello della madre. («Mia madre era come Socrate per me. Aveva e ha una visione certamente idealistica e idealizzata del mondo. Lei crede veramente nell’eroismo, nella carità, nella pietà, nella generosità. E io ho assorbito tutto questo in maniera quasi patologica»). Tale affrancamento è servito per lanciare in faccia al padre un mito personale del tutto «scandaloso»; — la poesia come veicolo per esprimere contro di lui, e contro ogni volto dell’autorità, il vero dell’esser «diverso», il vero del rapporto con Susanna, il tragico corollario dell’infantile Teta-veleta, l’omosessualità. Infine la «storia del matrimonio». «Tutta la mia vita è stata influenzata dalle scenate che mio padre faceva a mia madre. Quelle scenate hanno fatto nascere in me il desiderio di morire». Susanna, delicata e passiva, poteva apparire come vittima, colei che soccombeva in quelle scenate. Carlo Alberto le rimproverava futilità, «il bicchiere fuori posto, l’asciugamano non lavato, il cibo troppo salato, [...] La rimproverava di avere la testa fra le nuvole. Ma non era vero. Il fatto è che lui era fascista e lei no. Fra di loro non parlavano mai di politica, ma mio padre sapeva che mia madre pensava di Mussolini che era un “culatta”, cioè “chiappe grosse” come lo chiamava gaddianamente mia nonna. Stare nelle nuvole comunque per lui voleva dire essere anticonformista, in contrasto con le leggi dello stato, in dissidio con l’opinione dei potenti...». Quindi, era in discussione, perennemente in crisi, un’idea dell’autorità, la scala medesima dei valori: — in tale dissesto, dove era chiaro il senso di «rapina» dell’unione matrimoniale, l’unica scappatoia nevrotica appariva naturalmente «il desiderio di morire». La soluzione espressiva doveva venire dopo: — anche se Pier Paolo aveva cominciato a scrivere poesie fin dall’età dei sette anni, e fu bocciato in italiano alla quinta elementare per un componimento «troppo poetico». Comunque, la vita dell’ufficiale di fanteria Pasolini non fu felice: — fu dostoevskianamente straziata dalla passione per sua moglie («mio padre era innamorato pazzo di mia madre ma in un modo sbagliato, passionale, possessivo»). Lo strazio si risolse in vino, in gioco, in una deriva che lo scoppio della seconda guerra mondiale temporaneamente interruppe: partì per il fronte, fu prigioniero nel Kenia, tornò in Italia al finire del 1945. Investito poi dal dramma di Pier Paolo, dallo «scandalo»: — lo accettò con dolore. Gliene venne una sorta di follia: accrebbe il bere: — e la notte gridava che sua moglie non lo amava; morì di cirrosi epatica il 19 dicembre del 1958, a Roma.
#pier paolo pasolini#enzo siciliano#fascismo#carlo alberto pasolini#susanna maria colussi#italia#mussolini#omosessualità#letteratura#poesia
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Tedio invernale: l'intenso lamento di Giosuè Carducci sulla perdita del passato. Recensione di Alessandria today
Un canto malinconico tra memoria e desolazione
Un canto malinconico tra memoria e desolazione. “Tedio invernale”, poesia di Giosuè Carducci, è un’opera che riflette il profondo senso di disillusione e malinconia di fronte alla percezione di un passato glorioso ormai irrecuperabile. Carducci, con la sua abilità lirica, dipinge un quadro emotivo intenso, in cui il contrasto tra il ricordo di tempi luminosi e la cruda realtà presente genera un…
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11 Aprile 2020 (quinta pagina)
Caro Diario,
Arrivati di nuovo a zia lisa ma questa volta leggermente più grande e senza sentimenti oltre la rabbia, inizia la terza media, alla carducci.
Ho riconosciuto qualche compagno delle elementari, almeno vedevo qualche volto familiare anche se tanto non ci parlavo, almeno così non dovevo fare nuove “conoscenze” e farmi prendere da altre persone per il culo.
Bhe qui conobbi Michelangelo e Gabriele, mi parlavano stranamente e mi volevano far giocare assieme a loro, solo che qualche volta mi insultavano come se erano superiori a me, io non rispondevo, perchè pensavo fosse normale come se si scherzasse ma non erano scherzi, ogni volta che finita la scuola mi invitava a casa sua gabriele, michelangelo saliva ma a me dicevano di rimanere sotto, perchè dovevano “sistemare” casa, in realtà è che non voleva farmi vedere dai suoi genitori, perchè ero trasandato, anche se mi lavavo avevo gli stessi vestiti, mia madre non mi comprava niente.
Il mio armadio era composto da 2 o 3 mutande, accompagnate da 2 magliette, un jeans ed una tuta, a scuola andavo con gli stessi indumenti, e non passò molto tempo che oltre agli insulti di loro due si aggiunse tutta la classe, tranne di un ragazzo Natanaele oppure ora in francese nathanael, perchè ora è in francia a seguire il suo sogno di suonare pianoforte, era molto bravo, nelle ore di musica si sentiva quanto era bravo, sapeva suonare molte canzoni con una pianola, incredibile, era il mio compagno di banco e non mi trattava con superficialità anzi mi parlava normalmente anche se ero trasandato, forse non lo notava oppure aveva visto dentro di me qualcosa che non capisco tutt’ora.
In classe sentivo bisbigliare il mio nome ogni volta durante la ricreazione, mi sentivo osservato e criticato, volevo urlargli contro cosa subivo ogni giorno da mia madre e cosa stavo passando, ma mi fermavo perchè tanto in fondo non mi importava, non erano miei amici, ero abituato a questa situazione e a me andava bene così.
Comunque durante l’anno circa dopo due mesi dall’inizio della scuola, incominciai ad andare al doposcuola, da una ragazza universitaria, molto carina, era pure dolce, migliorai i voti un pò, mi insegnò a ripetere seguendo uno schema logico e non a pappagallo come ho sempre fatto.
Il doposcuola iniziava alle 15:00 e la scuola finiva alle 13:15, in quel lasso di tempo non tornavo a casa a mangiare, mia madre si seccava a venirmi a prendere e fare avanti e indietro, quindi ogni giorno mi dava un euro per mangiare un pezzo di tavola calda e andavo nel bar sotto casa del doposcuola, alla cassiera dopo un pò di tempo iniziò anche a regalarmi uno o due pezzi, forse di tasca sua, penso che gli facevo pena vedermi lì ogni giorno ad aspettare 2 ore, e quando non andavo al bar e volevo dormire, mi nascondevo a vulcania e mi sdraiavo in una panchina, una volta si avvicinò un barbone e mi chiese se avevo una cartina, non sapevo cosa fossero vi giuro, all’inizio pensavo chiedesse una cartina dei calciatori panini, risposi di no a prescindere, non so chi era e non volevo parlare con lui, volevo continuare a dormire.
Quando finivo al doposcuola verso le 18:00, certe volte mia madre non mi veniva a prendere quindi ero costretto a farmela a piedi, da catania a zia lisa, bhe d’altronde come ogni mattina, oppure certe volte riuscivo a prendere un bus che passava di lì e mi risparmiava un sacco di fatica.
Una sera che tornavo nel condominio si avvicinò un ragazzo, mi ricordavo di lui, abitava di sotto, ora non so, mi ricordo di lui perchè ogni domenica metteva canzoni napoletane e cantava a squarcia gola ahah, comunque mi disse se gli potevo dare una mano per una cosa che gli faceva prendere soldi senza fare niente, mi sembrava un ottima occasione per poter prendere qualcosina e mangiare un pò di più, pensavo solo a mangiare in quel tempo, nessun gioco, nessun amico con cui uscire, niente di niente, quindi volevo fare qualcosa e poi ha detto senza fare niente, caspita come ero curioso, il mio vicino di casa che mi chiedeva una mano? anche senza conoscermi bene, mi vedeva solo uscire di casa e tornare tardi.
Mi portò da un gruppo di ragazzi, mi presentai, ero nervosissimo, a prima vista erano zaurdissimi, parlavano solo il siciliano, ci credete che imparai il siciliano da loro? Comunque mi spiegarono cosa dovevo fare assieme al ragazzo, dovevo solo portare dei “pacchetti” dove dicevano loro, delle persone mi avrebbero pagato, non dovevo dire niente, e in questo ero molto bravo, d’altronde la mia vita è stata piena di bugie, e mi dissero ti daremo una parte di questa cifra, così potrai comprarti tutti i giochi che vuoi, non sapevo manco dove comprarli i giochi ma dissi di si, accettai l’offerta era come se per una volta la fortuna mi avesse visto, quasi ogni sera, tornato dal doposcuola andavo da questi ragazzi, mi facevano portare dei “pacchettini”, dopo aver inserito sul mio telefono la via da raggiungere, così col gps mi sarei sbrigato prima ad arrivare in quel punto, inoltre mi spiegavano chi dovessi aspettare, mi dicevano il colore del giubbotto e dei pantaloni della persona a cui avrei consegnato quel pacchetto, quando mi guardarono alcuni avevano la faccia sorpresa o stranita, come se non si aspettassero un ragazzino.
Quando mi davano i soldi in mano e caspita quanti soldi, non ne avevo mai visti così tanti, sopratutto per un pacchetto che non sapevo neanche cosa contenesse, ad oggi penso proprio che quello che portavo era della droga e anche pesante da quanti soldi mi davano, si parla di centinaia di euro se non anche di più a pezzi di 50, 20 caspita, certe volte pensavo di prendermi qualche soldino, però mi fermavo da questo impulso perchè sapevo che mi sarebbe finita molto male, anche perchè quando tornavo dalla consegna mi accorgevo che nascosto c’era sempre un ragazzo del gruppo, come se mi tenesse d’occhio.
Alla consegna mi davano 5 euro o certe volte 10, per me erano tantissimi, per la prima volta potevo prendermi da mangiare qualsiasi cosa senza limitarmi in quel cazzo di bar ero felicissimo . Tanto mia madre non si accorgeva di quanto avevo in tasca, non controllava mai il mio zaino (il tutto tra andata, consegna e pagamento durava 15/20 minuti) mi chiamavano con un soprannome i ragazzi, il corriere, mi sentivo speciale cazzo, quanto era bello, anche se oggi so che rischiavo il carcere e la morte forse, il cliente poteva sempre accoltellarmi e prendere tutto, d’altronde avevo 13 anni non sapevo manco come difendermi.
Tornando a casa, vedevo mia madre sempre al pc a giocare ai giochini di facebook, almeno quando non ero con lei il pomeriggio non andavo al bingo ad aspettarla. Certe volte anzi spesso e volentieri si arrabbiava per qualsiasi cosa e se la prendeva con me, ricordo che mi difendevo anche con la sedia, e lei mi rideva in faccia come se era divertita da quello che vedeva. Una sera mi svegliai, perchè stavo sognando che questa storia non sarebbe più finita, ero stanco, volevo farla finita, andai in cucina, presi un coltello enorme, come quelli che vendono coi set knife per cucina, e guardai mia madre pensando solo di accoltellarla mentre dormiva, avevo pensato ad un piano in 3 minuti, forse era pure un piano perfetto, che ora vi spiegherò, dopo averla accoltellata, avrei sminchiato la serratura facendo pensare ad uno scassinamento, messo qualcosa fuori posto, sparire per qualche giorno, far nascondere il coltello dai ragazzi per cui lavoravo e un giorno prima di andare dalla polizia farmi picchiare da loro facendo pensare ad un rapimento, si forse nemmeno qualcuno di malato avrebbe pensato ad un piano così però non lo feci tornai in cucina e lo posai perchè se mi avrebbero preso, non avrei migliorato la mia situazione. Dopo qualche giorno da questo episodio pensai una volta di volermi suicidare, buttandomi dal balcone, abitavamo al terzo piano, non so se era sufficiente per morire, era un momento che avevo la testa vuota, non pensavo a niente guardavo dal balcone ,sopra ad una sedia, dritto, un passo bastava un passo ma fui interrotto dalla voce di mia madre che mi chiamava, mi sedetti immediatamente come se non fosse successo niente a guardare quel panorama di palazzi di cemento.
Ma tornando al discorso della scuola e tralasciando tutto questo per non dilungarmi troppo, l’anno stava finendo e quella del doposcuola mi "aiutava” a fare la tesina d’esame, cioè ha fatto tutto lei al pc, io ho solo cercato di studiare, e sempre alla fine dell’anno mi aspettò una sorpresa inaspettata, alla mia insaputa si stava muovendo qualcosa di grosso, qualcosa che ha cambiato la mia vita, il compagno di mia madre, ha contattato mio padre, forse per vendetta verso mia madre che l’ha lasciato o non so, sta di fatto che una volta me lo trovai davanti la scuola, assieme alla sua compagna, quanto ero felice di vederlo, non lo vedevo da anni cazzo, ci sedemmo al C&G per parlare, mi chiesero se volessi andare da loro, forse perchè avrei fatto 14 anni e potevo decidere da chi stare, comunque sta di fatto che prima degli esami scritti, io scappai di casa, ero partito la mattina per fare la prima parte degli esami scritti, dopo averli finiti dovevo andare dal doposcuola, la chiamai e gli dissi che non ci sarei andato perchè stavo andando a casa.
Non andai a casa, mi passò per la testa che volevo solo andare da mio padre e finire di vivere quell’inferno, mi feci catania -battiati a piedi, ricordavo ancora dove abitava, l’unica cosa buona che vedo in me tutt’ora è la memoria, penso che non scorderò mai qualsiasi cosa veda e senta, comunque arrivato a battiati, tutto sudato suonai a casa di mio padre, mi aprì giovanna, rimase a bocca aperta, chiamò mio padre e pure lui non fù da meno, mi feci una doccia, gli parlai di tutto quello che avevo passato e nel frattempo denunciammo la mia “scomparsa” ai carabinieri perchè su facebook c’era il mio annuncio della mia presunta scomparsa e l’ultimo posto dove mi avevano visto era vulcania, leggevo le chat in tempo reale di mia madre che usava il mio facebook dal suo pc e parlava con quella del doposcuola che gli diceva che le avrei chiamato dicendo che ero andato a casa e i post che stavano inviando i miei presunti “amici” “preoccupati” della mia scomparsa pezzi di merda fasulli.
I carabinieri dopo che avvertirono mia madre, ci dissero di andare dai carabinieri, davanti al palazzo di giustizia e di andarci assieme ad un avvocato, anche a lei raccontai tutto questo.
Arrivati sul posto, non so come, fu in meno di un secondo, attorno alla macchina di mio padre c’erano un sacco di agenti di polizia che volevano far scendere mio padre dalla macchina perchè mia madre aveva detto loro che mi aveva rapito, l’avvocato non ricordo cosa gli disse ma li fermò, e ci dirigemmo dal comando dei carabinieri, dove mi fecero rilasciare una “testimonianza” che fu storpiata dal collega di mia madre che faceva entra ed esci, lo scoprì dopo che l’avvocato mi chiese: “(nome mio) ma hai detto tutto?” ed io risposi ovviamente di si dato che stesi 2 ore a parlare, “lei mi fece vedere il foglio e mi disse, allora perchè qui c’è la tua firma su queste due riga?”
Oggi so come hanno fatto, perchè sotto a quel foglio che io firmai ce ne era un altro, ed essendo molto sottili non ci feci caso che erano due, e firmai quella falsa.
L’avvocato disse ai miei genitori che sicuramente c’era qualcosa che non andava e infatti era così.
Comunque quel foglio non contava così tanto ,perchè andai lo stesso da mio padre e successivamente fui ascoltato da altri avvocati e psicologi che confermarono quello che stavo dicendo, tolsero la patria potestà a mia madre e iniziai a vivere con mio padre.
E qui continuerò dopo
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🍷 𝗘𝗻𝗼𝘁𝗲𝗰𝗮 𝗧𝗼𝗴𝗻𝗼𝗻𝗶. 𝗕𝗼𝗹𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶 Vacanze a Bolgheri? Vi ricordo l' Enoteca Tognoni nel centro di Bolgheri. Appena entrati bellissime pareti di vini dove poter scegliere e portare al tavolo la nostra bottiglia. (Prezzi ottimi). Ambiente ampio, caldo e colorato di parole nei mesi freddi invernali e ampio giardino nel cuore del Borgo nei mesi caldi estivi. Menù tipicamente di piatti toscani. Della terra Toscana. Antipasti di salumi, formaggi crostini caldi e giardiniera (15 €). Primi piatti di cacciagione (14 €) non manca ovviamente la carne, bistecche (5 €/h) tartare (14 €) È aperto tutto il giorno con orario continuato anche per degustazioni di vini e taglieri. 🇬🇧 I tried the Enoteca Tognoni in the center of Bolgheri. As soon as we enter, beautiful walls of wines where we can choose and bring our bottle to the table. (Excellent prices). Large, warm and colorful environment with words in the cold winter months and large garden in the heart of the village in the hot summer months. Typically menu of Tuscan dishes. Of the Tuscan land. Appetizers of cured meats, cheeses, crostini and giardiniera (15 €) First courses of game (14 €), obviously there is no shortage of steaks (5 € / h) tartare (14 €) If you go, try it and let me know, it's open all day long even for wine tastings and platters. 👉 Enoteca Tognoni 📍 Strada Lauretta, 5, Bolgheri. Castagneto Carducci LI ☎️ 0565 762001 💶 35 - 45 € 🍷👇CLICCA LINK PER FOTO
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– Mi sembra che in questa storia i poeti abbiano un ruolo nefasto. Carducci scrive che l’Italia deve «offendere», Pascoli e D’Annunzio esaltano la guerra e la distruzione… – A contatto con il nazionalismo, i poeti tirano fuori il peggio di sé e fanno un sacco di danni. Ricordo un articolo di Slavoj Žižek sulla guerra in Iugoslavia, dove si ricordava che Radovan Karadžić era un poeta e godeva anche di un certo credito. Era uno dei tanti poeti che a partire dagli anni Settanta si erano impegnati a riformulare e propagare miti etnici. Žižek usava l’espressione «complesso militarpoetico» e definiva la pulizia etnica «prosecuzione della poesia con altri mezzi».
(Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, Point Lenana; Einaudi, 2013)
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Modena: il ricordo delle vittime di mafia, in aula nomi e storie dei minori uccisi
Modena: il ricordo delle vittime di mafia, in aula nomi e storie dei minori uccisi C'è anche la storia di Domenico Gabriele, detto Dodò, ucciso "per sbaglio" a 11 anni, nel 2009, durante una partita di calcetto, tra quelle ricordate in Consiglio comunale, nella seduta di giovedì 21 marzo, dedicata alla Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. A leggerla il presidente Fabio Poggi che ha sottolineato come le mafie non abbiano mai fermato la propria prepotenza e ferocia nemmeno davanti ai bambini. Ciro, Antonio, Fabio, Vittorio, Carmela, Domenico, Gioacchino, Gaetano, Giuseppe, Michele, Caterina e Giuseppe, sono gli altri minori commemorati in Aula, morti per vendetta, scambio di identità ma anche per volontà, come nel caso del piccolo Giuseppe Di Matteo (ucciso a 15 anni per ritorsione al padre collaboratore di giustizia) o pure per suicidio, come Vittorio Maglione, toltosi la vita a 13 anni, nel 2009, per non diventare camorrista come il padre. A ogni lettura, da parte del sindaco Gian Carlo Muzzarelli, del presidente del Consiglio Fabio Poggi e dei capigruppo, ha fatto seguito la deposizione di un fiore bianco in un vaso. La lettura delle storie è stata preceduta dalla proiezione di un breve video, sintesi delle testimonianze rese al mattino da alcune classi delle scuole medie Carducci e Mattarella, in un momento commemorativo tenutosi di fronte alla stele nell'area verde di via Carlo Alberto Dalla Chiesa che omaggia donne e uomini uccisi dalla criminalità organizzata. Nel suo intervento il presidente Poggi ha precisato che sono oltre 120 i minori vittime di mafia, "vite innocenti spezzate con infamia. Senza dimenticare quei giovanissimi che si sono tolti la vita per non essere parte di un contesto familiare e sociale di mafia e di violenza". Il presidente ha dunque ricordato gli oltre centomila bambini e adolescenti che vivono nei Comuni sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata, "in contesti dove le mafie sono radicate e condizionano la crescita delle piccole e nuove generazioni". Poggi, però, infine, ha voluto anche evidenziare come gli ultimi decenni siano stati caratterizzati da un "risveglio" di tante coscienze e dall'impegno per la promozione della cultura della legalità e della lotta alla criminalità: "La mafia si combatte e le sue vittime si onorano con la memoria e con l'impegno: la nostra voce, quindi, si trasformi in gesti a sostegno di chi non si vuole rassegnare a vivere in un contesto pervaso dalla criminalità organizzata". Al termine della cerimonia l'Assemblea ha osservato un minuto di silenzio per tutte le vittime delle mafie.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Un defibrillatore per la cittadinanza sul viale Nievo in ricordo della 14enne Alessia Angulo
Un defibrillatore per la cittadinanza sul viale Nievo in ricordo della 14enne
Livorno, 17 febbraio 2022 Si terrà domani, sabato 18 febbraio alle ore 11,30 la cerimonia di posizionamento del primo defibrillatore in area pubblica all’incrocio tra viale Carducci e viale Ippolito Nievo. Il DAE (Defibrillatore Semiautomatico Esterno) è stato donato dai familiari di Alessia Angulo; quattordicenne deceduta in seguito ad un incidente stradale a febbraio 2011 e da sette scuole di…
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“Riempio di angoscia le filastrocche, questo è un libro senza precedenti”: dialogo con Tiziano Scarpa
Nel 2018 è sbocciato un poeta. Nel 2018 Tiziano Scarpa, con cui dialogo spesso, per “un ingorgo editoriale non premeditato”, come dice lui, ha pubblicato un romanzo – Il cipiglio del gufo, con Einaudi – e due raccolte poetiche, una s’intitola Le nuvole e i soldi (stampa sempre Einaudi), l’altra, che a onor di sottotitolo è una raccolta di “storie in rima”, si chiama Una libellula di città (stampa minimum fax). In realtà, il genio di Scarpa è che tiene il piede linguistico in più scarpe: fa romanzo, teatro, poesia, mantenendo la stessa posa, ma mutando il peso della forma. Se altri esperimenti poetici – Nuove galassie oggi come oggi, Groppi d’amore nella scuraglia – non sono stati ben digeriti dal mio cranio lirico – cioè: gonfio di pregiudizi e di astuzie – quest’ultimo, questa collezione di libellule in versi, all’apparenza fragile, effimero come uno sbuffo di luce, che Scarpa si porta appresso da lustri – “La più vecchia di queste storie in rima è… scritta nel 2000” – mi sorprende. Con atletismo letterario e tempra da alchimista, Scarpa rinnova l’arte bambina, e rischiosa, della filastrocca – distici in rima baciata, endecasillabi – incatramandola di tenebra, tuffandola nell’angoscia, nell’horror, nel grottesco. A me fa venire in mente un David Linch che beve una china calda con Palazzeschi, mettendo in scena Twin Peaks con una falange di ‘scapigliati’, lui mi dice che ha preso a spunto Edward Lear, virtuoso del limerick. In ogni caso, questa libellula di città custodisce sketch corrosivi, come la storia del ragno leopardiano (“Sono contento di essere nato?/ O questo mondo è tutto sbagliato?”) che cerca la verità nei lamenti delle sue prede (“La vera musica che sognavo,/ dalle mie vittime lo aspettavo”), quella dello Scultore più retto del mondo che “doveva squadrare/ il più grande tabù circolare”, quella della Giocoliera di Tolmezzo che ha un finale epigrafico, canonico, straziante (“Il grande artista è sempre quello morto”). Soprattutto, filastrocheggiando, ci occhieggiano versi molto belli, piccoli pezzi di cristallo, come questi: “Volano verso il fiotto splendente./ Cieche, risalgono alla sorgente”; “Da quella stirpe illusa e felice,/ si staccò un’indole controluce”; “Qualcosa pullula in mezzo al nulla./ Alle mie spalle il buio sfarfalla”, tutti tratti da Una falena a Cinecittà. Anche l’intervista, d’altronde, per sua natura è falena – e a volte felina – godetevela così, come una fiammata di verbi nella trita oscurità. (d.b.)
Intanto. Due raccolte poetiche nello stesso anno (l’altra è Le nuvole e i soldi, stampa Einaudi), fanno di te più che altro e più che tutto un poeta. Parola – “poeta” – passata di moda, che sta tra il marmo e la sfiga. Cosa dici, ci stai nella didascalia – poeta – o per te la poesia è gioco, “anello che non tiene”, sfogo liminare alla prosa, alterità che si fa verbo?
Che questi due libri – Le nuvole e i soldi e Una libellula di città – siano usciti nello stesso anno è casuale, un ingorgo editoriale non premeditato. Nessun gioco: scrivo poesie quando sento il fervore della forma. Quanto a Una libellula di città, non sono sicuro che si tratti di poesie; io le chiamo storie in rima: scusa se faccio il puntiglioso nel precisare questo, ma se ci pensi è un modo di risponderti, perché la parola “poeta” è una specie di piedistallo, può indicare il posto da cui hai intenzione di parlare; più o meno così: «Ecco, adesso salgo sul piedistallo di marmo dove è incisa la parola “POETA” e vi parlo da lì». No, per favore. Non guardate da dove vi parlo. Leggete, se ne avete voglia, le parole che ho scritto, prendetele per quello che dicono, senza badare al presunto piedistallo da cui vengono pronunciate.
In questi versi poco civici e piuttosto cinici leggo, in controluce, Palazzeschi, Govoni, un poco di Dossi: è vero? Da dove arrivano queste filastrocche macabre e colorate?
Quasi tutte queste storie cominciano come i limerick di Edward Lear: si indica un personaggio in maniera generica, accanto alla città di provenienza: “There was an Old Person of Dover”, “There was a Young Lady of Dorking”; “C’era un elefante di Pordenone”, “C’era un mastro vetraio di Murano”… Il riferimento principale è quello, i limerick, anche se poi ogni mia storia è molto più lunga, e ha una sua coerenza, non è un nonsense. È raccontata con le rime baciate, che di solito si usano nelle storie per bambini. C’è un libro Rizzoli, del 1968, intitolato Le nuove filastrocche, con testi di Landolfi, Arpino, Rodari (che mi piace anche se non lo ammiro formalmente, perché era metricamente sciatto) e altri, fra cui un autore bravissimo e dimenticato, Vezio Melegari. Ma in Una libellula di città io racconto agli adulti storie tragiche e disperate usando le rime e la metrica che gli adulti stessi riservano ai bambini. Capisci? Ritorco contro noi adulti una forma che riteniamo puerile, e la riempio di angoscia. Perciò penso che questo libro non abbia precedenti nella nostra letteratura; o almeno, io non ne conosco.
Parli, spesso, con l’arma della rima in apparenza facile, di morte: perché? Non c’è davvero, dunque, altro tema che questo?
Una storia su due parla di morte, ma quasi sempre negli ultimi versi. Ciò che conta non è la morte, ma da dove ci si arriva, che percorso si fa per raggiungerla.
“Sono contento di essere nato? / O questo mondo è tutto sbagliato?”: a parlare è un ragno esistenzialista. La domanda che si pone il tuo ragno, la faccio io a te, rispondi!
È significativo che ti abbia colpito proprio questo testo, che è anomalo in un libro fatto di storie in terza persona: Una libellula di città è antilirico, parla di altri, donne e uomini che non sono io, piante, animali: non c’è quasi mai identificazione tra chi dice “io” e il protagonista della storia. Te lo faccio notare solo per mettere in evidenza che la nostra cultura poetica è fatta così: tutto ciò che è scritto in versi tendiamo a considerarlo un’immediata effusione dell’io, della sua posizione esistenziale. Quando uno sale sul piedistallo di marmo dove è incisa la parola “POETA” e parla da lì, ecco che si dà per scontato che stia parlando di sé. Ma Una libellula di città ha sì e no cinque storie su trenta raccontate in prima persona. Comunque, non voglio sottrarmi alla tua domanda: “Sono contento di essere nato? / O questo mondo è tutto sbagliato?”, si chiede il ragno. Ammetto che mi ha fatto effetto scrivere quei due versi, anche se li ho messi in bocca a un personaggio diverso da me: lì il pronome “io” è in prestito. Io sono contento di essere nato anche se questo mondo è tutto sbagliato. In quella storia il ragno pretende un canto di verità dalle sue vittime durante la loro agonia. Spero di non essere altrettanto sadico, ma penso anch’io che la vita sia ipocrita. Non ci si dice la verità, che è fondata sulla coscienza di dover morire prima o poi. La letteratura è uno dei modi per rimediare a questa ipocrisia.
Non mi pare che al primo posto dei piani culturali del paese ci sia la poesia, letta, semmai, nel suo aspetto liofilizzato, via Instagram, e…
Scusa se ti interrompo. Ma anche la scuola liofilizzava la poesia, o la incaprettava dentro categorie assurde che a me sembrano modi per disinnescare la forza di ogni singolo testo annebbiandolo dietro un’etichetta: pensa a “decadentismo”, “crepuscolarismo”, “ermetismo”… Spero che oggi le cose vadano meglio; non so, non conosco gli attuali programmi scolastici né i manuali. Giorni fa in una bancarella ho trovato il primo volume dell’Antologia popolare di poeti del Novecento, curata per Vallecchi da Vittorio Masselli e Gian Antonio Cibotto negli anni Cinquanta: poesie di Saba, Govoni, Rebora, Palazzeschi, Campana, Sbarbaro, Ungaretti, Montale e altri, scelte per il grande pubblico, pubblicate per colmare una lacuna. Senti che cosa scrivevano i due curatori nella prefazione, rivolgendosi al lettore: «Tu sei uno dei tanti che durante gli anni scolastici hanno letto le poesie di Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Carducci, Pascoli, D’Annunzio e ne conservano ricordo. Ma se ti si parla della poesia del Novecento, scorgi distintamente, nel fondo della memoria, soltanto La signorina Felicita di Guido Gozzano. Degli altri poeti del Novecento hai una pallida idea perché mai nessun critico letterario del nostro tempo ha saputo o voluto parlartene con semplicità di linguaggio nei giornali comuni che legge il cittadino comune». Quindi, anche allora “non mi pare che al primo posto dei piani culturali del paese ci fosse la poesia” (per citare le tue parole). Instagram e Facebook sono le antologie popolari dei nostri tempi. Così le poesie arrivano anche a chi non prenderebbe mai in mano un libro di versi. Tra un post su Salvini e uno sui gattini, la poesia cresce come una piantina interstiziale che ha attecchito chissà come sul muro rasente un marciapiede: cammini per la strada con gli occhi fissi sul tuo smartphone, navighi in rete e ti imbatti per caso in una poesia che sboccia sul tuo minuscolo schermo. Le nuvole e i soldi e Una libellula di città sono i miei libri di versi di cui ho potuto constatare per la prima volta la propagazione sui social. Il mio libro precedente, Discorso di una guida turistica di fronte al tramonto, era del 2008, quando Twitter, Instagram e Facebook non erano così pervasivi. Una poesia rilanciata su quei canali, oggi, raggiunge decine di migliaia di persone, spesso per caso, cogliendole di sorpresa. Su carta, la leggono sì e no in mille: con la differenza che questi lettori devono aver deciso di prendere in mano un libro di versi e aprirlo. Cosa dici? È un bene? È un male? Meglio leggere poesia per caso o per volontà? Era meglio prima? È meglio adesso?
Non mi pare, devo dire, che la cultura in sé sia il primo dei pensieri di questo e di altri governi. Come si reagisce (ma poi, c’è bisogno di reagire?), che cosa bisogna fare quando anche il gesto stesso di “pubblicare” pare atto medioevale, vetusto, in fondo inutile?
Io le porto in giro, le leggo in pubblico, da solo o con una musicista formidabile, Debora Petrina. Per me le letture sceniche non sono né un cavallo di Troia né una strategia pop: sono una forma d’arte, perché la parola non è solo inchiostro, è anche suono, voce, suggestione fonosimbolica, percussione degli accenti. Stampare un libro è un atto moderno, non lo definirei medioevale: fonda un rapporto gutenberghiano, individuale, diretto, silenzioso, interiore, protestante, fra il testo e chi lo legge: non è che oggi le cose siano cambiate troppo; come succede da sempre per la letteratura – aedica, orale, papiracea, amanuense, su codici, a caratteri mobili, linotypistica, digitale – pubblicare innesca anche conseguenze sociali, relazionali, comiziali fra l’alfabeto e i corpi.
***
Una ragazza che vive in Alaska
Una ragazza che vive in Alaska vuole viaggiare senza niente in tasca,
senza coltello né soldi né mappe: lascerà al viaggio dettarle le tappe.
Farsi guidare dalla libertà. Intanto andarsene, poi si vedrà.
Pensa al suo viaggio, si immagina i monti, picchi, cascate, voragini, ponti,
gorghi, vertigini, cavalcavia, fiordi, caligini, periferia.
Boschi notturni, ululati, creature. Sarà fantastico: quante avventure!
Muoversi a caso, da nord verso sud: Canada, Messico, Cuba, Perù,
poi con l’aereo volare a Hiroshima solo perché dopo Lima fa scena.
Senza un criterio, così, allegramente, cogliere ciò che racchiude il presente.
Non stare lì a criticare ogni bivio: prendere il largo e sfruttare l’abbrivio.
“Parto”. Si chiude alle spalle le porte, vede una freccia con la scritta Morte.
Segue quel senso, ridendo di cuore. Fa un passo, incespica, ruzzola, muore.
Tiziano Scarpa
*da “Una libellula di città e altre storie in rima”, minimum fax, 2018
L'articolo “Riempio di angoscia le filastrocche, questo è un libro senza precedenti”: dialogo con Tiziano Scarpa proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2SxrugA
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Lettera infinita a Leopardi
[Scriverò di seguito ogni pensiero trascrivibile in parole rivolto a lui.]
Stamattina mi sono accorta che mi hai fatto trovare ordinatamente piegati i miei panni di pensieri sporchi e disordinati della sera prima, e lo stai facendo da molte mattine, ogni giorno. Sei un grande psicologo. "Sono il tuo servo," mi dicesti, con uno sguardo che non esprimeva umiltà, ma grande potere di scompaginarmi dentro. Ma il tuo scompaginare è pulire e mettere ordine. Credo che non ti ricambiero` mai abbastanza, per questo ho paura che tu mi abbandoni. Sento che mi dici che potrei superarti e andare senza di te, ma non voglio.
Ho questa costante paura di essere abbandonata, perché i miei genitori andavano via, dopo che mi ero addormentata.
"Voglio toccarti attraverso le cose del mondo" è una bella frase che mi rassicura.
Leggendo una biografia di Leopardi focalizzata sui suoi processi mentali, ovviamente insondabili, ma che si colgono in alcuni aspetti grazie al minuzioso registro di auto-analisi rappresentato dai suoi scritti, ed in cui sono presentati anche gli aspetti più crudi dei suoi mali fisici, reputo doveroso dire che egli è un santo per come la sua energia ha brillato nonostante le eccezionali condizioni avverse. La sua vita è stata una sorta di passione simile a quella di Cristo. La sua croce lo avvicina a noi con un irresistibile potere attrattivo.
Io voglio stare ai piedi della croce tutta umana e laica di Leopardi.
Averti riscoperto come soggetto con sindrome di Asperger, mi ha fatto vedere gli aspetti da me conosciuti della tua vita e delle tue opere in un'ottica che sento finalmente giusta, che ha riacceso il mio entusiasmo e insieme mi ha placato.
Tu sei il centro esatto del mio interesse, il modello stesso del mio atteggiamento d'interesse verso qualsiasi cosa. Qualunque altra cosa m'interessi, lo fa sempre meno di te, e come in tuo ricordo o preannunciazione.
Tu sei la fonte prima di ogni gioia, e non intendo per me sola, ma per tutti. O almeno così immagino e vorrei che tutti comprendessero. Ora vedo i tuoi scritti come il raffinatissimo prodotto del mestiere di un intelletto iperfunzionale più che come espressione di sentimento; entro in contatto con la tua energia di tipo freddo, come l'ho sentita di là nel tuo mondo, replicando la gioia di quel contatto con il solo pensiero, in assenza delle visioni che mi hai regalato.
La tua mente che pensava tutto e il suo contrario contemporaneamente, massima espressione della libertà umana che si traduce in esplorazione ed espansione potenzialmente illimitate, mi riempie di gioia. È gioia non poter esprimere la tua grandezza e complessità con le parole. È gioia ammirare, in un silenzio traboccante di tutto ciò che non ha nome.
Non dovrei parlare di te al passato. Non tollero la tua morte. Non la volevi né la aspettavi. Adesso, da sola, o forse in tua compagnia, io la combatto, anche per te.
Per tutte le signore che non ti hanno risposto. Per tutte le signore che non ti hanno scritto quanto e come avresti voluto. Ci sono io, in loro vece. Con il mio fare ingenuamente protettivo e comodamente sentimentale. Spero, in qualche modo, di andarti bene.
Ciao, caro Leopardi. Capisco bene come, avendo ricevuto delusioni dalle donne e trovandosi nell'impossibilità fisica di amarle, avendo comunque bisogno di amare ed essere amato, ci si possa rivolgere sentimentalmente agli uomini. Mi ha decisamente destabilizzato immaginarti, come suggerito da Carducci, rivolgere quei deliranti soliloqui amorosi di cui parla Ranieri, ad un congiunto, mascherato con uno scialle da donna, di Fanny Targioni Tozzetti. Chi vuole portarti dalla parte degli omosessuali, però, trascura di considerare la tua lunga corrispondenza con Fanny. Perché tanta devozione ad una donna che, secondo loro, non avresti amato?
Io sono più propensa a credere che la tua mente ospitasse e producesse letteralmente tutto, anche in campo affettivo. Una scelta non esclude l'altra, considerata opposta o diversa. Nella tua mente onnicomprensiva, credo che tutto, ogni estremo del pensabile, si unisse.
Soffro molto di non poter conoscere la tua vita fisica e psicologica così come si è veramente svolta. Soffro che tu sia, come tutto il resto, sostanzialmente inconoscibile. Che noi osservatori possiamo avere solo impressioni ed opinioni. Alla fine, ha più valore la verità o i racconti che se ne possono trarre? Non credo avrò mai pace.
Spero che anche le mie immaginazioni, come le tue, abbiano un valore, narrativo ed anche di costruzione della realtà, in modo che verità oggettiva e visione soggettiva, realtà data e realtà immaginata siano in collaborazione.
"Ho detto troppo, non ho detto abbastanza," potrebbe dire il tuo amico del suo Sodalizio. E quali le sue intenzioni? È tutto così complicato che solo tu puoi capirlo.
Prendimi presto con te. Come tu immaginavi donne che non ti avrebbero mai soddisfatto, io sto immaginando te. Com'è strana la vita! Divertente! Come tutto si capovolge e spazia da un estremo all'altro in un fenomeno elettromagnetico che manifesta luce.
Resta con me se puoi con quell'entusiasmo che da bambino ti faceva carezzare anche oggetti inanimati, pieno di amore per tutto ciò che cadeva sotto i tuoi sensi e si sottoponeva al tuo pensiero.
Non voglio nemmeno un momento di solitudine. Per quanto io non possa interamente accedere, voglio percorrere continuamente quei gradini in salita, in vista dell'ingresso.
Carissimo conte Leopardi, fonte di ogni felicità per tutti (è un complimento di quelli che mi piace fare), grazie per avermi segnalato la "farsa" (mi suona irrispettoso, di una cosa che ti riguarda, ma questo è) 'O Ranavuottolo, con la quale ho sorriso (e continuerò a farlo, perché voglio gustarmene lettura e rilettura), e grazie alla quale ho trovato, almeno momentaneamente, e parzialmente, risposta al mio lacerante quesito sul valore della verità e della narrazione e del loro reciproco rapporto. Grazie per questa chiave di lettura, quest'ombra di soluzione, questo momento di tregua. Innescare il piacere psico-fisico di una risata è come fare una carezza di puro amore.
"I vostri panni turchini" dell'articolo trovato precedentemente alla "farsa" e che idealmente l'ha introdotta, mi ossessioneranno con il loro potere simbolico-evocativo, ti avverto. Ma tu trovi soluzioni armoniose a tutto. Risistemi tutto a costo di stancarti (immagino). Per favore, non stancarti per me.
Caro signor conte, Giulio Manfredi scrisse nel 2006 quest'opera teatrale che sto leggendo senza potermi trattenere dal ridere. In alcuni tratti, l'umorismo è un po' troppo dissacrante della tua figura e del tuo pensiero, ma era proprio ciò che mi serviva per ridere, tanto pesante era la cappa che mi schiacciava. Quindi grazie di avermi consentito di ridere insieme a coloro che hanno ritenuto accettabile ridere di te, o meglio, con te. Grazie a quest'opera, mi sto liberando di ogni gelosia e ansia di sapere come sono andate veramente le cose. Sto entrando in una dimensione in cui realtà e immaginazione collaborano per costruire un'altra realtà non meno legittima di quella data. E se prima capivo solo con l'intelletto il valore della finzione (teatrale o letteraria), adesso lo sento ed esso riesce a placare la mia ansia dovuta all'iperemotivita`. Inoltre, è molto bello sentire che tu leggi con me, validando lo stato d'animo che la lettura suscita in me. Non ti farò mai abbastanza complimenti. Anche i più apparentemente esagerati, non si avvicineranno nemmeno a descrivere ciò che sei. Non sei Dio, non sei un angelo, ma sei un'entità potentissima che ha scelto di essere buona. In particolare con me.
Caro Leopardi, la seconda parte era proprio da buttare via. Raffazzonata e mal conclusa. Apprezzo l'intento dell'autore di fare ridere. Avevo bisogno di ridere e con la prima parte lui è riuscito con me nell'intento, ma la seconda parte e la conclusione, troppo insistite sul cliché della gobba, erano veramente grevi, quasi da schifarmi. E la scommessa con Antonio era pretestuosa. Del tutto ho apprezzato la prima parte con Fanny, con Congiunto, e il complessivo scomporti dell'autore attraverso i pareri di Antonio e di Congiunto per farti poi ricomporre nell'ultima frase, rivolta al pubblico, che fa sentire come tu sia tutto, e possa esser voce di tutti. Nessuno può prendere le distanze da te o darti torto. Tu ci porti, davvero, tutti sul cuore.
Ho riso, va bene. Mi sono anche sentita un po' presa in giro. Non volevi solo fare il pagliaccio, ma anche indurmi a ridere di me stessa. Per dirmi che non vuoi che ti ami in modo triste, compassato, reverenziale.
Ebbene sì, sono impaziente. Sono pronta a lasciare immediatamente tutto pur di stare con te. Sai cosa immagino? Che arrivata nell'aldilà, troverò soltanto ombra. Sarò sola. Camminero` per incontrare qualcuno e chiedere di te.
- Buongiorno, scusi, sono qui da poco e vorrei chiedere un'informazione. - Prego, mi dica. - Conoscete Giacomo Leopardi? Sono qui per incontrarlo. - Qui c'è tanta gente, impossibile conoscere tutti. Mi spiace, non so darle nessuna informazione. - Ah, va bene, grazie lo stesso. - Buona ricerca!
- Buongiorno, ecc. - Chiii? Quello che si studia a scuola? Ma come ti viene in mente, cerca piuttosto un parente, magari tua nonna. E qui forse davvero incontrerei mia nonna, che mi porterebbe in un negozio di vestiti, per consolarmi.
Ma siccome avrei la testa sempre rivolta a te, continuerei a chiedere a tutti, ricevendo una vasta gamma di risposte. Alcune potrebbero essere: "È uno dei più alti Spiriti: impossibile, da questo livello, connettersi con lui". "Non sappiamo dove sia, è una specie di leggenda, sta con Dante e Torquato Tasso, supponiamo, ma nessuno di noi l'ha visto". "Punti in alto, eh? Vedi di studiare bene, prima di poter anche solo pensare di incontrarlo". "Perché vorresti incontrarlo? Vuoi confutarlo, vuoi litigare con lui?" "Lui non c'è, qui non è mai arrivato, forse non è mai esistito". "Faresti meglio a togliertelo dalla testa". Immagino, praticamente, una piatta continuazione della vita, con i suoi ostacoli e delusioni, con quel senso continuo di assurdo. Non credo possa esserci un sensibile, improvviso cambiamento.
Ma questo è niente. Non incontrarti sarebbe niente in confronto ad essere confusa dall'incontro con vari tuoi simulacri, uno per ogni persona che ti ha immaginato. Anche se incontrassi il simulacro creato dalle mie stesse immaginazioni, sarei disperata di non poter incontrare il vero te. Io voglio arrivare a te così come sono, nella mia autentica identità, e vorrei che anche tu di fronte a me fossi l'unico, l'autentico te stesso. Questa è la più importante delle preghiere che ti rivolgo: di mostrarti davvero a me, di non essere un'illusione, di essere reale, anche una realtà che mi faccia male. Non sopporterei realtà costruite da me o per me. Voglio la realtà data, con la quale interagire, ma che esista di per sé. Voglio la vera conoscenza.
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