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#Botteghe Oscure
statoprecario · 8 months
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Storie di libri: Il capitalista nudo
Il capitalista nudo di Cleon Skousen e Da Wall Street alle botteghe oscure di Stefania Vaselli In questo libro pubblicato nel 1970, ma attualissimo sotto molti aspetti, la prima parte (di W. Cleon Skousen) traccia un quadro delle grandi famiglie di banchieri (banking families) che detengono il potere in Occidente, le loro organizzazioni e i loro scopi; mentre la seconda parte (Stefania Vaselli)…
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sgiandubh · 2 months
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Clueless and parochial
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When you are a righteous hypocrite whose spiritual beliefs forbid you to touch even a cup of coffee, have no idea about marketing and product promotion, but still chime in with a rabid passion one cannot even begin to comprehend.
Does this idiot honestly think all bartenders are functioning alcoholics? It would be on par with everyone who ever worked for Hershey's being obese, or something.
The reason these people seem to hate Ashley Hearn that much is simple: ever since she brought her mojo and her work ethics along, things changed for the better. The only things that matter are the end results - I couldn't care less if, in order to achieve that, they'd crack a ton of bottles in countless botteghe oscure across the Universe. That sorry excuse for a person has no shame, really.
It takes a troubleshooter to immediately notice another troubleshooter. And I did. Go for it, girl: you are on the right track.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Sarebbe pazzesco da parte nostra collocare le Brigate rosse in una sfera di autonoma e autarchica purezza rivoluzionaria che si illuda di muovere le masse a far saltare le strutture politiche che le contengono; e sarebbe ancor più pazzesco che loro vi si collocassero. La loro ragion d’essere, la loro funzione, il loro «servizio» stanno esclusivamente nello spostare dei rapporti di forza: e delle forze che già ci sono. E di spostarli non di molto, bisogna aggiungere. Di spostarli nel senso di quel «cambiar tutto per non cambiar nulla» che il principe di Lampedusa assume come costante della storia siciliana e che si può oggi assumere come costante della storia italiana. Operazione di puro potere, dunque; che si può soltanto svolgere in quell’area interpartitica in cui, al riparo dai venti ideologici, il potere ormai vive. Non si vuole con ciò escludere che l’esistenza delle Brigate rosse sia appunto «pazzesca»: ma quando dalla pazzia comincia ad affiorare un metodo, è bene diffidarne: come Polonio di quella di Amleto (ma non ne diffidò abbastanza: e così non sia di noi). E il metodo è proprio dall’affaire Moro che comincia ad affiorare. Che quella delle Brigate rosse sia una follia non priva di metodo, tutti lo dicevano e lo dicono. Ma è dalla vicenda di Moro, e attraverso le sue lettere, che si comincia a intravederne il disegno. Come Polonio, Moro, prigioniero e condannato a morte, ha cercato e poi seguito il filo del metodo in quello che dapprima gli sarà parso un labirinto di follia. E già nella prima lettera a Zaccagnini si ha l’impressione che ne abbia scoperto il capo, quando dice: il Partito Comunista «non può dimenticare che il mio drammatico prelevamento è avvenuto mentre si andava alla Camera per la consacrazione del Governo che m’ero tanto adoperato a costruire». E nella seconda: «Il Governo è in piedi e questa è la riconoscenza che mi viene tributata… Ricorda in questo momento – deve essere un motivo pungente di riflessione per te – la tua straordinaria insistenza e quella degli amici che avevi a tal fine incaricato – la tua insistenza per avermi Presidente del Consiglio nazionale (del partito), per avermi partecipe e corresponsabile nella fase nuova che si apriva e che si profilava difficilissima». Ed è da notare come, al tempo stesso che si considera così atrocemente ripagato dal governo che si era tanto adoperato a costruire, da quella operazione, da quella «fase nuova», tenda a prendere distanza: non artefice, ma «partecipe»; non responsabile, ma «corresponsabile». Il punto di consistenza del dramma, la ragione per cui a Moro si deve in riconoscimento (in «riconoscenza») la morte sta appunto in questo: che è stato l’artefice del ritorno, dopo trent’anni, del Partito Comunista nella maggioranza di governo. E le Brigate rosse non solo gliene fanno esplicita imputazione nei loro comunicati, ma ne danno con funebre ardimento la solenne e simbolica rappresentazione facendo ritrovare il suo corpo tra via delle Botteghe Oscure, dove ha sede il Partito Comunista Italiano, e piazza del Gesù, dove ha sede la Democrazia Cristiana “
Leonardo Sciascia, L'affaire Moro - con aggiunta la Relazione Parlamentare, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 332), 2012¹⁴ ; pp. 138-140.
[1ª edizione: Sellerio, 1978]
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ilblogdellestorie · 1 year
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Il #9maggio 1978 dopo 55 gg di sequestro moriva Aldo Moro. Le BR gli ordinarono di coprirsi con una coperta, l'avrebbero portato altrove: gli spararono 12 colpi. Il corpo fu trovato nella Renault rossa in via Caetani, vicina a piazza del Gesù (sede DC) e Botteghe Oscure (PCI).
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elephantbitterhead · 1 year
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plus ça change
Flannery O'Connor getting it right as usual, after the cut.
The social sciences have cast a dreary blight on the public approach to fiction. When I first began to write, my own particular bête noire was that mythical entity, The School of Southern Degeneracy. Every time I heard about The School of Southern Degeneracy, I felt like Br'er Rabbit stuck on the Tarbaby. There was a time when the average reader read a novel simply for the moral he could get out of it, and however naïve that might have been, it was a good deal less naïve than some of the more limited objectives he now has. Today novels are considered to be entirely concerned with the social or economic or psychological forces that they will by necessity exhibit, or with the details of daily life that are for the good novelist only means to some deeper end.
. . . When [the novelist] is given the function of domestic, he is going to set the public's luggage down in puddle after puddle.
. . . the limitations and blind spots of his audience will very definitely affect the way [the novelist] is able to show what he sees. . . . Those writers who speak for and with their age are able to do so with a great deal more ease and grace than those those speak counter to prevailing attitudes. I once received a letter from an old lady in California who informed me that when the tired reader comes home at night, he wishes to read something that will lift up his heart. And it seems her heart had not been lifted up by anything of mine she had read. I think that if her heart had been in the right place, it would have been lifted up.
You may say that the serious writer doesn't have to bother about the tired reader, but he does, because they are all tired. One old lady who wants her heart lifted up wouldn't be so bad, but you multiply her two hundred and fifty thousand times and what you get is a book club. I used to think it should be possible to write for some supposed elite, for the people who attend universities and sometimes know how to read, but I have since found that though you may publish you stories in Botteghe Oscure, if they are any good at all, you are eventually going to get a letter from some old lady in California, or some inmate of the Federal Penitentiary or the state insane asylum or the local poorhouse, telling you where you have failed to meet his needs.
. . . The reader of today looks for [the redemptive act, the chance of restoration], and rightly so, but what he has forgotten is the cost of it. His sense of evil is diluted or lacking altogether, and so he has forgotten the price of restoration. When he reads a novel, he either wants his senses tormented or his spirits raised. He wants to be transported, instantly, either to mock damnation or a mock innocence.
-- Flannery O'Connor, 'Some Aspects of the Grotesque in Southern Fiction' in Mystery & Manners, ed. Sally & Robert Fitzgerald (originally a talk delivered in 1960; posthumously published in 1965)
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chez-mimich · 2 years
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QUANDO
Certo che Walter Veltroni, come molti di “noi”, doveva avere una gran voglia di dirci quanto “quei tempi là” fossero di gran lunga migliori di questi (dove quei tempi là erano la metà degli anni Ottanta )e, se fossi stato in lui, avrei detto anche un po’ prima. Del resto, è un po’ una scoperta dell’acqua calda che Berlinguer fosse assai meglio di quello che ci siamo ritrovati poi, oggi compreso (Signora Schlein a parte, per mancanza di elementi di giudizio). E allora cosa fa il povero Walter Veltroni? Sulla nostalgia imbastisce un un film che si intitola “Quando” (dall’omonimo suo romanzo) e che racconta del lungo sonno di Giovanni, caduto in stato di coma dopo aver preso un palo di legno sulla testa durante i funerali di Enrico Berlinguer, tenutisi nell’estate del 1984 in Piazza San Giovanni a Roma. Giovanni si risveglia dopo 31 anni, nel 2015, quando il mondo è un pochino cambiato. Lui cerca Botteghe Oscure e trova un supermercato, cerca la sezione del PCI e ritrova una balera, cerca una carbonara e la trova solo “destrutturata”. Insomma trova un mondo diverso, assai diverso e tutto sommato peggiore di quello che aveva lasciato. Tra l’altro si trova anche “cornuto e mazziato” dall’allora fidanzata, incinta, che nel frattempo si è sposata con compagno, anche compagno di scuola, e pure suo migliore amico. Il conforto gli è dato solo da Suor Giulia che lo aiuta a riscoprire il mondo (e che poi, per fortuna, non si porta a letto). Ma sì, diciamo che, legittime nostalgie a parte, l’idea è sottratta nelle sue linee essenziali da “Good bye Lenin”, film del 2003 di Wolfgang Becker, dove avviene più o meno la stessa cosa a Christiane che cade in coma nella DDR e si risveglia in un mondo senza muro (in quel caso però il “dopo” era assai meglio del “prima”). Un film fatto con poco e che vale anche poco, a parte la buona interpretazione di Neri Marcorè nei panni di Giovanni. Per il resto, forse era meglio che Veltroni continuasse a fare politica o magari qualunque un’altra cosa…
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magpieddd · 2 years
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Via delle botteghe oscure is the most amazing name you can give to a road, i wish i lived on it
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ultimaedizione · 2 years
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Moro e gli anni di piombo tra realtà e fiction - di Giuseppe Careri
Moro e gli anni di piombo tra realtà e fiction – di Giuseppe Careri
L’epilogo fu straziante. Dopo 55 giorni di prigionia, il corpo senza vita di Aldo Moro fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa lasciata dai brigatisti in via Caetani, una strada adiacente via delle Botteghe Oscure, sede del Partito Comunista a poco più di un centinaio di metri di distanza dalla sede della Democrazia Cristiana. Oltre la tragedia la beffa. Il luogo del ritrovamento era…
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giancarlonicoli · 4 months
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3 giu 2024 18:50
“TUTTI I PARTITI,  ANCHE IL MOVIMENTO SOCIALE, GODEVANO DI FINANZIAMENTI IRREGOLARI. LO SPIEGAI A D’ALEMA MA NEL PDS MI ISOLARONO” - GIOVANNI PELLEGRINO, (EX) PARLAMENTARE DEL PCI-PDS, CHE SI TROVÒ A PRESIEDERE LA GIUNTA PER LE IMMUNITÀ DEL SENATO QUANDO NEL 1992 SCOPPIÒ TANGENTOPOLI: “AVEVO IL TIMORE CHE ANCHE IL PCI SAREBBE STATO COINVOLTO NELL’INCHIESTA. DECISI DI PARLARNE A D’ALEMA CHE MI ZITTÌ: “LUCIANO (VIOLANTE) MI HA DETTO CHE POSSIAMO STARE TRANQUILLI, PERCHÉ MANI PULITE NON SE LA PRENDERÀ CON NOI. POI CAPI’ MA…” -
Francesco Verderami per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Il principio che ispirò Mani Pulite e che si basava sul primato del potere giudiziario, era in contrasto con il disegno costituzionale».
Nei giorni in cui la Prima Repubblica cadde, Giovanni Pellegrino vide cose che nel Palazzo non si erano mai viste. E ora dice cose che non si erano mai sentite. Almeno da parte di un (ex) parlamentare del Pci-Pds, che si trovò a presiedere la Giunta per le immunità del Senato quando nel 1992 scoppiò Tangentopoli.
Da lì passarono molte richieste di autorizzazione a procedere del pool di Milano contro i potenti della politica. È lì che sfilarono molti imputati eccellenti.
Nativo di Lecce, avvocato per professione e vocazione, Pellegrino fu uno dei pochi garantisti a sinistra. 
(...)
Da Milano arrivavano richieste di autorizzazione a procedere a ripetizione.
«E ogni volta che lo convocavo, Citaristi si presentava con un fogliettino. “Le imputano di aver ricevuto tanti milioni di lire dall’industriale tal dei tali”, gli dicevo. E lui rispondeva: “Sì, è vero”. Oppure: “No, ne ho presi di più”. O ancora: “No, da questo signore non ho ricevuto nulla”. E si capiva che qualche imprenditore aveva detto agli altri soci di aver pagato a Citaristi la tangente, che invece aveva tenuto per sé. La verità è che tutti i partiti godevano di finanziamenti irregolari».
Proprio tutti?
«Anche il Movimento sociale italiano. Ne parlò in commissione Stragi il senatore Alfredo Mantica, un sanbabilino colto che raccontò quando — durante un congresso missino — si avvicinò al leader della sua corrente: “Siamo una forza rivoluzionaria”, gli disse. E l’altro, indicando la platea: “Li vedi questi? Metà sono sul libro paga del ministero dell’Interno, metà su quello delle Forze armate”. Per aver riferito il pensiero di Mantica, Gianfranco Fini voleva querelarmi. Poi evitò perché la frase di Mantica era stata verbalizzata».
E il Pci-Pds?
«Apparentemente il mio partito non prendeva soldi. Però nella cordata vincitrice di ogni appalto c’era sempre una cooperativa rossa con una percentuale dei lavori. Dal 10 al 15%. Rivedo ancora i nostri bellissimi congressi dove campeggiavano i cartelloni pubblicitari delle cooperative.
Era chiaro il meccanismo di contabilizzazione dei finanziamenti irregolari. Ed era altrettanto chiaro che anche noi facevamo parte del sistema: una sorta di Costituzione materiale del Paese. Vista la situazione, due senatori, Giangiacomo Migone e se non ricordo male Filippo Cavazzuti, mi chiesero di accompagnarli ad un incontro con Achille Occhetto a Botteghe Oscure».
Cosa accadde?
«Accadde che Migone disse al segretario: “È necessario che il partito riconosca di aver ricevuto soldi irregolarmente”. Il baffo di Occhetto si elettrizzò: “Io non so nulla. Non ho mai saputo nulla”. E in parte era vero. Il modello di finanziamento del Pci era stato ideato da Palmiro Togliatti, che aveva affidato al suo consigliere politico Eugenio Reale l’organizzazione di una rete di imprese. Il “Migliore” voleva che la dirigenza restasse fuori dalla gestione dei fondi.
Ma le imprese erano il vero polmone economico del partito, specie quelle che avevano rapporti commerciali con l’Unione Sovietica. Insomma, le forze di governo erano finanziate dalla Cia e da Confindustria, mentre il Pci era finanziato dal Kgb e dalle società che sostanzialmente gli appartenevano. E quando i finanziamenti russi cessarono, il Pci iniziò ad essere alimentato dalle cooperative che partecipavano agli appalti pubblici».
Però il partito formalmente ne rimaneva fuori.
«Eeeh... Insomma. Per gli ultimi segretari amministrativi non fu proprio così. La torsione giustizialista impressa dalla Procura di Milano aveva iniziato a preoccuparmi, perché contestava come reati di corruzione aggravata tutti i finanziamenti irregolari ai partiti che andava accertando. Avevo il timore che così anche il Pci sarebbe stato coinvolto nell’inchiesta. Perciò decisi di parlarne a Massimo D’Alema».
Quando?
«Era la primavera del 1993. Mi concesse un incontro ma dopo pochi minuti mi zittì: “Come al solito voi avvocati siete contro i pubblici ministeri. Volete capirlo che questi di Milano stanno facendo una rivoluzione?
E le rivoluzioni si sono sempre fatte con le ghigliottine e i plotoni d’esecuzione. Perciò cosa vuoi che sia qualche avviso di garanzia o qualche mandato di cattura di troppo? Eppoi Luciano mi ha detto che possiamo stare tranquilli, perché Mani Pulite non se la prenderà con noi”».
Luciano ovviamente era...
«Violante, chi altri?».
E come faceva a sapere che il pool non avrebbe toccato il Pds?
«Violante era la voce della magistratura nel partito. Quel giorno me ne andai umiliato ma...».
Ma?
«Ma dopo la primavera arrivò l’estate. A Milano Saverio Borrelli si era preso qualche giorno di riposo, in cui si era fatto fotografare a cavallo. Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo erano volati in Brasile a spiegare ai magistrati brasiliani come si potevano mettere in galera i politici. Gherardo Colombo era in tour per l’Europa a fare conferenze. E alla Procura era rimasto solo Gerardo D’Ambrosio. Che però aveva il cuore trapiantato e per il caldo dovette andare in ospedale».
Non c’era più nessuno, quindi.
«No. C’era Titti Parenti, che i colleghi del pool avevano sempre tenuto ai margini dell’inchiesta. Non le parve vero di potersi prendere la scena. Ed ebbe l’idea di mandare al Senato una richiesta di autorizzazione a procedere contro Marcello Stefanini, ultimo tesoriere del Pci e primo del Pds: gli contestava frode tributaria, finanziamento illecito e ovviamente corruzione aggravata. Dalle carte notai che la richiesta era debolissima ed ero già deciso a rigettarla. Ma nel Pds intanto era scoppiato il putiferio».
Fecero pressioni su di lei?
«In quei giorni a Lecce si teneva la festa dell’Unità e il segretario provinciale del partito mi chiamò: “Stasera devi venire a cena con me, perché D’Alema vuole parlarti”. Quando ci sedemmo a tavola, D’Alema mi disse: “Mesi fa mi avevi fatto quel discorso complicato, fammi la cortesia di ripetermelo”.
E per la prima e unica volta mi fece parlare interrottamente per venti minuti. Gli spiegai che Mani Pulite non tendeva a colpire la corruzione amministrativa ma il finanziamento irregolare della politica per svuotare di forza i partiti. Tutti i partiti. Per renderli deboli finanziariamente e politicamente. E per realizzare così il primato del potere giudiziario».
Gli aveva descritto un sistema che i nemici delle toghe definirebbero un colpo di Stato.
«Ma era stato Borrelli di fatto a teorizzarlo in un’intervista. Aveva detto che se l’Ottocento era stato il secolo dei Parlamenti e il Novecento quello degli esecutivi, non escludeva che il secolo seguente sarebbe potuto essere il secolo della giurisdizione».
E D’Alema?
«Capì che delle assicurazioni di Violante non poteva fidarsi. Mi disse: “Certi concetti non posso esprimerli io, altrimenti Occhetto mi brucia. Parlane tu ogni tanto. Ti coprirò le spalle”.
Quando iniziai a fare dichiarazioni di quel tenore i senatori del Pds, quasi tutti giustizialisti, chiesero la mia espulsione. Per due volte fu il capogruppo Cesare Salvi a salvarmi, d’intesa con D’Alema. Finché contro di me si scagliarono i magistrati.
Una sera il Tg3 mandò in onda un servizio con gli interventi di Borrelli, Gian Carlo Caselli e Agostino Cordova. Che disse in tv: “Gliela farò vedere io al senatore Pellegrino”. E pochi giorni dopo toccò al povero Antonio Bassolino beccarsi un avviso di garanzia per peculato: l’accusa era “uso indebito del telefonino di servizio”, che lui aveva utilizzato anche per chiamare la moglie».
Ebbe modo di riparlare con D’Alema?
«D’Alema faticava a seguire la linea giustizialista imposta da Violante, perché convinto del primato della politica e perché non aveva stima delle varie corporazioni giudiziarie.
Quando divenne segretario del Pds, accompagnai a Botteghe Oscure due magistrati del Tar che iniziarono a parlargli malissimo dei loro colleghi del Consiglio di Stato. E lui commentò: “Delinquenti loro, delinquenti voi”...».
Ma il disegno che lei paventava non si realizzò.
«Perché la magistratura è un potere diffuso: ognuno fa come gli pare. Infatti la Procura di Brescia colpì Di Pietro, che aveva ambizioni politiche».
(...) Se penso a quegli anni mi viene da piangere. Mani Pulite non realizzò il suo disegno ma distrusse il sistema dei partiti. Avevo stima dei magistrati di Milano, Borrelli li guidava benissimo. Ma il loro principio, che si basava sul primato del potere giudiziario, era in contrasto con il disegno costituzionale».
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retelabuso · 7 months
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La Confessione - Come la Chiesa italiana insabbia gli abusi
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE Lunedì 11 marzo ore 15 sala Walter Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana via delle Botteghe Oscure 54, Roma Per connettersi da remoto usare questo LINK Perché soltanto in Italia non è ancora scoppiato il caso degli abusi nella Chiesa cattolica? Perché il sistema di copertura degli abusatori è ancora in piedi ed efficace, coinvolge decine e…
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storiearcheostorie · 7 months
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Archeologia / Roma, la Porticus Minucia riemerge in via delle Botteghe Oscure: ecco le immagini in 3D della ricostruzione [VIDEO]
Archeologia / Roma, la Porticus Minucia riemerge in via delle Botteghe Oscure: ecco le immagini in 3D della ricostruzione [VIDEO]
Redazione Un’importante scoperta archeologica, un esempio di valorizzazione, una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato: è il ritrovamento di una parte della Porticus Minucia, avvenuto durante i lavori a Palazzo Lares Permarini in Via delle Botteghe Oscure 46, un ulteriore tassello alla conoscenza del grandioso quadriportico costruito in epoca repubblicana, che abbracciava l’area del…
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cinquecolonnemagazine · 11 months
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Non solo Atreju, dai fischi di Craxi al Gabibbo di D'Alema: i leader a casa dell'avversario
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(Adnkronos) - "Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?". La domanda di Nanni Moretti in Ecce Bombo, i leader politici italiani se la sono posta eccome. Tutte quelle volte che hanno ricevuto un invito da un avversario. Come il caso di Elly Schlein che ha detto 'no, grazie' ad Atreju, la festa di FdI. O quando hanno avuto l'opportunità di ritrovarsi in un contesto particolare, non 'confortevole' politicamente. Berlinguer al Congresso Psi Nella primavera del 1984, per la politica un altro mondo, Enrico Berlinguer fa il suo ingresso al congresso del Psi di Verona. Lo accoglie una bordata di fischi. Impassibile, il segretario del Pci siede al suo posto. Poco dopo, dal podio, tra le lunghe pause che sempre riempivamo i suoi discorsi, Bettino Craxi spiega: "So bene che non ci si indirizzava a una persona ma ad una politica che noi giudichiamo profondamente sbagliata. E se i fischi erano un segnale politico che si manifestava contro quella politica, io non mi posso unire a questi fischi solo perché non so fischiare". Berlinguer, suo malgrado, è protagonista di un altro episodio rimasto nella storia. Alle esequie del leader comunista, nel giugno dell'84, si presenta Giorgio Almirante. "Sono venuto per salutare un uomo onesto", dice il leader Msi varcando la soglia di Botteghe oscure. Massimo Magliaro, ex braccio destro di Almirante, ha ricordato più volte: "All’uscita mi disse, telefona a donna Assunta. Dille che è andato tutto bene". Non molti anni dopo, nell'88, furono Giancarlo Pajetta e Nilde Iotti a rendere omaggio alla salma di Almirante ai suoi funerali. Fini alla Festa dell'Unità Altri tempi, altri scenari. Ma la sostanza del leader che decide di varcare la soglia della 'tana' dell'avversario non cambia. Nel '95 Walter Veltroni invita Gianfranco Fini (che accetta) ad un faccia a faccia alla festa dell'Unità: "Il valore della festa è questo, confrontarsi tra schieramenti avversari con rispetto e nel comune obiettivo di lavorare per il bene del Paese", dice Veltroni. L'album dell'94 è invece pieno di foto di Indro Montanelli sotto il simbolo della Quercia: il giornalista è ospite d'onore alla festa dell'Unità di Modena, accolto con una standing ovation (Montanelli ha appena litigato con Berlusconi e lasciato il 'Giornale'): "Vi prego, basta applausi, ve lo chiedo per legittima difesa", implora il giornalista. Foto per foto, resta negli annali quella del '96 del Gabibbo con Massimo D'Alema, in visita agli studi Mediaset: "Un’azienda che è un patrimonio per l’Italia", dice il segretario del Pds. I faccia a faccia ad Atreju Poi, con il passare degli anni, la politica cambia. Aumenta la quota spettacolo. E i faccia a faccia insoliti tra i leader si moltiplicano. Atreju ne ha fatto un marchio di fabbrica. Alla festa di FdI si sono visti, negli anni, Silvio Berlusconi, Fausto Bertinotti, Rosy Bindi, Walter Veltroni, Luciano Violante, Nicola Zingaretti, Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Renzi, per citarne alcuni. Tutti, spesso, vittime di scherzi e spietate goliardate dei giovani 'fratelli'. Memorabile l'ospitata dell'allora ministro dell'Interno Marco Minniti, nel 2017, accolto da qualche fischio ma uscito tra applausi scroscianti dopo aver deliziato la platea con un paio di aneddoti. Il primo, quando si ritrova nella storica stanza di Italo Balbo: "Era enorme!". Il secondo, particolarmente entusiasmante per la platea, quando da neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio finisce alla scrivania che era stata di Benito Mussolini. "Giuliano Ferrara scrisse, quella scrivania era in buone mani!". Giorgia Meloni al Congresso Cgil Non solo Atreju, però. Giorgia Meloni, nel marzo scorso, è intervenuta al Congresso della Cgil, invitata e poi accolta da Maurizio Landini con una storica stretta di mano. E sempre la premier, ai tempi 'solo' leader di Fdi, ha regalato una fulminante battuta al termine di uno degli innumerevoli faccia a faccia (tra convegni e presentazioni di libri) con l'allora segretario del Pd Enrico Letta: "Siamo i Sandra e Raimondo della politica italiana". [email protected] (Web Info) Read the full article
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Hyatt To Debut Thompson Hotels Brand In Italy With Thompson Rome
Thompson Rome will be the second Thompson Hotels property in Europe and will build on Hyatt’s transformative growth in the luxury and lifestyle segment. Hyatt Hotels Corporation (NYSE: H) today announced that a Hyatt affiliate has entered into a franchise agreement with Botteghe Oscure s.r.l., a company affiliated with AG Group s.r.l., for the first […] The post Hyatt To Debut Thompson Hotels Brand In Italy With Thompson Rome appeared first on HOTELS - ACCOMMODATION NEWS. https://hotels-accommodation.news-6.com/hyatt-to-debut-thompson-hotels-brand-in-italy-with-thompson-rome/
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lamilanomagazine · 2 years
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45 anni fa il rapimento di Aldo Moro e la strage in Via Fani
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45 anni fa il rapimento di Aldo Moro e la strage in Via Fani. Il 16 marzo del 1978 le Brigate Rosse uccisero tre agenti di polizia e due carabinieri che componevano la scorta del Presidente della Democrazia Cristiana. L’intercettazione della vettura dello statista democristiano in via Mario Fani, alla periferia nord di Roma, successivamente il blocco della macchina che stava portando Moro a votare la fiducia al quarto governo Andreotti e l’uccisione dei cinque uomini della sua scorta. A perdere la vita furono il vicebrigadiere di pubblica sicurezza Francesco Zizzi, le guardie di pubblica sicurezza Raffaele Lozzino e Giulio Rivera, il maresciallo maggiore dei carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci. Iniziarono così i 55 giorni del sequestro di Moro che si conclusero il 9 maggio con il ritrovamento del corpo all’interno del bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata a Roma in Via Caetani, distante circa 150 metri sia da via delle Botteghe Oscure – sede nazionale del Partito Comunista Italiano- sia da Piazza del Gesù – sede nazionale della Democrazia Cristiana- . «Sono trascorsi quarantacinque anni da quel 16 marzo del 1978 quando a Roma, in via Fani, i terroristi delle brigate rosse rapirono Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, assassinando ferocemente i cinque componenti della sua scorta. Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino sacrificarono la propria vita per proteggere lo statista democristiano, poi barbaramente ucciso il 9 maggio di quello stesso anno. Una pagina drammatica della storia repubblicana che ebbe un impatto profondo sulla politica italiana e ancor oggi rappresenta uno fra i momenti più dolorosi della storia del nostro Paese. È nostro dovere oggi ricordare e onorare il sacrificio di chi pagò il prezzo più alto per difendere eroicamente la Democrazia e le Istituzioni che la rappresentano. La memoria di quegli eventi e degli Uomini che, in anni bui, hanno combattuto per custodire la nostra Repubblica contro ogni tentativo di destabilizzazione, rimane un riferimento forte per tutti coloro che, ogni giorno, operano per riaffermare i valori di libertà e giustizia. Con profonda e immutata commozione rivolgo il mio memore pensiero alle vittime e la vicinanza, mia personale e del Ministero dell’interno tutto, ai loro familiari». Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in occasione del 45° anniversario del rapimento del Presidente Aldo Moro e dell’eccidio di via Fani.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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botallo · 2 years
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Accanto alla sua attività di poeta e critico d’arte non va dimenticato il lavoro come traduttore di Cesare Vivaldi
Accanto alla sua attività di poeta e critico d’arte non va dimenticato il lavoro come traduttore di Cesare Vivaldi
E invero spesso è invalidata anche la distinzione tra il mecenatismo (e la convenienza) di chi pubblica o promuove autori sine munere e quelle imprese che invece stampano libelli a pagamento: non è certo retorico citare uno dei poeti più riconosciuti del secondo dopoguerra quale Giovanni Giudici, che ha legato la sua prima produzione, quella di “Fiorì d’improvviso” (Edizioni del Canzoniere 1953)…
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marcogiovenale · 2 years
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cristina giorcelli: "《botteghe oscure》e la letteratura statunitense"
cristina giorcelli: “《botteghe oscure》e la letteratura statunitense”
https://www.storiaeletteratura.it/catalogo/botteghe-oscure-e-la-letteratura-statunitense/11337 «Botteghe Oscure» è stata definita da molti una delle riviste italiane più internazionali del dopoguerra. Fondata nel 1948 da Marguerite Caetani, la rivista nei venticinque numeri usciti fino al 1960 pubblica tutti i più importanti scrittori italiani, europei e statunitensi. E proprio con gli Stati…
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