#Aspettative sociali
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"La filosofia di Sir Anthony Hopkins: vivere autenticamente in un mondo di apparenze". Recensione di Alessandria today
La citazione in questione è attribuita a Sir Anthony Hopkins, celebre attore britannico noto per la sua profondità artistica e riflessiva.
La citazione in questione è attribuita a Sir Anthony Hopkins, celebre attore britannico noto per la sua profondità artistica e riflessiva. Analisi dettagliata.In questa riflessione, Hopkins esprime una filosofia di vita basata sull’autenticità e sull’accettazione. Egli sottolinea l’importanza di non lasciarsi influenzare dai giudizi altrui, affermando: “quello che la gente dice di me non è affar…
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Ogni persona è una 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮 𝘂𝗻𝗶𝗰𝗮 e visivamente indipendente nella forma: nessuno di noi rappresenta un'estensione fisica o metafisica degli altri; nessuno di noi ha il dovere di vivere secondo le ragioni degli altri; ogni persona ha diritto ad auto-determinarsi: a decidere in modo svincolato dalle aspettative familiari la strada che vuole intraprendere.
Ogni persona ha diritto di vivere secondo le propensioni positive e le aspettative positive che la riguardano: gli altri, familiari o meno, cari o meno, amati o meno, non hanno alcun diritto di sentirsi delusi quando ci allontaniamo dalle loro aspettative per la nostra vita, perché ciò rappresenta una violenza psicologica.
Sono particolarmente interessata al fatto che le persone attorno a me siano felici (anche per mia mano, se possibile) per una ragione scientifica osservata nella realtà di tutti i giorni: una persona soddisfatta non è incline a togliere libertà agli altri, ma è più sensibile ai cambiamenti sociali; una persona felice non vuole perdere i propri diritti e non permette a nessuno di calpestarla, nonché si fa cittadino attivo, all'erta (è WOKE) come la Civiltà chiede.
Sogno un mondo fatto di persone che si amino, che si rispettino, che desiderino diritti civili e sociali per tutti.
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🐺 30 DOMANDE 🌋
1. Cosa pensi sia fondamentale in una relazione romantica?
2. Qual è il tuo animale preferito e perché?
3. Se dovessi scrivere una lettera al tuo io di dieci anni fa, cosa gli diresti?
4. Qual è la parte di te che tendi a nascondere agli altri e perché?
5. C’è un ricordo che ti perseguita, ma che ti ha anche fatto diventare la persona che sei oggi?
6. C’è qualcosa che faresti anche se tutti ti dicessero di non farlo?
7. Come reagisci quando una relazione finisce? Ti prendi del tempo per te stesso o preferisci andare avanti subito?
8. Se dovessi scegliere tra una vita tranquilla e una piena di avventure, quale sceglieresti e perché?
9. Qual è la cosa più romantica che hai fatto per qualcuno?
10. C’è una parte di te che pensi gli altri non capiscano mai?
11. Qual è la cosa più coraggiosa che hai fatto, anche se sembrava difficile o spaventosa?
12. Se dovessi scegliere una sola cosa da fare per il resto della tua vita, cosa sarebbe?
13. Qual è una paura che hai imparato a convivere con il tempo?
14. Se potessi essere un insegnante di una materia, quale sarebbe e perché?
15. Se potessi fare una sola cosa senza alcuna conseguenza, quale sarebbe e perché?
16. Qual è l’errore più grande che hai commesso, ma che ti ha insegnato qualcosa di fondamentale?
17. Se dovessi scegliere una parola per descrivere il tuo percorso di crescita, quale sarebbe?
18. Se ti fosse concesso di liberarti da un peso che porti da tempo, quale sarebbe?
19. Se potessi vedere il mondo con gli occhi di un’altra persona per un giorno, chi sarebbe e perché?
20. C’è una parte di te che hai imparato ad accettare solo con il tempo?
21. Se dovessi scegliere un luogo dove sentirti completamente in pace, dove sarebbe?
22. Qual è una convinzione che hai oggi, ma che non avresti mai pensato di avere un anno fa?
23. Se una ragazza ti facesse una domanda che ti mette a disagio sul tema dell’amore, come risponderesti?
24. Se potessi entrare in un libro, quale mondo o storia sceglieresti di vivere?
25. Ti consideri una persona introversa o estroversa? Come questa caratteristica influenza le tue relazioni?
26. C’è un film che ti ha fatto piangere?
27. Come affronti i momenti di conflitto in una relazione?
28. Qual è una lezione che hai imparato sulla vita che non smetteresti mai di insegnare agli altri?
29. Se dovessi descrivere il concetto di virilità, come lo definiresti oggi?
30. Ti è mai capitato di sentirti sopraffatto dalle aspettative sociali su come dovrebbe essere un uomo in una relazione?
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NON TEMO IL PATRIARCATO IN SE' MA IL PATRIARCATO IN ME
Quando ricevo un ask anonimo di cui non è possibile estrapolare il genere della persona che mi scrive, dentro di me parto dal presupposto che sia una ragazza.
Potrei addurre a mia giustificazione il fatto che 8 persone su 10 che mi scrivono appartengono al genere femminile (poi arriviamo anche a questo) ma la realtà è un'altra.
Al netto che il variegato ramo della mia famiglia è composto ad alta percentuale di figlie di eva e che ho passato 25 anni a proteggere e a cercare di far crescere serene due figlie femmine, il fatto è che si accetta istintivamente e culturalmente che sia il sesso debole ad aver bisogno e quindi a chiedere aiuto, mentre i veri uomini ce la fanno da soli e non piagnucolano come delle femminucce.
Guardate quanti stereotipi di genere nell'ultima frase e se forse in giro se ne sente usare sempre meno, alla fine il preconcetto rimane radicato, più o meno apertamente negli uomini ma istintivamente anche e soprattutto nelle donne.
Per ciò che mi riguarda, ho peccato spesso (e succede ancora) di paternalismo ma mi dico che è un riflesso condizionato dell'essere stato una presenza rassicurante e spesso risolvente nella vita delle mie figlie, per cui il mio primo istinto diventa quello di trattare l'interlocutore come se avesse sempre bisogno del mio aiuto.
E bene o male, alla fine, chi ha bisogno del mio 'aiuto' - o meglio, mi scrive per parlare di sé - nella maggior parte dei casi è una persona di sesso femminile (non me ne vogliano le persone binarie o trans ma cerchino di capire il senso di quanto vado dicendo).
Perché i maschi si vergognano.
Non tutti ma abbastanza da rendere asimmetrica le richieste.
Chiamatela maschilità tossica, virilità forzata, machismo o mascolinità egemone ma il risultato è sempre quello.
Uomini fragili perché costretti a essere sempre all'altezza di certe aspettative culturali e sociali, ai quali non è permesso chiedere aiuto per il proprio malessere.
Però non voglio fare un torto a tutti quei figli di adamo che mi scrivono e che davvero non sono pochi, comunque.
Il malessere non ha genere, semmai si declina in contesti e con azioni differenti ma alla fine - al di là che gli effetti devastanti siano più evidenti sulle donne - se faccio fatica io per primo ad aprirmi e a rigettare certi bias patriarcali, figuriamoci se posso chiederlo a uomini decisamente meno fortunati di me.
Perché fino a oggi è dipeso molto dalla fortuna... di avere avuto un padre e una madre amorevoli nel modo giusto, amici e coetanei di un certo tipo, ambienti di studio e di lavoro predisponenti a una certa visione della società.
Fino a oggi fortuna...
Domani vediamo dove ci avrà portato questa nuova sensibilità sociale, spero non effimera e di pancia come dentro di me sento il timore.
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Le elezioni europee sono il mio appuntamento quinquennale con lo scorno politico. Non che io normalmente sia un entusiasta ma per qualche motivo, vuoi il letale mix di respiro internazionale e pochezze locali, vuoi un quorum incompatibile con le mie passioni di nicchia, vuoi per ricordi di ex parlamentari europei comportatisi quasi ineccepibilmente a Bruxelles per poi rovinare anche le aspettative più basse una volta usciti di lì, l'appuntamento con le europee mi mette addosso una mestizia Baudelairiana.
Oltre ad una già discussa impressione di peggioramento qualitativo, si sono uniti gli scambi umani con persone più o meno conosciute, ascrivibili a due macrocategorie:
i nichilisti in attesa di mordere, che sono quelli che buttano lì l'argomento europee come il pescatore da laghetto la pastura, e alla prima ipotesi sul voto anche vaga ti trasmettono con una certa delicatezza che loro non vanno a votare e che tu sei chiaramente un coglione se ci vai
gli indecisi tormentati che si chiedono a vicenda un parere sperando che qualcuno di stimato tiri fuori idee illuminanti e propongono una chat di gruppo fra amici fidati per trovare una strada sensata tergiversando fino alle 22:50 di domenica
Tendo a preferire (e ad appartenere) alla seconda categoria. Ieri l'altro un'amica diceva che sarebbe entrata in cabina guardando la scheda senza fare niente aspettando di essere richiamata dal presidente di seggio, e un po' la capisco.
Poi non è che voglia sovrastimare l'importanza delle europee, ma non è tanto per l'elezione in sé, è più per il suo ruolo di fotografia rappresentativa di un fallimento di ambizioni politico-sociali e di assenza di movimento in quel senso, che non è una novità per nessuno ma vederlo in 4k e in ogni singolo doloroso dettaglio è un passaggio un poco sofferente.
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Aspettative di sinistra
Convinto da @le0noraddio mi sono guardato un pezzettino di intervista a Schlein via internet.
E io già mi domandavo come fosse riuscita a diventare segretario, perchè è impacciata o non è capace di recitare.
Che può anche essere che sia la ragione per cui è stata scelta, per quell'idea di genuino che può dare. Ma per fortuna non siamo ancora in aria di guerra civile e non si vince convincendone molto bene una minoranza. L'altra ipotesi è che il PD, con un segretario sbandierato come "estremista" da gente come Renzie sia stato appositamente scelto per perdere e convincere il proprio elettorato che sia necessario votare al centro.
E tra tutte le persone di sinistra in Italia, così come quando si sceglie una cattedra in università o un posto come sottosegretario, un direttore della RAI, è impossibile credere che non si potesse scegliere gente migliore, per lo meno per il lavoro che deve fare un segretario di un partito, quindi anche le interviste... o i video con la Nutella.
E non deve essere superman, basta una persona equilibrata con alcune caratteristiche, anche in queste scelte non ci si deve allineare all'iconografia della destra di un uoma sola al comando.
Ma questa è stata la prima impressione.
Quando poi un giornalista del Foglio, dopo la tipica e falsa premessa da "liberale" di schifare il fascismo con anche la scenettina in cui diceva che a quelli di Acca Laurentia andrebbero staccate le braccia, o qualche cosa di simile, ha detto che insomma, in Parlamento, nell'alveo della Costituzione, c'era stato pure l'MSI.
E Schlein ha balbettato. Che dico c'erano 1000 + 1 maniera per mandare affanculo lui, il suo giornale e l'MSI e indipendentemente dalle capacità di retorica... proprio LE BASI... LE BASI, senza nemmeno perderci troppo tempo.
E appunto se ne parlava e ho dovuto chiarire che però sono fedele a quello che dico. Politica attiva la faccio e cercherò di convincere la gente che in mancanza di alternativa per cui votare, convincerò la gente a votare quelli di Schlein, perchè quelli di Schlein almeno non spostano così tanto l'asticella di quello che viene ritenuto accettabile, come per esempio Acca Laurentia o i continui riferimenti alle cose belle di quando c'era LVI da parte di membri del parlamento e dell'esecutivo, senza dimenticare che pure Violante ha fatto la sua parte a sdoganare questa merda.
Però mi toccherà dire che finchè non si fa politica attiva, che non è solo spiegare alla gente le cose, ma anche sapere che ci sono sacrifici da fare, e quindi essere disposti a usare i propri soldi e il proprio tempo per avere realmente la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e non gente cooptata, o essere disposti a fare scioperi, insomma a mettere sul piatto della bilancia almeno la minaccia di far pagare all'attuale classe dirigente un prezzo più alto di quello che gli costerebbe la repressione, bisogna avere delle aspettative molto basse.
Delle aspettative così basse da aspettarsi per certo che il ciclo si ripeta, che una sinistra cooptata vada in parlamento per approvare merda come la Fornero e il Jobs Act, con le stesse proposte economiche e sociali della destra ma senza il braccio teso e che la gente poi finisca per abboccare alle promesse della destra con il braccio teso in maniera ancora più convinta.
E lo so che suona funereo dover fare sacrifici in un paese dove sono 30 anni che non crescono le retribuzioni ed è meno attraente delle promesse che vi vengano tolte le accise o di un nuovo Rinascimento italiano, ma è una prospettiva più realistica di diventare un paese intero di veline, calciatori e influencer o di essere ex commercialisti felici diventati rider o cameriere che diventano fondatrici di catene di poke... o comunque tutti quei discorsi falsi sulla meritocrazia fatti da chi si è fatto imbucare in Ferrari e dei sacrifici per avere successo, che invece vi hanno abituato ad accettare come gli stage gratis o lavori pagati 2 Euro/h o la pensione che non arriva mai.
E comunque è un bene che guardi la TV solo su segnalazione, non solo mi evita un trapianto di fegato, ma amplifica la sensazione di straniamento tutte le volte che vedo quelle facce da culo prendere in giro la loro audience in maniera così sfacciata.
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Avevo tentato disperatamente, con ogni singola forza, di conformarmi in qualcosa che già era stato scritto: una sfilza interminabile di identità sociali che io stessa ero la prima ad apprezzare e che notavo negli altri. Ero terrorizzata da cosa avrei potuto trovare se avessi scavato in profondità, eluso la patina scintillante che mi ero costruita intorno, per sfuggire a me stessa. Paura di non soddisfare le aspettative che tutti riponevano in me, paura di essere costretta per la vita a convivere internamente con un essere che detestavo.
Tutto, ma non la solitudine, non il sentirmi sola in mezzo a tutte quelle le persone.
Quello che mi ha portata a compiere quel gesto, il 17 di luglio, è stata appunto la possibilità concreta di abbracciare la solitudine nella sua interezza, perdendo il mio sostegno più grande negli ultimi tre mesi. Ed era stato troppo, troppo forte, troppo doloroso, troppo devastante anche solo il pensiero di ritrovarsi da sola, di fare schifo senza che nessuno le tendesse una mano.
In fin dei conti le cose sono andate come dovevano andare. A 19 anni si è troppo piccoli per dover affrontare queste tematiche, anzi, non basta una vita intera perché un individuo sia pronto a uno spettacolo del genere. Io non lo auguravo al mio peggior nemico, eppure ho tirato in mezzo due delle persone più care. Li ho obbligati a guardarmi, a vivere quel dolore di cui non erano direttamente responsabili né colpevoli. Quale essere tremendamente egoista potrebbe compiere una tale azione e accettare di poter avere un pubblico nell’atto autolesionista? Sono profondamente convinta che nell’autolesionismo ci sia una richiesta disperata di aiuto all’altro, una inattesa speranza che un giorno qualcuno possa accorgersene e tirarti fuori da quel casino che ti sta logorando, prima che sia troppo tardi. Chi vuole compiere l’atto estremo lascia indizi, dà possibilità a sé stesso e agli altri fino allo sfinimento completo. Io volevo essere notata, avevo bisogno di essere salvata. Mi sono ferita sulla guancia perché ero stanca di passare inosservata. Sono scappata di casa, ho pianto, ho fatto cose di cui non vado fiera solo perché qualcuno vedesse lo schifo di essere umano che ero diventata. Al tempo stesso pretendevo dagli altri l’amore che non riuscivo a darmi, amore che sembrava linfa vitale tanto io lo bramavo. Sono passati mesi da quelle giornate. Il tempo ha riparato? Non saprei dirlo. Questi episodi restano nel mio cervello come un tarlo e saltuariamente tornano a farmi visita. I rapporti non esistono più, questo era scritto e infatti è successo. Spero che un giorno il passato smetta di seguirmi.
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“Quale momento della vita non sarebbe triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso, senza il piacere, e cioè senza un pizzico di follia?” (Erasmo Da Rotterdam)
“Siate affamati, siate folli” (Steve Jobs)
“Elogio della follia” (Moriae encomium), scritto nel 1509, è una delle opere più celebri di Erasmo da Rotterdam. Questo saggio satirico, pubblicato per la prima volta nel 1511, si presenta come un discorso pronunciato dalla Follia stessa, che si fa portavoce di una critica pungente alla società del suo tempo, denunciandone le contraddizioni e le ingiustizie.
Il testo è scritto in un periodo di grande fermento culturale e religioso in Europa, caratterizzato dalla nascita dell'Umanesimo e dai primi segnali di riforma religiosa. Erasmo, figura centrale di questo movimento, si opponeva alle pratiche corrotte della Chiesa e alla superstizione popolare. “Elogio della follia”riflette queste tensioni, utilizzando l'ironia per mettere in luce le ipocrisie della società.
L'opera è strutturata come un discorso in cui la Follia, personificata, elogia se stessa e i vantaggi che porta agli esseri umani. La Follia si rivolge direttamente al lettore, creando un senso di intimità e coinvolgimento. Utilizza un linguaggio vivace e provocatorio, ricco di giochi di parole, paradossi e riferimenti classici. La narrazione è caratterizzata da un tono ironico e spesso sarcastico, che invita il lettore a riflettere sulle norme sociali e sui valori condivisi.
Erasmo utilizza la Follia per mettere in discussione le convenzioni sociali, la corruzione della Chiesa, l'ipocrisia dei nobili e la stupidità dei cittadini comuni. Sotto il velo della Follia, l'Autore critica i teologi dogmatici, i filosofi razionali e gli ecclesiastici, evidenziando il loro distacco dalla realtà e dalla vera saggezza. La Follia afferma che molti dei più rispettati membri della società sono, in effetti, i più folli.
L'opera elogia la follia come una condizione che porta alla gioia e alla spensieratezza, mentre razionalità e saggezza spesso portano alla sofferenza. La Follia sostiene che vivere senza il peso della razionalità e delle aspettative sociali consente di apprezzare la vita in modo più profondo. Erasmo esplora, dunque, l'idea che la follia possa essere una forma di saggezza. Questo paradosso invita il lettore a riconsiderare il valore della razionalità in contrapposizione alla libertà di pensiero. L’Autore sottolinea la vulnerabilità e le contraddizioni dell’essere umano. La Follia mette in luce come tutti, in un modo o nell'altro, siano soggetti a follie e illusioni. Questo riconoscimento dell'umanità comune serve a smantellare la presunzione di superiorità dei "saggi" e a promuovere un senso di umanità condivisa.
“Elogio della follia” ha avuto un impatto significativo sulla letteratura e sul pensiero occidentale. La sua critica sociale e religiosa ha ispirato generazioni di pensatori e scrittori, contribuendo al dibattito sulla ragione e la follia. La sua pubblicazione ha anche suscitato reazioni contrastanti, da ammirazione a condanna, soprattutto da parte dei sostenitori della Chiesa.
“Elogio della follia”è un'opera fondamentale che combina satira, filosofia e critica sociale. Con il suo stile incisivo e la sua profonda introspezione, continua a essere rilevante nel contesto contemporaneo, invitando il lettore a riflettere sulla natura della follia e sulla società in cui vive. La Follia, con la sua ironia, rimane una figura potente che ci sfida a riconsiderare le nostre convinzioni più radicate.
La Follia non è solo un tema, ma un invito a esplorare nuove prospettive, a riconoscere la bellezza del vivere e a considerare che, in fondo, tutti portiamo un po' di follia dentro di noi.
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Le aspettative sociali legate all'estate o al capodanno mi mettono particolarmente a disagio
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Continuo a stupirmi del comportamento delle persone come se le delusioni non mi avessero ancora insegnato abbastanza.
Oggi mi sono svegliata con una nuova consapevolezza che mi ha dato una certa serenità. Mi rendo conto di non essere come le altre persone: i miei ritmi, i miei modi di pensare e i miei gusti sono differenti. A causa della timidezza e dell'insicurezza, mi trovo spesso in difficoltà a fare cose che agli altri sembrano semplici o normali, e questo mi ha portato a essere etichettata come incapace, pigra o addirittura poco intelligente. La mia sensibilità è profonda e unica, diversa da qualsiasi persona che io abbia mai incontrato, e situazioni che agli altri sembrano insignificanti per me possono rappresentare fonte di disagio o dolore, mentre dettagli che passano inosservati per loro, per me possono avere un grande valore. Ho sempre faticato a integrarmi e a stringere amicizie, perché non ho mai trovato persone affini e mi sono spesso sentita fuori posto in quasi ogni contesto. Di conseguenza, ho condotto una vita solitaria e non ho vissuto le stesse esperienze degli altri nei loro stessi tempi, venendo spesso giudicata come strana o diversa, soffrendo molto a causa di tutto questo. Ora, però, riesco finalmente ad accettare la mia diversità senza considerarla una colpa o una vergogna, come mi è stato fatto credere per tanto tempo. Sono diversa, e va bene così. Ho compreso che gran parte del mio disagio deriva dal confronto con gli altri, dal tentativo di conformarmi alle aspettative sociali, dal cercare di adattarmi a persone e ambienti che non mi appartengono. È come quando si prova un sintomo fisico e lo si descrive al medico per trovare una cura, piuttosto che ignorarlo. Allo stesso modo, dovremmo imparare ad ascoltare i segnali che il nostro corpo e la nostra mente ci mandano. Se qualcosa ci fa star male, dobbiamo smettere di farla. Non dovremmo forzarci a stare in luoghi o con persone che non ci fanno bene. Il benessere mentale è una delle cose più preziose. 💖
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Fiat 500 D: la versione Sprint della Cinquecento d'epoca
Dal 1960 la Fiat 500 D ha fatto la storia. Un auto che ha segnato un'epoca e continua anche oggi a vivere nei cuori degli appassionati.
La Fiat Nuova 500 D, conosciuta affettuosamente come "Cinquino", rappresenta un capitolo fondamentale nella storia automobilistica italiana. La sua introduzione nel 1960 segnò una svolta per la Fiat, grazie a prestazioni e finiture migliorate rispetto ai modelli precedenti. Questo articolo esplora la storia, il design, e le specifiche tecniche della Fiat 500 D, un'autovettura che ha lasciato un'impronta indelebile nel cuore degli italiani e degli appassionati di auto d'epoca.
La Nascita di un Simbolo: La 500 D
Nel 1960, il Salone di Torino fu testimone del lancio della nuova Cinquecento D. Questo modello, evoluzione della Nuova 500 lanciata nel 1957, si distingueva per il suo motore più potente e le rifiniture di qualità superiore. Con un bicilindrico da 499,5 cm³ e 17,5 CV, la 500 D sfiorava i 100 km/h, un notevole incremento rispetto alla versione originale.
Un Design Funzionale
La Fiat 500 D ereditava la linea della Nuova 500 con alcune modifiche estetiche significative, tra cui un tettuccio apribile più corto e la parte posteriore del padiglione in lamiera. Il suo design compatto non era solo un simbolo di modernità, ma rispondeva anche alle esigenze di mobilità in un'epoca di grandi cambiamenti sociali e urbanistici in Italia.
Motore e Prestazioni: Un Salto di Qualità
La Cinquecento D si distingueva per le sue prestazioni migliorate, grazie al motore derivato dalla precedente versione Sport. Con una velocità massima di circa 102 km/h, la 500 D garantiva un'esperienza di guida più dinamica, ideale per le nascenti autostrade italiane. Le modifiche apportate al motore e ai rapporti del cambio rappresentavano un progresso tecnico significativo per l'epoca.
Economia e Accessibilità: Il Prezzo della 500 D
Nonostante le sue caratteristiche avanzate, la Fiat 500 D era venduta a un prezzo competitivo, fissato a 450.000 lire. Questa politica di prezzo accessibile contribuì notevolmente al suo successo commerciale, rendendola una scelta popolare tra gli automobilisti italiani.
Innovazioni e Aggiornamenti: Evoluzione Continua
La 500 D vide una serie di aggiornamenti nel corso degli anni, tra cui modifiche ai deflettori, al serbatoio, e miglioramenti all'interior design come l'introduzione di un portacenere e di alette parasole imbottite. Queste innovazioni rispecchiavano le mutevoli esigenze e aspettative degli automobilisti italiani.
Colori e Stile: L'estetica della Cinquecento D
La gamma colori della Cinquecento 500 D era vasta e variava nel tempo, offrendo una scelta quasi ventennale di tinte. Dai classici avorio, blu scuro, e verde chiaro, a tonalità più vivaci come il rosso e il celeste, la Cinquecento D si presentava in una varietà di colori che rifletteva la sua personalità vivace e versatile.
La Fiat Cinquecento D nelle Città Italiane: Un Fenomeno Urbano
La Fiat 500 D divenne un elemento caratteristico delle città italiane durante gli anni del boom economico. La sua dimensione compatta e la maneggevolezza la resero l'auto ideale per gli spazi urbani, testimoniata dalla sua presenza onnipresente nelle fotografie d'epoca.
L'Eredità della D
La Cinquecento D non fu solo un'auto: divenne un simbolo di un'era, un'icona di design e ingegneria. La sua evoluzione continuò con l'introduzione della versione F nel 1965, che incorporò ulteriori miglioramenti in termini di sicurezza e design. L'ingegner Dante Giacosa, padre della 500, continuò a guidare queste innovazioni, assicurando alla 500 un posto nella storia dell'automobilismo. Con oltre 640.000 esemplari prodotti, la 500 D rimane una delle auto più amate e ricordate, un simbolo di un'epoca di cambiamento e progresso.
E voi?
Avete storie o aneddoti particolari che legano voi o la vostra famiglia a questo iconico modello? Condividete con noi le vostre esperienze personali e ciò che la Fiat 500 D significa per voi! Read the full article
#anni’60#Cinquecento#cinquecentoD#cinquino#Fiat500#fiat500d#Fiat500d'epoca#fiat500epoca#Fiat500storiche#vecchiaFiat500
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Sono in un tavolino a Meidling a Vienna e penso. Penso all'assurdità della vita. Porca puttana e avanti a bestemmie quanto cazzo è difficile la vita. Quanto cazzo è difficile questa società che l'uomo si è creato. Fatta di continuo stress e aspettative. A me sembra che il mondo si aspetti continuamente qualcosa da te. Ma io non gli voglio dare niente, a questo mondo. Non voglio dimostrare nulla. Mi rifiuto. Come mi sono sempre dimostrata di obbedire agli obblighi sociali sin da piccola.
Sono qui seduta e boh. Che confusione. Che cazzo ci faccio qua. Assurdo. Non capisco cosa io ci faccia qua. Mi descriverei come una persona tendenzialmente debole, cattivissima gestione dell'ansia e stress. Poi mi guarda attorno e vedo chee ne sono andata di casa a 19 anni, all'estero. I miei mi hanno sempre versato 350 euro mensili. Non di più non si meno. Nonostante potessero. Ma non è questo il punto. Ho dovuto quindi sempre lavorare. Ho fatto due Bachelor. Non so come. Mia madre, ignorantemente ma con buon cuore pensando di aiutarmi, mi aveva obbligata a fare traduzione. Mi sono imposta. Ho lasciato lo studio. Ho studiato politica. Poi ho pensato che due lauree fossero meglio di una e ho ripreso a studiare. Effettivamente non è stata una brutta sessione. Mi descrivo come debole di nervi (ed è così) ma in un mese ho stravolta la mia vita lasciando tutto quello che avevo e soprattutto conoscevo per andare in un posto in culo al mondo, senza sicurezze. Negli anni non ho fatto altro che vedere centinaia di persone insoddisfatte della propria vita, che vivevano la quotidianità odiando la propria vita. Una vita infelice. E io cazzo guarda cosa sono riuscita a fare in trenta giorni. Ne pago le conseguenze? Madonna. Ansia, a giorni non ai dorme, ansia, malessere e quant'altro. Ma era meglio restare a casa o a Innsbruck? Mmmh sto iniziando a credere di aver preso la scelta giusta. Tutto questo perché in un barlume di lucidità sto pensando che io sia una stra cazzo di gran figa. Ma come sempre contrasta tantissimo quella persona (sempre me) che ancora due notti fa alle due di notte era in bagno a prendere ansiolitici per poter dormire e andare al lavoro il giorno dopo.
Non sono mai riuscita a capire e ciò mi dispiace molto perché come sempre è come se io fossi 6 persone diverse allo stesso tempo.
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Oggi ho provato invidia verso un'ex compagna di classe (trovata su ig per purissimo caso) perché sembra vivere la sua best life, come si dice in gergo "she's thriving".
E la questione è: invidia perché? Per i post messi su ig (e per la vida loca che io so di non volere razionalmente, ma che quando si guardano le foto online fa sempre figo). Poi mi sono ricordata che io faccio le cose e mi dimentico di fotografare i momenti in cui sto bene o che potrebbero essere "belli" da mettere su ig.
E allora questa invidia è data solo dalle aspettative sociali, e io non le voglio. Che lei si goda la sua vita e io la mia, per quanto diverse possano essere.
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Potevo nascere normale.
Potevo nascere persona normale. Quanto sono grata che non sia successo. Quanto sono grata alla vita per avermi portata per mano in questo mondo pieno di arzigogoli. Quanto sono grata a me stessa per non aver piegato mai la testa alle aspettative sociali.
A volte penso che vorrei fare due chiacchiere con la Cloe piccolina, quella che a 8 anni pensava di essere un'anima sbagliata e fin troppo introversa. Cercavo il mondo tra le pagine di un libro, gli stessi libri che mi hanno inconsciamente insegnato come essere libera.
Ho preso il mondo a morsi e continuerò a farlo, affronto il futuro un passo alla volta, consapevole che qualsiasi cosa accada sarà per il meglio, pronta a fare le valigie e muovermi ovunque soffi il vento. Pronta a sfamare questa curiosità insistente che non mi lascia in pace e che smuove le mie giornate. Pronta ad apprezzare ogni mia conquista, ogni mia meraviglia. Perchè ho visto l'unicità di ciò che sono negli occhi di persone simili, quella bambina introversa si è trasformata in una (quasi) donna che sa riconoscere le sue persone.
Che bella questa vita, anche quando ti scombussola la mente e ti fa agire in modo irrazionale. C'è sempre una via d'uscita per chi vuole trovarla.
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LA MANIPOLAZIONE FAMILIARE
Come avviene l'inibizione da parte della famiglia delle potenzialità e inclinazioni del bambino?
A partire dagli irrisolti familiari, i quali scontrandosi con i bisogni di sviluppo dei figli creano conflitti che vengono sedati tramite la repressione e la manipolazione dei secondi.
La gioia e la vitalità della bambina, ad esempio, fa emergere nella madre la frustrazione per ciò cui ha dovuto rinunciare.
Oppure, la forza del bambino e la sua intelligenza stimolano il risentimento del padre, che per qualche motivo non è riuscito a esprimere le sue capacità.
Il bambino può sviluppare le sue doti e le sue risorse, ma direi anche la stessa personalità, solo e soltanto finché non va a toccare le regole familiari, le convinzioni, i dettami impliciti, i quali spesso proteggono i genitori dal contattare ferite mai del tutto assimilate.
Il divieto di spendere denaro per prendersi cura di sé da un punto di vista estetico o dal punto di vista della crescita personale, ad esempio, potrebbe essere legato alle restrizioni che il genitore ha dovuto applicare su di sé per proteggersi da un momento di crisi economica.
Il divieto di svolgere una determinata attività da parte del bambino, magari creativa, potrebbe essere collegato al fatto che il padre o la madre hanno dovuto inibire le loro spinte creative da piccoli perché hanno dovuto fare lavori umili per sopravvivere e far sopravvivere la famiglia.
Il farsi bravo/a o bello/a da parte del bambino o della bambina, viene vissuto dal genitore dello stesso sesso come un affronto al suo stesso orgoglio, e al suo status di genitore inteso come detentore dell'autorità.
Il divieto di godersi la vita, le relazioni e gli eventi sociali, è spesso legato al divieto subito dal padre o dalla madre di vivere gli stessi piaceri.
Il divieto di sviluppare i propri progetti, di avere dei sogni, delle aspirazioni di autorealizzazione, è connesso al trauma che i genitori hanno subito per aver dovuto inibire a loro volta parti di sé.
I genitori inibiscono le risorse dei figli colpendoli nella loro autostima, magari appellandosi a infondate regole morali e generalizzazioni.
Le frasi possono essere:
"È meglio se abbassi la cresta perché tanto la vita è dura per tutti"; "Più sono alte le aspettative più ti farai male quando cadrai per terra"; "Accontentati di quello che hai"; "Stai con i piedi per terra "; "Non esaltarti tanto, i sogni fanno presto a rompersi"; "Studiare è inutile, guadagnati da vivere come puoi".
Questo tipo ingiunzioni (leggi "proiezioni"), frutto di ferite mai sanate e mai affrontate, generano nel bambino convinzioni limitanti, senso di colpa, emozioni parassite, abbassando la sua autostima.
La mancata riparazione delle ferite originarie da parte dei genitori, a loro volta probabilmente feriti dalla generazione precedente, ricade sui figli sotto forma di disistima, mancanza originaria, inadeguatezza, alienazione e senso di perdita irreparabile rispetto al legame di appartenenza alla famiglia.
Questo filo rosso che collega drammaticamente le diverse generazioni tra loro, per il tramite di mancanze, ferite, traumi, fa sì che i figli portino su di sé cicatrici che in realtà non gli appartengono.
Nel seminario del 30 dicembre lavoreremo insieme a Claudia Crispolti su tali legami, su queste lealtà invisibili, per sciogliere finalmente i nodi soffocanti che imbrigliano la nostra creatività, risorse e capacità di sviluppo.
L'adulto investito di tali fardelli limita automaticamente la propria esistenza, relazioni, professione, stile di vita, senza sapere perché, ma accettando semplicemente le proprie idee, derivanti da tali lasciti del tutto inconsci, come un dato di fatto.
Come qualcosa di immutabile.
Il legame invisibile che unisce i genitori ai figli e le generazioni precedenti a quelle successive, crea un obbligo interno che spinge i discendenti a ruotare attorno a ferite mai rimarginate, le quali investono in modo tossico la loro vita, limitandone le potenzialità e facendoli appassire come fiori senza acqua.
L'evoluzione è possibile solo dopo aver attraversato le strette maglie dei lasciti familiari inconsci, oltre i cui recinti è possibile vedere la luce della propria essenza.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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LIBERA TE STESSO: AFFRONTA IL DISAGIO E VIVI ESPERIENZE NUOVE❗️
Esplorando il Disagio nel Conoscere Persone Nuove: Aspetti Psicologici e Strategie di Gestione
L'incontro con persone nuove può essere fonte di eccitazione per alcuni, ma per altri, può generare un profondo disagio psicologico. Scopriamo insieme come affrontare ansie e timori legati alla novità, esplorando aspetti della psicologia e strategie pratiche.
Il Disagio nell'Incontro con l'Ignoto: Un'Analisi Psicologica Profonda
Le dinamiche psicologiche dell'incontro sociale sono intrinsecamente legate alle emozioni e alle aspettative che accompagnano tale esperienza. Esploriamo queste dinamiche in dettaglio:
Ansia Sociale e Timore dell'Impressionare:
Emozioni: Molte persone sperimentano ansia sociale quando si avvicinano a nuove interazioni. Il timore di essere giudicati, l'insicurezza sulle proprie capacità sociali e la preoccupazione di impressionare possono scatenare un mix di emozioni negative.
Aspettative: Le aspettative di essere accettati e apprezzati possono aumentare la pressione sociale. Le persone spesso si pongono standard elevati per sé stesse, generando aspettative che, se non soddisfatte, possono contribuire al disagio.
Aspettative Sociali e Conformità:
Emozioni: La pressione per conformarsi alle aspettative sociali può suscitare emozioni di disagio e tensione. La paura di deviare dalla norma sociale può influenzare il modo in cui ci presentiamo agli altri.
Aspettative: Le aspettative culturali, sociali e personali influenzano il comportamento durante gli incontri. Ci aspettiamo di seguire determinate norme comportamentali, e la deviazione da queste norme può generare ansia.
Esperienze Passate e Preconcetti:
Emozioni: Le esperienze passate con incontri sociali, positive o negative, modellano le emozioni associate a nuove interazioni. Preconcetti basati su esperienze passate possono influenzare la percezione degli altri.
Aspettative: Le aspettative derivate da esperienze passate possono creare filtri attraverso i quali interpretiamo i nuovi incontri. Questi preconcetti possono contribuire al mantenimento del disagio.
Autovalutazione e Autoefficacia Sociale:
Emozioni: La percezione della propria autoefficacia sociale, cioè la fiducia nelle proprie capacità sociali, influisce sulle emozioni. Un'elevata autovalutazione può generare fiducia, mentre una bassa autovalutazione può portare a sentimenti di inadeguatezza.
Aspettative: Le aspettative riguardo alla propria capacità di gestire interazioni sociali determinano in che modo affrontiamo gli incontri. Le persone con elevate aspettative possono sentirsi deluse se non raggiungono i loro standard.
Dinamiche di Gruppo e Pressioni Sociali:
Emozioni: Gli incontri di gruppo possono suscitare emozioni complesse, tra cui il desiderio di appartenenza, la paura dell'esclusione e la competizione sociale. Le dinamiche di gruppo influenzano il modo in cui ci percepiamo nel contesto sociale.
Aspettative: Le aspettative all'interno di un gruppo possono variare, ma la tendenza a conformarsi alle dinamiche di gruppo è comune. Ci aspettiamo di essere accettati dal gruppo, e questo influenza le nostre azioni e le nostre reazioni.
Comprendere queste dinamiche psicologiche può essere il primo passo per gestire in modo più consapevole le emozioni e le aspettative associate agli incontri sociali.
Strategie Psicologiche per Affrontare l'Ansia Sociale: Dall'Evitare all'Approcciarsi Gradualmente
Affrontare l'ansia sociale richiede un approccio psicologico olistico che consideri le emozioni, le aspettative e le abitudini comportamentali. Ecco alcune strategie psicologiche per gestire l'ansia sociale, dalla fase di evitamento a quella di avvicinamento graduale:
Riconoscimento e Consapevolezza:
Emozioni: Riconoscere e accettare le emozioni associate all'ansia sociale è il primo passo. La consapevolezza di ciò che si prova permette di affrontare il problema in modo più diretto.
Aspettative: Valutare le aspettative irrealistiche e sfidare i pensieri negativi può ridurre la pressione associata agli incontri sociali.
Evitamento Controllato:
Emozioni: Inizialmente, evitare situazioni sociali intense può ridurre l'ansia. Tuttavia, è importante farlo in modo controllato, evitando un evitamento totale che potrebbe rinforzare l'ansia nel lungo termine.
Aspettative: Stabilire obiettivi realistici per partecipare a situazioni sociali meno minacciose può aiutare a creare una base per il progresso.
Visualizzazione Positiva:
Emozioni: Utilizzare la visualizzazione positiva può aiutare a modificare le emozioni associate agli incontri sociali. Immaginare scenari positivi e di successo può influenzare positivamente l'umore.
Aspettative: Questa tecnica può contribuire a creare aspettative più ottimistiche riguardo agli incontri sociali.
Affrontare Gradualmente le Paure:
Emozioni: Gradualmente avvicinarsi alle situazioni temute consente al corpo di abituarsi progressivamente, riducendo l'intensità dell'ansia.
Aspettative: L'obiettivo è modificare le aspettative, dimostrando a se stessi che è possibile affrontare situazioni sociali senza che si verifichino le catastrofi immaginate.
Esposizione Sistematica:
Emozioni: Questa tecnica coinvolge l'esposizione graduale a situazioni sociali temute. Inizia con sfide più piccole e aumenta progressivamente la complessità delle interazioni.
Aspettative: Modifica le aspettative attraverso l'esperienza diretta, dimostrando che le situazioni sociali non sono così minacciose come immaginate.
Abilità Sociali e Comunicazione Efficace:
Emozioni: Imparare e praticare abilità sociali migliora la fiducia in se stessi e riduce l'ansia legata all'interazione sociale.
Aspettative: Aumentare la competenza nelle interazioni sociali può modificare le aspettative riguardo a quanto bene si può gestire una situazione sociale.
Supporto Sociale e Terapia:
Emozioni: Avere un supporto sociale solido può ridurre l'ansia sociale. Condividere le proprie preoccupazioni con gli altri può alleggerire il peso emotivo.
Aspettative: La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) può essere efficace nel modificare i modelli di pensiero disfunzionali associati all'ansia sociale.
Mindfulness e Respirazione Consapevole:
Emozioni: La pratica della mindfulness e della respirazione consapevole può aiutare a gestire l'ansia in situazioni sociali, focalizzando l'attenzione sul momento presente.
Aspettative: Queste pratiche possono contribuire a stabilizzare le aspettative, permettendo una visione più equilibrata delle situazioni sociali.
Integrare queste strategie in un approccio globale può essere efficace nel gestire l'ansia sociale e migliorare la qualità delle interazioni sociali. La consulenza di uno psicologo può essere preziosa per adattare queste strategie alle esigenze individuali.
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Tito Bisson
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