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#Arca dell’Alleanza
petalididonna · 2 years
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CALMA
 
 
Calma.
Permetti che le tue mani
incontrino i loro antichi rettili
perché scivolino
come serpenti
nella profonda foltezza dei miei capelli.
 
La cupola del mio tempio
è l’ambito che racchiude
la sacrosanta arca dell’alleanza.
Le mie orecchie, i minareti
per i cantici più umidi
della tua lingua.
 
Inverti l’ordine
dall’alto verso il basso
fai la tua strada di ladrone
scendendo dalla volta
appeso alla più lunga delle mie ciglia.
 
Sullo scivolo del collo
sdrucciola come il saggio che cerca inutilmente
la quadratura del cerchio
e lanciato fuori di te stesso
percorri la valle tesa
che giace tra i miei due seni
 
Nella sorgente del mio ombelico
deposita un bacio mercuriale
che s’ingarbugli nei labirinti profondi
per dove si arriva alla stessa memoria
del ventre di mia madre
 
Da lì in poi
lasciati guidare dalla follia
dall’avarizia del tuo palato
dalla tua vocazione di esploratore
in cerca del Centro della Terra
 
Sii il minatore che tentoni
scopre le venature del sale
che il mare dimenticò negli antri femminili
dove la vita ha il suo rifugio.
Afferrati all’umida rosa dei venti
più potente degli uragani dei Caraibi
o dei maremoti del Pacifico
 
Calma la tua sete e le tue furie in me
nel profondo del muschio e delle alghe
che gemendo ti restituisce
alla breve, eterna sicurezza
del paradiso perduto.
Gioconda Belli.
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incamminoblog · 1 month
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don Lucio D'abbraccio"Maria: «arca dell’alleanza»!"
Assunzione della Beata Vergine Maria Anno B (15 agosto 2024) Oggi, 15 agosto, ci ritroviamo riuniti, ancora una volta, a celebrare una delle più antiche e amate feste dedicate a Maria Santissima: la festa della sua assunzione alla gloria del Cielo in anima e corpo, cioè in tutto il suo essere umano, nell’integrità della sua persona. Ci è data così la grazia di rinnovare il nostro amore a Maria,…
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lampadaperimieipassi · 9 months
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La tua verginità, o Madre,
prima ancora che un miracolo,
definisce la tua natura:
vuoto disponibile al pieno,
povertà che accoglie la ricchezza,
umanità impastata di fango 
esposta al soffio divino.
Non progetti per cui pregare,
ma preghiera aperta al Progetto:
questa sei tu, Maria!
Che anche noi possiamo vivere così
la festa del Natale che viene,
con la tua stessa disponibilità,
accoglienza, apertura.
Ave, “onore del nostro popolo”,
poco incline a lasciarsi adombrare 
dalla potenza dell’Altissimo.
Fa che comprendiamo 
l'importanza dei nostri piccoli "Sì" quotidiani, 
per mezzo dei quali ancora oggi 
è possibile che Gesù sia il Dio-con-noi.
Prega per noi, o Arca dell’Alleanza, Maria.
BUONA E SANTA DOMENICA
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phoo34 · 8 years
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Dopo un periodo di qualche mese, preso dagli impegni quotidiani mi accingo a scrivere questo nuovo intervento, intervento che scaturisce, come sempre da riflessioni, ricerche e dal confronto con diversi amici su posizioni ed ipotesi varie. Il tema di questo intervento è su cosa sia lo ZED; non essendo ancora stato rinvenuto (ufficialmente) un manufatto che corrisponda in toto o in parte a quanto si osserva nelle diverse raffigurazioni, per altro esclusivamente riferibili all’antico Egitto, attorno a questo oggetto si è creato un alone mitologico, magico o addirittura religioso. Ma cosa è o cosa sarebbe in realtà lo ZED? È esistito o esiste realmente? Le diverse ipotesi sulla natura e lo scopo dello ZED, denotano che attorno a questo argomento c’è una gran confusione; non è mia intenzione ne mi interessa cercare di “unificare” le varie ipotesi, anche se leggendo l’intervento si possa pensarlo, piuttosto, come da mia indole amo le prospettive ampie, profonde e a 360° e questo inevitabilmente influenza il mio modo di vedere e quello che scrivo, come mia consuetudine cercherò di dare una panoramica il più possibile completa e coerente, provando a trarre delle conclusioni concrete, seppure teoriche, considerando proprio il fatto che eccetto per la struttura interna alla Piramide di Cheope denominata ZED, non vi sono altri esempi di questo oggetto se non appunto le sole raffigurazioni.
Ora è da quando la civiltà umana si è evoluta in una civiltà tecnologica, che schiere di ricercatori e scienziati di ogni branca si trovano disarmati di fronte alle opere realizzate da antiche civiltà ed incapaci di dare una risposta esaustiva e compiuta sul come e con quali tecniche quelle opere poterono essere realizzate attenendosi alla l’ortodossia scientifica dominate. Va però detto che quella sorta di muro è costituito da presupposti preconcetti, che si basano sul principio secondo cui gli antichi popoli disponessero solo di attrezzi e strumenti rudimentali e tali strumenti riuscirono a realizzare cose che ancora oggi, con la nostra più avanzata tecnologia, risulta difficile da eguagliare sia per maestosità sia per i diversi aspetti qualitativi
Mi sovviene di fare una riflessione su questo ultimo paragrafo, perché ammesso e non concesso che abbiano ragione, ne consegue una considerazione per niente lusinghiera della moderna umanità o meglio/peggio delle su intelligenze, perché di fatto una tale visione attesterebbe che di fatto, l’uomo moderno sarebbe più stupido rispetto i suoi antenati, i quali muniti di semplici attrezzi di rame, legno e funi di canapa eressero strutture e monumenti che sbalordiscono; ma forse si vuole intenzionalmente indurre nell’uomo comune un senso di inferiorità e Perché? È possibile che vi sia in atto una sorta di “restaurazione”, un tentativo di imporre un “neo medio evo” in cui sacerdoti e clero vengono sostituiti da scienziati, finanzieri e industriali?
Torniamo al punto, dunque se cancelliamo il presupposto che le antiche civiltà disponessero solo di strumenti rozzi e rudimentali, il panorama cambia radicalmente, tutto potrebbe essere possibile, ma è doveroso evitare il rischio di cadere nel mare delle congetture e delle ipotesi. L’unico modo per evitare una deriva eccessivamente fantasiosa è prendere in considerazione l’ipotesi (del tutto arbitraria) che le antiche civiltà disponessero di una tecnologia, se non superiore a quella odierna, quantomeno analoga; seppure quella tecnologia, quelle conoscenze erano appannaggio di una o più caste e rivestite da un alone magico, mistico e religioso funzionale ad un assetto sociale radicalmente diverso dal nostro, con questo, non escludo le altre ipotesi in gioco, ma concentrare l’attenzione su quelle che possono permettere di estrapolare quella che poteva essere stata la realtà delle antiche civiltà, dandone una maggiore concretezza. Certamente c’è il rischio di passare per “revisionisti” storici, o meglio preistorici, no sono pienamente cosciente, ma sarebbe davvero negativo “revisionare” la conoscenza del passato correggendo, riempiendo o rettificando le lacune, gli errori, gli abbagli che sono stati commessi nei secoli e influenzati da aspetti che con la ricerca ella verità hanno poco a che fare?
Ma veniamo al tema, l’unico oggetto definito ZED di cui ne è stata accertata l’esistenza è la struttura interna alla piramide di Cheope, eccetto questo esistono solo raffigurazioni dell’oscuro oggetto e che rientra nella definizione di ZED, per altro questa struttura sembra essere strettamente funzionale all’intera struttura piramidale, una sorta di armatura “leggera”; in ogni caso che ci si riferisca alla struttura architettonica o ad un indefinito elemento, viene sempre messo in relazione con qualcosa di energetico, a volte in modo nebuloso e vago e a volte in modo esplicito con qualcosa di elettrico. Restando sullo ZED architettonico, stando a quanto riporta Zecharia Sitchin, questa struttura era preposta ad ospitare una serie di cristalli suddivisi per qualità e caratteristiche nei diversi vani, tra questi cristalli spiccava per importanza la pietra GUG “che segnava il nord”.
Come prima osservazione possiamo dire che il termine ZED potrebbe avere una molteplicità di significati o indicare una categoria di qualcosa, quindi a seconda del contesto, assumere un significato ben preciso, di fatto e questo lo possiamo dedurre sostanzialmente dalle diverse raffigurazioni dello ZED che differiscono le une dalle altre per alcuni particolari e ciò anche nelle medesime immagini, quindi possiamo dire con un buon margine di sicurezza che quanto si osserva dai bassorilievi, sono si simili ma sostanzialmente indicano (idealmente) cose diverse, vuoi per utilizzo che per funzione. Come ho detto, è possibile che concettualmente si attribuisca allo ZED un significato erroneo e che in realtà il termine potrebbe indicare una categoria, una funzione, un utilizzo, partendo dal presupposto che taluni bassorilievi siano qualcosa di più che una raffigurazione artistica e commemorativa, ma piuttosto una sorta di “manuale per l’utente” in cui si mostra forma, posizionamento e funzione degli elementi? È pressoché unanime considerare il fatto che lo ZED è associato e/o messo in relazione con qualcosa di energetico, possiamo quindi presupporre che questo binomio comporti di conseguenza che abbia la o le caratteristiche di poter catture, accumulare, amplificare, trasformare, convertire ed utilizzare questo qualcosa di energetico.
Per inquadrare meglio la questione, inseriamo lo ZED in un contesto molto più articolato; diversi ricercatori hanno scoperto che diversi manufatti riportano evidenti ed inequivocabili segni dell’impiego di strumenti ed attrezzature industriali e di precisione, attrezzature che se proprio non si vogliono classificare come superiori a quelle odierne, quantomeno sarebbero equiparabili per funzionalità e precisione, utensili come frese, trapani, seghe, ecc. ecc., per altro date le caratteristiche di taluni manufatti, qualcuno ipotizza persino l’impiego di apparecchiature computerizzate, quindi strumenti ed attrezzi motorizzati, ora, anche se è plausibile che disponessero di utensili a motore a scoppio, data la precisione di molti manufatti, questo implica l’impiego di motori ad elettricità vista la maggior flessibilità e vestibilità di impiego delle apparecchiature, perché se è vero che ci possano essere trapani e smerigliatrici a miscela, ma un tornio motorizzato in tal guisa, sarebbe ingestibile e meccanicamente complesso oltre misura.
Fonte immagine http://www.sapere.it/sapere/mediagallery/dighe.html?activeIndex=8
Tenendo presente l’attribuito livello tecnologico delle antiche civiltà, è inevitabile chiedersi dove possano essere i resti e le tracce delle loro infrastrutture, perché è fuori di dubbio che una civiltà tecnologicamente avanzata ne debba avere più di una, per sostenersi e alimentarsi, quindi assumendo che queste basassero la loro tecnologia sull’impiego di energia elettrica piuttosto che sugli idrocarburi, dove sono le dighe, gli invasi artificiali, le turbine e i generatori per produrla? Il fatto che non vi siano (ufficialmente) trace di queste infrastrutture, non attesta che non vi fossero, ma solo che non sono state ancora scoperte, inoltre questa eventuale assenza potrebbe essere dettata da una differente concezione strutturale e “ideologica”, non dimentichiamo che le infrastrutture moderne di cui disponiamo sono essenzialmente asservite e funzionali ad una società tecnologica diffusa soggetta ai principi economici del profitto e della speculazione.
Fonte immagine: https://phoo34.wordpress.com/2011/02/03/cosa-si-cela-sui-fondali-oceanici-iv%c2%b0/
Stando a quanto risulta dall’archeologia ufficiale, non sembra siano mai stati rinvenuti i resti di una qualche infrastruttura a sostegno di una tecnologia elettrica degli antichi, come detto, questo non attesta che tali infrastrutture non esistessero, però potevano essere concettualmente e strutturalmente differenti da quelle che noi conosciamo; personalmente sono convinto che le tracce e le testimonianze vi siano, come interpretare ciò che si osserva dall’immagine qui a fianco se non come una diga, come interpretare quelle insolite strutture presenti nella penisola del Sinai e nel sud dell’Egitto che costellano il territorio per chilometri, di cui ho parlato ampiamente negli interventi relativi ai geoglifi del Sinai.
Le evidenze archeologiche che indicano l’impiego di strumenti tecnologici avanzati sono molteplici, e gli indizi che tali strumenti fossero alimentati ad elettricità sono altrettanti; sorge però l’interrogativo di come potessero genere l’elettricità, considerando che si è scartata l’ipotesi delle centrali idroelettriche? Non mi metterò certo a fare un trattato sulla corrente ne su come è possibile produrla, sappiamo però che la forma di corrente più efficiente è quella alternata ed è inevitabile che per un uso industriale occorre produrne tanta, ora in assenza di dighe, questo pare pressoché impossibile se non con un sistema basato sigli idrocarburi, ma anche qui ci si trova di fronte al fatto che motori e turbine preistoriche non sono mai stati rinvenuti, quindi? In molti ritengono, a seguito del rinvenimento di alcune batterie (la batteria di Bagdad) elettrochimiche che la tecnologia antica funzionasse a corrente continua, ora, seppure in linea di principio l’ipotesi è valida, sotto il profilo pratico risulta incoerente, poiché è si possibile alimentare un piccolo dispositivo elettrico con quel tipo di alimentazione, ma non di certo uno strumento capace di tagliare, modellare, bucare materiali rocciosi tra i più duri, come potrebbe farlo un flessibile, un trapano una fresa ad alta velocità, sarebbe impossibile anche giocando nel mettere in serie e in parallelo pacchi e pacchi di batterie, non si potrebbe eguagliare le performance della corrente alternata.
A questo punto, che gli antichi usassero la corrente alternata pare essere un dato di fatto più che un’ipotesi, ma come la producevano, questo è ancora l’interrogativo a cui occorre rispondere, seppure ipotizziamo l’impiego di un numero sterminato di batterie e convertendone la corrente in alternata, queste si sarebbero esaurite molto rapidamente proprio per i carichi richiesti anche da un singolo utensile industriale, quindi la fonte doveva essere necessariamente un’altra. Voglio ulteriormente far notare l’inconsistenza dell’ipotesi delle batterie, perché se il sistema fosse stato quello, si sarebbero rinvenute cataste e cataste di batterie e così non è.
Un altro oggetto che mi fatto riflettere e fornito spunti di ricerca è un altro oggetto misterioso che anch’esso è spesso associato allo ZED, l’Ankh; nei diversi manufatti che ho raggruppato, sembra che al suo interno abbia un piccolo ZED, tutte riportano la medesima configurazione schematica ed in sintesi il medesimo oggetto, quindi è palese che il riferimento è preciso ed inequivocabile; Nello specifico, quello che più mi ha colpito sono i particolari della seconda immagine in cui si può vedere chiaramente che al disotto dei tre livelli della colonna sono presenti quattro strati alternati, cosa stanno ad indicare o cosa vogliono significare, visto che la stessa configurazione è riportata sulle braccia della croce ansata, inoltre, perché nei soprastanti livelli si vede una serie regolare più o meno verticale di altri elementi? Molti ricercatori ritengono che lo ZED sia in realtà una sorta di trasformatore e questi elementi concorrono a sostegno dell’ipotesi; sappiamo che un trasformatore moderno è costituito da un avvolgimento primario e da uno o più avvolgimenti secondari, separati ed isolati gli uni dagli altri e a grazie all’induzione elettromagnetica si ottiene una trasformazione della corrente che scorre nell’avvolgimento primario, in un voltaggio e amperaggio maggiore o minore, in funzione e in relazione delle caratteristiche dell’avvolgimento secondario, quindi da quanto si può osservare dalle raffigurazioni dell’Ankh possiamo perlomeno dire che è coerente con la rappresentazione di un trasformatore.
Devo precisare che mi sto ancora riferendo all’Ankh, cioè alla croce ansata che spesso viene definita “croce della vita” e che è un elemento quasi onnipresente nelle opere e nei geroglifici egizi; osservando meglio l’Ankh si osserva che in realtà le figure sono sovrapposte, quindi partendo dal fondo osserviamo la croce ansata, poi lo ZED ed in ultimo quella strana “forca”, cosa vuole dire questo “ideogramma” se non che tra i tre oggetti vi è una stretta relazione, si badi che ho detto relazione non connessione, visto che tra i vari elementi non si vedono fili che li collegano, va osservato che sulle braccia della croce ansata si possono notare delle linee che escono, ma di fatto queste linee non sembrano indicare un eventuale collegamento, ma forse il riferimento ad una fonte energetica; ora se disassembliamo l’Anck nella sua raffigurazione possiamo notare in modo più preciso i tre elementi, che scomposti come nell’elaborazione a fianco acquistano un significato ed senso logico, dove la croce ansata, è costituita da due bobine distinte e un corpo centrale che potrebbe costituire un’antenna ricevente, lo ZED, il trasmettitore e la strana forca uno strumento per la manipolazione o il controllo di uno dei due elementi o di entrambi. Ipotizziamo che l’Ankh fosse stato una sorta di “condensatore/batteria/interruttore” senza la quale qualsiasi strumento o macchinario non potesse funzionare, quindi chi avesse provato ad utilizzarli, non avrebbe potuto farli funzionare, cosi come chi si fosse impossessato improvvidamente della “chiave” avrebbe corso seri rischi di restare fulminato, non conoscendo come utilizzarlo; questo mi porta alla mente ancora un altro oggetto misterioso e mitologico, non solo relativo alla cultura egizia, ma anche a quella giudaico-cristiana, l’Arca dell’Alleanza, come ci dice la tradizione e come è riportato nella bibbia, sciagurati erano coloro che si avvicinavano ad essa poiché sarebbero stati folgorati. Dunque per poter avvicinarsi e “manipolare” l’Arca, occorrevano determinate precauzioni che solo una ristretta cerchia di adepti conosceva, quindi è altamente probabile che analoghe “procedure” descritte nella bibbia, fossero state copiate o assimilate dagli egizi, non dimentichiamo chi era Mosé e in quale ambito sociale crebbe. Ho citato l’Arca dell’Alleanza, anche perché in molti ipotizzano che originariamente l’Arca fosse custodita all’interno della piramide di Cheope e per la precisione nel sarcofago di granito all’interno della camera del Re, che guarda caso è situata proprio sotto lo ZED architettonico, luogo deputato da Sitchin come il posto dei cristalli.
Tornando al “binomio” Ankh/ZED, possiamo desumere che tutto ciò ammicca ad un sistema di circuiti risonanti, non troppo dissimile da quanto inventato da Tesla? Detto questo e seguendo questa strada, se l’Ankh è il “ricevitore” lo ZED è il trasmettitore, da dove attingevano l’energia? E questo ci riporta alla questione delle infrastrutture, infrastrutture che non avrebbero necessità di esistere se non per le sole “torri trasmittenti”, quindi ridotte al minimo e con una perdita pressoché nulla anche su grandi distanze, visto che l’energia non è dissipata dalla resistenza di una rete elettrica tradizionale. Sappiamo che Tesla per gli esperimenti sulla trasmissione dell’energia elettrica utilizzava della corrente prodotta da centrali idroelettriche e come da ortodossia archeologica, sappiamo che gli antichi, non disponevano di questa utilità, ma Tesla andò oltre, ipotizzando e sicuramente realizzando qualcosa di sorprendete e anche di più, ossia sfruttare l’energia della ionosfera. Gli esperimenti di Colorado Spring ne sarebbero a testimonianza e comunque realizzò qualcosa di radicalmente innovativo; paragonando la “cavità” compresa tra suolo e ionosfera ad una sorta di condensatore naturale ed interponendo adeguati strumenti tra i due terminali era possibile utilizzare questa energia, purtroppo Tesla fu fermato, il laboratorio di Colorado Spring smantellato e lui finì i suoi giorni in miseria, tutto questo perché di fatto, la civiltà “moderna” è asservita ai principi economici del profitto e della speculazione. Dunque potrebbe essere stato questo sistema che ha permesso alle antiche civiltà di disporre di energia elettrica con cui hanno realizzato le loro opere? L’ipotesi è plausibile, concreta e nonostante tali possibilità, siano oggi precluse per questioni “economiche” sicuramente funzionante e altamente efficiente, certamente il gran numero di indizi, sparsi qua e là non fanno una “prova provata” ma rendono un quadro d’insieme coerente e plausibile anche sotto l’aspetto strettamente tecnico e di realizzazione. Ora seguendo l’idea ed il progetto “tesliano” sarebbe sufficiente predisporre una adeguata antenna per catturare l’energia della ionosfera e tramite opportuni trasformatori convertirla, sappiamo che il differenziale tra terreno e ionosfera varia dai 200.000 ai 500.000 volt; è vero in quanto ad amperaggio, questo è particolarmente basso, pochi ampere per metro quadro oltretutto in corrente continua, per dare una idea, ricorrendo al classico esempio idrico, potremmo immaginare un larghissimo e profondissimo fiume quasi stagnate in cui l’acqua rappresenta il voltaggio e la corrente l’amperaggio e dove i trasformatori assumono la funzione di una pompa che preleva la corrente-voltaggio aumentandone la pressione-amperaggio. Seguendo quello che mi ricordo su come si costruiscono antenne, realizzare una antenna per captare a livello “radio” la frequenza herziana della ionosfera richiederebbe una antenna (filare) lunga svariati chilometri, anche volendo ridurne le dimensioni con opportuni “caricamenti” si prospettano problemi tecnici decisamente problematici, quindi la soluzione del problema non va ricercata in ambito “radiantistico” ma piuttosto in un contesto strettamente elettronico, ossia quello di realizzare gli opportuni contatti tra i terminali del “condensatore Terra”, in questa prospettiva sarebbe come predisporre una presa nel circuito elettromagnetico terrestre. Di seguito presento una serie di immagini che ho realizzato, in parte per dare più sostanza all’ipotesi dello ZED-trasformatore ed in parte per vedere quali potessero essere i problemi realizzativi di questa cosa; a parte le difficoltà strettamente legate alla realizzazione delle bobine per le loro dimensioni e le “forature” della colonna, tutto sommato non sembra che ve siano, pur restando in un approccio elettronico e non radiantistico.
Questa elaborazione mostra come sarebbe apparso lo ZED, va detto che si vocifera che originariamente fosse posto al vertice della piramide di Djoser e tra l’altro, sotto l’aspetto architettonico ne avrebbe rappresentato il giusto coronamento, ma poi forse per fragilità strutturale della piramide o forse per questioni belliche sarebbe stato celato all’interno della piramide di Cheope. Preciso che il progetto non è proprio in scala ed è stato dimensionato all’incirca all’altezza di una persona analogamente come si osserva in alcuni bassorilievi egizi presupponendo che questi in realtà fossero degli elementi intermedi tra lo ZED principale analoghi a quelli che potrebbero essere delle cabine di distribuzione o i contatori.
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Schema della ZED
Schema dello ZED
Schema degli avvolgimenti dello ZED
Bobina primaria dello ZED
Bobina secondaria dello ZED
Sezione della bobina secondaria autoinduttante
Alcuni riferimenti per i più curiosi
https://it.wikipedia.org/wiki/Risonanza_Schumann http://www.progettomem.it/appr_campinaturali.php?id=8 http://www.progettomem.it/appr_campinaturali.php?id=9 http://www.next.gr/inside-circuits/free-energy-collector-circuit-l5853.html
Fine stesura 17 febbraio 2017
Lo ZED Dopo un periodo di qualche mese, preso dagli impegni quotidiani mi accingo a scrivere questo nuovo intervento, intervento che scaturisce, come sempre da riflessioni, ricerche e dal confronto con diversi amici su posizioni ed ipotesi varie.
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cerentari · 2 years
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L'adulta di Rainer Maria Rilke
L’adulta di Rainer Maria Rilke
Rainer Maria Rilke (1838 – 1906) poeta e scrittore Tutto ciò su lei stava ed era il mondo,stava su lei con tutto, pietà e ansia, come alberiche crescono diritti; tutto immagine,eppure senza immagini, come arca dell’alleanza,e solenne, come rivolto a un popolo.E lei lo sosteneva tutto intero,ciò che vola, che fugge, che è lontano,l’immenso, il non appreso ancora, calmacome la portatrice d’acqua…
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ferro5 · 4 years
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IN BREVE... Un’indagine di circa due anni condotta da un gruppo di avvocati, tra cui Heather Ann Tucci Jarraf, avvocato accreditato presso il BAR Council di Londra e con la possibilità quindi, riservata a pochissimi e selezionati professionisti, di poter accedere e conoscere l’uso degli archivi UCC (Uniform Commercial Code di Washington), fece emergere le macchinose e fraudolente speculazioni finanziarie e commerciali alla base di un sistema di schiavitù secolare a livello mondiale sostenuto da un fantomatico debito sia finanziario che pubblico e privato. Come scrissi molti mesi fa in un post dedicato, il codice commerciale UCC risponde alla legge dell'ammiragliato (forse ora non più), il cui ammiraglio fu il consorte di Elisabetta II d'Inghilterra, Filippo di Edimburgo. Ammiraglio al timone dell’allegorica nave commerciale speculativa (arca dell’alleanza), manovrata da misconosciuti oligarchi legati ad antiche tribù guerriere, che in età arcaica si ispirarono al grande potere degli animali totem. Abbiamo visto quello dell'Orso, riconosciuto dai popoli conquistatori (IV-III secolo a.C) come un semi dio, e il simbolo della rosa in epoca medioevale che si ricollega all'antico ramo di potere e alle logge segrete di alto rango. Questa ricostruzione storica a un certo punto si perde e si ricollega nel basso medioevo, quando la buon'anima di Bonifacio VIII (l’ultimo dannato nell’inferno di Dante) emana quell'immonda e satanica bolla papale...l’Unam Sanctam Ecclesiam. Documento truffaldino che, perfezionato costantemente lungo i secoli con successive bolle, norme, leggi, manovre e altre diavolerie democratiche della storia politica ad oggi, hanno reso schiavi tutti i cittadini del mondo, accusati persino di essere il cancro della terra e causa di un debito totalmente inventato e insanabile. Talmente irreversibile da creare catastrofi come il riscaldamento e l’inquinamento climatico provocato da decenni di geoingegneria magistralmente sensibilizzato da attivisti finanziati da Soros come il fenomeno “Greta e Sardine”. Non è un piatto di alta cucina svedese! Artefando campagne di sensibilizzazione sul controllo della crescita demografica per un pianeta all'insegna dell'ecosostenibilità. Lanciando l'ennesima raccolta fondi per la ricerca scientifica e la fame nel mondo piuttosto che gridare all'inquinamento degli oceani, persino scimmiottando la morte di numerose specie animali a causa di un pianeta divenuto inospitale e tutte le boiate che conoscete già. Una per tutte la raccolta differenziata dei rifiuti per giustificare il salasso d’imposta...mi raccomando, siate responsabili! A fronte di tali evidenze, sono stati depositati e registrati in UCC una serie di documenti di rettifica del sistema creato a monte (come spiegato nei post precedenti), i quali, non confutati nè respinti da nessun organismo politico, militare e finanziario, sono divenuti sentenze a far data dal 25 Dicembre 2012. Vi rendete conto da quanto tempo stiamo portando il paraocchi e la museruola? No signori, non dal 9 marzo 2020 ma da ben otto anni addietro! I documenti depositati sostengono che qualsiasi governo debitore (ovvero tutte le corporazioni inclusa la Republic Of Italy allora iscritta alla S.E.C.) “consapevolmente, volontariamente e intenzionalmente ha commesso tradimento” col “possedere, operare, favorire sistemi monetari privati” e sistemi operativi di schiavitù usati contro i cittadini a loro insaputa e senza il loro consenso intenzionale. Quando vengono depositati dei documenti all’UCC , “all’accusato” (cioè al governo o istituzione) viene dato diritto di replica. Se una replica non viene ricevuta entro il termine previsto di 28 giorni, si applica l’azione di default seguita dalla conclusione di tale entità. Un deposito di UCC ha POTERE di Legge se rimane inconfutato, ossia se non percepisce risposta dal ricevente. Dato che Bonifacio VIII si era intestato l'intero pianeta con un inganno giuridico, ossia dandoci tutti per morti nel diluvio e come unico superstite resosi anche unico proprietario del pianeta, questo team di avvocati ha sovrascritto e legato a loro stessi il nuovo trust conosciuto come OPPT, One People Public Trust, ovvero il popolo unito è tornato a rivendicare la propria esistenza in vita, la sua condizione di essere divino incarnato e la sua eterna essenza. Mettendo fine al sistema di schiavitù iniziato con la bolla di Bonifacio, il gioco perverso delle parti è finito da ben otto anni ma...NON CE L'HANNO DETTO! Hanno addirittura accelerato con tecniche mediatico persuasive e coercitive militari sanitarie come ultimo disperato tentativo di instaurare un Nuovo ordine Mondiale...quell'ordine perseguito invano dal nostro vecchio amico Adolf Hitler ma per il quale simpatizzava pure la chiesa e tutti i leader politici della terra. Tornando al nostro misterioso documento, il Military Order, consegnato ai corpi militari dell'esercito italiano, cosa sta a significare? E' un chiaro ordine di dietrofront notificato all’Ordine Militare dei gesuiti e di conseguenza a tutto l’ordinariato militare (carabinieri, polizia, guardia di finanza ecc..), controllato da loro, contro ogni essenza divina incarnata che popola la terra. Seppure una percentuale sempre maggiore di uomini si è resa consapevole della portata storica di questo evento...NON LO VOGLIONO ANCORA AMMETTERE! Tutto ciò che sta succedendo dal primo dpcm di Conte ad oggi, è la conseguenza di un’ostinata sete di vendetta, hanno semplicemente voluto tenerci lontano da una conoscenza che ha cambiato le sorti del mondo e che porterà inesorabilmente alla fine di un sistema predatorio e schivavile nato e cresciuto sotto le ali protettrici della Chiesa e di tutte le sue declinazioni. https://www.facebook.com/1606580374/posts/10219668655299368/
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robertoperodi · 4 years
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Un primo timido approccio - A first timid approach
Un primo timido approccio – A first timid approach
Ieri un dialogo bello tra amici a domandarci che imparare dalla situazione che stiamo vivendo. Oggi è una bella giornata di pioggia da cui ripararsi. Ieri e oggi insieme per dar spazio al potere delle circostanze da decifrare con intelligenza.
Ci provo. Con brevità e discrezione. Perché metto insieme ombrello e arca (dell’alleanza tra Dio e uomo). Me lo suggerisce l’idea di riparo. (more…)
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pangeanews · 5 years
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È morto Stephen, il nipote di Joyce, l’ultimo erede: a lui il divo James dedicò una poesia meravigliosa e diverse favole. Per gli studiosi era una specie di Darth Vader…
Non era un tipo semplice, per alcuni era semplicemente un rompicoglioni – per questo, avrei voluto intervistarlo. Era nato 50 anni dopo il nonno, quasi lo stesso giorno – JJ il 2 febbraio, lui il 15 – per questo Giorgio, il papà, lo aveva confortato con quel nome, raddoppiato, Stephen James Joyce. Chiamava nonno il nonno, in italiano: una delle più belle fotografie di JJ lo ritrae con la faccia seria, i capelli pettinati all’indietro, un poco sporchi, giacca&cravatta, che fissa il nipote, Stephen; lo sorregge con mani che sembrano ali, mentre il piccolo, è il 1934, allunga le dita, cerca di toccargli le lenti tonde degli occhiali. La scena pare un simbolo: il nipote vuole estrarre gli occhi, animati da cecità, del nonno.
*
James Joyce e Stephen, figlio di Giorgio
Nel 1932 Joyce pendola tra Parigi e Zurigo, la figlia Lucia, schizoide, è in cura da Jung, e lui sta lavorando, con incessante dedizione, a Finnegans Wake. Sono passati dieci anni dalla pubblicazione dell’Ulisse. La nascita di Stephen emoziona Joyce: sembra sconfiggere il lutto, patito qualche mese prima, la morte del padre, John Stanislaus Joyce, alla fine dell’anno. Per onorare l’evento, Joyce, che nasce poeta, torna alla poesia, scrivendo una specie di salmo laico, Ecce Puer:
Dall’oscurità del passato Un figlio è nato. Con gioia e dolore È straziato il mio cuore.
Quiete nella sua culla Le menzogne incarnate. Possa l’amore e la pietà Schiuderti gli occhi!
La giovane vita si respira Sul vetro; Il mondo che non era Ora viene alla luce.
Un bambino dorme: Un vecchio muore. O, padre abbandonato, Perdona tuo figlio!
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Rivolgersi al nipote per parlare con il padre: la morte di Stephen Joyce, l’ultimo erede diretto di JJ – sposato con Solange, non ha avuto (o non ha voluto avere) figli – ci costringe al ragionamento sul resto, sull’eredità, sulla genealogia. Cosa si trapianta, biologicamente, di JJ in Stephen? Che compito configge una generazione di padri&nonni&figli? D.T. Max, che ha realizzato una sinuosa intervista a Stephen Joyce, per il “New Yorker”, era il 2006, s’intitola The Injustice Collector – D.T. Max è l’autore della biografia di David Foster Wallace, tradotta in Italia da Einaudi – lo descrive così. “Bell’uomo, barba grigia, fronte volitiva, occhi di un blu intenso: ha l’aspetto di Joyce, se Joyce non si fosse fumato e bevuto la vita, se non fosse morto, nel 1941, a 58 anni. Cammina come il nonno, Stephen. Alle rare conferenze accademiche cui accetta di partecipare è pugnace, cinico. ‘Sono un Joyce, non uno dei troppi joyceiani, e c’è più che una sfumatura in questo’, dice. E vuole essere chiamato per esteso. Non Stephen Joyce, ma Stephen James Joyce”.
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Dell’eredità, Stephen Joyce ha fatto il proprio decalogo, come se JJ, il nonno, fosse una specie di arca dell’alleanza, di testo sacro. Per dirla diversamente, era un rompicoglioni. Studi eccellenti – ad Harvard, compagno di stanza di Paul Matisse, nipote di Henri –, lavoro poco impegnativo presso l’OECD (Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo in Africa), Stephen s’impegna a proteggere la privacy della famiglia Joyce e blinda i documenti del nonno. Le sue lotte sono epiche: fa ritirare o emendare testi accademici sul nonno, impedisce la pubblicazione di diversi documenti autografi, nel 1988 ha annunciato di aver distrutto alcune lettere di Lucia Joyce, la zia pazza. Nel 2004 minaccia il governo irlandese che aveva proposto una lettura pubblica dell’Ulisse durante il ‘Bloomsday’; nel 2013, quando la Central Bank of Ireland conia una moneta commemorativa per onorare Joyce, esplode: “è uno dei più grandi insulti perpetrati dal quel paese contro la mia famiglia, hanno sempre trattato mio nonno come un pezzente”. Dal primo gennaio 2012, quando le opere di JJ sono uscite dai diritti, cioè dalla gogna di Stephen, gli studiosi esultano, “Joyce è finalmente libero dal suo Darth Vader”. Stephen intese l’eredità come una minaccia. Voleva restaurare l’identità marmorea del nonno, la sua vita spesa e vilipesa in esilio. “Gli accademici non servono a nulla, sono dei parassiti, vogliono solo fare affari sui fatti privati di mio nonno”, diceva. Era convinto che “ciascuno può leggere Joyce così com’è, senza apparati”.
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D’altronde, il suo nome, Stephen, ha in sé il mostro e il labirinto, è estratto da Stephen Dedalus, la creatura speculare di Joyce. Forse Stephen, per tutta la vita, si è sentito un personaggio evocato da Joyce, sorto dalla sua labirintica immaginazione.
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I genitori di Stephen si separarono che lui aveva sei anni – fino alla morte di JJ visse a Zurigo in stretta intimità con il nonno. Joyce gli raccontava delle favole, inventate lì per lì, gli comprava i giochi, lo portava a passeggiare. Come sempre, eredità è difendere la propria infanzia, tutelare il mito da chi lo indaga a colpi di bisturi, sfregiandone lo sguardo. Viveva a Isola di Ré, nell’Atlantico, in Francia, di fronte a La Rochelle, Stephen. “Se pensa a qualcuno in grado di lottare all’infinito per quello in cui crede, beh, eccomi”, diceva. È morto in gennaio, come il nonno. (d.b.)
*In copertina: James Joyce e il nipote, Stephen, nel 1934
L'articolo È morto Stephen, il nipote di Joyce, l’ultimo erede: a lui il divo James dedicò una poesia meravigliosa e diverse favole. Per gli studiosi era una specie di Darth Vader… proviene da Pangea.
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saggiasibilla · 5 years
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giornalepop · 8 years
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