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La Pace di Alda Merini: poesia tra amore e tragedia. Recensione di Alessandria today
Un inno struggente alla pace dedicato a Enrico Baj.
Un inno struggente alla pace dedicato a Enrico Baj. Alda Merini: voce immortale della poesia contemporanea.Alda Merini (1931-2009), una delle più grandi poetesse italiane del XX secolo, ha segnato la letteratura con la sua capacità unica di trasformare il dolore e l’amore in versi di straordinaria intensità. Nata a Milano, Merini ha vissuto una vita complessa, fatta di grande creatività e…
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Vi ricordate "La Ginestra"? Sapevate che Leopardi la scrisse un anno prima di morire?
Questa poesia però non è soltanto una delle più celebri della poesia italiana, ma è la più bella di tutte, perché il messaggio che c’è dietro dà i brividi.
Immaginate di camminare sulle pendici del monte Vesuvio, dappertutto vedete cenere e lava; a un tratto però scorgete un fiore che si erge tra tante rovine.
La ginestra non è come le piante che vediamo spesso nei nostri giardini, ma è un fiore più raro, diverso dai suoi simili: cresce in luoghi solitari, «cosparsi di ceneri infeconde».
È l’unico fiore che riesce a crescere lungo le pendici desolate del Vesuvio. Però questo fiore solitario spande nell’aria un profumo dolcissimo.
Cosa vi sta dicendo Leopardi? Che dalla sofferenza e dalla diversità nasce la bellezza.
Van Gogh fu rinchiuso in manicomio, Alda Merini fu rinchiusa in manicomio, Beethoven diventò sordo, Pascoli perdette il padre da bambino, Dostoevskij venne condannato ai lavori forzati.
Se andate a leggere le biografie dei grandi uomini, vi troverete sempre questa cosa qui: una caduta, un momento di terribile disperazione, un ostacolo talmente grande che sembrava impossibile da superare.
Però proprio in manicomio Van Gogh dipinse alcuni dei suoi quadri più belli, e c’è un motivo se in ogni parte del mondo, le sue opere, a distanza di due secoli, continuano a suscitare emozioni tanto forti. Perché?
Perché ci raccontano la storia di un’anima che resiste e splende anche nelle tenebre.
Anche la Ginestra «resiste», non si arrende.
C’è sofferenza nella vita? Certamente.
Leopardi non vi mente, non vi mente mai. Non indossa la maschera del moralista, non vi vende illusioni, vi parla della ginestra che accetta la vita così com’è, con tutte le sue difficoltà e i suoi ostacoli, ma resta comunque lì, a creare bellezza in mezzo al deserto, a fare qualcosa di bello anche se nessuno dovesse venirlo a sapere.
- Guendalina Middei, da «Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera
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Vi ricordate la Ginestra? Sapevate che Leopardi la scrisse un anno prima di morire?
Questa poesia però non è soltanto una delle più celebri della poesia italiana, ma è la più bella di tutte, perché il messaggio che c’è dietro dà i brividi.
Immaginate di camminare sulle pendici del monte Vesuvio, dappertutto vedete cenere e lava; a un tratto però scorgete un fiore che si erge tra tante rovine.
La ginestra non è come le piante che vediamo spesso nei nostri giardini, ma è un fiore più raro, diverso dai suoi simili: cresce in luoghi solitari, «cosparsi di ceneri infeconde».
È l’unico fiore che riesce a crescere lungo le pendici desolate del Vesuvio. Però questo fiore solitario spande nell’aria un profumo dolcissimo.
Cosa vi sta dicendo Leopardi? Che dalla sofferenza e dalla diversità nasce la bellezza.
Van Gogh fu rinchiuso in manicomio, Alda Merini fu rinchiusa in manicomio, Beethoven diventò sordo, Pascoli perdette il padre da bambino, Dostoevskij venne condannato ai lavori forzati.
Se andate a leggere le biografie dei grandi uomini, vi troverete sempre questa cosa qui: una caduta, un momento di terribile disperazione, un ostacolo talmente grande che sembrava impossibile da superare.
Però proprio in manicomio Van Gogh dipinse alcuni dei suoi quadri più belli, e c’è un motivo se in ogni parte del mondo, le sue opere, a distanza di due secoli, continuano a suscitare emozioni tanto forti. Perché?
Perché ci raccontano la storia di un’anima che resiste e splende anche nelle tenebre.
Anche la Ginestra «resiste», non si arrende.
C’è sofferenza nella vita? Certamente.
Leopardi non vi mente, non vi mente mai. Non indossa la maschera del moralista, non vi vende illusioni, vi parla della ginestra che accetta la vita così com’è, con tutte le sue difficoltà e i suoi ostacoli, ma resta comunque lì, a creare bellezza in mezzo al deserto, a fare qualcosa di bello anche se nessuno dovesse venirlo a sapere.
(Guendalina Middei - da «Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera»
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Primavera: festeggiamo il suo inizio con poesie e romanzi
La giornata di oggi, 20 marzo 2024, segna l'inizio della primavera. La stagione che segna la rinascita della natura dopo la lunga pausa invernale ha ispirato molti poeti e letterati che l'hanno voluta celebrare nelle loro opere. In questa giornata così speciale vogliamo ricordare in particolare una poesia e un romanzo che esprimono con potenza l'esplodere della primavera. L'inizio della primavera: come si calcola L'arrivo della primavera si verifica in un intervallo di giorni che tipicamente si estende dal 20 al 22 marzo. Questa leggera variabilità è dovuta al fatto che il movimento orbitale della Terra attorno al Sole non corrisponde esattamente alla durata di un anno come definito dal nostro calendario, pertanto le date possono variare leggermente. Nonostante questa fluttuazione, l'equinozio di primavera rimane il segnale costante che indica l'avvio della nuova stagione. Durante l'equinozio, che come è noto rappresenta quel particolare fenomeno astronomico in cui il Sole si trova in una posizione tale da rendere la durata del giorno equivalente a quella della notte, si verifica un perfetto equilibrio tra luce e oscurità. A partire da questo momento, le giornate si allungano progressivamente, con le ore di luce che superano quelle di buio, fino a raggiungere il culmine con il solstizio d'estate. Per quest'anno, l'equinozio si è verificato durante la notte passata, precisamente intorno alle ore 4:00, segnando così oggi come il giorno ufficiale che dà il benvenuto alla primavera. La primavera nella poesia: Alda Merini I calcoli descritti sono una scoperta relativamente recente. Prima di allora si seguiva la convenzione che la primavera iniziasse il 21 marzo. E' a questa tradizione che si ispira una delle più famose poesie di Alda Merini: "Sono nata di ventuno a primavera". La poetessa nacque, infatti, a Milano il 21 marzo 1931. In questo componimento, lungo solo nove versi, condensa tutta la sua esistenza. Attraverso la narrazione di quanto accade alla natura con l'avvento della primavera, racconta l'essenza della sua vita segnata, come sappiamo, dal disturbo mentale. L'inserimento del mito di Proserpina, alla quale gli antichi attribuivano l'alternanza delle stagioni, aggiunge solennità al componimento. Sono nata il ventuno a primaverama non sapevo che nascere folle,aprire le zollepotesse scatenar tempesta.Così Proserpina lievevede piovere sulle erbe,sui grossi frumenti gentilie piange sempre la sera.Forse è la sua preghiera. Nessuno può fermare la primavera: "Resurrezione" di Lev Tolstoj Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d’erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fiumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, la primavera era la primavera anche in città, il sole scaldava, l’erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole. Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini, i grandi, gli adulti, non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all’amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi gli uni sugli altri. L'Incipit del romanzo "Resurrezione" di Lev Tolstoj è un vero e proprio manifesto. Scritto tra il 1889 e il 1899, conserva ancora oggi una straordinaria attualità. La cementificazione spinta e l'uso smodato di fonti di energia di cui oggi cerchiamo in ogni modo di liberarci sono tematiche con le quali ci confrontiamo ogni giorno. Il tripudio della primavera, che esplode ogni anno nonostante l'opera distruttiva dell'uomo è un messaggio di speranza. Un messaggio che, però, l'uomo non vuole cogliere. Egli dimostra, infatti, scarso interesse per ciò che il suo pianeta ha da offrirgli (purtroppo sempre meno). La sua attenzione è catalizzata da quanto ha inventato per dominare l'altro. Su questo punto si apre una riflessione che, continuando a seguire il filone letterario, ci riporta a un'altra opera di Tolstoj: "Guerra e pace". La guerra che trova sempre più teatri nel mondo e sempre più ragioni come metodo per la risoluzione dei conflitti e la pace che vede sempre più stravolto il suo significato. Il concetto di pace sembra essere diventato quasi un'offesa per i Paesi attaccati e uno strumento per personaggi che invece si è convinti non debbano vincere o di cui non vogliamo ascoltare le ragioni. In copertina foto di HeungSoon da Pixabay Read the full article
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Torino Film Festival 2023

La 41esima edizione del Torino Film Festival si terrà nella città dei Savoia da venerdì 24 novembre a sabato 2 dicembre sotto l’egida del Museo Nazionale del Cinema, presieduto da Enzo Ghigo e diretto da Domenico De Gaetano, con la direzione artistica di Steve Della Casa. Nel solco della scorsa edizione, l’immagine guida è stata affidata all’artista di fama internazionale Ugo Nespolo che si è ispirato ad uno dei più celebri fotogrammi di Sentieri selvaggi di John Ford in cui John Wayne tiene tra le braccia Natalie Wood, celebrando l’omaggio che quest’anno il TFF dedicherà al popolare attore, simbolo del cinema americano classico. A conferma della vocazione al dialogo con le eccellenze culturali del territorio, l’inaugurazione della 41esima edizione si terrà quest’anno alla Reggia di Venaria, uno dei siti culturali più visitati d’Italia, con ospite d’eccezione il maestro Pupi Avati e madrina della cerimonia sarà Catrinel Marlon. Si moltiplicano le occasioni di incontro e dialogo dei protagonisti del cinema con il pubblico, che vanno da Oliver Stone, che riceverà dal Museo Nazionale del Cinema il Premio Stella della Mole, a Fabrizio Gifuni, da Christian Petzold a Caterina Caselli e Paolo Conte, da Kyle Eastwood a Drusilla Foer, da Mario Martone a Barbara Ronchi, da Baloji a Thomas Cailley, da Roberto Faenza a Laura Morante. Il festival presenta o una selezione estremamente ricca che riflette sullo stato della produzione cinematografica contemporanea, tra cinema di ricerca e scritture di genere, maestri internazionali e giovani promesse, nelle diverse sezioni del festival, da quelle competitive (Concorso Lungometraggi, Documentario internazionale e italiano, Spazio Italia, Crazies) a quelle fuori concorso (Nuovimondi, Ritratti e paesaggi, TFLab, Il gioco della finzione. Nuovi sguardi argentini). Uno dei tratti distintivi della selezione è il ritorno della commedia, popolare e d’autore,. L’Italia si ritaglia uno spazio, con la presenza di ospiti prestigiosi impegnati anche in masterclass, il concorso documentari italiani allargato a 10 titoli per festeggiare un'annata particolarmente ricca, quello dei cortometraggi e dunque del cinema del futuro e due sottosezioni fuori concorso La prima volta e Ritratti e paesaggi, dedicate ad alcune tra le più interessanti opere prime della stagione e ad una serie di documentari per il grande pubblico. La 41esima edizione del Torino Film Festival presenta la prima retrospettiva integrale dedicata a Sergio Citti, che a si inserisce nella tradizione delle grandi retrospettive, e si rinnovano anche quest’anno le collaborazioni con Film Commission Torino Piemonte, Torinofilmlab e Torino Film Industry. In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) e della Giornata Mondiale contro l’AIDS (1 dicembre), il Torino Film Festival dedicherà due momenti di riflessione a questi temi attraverso gli interventi di Monica Guerritore, protagonista de I girasoli, esordio alla regia di Catrinel Marlon, e di Laura Morante, attrice ospite del Festival con il film Folle d’amore - Alda Merini di Roberto Faenza. Read the full article
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Come crepiti nelle mie mani.
Da quando ti ho conosciuto
ho perso i valori estremi della vita
Sai quanto pesa una carezza?
- Alda Merini
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«A Sparta il figlio se era deforme e poco prestante veniva gettato dal baratro del monte Taigeto, poiché né per se stesso né per la città era meglio che vivesse. Di tutte le città della Grecia, Sparta è l’unica a non aver lasciato all’Umanità né uno scienziato, né un artista né un poeta. Forse gli spartani, senza saperlo, eliminando i loro neonati troppo fragili, hanno ucciso i loro musici, i loro poeti, i loro filosofi.»
Chi di voi non ha visto almeno una volta nella vita un dipinto di Caravaggio? O letto una poesia della Merini? E Van Gogh? C’è un motivo se in ogni parte del mondo, le opere di Van Gogh, a distanza di due secoli, continuano a suscitare emozioni tanto forti. Pensate che dipinse La notte stellata dalla finestra di un manicomio. Anche Alda Merini venne rinchiusa in manicomio. Molti dicevano che Caravaggio fosse pazzo, e lo stesso dissero di Camille Claudel, di Beethoven, persino di Socrate! Perché? Perché non vivevano come gli altri pretendevano che vivessero. Perché questi uomini sentivano e pensavano in modo diverso. Cosa c’entra con Sparta?
Ecco Sparta fu l’emblema nel mondo antico dell’efficienza. Della forza. Nel mondo spartano non c’era spazio per l’iniziativa individuale, per la libertà d’azione, per i sentimenti; a Sparta la vita dei cittadini seguiva soltanto ordini e regole: era il mondo dell’obbedienza. Ogni aspetto della vita dei cittadini-soldati era controllato dallo stato. Essere un buon guerriero era l’unico scopo dello spartano. Chi non poteva e non sapeva esserlo, doveva sparire. O essere sfruttato. Per questo motivo Sparta non ebbe musici, poeti, filosofi.
Oggi lo stato non vuole cittadini-soldati, ma cittadini-consumatori. Persone che pensino e sentano in modo facilmente prevedibile, facilmente controllabile. Non servono i filosofi, non servono i pensatori, non servono gli artisti ma soltanto operai altamente qualificati. Ed ecco perché la Storia, a detta del nostro illustre ministro Cingolani, non serve a nulla. Agli uomini-macchina non è utile conoscere la storia di Sparta. Ragionare. Mettere in relazione.
G. Middei
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Scoperte bizzarre
Trovo francamente ipocrita avere legittimato la grandezza di Alda Merini soltanto dopo la sua morte. Io ho conosciuto le sue opere in una maniera, credo, curiosa. Diversi anni fa, il figlio di una mia amica ha avuto bisogno di qualche lezione di italiano per gli esami di riparazione (che adesso hanno un nome diverso, ma esistono ancora). Bene: lei, nonostante le avessi detto a più riprese che non mi doveva nulla, ha voluto darmi come compenso alcuni libri della poetessa in questione. A me è piaciuta molto. E ho continuato a leggerla.
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti". Oggi l'opera e l'autore prescelti sono: "Folle, folle, folle di amore per te. Poesie per giovani innamorati" di Alda Merini. Se penso alla poesia, a dei versi che mi risuonano familiari in testa, versi che meglio e più di altri ricordo a memoria, rivelatori di immagini d'una potenza e intensità simbolica (e non solo) straordinarie, ebbene, non posso che riferirmi a Alda Merini. Lei, la "Poetessa dei Navigli" ha racchiuso nella sua esperienza stilistica e artistica tutta quanta la sua parabola umana: un'esistenza segnata da slanci di passione, entusiasmi, amore, ma anche turbata dal disagio, dal disturbo mentale, da ossessione amorosa, assenze, ritorni e abbandoni. I suoi versi pulsano, sono viventi e sono carne, diventando essi stessi carnivori: catturano per (meglio) restituire il lettore a se stesso.
Secondo Alda Merini "il pensiero di chi legge poesia è aperto verso altri orizzonti" e, infatti, da una poesia ma anche solo da una sua parola è possibile partire per inventarne altre, per creare un universo immaginativo nuovo e personale. Come accade per i versi contenuti in questa raccolta "Folle, folle, folle di amore per te. Poesie per giovani innamorati": versi delicati, potenti e soavi, armoniosamente contrastanti come il sentimento amoroso. Un amore che è insieme salvezza e dannazione, sconosciuto, trepidante e innocente come quello che lega giovani cuori, consapevole, "trasformato" e grande come l'amore maturo sa essere. "Io ho scritto per te ardue sentenze, ho scritto per te tutto il mio declino; ora mi anniento, e niente può salvare la mia voce devota; solo un canto può trasparirmi adesso dalla pelle ed è un canto d'amore che matura questa mia eternità senza confini." La poesia è trasfigurazione, è in ogni istante universale e particolare. Sa essere sintesi perfetta di tutto ciò che, paradossalmente, a parole non può essere detto. Di qui il suo "superpotere": arrivare subito al cuore ancora prima di sedimentarsi nel pensiero. E ciò è ancora più evidente nelle parole e nei simboli (ri)creati da Alda Merini, in immagini di una forza inaudita nella sua fragilità. Un'intensità che rischia di rompersi al solo sguardo, metafora di un amore che tutto dona reclamando, però, tutto a se stesso. Un sentimento assoluto che per essere cantato deve ubriacare di sé il poeta, fino a farlo - parafrasando un pensiero della Merini - innamorare di se stesso e dei suoi tormenti. Fino a prediligere "gli anfratti bui/delle osterie dormienti", condannandosi ad essere "folle, folle folle di amore" e gemendo di tenerezza di un "ultimo tempo senza colore".
Qualche nota su Alda Merini... Nata il 21 marzo 1931 a Milano, morta il 1° novembre 2009 sempre a Milano, è stata poetessa, aforista e scrittrice. Della sua infanzia si conosce quello che lei stessa scrisse in brevi note autobiografiche: "ragazza sensibile e dal carattere malinconico, piuttosto isolata e poco compresa dai suoi genitori ma molto brava ai corsi elementari: ... perché lo studio fu sempre una mia parte vitale". Proprio l'impegno, lo studio e l'innata attitudine alla scrittura hanno sempre accompagnato la Merini nel corso della sua esperienza umana e artistica. Persino in uno dei momenti più difficili e bui della sua esistenza, all'affacciarsi in lei delle "prime ombre della sua mente", a causa delle quali viene internata in una casa di cura con la diagnosi di disturbo bipolare. E si trattò di un'esperienza che avrebbe segnato la poetessa con la sua lunga eco di tormenti e sofferenze. Recensione a cura di Rita Pagliara
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Alda Merini: "Il mattino solerte". Un viaggio poetico nell'intimità dell’amore e del risveglio. Recensione di Alessandria today
"Il mattino solerte" è una breve ma intensa riflessione poetica che celebra il risveglio come momento di rinnovamento e connessione spirituale
Biografia dell’autrice.Alda Merini (1931-2009), nata a Milano, è una delle voci più intense e amate della poesia italiana contemporanea. La sua produzione artistica si distingue per l’autenticità delle emozioni, la profondità delle immagini e la straordinaria capacità di esplorare l’interiorità umana. La sua vita, segnata da grandi dolori e momenti di illuminazione creativa, è una testimonianza…
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Valentino Zeichen (e se i Diari fossero il suo capolavoro?) ci dimostra che i poeti italiani sono maliziosi e pettegoli. Meglio girare alla larga…
Ho conosciuto l’opera di Valentino Zeichen a Milano, su consiglio del poeta Alberto Pellegatta – un poeta vero, perciò raro. Mi consigliò di leggere, assolutamente, Metafisica tascabile, pubblicato da Mondadori. Quella poesia non mi emozionò, me ne ritrassi, irritato. Il secondo consiglio di Pellegatta, Biografia sommaria, Milo De Angelis, agì in modo contrario, lo trovai più consono, mi vestiva meglio.
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Quando ho conosciuto Valentino Zeichen, in seguito a una picaresca avventura nell’allora Rai Futura, a Roma, ne apprezzai la verve, la battuta salata. “Mi sembrano le poesie di un ottantenne, insomma, mi sembra il libro definitivo di un millenario millenarista che abbia già vissuto tutto”, mi disse, dopo aver letto alcune poesie che avevo raccolto in un libro, L’era del ferro. Avevo 28 anni, lì per lì mi parve un complimento. Il seguito del nostro incontro è stato narrato, con sfoggio grottesco e vespertino cinismo, da Massimiliano Parente, nel romanzo Contronatura, allora pubblicato da Bompiani e ora in Trilogia dell’inumano (La Nave di Teseo, 2017).
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Valentino Zeichen pareva un santo della poesia: ritenuto tra i poeti più importanti del Paese, fin dall’esordio (Area di rigore, era il 1974, con quella benedizione di Elio Pagliarani che lo definì “Un Gozzano dopo la Scuola di Francoforte”), e pubblicato come tale (con Guanda, Mondadori, Fazi), viveva, lo dicevano tutti, in una casa-baracca. Ascoltando, mi chiedevo perché, al posto di parlare con compiacimento del poeta che viveva in una baracca e che andava a cena da Tizio e da Caio, non lo si aiutasse, qualora avesse voluto, a trovare altra sistemazione. C’era una specie di anacronistica aristocrazia nel poeta che vive in una baracca: una nobiltà vissuta da Zeichen e ancor più goduta dai suoi più o meno apparenti amici.
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Hanno continuato a non piacermi le poesie di Zeichen, augustee, ironiche, di una intelligenza fuori tempo – più prossima a Domiziano che alla Roma parlamentare – che di certo stuzzicava i pettegoli mecenati del poeta. Mi convinceva, piuttosto, il poeta in sé, la sua presenza, perfino le sbandate narcisistiche, i giudizi decadenti. Per me, voglio dire, i diari di Zeichen – il poeta in cui tutti ammiravano quello che avrebbero voluto essere senza averne il coraggio, basta lui – che Fazi ha cominciato a pubblicare dallo scorso anno sono l’opera autentica, lo zenit del poeta, la sua poetica, lo scintillio del talento.
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Questo Diario 2000 (Fazi, 2019), ad esempio, si legge con fatale godimento: del giorno il poeta, rapace, sintetizza l’oro e l’ombra, l’ambiguo e il triviale. Vivere da poeta in baracca è a volte imbarazzante, altre divertente. Zeichen, che come i poeti d’epoca imperiale è stipendiato da qualche mecenate, ne ha anche loro: “Mi ha telefonato la mia mecenate e vuole sapere il tono dei commenti dopo la festa data per il mio libro. E anche vedere qualche riscontro della mia notorietà ‘presunto’, sulla stampa quotidiana. Un simile investimento deve avere un tornaconto d’immagine”.
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I giudizi sono ostinatamente frollati nel ricino, per fortuna. “A proposito della poetessa Antonella Anedda; una saprofita letteraria che si nutre dei russi, i più sventurati scrittori e poeti di questo secolo. Ma una poesia fatta, più o meno, di onesto dolore, può bastare?”. A proposito di Alda Merini: “la rastrella-premi, l’ex ospite di manicomi che intenerisce i giurati”. A proposito di Roberto Mussapi: “Un poeta? Forse, ma soprattutto un gran traffichino. Lo osservavo durante lo spoglio delle schede di voto della giuria popolare [si fa riferimento al “premio Camaiore Poesia 2000”, ndr]; aveva un’espressione ancora fiduciosa, distanziato da una lunghezza o due dalla trionfatrice. Ma subito dopo lo spoglio, caduta la speranza di ribaltare il risultato, la sua accurata abbronzatura si è fatta terrea”.
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Al contrario di Alda Merini, Zeichen non riesce a intenerire i giurati. “9 milioni dai troppi zeri, questo era l’ammontare del premio Gatto, assegnato al vincitore Maurizio Cucchi. Mi confida F. Cordelli, giurato e sostenitore del mio libro Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio, che fra le motivazioni a sostegno della mia casa c’era anche quella sulle mie condizioni economiche difficili, perciò Franco era per l’assegnazione del premio a me. E Alba Donati ha riferito a Franco la reazione di Cucchi: ‘E che dobbiamo pagare noi per lui perché ha pochi soldi?’”. Al di là della pochezza, lo sketch ci fa capire che ai premi letterari, come supponiamo, di tutto si parla fuorché dei libri. Se uno è miliardario e poeta eccellente, che vinca: non dovrebbe contare il conto in banca ma il genio sovrano.
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Frigna spesso, Zeichen. Quando accusa il premio Viareggio, “banda di mafiosi comunisti, capeggiata da Cesare Garboli e Giovanni Giudici”, ne fa non tanto una questione etica (“non rispetta nessuna oggettività basata sulle valutazioni critiche delle opere, avvalorate dalle recensioni”), ma privata: voleva vincerlo lui. In calce, sputtana De Signoribus, “modesto… onesto poeta delle Marche”. Il livore di Zeichen – espresso, sempre, con una scrittura cristallina, spoglia, da moralista francese – è significativo: non altro è la poesia italica, un piagnisteo di autentici poveracci.
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A volte, ripeto, si assiste alla marziana serenità di un poeta latino, risolto in un insano stoicismo (“Stanotte vado a letto senza cenare. Digiuno dietetico, precauzione igienica, purificazione? Definizioni insensate per un gesto casuale. La verità è che non ho niente da mettere sotto i denti”). Altre volte, a implacabili rivelazioni: “Il destino del poeta è: consegnare le chiavi della perfezione estetica alla morte, che tutela l’immortalità della bellezza delle forme, respingendo le logoranti ingiurie del tempo. La morte è la banca della bellezza, vedasi le banche divenute vere e proprie pinacoteche”.
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Verso i mecenati era gentile, ma mai inchinato, Zaichen. Sapeva che sono loro, i benestanti, a essere in debito con lui, con il poeta. Egli nutre la loro vuota esistenza, loro non fanno che riempirgli, a volte, lo stomaco.
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Quando scrive del suicidio della sua mecenate, Lita, ne scrive come chi sa che si muore per una voluttà, per uno sfarfallio di disperazione, per una gioia malriposta, per una cattiva interpretazione: e chi te lo fa fare? “Domenica, nelle prime ore pomeridiane, è mancata l’amica Lita, la mia cara mecenate si è sparata alla tempia un colpo di calibro 38, ha ucciso quello che era rimasto vivo di lei. A seconda dell’età in cui ci si uccide, tenuto conto della durata di una vita media, si ammazza solo una percentuale variabile della propria vita. Lei ricercava in ogni cosa la compiutezza formale, ed esigeva un perfezionismo attivo da tutte le persone che le erano vicine; dal vestiario all’espressione verbale, era un continuo invito a superarsi”. Ci si supera fino al supremo sparo.
*
L’editore, in calce, pubblica Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio, il libro poetico del 2000. Forse a conferma che la vera opera di Zeichen, che anche quando è crudele lo è con serenità narrativa, è il diario.
*
Pensieri che paiono scritti da Orazio, quasi a dire che la poesia uncina i millenni, il poeta è un fiume. “Ho nuovamente riparato il tetto, e provvidenzialmente viene a piovere per collaudare la tenuta. Giorni fa c’era già stato un breve acquazzone, e l’acqua gocciava dal tetto. Adesso piove insistentemente, è una pioggia fitta e regolare che si infiltra là dove ho riparato; è un’acqua che ha tutto il tempo per pensare”.
*
Più che altro, viene fuori una idea della poesia italiana come una cattedrale di gossip, una milizia di malizie, una folla di mercenari proni al proprio tornaconto. Un inferno volgare, un artificio di melma, dove Zeichen sguazza con la sagacia di Marziale, ricco – va detto – della propria povertà, brandita ad ascia. Viene da pensare – e di questo sono grato, post-mortem, a Valentino – che se è questa la poesia italiana e il suo sotterfugio e il suo sobborgo, meglio adempiere l’esilio, scrivere su frontoni di pietra e condividere il verbo con gli alberi, la luce, il vento. (d.b.)
*In copertina: Valentino Zeichen (1938-2016) secondo Eric Toccaceli
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”Salve vorrei prendere questo libro in prestito e poi ne cercavo anche uno di ALDA MARAINI, ma col vostro sistema in ordine alfabetico non ho capito dove potrebbe essere..."
"Era forse DACIA MARAINI?🤨"
"No...🙄"
"Era forse ALDA MERINI? 🤨”
"Si😃"
"Ah allora dovrebbe dirmi il titolo che cerca perché parte delle sue opere è in prosa e l'altra in poesia.."
"Va beh lo cerco un'altra volta!!!😃”
😶Ok
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Poeti moderni italiani: alla ricerca di un nuovo linguaggio
I poeti moderni italiani, e con moderni intendiamo quanti hanno scritto nel secolo scorso, hanno espresso stili molto diversi tra loro. Sintomo della grande vivacità del panorama poetico del Novecento. D'altronde non poteva essere che così per un secolo attraversato da due guerre mondiali e da profondi cambiamenti politici e culturali. Nella poesia del Novecento ritroviamo molte istanze tutte diverse tra loro: la sperimentazione linguistica che porta, tra l'altro, alla rottura con la metrica tradizionale; una forte componente soggettiva e introspettiva, attraverso la quale i poeti hanno esplorato i loro stati d'animo, le emozioni, le esperienze personali e la psicologia individuale; l'attenzione a problematiche sociali e l'impegno politico. Tutto questo supportato dalla ricerca di un nuovo linguaggio. Oggi accendiamo un piccolo faro su tre grandi poeti del Novecento: Giorgio Caproni, Mario Luzi e Alda Merini. Poeti moderni italiani: Giorgio Caproni Nato il 7 gennaio 1912 a Livorno e morto il 22 gennaio 1990 a Roma, Giorgio Caproni è considerato uno dei maggiori poeti italiani moderni. La sua carriera poetica ebbe inizio negli anni '30, ma la sua opera matura si sviluppò, appunto, negli anni '40 e '50, con la pubblicazione delle raccolte "Le città e la memoria" nel 1946 e "Il seme del piangere" nel 1956. Nel corso della sua vita, Caproni pubblicò altre importanti raccolte di poesie, come "Tutti i poeti sono giovani" nel 1973 e "Il sesto senso" nel 1984. Nei primi anni, è influenzato dal neorealismo e dalla poetica di Ungaretti, ma in seguito sviluppa uno stile personale caratterizzato da un linguaggio essenziale e una grande capacità di sintesi. La sua opera poetica è caratterizzata da una grande attenzione ai dettagli e da una riflessione acuta sulla condizione umana. Caproni esplora temi come il tempo, la memoria, l'amore, l'esistenza e la solitudine, cercando di dare un senso alle contraddizioni e alle complessità della vita. La sua scrittura è caratterizzata da un linguaggio essenziale, preciso e ricco di immagini evocative. Nonostante la sua grande maestria poetica, Caproni non godette di un grande successo commerciale durante la sua vita. Tuttavia, fu apprezzato e riconosciuto dalla critica letteraria, che lo considerava uno dei poeti più autentici e originali del suo tempo. Solo negli ultimi anni della sua vita ottenne un maggiore riconoscimento pubblico e diversi premi letterari, come il Premio Viareggio nel 1987 e il Premio Montale nel 1989. Oltre alla sua attività di poeta, Giorgio Caproni ha lavorato come traduttore, critico letterario e insegnante. Ha insegnato Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l'Università di Roma La Sapienza. La sua opera ha influenzato molti poeti successivi e continua a essere studiata e apprezzata per la sua profondità e originalità. Il significato dell'esistenza umana: Mario Luzi Nato il 20 ottobre 1914 a Castello, un piccolo paese in provincia di Siena, e morto il 28 febbraio 2005 a Fiesole, vicino a Firenze, Mario Luzi ha lasciato anch'egli un'impronta significativa sulla letteratura italiana. Anche per Luzi la carriera poetica ebbe inizio negli anni '30, con le prime opere pubblicate sulle riviste letterarie dell'epoca, ma la sua opera matura si sviluppò negli anni '50 e '60, quando pubblicò importanti raccolte come "Avvento notturno" nel 1957, "Al fuoco della controversia" nel 1963 e "Nella cruna del tempo" nel 1979. Nel corso della sua vita, Luzi ha anche scritto saggi critici e opere in prosa. La sua poesia si caratterizza per una profonda riflessione sulla condizione umana, sul senso dell'esistenza e sulla relazione tra l'uomo e la natura. Luzi era particolarmente attento alle sfumature e alle complessità del linguaggio, e la sua scrittura è caratterizzata da una grande precisione e ricercatezza formale. Oltre che poeta, Mario Luzi è stato membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Accademia della Crusca e del comitato scientifico della Fondazione Lorenzo Valla. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Feltrinelli per la poesia nel 1963 e il Premio Viareggio nel 1995. Il dolore e la solitudine: Alda Merini Nata il 21 marzo 1931 a Milano e morta il 1º novembre 2009 nella stessa città, Alda Merini considerata una delle voci più significative della letteratura contemporanea italiana. La sua vita fu segnata da esperienze complesse e sofferenti. Sin dalla giovane età, infatti, Alda Merini soffrì di problemi mentali e trascorse periodi in diverse istituzioni psichiatriche. Possiamo dire che la sua esperienza di sofferenza e di lotta con la malattia mentale sia il centro della sua poesia, caratterizzata da una profonda introspezione, dalla ricerca della libertà e dal desiderio di trasmettere emozioni intense. La sua carriera poetica ha inizio negli anni '50, ma il successo arriva a partire dagli anni '80. Alda Merini ha pubblicato numerosi libri di poesie, tra cui "La presenza di Orfeo" nel 1953, "La Terra Santa" nel 1971 e "Vuoto d'amore" nel 1991. La sua poesia affronta temi universali come l'amore, la morte , la sofferenza e la ricerca del senso della vita. Nel 1996, le è stato assegnato il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale, e nel 1997 ha vinto il prestigioso Premio Viareggio per la poesia. Nel corso degli anni, ha anche tenuto numerosi corsi e conferenze sul tema della poesia e della creatività. Oltre che come poetessa, Alda Merini è stata molto apprezzata anche come persona. La profonda umanità e il coraggio di aver parlato apertamente dei suoi problemi mentali l'hanno resa un personaggio simbolo del suo tempo. In copertina foto di giselaatje da Pixabay Read the full article
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Mostra Antologica di Paolo Gubinelli “Segni, graffi e colore” (Carte, ceramiche, vetri e progetti in plexiglass) Opere dal 1977- 2021 a cura di Sandro Bongiani 11 dicembre 2021 - 13 febbraio 2022 Via S. Calenda 105/D, 84126 SALERNO (Italy). http://www.collezionebongianiartmuseum.it

Paolo Gubinelli
Biografia
Nato a Matelica (MC) nel 1945, vive e lavora a Firenze. Si diploma presso l’Istituto d’arte di Macerata, sezione pittura, continua gli studi a Milano, Roma e Firenze come grafico pubblicitario, designer e progettista in architettura. Giovanissimo scopre l’importanza del concetto spaziale di Lucio Fontana che determina un orientamento costante nella sua ricerca: conosce e stabilisce un’intesa di idee con gli artisti e architetti: Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Ugo La Pietra, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Umberto Peschi, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Emilio Scanavino, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, Zoren.
Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Le sue opere sono esposte in permanenza nei maggiori musei in Italia e all’estero.
Nel 2011 ospitato alla 54 Biennale di Venezia Padiglione Italia presso L’Arsenale invitato da Vittorio Sgarbi e scelto da Tonino Guerra, installazione di n. 28 carte cm. 102x72 accompagnate da un manoscritto inedito di Tonino Guerra.
Sono stati pubblicati cataloghi e riviste specializzate, con testi di noti critici:
Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Cristina Acidini, Mariano Apa, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Paolo Bolpagni, Mirella Branca, Vanni Bramanti, Anna Brancolini, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Ornella Casazza, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Roberto Cresti, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico, Roberto Daolio, Angelo Dragone, Luigi Paolo Finizio, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Carlo Franza, Francesco Gallo, Roberto Luciani, Mario Luzi, Marco Marchi, Luciano Marziano, Lara Vinca Masini, Marco Meneguzzo, Fernando Miglietta, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Elena Pontiggia, Pierre Restany, Davide Rondoni, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Claudio Strinati, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
Sono stati pubblicati cataloghi di poesie inedite dei maggiori poeti Italiani e stranieri:
Adonis, Alberto Bertoni, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Anna Buoninsegni, Enrico Capodaglio, Alberto Caramella, Roberto Carifi, Ennio Cavalli, Antonio Colinas, Giuseppe Conte, Vittorio Cozzoli, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gianni D’Elia, Luciano Erba, Giorgio Garufi, Tony Harrison, Tonino Guerra, Emilio Isgrò, Clara Janés, Ko Un, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Alessandro Moscè, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Alessandro Parronchi, Feliciano Paoli, Titos Patrikios, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Davide Rondoni, Tiziano Rossi, Roberto Roversi, Paolo Ruffilli, Mario Santagostini, Antonio Santori, Frencesco Scarabicchi, Fabio Scotto, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Enrico Testa, Paolo Valesio, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
Stralci critici:
Giulio Angelucci, Biancastella Antonino, Flavio Bellocchio, Goffredo Binni, Sandro Bongiani, Fabio Corvatta, Nevia Pizzul Capello, Claudio Di Benedetto, Debora Ferrari, Antonia Ida Fontana, Franco Foschi, Mario Giannella, Armando Ginesi, Claudia Giuliani, Vittorio Livi, Olivia Leopardi Di San Leopardo, Luciano Lepri, Caterina Mambrini, Elverio Maurizi, Carlo Melloni, Eugenio Miccini, Franco Neri, Franco Patruno, Roberto Pinto, Anton Carlo Ponti, Osvaldo Rossi, Giuliano Serafini, Patrizia Serra, Maria Luisa Spaziani, Maria Grazia Torri, Francesco Vincitorio.
Nella sua attività artistica è andato molto presto maturando, dopo esperienze pittoriche su tela o con materiali e metodi di esecuzione non tradizionali, un vivo interesse per la “carta”, sentita come mezzo più congeniale di espressione artistica: in una prima fase opera su cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, lo incide con una lama, secondo strutture geometriche che sensibilizza al gioco della luce piegandola manualmente lungo le incisioni.
In un secondo momento, sostituisce al cartoncino bianco, la carta trasparente, sempre incisa e piegata; o in fogli, che vengono disposti nell’ambiente in progressione ritmico-dinamica, o in rotoli che si svolgono come papiri su cui le lievissime incisioni ai limiti della percezione diventano i segni di una poesia non verbale.
Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, il segno geometrico, con il rigore costruttivo, viene abbandonato per una espressione più libera che traduce, attraverso l’uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, il libero imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione tutta lirico musicale. Oggi questo linguaggio si arricchisce sulla carta di toni e di gesti acquerellati acquistando una più intima densità di significati.
Ha eseguito opere su carta, libri d’artista, su tela, ceramica, plexiglass, vetro con segni incisi e in rilievo in uno spazio lirico-poetico.
Eng
Paolo Gubinelli, biography.
Born in Matelica (province of Macerata) in 1945, lives and works in Florence. He received his diploma in painting from the Art Institute of Macerata and continued his studies in Milan, Rome and Florence as advertising graphic artist, planner and architectural designer. While still very young, he discovered the importance of Lucio Fontana’s concept of space which would become a constant in his development: he became friends with such artists as :
Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Ugo La Pietra, Umberto Peschi, Emilio Scanavino, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, and Zoren, and established a communion of ideas and work.
His work has been discussed in various catalogues and specialized reviews by such prominent critics as:
Many others have also written about his work:
Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Cristina Acidini, Mariano Apa, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Paolo Bolpagni, Mirella Branca, Vanni Bramanti, Anna Brancolini, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Ornella Casazza, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Roberto Cresti, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico, Roberto Daolio, Angelo Dragone, Luigi Paolo Finizio, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Carlo Franza, Francesco Gallo, Roberto Luciani, Mario Luzi, Marco Marchi, Luciano Marziano, Lara Vinca Masini, Marco Meneguzzo, Fernando Miglietta, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Elena Pontiggia, Pierre Restany, Davide Rondoni, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Claudio Strinati, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
His works have also appeared as an integral part of books of previously unpublished poems by major Italian poets foreigners:
Adonis, Alberto Bertoni, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Anna Buoninsegni, Enrico Capodoglio, Alberto Caramella, Ennio Cavalli, Antonio Colinas, Giuseppe Conte, Vittorio Cozzoli, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gianni D’Elia, Luciano Erba, Giorgio Garufi, Tony Harrison, Tonino Guerra, Emilio Isgrò, Clara Janés, Ko Un, Vivian Lamarque, Franco Loi, Roberto Luciani, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Alessandro Moscè, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Ko Un, Alessandro Parronchi, Feliciano Paoli, Titos Patrikios, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Davide Rondoni, Tiziano Rossi, Roberto Roversi, Paolo Ruffilli, Mario Santagostini, Antonio Santori, Frencesco Scarabicchi, Fabio Scotto, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Enrico Testa, Paolo Valesio, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
CRITICAL EXCERPTS:
Giulio Angelucci, Biancastella Antonino, Flavio Bellocchio, Goffredo Binni, Sandro Bongiani, Fabio Corvatta, Nevia Pizzul Capello, Claudio Di Benedetto, Debora Ferrari, Antonia Ida Fontana, Franco Foschi, Mario Giannella, Armando Ginesi, Claudia Giuliani, Vittorio Livi, Olivia Leopardi Di San Leopardo, Luciano Lepri, Caterina Mambrini, Elverio Maurizi, Carlo Melloni, Eugenio Miccini, Franco Neri, Franco Patruno, Roberto Pinto, Anton Carlo Ponti, Osvaldo Rossi, Giuliano Serafini, Patrizia Serra, Maria Luisa Spaziani, Maria Grazia Torri, Francesco Vincitorio.
He participated in numerous personal and collective exhibitions in Italy and abroad. Following pictorial experiences on canvas or using untraditional materials and techniques, he soon matured a strong interest in “paper” which he felt the most congenial means of artistic expression. During this initial phase, he used a thin white cardboard, soft to the touch and particularly receptive to light, whose surface he cut with a blade according to geometric structures to accent the play of light and space, and then manually folded it along the cuts.
In his second phase, he substituted thin white cardboard with the transparent paper used by architects, still cutting and folding it, or with sheets arranged in a room in a rhythmic-dynamic progression, or with rolls unfurled like papyruses on which the very slight cuts challenging perception became the signs of non-verbal poetry.
In his most recent artistic experience, still on transparent paper, the geometric sign with its constructive rigor is abandoned for a freer expression which, through the use of colored pastels and barely perceptible cuts, translates the free, unpredictable motion of consciousness in a lyrical-musical interpretation.
Today, he expresses this language on paper with watercolor tones and gestures which lend it a greater and more significant intensity.
He made white and colour pottery where engraved and relief signs stand out in a lyrical-poetic space.
- Le opere su vetro realizzate per Fiam Italia Pesaro, esposte nella collezione a Villa Miralfiore
- Le opere su ceramica realizzate: Ceramiche Biagioli Gubbio, Ceramiche Bizzirri, Città di Castello
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Il Cimitero Monumentale di Milano è un vero e proprio museo a cielo aperto. Addentrarsi al suo interno vuol dire iniziare un viaggio nella storia secolare della città, tra architettura splendide, statue e oggetti d’arte dal grande valore e sepolture celebri. Il Cimitero Monumentale di Milano è stato realizzato a inizio Ottocento. L’idea del Comune fu quella di creare un gigantesco cimitero che riuscisse a raggruppare le sepolture distribuite nei sei periferici. Nel 1866 ha aperto le porte quello che è poi rapidamente divenuto un luogo di sepoltura d’élite. Dato lo splendore del luogo, la sepoltura al suo interno era garantita alle cosiddette celebrità. Il fascino è dovuto all’idea originaria di Carlo Maciachini, che progettò questa struttura come un luogo di passeggio, andando in parte a limitare l’area funeraria. Per questo motivo l’intera area non è circondata da una cinta muraria ma da cancellate. Chiunque si rechi a Milano ha già pronta una lunga lista di attrazioni da visitare e attività da svolgere. Recarsi però in aree come il Cimitero Monumentale di Milano aiuta enormemente a comprendere questa città, apprezzandone la storia. Un luogo di assoluta pace, nel quale potersi arricchire con storie altrui, più o meno celebri. L’apertura avvenne il 2 novembre del 1866, data ovviamente non casuale, con una cerimonia solenne, benedetta da Monsignor Calvi. La sua superficie totale è di ben 250mila metri quadrati. Maciachini si lasciò liberamente ispirare dalle mode dell’epoca. Al suo interno è infatti possibile ammirare forme gotiche, passando poi per svariati altri stili: romanico lombardo e pisano. A ciò si aggiungono inserti bizantineggianti, il che aiuta a considerare questa struttura come un vero e proprio museo a cielo aperto, simbolo della milanesità e in generale dell’eclettismo artistico italiano. Cimitero Monumentale di Milano, la struttura Il Cimitero Monumentale di Milano si suddivide in tre aree: centrale, dedicata ai defunti cattolici, a sinistra, dedicata agli acattolici, a destra, dedicata agli israeliti. Una volta superato l’ingresso ci si trova dinanzi il tempio della fama, Famedio. Non soltanto un elemento artistico illustre ma anche un luogo di sepoltura. Al suo interno vi sono infatti alcuni personaggi milanesi illustri, come Alessandro Manzoni. La sua tomba è facilmente apprezzabile, essendo posta al centro dell’enorme sala. Un luogo incantevole, tra i più belli apprezzabili in Italia. Ammalia il contrasto tra il blu profondo della cupola e il bianco marmo delle pareti. Fin da subito si ha la sensazione d’essere entrati in un museo, distogliendo quasi il pensiero dal fatto che in realtà si tratti di un cimitero. Le pareti del Famedio vengono ancora oggi aggiornate con incisioni frutto di decisioni di un consiglio. Questo si riunisce annualmente e decreta i nomi dei personaggi che hanno contribuito alla storia di Milano o che si sono distinti in campi artistici e scientifici, sebbene non siano stati poi sepolti qui. Basti pensare a Ugo Foscolo, Fontana, Boccioni, Montale, Cavour, De Chirico e molti altri ancora. Sebbene tutti conoscano il Famedio per il suo splendore artistico e la presenza della sepoltura di Manzoni, al di sotto vi è una cripta arricchita da altre spoglie celebri, risalenti a un’epoca più recente. Si tratta di Giorgio Gaber, Giuseppe Meazza, Alda Merini, per citarne alcuni. Anche quest’area è visitabile e ci si ritrova circondati da tombe a destra e sinistra. Un luogo di puro silenzio, che di fatto catapulta il visitatore nell’atmosfera dei più classici cimiteri. Si è al cospetto di chi ha fatto la storia nel proprio campo ed è impossibile trattenere l’emozione. Proseguendo per questi corridoi si ha accesso al cimitero israelita, dove non di rado si noteranno dei sassolini sulle tombe. Si tratta di un’usanza ebraica. Al centro di quest’area vi è una sinagoga, utilizzata per particolari cerimonie. Oltrepassato il Famedio, si ha accesso al vero e proprio cimitero, ricolmo di cappelle arricchite da vere e proprie opere d’arte. In molti casi è infatti possibile apprezzare realizzazioni a firma di Fontana, Pomodoro e non solo. I personaggi famosi del Cimitero Monumentale di Milano Se si è alla ricerca delle personalità celebri presenti nel cimitero il primo luogo da visitare è il Famedio. Il tempio era in origine destinato a una chiesa cattolica. Venne trasformato in Pantheon soltanto nel 1870, dando ospitalità ai defunti eccellenti, che fossero milanesi di nascita o di adozione. La commissione, che ancora oggi decide i meritevoli, opera in tal senso fin dal 1884, dividendo i defunti in tre categorie: illustri, benemeriti e distinti nella storia patria. Nella parte alta è possibile scorgere cittadini eccellenti, vissuti tra il IV secolo e la metà del XVIII. Tra questi è impossibile non citare nomi come Leonardo Da Vinci, Sant’Ambrogio, Francesco Sforza, Lodovico il Moro, San Carlo Borromeo e Sant’Agostino. Nella parte sottostante invece personaggi vissuti dal 1750 al 1850. Continuando a scendere si passa al periodo dal 1850 a oggi. I nomi riguardano gli ambiti della cultura, scienza, politica ed economia: Eugenio Montale, Luchino Visconti, Enzo Biagi, Dino Buzzati, Giorgio De Chirico, per citarne alcuni. Lo spazio centrale è però dedicato al defunto più illustre: Alessandro Manzoni. Nel secolo scorso, precisamente nel 1958, si è deciso di innalzare il suo sarcofago, ponendolo su una base riccamente decorata con angeli neri in rilievo, realizzati dall’artista Giannino Castiglioni. Cimentandosi nella scoperta delle varie aree del cimitero, è possibile inoltre soffermarsi su monumenti sepolcrali appartenenti a celebri famiglie della grande borghesia milanese. Svariati gli esempi, come il Civico Mausoleo Palanti, la cui progettazione e realizzazione venne affidata all’architetto Mauro Palanti. La sua è una storia particolarmente interessante e drammatica. In origine venne ideato come mausoleo della famiglia. In seguito è però stato utilizzato come rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale. In seguito il suo costo elevato per il mantenimento ha portato il passaggio della proprietà al Comune di Milano. Da allora è stato trasformato in Civico Mausoleo, all’interno del quale riposano in eterno dei cittadini illustri milanesi. Vi è ad esempio Giovanni Danzi, celebre compositore, autore dell’amatissima “O mia bella Madunnina”. Affidandosi alla visita guidata si scopriranno tanti dettagli sul cimitero, come il fatto che spesso le famiglie non riescano a gestire le spese per il mantenimento o restauro dei mausolei o edicole. Se ciò accade, il Comune può prendere possesso del bene. Tale passaggio di proprietà avviene anche nel caso in cui i discendenti non vengano rintracciati. È quasi impossibile non aver mai sentito parlare della famiglia Campari, soprattutto vivendo a Milano. Nel cimitero è possibile visitare la loro Edicola, realizzata nel 1935. Allo scultore Giannino Castiglioni venne affidata la realizzazione di una versione personalizzata dell’Ultima Cena, totalmente in bronzo. In questa opera le figure risultano essere più grandi rispetto a una comune figura umana. In termini di proporzioni, sono maggiori anche quelle del calice posto al centro del tavolo. Ciò sta a indicare proprio l’attività di famiglia. Non è un caso se col tempo i milanesi hanno iniziato a riferirsi a quest’opera come “l’ultimo apertivo”. L’Edicola della famiglia Toscanini presenta una storia drammatica. A chiederne la realizzazione su l’omonimo compositore, che decise di concedere uno spettacolare luogo per il riposo eterno al suo figlioletto, morto ad appena 5 anni. A occuparsi dell’opera fu Bistolfi, che rappresentò allegoricamente la vita del bimbo, senza mai rappresentarlo di fatto, utilizzando unicamente marmo di Carrara. Altra famiglia borghese milanese molto celebre nella Milano del secolo scorso è la Bernocchi. Ciò è dovuto al fatto che nel 1930 i suoi esponenti donarono al Comune ben cinque milioni di lire, il che rese possibile la costruzione della Triennale. L’Edicola a loro dedicata è, come altre, opera di Castiglioni. Questa è sovrastata da un cono magnifico, realizzato totalmente in marmo. Al suo interno vi sono 110 statue, ideate per raffigurare la Via Crucis. L’artista le ha scolpite a tutto tondo, il che le rende apprezzabili sia dall’esterno che dall’interno. In molti si soffermano ad ammirare e fotografare la tomba di Isabella Casati. Questa è arricchita da una statua incantevole, realizzata da Enrico Butti, maestro dell’Accademia di Brera. Il soggetto ritratto è ovviamente quello di Isabella Casati, deceduta a soli 24 anni. Alle sue spalle vi è un pannello, sul quale viene raffigurato un sogno ricco di angeli in rilievo, nel quale la giovane viene rapita. Quando visitare il Cimitero Monumentale di Milano Il Cimitero Monumentale di Milano è aperto al pubblico dal martedì alla domenica. L’orario per l’ingresso, totalmente libero, va dalle 8.00 alle 18.00. La metropolitana di Milano consente agevolmente di raggiungere il luogo. Basterà scendere alla fermata “Monumentale” della linea M5 Lilla. Una volta entrati, sarà possibile rivolgersi all’Info Point, che offre gratuitamente mappe del cimitero a tutti i visitatori. Su di essa sono segnalate le tombe più celebri, così da poter favorire la visita, evitando di girare a vuoto per ore, data la vastità del luogo. È possibile visitare gratuitamente il cimitero o prendere parte a un gruppo con visita guidata. Nel secondo caso si resterà all’interno per almeno 1 ora, ricevendo dettagli sugli elementi cruciali. https://ift.tt/2MRSGpm Cimitero Monumentale di Milano, orari e personaggi famosi Il Cimitero Monumentale di Milano è un vero e proprio museo a cielo aperto. Addentrarsi al suo interno vuol dire iniziare un viaggio nella storia secolare della città, tra architettura splendide, statue e oggetti d’arte dal grande valore e sepolture celebri. Il Cimitero Monumentale di Milano è stato realizzato a inizio Ottocento. L’idea del Comune fu quella di creare un gigantesco cimitero che riuscisse a raggruppare le sepolture distribuite nei sei periferici. Nel 1866 ha aperto le porte quello che è poi rapidamente divenuto un luogo di sepoltura d’élite. Dato lo splendore del luogo, la sepoltura al suo interno era garantita alle cosiddette celebrità. Il fascino è dovuto all’idea originaria di Carlo Maciachini, che progettò questa struttura come un luogo di passeggio, andando in parte a limitare l’area funeraria. Per questo motivo l’intera area non è circondata da una cinta muraria ma da cancellate. Chiunque si rechi a Milano ha già pronta una lunga lista di attrazioni da visitare e attività da svolgere. Recarsi però in aree come il Cimitero Monumentale di Milano aiuta enormemente a comprendere questa città, apprezzandone la storia. Un luogo di assoluta pace, nel quale potersi arricchire con storie altrui, più o meno celebri. L’apertura avvenne il 2 novembre del 1866, data ovviamente non casuale, con una cerimonia solenne, benedetta da Monsignor Calvi. La sua superficie totale è di ben 250mila metri quadrati. Maciachini si lasciò liberamente ispirare dalle mode dell’epoca. Al suo interno è infatti possibile ammirare forme gotiche, passando poi per svariati altri stili: romanico lombardo e pisano. A ciò si aggiungono inserti bizantineggianti, il che aiuta a considerare questa struttura come un vero e proprio museo a cielo aperto, simbolo della milanesità e in generale dell’eclettismo artistico italiano. Cimitero Monumentale di Milano, la struttura Il Cimitero Monumentale di Milano si suddivide in tre aree: centrale, dedicata ai defunti cattolici, a sinistra, dedicata agli acattolici, a destra, dedicata agli israeliti. Una volta superato l’ingresso ci si trova dinanzi il tempio della fama, Famedio. Non soltanto un elemento artistico illustre ma anche un luogo di sepoltura. Al suo interno vi sono infatti alcuni personaggi milanesi illustri, come Alessandro Manzoni. La sua tomba è facilmente apprezzabile, essendo posta al centro dell’enorme sala. Un luogo incantevole, tra i più belli apprezzabili in Italia. Ammalia il contrasto tra il blu profondo della cupola e il bianco marmo delle pareti. Fin da subito si ha la sensazione d’essere entrati in un museo, distogliendo quasi il pensiero dal fatto che in realtà si tratti di un cimitero. Le pareti del Famedio vengono ancora oggi aggiornate con incisioni frutto di decisioni di un consiglio. Questo si riunisce annualmente e decreta i nomi dei personaggi che hanno contribuito alla storia di Milano o che si sono distinti in campi artistici e scientifici, sebbene non siano stati poi sepolti qui. Basti pensare a Ugo Foscolo, Fontana, Boccioni, Montale, Cavour, De Chirico e molti altri ancora. Sebbene tutti conoscano il Famedio per il suo splendore artistico e la presenza della sepoltura di Manzoni, al di sotto vi è una cripta arricchita da altre spoglie celebri, risalenti a un’epoca più recente. Si tratta di Giorgio Gaber, Giuseppe Meazza, Alda Merini, per citarne alcuni. Anche quest’area è visitabile e ci si ritrova circondati da tombe a destra e sinistra. Un luogo di puro silenzio, che di fatto catapulta il visitatore nell’atmosfera dei più classici cimiteri. Si è al cospetto di chi ha fatto la storia nel proprio campo ed è impossibile trattenere l’emozione. Proseguendo per questi corridoi si ha accesso al cimitero israelita, dove non di rado si noteranno dei sassolini sulle tombe. Si tratta di un’usanza ebraica. Al centro di quest’area vi è una sinagoga, utilizzata per particolari cerimonie. Oltrepassato il Famedio, si ha accesso al vero e proprio cimitero, ricolmo di cappelle arricchite da vere e proprie opere d’arte. In molti casi è infatti possibile apprezzare realizzazioni a firma di Fontana, Pomodoro e non solo. I personaggi famosi del Cimitero Monumentale di Milano Se si è alla ricerca delle personalità celebri presenti nel cimitero il primo luogo da visitare è il Famedio. Il tempio era in origine destinato a una chiesa cattolica. Venne trasformato in Pantheon soltanto nel 1870, dando ospitalità ai defunti eccellenti, che fossero milanesi di nascita o di adozione. La commissione, che ancora oggi decide i meritevoli, opera in tal senso fin dal 1884, dividendo i defunti in tre categorie: illustri, benemeriti e distinti nella storia patria. Nella parte alta è possibile scorgere cittadini eccellenti, vissuti tra il IV secolo e la metà del XVIII. Tra questi è impossibile non citare nomi come Leonardo Da Vinci, Sant’Ambrogio, Francesco Sforza, Lodovico il Moro, San Carlo Borromeo e Sant’Agostino. Nella parte sottostante invece personaggi vissuti dal 1750 al 1850. Continuando a scendere si passa al periodo dal 1850 a oggi. I nomi riguardano gli ambiti della cultura, scienza, politica ed economia: Eugenio Montale, Luchino Visconti, Enzo Biagi, Dino Buzzati, Giorgio De Chirico, per citarne alcuni. Lo spazio centrale è però dedicato al defunto più illustre: Alessandro Manzoni. Nel secolo scorso, precisamente nel 1958, si è deciso di innalzare il suo sarcofago, ponendolo su una base riccamente decorata con angeli neri in rilievo, realizzati dall’artista Giannino Castiglioni. Cimentandosi nella scoperta delle varie aree del cimitero, è possibile inoltre soffermarsi su monumenti sepolcrali appartenenti a celebri famiglie della grande borghesia milanese. Svariati gli esempi, come il Civico Mausoleo Palanti, la cui progettazione e realizzazione venne affidata all’architetto Mauro Palanti. La sua è una storia particolarmente interessante e drammatica. In origine venne ideato come mausoleo della famiglia. In seguito è però stato utilizzato come rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale. In seguito il suo costo elevato per il mantenimento ha portato il passaggio della proprietà al Comune di Milano. Da allora è stato trasformato in Civico Mausoleo, all’interno del quale riposano in eterno dei cittadini illustri milanesi. Vi è ad esempio Giovanni Danzi, celebre compositore, autore dell’amatissima “O mia bella Madunnina”. Affidandosi alla visita guidata si scopriranno tanti dettagli sul cimitero, come il fatto che spesso le famiglie non riescano a gestire le spese per il mantenimento o restauro dei mausolei o edicole. Se ciò accade, il Comune può prendere possesso del bene. Tale passaggio di proprietà avviene anche nel caso in cui i discendenti non vengano rintracciati. È quasi impossibile non aver mai sentito parlare della famiglia Campari, soprattutto vivendo a Milano. Nel cimitero è possibile visitare la loro Edicola, realizzata nel 1935. Allo scultore Giannino Castiglioni venne affidata la realizzazione di una versione personalizzata dell’Ultima Cena, totalmente in bronzo. In questa opera le figure risultano essere più grandi rispetto a una comune figura umana. In termini di proporzioni, sono maggiori anche quelle del calice posto al centro del tavolo. Ciò sta a indicare proprio l’attività di famiglia. Non è un caso se col tempo i milanesi hanno iniziato a riferirsi a quest’opera come “l’ultimo apertivo”. L’Edicola della famiglia Toscanini presenta una storia drammatica. A chiederne la realizzazione su l’omonimo compositore, che decise di concedere uno spettacolare luogo per il riposo eterno al suo figlioletto, morto ad appena 5 anni. A occuparsi dell’opera fu Bistolfi, che rappresentò allegoricamente la vita del bimbo, senza mai rappresentarlo di fatto, utilizzando unicamente marmo di Carrara. Altra famiglia borghese milanese molto celebre nella Milano del secolo scorso è la Bernocchi. Ciò è dovuto al fatto che nel 1930 i suoi esponenti donarono al Comune ben cinque milioni di lire, il che rese possibile la costruzione della Triennale. L’Edicola a loro dedicata è, come altre, opera di Castiglioni. Questa è sovrastata da un cono magnifico, realizzato totalmente in marmo. Al suo interno vi sono 110 statue, ideate per raffigurare la Via Crucis. L’artista le ha scolpite a tutto tondo, il che le rende apprezzabili sia dall’esterno che dall’interno. In molti si soffermano ad ammirare e fotografare la tomba di Isabella Casati. Questa è arricchita da una statua incantevole, realizzata da Enrico Butti, maestro dell’Accademia di Brera. Il soggetto ritratto è ovviamente quello di Isabella Casati, deceduta a soli 24 anni. Alle sue spalle vi è un pannello, sul quale viene raffigurato un sogno ricco di angeli in rilievo, nel quale la giovane viene rapita. Quando visitare il Cimitero Monumentale di Milano Il Cimitero Monumentale di Milano è aperto al pubblico dal martedì alla domenica. L’orario per l’ingresso, totalmente libero, va dalle 8.00 alle 18.00. La metropolitana di Milano consente agevolmente di raggiungere il luogo. Basterà scendere alla fermata “Monumentale” della linea M5 Lilla. Una volta entrati, sarà possibile rivolgersi all’Info Point, che offre gratuitamente mappe del cimitero a tutti i visitatori. Su di essa sono segnalate le tombe più celebri, così da poter favorire la visita, evitando di girare a vuoto per ore, data la vastità del luogo. È possibile visitare gratuitamente il cimitero o prendere parte a un gruppo con visita guidata. Nel secondo caso si resterà all’interno per almeno 1 ora, ricevendo dettagli sugli elementi cruciali. Il Cimitero Monumentale di Milano è ricco di tombe di grande bellezza scultorea e di sepolture di personaggi celebri come Enzo Biagi e Giorgio Gaber.
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MILANO QUANTO TI AMO❤️
Arrivai qui con 1.000€ in tasca dalla mia adorata puglia, le mie valigie e il mio micio tanti anni fa.
Una città in cui mai ero neanche stato se non di passaggio.
Mi ritrovai 11 anni fa in un tugurio affittato tramite internet dietro Maciachini. Un monolocale squallido. Dalle foto in rete invece sembrava cosi carino.
Pensai "bene, iniziamo proprio bene mi sono fatto infinocchiare".
Ero solo, in una città a me sconosciuta, c'era cosi tanto da fare: quel postaccio per quanto non mi piacesse era da pagare, bisognava cercare un lavoro, un'altra casa, imparare a muoversi con i mezzi pubblici, la metropolitana poi un delirio.
Di notte piangevo da solo in quel postaccio, i soldi iniziavano a scarseggiare, non avevo neanche nessuno con cui poter scambiare due chiacchiere alla sera, la mia famiglia e gli amici tutti lontani, ero in un incubo, avevo deciso di tornare giù...
Ma mi chiesi se ne sarebbe valsa la pena buttare tutto quel periodo sacrificato... Qualcosa di buono doveva pure arrivare "Sono a Milano" continuavo a ripetermi per darmi forza.
"I milanesi sono freddi, scordati quando sei li di avere rapporti come li abbiamo noi qui" mi dicevano tutti... Niente di piu falso!
Col tempo ho conosciuto milanesi di nascita (pochi) e ho constatato sono persone straordinarie, passionali esattamente come quelli del sud.
Sono riuscito ad entrare nel cuore di diversi milanesi: mi hanno donato davvero anima e corpo, e aiutato con una dolcezza e gentilezza unica.
I peggiori invece , ho constatato sono proprio coloro che mi dicevano "i milanesi sono freddi", ovvero alcuni del sud trapiantati qui come me, perchè stanno sempre a lamentarsi di questa città, a criticarla, ad annoiarmi con le solite frasi fatte del genere "mi manca il mare, la buona cucina, il sole", altre cose non vere perchè a Milano i giorni di sole sono tantissimi, e udite udite, anche qui esistono le stagioni, si alternano sole, pioggia, caldo e freddo, incredibile he?
Cosi come anche si mangia divinamente, e pensate altra cosa incredibile, anche qui le mamme e le nonne in particolare sono le più grandi chef! Certi pranzi e certe cene che lo stomaco urla pietà!
Esistono addirittura ristoranti e locande da leccarsi i baffi come a sud, e che dire delle pizzerie? Milano è disseminata di pizzerie aperte proprio da napoletani emigrati qui, che preparano la pizza buona proprio come a Napoli… l'avreste mai detto? Sconvolgente.
Invece no, alcuni sempre a lamentarsi, forse perchè proprio loro non si sono mai curati di intrattenere davvero i rapporti umani, presi dalla quotidianità, dalla frenesia ed accecati dai luoghi comuni che affliggono questa meravigliosa città.
Pian piano, i miei sacrifici hanno portato benessere e le lacrime hanno lasciato spazio ai sorrisi.
È arrivato un buon lavoro (all'epoca in una famosa boutique in Montenapoleone), una bella casetta, diverse conoscenze e amici (quelli veri pochi come penso tutti), e il grande amore della mia vita...
Un benessere interiore ritrovato, una tranquillità che mai pensavo sarebbe arrivata.
Ma c'era una domanda che mi affliggeva ancora: "visti i tanti luoghi comuni e le menzogne su questa città, sarà vero che a Milano c'è solo Duomo , Castello Sforzesco e nient'altro di bello o importante?"
Non poteva essere cosi, doveva per forza essere un'altra bufala delle tante.
Ed infatti così è stato.
Ho dedicato 2 mesi a girarla completamente! Rasa al suolo in ogni angolo!
Ho fatto ricerche, consultato riviste, chiamato uffici turistici, visitato tutto ció che era possibile visitare.
Ed ho scoperto un patrimonio artistico, culturale e monumentale da far rabbrividire!
Milano su questo settore, purtroppo, per ignoranza, non è conosciuta.
Spesso anche le guide turistiche propinano i soliti itinerari noti a tutti, tralasciando invece cose di gran lunga più belle e importanti!
Mi sono perso nel Monumentale, un vero museo a cielo aperto invidiato in tutto il mondo, ho avuto la pelle d'oca visitando tutte le numerose cripte e sotterranei disseminati per la città, mi sono meravigliato visitando gli innumerevoli resti e le tante mura romane della città antica spesso nascoste in cortili e palazzi (per chi non lo sapesse Milano è stata la Capitale dell'Impero Romano d'Occidente), passando per il sarcofago dei Re Magi ( e chi l'avrebbe mai detto, i resti dei Re Magi a Milano??), le tante chiese affrescate dai più grandi pittori italiani di una bellezza da togliere il fiato e che nulla hanno da invidiare alle chiese della capitale, passando per il Cenacolo di Leonardo Da Vinci fino a finire col vedere tutte le sue opere e i suoi marchingegni sparsi per tutta Milano, il Codice Atlantico, (ah se solo sapeste quanto ci invidiano americani e giapponesi già solo per il Codice, la raccolta più grande al mondo di Leonardo custodita all’Ambrosiana), i musei bellissimi (Milano è fra le città con più musei in Italia), i famosi cortili d'epoca milanesi, tutti i palazzi signorili più belli e sfarzosi, rinascimentali, barocchi, i suoi parchi verdissimi dentro e attorno a tutta la città, fino a scoprire le sue piazze storiche più belle ,ricche di monumenti importanti , fontane e tanto altro.
Mi sono seduto in Piazza dei Mercanti a fissare il cielo e a guardare le stelle, si le stelle, avete capito bene, lo ripeto, le stelle, esistono pure a Milano lo sapevate? o nelle sere d’estate a perdermi nel Parco delle Cave per ammirare lo spettacolo mozzafiato di migliaia di lucciole (e chi se le ricordava più le lucciole, oggi cosi rare, pensa te, vengo a trovarle a Milano), per non parlare delle sere passate nei teatri, oddio, quanti teatri ci sono a Milano? ho perso ormai il conto, con un offerta culturale da far girare la testa ad ogni stagione, e che dire di tutte le sagre passate nelle varie cascine dentro e fuori Milano, della bellezza di gustarsi un gelato fra l’Orto Botanico e Via Fiori Chiari, dello stupore di come si trasforma la città ad ogni Salone del Mobile e durante tutti gli eventi internazionali…
Il Duomo, che ci crediate o no, l'ho visitato solo per ultimo, troppo "scontato". E molti neanche lo conoscono davvero, per tutto ciò che nasconde, come abbiamo già visto nei tour che qui vi proponiamo. Se provate a chiedere in giro cos’è il “rito incantato della Nivola in Duomo” vi guardano storto e non sanno rispondere…però poi ferratissimi sull’ultimo locale alla moda.
Mi sono ritrovato in un mondo quasi a parte, una città che sembra quasi passare inosservata per la sua bellezza, come se far scoprire al mondo che Milano sia bellissima fosse quasi scomodo, forse perchè è la città degli affari, del design, della moda, della finanza…ma guai a sostenere che sia anche città d’arte.
Io l'ho conosciuta, l'ho cercata, bramata e scoperta a fondo, forse anche meglio di un milanese di nascita, e posso dirlo chiaramente, che Milano è fra le città più belle al mondo! (e Oriente a parte il mondo l'ho girato tutto).
Il "problema" è che Milano ama farsi cercare, non ama mostrare la sua bellezza a differenza delle altre città italiane dove la bellezza è alla portata degli occhi di tutti , basta alzare lo sguardo per rimanerne affascinato; Milano invece è discreta, custodisce bellezze e segreti dietro ai palazzi, dietro ai portoni, nascoste nei luoghi più impensabili, è come una signora da salotto, non ama ostentare, solo se glielo chiedi, ti mostra tutto il resto della casa, ma devi volerlo e impegnarti!
È questa la magia!
Cercando una cosa ne scopri mille altre!
L'immensa Alda Merini che amava follemente questa città diceva che "Milano allatta l'Italia".
Mai parole più vere furono scritte.
Milano è come una mamma, ti allatta, ti insegna a vivere, ti fa crescere e ti da un opportunità perchè questa è la citta italiana delle opportunità, Milano è tutt’ora la culla del Rinascimento: ma solo se sai stare al suo ritmo, se riesci a creare quella connessione, quell'algoritmo che non tutti riescono a percepire, e se non lo fai ti taglia fuori in modo violento!
Ecco perchè non è una città facile, Milano non è per tutti, e chi ci vive lo sa bene.
Forse chi ne parla male e si lascia soggiogare dai luoghi comuni, è proprio perchè da essa è stato tagliato fuori, perchè non ha imparato.
Non tutti sono fatti per vivere qui.
Una città che mi ha dato tanto, ma mi ha anche tolto tanto, certamente.
Come tutte le storie d'amore. Coi propri pregi e i propri difetti.
Ecco ora sapete tutti perchè è nata Milano Segreta e il progetto che da sempre porto avanti assieme alle mie colleghe che tantissimi di voi han conosciuto, mai avrei potuto immaginare che una paginetta da condividere con pochi amici potesse un giorno trasformarsi in una bellissima realtà così conosciuta, (tanto da esser studiata addirittura come fenomeno mediatico in Statale), e vi ringrazio per "diffondere" i tesori di questa città per troppo tempo rimasti all'ombra.
Per fortuna , come già sappiamo, le cose stanno cambiando negli ultimi anni, tutto il mondo si è accorto della sua bellezza, celebrata sui più importanti media dall’America al Giappone!
Mi piace pensare che seppur in una microscopica ed irrilevante parte, abbia aiutato con Milano Segreta a contribuire a ció.
Nel mio piccolo, con i nostri eventi, mai nulla della NOSTRA Milano sarà più all'ombra!
PERCHÈ È ARRIVATO IL MOMENTO DI VANTARCI DELLE NOSTRE BELLEZZE!
Questo è solo "l'inizio" della rivoluzione che ho in mente: siate fieri di vivere in questa città.
De Milan ghe n’è doma vun!
Milano, con te sempre, qui, fino alla fine dei miei giorni.
Angelo
www.milanosegreta.net
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