#Albert Kesserling
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italianiinguerra · 4 years ago
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6 maggio 1947, a Venezia si conclude il processo ad Albert Kesserling
6 maggio 1947, a Venezia si conclude il processo ad Albert Kesserling
Il 6 maggio 1947, si concludeva presso la Corte di Assise di Venezia il processo intentato dal Tribunale Militare Britannico, contro il feldmaresciallo Albert Kesserling, che durante gli anni dal 1943 alla fine della guerra, ebbe il Comando Supremo di tutte le forze tedesche, sia Wehrmacht che SS operanti in Italia. Questo è il racconto di come si svolse e come si concluse il processo ad uno dei…
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spettriedemoni · 6 years ago
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La lapide ad ignominia
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
 Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Questa è la risposta di Piero Calamandrei ad Albert Kesserling, autore di crimini efferati compiuti in Italia (e non solo). Egli sostenne che noi italiani si doveva ringraziarlo. Anzi, gli si doveva fare un monumento. Calamandrei gli rispose con questo componimento. La lapide originale è a Cuneo (mi pare) ma molte altre copie sono in giro per i vari comuni italiani.
Per non dimenticare vi aggiungo il canto partigiano "Bella Ciao" nella versione di Goran Bregovic.
Resistere, resistere, resistere.
Buon 25 aprile a tutti. E ricordate che se siete liberi lo dovete ai partigiani.
Liberi sì. Anche di dire che la Festa della Liberazione non serve a nulla.
Andate a riposare sotto la coperta che vi hanno regalato con il sangue versato dalla Resistenza.
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evilkitten3 · 6 years ago
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I looked into Syndrome K for you. He named it for the two Nazis in Rome leading the deportations of Jewish Italians- Albert Kesserling and Herbert Kappler. It seems to have been an up-yours that would go undetected right in front of those guys.
Niiiice
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lookingforpiteco-cultura · 6 years ago
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Le cicatrici dell’Appennino
Gli eccidi nazifascisti rimasti nell’oblio della Giustizia
Tutto era partito da un ordine del maresciallo Albert Kesserling, ferreo comandante a capo delle forze tedesche in Italia. Di fronte all’avanzata dell’esercito alleato i tedeschi si erano asserragliati nelle fortificazioni appenniniche della linea Gotica, ma erano funestati dai frequenti attacchi dei partigiani. Si decise, allora, di fare terra bruciata, sia davanti  all’esercito avanzante, sia attorno alle posizioni tedesche, dove si potevano annidare i combattenti della Resistenza. Ciò voleva dire che all’esercito in avanzata non si doveva far trovare nulla, dai depositi di munizioni alle singole fattorie. Nel caso più brutale, nella lotta alla guerriglia diffusa, significava anche radere al suolo interi villaggi. Le responsabilità di tali azioni sono da imputarsi ai militari tedeschi, spesso supportati dai collaborazionisti della Repubblica Sociale di Salò e solo in parte alle temute SS. È studiando questi avvenimenti che gli storici hanno coniato definizioni come “guerra ai civili” (P. Pezzino), ribadendo quell’atteggiamento di sospetto dei tedeschi verso ogni italiano, visto dopo l’8 settembre come un traditore o sostenitore di quei “briganti” che costringevano l’esercito nazista ad una guerra su due fronti. Kesserling poteva comunque contare su reparti induriti da anni di guerra, soprattutto contro i Russi sul fronte orientale, la cui esperienza risultò tristemente efficacie nel contesto italiano.
Questa brutale opera di rastrellamento ebbe inizio il 13 Aprile 1944. Partina, Moscaio, Badia Prataglia e Vallucciole furono date alle fiamme e distrutte, seguite da Forno (13 Giugno), dove si erano asserragliati i partigiani della brigata "Aldo Mulargia" e Miniera di Niccioleta, fino a Castelnuovo Val di Cecina (14 Giugno). Il 17 giugno 1944 Kesselring inasprì ancora di più la lotta alle bande, assolvendo di fatto da ogni responsabilità ogni ufficiale tedesco che, nella lotta contro i partigiani, avesse assunto metodi anche non conformi all’onore militare. Ne seguì un’escalation che devastò la Toscana Orientale e Nord Occidentale: Bucine, Guardistallo e Civitella della Chiana (29 Giugno), Castelnuovo dei Sabbioni, Massa dei Sabbioni, Meleto e Castelnuovo Berardenga (4 Luglio). In queste azioni furono attivi i tedeschi della Divisione Goering, ma anche reparti italiani della Guardia nazionale repubblicana e della X Mas.
Alle centinaia di morti precedenti se ne aggiunsero molte altre durante l’estate: ad Empoli il 24 Luglio e a Pisa il 1 Agosto furono attuate delle rappresaglie contro altri civili e contro la rimanente comunità ebraica, ma il fatto più sanguinoso doveva avvenire a S. Anna di Stazzema il 12 Agosto 1944. Il piano iniziale era forse quello di far sgomberare i civili presenti in zona, ma qualche reazione degli abitanti avrebbe fatto scattare la feroce rappresaglia. Altri storici propendono per un’azione terroristica premeditata da tempo. In ogni caso, il villaggio fu raso al suolo e gli abitanti sterminati con l’uso di lanciafiamme, mitra e bombe a mano. Il Comune di Stazzema ha ricevuto la Medaglia d’Oro al Valor Militare con questa motivazione:
"Vittima degli orrori dell’occupazione nazista, insigne, per tributo di sofferenze, fra i Comuni della Regione, riassume, nella strage di 560 fra i suoi cittadini e rifugiati di Sant’Anna, il partigiano valor militare e il sacrificio di sangue della gente di Versilia che, in 20 mesi di asperrima resistenza all’oppressore, trasse alla guerra di Liberazione il fiore dei suoi figli, donando alle patrie libertà la generosa dedizione di 2.500 partigiani e patrioti, il sacrificio di 200 feriti ed invalidi, la vita di 118 caduti in armi, l’olocausto di 850 trucidati. Tanta virtù di popolo assurge a luminosa dignità di simbolo, nobile sintesi di valore e di martirio di tutta la Versilia, a perenne ricordo e monito. Versilia, settembre 1943 -–aprile 1945"
Oggi, a Sant’Anna, le vittime del massacro sono ricordate dal Mausoleo- Ossario e da un museo.
Al 28 Settembre si era arrivati al conto di 3622 persone uccise, cifra ovviamente approssimativa e frutto di laboriose ricerche di parenti, storici e studiosi nell’arco degli anni a venire, ma dall’altra parte dell’arco alpino vi era un ufficiale che rivaleggiava con i suoi colleghi del versante toscano. Walter Reder, maggiore delle SS soprannominato “il monco” perché aveva perso l'avambraccio sinistro a Karkov, sul fronte orientale. Considerato da Kesserling uno “specialista” in materia, al comando del 16° Panzergrenadier «Reichsfuhrer», rastrellò e distrusse dal  12 agosto numerosi villaggi tra la Versilia, la Lunigiana e il Bolognese, lasciando dietro di sé più di tremila morti (Gragnola, Monzone, Santa Lucia, Vinca) . In Lunigiana si erano uniti elementi delle Brigate nere di Carrara, fondamentali per la loro opera di guida e coordinazione delle colonne tedesche. Nella zona non c'erano partigiani: lo dirà anche la sentenza di condanna di Reder: «Non c'erano combattenti. Nei dirupi intorno al paese c'era soltanto povera gente terrorizzata...». 
Queste sono le parole di Arrigo Petacco: “A fine settembre il «monco» si spinse in Emilia ai piedi del monte Sole dove si trovava la brigata partigiana «Stella Rossa». Per tre giorni, a Marzabotto, Grizzana e Vado di Monzuno, Reder compì la più tremenda delle sue rappresaglie. In località Caviglia i nazisti irruppero nella chiesa dove don Ubaldo Marchioni aveva radunato i fedeli per recitare il rosario. Furono tutti sterminati a colpi di mitraglia e bombe a mano. Nella frazione di Castellano fu uccisa una donna coi suoi sette figli, a Tagliadazza furono fucilati undici donne e otto bambini, a Caprara vennero rastrellati e uccisi 108 abitanti compresa l'intera famiglia di Antonio Tonelli (15 componenti di cui 10 bambini). A Marzabotto furono anche distrutti 800 appartamenti, una cartiera, un risificio, quindici strade, sette ponti, cinque scuole, undici cimiteri, nove chiese e cinque oratori. Infine, la morte nascosta: prima di andarsene Reder fece disseminare il territorio di mine che continuarono a uccidere fino al 1966 altre 55 persone. Complessivamente, le vittime di Marzabotto, Grizzano e Vado di Monzuno furono 1.830. Fra i caduti, 95 avevano meno di sedici anni, 110 ne avevano meno di dieci, 22 meno di due anni, 8 di un anno e quindici meno di un anno. Il più giovane si chiamava Walter Cardi: era nato da due settimane. Dopo la liberazione Reder, che era riuscito a raggiungere la Baviera, fu catturato dagli americani. Estradato in Italia fu processato dal Tribunale militare di Bologna nel 1951 e condannato all'ergastolo. Dopo molti anni trascorsi nel penitenziario di Gaeta fu graziato per intercessione del governo austriaco. Morì pochi anni dopo in Austria senza mai essere sfiorato dall'ombra del rimorso.(in il Resto del Carlino, 12 aprile 2002)”.
Non serve ricordare che solo in pochi casi (come per Reder e Kesserling, il quale fu condannato al carcere a vita) si riuscì effettivamente a processare e condannare gli autori delle stragi, sia tedeschi, sia collaborazionisti, sia per le oggettive difficoltà nel perseguire la giustizia in tempo di guerra, sia per volontà di alcuni di dimenticare e insabbiare. Vi era un  tacito accordo tra gli ex paesi belligeranti, soprattutto con la Germania (non mancano, comunque, atti terribili anche da parte alleata), per non processare i rispettivi criminali di guerra. I documenti dei processi e i fascicoli raccolti dagli alleati e dagli addetti ai lavori sulle stragi nazifasciste furono chiusi in un armadio, un armadio “fantasma”. Le ante girate verso il muro, in una stanza del Palazzo Cesi Gaddi, a Roma, sede della Procura Generale Militare. Venne scoperto e aperto solo nel 1994 per mano di Antonino Intelisano, magistrato militare che stava indagando sull’autore dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke . Il giornalista dell’Espresso, Franco Giusolisi, lo ribattezzerà l’“armadio della vergogna”, termine che utilizzerà per il suo omonimo libro. In esso vengono ritrovati 695 fascicoli, 2274 voci di reato e fatti che coinvolgono oltre 15 mila vittime rimaste senza giustizia. Giusolisi sarà il primo, assieme a Alessandro De Feo, a parlarne in un articolo sull’Espresso nel 1996. al suo interno vi erano cinquanta condannati all’ergastolo, tra cui i responsabili delle stragi di Cefalonia, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, Fivizzano, Civitella in val di Chiana.
È necessario, oggi più che mai, preservare la memoria sia degli eventi tragici, sia dei nomi delle persone che sono ad essi indissolubilmente legati, perché non si dimentichi né il volto dei carnefici, né la sorte delle loro vittime. Che siano, quindi, le parole del presidente tedesco Rau a Marzabotto nel 2002 a concludere questo saggio:
“La colpa personale ricade solamente su chi ha commesso quei crimini. Le conseguenze di una tale colpa, invece, devono affrontarle anche le generazioni successive”.
Vittorio Trenti
Questo articolo è stato pubblicato sul Cimone, il notiziario del CAI di Modena. Per scaricarlo Cliccate Qui
Bibliografia E. Droandi, Le stragi del 1944 nella Toscana orientale, Edizioni Calosci, 2006 http://www.storiaxxisecolo.it/index.htm P. Pezzino, Guerra ai civili. Le stragi tra storia e memoria, in Passato e Presente 58 (2003) http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/08/04/news/stragi-nazifasciste-quei-fascicoli-archiviati-dell-armadio-della-vergogna-1.223928 http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/02/15/news/stragi-nazifasciste-l-armadio-della-vergogna-adesso-consultabile-online-1.250535
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italianiinguerra · 4 years ago
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28 dicembre 1943, ci conclude la battaglia nella "Stalingrado d'Italia"
28 dicembre 1943, ci conclude la battaglia nella “Stalingrado d’Italia”
Il post odierno è dedicato alla dura battaglia di Ortona, piccolo comune della provincia di Chieti che rappresentava l’estrema propaggine orientale della Linea Gustav, la solida e ben presidiata linea difensiva germanica che si estendeva dalla foce del fiume Garigliano, al confine tra Lazio e Campania, fino appunto ad Ortona, comune costiero a sud di Pescara, passando per Cassino. Li’ giunsero il…
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italianiinguerra · 3 years ago
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16 luglio 1960, muore il "sorridente Albert"
16 luglio 1960, muore il “sorridente Albert”
Il 16 luglio del 1960 moriva a 75 anni a Bad Nauheim, cittadina tedesca del land dell’Assia, uno dei massimi protagonisti del secondo conflitto mondiale, prima sul fronte Mediterraneo e successivamente su quello italiano, il feldmaresciallo della Luftwaffe Albert Konrad Kesselring. Comandante supremo delle forze armate tedesche prima nel Mediterraneo e successivamente a capo del Gruppo di Armate…
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italianiinguerra · 4 years ago
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28 dicembre 1943, ci conclude la battaglia nella "Stalingrado d'Italia"
28 dicembre 1943, ci conclude la battaglia nella “Stalingrado d’Italia”
Il post odierno è dedicato alla dura battaglia di Ortona, piccolo comune della provincia di Chieti che rappresentava l’estrema propaggine orientale della Linea Gustav, la solida e ben presidiata linea difensiva germanica che si estendeva dalla foce del fiume Garigliano, al confine tra Lazio e Campania, fino appunto ad Ortona, comune costiero a sud di Pescara, passando per Cassino. Li’ giunsero il…
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italianiinguerra · 5 years ago
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2 maggio 1945, resa delle truppe tedesche in Italia
2 maggio 1945, resa delle truppe tedesche in Italia
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Alle 4,30 del mattino del 2 maggio di 75 anni fa, dopo molte insistenze del generale Karl Wollf, comandante delle SS e della Polizia per l’Italia, Albert Kesserling acconsentì a rispettare il cessate il fuoco previsto per le ore 14:00 della stessa giornata, in virtù della degli accordi denominati Strumento di resa locale delle forze tedesche e delle altre forze poste sotto il comando o il…
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italianiinguerra · 6 years ago
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Operazione Lehrgang, una piccola Dunkerque in Sicilia Il 17 agosto 1943, esattamente come aveva calcolato il Feldmaresciallo Albert Kesserling, dopo 5 notti di febbrile attività si completava lo sgombero dei reparti dell’ Asse ancora presenti in Sicilia, una Dunkerque in dimensioni più ridotte ma pur sempre un insuccesso senza attenuanti che gli alleati non erano riusciti a prevenire e neppure in modo significativo a contrastare. Articolo completo al seguente link: Operazione Lehrgang, l'evacuazione della Sicilia
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italianiinguerra · 6 years ago
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16 luglio 1960, muore il Feldmaresciallo Albert Kesserling Il 16 luglio del 1960 moriva a 75 anni a Bad Nauheim uno dei protagonisti del secondo conflitto mondiale, prima sul fronte Mediterraneo e successivamente italiano, il feldmaresciallo della Lufwaffe Albert Kesserling, a detta di molti storici uno dei generali tedeschi più capaci.
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italianiinguerra · 3 years ago
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29 gennaio 1944, inizia la battaglia per Cisterna di Latina
29 gennaio 1944, inizia la battaglia per Cisterna di Latina
Dopo la resa delle truppe italo-tedesche in Africa settentrionale nel maggio 1943, gli Alleati avevano dato inizio alle operazioni di attacco alla “festung Europe”, la fortezza Europa attaccando l’Italia, principale alleato del Terzo Reich. Il 10 luglio 1943, la più potente flotta di invasione mai vista nella storia, aveva sbarcato sulle coste siciliane due armate, l’VIII britannica del generale…
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italianiinguerra · 5 years ago
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Il 6 maggio 1947, si concludeva a Venezia il processo intentato dal Tribunale Militare Britannico della città lagunare il processo contro il feldmaresciallo Albert Kesserling, che durante gli anni dal 1943 alla fine della guerra, ebbe il Comando Supremo di tutte le forze tedesche, sia Wehrmacht che SS in Italia. 
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    Il processo aveva avuto inizio il giorno 10 febbraio 1947, nell’aula della Corte d’Assise di Venezia, vedeva imputato l’alto ufficiale tedesco di:
a) – partecipazione dell’imputato ai fatti che si conclusero con l’eccidio delle Ardeatine; b) – atti di crudeltà e rappresaglie compiuti in Italia dalle truppe tedesche, tra il giugno e l’agosto 1944.
Durante il dibattimento Kesserling riguarda alla lotta partigiana ebbe a dire:
    “La minaccia partigiana venne ad aggravare la situazione disastrosa per il temuto dissolvimento dell’Esercito tedesco. “Come comandante supremo avevo il diritto e il dovere di oppormi a questa guerriglia insidiosa di fuori legge, con tutti i mezzi di cui disponevo; mezzi, del resto, consentiti dalle usanze internazionali. Io diramai gli ordini ai comandi di grande Unità che non potevano non applicare le leggi internazionali; se vi furono eccessi da parte di qualche reparto isolato, in sotto ordine, o di gruppi di singoli soldati, questi sono dovuti allo stato di esasperazione in cui la durissima guerra e le azioni insidiosissime dei partigiani – la cui offensiva veniva quando meno la si attendeva, da dietro una casa, da dietro una siepe – avevano ridotto i miei soldati. Spero che, comunque vada questo processo, i legislatori di tutte le Nazioni esaminino per l’avvenire, e fissino, in forma inequivocabile, la disciplina dell’azione partigiana, in modo che non vi siano più dubbi in proposito”.
Il 6 maggio 1947 la Corte giudicò Kesselring colpevole in relazione a entrambi i capi d’accusa e lo condannò a morte tramite fucilazione. Chi volesse leggere gli atti completi dello stesso li può trovare sul sito del Ministero della Difesa cliccando sul link sottostante:
Il Processo ad Albert Kesserling
Il 29 giugno, la condanna a morte di Kesselring, così come le analoghe condanne inflitte l’anno precedente ai suoi sottoposti Eberhard von Mackensen comandante della 14ª armata tedesca in Italia e Kurt Mälzer comandante della piazza militare di Roma, entrambi corresponsabili della rappresaglia delle Fosse Ardeatine fu commutata nel carcere a vita dal generale John Harding, a cui, in qualità di comandante in capo delle forze britanniche in Europa, spettava il giudizio di secondo grado.
  Reclusi nel carcere di Werl, Mälzer vi morì nel marzo 1952, mentre Kesselring e von Mackensen furono graziati nell’ottobre dello stesso anno.
  Venezia 6 maggio 1947, il feldmaresciallo Kesserling condannato a morte Il 6 maggio 1947, si concludeva a Venezia il processo intentato dal Tribunale Militare Britannico della città lagunare il processo contro il feldmaresciallo…
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