#A cena con un cretino
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10 gennaio … “i nati oggi”
Happy Birthday by Perfettamente Chic #natioggi #happybirthday #10gennaio #briga #saleishastowers #alexmeraz #sarahshahi #jemaineclement #paoloconticini #evanhandler #perfettamentechic
1989: Briga, pseudonimo di Mattia Bellegrandi, cantautore italiano, deve la sua notorietà in seguito alla sua partecipazione alla quattordicesima edizione del talent show Amici di Maria De Filippi, tra le sue canzoni più note si ricordano Sei di mattina, Baciami, Mentre nasce l’aurora, Nel male e nel bere, Guaglione cantata in coppia con Gigi D’Alessio 1986: Saleisha Stowers, modella e attrice…
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La esposa regresa a su casa y... ¡Encuentra a su marido haciendo el amor con una tremenda, bella, espectacular, e infernal hembra...! - ¡Desgraciado, mal nacido, infiel, ¿Cómo te atreviste a hacerme esto a mí, la esposa fiel, la madre de tus hijos?, ¡Me voy!, Quiero el divorcio.....¡ - ¡Espera..., espera... Un momento!! Antes de decidir, por lo menos escucha lo que pasó..... - Será lo último que te permita, ¡¡Habla cretino, hombre maldito!!!.... Y relata el marido: Mientras volvía a casa, esta joven me pidió que la acercara. La vi tan indefensa que accedí a llevarla. Noté que estaba muy delgada, mal vestida y sucia. Me contó que hacía 3 días que no comía. Con gran compasión y dolor, la traje para casa y le recalenté la cena que te prepare anoche y que no te comiste porque "y que te engordabas"; y la pobre prácticamente se los devoró..... Como estaba muy sucia le dije que se bañara. Mientras se duchaba noté que su ropa estaba sucia y rota; así que la tiré a la basura. Le di esos jeans que hace años no usas porque " y que te quedan apretados", la blusa que te regalé para el aniversario y no usas porque "y que no te gusta, porque tuve mal gusto cuando la escogí" y las botas que compraste en esa lujosa zapatería y que nunca más te pusiste desde que tu amiga se compró unas iguales. La joven se iba muy agradecida. Pero cuando la acompañé a la puerta se devolvió y con los ojos llorosos me pregunto:¿No tiene otra cosa que su señora ya no use? y bueno aca estamos...
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La prima volta:
Ti ricordi il primo bacio? Mi sarei fermata a quello se tu non fossi stato cosi dannatamente bello e io troppo carica di provare cose diverse, mi stavi abbracciando su una spiaggia veramente pessima, ma non mi importava perche quel bellissimo ragazzo freddo e distaccato era abbracciato a me sotto le stelle e poi mi hai presa alla sprovvista, ricordi? Non ebbi nemmeno il tempo di capire cosa era successo ma ricordo perfettamente tutto di quel momento, un attimo in cui le nostre labbra si incontrarono e mai avrei pensato che sarebbero state la mia condanna, sono passati 4 anni e le desidero ancora come quella sera
Ti ricordi la prima uscita? Era un sabato sera e non sapevamo cosa fare, forse fingevamo entrambi per trovare una scusa per stare insieme, lo so che te lo ricordi, bello come solo tu sai essere con quella camicia che ti cadeva perfetta addosso, seduti in un prato a bere la birra migliore della mia esistenza, non mi ero mai sentita cosi fuori dal mondo con una persona, eravamo liberi, lo so che ti sentivi anche tu cosi, abbiamo parlato, ci siamo abbracciati, mi hai fatto ascoltare le tue canzoni preferite e abbiamo giocato ai giochi piu stupidi esistenti per il cellulare
Ti ricordi la prima volta che abbiamo litigato? Dio mio sapessi quanto sono stupida, ero andata a ballare solo per vederti ero riuscita a rubarti un bacio ma tu dovevi essere il solito acido, e il mio carattere impulsivo fece il resto. Non durò molto perchè gia facevi parte di ogni cellula del mio corpo e della mia esistenza per stare lontana da te e venni a cercarti
Poi arrivò dicembre e sei stato tu a voler chiudere perche sapevi quanto ci soffrivo e feci di tutto per indispettirti anche fidanzarmi, ma il cuore non lo leghi, sono venuta a cercarti di nuovo mi avevi rubato il sonno e la serenità a me bastava solo averti vicino.
E poi il covid, non lo dimenticherò mai pensai “è stato piu facile vivere una pandemia mondiale che fidanzarmi con lui”, e sono arrivate le nottate lontani ma piu vicini di quello che sembrava, e ti ricordi che mi dichiarai? Ero stata obbligata dalle mie amiche che erano estenuate loro per me, ma neanche quella volta hai accettato, ma sei rimasto.
Ti ricordi del tatuaggio? Ormai ero fuori di me e dovevo portarti sulla mia pelle perche ero convinta che mi saresti rimasto per sempre dentro, e oggi mi do ragione, non ci credevi che era per te, facevi di tutto per non credermi, cretino, e poi ricordo quella domanda “E se un giorno il tuo futuro marito ti chiede perchè questo tatuaggio?”
“Si deve fare i cazzi suoi”
“Se ti dice qualcosa chiama me” mi rubasti un bacio e scappasti fuori dalla macchina per riempire una bottiglia d’acqua, e ti giuro è rimasto quello che pensavo, mi è stato chiesto il perche ed è rimasto “ti devi fare i cazzi tuoi”
Poi arrivò l’estate ormai era passato un anno ed io ero esausta ti ho fatto un sacco di dispetti, me ne sono andata anche in vacanza senza scriverti piu nemmeno un messaggio, la conseguenza furono solo nottate intere sveglia, ti volevo ti volevo con tutte le forze che avevo in corpo
E poi sono tornata, tu eri arrabbiato e io ero stanca, e ti ho urlato in faccia tutto quello che mi portavo dentro ed è stata la prima volta che ho pianto d’avanti i tuoi occhi, se ci ripenso mi viene voglia di darti un pugno, eri impanicato e hai pensato che asciugare le lacrime con i miei stessi capelli sarebbe stato divertente.
Alla fine ce l’avevo fatta, eri mio, stavamo insieme, anche se non avevamo il coraggio di dircelo.
Te la ricordi la prima volta che mi hai portato a casa? Il cane aveva tutte le buone intenzioni di mangiarmi, finalmente ero nella tua camera, il giorno dopo stesso ero ospite a cena, quei sofficini li sento ancora bloccati in gola, per quanto io sia una testa calda a contrario tuo all’inizio sono timidissima, ma poi ci ho preso la mano, ero parte della famiglia.
Ti ricordi la prima volta che abbiamo dormito insieme? C’era ancora il covid e stavolta però era cosi difficile stare lontani, chissa cosa era balzato nella testa di mia mamma che mi disse che potevo venire a dormire da te, un’emozione che non potrei mai descrivere a parole anche se continuassi a scrivere tutta la notte, io ero abituata ad andare a dormire presto alle 22 gia sbadigliavo, tu eri attivo come un grillo e passammo tutta la notte insieme svegli tra il camino, centinaia di sigarette e giochi da tavolo e ti ho fatto scoprire tiktok, mi allei con tua sorella per prenderti in giro mentre ti filmavo con delle canzoni improbabili e tu ridevi e io mi sentivo viva.
Ti ricordi il primo ti amo? È stata stesso quella sera, quando finalmente andammo a letto, quel lettino piccolo che ti teneva cosi vicino a me, mi abbracciasti e mi regalasti un bacio innocente augurandomi la buonanotte, era buio e mi stava esplodendo il cuore in petto, avevo bisogno di dirtelo, ma ero terrorizzata dalla risposta ma ebbi coraggio “ti amo” il tuo sorriso illuminò il buio, si sentiva la tua felicità quando con la voce che tremava mi hai risposto “anche io”, non dormii, è stato il primo vero ti amo della mia vita, il mio cuore non ha mai piu amato cosi tanto, da tenermi sveglia a pensare solo a quelle due parole, era incredibile che tu mi amassi.
Ti ricordi la prima sorpresa? Insomma ti ho sempre fatto un sacco di regali ti avrei comprato il mondo, ma quella volta ti dissi che non sarei potuta venire a dormire da te, erano tre settimane che non ci vedevamo, ero gia in macchina con tua mamma quando ti dissi che non sarei venuta, non li dimenticherò mai i tuoi occhi che brillavano quando mi hai visto entrare dalla porta, di come ti sei fiondato ad abbracciarmi e di come mi guardavi, non riuscivi piu a staccarti ti ricordi? Tua sorella ti prendeva in giro e ti chiamò “vichingo”
Ricordi il primo natale? Dio mio come ero felice, a detta tua ti ho fatto il regalo piu bello del mondo, quel pappagallino che hai cresciuto con tanto amore e questo faceva di te la persona piu pura al mondo ai miei occhi, arrivò con largo anticipo a natale e ti diede l’opportunità di prendere ispirazione per il mio regalo quella collanina con la piuma, era il primo regalo che mi facevi ed ero cosi emozionata che ancora oggi ricordo che feci fatica a non piangere e mi divincolai dandoti il tuo secondo regalo e come al solito eri felice e mi dicevi di non spendere i soldi per te
Ti ricordi il primo compleanno da fidanzati? Sei sempre stato un rompicoglioni, schivo e freddo d’avanti alle manifestazioni d’amore, ma io sono testarda e riempii quella che era camera nostra di candele e palloncini e la scatola con il regalo, il regalo non te l’aspettavi, e appena rimanemmo soli facemmo l’amore perche era l’unico modo in cui sapevi dimostrarmi le cose, me la ricordo la tua faccia stavi morendo di vergogna e ti adoravo quando facevi cosi anche se a primo impatto mi facevi incazzare
Ti ricordi poi quando sono iniziati i problemi? Quanto stavo male e tu non mi capivi e un po alla volta si è rovinato tutto. Ma vivo ancora con il ricordo di noi, tutto ogni singolo momento, ogni carezza, ogni urlo, ogni lacrima che ho versato e mi logora ancora il cuore che è rimasto tuo nonostante io abbia fatto di tutto per tenerti lontano da me. Mi pento solo di questo, soffrivo cosi tanto che speravo che allontanandoti da me avrei finalmente smesso di amarti, ma per il resto rifarei tutto, tutte le notte insonne, tutti i momenti in cui mi sono sentita stupida, tutte le volte che ho litigato con amici e amiche che mi dicevano che non ne vale la pena stare dietro a te, tutti i momenti piu bui e quelli dove mi sono arresa senza mai arrendermi davvero, nemmeno oggi mi sono arresa perche ognuno ha la sua strada e credo ancora che le nostre si rincontreranno spero solo che il destino si ricordi di noi.
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SIN GYM
hoy no fui al gym pues estoy mestruando jaja que dilema es esto de ser mujer quisiera saber que seria una vida sin menstruacion pienso seria algo bien ja en este momento estoy cosiendo el pollo para darle la cena a mis perros y gatos aveces me digo a mi misma por que de las cosas pero ahi cada mente estupida que no sabe con lo que dicce pero sin enbargo su inteligencia se nota apesar de cargar una mente tan estupida la decicion de sarber lo que se dice con las acciones que demuestra son estrovertorias pues la imadures del pendejo es altamente inalcanzable y ingobernable ahora escucho musica hoy me regalon una rosa muy bonita la puese en agua me da gusto que pueda tener un espacio donde expresarme sin ningun temor quisiera saber de la existencia de un mierda un simple cretino pero me deprimo al estar en el es mi mierda padre que me trajo a este mundo sin pedirselo y se lo agradezco pero la verdad si supieran la verda es un miserable mierda luego ire contando poco a poco la mierda de papa que a mida toco y no hablo de papa verdura hablo de papa de padre apa pa a ese que tiene que darnos confianza en la existencia pero no ami solo me dio miedo traumas y triztesa mi padre es un completo mierda lo odio tato tanto lo odio tiene todo mi odio y desprecio por la vida que mi dios mi verdadero padre me dio jajaja y si es que es mi verdadero ahi la vida es una comedia estoy perpleja en esta dicha te odio papa te odio con todo mi ser y volando como una pichona por los cielos te odiare nadando como un pescado bajo las profundidades del agua te odiare caminando como una perra por la tierra te odiare y caminando por la acera como una humana te seguire odiando estando muerta en mi desconposicion te continuare odiando hecha polvo seguire proclamando el odio que siento por ti y para ti y por mi solo odiarte sera mi divercion y pasatiempo y siendo una angelita ahi con dios en los cielos en el paraiso te continuare odiando asta que dios me mande al infierno por tanto odio y siendo una demonia seguire proclamando el odio que tengo asi ti y si al inicio no voy al cielo y voy al infierno siendo la demonia seguire odiandote asta artar a dios y me suva al cielo para enseñarme lo que es el amor y poder quizas tenerte un poco pero no la verdad es que seguire odiandote siendo o no siendo yo te odio te odie y te odiare por siempre y para simpre por los siglos de los siglos te odio padre te odio maldito mierda mierda eres y mierda seras siempre por siempre querido odiado hermano padre te odio atenetamente yo tu primera hija tu nn.
te odio bigotes te odia padre te odio papa te detesto ee.
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M@O
01.07. ore 18:41
Prima ondata di #partenze. Trilly Valley... partenza certa, rientro NN. Questa mattina, al centro commerciale, un paio di voi hanno re- postato una serie di domande da porre alla Maga Carmelina. Costo allo scatto +2euro+IVA.
Come mai le ho tolto tutto, la casa, la scopa, l'asse da stiro, la seduta al San Carlo, Azzurro e??? Volevo sapere: come si fa a stare con il mio fidanzato quasi marito l'amore della mia vita everfor?
Maga Carmelina dice #forever.
2. Come fare se io sto con lei e lei sta con me e io sto con lei e lei sta con me e io vado ancora in giro scapolone?
Maga Carmelina dice #scarpone.
3. La ricerca non dà nessun risultato.
Maga Carmelina dice #capovaticano.
Fatto è Trilly Valley ha registrato un cospicuo numero di arrivi. Mai rinunciare ai piaceri di una vita.
Ha un fidanzato adesso lo sapevi? #LADIVINACOMMEDIA
A parte questo senso di peccato che vi portate addosso da mesi per il solo fatto di aver mostrato a quel cretino che vi da ancora a campare chi siete la notte quando nessuno vi guarda, appunto, #SI.
Bisognerebbe costruirla la scuola #forever, Trilly Valley at.
Eppure si lavora una vita intera per cercare almeno lontanamente di poter avere o almeno avere un possesso senza una possessione di una qualche misura di liquido verde... INVIDIAMI!
Fatto del giorno: abitino no vestitino no, come dire... blue royal dress minimal #mercatino #2,99euri senza INVIDIA.
Nella tua lingua, l'aggettivo precede o segue il sostantivo a cui si riferisce?
Amica cara, STIAMO MALEEEEEEEE.
Ogni qual volta si parla di... love voi mandate in tilt il sistema sociale. Come fare? Parliamoci [email protected] come fare a dire a babbo mio che sto sempre a casa da sola e ho trovato il fidanzato. Bella ❓ Sei bianca come la neve, non ti farebbe male sole, mare e salsedine sulla pelle... i vecchi antichi dicevano che il mare asciuga le spalle e toglie le malattie dei polmoni. Fatto è che bla bla bla, posta di quà, scrivi di là se un rapporto non viene alimentato dal focolaio di Vesta non fa auto-goal. Maschietti ma guardatele queste belle fatine innamorate di voi PERDUTAMENTE, fatele regali, portatele fuori a cena del lume di una candela del candle day 1 luglio, una passeggiata in riva al mare. Fatine... l'occhio vuole la sua parte #sempre. Scorfanelle? Al mercato del pesce si va per acquistare non regalare. Lui lavora e lei si #valorizza. La vostra beneamata estate è INIZIATA! Basta parlare di scuola, scuola, scuola, lavoro, maestre, scuola, maestre, scuola... Siamo in vacanza... AMORE MIO.
La vita si vive godendo dei piaceri che sa regalarti giorno dopo giorno...
L'AMORE è anche questo, che fatica la BELLEZZA.
Sabato/ Domenica di arrivi, sistemazione della stanza/casa, cena e riposo per una lunga coda in #autostrada.
Stasera FINALMENTE no-orario mamma, è estate!
L'AMORE è anche questo, tu che stai con lei e lei che... guarda il MARE.
AMORE, proprio tu che mi fai soffrire così... come se fossi stata tua MAI. Quando il mare ti chiama, Clementina risponde #interferenza. Non è il mare... solo un'ISOLA. E se poi durante la traversata, la tempesta in mare e poi... le provviste, il sole che brucia la pelle fino a renderla cenere...
Fa soffrire, LEI.
Maga Carmelina consiglia e prevede... circondati di COSE.
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5 giugno
Colazione : actimel + caffè
Ho ripreso a lavorare finalmente - Marco ha detto vicino al cretino di pappagallo che sono "pericolosa" .... bene.
Pausa : caffè + barretta ai frutti di bosco + banana + succo all'ananas
Ho discusso con brunello, sono andata a prendere il caffè con un altro e c'è rimasto male. Sti cavoli, lui non è davvero mio amico. È meglio che lo allontani e basta.
Marco è passato dopo la sua pausa pranzo... non mi ha detto niente di che ... il mio cuore batteva ... odio sentirmi cos��.
Pranzo : fiocchi di latte (2 chiucchiai) + tonno e fetta di pane ai cereali
Caffè
Cena : tenerone con spinaci e pomodoro
Esercizi + corda
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EL CALVARIO DE MARÍA
Después de concluir una amena y deliciosa cena, María recogió todo el embrollo disgregado sobre la mesa, que no era poco. De manera que lo hizo entre suspiros, yendo de aquí y allá, quejándose para si. Murmurando sola.
Desplazarse tantas, y repetitivas veces entre la mesada al fregadero, le pareció tedioso y exhaustivo.
Como si lo anterior dicho no fuese suficiente. Apareció en escena, Bruno, su querido cónyuge, quien sin querer, agregó el gramo que faltaba para desplomar la sobrecargada paciencia de su mujer.
La erupción de María fue inmediata, peor que en el Vesubio cuando asoló Pompeya. Ni las melosas disculpas fueron suficientes para apaciguar aquel caldero, y ella escupió maldiciones:
—¿Porqué no te pones a lavar estos miles de trastes, tú, eh? —miró feo. Él se espantó por su aterradora transmutación.
—¡Oye, serénate mujer, solo quise ayudar y te traje un vasito que estaba extraviado en la sala nada más!
—¡Pues poco ayudas añadiendo más lastre a mi martirio! —Maria se palpó la frente y miró arriba buscando ayuda espiritual de la Virgen.
Bruno se retiró con el rabo entre las piernas, y ella empezó a arrojar los cubiertos a la pileta, como dardos, en evidente estado de nerviosismo.
Cuando la tensión aminoró, fregó y enjuagó las cosas, aunque notó que la temperatura del agua iba decreciendo rápidamente hasta el punto que sus manos las sintió irritadas y tiesas.
Cerró el grifo y llamó a los gritos a Bruno, aunque él no respondió a su clamor.
—¿Dónde se habrá metido ese vago?
En escena apareció su hija Verónica y se sorprendió al ver a su madre, cuyo rostro tocaba el suelo.
—¿Qué ocurrió que te veo súper mal?
—¿Dónde está el bueno para nada de tu padre?
—¡Ahh, ya entiendo porque estás así! Fue a la casa de Juan a ver el partido.
—¡Ese cretino, ya verá cuando vuelva!
Verónica se retiró al notarla malhumorada, y de nuevo María quedó sola.
Se puso a ordenar lo que ya había lavado y se agachó para buscar un trapo en la cajonera. Mientras estaba en esa faena, oyó algo corriendo de un extremo de la cocina a la otra. Imaginó lo peor, tal vez un ratón, pues ella sentía aversión por los roedores.
Rápidamente enderezó su espalda, y corrió a una de las sillas, subiendo de un tirón, para ponerse a salvo de cualquier amenaza animal. Miró al suelo, de derecha a izquierda, aunque no percibió nada extraño. Entonces bajó de su resguardo, algo temerosa. Aún así decidió terminar con los trastes, pues miró al reloj en la pared, cuyas manecillas estaban clavadas a las diez y media. Ya era tarde, puesto que al día siguiente debería levantarse muy temprano.
Estando parada frente al fregadero y continuando con lo que aún quedaba por hacer, vio a través de la ventana las ramas del árbol de arce meciendo los brazos al compás del viento, en tanto las estrellas titilaban vivaces en el monótono-cielo oscuro.
Quedó embelesada momentáneamente con el espectáculo, hasta que un tenedor la hizo bajar de las nubes con un piquete.
Ni acabó ese asunto, cuando de casualidad sus ojos bajaron cerca de sus pies. Ahí contempló algo insólito caminando a sus anchas. Era una cosa grotesca, del tamaño de un balón de rugby. Su pelaje era oscuro, de aspecto pegajoso, y desagradable. Sus cuatro patas eran largas y oscuras, como el carbón. Extrañamente no se veía cola alguna, pues todo animal la posee.
Su hocico se asemejaba al de las ratas, con bigotes y unos colmillos sobresalientes. Los ojos eran saltones, rojos color fuego, que la perturbaron tanto, que dio un salto al aire, volando a la silla, y la criatura enfocó su atención en ella, mirándola con hostilidad. E irguió su pequeño cuerpo, emitiendo un chillido agudo, semejante al metal rozando la chapa. Eso bastó para que María lanzara un estruendoso grito al aire, tanto que la criatura se puso en guardia, erizando sus pelos a la defensiva, e intentó subir hasta la mujer.
A pesar del escándalo, ella se percató que nadie vino en su auxilio, la casa se tornó cómplice, guardando silencio. Solo se oía el tenue gorgoteo de la nevera y aquella bestia comenzó a jadear, abriendo su hocico que exponía las decenas de agudos colmillos, muy babosos.
El temple de María se desplomó en doña lágrimas. Y cuando una mujer se atiborra en histeria, se vuelve capaz hasta de vencer al propio Zeus.
Así es que ella brincó de la silla ante la atónita mirada de la engorrosa criatura, que intentó saltar para alcanzarla. No obstante la inteligencia de ella era superior, e intuitivamente empuñó el cuchillo de carne que quedó a un lado del fregadero.
Con sus manos llenas de sangre, María no podía creer de lo que fue capaz de hacer por sí misma.
Después de aquel calvario, su cuerpo temblaba de rabia, no por la criatura, sino por Bruno y Verónica.
Dejó todo limpio en la cocina y cuando se disponía ir al dormitorio, oyó el chasquido de la puerta de la entrada principal. Era Bruno que volvió, apestando a alcohol:
—¡No me dirijas la palabra!
—¡Aayy, que mal genio tienes!
—¡Estoy muerta, ya ni tengo ánimos para discutir, déjame dormir!
Al día siguiente ella despertó temprano, como de costumbre a hacer los quehaceres de la casa, y se la veía extrañamente risueña, como si no hubiera ocurrido nada la noche anterior.
Bruno y Verónica se levantaron a la hora del almuerzo, y María había preparado estofado de carne, cuyo delicioso aroma deleitó a ambos, pues era el plato preferido de la familia.
Se sentaron a la mesa y no pasó desapercibido el lúcido semblante de María, y se miraron extrañados.
En fin, ya dispuestos a comer, Bruno cortó el pedazo de carne, estaba un poco dura y la metió a la boca. La masticó como un perro hambriento:
—¡Uhmmm, que delicia de carne, la notó diferente a la de siempre!
—¡Lo preparé especialmente para ustedes, mis amores!
Ella sonrió de oreja a oreja, e inquietó con singularidad a los dos.
Fin
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E ci penso troppo,
Confuso e sconvolto
Ti ho irritata di nuovo
Con il mio umore storto
Lo sguardo non sembra il nostro
Nella felice bolla
In cui a volte ci chiudiamo
Per non sentire il freddo
Più tardi ti chiamerò
Così mi racconti il mondo
E i sogni sul divenire di cui non mi parli mai
Aspetta solo un secondo
O forse almeno un'ora
Che così mi riprendo
Mi riprendo dai guai
-
Tu ti riprendi da noi...
-
Che poi chi se ne frega
Non ho mangiato a cena
Tanto la guerra la conosco già
E alle sette di mattina
Mi chiudo dentro la testa
E il frigo ricorda un bar
Sono invecchiato troppo presto
Sembro un idiota quando parlo, se sto parlando con te
E se poi non vieni a letto
Mi faccio almeno trecento, anzi tremila domande
Perché in fondo me ne frega...
-
Se troverai in un sorriso
Quello che non ti ho mai dato
Ti prego non desistere, comincia da capo
Io alla fine me la caverò
Basta stappare un altro vino
O scendere giù al mercato
E chiamerò qualche amico
Per dirgli che alla fine aveva ragione lui
Che sono io che ho sbagliato
A lavarmi ancora le mani prima di un pugno al muro
E lui mi dirà di nuovo
Che gli sembro un cretino ma mi vede cresciuto
Che sono io che ho sbagliato
-
A fidarmi di te...
-
Che poi chi se ne frega
Rovinare l'atmosfera
È il mio sport preferito da almeno il 2003
E quando arriva la sera
La bottiglia cancella
I ricordi più brutti e anche i più belli di te
Sono invecchiato troppo presto
E non ho ancora trovato un lavoro
Perdo sempre troppo tempo
A fumare rasentando il suolo
E non so ancora il perché
-
Perché alla fine mi frega...
Perché la vita ti frega...
Perché alla fine mi frega...
Perché ho bisogno di te...
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Querida Avellana Jun/21
No sé si volvamos a vernos…, oye no hagas eso, sé que estás diciendo “¡no seas dramática!”, pero si estando en la misma ciudad no te veía ahora menos.
En verdad siento haberte lastimado, haber roto mi propio corazón intentando conquistarte y creyendo que si me esforzaba y mejoraba un poco algún día podría logarlo, por no haber aceptado y renunciado a ello desde tu primer no, pero a pesar del rechazo seguías aquí y aun no entiendo ¿por qué?
La verdad es que siempre me ha preocupado que haya algo mal conmigo, enserio, tal vez no sea buena en ninguna forma y por eso no le agrado mucho a la gente, me asusta tanto cuando me encariño con alguien, cuando esa persona se acerca mucho a mí, porque al final todos siempre me abandonan, me olvidan y me ignoran, siempre me quedo completamente sola en el silencio, todo el tiempo me siento como fantasma a quien nadie ve ni escucha, eso duele mucho. Además de ser un bicho raro, inadaptada, soy intensa, dramática, amargada y pesimista (adorable combinación)
La verdad ya ni siquiera estoy segura de cómo se sentirá que alguien te quiera, lo asocio a que me presten atención, me den regalos, pasen tiempo conmigo sin razón, la verdad no lo sé, la gente que alguna vez ha sido amable o gentil conmigo como Mora es por un conveniencia, no por afecto, me llevo al psicólogo porque estando mal yo no podía administrar sus negocios, y ella no quería hacerlo, estaba en un momento crucial y no había tiempo para buscar a alguien más, cuando todo se calmó me dijo si quieres ya puedes renunciar, y lo hice; aun ahora me tiene cerca por si necesita de mi y nada más.
Hasta mi propia madre me ha dejado muchas veces en especial cuando sale con alguien ellos son prioridad, e intento regalar varias veces desde que nací, se la vive diciéndome todo lo que hago mal, el fracaso que soy, que por ser como soy es que no tengo amigos y nadie nunca me va a querer, en mi adolescencia muchas veces se olvidaba de mí, que a veces me quedaba afuera en el jardín de la casa, igual que mis tíos, para ellos yo solo fui su caridad para presumir con sus amistades, ni a mis primos tampoco les importaba cada que venían de vacaciones se iban a pasear sin mí, cada navidad yo era la única encerrada en un cuarto sin cena y sin regalos, nadie se acordaba de mí al menos que necesitaran burlarse de mi, mis amigos de la escuela igual solo cuando necesitaban dibujos, la tarea o algún favor me buscaban, siempre soy la última opción de todos, “él ya que” hasta la fecha casi nadie me invita a fiestas o eventos. Por eso siempre hago todo sola desde niña, voy sola al cine, viajo sola, voy a comer sola. (vaya que triste mi vida, pásame un pañuelo para llorar)
Tanta soledad pesa y mucho, por eso no le veo sentido a vivir más así, no es que no haya cosas que me hagan feliz, me encanta dibujar, nadar, comer helado, escuchar música, leer e ir al cine, pero justo cuando me planteaba si valía la pena seguir aquí apareciste, estabas a mi lado derecho en el cruce de aquella avenida, y aun cuando te había visto antes y había caminado tres calles detrás de ti, no fue hasta cuando nos miramos y me sonreíste, esa sonrisa tan cálida y deslumbrante, que por primera vez sentí algo que me sacudió el alma, fue tan raro, de repente el mundo desapareció, todos los sonidos se silenciaron y solo podía verte a ti (eso solo me pasa en la alberca o cuando dibujo), aunque sentí ganas de correr, sentía un miedo irracional, en una fracción de segundo recordé a Pau, como ella fue la primer persona en muchos años que me vio, me escuchaba, me prestaba atención y a veces me hacía sentir que no estaba sola pero que al final solo se divierto con mis sentimientos y me ignoraba hasta que me necesitaba, por eso quise correr creo fue el temor de que me podrías romper el corazón, pero no podía moverme, era muy raro, no quería dejar de verte sonreír.
De verdad desde ese momento te amé con todo mi corazón y aun cuando crees que no es posible porque ni siquiera te conocía, bueno si hay gente que puede odiarte sin ningún motivo, también puedes amar a alguien sin razón.
El día que supe tu nombre también descubrimos la increíble coincidencia de que cumplimos años el mismo día, no olvido que fue mientras hacían la lista de asistencia, estaba sentada detrás de ti, al escucharme decirlo te giraste tan rápido en la silla que pensé te caerías y cuando me di cuenta sujetabas mis manos entre las tuyas, sonreías tan emocionada, me dijiste “yo también cumplo años ese día, tenemos que hacer algo juntas para festejarlo”, iluminabas toda la habitación, (no tienes idea de cuanto había deseado tener a alguien con quien festejar mi cumpleaños la mayoría lo paso sola, resulta un día como cualquiera incluso llegue a odiarlo).
En ese simple gesto vi todo lo que hay en ti, tu escancia; vi amabilidad, tu ternura, tu inteligencia, tu espontaneidad, tu corazón inocente y puro, cuando te comencé a tratar vi tu madures, tu forma de ver el mundo, tu inseguridad, tu timidez, tu indecisión la fluidez con que desarrollas un tema, tus pensamientos, conocerte, a familia, tu infancia, tus buenos modales, que cada que escuchas una canción que te gusta la cantas sin importar dónde estés ,y sin darme cuenta me enamore perdidamente de ti. Amarte ha sido la cosa más fácil que he hecho en mi vida; la verdad es que las cosas que mas amo de ti son tu sonrisa, tu voz, wow podría escucharte todo el día, me encanta ese gesto que haces cuando estas cansada o triste, te ves tan adorable que me cuesta mucho no abrazarte y besarte, tus orejas son tan sexys, lo se es raro pero me encantan, y amo la forma en que a veces dudas de las cosas, esos pequeños momentos de inseguridad, incluso cuando me regañas me muero de ternura.
A veces creo que si no fuera tan insegura las cosas habrían sido diferentes, tal vez no, porque hay tantos tipos detrás de ti y lo entiendo, eres genial, en ese entonces los había, además de tener el género correcto, de ser 15 años más jóvenes, tenían más cosas que ofrecerte, yo era y sigo siendo un caos y muy complicada, me hace cuestionarme ¿Quién podría amarme?
Hay tantas cosas que nunca te dije, como la razón por la cual me hice amiga de Alan y Rodro, no me caían mal solo que fue estrategia de guerra, “ten a tus amigos cerca y a tus enemigos aún más cerca”, eran la competencia directa, los tres queríamos conquistarte, y como te llevabas más con ellos, jugué mis piezas, lamento también espantarte a todos los demás tipos del call center, incluso Gonzalo nunca se te acerco o te hablo porque el inmediatamente se dio cuenta de mis intenciones, un día cuando te di un chocolate se me acerco, me dio una palmada en el brazo, luego te miro y sonrió, en ese momento no lo entendí. Y la pelea en el bar no fue por mala copa sino que fue por ti, estábamos muy borrachos es verdad, pero no tanto como para no saber que decíamos y ese niño idiota dijo algo muy irrespetuoso sobre ti que no pude soportarlo y antes de darme cuenta le había dado un puñetazo, luego el ego de machos se nos subió junto con el alcohol y terminamos a golpes, yo gane obviamente, pero me temo que no fue la única, ni la última vez, con ambos cada que hacían esos comentarios terminaba tratando de romperles la cara, enserio me enojaba como podían agradarte esos imbéciles, ellos enserio no te conocían ni les interesaba hacerlo, solo querían llevarte a la cama, fue cuando pensé que debería intentar lanzarme, yo si merecía esa oportunidad, yo si te quería de verdad, para todo y por las buenas.
No tienes idea de cuánto me dolió nuestro primer festejo de cumpleaños cuando me dijiste que te gustaba Rodro y lo querías allí, más que nada porque el muy cretino se hizo de rogar porque sabía perfectamente que sentía por ti y estaba disfrutando de sentir que había ganado, que tenía razón cuando dijo que yo jamás tendría una oportunidad contigo, ese día verte con él me mato, pero me aguante porque quería verte feliz, trate de mantenerme a distancia y dejarte con él, ese fue mi regalo para ti.
Yo no era consiente que te quería hasta esa noche que por un audio te recite la escena del balcón de Romeo y Julieta, estabas triste por haberte encontrado con tu ex y su actitud de mierda contigo, me dijiste que te sentías como una luna sin brillo, unos días después de eso, te diste cuenta mientras hablamos por mensajes y creíste que estaba triste, le preguntaste a José sobre eso, yo estaba en un ataque de pánico, como se me podría haber ocurrido, como había permitido que eso pasara, no otra vez, ya había sido suficiente con Pau, me tomo 6 años superarlo, no quería terminar con el corazón roto y la sensación de haber hecho el ridículo, contigo me sentía como adolescente de secundaria toda nerviosa, torpe y sin saber qué hacer, dios porque no pase por eso a los 17 como todo el mundo, hubiera sido menos vergonzoso.
Algunas veces eras tan madura y centrada que por eso me tomaba tan enserio tus palabras y consejos, quería mejorar, crecer y madurar, convertirme en esa persona que creí que debería ser a mi edad, esa persona que pudieras admirar y querer, quería tener algo que ofrecer, sentir que te merecía, pero cada que lo intentaba solo lo hacía mal, como con lo del choque. Incluso contigo, cada cosa que trato de decirte algo lindo lo digo tan mal que terminas enojada o triste, te lastimo y lo arruino, por eso cuando me contagie y enferme de este virus tan de moda, que contagie a mi mamá me puse tan intensa y dramática pues si tú también te hubieras contagiado, si algo te pasara por mi culpa e insistencia, jamás me lo podría perdonar, ya mate a mi perrito que era mi único amigo por quererlo tanto, cuando salía con Pau se rompió un dedo del pie en mi cumpleaños y en navidad se intoxico tanto que no podía ni levantarse de la cama por días, dice que no tiene que ver conmigo pero yo siento que sí, incluso a conejito, si al peluche, también lo lastime un día enferma se me cayó y se quemó un poco, siento que entre más quiero a alguien algo malo le pasa, por eso a veces me distancio o intento distanciarme de ti, es mi estúpida manera de protegerte de mí.
Y sin embargo tengo tan lindos recuerdos contigo, mis mejores recuerdos de la vida son contigo, yo creía que lo más cercano a una novia que había tenido era Pau, por todo lo chido que había tenido con ella, pero la verdad es que no tenía ni idea de que hay muchas cosas más, contigo he vivido y hecho cosas increíble que nunca había imaginado hacer, como una que amo y cada que escucho esa canción me erizo, un día fui a visitarte al cine pero no coincidimos y te mande un mensaje de que iría al walmart y que tal vez luego pasaría a verte, me llamaste por teléfono para decirme de un trabajo en un hotel y que querías que enviara mis papeles también, en eso cuando pasaba por el área de frutas y comida había una bocina donde sonaba a todo volumen la canción de "procura", de repente dejaste de hablar y comenzaste a cantar, wow se me encogió el estomago porque literalmente me estabas cantando al oído, es lo mas cerca que he estado de que alguien me dedique una canción además al final te reíste casi sentí que podía verte; contigo subí a un barco por primera vez y en ese viaje también comí guayas por primera vez, tal vez no lo recuerdes pero me las diste de comer en la boca, en verdad, para ti era una travesura que estabas disfrutando tanto que no dejabas de reírte, hasta que me viste seria, pensaste que me había molestado por eso, pero la realidad es que no te diste cuanta de cómo nos veía la gente, tenía rato que los había visto pero no lo entendía hasta que en la última cucharada que me diste la pareja del otro lado del camión se persigno al vernos, y lo supe, no eran los únicos otras personas nos veían de forma tan desagradable que me preocupe, estábamos al final del camión, si al bajar decían algo o incluso intentaban lastimarte, mi instinto protector se activó y fue cuando me puse seria, tenía que protegerte, cuidarte, no era lo que hacías ni tu risa, era mi cara de idiota, era tan evidente lo que sentía por ti que todo mundo se dio cuenta no iba a permitir que por mis sentimientos te lastimaran y ojala esa fuera la única vez que la gente nos vio con desagrado. Por eso siempre que estamos en público a veces sientes que tengo miedo o soy algo distante, por eso aunque me muero por tomar tu mano, no lo hago ni me acerco demasiado a ti, aunque una vez si tome tu mano. ¿Recuerdas cuando fuimos en junio al parque de las Américas y comimos unos tostilocos? Ese día cuando caminábamos al mini súper frente al parque tome tu mano justo al llegar a la esquina, te burlaste y me dijiste "¿me tomas de la mano para cruzar la calle como si fuera una niña pequeña?", en ese momento te solté y no supe que decirte, tanto tu comentario como mi acción me dejaron sin palabras, la verdad tome tu mano porque quería hacerlo, sentirte, cuidarte, porque te quiero y nada más, y lo hice sin darme cuenta, fue como un reflejo. Creo que el día que mas me ha costado no tocarte ni acercarme es cuando fuimos al cine un día antes de año nuevo y traías ese vestido gris con líneas blancas, con ese sexy escote de espalda, wow te veías tan hermosa y sexy, sude frio todo el día, para poder controlarme me la pasaba viendo mi celular, jugando y mandando memes, tenia miedo de que si me acercaba me iba a propasar contigo, me moría de ganas... bueno el momento mas difícil fue cuando estábamos en el camión y apagaron la luz, que idiota pude robarte un beso y no me atreví, pero tal vez fue mejor así.
También algo más que me dijiste el día del parque, sé que aún lo recuerdas pues me lo has echado en cara un par de veces y necesito explicarte el porqué de eso, pues no es como tú crees; veras en esas fechas querías que nos fuéramos a Europa o a otro país por dos años, me sorprendió que me pidieras que fuera contigo, aun o se porque me elegiste a mí, y sin pensarlo te dije que sí, enserio empecé a planearlo, a preparar todo para no dejar nada pendiente, y también me dijiste que ibas a tener una semana de vacaciones en agosto y querías ver si podrías pasarla trabajando, y surgió la posibilidad de estar en mi oficina, la verdad yo también lo quería, amo estar contigo, pero supe que no sería la mejor idea, ella ya sabía que me gustabas aunque yo no le había hablado de ti, pero tenía una foto nuestra como protector de pantalla en la pc, y la había visto y bueno la verdad es que si aún me gusta pero más que nada porque llena mis necesidades afectivas, admito que también llegó a confundirme un poco mientras trabaje con ella porque un día no sé cómo ni porque el coqueteo que tuvimos hace años se dio de nuevo, no sé si fue nostalgia de ambas, pero creo ella tenía dudas sobre su relación y si debía casarse, además de que quería que le dijera que me gustaba con todas sus letras y de frente para satisfacer su ego, pero en esos meses que paso, inconscientemente la llame por tu nombre una par de veces, una en nuestra fiesta de navidad después de un par de tequilas, no se creó que pensaba en ti, en que seguro te gustaría ese restaurante y en otra ocasión estaba durmiendo la siesta en la oficina y ella me hacía piojito, cuando intento despertarme porque estaba roncando, lo volví hacer, creo que soñaba contigo no recuerdo, la verdad ninguna de las dos la recuerdo muy bien pero ella se encargó de echármelo en cara muchas veces por eso lo sé; así que yo era consciente de que no le agradas, ella sabia que antes había salido con alguien y que no fue importante, pero contigo sabia que era diferente aun cuando yo no le dijera nada, meses después me dijo "No se porque te esfuerzas tanto por esa niña, conmigo nunca hiciste nada de eso" (en referencia a la jirafa de peluche). En resumen esa es la verdadera razón de que no pudieras trabajar en mi oficina, si le pregunte pero no le insistí más cuando me dijo que no o me hubiera quedado sin trabajo.
Ese coqueteo yo lo pare, le pedí dejarlo y que por favor no me hiciera ningún tipo de cariñitos cuando tu y yo empezamos hablar de nuevo y me tomo enserio hasta que vio que iba al Gym contigo, sabe que lo odio, pero también sabe que si me comprometía tanto era por algo, pero entonces cometí el enorme error de ser honesta con ella y hablarle abiertamente sobre ti, sobre mis sentimientos e intenciones y hasta le pedí consejo, en ese momento parecía una buena idea pues estuvo en tus zapatos, me conoce bien y creía que me diría algo que me ayudara, pero me lleno de inseguridades y por eso la cague, la escuche y deje que todo eso se quedara en mi cabeza, te dije otra vez que sentía y te presione a una respuesta, y después dejaste de ir al gym, y te alejaste un poco, yo tenía tanto miedo de que fueras, de que me odiaras, de que te enamoraras de alguien más, de ver como elegían a alguien más, me hace sentir que tal vez yo nunca encuentre a alguien... que yo que tanto deseo una familia, alguien con quien compartir todo, alguien que enserio me quiera y me haga sentir querida de verdad, que va a estar siempre, lo único que logro es arruinarlo y alejar a la gente.
La razón por la que deje de ver tus publicaciones, bueno se debe a que cada tipo con el que subes una foto o cada tipo al que presumes en tus redes, lo odio con todas mis fuerzas, por que desearía ser él, porque él si puede aspirar a estar contigo y yo no, porque con él sonríes como yo no puedo hacerte sonreír, aunque en verdad quiero que seas feliz, me mata verte con alguien más, enserio me duele porque aun no logro hacerme a la idea y odio sentirme así, por eso como los niños que se tapan los ojos, si no lo veo no existe, si no existe no duele, pero también es malo porque me daba esperanza y seguía esforzándome por intentar un día ser ese alguien, porque un día tal vez me ganaría esa oportunidad.
La verdad es que aunque muchas veces quise rendirme, me auto terapeaba y trataba de convencerme de que eso era imposible que tus actitudes me decían que no querías nada conmigo, no podía desistir, no se rendirme, soy muy perseverante y terca, para mi tu valías la pena y todo ese esfuerzo, y la verdad merezco algunos puntos, use toda mi artillería, pude haberte comprado regalos caros, ramos de flores y cosas de esas para impresionarte, tengo el dinero para eso y una tarjeta american exprés para todo lo demás (suggar a tus ordenes), pero preferí hacerte cada regalo, las flores de papel, pintar las letras de tu nombre, coser a mano la jirafa de peluche, dibujarte un separador, hacerte una larguísima, cursi y empalagosa playlist de música, videos cursis y melancólicos, te lleve a todos mis lugares favoritos y significativos como la fuente del parque de las américas, solía ir allí con mis abuelos cuando vinimos de vacaciones aquí, mi restaurante favorito, por la música en vivo romántica y las obras de arte con la iluminación de las estrellas, a mi sala de cine favorita, pero el mejor lugar fue aquel lago artificial con el puente, porque desde que lo vi pensé en ti, lo compartí solo contigo y cada que voy se que ese lugar es nuestro. Oye aun después de que me botaste en febrero del año pasado y me rompiste totalmente el corazón en mayo, a mi manera trate de recordarte que yo seguí allí, realmente nunca me rendi, a mi manera trate de estar presente, con la pandemia te mande un regalo y cuando volviste de alguna manera, aunque estabas lejos viaje para verte y estar contigo, no me importo que pase mas horas en el autobús que contigo, porque no es el tiempo ni la distancia, sino estar contigo. Así como a ti te caga mi intensidad a mi me hiere tu indiferencia, ahora te siento mas fría y seca conmigo, cortante y distante, a veces siento que ya no me quieres en tu vida de ninguna forma, ya no se si acercarme, me siento un poco frustrada, no se que decir o como actuar, si es por que lo arruine o solo estas en tus procesos.
Yo puse todas mis esperanzas en ti y esperaba tanto de ti, lo siento en verdad, porque son mis expectativas idealistas y no tenían por qué afectarte, además a veces creo que cuando me hablas escucho a mi abuelita, tienes algunas actitudes que me la recuerdan, ella era la única persona de quien en verdad creo haber recibido cariño sincero solo por ser yo, la única que me escuchaba, se interesaba en mí y en mis cosas, que siempre quería jugar conmigo, que cuando me enfermaba me cantaba, me contaba historias y me cuidaba, dibujaba conmigo y guardo todos los dibujos que le regale desde que estaba en el kinder, los vi cuando falleció y tuvimos que organizar sus cosas.
Lo único que yo quería contigo es conocerte y que me conocieras, que si había algún afecto mas que de amistad dejarlo fluir, estar para ti y que tu estuvieras para mi, poder confiarte todo y que tu confiaras en mi, compartirnos todo, apoyarnos, divertirnos, hacer cosas juntas, descubrir y recorrer el mundo contigo, crecer juntas, ser tu amiga, tu novia, tu compañera, aprender amarte, y formar una familia contigo, con perritos, peces, peques, todo lo que nos hiciera sentir plenas y felices.
La relación con mi madre era muy fría y distante la mayoría del tiempo, cuando era niña creía que no me quería porque nunca estaba, al final es la única familia que tengo y lo único constante en mi vida, sin ella en verdad me quedare totalmente sola, nadie más estará ni se preocupara por mí, se que a ella le preocupa hace años que intenta emparejarme con alguien y cuando le dije que soy gay desistió, teme dejarme sola, y la verdad es como si yo también dejara de existir, pues si nadie más me ve ni se preocupa por mí, será como si no existiera, por eso le tengo tanto miedo a ese día, sería como los olvidados en la película de Coco, sin nadie que me recuerde solo voy a desaparecer sin dejar rastro como si nunca hubiera existido, bueno eso siento y me asusta mucho.
Realmente lo único que quiero decirte es que siento haberte lastimado mas de lo que te pude hacer feliz, que en verdad me siento muy agradecida y feliz por haberte conocido, por todo el tiempo que pude estar contigo, tú me inspiraste de muchas formas, gracias a ti logre hacer todo lo que había pospuesto por años, me atreví a intentar aquello que temía o no me creía capaz de hacer, incluso me dieron ganas de vivir pues contigo me sentía tan viva como nunca antes y aunque suene cursi y loco contigo tuve mi momento romántico de película, algo tipo a "10 cosas que odio de ti" una de mis películas favoritas.
Por cierto dibujo retratos tuyos porque te extraño y me muero de ganas de salir corriendo a buscarte y darte un abrazo pero no puedo, eliji la foto que te mande y que me dijiste que no te gusto, porque en esa como en las otras fotos que use, eres simplemente tú, tan adorable y tierna, por lo menos así te ven mis ojos y si soy sincera mi foto favorita de ti es una que me enviaste en diciembre cuando estabas casi despertando en pijama medio despeinada sin nada de maquillaje; sabes tú eras mi única razón para levantarme de la cama tan feliz, incluso de tomar ese curso sobre la felicidad en la india, quería sentirme feliz siempre para compartir esa felicidad contigo, y me hiciste retomar la terapia cuando sentía que no me servía de nada, en pocas palabras tu eres lo mejor que podría pasarme en la vida.
Debes saber la verdadera razón del libro y de mis cartas que nunca te di, yo quería dejar plasmado en algún lugar mis sentimientos por ti pues siento que es lo único puro y bueno en mí, quería que ese sentimiento fuera eterno de alguna manera, si no podía estar contigo en esta vida, por lo menos una parte de mí y de ti si lo estén en papel, por eso estas en mi libro, allí trate de decir cuánto te quiero, que me he esforzado en la medida que he podido con cada una de esas ocurrencias que te he obsequiado, y que justo esa mascada fue el regalo que más me costó elegir, pues no tenía idea de cuál te gustaría más, pase meses buscándola, sin embargo elegí esa por una razón muy especial, la primera vez que saliste a solas conmigo fue un 12 de julio, fuimos al cine a ver hotel Transilvania 3, era martes y había llovido en la tarde, yo te esperaba en la entrada del cine y cuando te vi llegar me quede sin palabras, estabas hermosa con un conjunto como tipo overol de un short y blusa sin mangas negro con flores pequeñitas de colores pastel, unas sandalias y tu cabello recogido, cuando vi la mascada me acorde de ese día y de tu ropa, para mi ese día fue muy especial, algo así como una primera cita, por eso no dude en comprarla y regalártela. Esa es la razón de que ese suceso sea el tema de la historia del libro, porque allí encriptado entre líneas está plasmado cada uno de mis momentos más bonitos contigo y son los que me gusta recordar y los que vale la pena que vivan más que yo, ese es mi legado de amor, lo mejor de mi historia y de mi vida, la razón por la que espero me recuerden.
No te sientas mal por mi, estoy bien a mi manera, disfruto mucho de dar clases tengo 5 alumnas de 5 a 7 años, es lindo poder dibujar y platicar con ellas, hace que la vida parezca mas simple, aunque también es gracioso a veces es difícil saber quien es la alumna y quien la maestra, sin duda soy una niña pequeña; también sigo dibujando las ilustraciones de mi libro y trascribiendo las cartas para formar esa novela romántica aunque aun no se si me atreva a cambiar el final, sigo dibujando retratos tuyos y jirafas cuando te extraño, y viendo caricaturas mientras como helado o chocolates.
Espero que estés bien y mas tranquila, que pase lo que pase no te rindas ni tires la toalla enserio creo en ti y en que lograras tus metas, rezo para que Dios te cuide y proteja siempre, no pierdas nunca esa sonrisa tan linda que se robó mi corazón.
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“ Chi ha un minimo di esperienza mondana sa che il settanta per cento delle energie, in qualsiasi azienda, va speso non già per produrre, ma per impedire agli altri di fare qualcosa. È questa la causa fondamentale di tutte le crisi, politiche, industriali, aziendali. Succede dunque anche nelle industrie culturali. Arriva un manoscritto, c’è da decidere se pubblicarlo, viene persino letto, e subito salta fuori qualche sciocco a dare parere affermativo, a dire che è bello, che venderà. La parola fa paura: se fosse poi vero? In tal caso il merito della scoperta andrebbe tutto a quell’incauto che ha parlato per primo. Bisogna impedirglielo a tutti i costi. E infatti nessuno ha mai sentito consensi unanimi su un libro nuovo, specialmente se è buono. Tutti quelli che poi hanno avuto successo di vendita e vinto premi letterari importanti, mentre erano ancora manoscritti, sono stati respinti da almeno tre editori. E questo non perché chi giudica, dentro le case editrici, sia analfabeta e cretino, ma per la ragione che si è detta: le marcature strette. Proprio sul libro buono, dunque, si formano due fazioni contrapposte, agguerrite ed equipollenti: quella degli scopritori, che ne sollecitano la pubblicazione, e quella dei detrattori, che la osteggiano. Le forze sono eguali, diciamo tre contro tre. È il momento buono per intervenire: basta un no perché il vaso trabocchi. Ma è sempre meglio un sì: nel peggiore dei casi avremo conquistato un amico, l’autore. Ero favorevole, gli si dirà per telefono (mai per iscritto), ma gli altri, cosa vuole, non hanno capito l’importanza... Una volta presa la decisione, bisogna sostenerla fino in fondo. Bisogna spostare la marcatura, dalla produzione alla pubblicità, diciamo pure alla promotion. Ora, non si commetta lo sbaglio di credere che la pubblicità di un libro si faccia realmente nella stanzetta che ha sulla porta il cartellino «ufficio stampa». No, la pubblicità vera si fa dopo cena nei salotti giusti, fra un whisky e l’altro, in poltrona, discorrendo straccamente di letteratura con le persone che contano. Gli uffici servono, al massimo, per schedare i ritagli dell’Eco della Stampa, e per mandare le copie in omaggio, di solito inutilmente. Le decisioni vere si pigliano in salotto, possibilmente nel salotto di casa nostra, perché lì noi abbiamo il vantaggio del “fattore campo”. Le marcature sono facili, perché, come si è spiegato nella quarta lezione, gli uomini che contano sono tutti nostri fratelli maggiori. È nostra moglie, in sostanza, che da sola li marca tutti. “
Luciano Bianciardi, Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento, Edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri (collana Eretica), 2008; pp. 84-85.
NOTA: Il libro raccoglie sei ironici articoli pubblicati nel 1967 su sei numeri consecutivi di “ABC”, settimanale culturale milanese anticonformista e anticlericale che aderì a numerose campagne civili (aborto, obiezione di coscienza, libertà sessuale, laicità dello Stato). Significativa fu la sospensione delle pubblicazioni di questo periodico nel 1975 dovuta, secondo Lidia Ravera, al titolo di copertina «Polizia assassina».
#Luciano Bianciardi#Non leggete i libri fateveli raccontare#letteratura italiana del XX secolo#ironia#sarcasmo#letture#letteratura italiana del '900#editoria#lavoro culturale#libri#letteratura degli anni '60#citazioni letterarie#case editrici#narrativa del XX secolo#pubblicazioni#industria culturale#ceto intellettuale italiano#cultura in Italia#invidia#ostilità#potere#inimicizia#amicizia#lotta di potere#concorrenza
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27.Ceniza
Sumario.
Tom saltó a la fama internacional con su personaje de Loki en la película de Marvel, Thor. Ahora, pasada un poco la euforia por la película, es atacado por una enfermedad terrible con la que, en ocasiones, pierde el control sobre sí mismo, nadie sabe qué es, ningún médico puede ayudarlo, y se recluye para no dañar a la gente a su alrededor con esos episodios violentos ocasionados por esta extraña enfermedad. En su desesperación, y después de haber agotado todas las posibilidades médicas, se ve obligado a viajar a otro país, muy diferente al suyo para buscar a la ayuda de una bruja.
Nota de Autor: Los diálogos que están en negrita, son diálogos en inglés.
El playlist en YouTube con las canciones del Fic es http://www.youtube.com/playlist?list=PLe1RQg1PRt4FaYvpCpq6raUbZwtpyLwbz
27. Ceniza
Había sido probablemente los dos días más deprimentesde su vida, estaba feliz de saber que ambos, Tom y Loki, iban a estar bien, pero ver partir a Tom le rompió el corazón, Loki había estado con ella todo el tiempo. Nunca la presionó a nada, aunque los cuervos en la ventana probablemente podrían ser el primer indicio de que la familia real se estaba impacientando, se preguntó por un segundo cuantas mujeres habían tenido la oportunidad de darse su tiempo antes de entregarse a un Dios, “supongo que no muchas” pensó la bruja, y por la forma en que Odín la veía desaprobatoriamente también suponía que no era la única en pensarlo.
No era que estuviera evadiendo la situación pero estaba muy triste por Tom. Ella dejó caer su cabeza en la mesa que tenía enfrente, tenía demasiado tiempo pensado y se estaba cansando, honestamente no se estaba escondiendo de Loki, se estaba escondiendo de todos los demás, de la mirada de desaprobación de Odín, de la de preocupada de Frigga, de la cariñosa de Thor, de la crítica de todos los demás, nunca se había escondido de nadie, y no le gustaba la sensación, suspiró tomando la decisión de hacer lo que tenía que hacer. Dos ligeros golpes sonaron en la puerta, ella supuso que eran los guardias reales que venían por ella para terminar el ritual.
—Pase— dijo ella con un suspiro. Pero para su sorpresa era Loki.— Creo que es la primera vez que te veo tocar una puerta.— dijo la bruja sonriéndole al Dios.
—¿Estas bien? Madre preguntó por ti en la cena.
— Sí, lo siento es que no estaba de humor para ver a nadie.
—Es la partida de Thomas ¿Verdad?
—En parte
—Bueno esa parte la puedo resolver.—dijo con una sonrisa –padre ha decretado que por tu servicio a la casa real, a ti y a Thomas se les ha concedido pasajes reales cuando quieran, ambos pueden usar el Bifröst siempre y cuando no se esté usando y ya sabes que Odín podría…— pero fue interrumpido por ella cuando lo abrazó.
—No puedo creerlo, él puede venir ¿Cuando quiera?
—Y tú puedes regresar, todos quieren que te quede claro que no eres nuestra prisionera, eres nuestra invitada, quiero decir, mi invitada, eres mía y no quiero verte infeliz nunca, también quiero que sepas que no voy a obligarte a nada. Terminaremos cuando estés lista. – Diciendo esto, la soltó— dicho esto me retiro por la noche, si necesitas algo estoy a una puerta de distancia o pídeselo a los guardias. – dijo contento.
—¿Loki?— dijo ella despacio y él sonrió porque la escuchó menos estresada.
—¿Si?
—¿Desde cuándo sabías del privilegio del Bifröst?
Loki se congeló un momento, pero se recuperó en seguida —¿Disculpa?
—¿Desde cuándo sabías del privilegio del Bifröst?— repitió ella más enojada
—¿No entiendo? ¿Qué quieres decir?— Dijo aguantando la sonrisa.
♦
La Reina estaba honestamente preocupada por la conclusión del ritual, no era que no confiara en la humana, aunque no la conocía tan bien, sabía dos cosas, uno que nadie se atrevería a hacer ese viaje sin estar segura de llevarlo a cabo y dos, queella amaba a ambos hombres, pero eso no quería decir que la humana no quisiera tomarse su tiempo y tiempo era algo que no tenía Loki, iba ahora a la habitación destinada a ella, no tenía pensado presionarla, pero un empujoncito no hacía daño. Pero cuando llegó a la habitación se dio cuenta que no era la única que había pensado en ello porque estaban Thor y Odín pegados a la puerta, tuvo que suprimir una sonrisa, porque no parecían muy regios ahí parados uno a lado del otro inclinados tratando de oír.
—Espero que ustedes dos tengan una buena razón para este comportamiento.—ambos Dioses se despegaron rápido y se pararon muy derechos, Odín fue el primero en reaccionar,
— Amada esposa, ¿Qué ocupa la mente de la Reina de Asgard, que la lleva a esta parte del castillo tan tarde? yo quería mantener unas palabras con el Príncipe heredero.— Thor solo asintió muchas veces.
— Y que labor tienen escuchando a través de la puerta de nuestra invitada, la mortal.
—Esto... Estábamos… si ella necesitaba… yo…¿Tu qué haces aquí?— dijo Odín defendiéndose a lo que la Reina trató de ocultar la sonrisa divertida en su comisura izquierda muy parecido a como Loki lo hacía, iba a decir algo pero un ruido fuerte salió de la habitación de la humana.
— ¿Qué fue eso?— Dijo el Rey y Thor se pegó de nuevo a la puerta.
—Parece que están discutiendo.
—¿Qué? –preguntó Frigga,— No deberían estar haciendo eso, ¡No discutiendo!
—¡Oh! Loki— dijo el primer hijo
—¿Qué hizo ahora?— preguntó Odín cansado.
—No le había dicho a Lady Ofelia que ustedes leshabían concedido permiso de viajar a Midgard y de regreso.
—¿Es la razón de la trágica despedida entre los mortales?— preguntó el Rey y su hijo asintió una vez.
—¡Oh! Loki— dijeron los tres mientras escuchaban los gritos y golpes en la habitación,
—Bueno no parece que pase algo hoy así que mejor dejémos que arreglen sus cosas.
—¿No deberíamos ayudar?—Dijo Thor preocupado.
—Loki no le va a hacer nada a la mortal, tú hermano no es tonto.— dijo el Rey, con esto ambos soberanos se retiraron por la noche, pero Thor se quedó, le preocupaba su hermano y la mortal, pero su preocupación no era que se hicieran daño, es cierto Loki, es muchas cosas pero tonto, estaba lejos de serlo y es muy difícil que la mortal pudiera hacerle algo a un Dios. Lo que le preocupaba era la unión de ambos, no entendía cómo iba a funcionar, eran muy parecidos en carácter y por el tiempo que convivió con ambos mortales se dio cuenta que era Göthi el que los unía, el que calmaba los ánimos de la pareja que ahora discutía tras la puerta.
Thor tampoco era un tonto, o un niño, sabía que solo debían encamarse y que para eso no era necesario la convivencia con la doncella, con una experiencia personal ya larga, sabía que solo era sexo, pero las doncellas en Asgard sabían lo que hacían, las vírgenes mortales no lo sabían, para ellas si era importante la relación entre ellas y los Æsir, debían sentirse protegidas para entregarse. Incluso si se consumaba y ella no estaba completamente segura, el ritual no funcionaría, debía ser una entrega total y aunque Loki tampoco era un niño y también tenía experiencia bastante respetable, no tenía mucha experiencia con Midgardianas. Tal vez debería hablar con su hermano pequeño al respecto.
—¡Por la Diosa! ¡Eres un cretino!— gritó la mortal en español.
—Fue una broma. Vamos ¡Thomas lo entendería!
—¡No! Thomas no lo entendería, Thomas te perdonaría, es diferente — dijo ella aventándole los adornos de la habitación. Loki por supuesto los esquivaba aunque no le hubieran hecho daño, no quería hacerla enojar más.— De verdad no puedes controlarte ¿Verdad?
—Bueno, soy el Dios de esto así que…— dijo con una sonrisa adorable.
—No te pongas simpático conmigo, pasé los peores días de mi vida pensando que nunca lo iba a ver.— dijo ella más calmada. Y él dio unos pasos tentativos hacía ella, cuando ella no se movió se acercó más.
—Por favor, sabes que lo único que quiero es que estén bien. Lo lamento.— dijo con media sonrisa y ella volteó los ojos pero le devolvió la sonrisa.
—Bueno supongo que aun así es una buena noticia— dijo ella alejándose de él para caminar hacía su vestidor, sacó de su mochila una caja. Luego levantó el brazo ofreciéndole a Loki la mano, para que se acercara, Loki lo hizo tomándola y ella lo haló mientras caminaba guiándolo, pero se detuvo en seco.
—¿Qué pasa?— pregunto él, pero ella en vez de contestar sonrió,— ¿Qué?
—Tu hermano está en la puerta— dijo ella ampliando la sonrisa.
El Dios frunció el ceño celoso,— ¿Y por qué eso es una buena notica?— dijo mientras se disponía a abrir la puerta.
—No, Loki ¡Tu hermano está en la puerta!— él se detuvo para verla confundido pero de repente comprendió.
—¿Puedes sentirlo?— dijo sonriendo
—Puedo sentirlo, un poco ¡Pero sí! Ahora deshazte de él.
—Con gusto
Abrió la puerta para encontrarse con Thor quien estaba parado muy derecho con una amplia, sincera y un poco pícara sonrisa. En cambio Loki estaba irritado, con una ceja levantada y esperando. En otro momento ambos hermanos se hubieran quedado viendo durante horas, ya que eran igual de testarudos, pero en esta ocasión el menor tenía un poco de prisa.
—¿Qué es lo que quieres, tú gran zoquete?— preguntó el Dios de ojos verdes, pero Thor solo amplió más su sonrisa, obligándolo a casi cerrar sus ojos azules. Pero antes de que Loki pudiera preguntar, este lo acercó hacia él, con su brazo sobre los hombros del menor y le puso la otra mano en el pecho,
—Hermano, es mi responsabilidad como el mayor aconsejarte sobre las maneras para intimar con una doncella.
—¿De qué hablas? Tuve descendencia mucho antes que tú, imbécil, creo que sé hacer esto— dijo el menor un poco avergonzado.
—Pero Loki, es Midgardiana.
—Tu conocimiento sobre los nueve reinos y sus razas nunca cesa de asombrarme hermano.
—Me refiero que tú casi nunca bajaste a Midgard a… — pero Loki lo interrumpió.
—¡No quiero discutirlo contigo Thor!— y el rubio subió las manos, sonriendo.
—Está bien hermanito, solo quiero aconsejarte porque no son como las demás doncellas de los otros reinos, debes ser muy cuidadoso, son criaturas muy frágiles y recuerda Loki que tu Wala es casta, debes tener más cuidado de hacerla sentir protegida, debes seducirla, esto es importante, que ella se sienta atendida, amada. Es la forma entre nosotros los Dioses y las Doncellas de sacrificio Midgardianos, recuerdo una vez que Padre y yo fuimos a este reino, yací con dos doncellas y créeme se puede poner complicado si no les das la atención suficiente a cada… —el Dios menor veía al mayor horrorizado, y apenado.
—Thor—lo interrumpió diciendo entre dientes, bajando la mirada y cerrando los puños.
—¿Si?—Thor vio a su hermano temblar ligeramente de ira, pero lo confundió con algún síntoma— ¿Te sientes mal? ¿Quieres que llame a Madre, o tal vez a Eir?
—¿Recuerdas que pasa si alguien amenaza la seguridad de la corona?
Thor lo vio confundido— Claro que sí hermano, ¿Acaso hay una amenaza cerca?— Dijo cambiando al "modo guerrero" enseguida.
—Estoy a punto de cometer alta traición a Asgard amenazado la vida del heredero a la corona— dijo levantado la cara hacia su hermano, usando esa mirada que aterrorizaba al mismísimo Concejo de la corte de su padre, pero Thor, tardó un segundo en entender, luego con una gran "O" formándose en sus labios, entendió lo vergonzoso para su hermano.
—Estaré en la otra habitación por si me necesitas. – se disculpó y se fue. Loki lo vio irse y respiró aliviado.
Para cuando Loki regresó, avergonzado y molesto, la habitación se había llenado de un aroma extraño
—¿Wala? ¿Qué es esto?— ella estaba vestida de blanco hincada en el piso descalza y rodeada por un circulo de polvo negro. Y estaba dibujando algo en el piso con tiza, y prendiendo algunas velas, llevaba el cabello suelto, le caía por los hombros, había algunas velas en el piso, unas piedras, algunos talismanes y un par de cuencos con un líquido blanco en ellos. Contenían leche y miel, la luz hacía que el cabello de Ofelia destellara en tonos rojos. Ella se enderezó soplando el palito de madera con el que estaba prendiendo las velas, por alguna razón Loki pensó, que esta sencilla acción era de las cosas más eróticas, y al mismo tiempo más inocente, que había visto en los nueve reinos.
—El incienso es sándalo, una madera preciosa de la tierra, la ceniza es de los árboles del bosque de la Diosa, los símbolos para protección y la leche y miel para sellar la unión— dijo levantando de nuevo la mano y él la tomó sentándose con ella en el círculo.
— Sabes que nada de esto, es necesario ¿Verdad?— dijo él viéndola, “¡Por las barbas de Odín, es hermosa!” pensó el Dios orgulloso de la belleza de su mortal.
— Lo sé, pero si voy a hacer esto, lo voy a hacer bien, puedes ayudarme o solo “disfrutar el paseo”—él se rió un poco de eso.
—Me encantaría ayudar mi lady, no todos los días aprendo rituales nuevos.— dijo él, en tono educado y ella sonrió.
Después de terminar con los símbolos, se puso a la tarea de desvestir al Dios, una vez que estaba él en una camisa y un pantalón simple, se hincaron uno frente al otro, ella le pasó uno de los cuencos con leche y tomó el otro para ella, dijo en voz muy baja – en la sabiduría de la anciana, la experiencia de la madre y el permiso de la doncella…— luego le hizo una señal para que lo bebiera, Loki trató de no reírse por el esfuerzo de ella de no tener arcadas de asco.
Luego ella cerró los ojos y comenzó a recitar el ritual que había hecho su madre y su abuela y tantas generaciones atrás, generalmente el hombre no hace nada en ese momento, Loki comenzó a sentir la energía, cerró los ojos también. Los símbolos comenzaron a brillar,el circulo se prendió en pequeñas llamas y del cuerpo de Loki comenzaron a salir chispas verdes y doradas, mientras que el de ella, salían destellos rojos. Cuando ella acabó ambos abrieron los ojos al mismo tiempo, ella tenía los ojos completamente negros y él tenía las pupilas dilatadas, Loki se acercó mientras ella se recostaba.
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“No ma che significa avere una fidanzata psicotica?” Che tu ti presenti con un fiore e lei ti dice, ecco non mi pensi mai. Che le prepari una cena e lei ti dice, non fai mai nulla per me. Che la porti fuori e lei ti dice, non stiamo mai insieme.
Che ti chiama alle tre del pomeriggio mentre lavori e ti chiede come mai non passi mai il tempo con lei, che preferisci stare con QUELLI.
che sbadiglia mentre parli, e ti ignora, e il giorno dopo ti ti dice che non ti interessi a lei
che per avere ragione cerca di farti fermare l’auto proiettandola contro il muro di una galleria a 110 km/h che se non prende 30 sogna che la impiccano e te lo racconta per 10 giorni di fila, e naturalmente è colpa tua. che il gatto è buono e tu sei un coglione che non ha mai detto coglione, e casomai è comunque colpa tua. che se sta male è colpa tua
Che se la chiami non risponde che se non risponde per 20 ore aveva da fare che se sta male è colpa tua che non la chiami mai.
che si butta dal balcone, e che cosa vuoi che sia come sei esagerato non è nulla
che ha le visioni e ma va figurati io non ho le allucinazioni che ha i blocchi ma non è nulla che ha detto così e tu non fai mai come dice che chiaramente non la ami che non ha amici perchè tutti scappano e si sente sola, ed è colpa tua se si sente sola. che fai schifo che c’entrano gli insulti, è colpa tua che ti sta bene te lo sei andata a cercare che non fumo, non sono drogata, ma quindi tu sei drogato, ma io non posso stare con un drogato è inaudito è colpa tua non ti voglio più vedere ma prima devi subire 7 ore di dramma in cui alla fine mi suiciderò sicuramente
che ma perchè non mi hai chiamato quindi. che io non ti ho lasciato casomai sei tu che non mi hai chiamato quando ho detto che non ti volevo vedere più
che ucciderti è un passatempo che se te ne vai ti rovino e dico che è tutta colpa tua che ho visto che hai chiamato la polizia sei un vigliacco un codardo che quella è la polizia, mandala via e vieni qua, codardo che bastardo vecchio cretino, sei un deficiente, ritardato. che come ti permetti di alzare la voce ora. che come mai non mi chiami più tutte le sere. che non è vero che non rispondo quando chiami, io avevo da fare che tu mi eviti ci vediamo solo tre ore ogni giorno, tutti i giorni che è chiaro che non mi ami più
che il fidanzato di (xyz) è meglio di te, lui l’ha accompagnata persino a casa una volta. tu sì figurati.
che ti ho già chiesto scusa per quella cosa delle botte come la fai lunga. che sei un cretino bastardo stronzo stai sempre peggio fai schifo.
che non capisco perchè mi eviti tu non vuoi più uscire con me. che gli piscologi non sono seri. che le medicine non servono che non ho nulla tu esageri e cambi discorso perchè non mi ami. che il mio gatto oggi ha saltato 12 volte e gli voglio bene
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Io credo che mio padre abbia paura di rimanere solo.Si sta accontentando di stare insieme alla sua “compagna”.Non riesco a vedere un futuro con lei.Ha 12 anni in più a me,ma sembra una bambina.Ci sta che l’amore non ha età.Ma ciò che vivono loro non è “Amore”.L’amore è tutt’altro.Non è possessione.Non è prendere il telefono del compagno e vedere se parla ancora con l’ex moglie e cancellare il numero.Non è stargli dietro ogni secondo,non è che se lo rubano eh.Lui è cambiato molto da quando si è separato da mia madre.Da bene in peggio possiamo dire.A lei le permette di fare qualsiasi cosa,tutto.Invece prima no,prima si arrabbiava.Oppure può sembrare una sciocchezza ma per me no,cioè quando si fa la cucina si fa prima tutto con la spugna e poi si lava tutto insieme(almeno io così faccio).Lei invece no(e questa cosa mi fa arrabbiare tantissimo),lei apre la fontana e la rimane aperta finché non finisce tutto.Cioè ma ci rendiamo conto?Non è casa tua e non paghi nulla tu ma questo non ti da il diritto di fare così.Oppure le luci,perché rimani tutto acceso anche quando ti guardi la Tv,ma che senso ha,ma perché fai così.E quel cretino che si sta zitto,ma perché?Perchè quando stavamo tutti insieme facevi questione per qualsiasi cosa e adesso con lei fai il cagnolino,ma perché?Le lasci fare tutto,e questo non è bello.Perché noi figli guardiamo tutto e ci stiamo zitti.Se potessi parlare,glielo dico io a quella lì che tu vuoi ancora mia madre,ma perché devi prenderla in giro?Perchè?Glielo dico io che voi e noi ci sentiamo sempre quando lei non c’è.Glielo dico io che vieni a cena da noi e rimani a dormire lì.Glielo dico io...che tratti divinamente lei e noi figli come se non fossimo nulla.
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Fare colazione con certi biscotti significa anche fare colazione col passato: basta sentirne il sapore in bocca e allora si ritorna in campagna, bambini, fare colazione tutti insieme, ma perché poi quella promiscuità? Ma forse erano occasioni rare, non ricordiamo bene. Allora: tazza del latte grande, latte scaldato, colazione con quei biscotti, erano ancora in pochi ad essersi svegliati; il sole che a quell'ora era proprio di fronte alla portafinestra e faceva entrare la sua luce estiva, mattutina, quella che ferisce gli occhi e anticipa il suo calore pure se mitigato da una residua umidità notturna.
Fuori, oggi, è umido: ha piovuto, l'aria è fresca, grigio e metallico, i tulipani stanno sbocciando sono bianchi con delle screziature rosa. Anche qui torna il sapore del passato, l'odore e la temperatura sono uguali a quelli che sentivamo in campagna da piccoli. Tante giornate grigie, acconpagnate alle giornate di sole, a volte era pure una consolazione: se piove non puoi fare nulla, l'imposizione è esterna; mentre se non puoi/vuoi fare nulla quando la giornata è bella non hai giustificazioni, sei imputabile: hai fallito.
Dato che non riusciamo a darci un metodo e che abbiamo voluto iniziare tre letture, abbiamo suddiviso così i tempi: la mattina dopo colazione Raffaele Alberto Ventura; la sera dopo cena Sartre; dopo Sartre, Recalcati. Procediamo lentamente con tutte e tre le letture: le prime due sono dense pure se scorrevoli e non proprio lunghe, l'altra ci mette a contatto con il ruolo di madre-figlia e dunque si ritorna al passato, si capiscono parecchie cose, Recalcati è bravo poi ad ammaliare — chiamalo cretino quello deve guadagnarci — insomma ci seduce, ci angoscia, ci viene un poco di nausea, ci cresce il desiderio che non sappiamo far sfociare e blabla simili.
Tutto bello e suddiviso, in ordine, e di questa angoscia è meglio non tenerne conto ché non si può fare nulla. Senso di impotenza, dunque, e dubbi. Ci dispiace vedere il brutto tempo, ormai reggiamo poco le brutte giornate: non possiamo andare ai giardini a fare la nostra corsetta, non possiamo metterci fuori al sole a fare i nostri esercizi; è brutto perché ci pare di regredire. Pure se ultimamente, leggendo Le mani della madre, regrediamo di molto nei nostri ricordi, volendo indagare il perché quel passaggio ci suscita quella reazione.
Insomma, inizio fiacco oggi. Ma leggendo Raffaele Alberto Ventura (che palle dover riscrivere tutti sti nomi ogni santa volta, fa bene a farsi chiamare RAV o Eschaton) se non altro riusciamo ad uscire da noi stessi e a focalizzarci sulla "questione sociale".
Questo blog è sempre più disordinato, ci piace sempre meno, non sappiamo che piega sta prendendo, che cosa vogliamo comunicare, non sappiamo cosa vogliamo ottenere e a volte vorremmo solo cancellare tutto.
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Ehi.. tesoro mio hai finito le lezioni?
Io sono stata praticamente quasi un’ora con una mia collega che lavora pure lei per quell’agenzia al telefono perchè quel cretino del proprietario fa solo cazzate, è identico a Gerardo, assurdo vabbe comunque stavamo riorganizzando le cose che devo fare e le devo fare pure già per lunedì. Dopo cena mi comincio a fare qualcosa..
spero tu ti senta un pochino meglio! mi manchi… da impazzire
20:42
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IL MARESCIALLO MUSCARA’ e il caso RIDI PAGLIACCIO
Il Maresciallo Muscarà chiuse spingendolo lo sportello della sua panda e si specchiò nel lucido color blu della macchina. Osservò il suo pantalone di lino color avana con ancora la riga perfetta di quando sua moglie l’aveva comprato per una crociera che non avevano mai fatto a causa della sua malattia che subentrò poco dopo. Anche la sua maglietta era nuovissima malgrado il suo collega Petyx gliela avesse regalata due anni prima per il compleanno. Si guardò schifato. Da quando sua moglie era morta aveva indossato solo la sua divisa ed ora, a vedersi “in borghese” si sentiva un cretino. “Meglio così – pensò – nessuno sospetterà” chiusa la porta si girò dirigendosi verso la locanda bianca dalle finestre azzurre che si trovava vicino alla fine della spiaggia fuori di Sciacca. Qualche anno prima vi aveva trovato l’ing. Rachele Valsecchi, scomparsa misteriosamente a Palermo qualche giorno prima. L’ingegnere era in compagnia di Mancino, una vecchia conoscenza del Maresciallo e che aveva passato buona parte dei suoi anni in carcere perché mentre era in cella per vari reati contro il patrimonio, aveva strozzato un energumeno con la sola mano sinistra. Benché originari di due culture e città diverse, vinti o forse traditi dalla solitudine in cui vivevano, Mancino e l’ingegnere si erano messi insieme e vivevano il loro amore come marinai che tornavano al porto e all’amore, poche settimane l’anno vivendolo però in modo assoluto e totale. Sebbene l’ingegnere lavorasse in una fonderia di Brembana di Sopra, provincia di Bergamo, si vedevano regolarmente appena lei aveva una settimana di ferie; allora, la prima cosa che l’ingegnere Valsecchi faceva una volta tornata in Sicilia, era invitare il Maresciallo a cena, cosa che lui accettava volentieri, perché in carcere Mancino aveva avuto modo di sviluppare il suo talento culinario. Uno scampanellio festoso lo annunciò appena varcò la locanda. Il ristorante era pienissimo ed i camerieri si muovevano velocemente dalla cucina ai tavoli. Dalle grandi vetrate che davano sulla spiaggia si vedeva la lunga distesa di sabbia bordata dalla striscia azzurra del mare. Nella spiaggia svettava, come il trono di una regina, il gazebo di canne e tronchi in cui quando arrivava, si riposava l’ing Valsecchi, sorseggiando vino bianco freddissimo e organizzando viaggi in altri continenti in cui trascinava Mancino a scoprire cibi e popoli mai conosciuti. “Mi dispiace ma non c’è posto…. Dovrebbe tornare fra un’oretta” Fece costernato un cameriere con le braccia colme di piatti sporchi. “ Dica al padrone che è arrivato….” “Marescialluuuuu” Gridò un vocione forte e baritonale. Apparve d’improvviso un omone alto quasi due metri con due braccia grandi e muscolose che allargate erano pronte, malgrado la separazione sociale dell’era Covid, ad abbracciarlo e a stringerlo contro il petto grande quanto un armadio. Era Mancino! “Ma che fai qua Maresciallo, Rachele viene tra due settimane, te lo sei dimenticato?” “No, me lo ricordo, è che ….. ti dovevo parlare” Mancino lo guardò stupito. In passato era stato lui a chiedere consiglio al Maresciallo e la cosa gli apparve strana, ma si riprese subito “S’assittasse davia al posto di Rachele, la servo subito, Cosimooo – gridò verso un cameriere - porta al tavolo della signora Rachele acqua naturale e il bianco del Baglio del Cristo” Al Maresciallo si aprì il cuore: il bianco del Baglio era il vino preferito dell’ing. Valsecchi, vino che nasceva in una terra gessosa simile a quella dello Champagne francese, Mancino ne era gelosissimo e offrirglielo dimostrava quanto fosse contento di vederlo. Si andò al sedere al tavolo riservato all’ing Rachele dove Mancino non faceva mai sedere nessuno e che era sempre apparecchiato con nel mezzo un piccolo vaso di cristallo che conteneva una rosa rossa colta al mattino. Arrivarono con calma dei gamberi crudi marinati nell’olio di Castelvetrano, poi dei tagliolini con la polpa di riccio che diedero al vino in gusto aromatico ed intenso, infine un branzino all’acqua di mare con capperi e olive verdi addolcito da delle patate al forno. Quando Cosimo levò il piatto ed ormai nel ristorante c’era solo il Maresciallo, apparve Mancino, con una bottiglia di limoncello che preparava lui personalmente e un piatto generoso di paste di mandorle. “Allora Maresciallo che è successo? Non è che ti hanno mandato in pensione perché rompi sempre i coglioni? “Chi? io? Ma se sono un pezzo di pane “ Rispose ridendo il Maresciallo alzando il bicchiere colmo di limoncello freddo a toccando quello di Mancino. Bevvero in silenzio due o tre sorsi di limoncello e quando finirono misero giù i bicchieri leccandosi le labbra di quello che sulla bottiglia, un etichetta scritta a mano, identificava come “Il bacio di Rachele” “ devo chiederti un consiglio! – esordì il Maresciallo – sia chiaro, non c’è nessuna inchiesta, sono tutte congetture mie, sono qui in visita privata solo per sentire della prossima visita di Rachele e ….. ho lasciato il cellulare in ufficio” Mancino approvò alzando il mento e riempì ancora i bicchieri. “ Si tratta di pensieri miei, niente di ufficiale! “ “Dimmi…” Fece Mancino leccandosi ancora una volta le labbra. Il Maresciallo prese un pasticcino e lo mise davanti a Mancino “lunedì scorso ero sulla strada che sale verso la Contrada Croce, al paese dove c’è la mia caserma. La contrada è una valle ircondata da colline ed ha la forma di un ferro di cavallo con le più alte cime nella parte curva, monti rocciosi desolati e pieni di miniere. Io ero sul lato destro del ferro di cavallo lungo una strada che dal paese sale con una forte pendenza fino alle miniere per poi ridiscendere verso la parte opposta colma di vigneti, uliveti e case coloniche. La domenica, dopo la messa, i contadini e pastori mi avevano parlato di strani movimenti dove vi erano le miniere. Ero a metà della salita dove c’era uno spiazzo da dove osservavo con il binocolo il resto della valle, quando sentii l’appuntato Cacace commentare “Vadda a chistu….” Mi giro e vedo una grossa macchina, uno di quelle Land Rover grossissime che scendeva a velocità folle. Quando ci passa davanti suona disperatamente ed io sento distintamente un grido terribile :”Aiuto”!! Io e Cacace saltiamo in macchina e seguiamo ad alta velocità il macchinone. Lui però è troppo veloce e ci distanzia facilmente. Alla fine arriva dove la strada fa una curva a gomito urta il muretto sul bordo della strada e lo sfonda facendo un salto di cinquanta metri e schiantandosi nella fiumara esplodendo. Quando io e Cacace raggiungiamo il mezzo in fiamme, dell’uomo restano poche cose ma appare chiaro che l’uomo era ammanettato al volante che, a seguito degli accertamenti tecnici successivi, era apparso manomesso, come freni e motore.” “non deve essere stata una bella morte; ha avuto tutto il tempo di vederla arrivare. E chi era al volante?” “Sabino Calabrò, nipote preferito di don Nino Calabrò, il capo della cosca locale” “Però - fece mancino con una smorfia – era uno rampante. Avrebbe preso il posto di suo nonno di sicuro. E’ la nuova generazione, quella che non ha mai toccato una lupara ma che muove soldi da destra a sinistra per pulirli e farli crescere. Generalmente gente così non fa la fine che ha fatto lui a meno che non abbia fatto qualche sgarro particolare. Dubito però. La sua parentela è importante e il suo rango era alto, non avrebbero fatto tutto questo casino per farlo fuori a meno che non volessero mandare un messaggio a tutta la cosca.” Il Maresciallo annui e prese un altro pasticcino mettendolo accanto al primo “La sera di Mercoledì scorso, Tommaso Rizzo, capobastone di uno delle cosche più importanti di Palagonia e mano destra del capo indiscusso Vito Solucci, entra nell’ascensore di un grande albergo di Zurigo. Sono lui con due guardaspalle armati fino ai denti. Quando arriva al tredicesimo piano la porta si apre e qualcuno dal corridoio con un lanciafiamme, inonda l’ascensore di fuoco. I tre non hanno modo di reagire e bruciano in pochi minuti” “A lui lo conoscevo personalmente – fece serio Mancino - un grande figlio di buttana, un boia, godeva a uccidere e torturare: ha fatto la fine che meritava!!” Ancora una volta il Maresciallo prese un pasticcino mettendolo accanto agli altri due. “Giovedì la serva del dottor Bastiano Cannata è entrata a casa del dottore per le solite pulizie. Arrivata nel corridoio sente qualcosa di umidiccio sotto i piedi. Accende la luce e vede che è sangue. Urlando esce di casa e un vicino, richiamato dalle urla, chiama i carabinieri. Quando arrivano i carabinieri trovano il suddetto dottor Cannata nel salotto di casa, tutto nudo e appeso dai piedi al lampadario. Il dottore era stato squartato e aveva tutte le interiore che pendevano gocciolando sul pavimento. Il dottore era il ragioniere di un’altra cosca di Castellamare, dicevano che muoveva più soldi lui che il Banco di Sicilia. Era esperto nel dare i soldi ad usura e nello spingere al suicidio, dopo avergli preso tutti i beni, chi non poteva pagare. In molti hanno detto che la fine del porco ammazzato era quella che si meritava” Mancino si fece serio. Aprì la bottiglia e si versò una dose abbondante di limoncello bevendolo tutto di un fiato restando muto come se non volesse commentare. Il Maresciallo capì che il modo come il dottore era stato ucciso aveva colpito Mancino non impressionandolo per la crudeltà della scena, ma per qualche altro motivo. Continuò prendendo due paste e mettendole un po' da parte vicino alle altre. “Giovedì mattino, qualcuno entra nel negozio di Antonino Russo, un vecchio settantenne che ancora faceva il barbiere alla Kalsa a Palermo. Sono in tre come diranno i testimoni e sparano al Russo almeno dieci colpi ciascuno.” Mancino scosse la testa. “Povero Nino – fece sconcertato Mancino - Lui era una persona perbene. Sono stati pazzi a ucciderlo così” “Lo stesso giorno, nel pomeriggio, sempre alla Kalsa, vicino al negozio di barbiere di Russo, esplode una casa. Era una casa ristrutturata e agibile, quindi appare strana una fuga di gas. L’inquilino, un uomo di colore che vi viveva gratuitamente con la famiglia, muore insieme alla moglie e a una figlia. Nessuno sa perché hanno fatto esplodere quella casa per uccidere l’uomo che lavorava in un negozio vicino. A dire di tutti era una persona gentilissima.” Questa volta Mancino alzò il bicchiere per bere l’ultima goccia di limoncello ed evitare lo sguardo del Maresciallo. Un altro pasticcino fu preso e messo vicino ai primi tre. “Venerdì, in piena mattinata va a fuoco un negozio di computer sempre alla Kalsa. I pompieri faticano a domare l’incendio e quando entrano vedono che lo scantinato era pieno di computer rovinati con nel mezzo, legato ad una sedia con fili di computer il padrone del negozio, il quasi trentenne Giuseppe Sutera. E’ stato ucciso con un colpo in fronte e qualcuno gli ha messo in bocca un mouse di computer prima di dargli fuoco: un altro messaggio per chi doveva capire. A tutti i computer del negozio, era stato levato il disco fisso” Mancino fece una faccia come a dire che la cosa non gli diceva niente. Il Maresciallo verso nel suo bicchiere e in quello di Mancino una dose abbondante di limoncello finendo la bottiglia. Bevve un sorso e continuò. “Ora, se io non fossi stato coinvolto nel primo omicidio, tutti questi avvenimenti, sarebbero stati per me una normale serie di omicidi siciliani, di quelli che avvengono normalmente nella nostra isola dove violenza e follia vanno di pari passo. Ma essendo stato coinvolto nel primo omicidio ho pensato che fosse stato mio dovere cercare di risolverlo, ma il Procuratore, che ha avocato a sé e agli uomini dell’antimafia il diritto di investigare sul caso, mi ha detto di mettermi da parte pensando ai furti di capre del mio paese…” “Il solito cornuto e coglione che è dove è perché ha dato il culo a qualcuno” “Non lo so, ma non mi è piaciuto come me l’ha detto, per cui mi sono messo a pensare, a ragionare a fare qualche verifica e sono arrivato ad una conclusione per cui ho bisogno del tuo aiuto.” “Del mio aiuto Maresciallo, io come posso sapere qualcosa di tutti questi morti se non mi sono mai mosso da qui a duecento chilometri di distanza?” fece scandalizzato Mancino” “Io non lo so se sai qualcosa, ma mi puoi aiutare a capire” “In che senso?” “Tu sei della Kalsa, conoscevi il Russo, forse sai a chi apparteneva la casa che è esplosa e chi vi ha abitato prima di chi vi è morto o chi vi è nato. Ho bisogno da te di una conferma” “Da me? ma Maresciallo, tutti alla Kalsa conoscevano Nino, ma del resto che le devo dire?” “Ecco Mancino, ti spiego – il Maresciallo spinse verso Mancino i primi tre pasticcini - che cosa hanno in comune i primi tre morti?” Mancino allargò gli occhi come a confermare che non ne aveva idea “Il Calabrò aveva nella macchina, lo vidi bene mentre lo inseguivamo, uno di quegli adesivi con le sigle degli stati. Riportava UEA. Il Rizzo ha postato su facebook delle belle foto di un ricchissimo resort dove era stato con delle belle signorine, un albergo meraviglioso a Dubai. Il dottor Cannata era appena rientrato da un viaggio in Thailandia e per volare aveva fatto scalo anche lui a Dubai. Tutti e tre insomma erano stati negli Emirati, dove puoi aprire conti correnti anonimi confidando nella confidenzialità assoluta delle locali banche. Da li puoi muovere capitali immensi via internet usando i codici che danno all’apertura del conto. Le tre cosche a cui i tre appartenevano avranno portato laggiù immensi capitali pronti a fare affari con qualche oligarca russo o mafioso cinese. Nessuno dei tre ha lasciato dietro di se telefoni o computer per poter sapere i codici dei conti. Chi li ha uccisi ha provveduto a recuperare il cellulare del Calabrò, il computer del Rizzo e del dottor Cannata: le cosche sanno che qualcuno gli ha rubato un immenso tesoro” “E la morte di Nino? e la casa fatta saltare?” “E’ qui che ho avuto l’intuizione finale. Perché ucciderli? La risposta è duplice. La prima è che le cosche hanno voluto vendicarsi uccidendo qualcuno di importante per il loro avversario e probabilmente la casa era il rifugio segreto di questo qualcuno o era della sua famiglia. La seconda risposta è che Le cosche confidavano che il Sutera, esperto in computer e che probabilmente gestiva i loro server, fosse in grado di risalire ai codici e hanno deciso di sfidare chi ha ucciso i loro tesorieri. Ma questo qualcuno che ha i loro soldi, ha levato loro ogni speranza, come a dire: se volete i soldi dovete parlare con me” il Maresciallo bevve un sorso di limoncello “E’ questo quello che voglio sapere da te, se c’è effettivamente qualcuno che può combattere contro tre potenti cosche? Che ne può uccidere i capi in modo scenografico restandone impunito. Ti ripeto, non voglio arrestarlo, ma voglio parlargli!” “Maresciallo che dice: parlargli? ma si rende conto che se questa persona esiste la può uccidere con un semplice schiocco di dita? si figuri poi se vorrà parlargli con tre cosche che lo stanno cercando per mare e per terra: Maresciallo divintasti pacciu!!!” “Devi capire: perché questo qualcuno ha fatto fuori il Sutera? Perché i soldi non li ha neanche toccati né li ha trasferiti come avrebbe potuto fare un istante dopo aver ucciso i tre delle cosche. Perché non vuole che le cosche li recuperino se lui non li tocca? La risposta è una sola: gli sta proponendo uno scambio perché ha qualcosa che loro vogliono e loro, a loro volta, hanno qualcosa che lui vuole!” “e che cosa hanno da dargli?” “Sicuramente non soldi. Lui ne ha moltissimi in questo momento, quelli chiusi nelle banche degli emirati. Loro però hanno qualcosa che non vogliono o non possono dare e che per questo qualcuno è più importante del tesoro che ha.” “Maresciallo, a maggior ragione: lassa stare questa cosa, non sai quanto è pericolosa!! Le cosche uccideranno tutti quelli che penseranno vicino a questo qualcuno che gli ha rubato i soldi!!” Il Maresciallo sorrise. “Tu sai chi è, non è vero? Se è così devi dirgli che io ho capito, so cosa cerca e soprattutto, so dov’è” La faccia di Mancino mostrò una sorpresa mista a diffidenza come se il Maresciallo stesse dicendo qualcosa di assurdo. Per qualche secondo cercò di rispondere ma alla fine si alzò e prese la bottiglia vuota i bicchieri e si diresse verso la cucina. Si girò a metà strada. “Lascia stare, vattene e dimentica tutto, Ci penseranno quelli dell’antimafia….. fai fare a loro gli eroi. Tu sei troppo piccolo per questa storia” Entrato in cucina, il Maresciallo lo sentì borbottare ad alta voce “E’ pacciu, pacciu…” Con calma il Maresciallo, sorridendo, addentò una pasta di mandorla.
Disceso dalla Panda il Maresciallo si toccò la pancia. Da Mancino aveva mangiato ma soprattutto bevuto troppo. Si sarebbe fatto dell’acqua e limone per permettere al suo stomaco di sopravvivere. Si incamminò verso il cancello del giardino di casa sua ed arrivato lo aprì e si diresse verso la porta d’ingresso. Fece pochi passi ma si fermò. Anche se stordito dalle bevute e stanco per le quasi due ore di macchina, il suo istinto da sbirro aveva mandato un segnale d’allarme. Torno indietro e aprì di nuovo il cancello e poi lo spinse con un dito per chiuderlo. Il cancello si chiuse silenziosamente senza quell’odioso stridio che aveva sempre fatto da quando abitava in quella casa. Qualcuno lo aveva zittito. Guardò in giardino alla ricerca del suo cane Carlo Alberto che svolgeva con coraggio e determinazione, le funzioni di guardiano della casa. Guardò tra i cespugli di fiori e lo vide sdraiato pancia all’aria sotto il grande cespuglio di gardenia dove controllava il suo territorio. Dormiva profondamente, tanto da non sentirlo, proprio lui che quando la macchina del Maresciallo imboccava l’ultima curva ad un chilometro di distanza da casa correva ad aspettarlo seduto di fronte al cancello con il suo cipiglio burbero di ex cane della finanza. Vide accanto al cespuglio una ciotola vuota. Qualcuno aveva sedato Carlo Alberto. Il Maresciallo si diresse verso casa deciso e pronto a tutto. Arrivato alla porta cercò la chiave ma la porta corazzata era già aperta; lui la spinse leggermente e lei si aprì.
Sentì una voce
Eppur, e d'uopo sforzati! Bah sei tu forse un uom? Ah! ah! ah! Tu se' Pagliaccio! Vesti la giubba e la faccia infarina.
Riconobbe immediatamente il disco. Era il vinile dei Pagliacci, che sua moglie sentiva ogni sera durante la malattia. Quando lei se ne era andata lui l’aveva lasciato sul giradischi come se da un momento all’altro lei dovesse tornare a sentirlo ancora. Il fatto che qualcuno lo stesse ascoltando gli fece stringere i pugni dalla rabbia. Il corridoio era buio e solo in fondo, dove c’era il piccolo studio con il pianoforte che sua moglie usava per le lezioni di musica, c’era una debole luce. Si avvicinò lentamente e quando fu alla porta dello studio che era semichiusa la spinse lentamente. Sulla poltrona su cui sua moglie sentiva la musica c’era seduto un uomo. Era alto e vestito con un paio di jeans aderente e un giubbotto nero. Aveva gli occhi chiusi, una mascherina da chirurgo sulla bocca e dei guanti azzurri che coprivano le mani con dita grosse come quelle di chi praticava arti marziali. Accanto a lui, sul bracciolo della poltrona, vi era uno smartphone che sembrava spento. Il Maresciallo stava per dire qualcosa ma l’uomo, sempre ad occhi chiusi, portò un dito alla bocca invitandolo al silenzio
La gente paga e rider vuole qua. E se Arlecchin t'invola Colombina, ridi, Pagliaccio e ognun applaudirà! Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto; in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor. Ah! Ridi Pagliaccio, sul tuo amore infranto! Ridi del duol che t'avvelena il cor
Appena il tenore finì di cantare l’uomo aprì gli occhi e spense il vecchio giradischi. “Mi scusi Maresciallo se ne ho approfittato. Sua moglie aveva un buon gusto in fatto di musica” Il Maresciallo capì che lo sconosciuto sapeva di lui molte cose e non si sorprese. “Era una brava pianista ma si ammalò molto presto e non poté sviluppare il suo talento: questo la faceva soffrire più della sua malattia” “Succede a molti di vedere la vita cancellare ad uno ad uno tutti i propri sogni. È in quel momento che capiamo chi siamo e per che cosa vale la pena vivere o morire “ Vi fu qualche secondo di silenzio come se quanto detto avesse per chi aveva parlato un valore troppo importante e attuale per lasciarlo cadere velocemente nel nulla. Il Maresciallo ne approfittò “Lei è….” “Quello che le ha detto Mancino” “Se lei conosce Mancino sa bene che lui non direbbe a uno sbirro neanche che ora è” Senti sorridere l’uomo dietro la maschera “In effetti è così.” Il Maresciallo si sistemò nella sedia accanto al pianoforte come faceva quando sua moglie era seduta in poltrona. “Ho intuito che mancino la conosceva bene, e questo devo ammettere che era più di quanto sperassi. Ma ritengo che vi unisca un’amicizia tale, che pur essendo mio amico dichiarato e pronto ad aiutarmi, Mancino non ha detto nulla di importante. Quello che so l’ho capito perché sono uno sbirro e da chi mi stà davanti riesco a capire molto ma non tutto” “e di me cosa sta capendo?” “Che qui si sente al sicuro, che è certo che i suoi nemici non verranno e ha capito che io non sono a mia volta un suo nemico” “È così, Mancino mi ha parlato molto bene di lei e mi ha convinto ad ascoltarla perché pensa che sa dove è quello che cerco” “Per quanto ho capito e per quello che ho assunto penso di si e non ho problemi a dirglielo” L’uomo restò in silenzio e non si capiva se rideva o pensava “.. e cosa vuole in cambio per dirmelo” Il Maresciallo sorrise “che non vi siano più morti; poi mi basta il piacere, solo narcisistico, di aver compreso tutta la storia” L’uomo restò qualche secondo in silenzio poi esordi “Le prometto che se le sue informazioni sono corrette, una volta trovato quanto cerco, non vi saranno più morti per mia mano. Ma mi tolga una curiosità: e i suoi superiori? Non ne tiene conto?” “ho chiesto al Procuratore degli appuntamenti per dirgli la mia tesi e non mi ha mai risposto. Nel frattempo sono morte altre tre persone che probabilmente non c’entravano nulla. La giustizia è raffigurata con una spada e una bilancia, ma dovrebbe avere anche un orologio: fare giustizia venti anni dopo vuol dire far subire venti volte la stessa ingiustizia. Per questo le volevo parlare, per fermare la carneficina che lei e i suoi nemici state preparando” “ non sono miei nemici, ma clienti; ho lavorato per loro e contro di loro anche in passato. Ora però il gioco è molto diverso da quello che fino ad ora eravamo soliti giocare” “per i soldi negli emirati?” “Anche per quelli. Sabino e Cannata avevano pensato un business multimilionario. Avrebbero messo le mani su una miniera di diamanti in Russia utilissimi per i loro affari in sud America e in medio oriente. Avrebbero avuto i diamanti a 80 e con essi avrebbero comprato droga vendendoli a 200 perché i diamanti sono il bene rifugio più prezioso per chi ha problemi con la giustizia o per chi deve essere corrotto. Mi avevano assunto per questo, per evitare che qualche mafioso russo si mettesse di mezzo. Lo sa come mi chiamano quelli per cui lavoro? Settoru, il sette di denari perché, come quando si gioca a scopa, chi mi ha tra le sue file ha già un punto in mano: dovevo semplificare i rapporti con chi non voleva finalizzare il business o creava problemi…” “e quelli che non sono suoi amici? Come la chiamano” Gli occhi si strinsero in un sorriso “Quelli mi chiamano u Ghiancheri…” “Il macellaio…?” “Si e non solo per il mio lavoro. Mio padre aveva una Ghianca, una macelleria alla Kalsa dove faceva la salsiccia più buona di Palermo! Chieda a Mancino. Un giorno un uomo di niente gli disse che doveva comprare carne delle macellerie clandestine, animali uccisi perché rubati o ammalati. Mio padre rispose di no. Quello lo insultò pensandosi un mamma santissima. Lui lo caccio a calci fuori del negozio. Tre giorni dopo, uscendo dal retro del negozio venne assalito da tre energumeni con bastoni in mano. Lui si difese ma gli venne un infarto e mori. Io, che andavo a prenderlo e lo aiutavo in negozio perché era ammalato, vidi i tre uomini scappare. Andai dalla polizia a denunciarli. Ma dopo un mese nessuno era stato arrestato. Mia madre morì di crepacuore: uccisa dal troppo amore che la legava a mio padre. Al funerale di mia madre vidi uno dei tre e corsi dalla polizia dicendogli di andare ad arrestarlo. Mi dissero che non ne valeva la pena: era forse già fuggito ed in ogni caso il suo avvocato lo avrebbe fatto uscire dopo due giorni. Allora capii che questa che chiamano “la legge” non esiste. I furbi, i maligni, i ladri, gli arrivisti, gli infami: sono i topi di un enorme immondezzaio che chiamano società: sono loro che fanno le leggi, quelle di ogni giorno, non quelle dei libri. Come i topi si nutrono rubandolo tutto quello che gli piace seguendo i loro bisogni. Gli altri credono in una legge che è solo l’apparenza che copre l’immondezzaio come i cartelloni pubblicitari raffiguranti l’ordine e la bellezza di quanto chiamano società che coprono le discariche per nasconderle. Ma non è così. Chi comanda in questo immondezzaio è chi non ha paura ad uccidere o rubare, chi non ha paura a fare del male gratuitamente, a ridurre gli altri a cose, ad animali con la droga e la violenza. Ed è a questi che tutti obbediscono o a cui tutti si appellano per risolvere i loro affari, come facevano anche i principi di una volta con la mafia, perché è nel DNA della nostra storia questo ubbidire solo ai violenti senza mai ribellarci pensando che non ci riguardi chi sono o cosa fanno; perciò, mi sono detto che se esisteva solo la legge di chi poteva sovrastare con la forza gli altri, io avrei fatto la mia giustizia con la stessa legge. I tre vigliacchi che uccisero mio padre scomparvero nel nulla; i loro corpi li buttai in una porcilaia a ingrassare i loro simili. Chi aveva ordinato a mio padre di ubbidirgli, lo trovarono appeso per i piedi e squartato come un maiale, così come hanno trovato Cannata. Io non uccido, li faccio impazzire dal dolore e dalla paura, lentamente, finchè loro stessi non invochino la morte come un sollievo. È questo che mi ha reso U Ghiancheri, qualcuno che anche gli assassini temono e che nessuno vorrebbe mai incontrare. Il capocosca, di quei quattro maiali che avevano ucciso mio padre, invece di arrabbiarsi mi propose un lavoro. Gli avevo levato davanti quattro coglioni in un modo pulito e silenzioso, mi chiese se ero interessato ad avere un lavoro ben pagato visto che alcuni membri di una cosca avversaria alzavano troppo la cresta. Poiché ormai vivevo in una condizione in cui per sopravvivere occorrevano molti soldi, mi creai la regola che non avrei mai ucciso altri che uomini d’onore, sarei stato il loro giudice e boia restando sempre al di sopra di loro: io non uccido persone indifese ma chi della violenza e della morte ha fatto la sua vita perciò affronto i miei “clienti” alla pari.” Il Maresciallo lo guardò in silenzio “Perché mi sta dicendo tutte queste cose?” “Perché tutte e due crediamo nella giustizia e l’applichiamo, anche se da lati opposti, non per fini diversi: la giustizia, l’equità, quella vera ed assoluta” “E non ha paura che io usi le sue informazioni contro di lei?” “No, Mancino si fida di lei. Il suo telefono poi è sotto controllo: di ogni numero che chiama o da cui è chiamato, viene informato il procuratore. Lui pensa che lei si prenda troppa iniziativa, troppo libertà nel risolvere i casi. Dice che usa troppo la fantasia senza attenersi ai fatti. Ha un fascicolo su di lei pieno di considerazioni e dicerie: gli mancano però i fatti per incriminarla. Un segno che l’immondezzaio ha paura di lei, della sua intelligenza che è un’arma da cui nessuno può proteggersi. Lei è più simile a Mancino che al suo capo: crede nell’amicizia più di quanto i suoi colleghi credano in lei, è uno di quelli per cui esiste una società e dei doveri nei confronti degli altri, quegli altri che pensano solo ai loro diritti, alla loro voracità, come fanno i topi nell’immondezzaio.” Il Maresciallo restò ancora in silenzio. “un’ultima cosa, prima di arrivare al punto: perché lei si fida di Mancino? E perché Mancino ha tanto rispetto per lei da non dirmi niente?” “Una volta qualcuno gli disse che lo stavo cercando per ucciderlo. Lui non capiva perché, quindi andò da Nino, l’uomo che hanno ucciso e che era il mio contatto verso il mondo esterno e gli chiese di incontrarmi. Quando mi vide mi chiese perché volevo ucciderlo visto che lui non aveva mai fatto del male a nessuno; mi disse che a cinque anni aveva perso il padre, a sette scaricava cassette di frutta per aiutare la madre, a nove aveva rubato un pane per fame e da li aveva continuato: non era un santo ma non era un assassino, un ruffiano o un paraculo: poteva guardare chiunque dritto negli occhi senza vergognarsi. Gli risposi che qualcuno mi aveva detto che lui era stato pagato per uccidermi. Anche a lui la stessa persona aveva detto la stessa cosa. Ovviamente chi ci aveva detto così sperava che ci uccidessimo a vicenda. Gli dissi di non preoccuparsi e di sparire per un paio di settimane che mi sarei preso cura di quella persona. Lui però fu arrestato ed in carcere qualcuno lo prese di mira. Fu così che diventò Mancino e si fece vent’anni perché nel difendersi aveva ucciso un altro topo che voleva rodergli l’anima. Io avevo lasciato Palermo. Mi diedero dei lavori in America e poi in sud America per convincere qualche capo in testa locale a vendere coca al prezzo che le cosche dicevano. Quando lui uscì dal carcere era solo ed io lo andai a trovare. Gli chiesi cosa volesse fare e lui rispose che dopo tanti anni al chiuso voleva vivere in una spiaggia all’aperto. Lo portai dove ora ha la locanda e gli diedi i soldi per comprarla: gli ho regalato un sogno, per questo farebbe di tutto per proteggermi. È un amico, uno dei pochi che ho.” “Strano a dirsi anche per me è ormai un amico. Comunque veniamo al sodo” “Lei sa cosa cerco?” “Certo, quello che cercano tutti: la persona che ama” Gli occhi del Ghiancheri si strinsero come se stessero sorridendo “E sa anche dove è?” “Certo, dove la stava cercando: nella contrada della Croce, solo che lei la stava cercando nel posto sbagliato” U Ghiancheri lo fissava con attenzione senza perdere il minimo gesto. “vede, mentre scrivevo verbali e relazioni su come era morto Calabrò, ebbi la sensazione che quella sua macchina io l’avessi già vista più volte. Pensai per qualche giorno poi capii. Nel paese c’è una sola strada che sale dalla provinciale, fino al paese e poi alla Contrada della Croce. La nostra caserma è a lato di questa strada e le telecamere di sicurezza della caserma inquadrano sempre la strada. Andai a vedermi i vecchi filmati e scoprii che il Calabro era salito diverse volte e sempre da solo. Una volta però era salito preceduto da una di quelle grosse moto che usano i killer per sparare per strada. La sua macchina era seguita da un'altra con quattro ceffi stipati dentro.” “Una scorta…” “Esatto. Ingrandii più che potevo le immagini della macchina di Calabrò, scoprendo che di dietro, seduta tra due uomini c’era una donna. Guardai il filmato di quando le macchine e la moto discesero dalla valle ma la donna non c’era” L’uomo restò zitto come aspettando qualche altra informazione “Chiesi ai miei informatori (se il barbiere del paese si può definire tale) se c’era qualcosa di strano nella famiglia Calabrò. Sono venuto a sapere che una diecina di giorni prima, alla cresima della figlia di Sabino Calabrò mancava sua cognata Gaetana Ruffo-Ruffo, moglie del cugino Miuccio, quest’ultimo presente alla festa ed esageratamente euforico, tanto che a pranzo, Sabino riprese suo cugino per quanto beveva. Il cugino mi è stato descritto come persona, irascibile e arrogante, dall’ira e la pistola facile, ben diverso dalla moglie Ruffo-Ruffo che tra i suoi avi annovera un siniscalco di Federico II” “È cosi – aggiunse improvvisamente l’uomo – Gaetana è una donna sensibile e di una personalità superiore a questi Calabrò che sono ricchi solo dei soldi che fanno con il dolore degli altri. Suo marito se l’è comprata pagando i debiti di suo padre. Quando mi arruolarono per aiutarli nell’impresa, Sabino chiese a Gaetana di fare gli onori di casa. Ero un personaggio importante e la Famiglia voleva ospitarmi nel modo migliore. Gaetana era l’unica incensurata che potesse ospitarmi e occuparsi degnamente di me. All’inizio ci evitavamo, poi per caso incominciammo a parlare e qualcosa di inatteso e non voluto accadde tra noi” L’uomo abbassò gli occhi quasi a ragionare per se stesso “Io non ho mai pensato alla mia vita come una vita normale ma come qualcosa che da un momento all’altro doveva finire bruscamente ed il cui unico fine era uccidere quanto più possibile chi era uguale a chi aveva ucciso mio padre. Lei invece rese reale e possibile una vita normale, quella di cui mio padre e mia madre avevano vissuto semplicemente ma intensamente. Questa romanza – l’uomo indicò con il mento il disco – Gaetana la suonava sempre. Anche lei si sentiva qualcuno che doveva indossare con la morte nel cuore, il suo vestito da Pagliaccio per dare spettacolo e per essere mostrata come simbolo del successo del marito, dopo la Ferrari e prima dei purosangue arabi. Poi suo marito quando ha capito che ci amavamo ha trattato Gaetana in un modo indefinibile. Un mafioso non è più considerato tale se anche la moglie lo tradisce. In più avrebbero dovuto uccidermi per aver violato la loro casa. Ma cosa avrebbero dovuto dire alle altre cosche? Io ero un elemento importante dell’investimento che stavano facendo perché i russi obbediscono solo a chi li uccide. Gli altri si sarebbero tirati indietro, per questo, per punirla e per ricattarmi l’hanno nascosta così che continuassi a servirli: con lei prigioniera potevano farci fuori quando l’affare era finito. Gaetana è una donna che prima di incontrarmi non aveva mai sorriso, era un cigno in uno stormo di corvi. Come me ha dovuto adattarsi ad una realtà disgustosa perché non poteva averne altre. È difficile credere che due infelicità assolute possano far nascere una felicità totale: ma a noi è successo. Lei mi ha donato il lato migliore della vita che non conoscevo: avere chi ti capisce, chi ti ascolta, chi cancella le nubi nei tuoi pensieri e ti spinge a credere in una realtà diversa. Migliore. Ha aperto la prigione in cui ero, ha stracciato le vesti da pagliaccio che ogni giorno indossavo per essere quello che quelli come suo marito mi avevano fatto diventare. Ha ragione a dire che se non la trovassi, i morti aumenterebbero: sono figlio di mio padre e nessuno può ricattarmi e ridurmi ad essere un servo, nessuno può maltrattare chi, dopo una vita di sangue, mi ha fatto trovare il senso della parola amare. Quell’amare che univa così indissolubilmente i miei genitori. Sterminerò tutta la Famiglia e i suoi affiliati se non me la ridaranno intatta! Lei, dopo tanti morti, mi ha riportato alla vita e a questa vita non ci rinuncerò” Fu il turno del commissario di restare qualche secondo in silenzio “È quello che ho pensato considerando l’odio che ha usato nell’uccidere. Ma torniamo al punto iniziale dov’è Donna Gaetana? Quando ho tirato le somme di tutto mi ricordai di quando dallo spiazzo di fronte al vallone della Croce guardavo i monti prima che improvvisamente arrivasse la macchina di Calabrò. Nella parte dei monti, dove c’erano le miniere, vedevo di tratto in tratto diverse macchine: troppe. Se tu nascondi qualcuno non metti mille guardiani a dire dov’è. Lì la montagna è un formicaio di tunnel e grotte, non hai bisogno di mettere mille guardiani.” “Infatti! ho girato quelle miniere per diversi giorni ma non era un posto dove tenere Gaetana. È meta di gite scolastiche e speleologiche. Per questo rapii Sabino, per farmi dire dov’era, ma lui si rifiutò di dirmi cosa” “Allora, vedendo quelle macchine fuoristrada sparse qua e là, mi sembrava quasi che aspettassero qualcuno. Ora capisco che era una trappola per lei, per attirarlo fin lassù e farle fare quello che volevano. Poi ho incominciato ad osservare il resto del vallone e le colline dove, finite le miniere incominciano le distese di olivi e viti. Guardai negli uliveti ed in un Baglio nel mezzo delle colline vi notai qualcosa che mi colpì: ad una finestra della vecchia casa colonica in cui le olive sono raccolte, c’era un filo sottile e ad esso vi erano attaccati dei vestiti da donna. Cose intime e piccole, come mutandine e reggiseni. Erano solo un paio, nascoste dai rami di ulivo, ma erano troppo piccole per appartenere alla moglie del proprietario del fondo e troppo eleganti per appartenere a qualche ragazza del paese. Mi chiesi allora chi poteva lasciare in quel luogo disabitato quelle cose così intime. La finestra in cui erano, dava su un dirupo, nessuno degli altri abitanti della casa avrebbe potuto vederle. Forse era un segnale, forse solo della biancheria stesa ad asciugare.” L’uomo penso qualche secondo. “Era un segnale: Gaetana mi voleva dire dove era. Io cercavo in alto, tra le miniere, perché li era facile nasconderla. Troppo facile. Sabino aveva architettato una trappola per fermarmi circondando la zona con i suoi uomini e saliva e scendeva da lassù per richiamare la mia attenzione e attirarmi tra i suoi uomini. Io conoscevo quella zona da tempo perché li ho concluso molti dei miei lavori, ed ho evitato facilmente le sue trappole.” Il cellulare che l’uomo teneva sul bracciolo della poltrona si illumino. Apparve come una mappa con delle linee e un puntino rosso in movimento. “Qualcuno sta venendo a trovarla. Tenga – gli disse allungando la Beretta di ordinanza del Maresciallo – è meglio che vada vedere chi è”. Il Maresciallo prese la pistola e si chiese come U Ghiancheri avesse fatto a trovarla nella cassaforte nascosta nell’armadio della stanza da letto. Mise l’automatica tra la cintura dei pantaloni e la schiena coprendola con la maglietta. Tornò indietro nel corridoio fino alla porta di ingresso e dalla telecamera del citofono osservò la strada.
Una macchina spuntò dalla destra e lentamente si fermò all’altezza del cancello. Ne scese l’agente Caccamo che avvicinandosi al citofono suonò. Il Maresciallo aspettò qualche secondo e poi rispose “Chi è?” “Maresciallo sono Caccamo, tutto bene?” “Caccamo, si tutto bene perché è successo qualcosa” “No Maresciallo, Petyx mi ha detto che lo aveva chiamato più volte al cellulare perché voleva venire a trovarlo con la moglie e il bambino, e non gli rispondeva e si era preoccupato, così mi ha chiesto di passare a vedere” “Sono andato a Sciacca dai miei amici e ho lasciato il cellulare nella scrivania in ufficio, sono appena tornato” Poi aprì la porta e andò a salutare Caccamo di persona. “Caccamo tutto bene ora chiamo Petyx e glielo dico” “Va bene Maresciallo, meglio così, ci eravamo preoccupati” “Non ti preoccupare ci vediamo domani, ora torna in caserma” Caccamo lo salutò e tornò in macchina; il Maresciallo aspettò che si allontanasse e tornò di corsa in casa e percorrendo velocemente il corridoio arrivò allo studio. “Tutto a posto, era…..” La poltrona era vuota.
Il Maresciallo guardò il rapporto che aveva scritto ancora indeciso se spedirlo o meno. Fece mente locale ed incominciò a rivedere gli avvenimenti accaduti tre giorni prima, il giorno dopo il suo incontro con U Ghiancheri. “ Alle ore 05:15 del mattino è suonato il telefono d’ordinanza e l’appuntato Cacace mi ha informato che stava venendo a prendermi con il fuoristrada perché in contrada Croce era scoppiato un incendio in una casa abbandonata dentro un uliveto. Poiché c’era una macchina vicino nell’Uliveto i forestali pensavano che qualcuno fosse dentro la casa. Dell’orario sono certo perché ho visto l’ora sul telefonino! Alle 05:45 è arrivato Cacace e siamo andati verso Contrada Croce passando dalla mulattiera che attraversava il torrente e saliva verso la parte coltivata della valle. La strada era più veloce anche se si poteva fare solo con un fuoristrada o un mulo.” Il Maresciallo controllò l’orario riportato nel documento, quindi continuò il suo riepilogo interno “ Appena attraversato il fiume ed iniziata la ripida salita verso i boschi di ulivi e le vigne abbiamo sentito una forte esplosione in direzione del baglio verso cui stavamo andando.” Il Maresciallo pensò un minuto poi prese il documento e aggiunse “L’esplosione era molto forte tanto che ci caddero addosso dei detriti di mattoni e di legno. Notammo lo sviluppo di una colonna di fumo nero” Il Maresciallo pensò alla faccia bianca e sorpresa di Cacace che lo osservava spaventato. “Dopo forse mezzo minuto, mentre proseguivamo la nostra marcia, il Maresciallo Biondo mi ha chiamato per informarmi che mentre con i suoi forestali stavano arrivando in zona, all’interno del baglio c’era stata una forte esplosione che dalla distanza da cui lui osservava, sembrava avesse distrutto buona parte dell’edificio. Gli chiesi di delimitare la zona e di evitare che il fuoco si propagasse nell’uliveto ma di mantenere i suoi uomini a distanza di sicurezza dal Baglio senza avvicinarsi. Arrivato constatavo che del Baglio erano rimaste in piedi sono le pareti frontali dell’edificio, mentre la parte posteriore, situata su un dirupo era precipitata nel dirupo stesso, facendo sfogare l’esplosione principalmente in quella direzione.” Si fermo ad osservare lo scritto. “Richiesto l’intervento degli artificieri dell’esercito, nei ruderi del Baglio sono state trovate quanto restava di alcune casse di legno con scritte cirilliche dentro cui vi erano gli avanzi risparmiati dal fuoco di fucili d’assalto AK-47 e altre attrezzature militari. Da alcuni pezzi di legno recuperati, sembra che l’esplosione sia stata dovuta ad una cassa di tritolo per costruzione che è stata innescata probabilmente per l’incendio di una stufetta elettrica dimenticata accesa. Stufe simili sono state trovate in diversi punti del Baglio. La macchina risultava rubata un mese prima a Cefalù” Il Maresciallo si grattò la testa e continuò a leggere “Si suppone al momento che il Baglio sia stato un deposito della cosca Calabrò, vera proprietaria dell’uliveto, dove veniva occultato materiale che probabilmente doveva servire per qualche rapina di furgoni postali o banche. Al momento non si ha un collegamento tra il deposito e la morte di Calabrò Sabino avvenuta circa una settimana prima, ma i suoi continui viaggi nella contrada portano a pensare che sicuramente il Calabrò ne fosse a conoscenza” Il Maresciallo guardò scettico il documento “U Ghiancheri deve aver fatto fuori i secondini di donna Gaetana e li ha portati via, poi ha fatto saltare il baglio per cancellare le prove della presenza della donna. Tutta la storia si riassumeva in una base della cosca abbandonata dopo la morte di Sabino, e in un incidente casuale.” Per l’ennesima volta il Maresciallo appoggiò il documento sulla scrivania incerto se potesse considerarlo realistico e quindi finito. “Al procuratore il report piacerà, vi sono i fatti e non c’è nulla della mia fantasia” E si mise a ridere. “Maresciallo mi scusi – fece Caccamo apparendo sulla porta del suo ufficio – c’è un signore che vorrebbe salutarla….” “Eh chi è ?” fece sorpreso “Marescialluuuuu” fece improvvisa la figura di Mancino la cui sagoma occupò tutta la porta tanto che Caccamo scomparve dietro di lui “ come stai Maresciallo? sto andando a prendere Rachele a Palermo e sono passato a portare due gamberi freschi freschi, un totano che è uno zucchero e una spigola che se quando la mangerà la farà andare in paradiso” l’omone riuscì a superare la piccola porta e tra le mani gli apparvero una enorme borsa frigo che doveva contenere il tesoro che aveva descritto e un'altra borsa piena di bottiglie di vino “Il totano è da fare subito, lo pulisci e lo metti in padella con l’accia, due olive verdi, i capperi e lo fa rosolare poi con il pomodoro…” “Mancino grazie …. - rispose il Maresciallo ancora sorpreso e travolto dalla loquacità dell’amico. - … Caccamo per favore prendi e metti tutto in frigo che a mezzogiorno cuciniamo tutto” Mancino diede con delicatezza la borsa all’appuntato “Mi raccomando i gamberi ….. – fece severo verso Caccamo - .. crudi! con un filino d’olio e poco limone: sono una delizia…” “Questa è una bella sorpresa – fece il Maresciallo – non ti aspettavo…” “E’ che Rachele, la conosci, ha insistito che passassi a ricordarti che sabato sei a pranzo da noi… Per favore non dirmi di no che se noi lei è capace che ti viene a prendere: lo sai è bergamasca, ha la testa più dura di una palermitana” “Questo è tutto da dimostrare ma ti credo! ti posso offrire almeno un caffè ?” “Ma quale caffè sarebbe il quinto questa mattina, sono andato alle cinque al mercato del pesce a prendere il meglio per Rachele…. ora però devo andare che devo attraversare Palermo con il traffico” “Aspetta che ti accompagno alla macchina” Il Maresciallo prese il cappello ma, come ultimamente gli capitava, si dimentico il cellulare sulla scrivania. “Allora tutto bene?” chiese Mancino appena usciti dalla caserma “Tutto bene… penso che ogni cosa sia andata a posto” “Si, è tutto a posto. Ho saputo che c’è stato un po' di fuoco…” “Un deposito di armi dei Calabrò…” “A niente di particolare. Ah proposito lo sai che Miuccio Calabrò è morto” Il Maresciallo si fermò sorpreso “Morto? e come fu” “Il giornale dice che lo hanno trovato a casa sua in vestaglia strangolato sulla sua poltrona” “Strangolato? e cosa vuol dire?” “Che non volevano versare il suo sangue. Un morto strangolato non chiama vendetta” “Ho capito, ma che senso aveva farlo fuori adesso?” “Non lo so, forse è una morte di scambio” “Eh cioè?” “Tu hai qualcosa che interessa a me, io ho qualcosa che interessa a te. Ora io riesco a rubarti quello che mi interessa e tu ti incazzi ancora di più. Allora io ti dico: ti posso rendere quello che vuoi. Magari me ne tengo poco poco e il resto te lo restituisco se tu uccidi una certa persona” Il Maresciallo si fermò interdetto “Lo hanno ucciso i suoi?” “Lui doveva uccidere sia la moglie che U Ghiancheri quando li aveva scoperti. Invece è andato a piangere da suo cugino Sabino scatenando il casino che ne è venuto fuori. Orami era cornuto e coglione. Se non l’avessero ucciso loro lo avrebbero fatto le altre cosche e non si sarebbero limitate a far fuori solo Miuccio” “Pensavo che non ci sarebbero stati altri morti” “Non per mano sua! e questo lo ha mantenuto….” Fece serio Mancino di fronte alla macchina. Si girò ed entrò in machina sedendosi, poi, con una certa difficoltà, tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta “Questo è per tè - Il Maresciallo lo guardò severamente - Lo so che tu sei uno sbirro che non accetta soldi, ma la compagna del mio amico vuole dirti personalmente grazie e nel foglio c’è il posto e l’ora dove ti aspettano per dirtelo. Pensa che sia un suo dovere e una forma di rispetto ringraziarti personalmente.” Il Maresciallo prese il foglio di carta e salutò mancino “Salutami l’ing. Rachele..” fece mentre Mancino partiva sgommando “Ricordati sabato…” fece Mancino agitando la mano dal finestrino Il Maresciallo l’osservò scomparire e poi si voltò per tornare in caserma. Mentre andava apri il foglietto ed osservandolo si fermò per la sorpresa. Era un biglietto per assistere ad un’opera presso il teatro Greco di Taormina: “I Pagliacci”
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