#/ma molto riadattata
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turuin · 2 years ago
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ho scovato questa notizia grazie a un post di @lady--vixen e ... non so bene cosa pensare. Nulla togliendo all'operazione che ha i suoi meriti, e senza volersi troppo addentrare nel ginepraio del inclusive o politically correct o qualsivoglia (è vero che certe espressioni sono fastidiosamente datate e che molti concetti possono/potrebbero/dovrebbero essere superati e riadattati allo spirito dei tempi) mi viene in mente però il paradosso della nave di Teseo, che sicuramente conoscerete ma che vale la pena di ripetere: (da Wikipedia, che non ho voglia di riscriverlo io) Si narra che la nave in legno sulla quale viaggiò il mitico eroe greco Teseo fosse conservata intatta nel corso degli anni, sostituendone le parti che via via si deterioravano. Giunse quindi un momento in cui tutte le parti usate in origine per costruirla erano state sostituite, benché la nave stessa conservasse esattamente la sua forma originaria. Ragionando su tale situazione (la nave è stata completamente sostituita, ma allo stesso tempo la nave è rimasta la nave di Teseo), la questione che ci si può porre è: la nave di Teseo si è conservata oppure no? Ovvero: l'entità (la nave), modificata nella sostanza ma senza variazioni nella forma, è ancora proprio la stessa entità? O le somiglia soltanto?
Qui la situazione è opposta: si modifica la forma, nella speranza di preservare la sostanza.
Ma, allora, la questione che mi pongo io è la seguente: si può modificare la forma di un'opera letteraria (vale a dire il linguaggio usato, figlio del tempo in cui è stato scritto e delle caratteristiche positive e negative e, in ultima analisi, culturali) pur preservando se fosse possibile il suo senso letterario e poi dichiarare che quell'opera è la stessa?
Lancio una provocazione: perché non permettere la pubblicazione di entrambe le opere? Una riadattata e una scrupolosamente identica all'originale con, magari, un disclaimer che spieghi che Dahl tutto sommato era figlio del suo tempo e pieno di pregiudizi anche molto gravi? S'apra la discussione civile, reblog benvenuti e contenuti costruttivi (che non siano il solito "cancel cultureeeeee" che ha rotto i coglioni ancora prima di nascere).
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angelonerodelpeccato · 2 years ago
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Dedicata a tutte le persone che si sentono “un po’ così”❤️
Riadattata
Caro me,
oggi mentre ti asciugavi i capelli, ti ho guardato allo specchio e non ti ho trovato benissimo.
Hai il colorito spento, forse è l'inverno, forse è la vitamina D che è sempre giù. O forse è che sorridi poco?
Hai più occhiaie del solito e gli occhi rossi.
È stato lo shampoo oppure forse la cosa è da attribuire al poco sonno e alle dieci ore che hai passato al PC?
Non va molto bene così, tanto più se consideriamo il fatto che di te non sei mai contento, che hai lasciato la scrivania pensando che avresti potuto fare di più, che ciò che hai fatto non basta e che domani, non si sa bene come, dovrai superare ancora una volta i tuoi limiti.
Caro me, che ne pensi di rilassarti un attimo? Che ne pensi di una tregua? Avresti potuto passare cinque minuti in più sotto la doccia, ti posso assicurare che quei cinque minuti non avrebbero cambiato le sorti del mondo ma forse un po' le tue sì.
Smettila di pensare a tutto ciò che non hai fatto e prova a concentrarti sulle cose straordinarie che hai realizzato. Rallenta, non c'è nessuno ad inseguirti, sei solo tu.
Non sei fatto solo di doveri, concediti qualcosa di bello.
Riposati un attimo o non riuscirai ad arrivare integro a domani. Non sentirti in colpa se non sei perfetto, non te lo ha chiesto nessuno.
Te lo aspetti solo tu.
Sii buono con te stesso, smettila di tirare la corda, smettila di rimproverarti, di essere pesante.
Avevi detto di aver bisogno di leggerezza, ricordi?
Avevi detto che dovevi liberarti, lo hai dimenticato?
Ci sono giorni difficili, lo sappiamo. Ma adesso volta pagina, fatti dare un abbraccio, spegni tutto e respira profondamente.
Hai solo bisogno di cinque minuti di nulla... hai solo bisogno di ritrovarti.
(Laura DeL Pizzo) 💋❤️ ANGELO NERO
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enkeynetwork · 3 months ago
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micro961 · 8 months ago
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Marco Forti - Il nuovo e atteso singolo “Parole”
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Il brano del cantautore sui principali stores digitali e nelle radio
“Parole” è il nuovo singolo del musicista, artista e cantautore Marco Forti, sui principali stores digitali per Lift Records e dal 22 giugno nelle radio italiane in promozione nazionale. Produzione artistica ben strutturata, dagli arrangiamenti di tendenza, eleganti e al servizio di una melodia, struggente e nello stesso tempo delicata che possiede un intenso messaggio sociale. Da brividi l’interpretazione vocale di Marco che dona al tutto un forte impatto emotivo, a dimostrazione di una maturità artistica raggiunta a pieni voti, dopo tante pubblicazioni e spettacoli nei club, festival e teatri.
“(…) le parole sono firme d’ogni vita che passa…”
Le parole hanno delle ripercussioni molto importanti sulla vita di tutti, positive o negative, a seconda del significato che gli attribuiamo. E ancora una volta, il giovane artista, lo vediamo impegnato sul sociale, anche se il sound, rispetto al precedente progetto, è più fresco e attuale. Dopo il suo album “DAL MIO PUNTO DI VISTA”, Marco Forti torna sulle scene con la firma di un’altra etichetta discografica, Lift Records e con una nuova storia, dando voce ad un ragazzo che purtroppo non riesce più a parlare.
Ascolta il brano “Credo molto al destino e credo, questa, ne sia la prova. Ero a Capena, il paese in cui vivo e c’era una festa. Questa festa ricorreva ogni anno ed era benefica, dedicata ai soggetti affetti da Sclerosi Multipla. Questo ragazzo che se ne stava lì, sul palco, con sua madre. La madre è la sua portavoce e raccontava questa storia, su cui hanno scritto un libro e, finalmente, la gente ascoltava. Ha toccato il cuore di molte persone e il mio. Dice di chiamarsi Marco, proprio come me e quindi non potevo non far partire questo progetto! Marco De Alexandris è un ragazzo molto particolare e la sua storia potrebbe essere riadattata tranquillamente per la sceneggiatura di un film! Però forse non è ancora tempo di svelare niente. Posso solo dirvi che questa canzone prende spunto dalle parole di una poesia di Marco, che ho riadattato in canzone, per poi metterla in musica e, dopo varie vicissitudini e l’amicizia coltivata con il ragazzo e con i suoi genitori, è nata “Parole.” Marco Forti
“Parole” è un brano che riflette la vita di molti. Le parole di ogni giorno o quelle che ci accompagnano per anni. Quelle parole che ci danno conforto o quelle che non vogliamo ricordare perché ci fanno troppo male. Un brano che parla proprio di questo: entra in punta di piedi nel profondo, facendo caso ai dettagli e pone tante domande, in un’epoca dove si va sempre troppo di fretta, ma c’è chi non può correre e vive lo stesso e, magari pensa di più, direbbe Marco! Non manca di certo quel tocco di orecchiabilità al brano e il suo sound radiofonico, per stare al passo con i tempi, senza tralasciare la firma dell’autore. “Le parole sono un brivido d’aria, sparse nel mondo” e forse è proprio questo che ci rende umani ed unici nel nostro genere!
Facebook: https://www.facebook.com/marcofortiofficial/ Instagram: https://www.instagram.com/marcoforti._ YouTube: https://www.youtube.com/user/ramnarf3
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perilleonedisanmarco · 5 years ago
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Esarcato d'Italia, provincia Annonaria, 580:
Veneto: NO WAY! Only Byzantium can order me to do something. I'm not taking order from you!
Romagna:
Byzantium *walks by*:
Romagna:
Romagna: BYZANTIUM! Can you order Venetikà to help me with the dishes, please?
Byzantium: Venetikà, do the dishes!
Veneto: ARE YOU KIDDING ME?!
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3nding · 4 years ago
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In tanti mi hanno chiesto di raccontare la mia esperienza con il Covid-19. Molti avranno già letto queste parole (non sentite perché ancora non riesco a parlare correttamente), ma magari servirà per sensibilizzare coloro che ancora si ostinano a portare la mascherina sotto al naso e fare le cene con gli amici. Ovviamente i termini medici e le terapie sono riportate da me, che non ho nessuno studio a riguardo e potrei tranquillamente commettere qualche errore. Inoltre sto scrivendo di getto da un letto di ospedale quindi non anche lo stile di scrittura non sarà dei migliori.
Il 19 ottobre sono dovuto andare al Pronto Soccorso oculistico dell'ospedale di Arezzo per una lesione alla cornea. C'erano moltissimi pazienti in attesa, tutti forniti di mascherina e gel igienizzante. Ma purtroppo in qualche modo il virus, o grazie alle difese immunitarie abbassate o per il fatto che inconsciamente mi toccavo spesso l'occhio, è riuscito a passare.
Dopo 5 giorni, mentre ero in ufficio, è arrivato un leggero mal di testa e quando sono arrivato a casa avevo la febbre a 37.3. Automaticamente mi sono isolato.
La mattina successiva sono andato, privatamente, a fare il test seriologico che è risultato negativo. Ma una volta a casa, la febbre era salita a 38.5.
Non avevo altri sintomi; ne raffreddore ne tosse, sentivo odori, sapori e tutto il resto. Ma la febbre continuava a salire nonostante le 4 tachipirina 1000 che prendevo al giorno. Poteva benissimo essere una semplice influenza, come qualcosa di più grave.
Passati altri tre giorni, il mio medico mi ha fatto la richiesta per il tampone, purtroppo in tutta la provincia non c'era un posto disponibile ed ho dovuto aspettare altre 24 ore.
Non volendo coinvolgere nessuno della famiglia, ho preso la macchina e sono andato da solo a fare il tampone al drive-thru ma già sentivo che qualcosa era cambiato, avevo il fiato corto e cominciavo a far fatica a parlare.
Una volta tornato, mio babbo mi ha fatto trovare il saturimetro che avevo preso su Amazon qualche giorno prima.. La mia saturazione era a 91 con una frequenza a riposo di 109. Troppo poco ossigeno con troppi battiti.
Il mio medico non si sentiva tranquillo ed preferito allertare l'USCA. Purtroppo anche loro erano pieni di pazienti da visitare ed io ancora non avevo il risultato del tampone, quindi non avrebbero saputo se ricoverarmi per in un ospedale Covid o normale.
Quando il giorno successivo l'USCA è arrivata, non riuscivo già più a parlare. Dalla camera al bagno il fiatone si faceva sentire. Respirare era difficile e mi sentivo come un pesce appena pescato.. Boccheggiavo.
Mi hanno subito portato al San Donato di Arezzo. Ho passato 50 minuti in attesa fuori dal pronto soccorso, perché seppur fossero le 22:30, c'erano altre cinque ambulanze davanti a me. Dopo la visita ed il tampone mi hanno portato in malattie infettive.
Con l'RX torace si sono accorti che il polmone destro era praticamente collassato, ed anche il sinistro era messo male.
Mi hanno messo il casco per respirare (CPAP, che ho tenuto per 11 lunghissimi giorni), ossigeno sparato à 60lt/minuto, un rumore assordante e continuo che mi impediva di sentire quello che mi dicevano i medici.
Ed io non potevo esprimermi che a gesti perché non avevo fiato e potevo solo concentrarmi sul respiro dato che non mi bastava l'aria.
A quel punto mi hanno portato in terapia intensiva.. Ed è cominciato l'incubo.
Tra catetere arterioso, catetere venoso, accessi periferici, catetere vescicale, sonde, tubi.. Ero limitatissimo nei movimenti e non potevo muovere bene le braccia per scrivere ai miei cari per cercare un conforto. Ero isolato.
Nudo in un letto con medici e infermieri che si aggiravano per la stanza, somministrandomi terapie e azioni per far ripartire i polmoni. Hanno provato a rincuorarmi, ma psicologicamente era veramente dura.
Poi il mio compagno di stanza (in realtà una sala operatoria riadattata) è morto.. Ed anche se non lo conoscevo, era lì accanto a me da tre giorni. A quel punto sono crollato.
Durante le notti infinite, ho avuto delle incontrollabili crisi di pianto. Un pianto di disperazione che non mi sarei mai aspettato da me, sempre cinico e razionale.
Il quarto giorno hanno chiamato i miei per dirgli che mi avrebbero intubato.. Non stavo migliorando ed era l'unica via percorribile. Entrambi i miei genitori in quel momento sono invecchiati. Mia mamma ha passato la notte a piangere e vomitare.
Quella notte, il medico della rianimazione ha provato a farmi stare a pancia sotto, che tra casco e tutto il resto era una situazione allucinante, ma per fortuna ero sedato. Miracolosamente gli alveoli hanno cominciato a riaprirsi.
Da lì è cominciata la lenta ripresa.
Mi hanno riportato in malattie infettive con il casco, e da quel momento sto facendo una sorta di svezzamento da ossigeno.. I polmoni sono ripartiti grazie ai volumi altissimi di ossigeno ed ora devo reimparare a respirare normalmente.
Nel frattempo ho avuto delle complicazioni dovute alla degenza, e voglio puntualizzare NON alla negligenza di chi mi ha assistito e salvato la vita, semplicemente sono cose che possono succedere in queste situazioni.
In terapia intensiva provavo a dire che mi faceva male il catetere vescicale.. Ma mi rispondevano che non ero abituato ed era un fastidio e che non avrei avuto lo stimolo della pipì perché la vescica si sarebbe automaticamente svuotata nel tubicino. Io invece avevo lo stimolo e mi venivano dei crampi fortissimi.. Dopodiché mi trovavo tutto bagnato..
Quando mi hanno tolto il catetere si son resi conto di avermi lesionato la vescica. Molto dolore e sangue nella pipì.
Poi per non farsi mancare nulla.. Le due dosi di eparina al giorno per evitare la trombosi polmonare hanno fluidificato molto il sangue. Questo mi ha causato ho fortissime emorragie dal lato B.
Una sera mi sono perfino impaurito perché non sapevo come fare a fermare il sangue ed alla fine ho dovuto anche pulire il pavimento del bagno perché mi vergognavo. 🤦🏻‍♂️
Rispetto ai polmoni collassati sono cazzatine.. Ma dopo tutti questi giorni, ogni intoppo pesa sul morale come un macigno.
Piano piano sto migliorando, la saturazione sale, l'EGA migliora ed anche io mi sento meglio. Certo, se tolgo l'ossigeno per andare in bagno o mangiare dopo qualche minuto mi torna la tosse e l'affanno, ma sto meglio e sono sulla strada della guarigione.
Come si vede dalla foto, sono tutto barba e capelli perché con il casco non si mangia, ed avrò perso circa 10/12kg. 😅
Se siete arrivati fino qui con la lettura (cosa per la quale vi ringrazio), avrete capito che è stata un'esperienza terribile.
Io ho 35 anni, vado in palestra e sono in ottima forma fisica, non ho patologie pregresse godo (godevo) di ottima salute. Sono sempre stato molto attento a disinfettare correttamente le mani ed ho sempre tenuto la mascherina; eppure il virus è riuscito a passare.
Penso al ragazzo di 39 anni di Livorno che è morto per un ritardo, penso al mio compagno di stanza, a tutti quelli che pur lottando non ce l'hanno fatta.
Bisogna prevenire il virus a tutti i costi, fare sensibilizzazione e convincere gli scettici. Perché anche loro se ne renderanno conto quando una persona vicina è in fin di vita, ma sarà già tardi.
Lorenzo Stocchi, fb
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aven90 · 4 years ago
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Le avventure di Giraven/45
Le avventure di Giraven/45
State per leggere una storia vecchissima, riadattata per il blog. Buona lettura! Giraven non è lento Ma qualcosa sta per cambiare nella vita di Giraven. Lui non lo sa, ma proprio questa mattina il suo sonno sarà interrotto da un animale molto fastidioso. Lo struzzo, che per inciso fa parte anche della corte del sovrano, che come abbiamo visto ha rapito Rigobina per farne l’animale…
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meandworld · 4 years ago
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«In tanti mi hanno chiesto di raccontare la mia esperienza con il Covid-19 - scrive - Molti avranno già letto queste parole (non sentite perché ancora non riesco a parlare correttamente), ma magari servirà per sensibilizzare coloro che ancora si ostinano a portare la mascherina sotto al naso e fare le cene con gli amici. Ovviamente i termini medici e le terapie sono riportate da me, che non ho nessuno studio a riguardo e potrei tranquillamente commettere qualche errore. Inoltre sto scrivendo di getto da un letto di ospedale quindi anche lo stile di scrittura non sarà dei migliori. Il 19 ottobre sono dovuto andare al Pronto Soccorso oculistico dell’ospedale di Arezzo per una lesione alla cornea. C’erano moltissimi pazienti in attesa, tutti forniti di mascherina e gel igienizzante. Ma purtroppo in qualche modo il virus, o grazie alle difese immunitarie abbassate o per il fatto che inconsciamente mi toccavo spesso l’occhio, è riuscito a passare».
«Dopo 5 giorni, mentre ero in ufficio, è arrivato un leggero mal di testa e quando sono arrivato a casa avevo la febbre a 37.3. Automaticamente mi sono isolato. La mattina successiva sono andato, privatamente, a fare il test seriologico che è risultato negativo. Ma una volta a casa, la febbre era salita a 38.5. Non avevo altri sintomi; né raffreddore né tosse, sentivo odori, sapori e tutto il resto. Ma la febbre continuava a salire nonostante le quattro tachipirine 1000 che prendevo al giorno. Poteva benissimo essere una semplice influenza, come qualcosa di più grave. Passati altri tre giorni, il mio medico mi ha fatto la richiesta per il tampone, purtroppo in tutta la provincia non c’era un posto disponibile ed ho dovuto aspettare altre 24 ore. Non volendo coinvolgere nessuno della famiglia, ho preso la macchina e sono andato da solo a fare il tampone al drive-thru ma già sentivo che qualcosa era cambiato, avevo il fiato corto e cominciavo a far fatica a parlare. Una volta tornato, mio babbo mi ha fatto trovare il saturimetro che avevo preso su Amazon qualche giorno prima. La mia saturazione era a 91 con una frequenza a riposo di 109. Troppo poco ossigeno con troppi battiti. Il mio medico non si sentiva tranquillo ed preferito allertare l’USCA. Purtroppo anche loro erano pieni di pazienti da visitare ed io ancora non avevo il risultato del tampone, quindi non avrebbero saputo se ricoverarmi per in un ospedale Covid o normale».
«Quando il giorno successivo l’USCA è arrivata, non riuscivo già più a parlare. Dalla camera al bagno il fiatone si faceva sentire. Respirare era difficile e mi sentivo come un pesce appena pescato... Boccheggiavo. Mi hanno subito portato al San Donato di Arezzo. Ho passato 50 minuti in attesa fuori dal pronto soccorso, perché seppur fossero le 22:30, c’erano altre cinque ambulanze davanti a me. Dopo la visita e il tampone mi hanno portato in malattie infettive. Con l’RX torace si sono accorti che il polmone destro era praticamente collassato, e anche il sinistro era messo male».
«Mi hanno messo il casco per respirare (CPAP, che ho tenuto per 11 lunghissimi giorni), ossigeno sparato à 60lt/minuto, un rumore assordante e continuo che mi impediva di sentire quello che mi dicevano i medici. Ed io non potevo esprimermi che a gesti perché non avevo fiato e potevo solo concentrarmi sul respiro dato che non mi bastava l’aria. A quel punto mi hanno portato in terapia intensiva. Ed è cominciato l’incubo. Tra catetere arterioso, catetere venoso, accessi periferici, catetere vescicale, sonde, tubi... ero limitatissimo nei movimenti e non potevo muovere bene le braccia per scrivere ai miei cari per cercare un conforto. Ero isolato.»
«Nudo in un letto con medici e infermieri che si aggiravano per la stanza, somministrandomi terapie e azioni per far ripartire i polmoni. Hanno provato a rincuorarmi, ma psicologicamente era veramente dura. Poi il mio compagno di stanza (in realtà una sala operatoria riadattata) è morto. Ed anche se non lo conoscevo, era lì accanto a me da tre giorni. A quel punto sono crollato. Il quarto giorno hanno chiamato i miei per dirgli che mi avrebbero intubato. Non stavo migliorando ed era l’unica via percorribile. Entrambi i miei genitori in quel momento sono invecchiati. Quella notte, il medico della rianimazione ha provato a farmi stare a pancia sotto, che tra casco e tutto il resto era una situazione allucinante, ma per fortuna ero sedato. Miracolosamente gli alveoli hanno cominciato a riaprirsi».
«Da lì è cominciata la lenta ripresa. Mi hanno riportato in malattie infettive con il casco, e da quel momento sto facendo una sorta di svezzamento da ossigeno. I polmoni sono ripartiti grazie ai volumi altissimi di ossigeno ed ora devo reimparare a respirare normalmente».
«Piano piano sto migliorando, la saturazione sale, l’EGA migliora ed anche io mi sento meglio. Certo, se tolgo l’ossigeno per andare in bagno o mangiare dopo qualche minuto mi torna la tosse e l’affanno, ma sto meglio e sono sulla strada della guarigione. Come si vede dalla foto, sono tutto barba e capelli perché con il casco non si mangia, ed avrò perso circa 10/12kg».
«Io ho 35 anni, vado in palestra e sono in ottima forma fisica, non ho patologie pregresse, godo (godevo) di ottima salute. Sono sempre stato molto attento a disinfettare correttamente le mani e ho sempre tenuto la mascherina; eppure il virus è riuscito a passare. Penso al ragazzo di 39 anni di Livorno che è morto per un ritardo, penso al mio compagno di stanza, a tutti quelli che pur lottando non ce l’hanno fatta. Bisogna prevenire il virus a tutti i costi, fare sensibilizzazione e convincere gli scettici. Perché anche loro se ne renderanno conto quando una persona vicina è in fin di vita, ma sarà già tardi».
(Lorenzo, 35 anni, Ospedale di Arezzo via Corriere.it)
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danielscrepanti · 5 years ago
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Ieri ascoltavo la canzone di Rino Gaetano interpretata e riadattata da 50 artisti della musica italiana a sostegno della Croce Rossa per l’emergenza covid. Ho pensato che il nostro cielo sempre più blu abbiamo smesso di cercarlo perché forse lo abbiamo cercato troppo in passato e siamo finiti a darlo per scontato. Sarebbe bello se sostenessimo tutti con forza (magari ritrovandoci) un cielo blu in comune fatto solo da una Legge per l’architettura di un articolo (le opere pubbliche, tutte, si fanno con il concorso di progettazione così come disciplinato nel Codice degli appalti e nei suoi regolamenti attuativi, in modo semplice e serio) e da un’agenda urbana nazionale finanziata stabilmente per non distribuire soldi a caso, ma per concentrare i quattrini solo dove servono per azioni precise, specifiche, pensate e tarate sui territori veri, ormai tutti molto diversi tra loro paesaggisticamente, economicamente e culturalmente (essendo finita l’età rurale, le sue inerzie di movimento delle persone, delle informazioni, dei beni e delle energie, e le sue notevoli scarsità tecnologiche). Proviamo a cantare insieme la stessa canzone, perché in fondo possiamo pensarla in modo diverso su tutto, ma dubito che qualcuno possa non riconoscere che il concorso di progettazione è la grande opportunità di precisare e qualificare la domanda di architettura in un bando, l’unico modo che conosco per farci ricercare, sperimentare e valorizzare al meglio le soluzioni progettuali che possiamo offrire. Dubito inoltre che qualcuno ritenga che abbiamo chance di tornare credibili agli occhi del grande pubblico se non dimostriamo di sostenere strategie di azione territoriale agganciate alla realtà dei singoli territori, e non intenzioni o enunciati generici buoni per la visione territoriale delle politiche urbane europee, dove le città sono i pallini e le aree rurali sono quelle fuori dalle palline. Non esiste più questa realtà territoriale Ambrogio Lorenzetti style e possiamo immaginarci quanto sia sciocco disporre le pedine su uno scacchiere sbiadito.
(In risposta al post di Andrea Boschetti nel quale il collega ha presentato la sua lettera aperta agli architetti, di cui condivido l’obiettivo. Lo ringrazio per avermi invitato a dire la mia nel suo post)
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bartendable · 5 years ago
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Sour cocktails
Per poter essere definito “ Sour” un cocktail deve rispettare la regola delle 4 “ S ” :
1) Strength : in questi drink deve essere presente almeno un elemento alcolico, per esempio un distillato, un liquore , oppure anche un amaro che dia al drink la forza alcolica necessaria. Le possibilità sono infinite e non necessariamente questi elementi devono essere inseriti singoli, ottimi risultati si ottengono combinando tra loro i vari tipi di alcolici... a voi la scelta.
2) Sour : il secondo elemento è rappresentato dalla componente acida che normalmente è data dal succo fresco di limone o lime; evitate di usare prodotti liofilizzati poiché danno un aroma non gradito in questo tipo di drink. Oltre al succo di limone o lime potete sbizzarrirvi utilizzando qualunque tipo di succo, che abbia in sè già un’alta componente di acidità, oppure potete utilizzare un succo dolce, andando ad aggiungere dell’acido citrico in polvere per aumentarne la componente acida.
3) Sweet: molto importante è il bilanciamento acido-dolce che deve essere sempre controllato per evitare di sbilanciare l’equilibrio del drink verso uno dei due elementi. Il dolcificante per eccellenza che viene utilizzato è lo sciroppo di zucchero. Nulla vieta peró di sperimentare altri dolcificanti, come per esempio honey mix, sciroppo di agave, sciroppi di frutta in generale: le soluzioni sono infinite e potete adattarle a seconda del vostro gusto personale, tenendo sempre a mente il bilanciamento acido- dolce.
4) Shaker: la quarta S si riferisce allo strumento con cui questi cocktail devono essere preparati. Una delle caratteristiche immancabili in un sour è la cremosità data da due elementi : la shakerata e l’albume d’uovo. Per quanto riguarda l’albume, esso è un emulsionante naturale che permette alle bolle d’aria di rimanere in sospensione nel liquido mantenendo la schiuma stabile; in più dona al drink una texture setosa e morbida. Lo shaker gioca un ruolo essenziale per “arieggiare” il drink e lavora quindi in tandem com l’albume per raggiungere il risultato finale.
Ma come devo shakerare ?
per raggiungere il risultato voluto, potete utilizzare tre diverse tecniche di preparazione:
1) Dry shake: consiste nel shakerare prima il drink senza ghiaccio, poi aggiungere il ghiaccio e shakerare nuovamente per raffreddare il cocktail e montare ulteriormente la schiuma
2) Reverse dry shake: è l’opposto della tecnica precedente ovvero si shakera prima il drink con ghiaccio, si filtra in double strain per rimuovere il ghiaccio e si shakera nuovamente senza ghiaccio.
3) Aerolatte: questa è la tecnica che preferisco perchè è molto rapida e l’effetto finale è davvero ottimo: necessita soltanto di un montalatte che va acceso all’interno del tin in cui sono contenuti gli ingredienti senza ghiaccio; mantenete il montalatte vicino alla superficie per inglobare aria e montare la schiuma, raggiunta la consistenza desiderata mettete il ghiaccio e shakerate per raffreddare il cocktail.
Il servizio di questi drink può essere sia con ghiaccio ( on the rocks) oppure in coppa ( straight up), la scelta dipende dalla preferenza del cliente.
Ricetta di un generico cocktail sour
Distillato/ liquore 4,5 cL
Succo di limone o lime 3 cL
Sciroppo di zucchero 2 cL
albume d’uovo pastorizzato 1cl
Riflessioni finali
-Talvolta l’albume può conferire al cocktail un odore sgradevole difficile da coprire, per ovviare a questo problema potete utilizzare un peel di limone da spremere sulla superficie del cocktail, gli olii essenziali copriranno l’odore sgradevole.
- La versatilità di questi drink è estrema, aggiungendo ingredienti potete cambiare il loro gusto verso ogni direzione: amaro, dolce, acido; sono perciò perfetti per uscire da una delle situazioni difficili in cui un barman si trova quotidianamente: il cocktail “fai tu”. Spesso e volentieri i clienti più affezionati ripongono in noi la loro fiducia per creare un cocktail che rispecchi i loro gusti, in questa situazione i sour ci vengono in soccorso , infatti basterà modificarne la ricetta portandola verso il gusto che il nostro ospite ci chiede.
-La ricetta generica rappresenta soltanto un punto di partenza e andrà riadattata di volta in volta cambiando le proporzioni a seconda degli ingredienti che verranno scelti.
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istanbulperitaliani · 3 years ago
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Un edificio che racconta la Storia di Istanbul
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Istanbul, l’antica Costantinopoli, e prima ancora Bisanzio ha una Storia davvero unica e interessante. Mi piace raccontare gli aspetti storici di questo straordinario luogo che non smette mai di sorprendere.
Qualche tempo fa vidi una foto di questo edificio e sono andato alla ricerca del luogo. Siamo nel quartiere di Cağaloğlu, che si chiama così perché ci viveva Yusuf Sinan Cığalazade, il Grande Ammiraglio della flotta ottomana, che prima di essere rapito dai pirati ottomani e costretto a convertirsi all’islam, era conosciuto come Scipione Cicala. 
L’edificio in questione non ha nulla a che vedere con il celebre ammiraglio di origine genovese, omaggiato da Fabrizio De André con il brano Sinàn Capudàn Pascià. Probabilmente lo avrà incrociato quando ricopriva il ruolo di Gran Visir mentre era diretto verso il Palazzo Topkapi. Chissà. 
L’edificio racconta visivamente la Storia di Istanbul.     
Il piano terra é quella che un tempo, molto probabilmente, era una cisterna di origini bizantine. Una delle tante cisterne che si trovavano a Costantinopoli. Le colonne, gli elementi architettonici sono di chiara origine bizantina.
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Basta sollevare lo sguardo e notiamo subito una differenza di materiali edilizi. Qua siamo durante l’epoca ottomana. La struttura é stata riadattata durante l’epoca imperiale, forse restaurata, in ogni caso si é deciso di utilizzare la cisterna come fondamenta di un nuovo edificio. 
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Le sorprese non finiscono qui. Subito al piano superiore abbiamo la comparsa del cemento e di altri materiali decisamente moderni. Siamo già in epoca Repubblicana. Questo edificio sembra un libro aperto che racconta Istanbul.
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cinquecolonnemagazine · 4 years ago
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Galleria Toledo riapre al pubblico
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Il Teatro Stabile d'Innovazione Galleria Toledo riapre al pubblico in presenza e propone tre spettacoli per il mese di maggio: “Quartett” dal testo di Heiner Müller con la regia di Alessandro Marmorini (11 e 12 maggio), il thriller psicologico “In casa con Claude” diretto da Giuseppe Bucci (dal 18 al 20 maggio) e“La conoscenza della non conoscenza.04”, performance di danza contemporanea con Adriana Borriello (23 maggio). Lo storico spazio culturale di avanguardia e di ricerca in Via Concezione a Montecalvario 34, diretto da Laura Angiulli e da trent'anni al centro della scena artistica napoletana, presenta tre opere di successo recuperando alcuni dei titoli previsti nella stagione sospesa 2020-2021. Gli spettacoli si terranno tutti alle ore 19,30, biglietto intero 15 euro, 12 euro per convenzionati e over 65 e 10 euro per under 35, la prenotazione è obbligatoria ([email protected], 081425037/081425824, pagina Facebook). “Riapriamo le porte del nostro teatro per dimostrare anche simbolicamente che la cultura deve ripartire – commenta Laura Angiulli – e per dare il segno di una presenza che vuole abbracciare i differenti linguaggi della scena. Abbiamo scelto degli spettacoli a cui teniamo molto e che siamo felici di recuperare, non solo per la grande finezza dei registi e degli interpreti, ma anche per le tematiche più che mai attuali che affrontano. Ma non ci fermeremo qui. Continuiamo le attività con le scuole e con gli atenei, e stiamo lavorando alla nuova edizione della rassegna Doppio Sogno, che tornerà nel periodo estivo a Villa Pignatelli”. Tratto da uno dei testi più celebri e controversi di Heiner Müller, tra i maggiori drammaturghi tedeschi del XX secolo, la produzione “Officina dinamo” porta sul palco di Galleria Toledo “Quartett” l’11 e il 12 maggio. La storia di due amanti, che richiama“Le relazioni pericolose” di Laclos, diventa occasione per un'approfondita indagine sul tempo storico e sugli archetipi dei rapporti tra generi. La regia è di Alessandro Marmorini, sul palco Cristina Golotta e Roberto Negri. Dal 18 al 20 maggio torna lo spettacolo “In casa con Claude”, produzione T.T., tratto dall’omonima opera del drammaturgo canadese René Daniel Dubois scritta negli anni ’80, riadattata e diretta da Giuseppe Bucci. Un thriller psicologico sul tema dell’emarginazione degli omosessuali.  Spazio alla danza con “La conoscenza della non conoscenza.04” (23 maggio), produzione AB Dance Research. Una lecture-performance di improvvisazione con Adriana Borriello,straordinaria e raffinata espressione internazionale della danza contemporanea, e Donatella Morrone. Le due artiste condivideranno con il pubblico l'alternarsi tra la parola e il movimento, in base alle pratiche, ai principi e agli strumenti narrativi impiegati dalla Borriello nel suo lavoro di coreografa e pedagoga della danza. Il Teatro Stabile d'Innovazione Galleria Toledo è diretto da Laura Angiulli, organizzazione e programmazione di Rosario Squillace, Alessandra D’Elia, Lorenza Pensato, Lavinia D’Elia, Anna Fiorile, Roberta Tamburelli, Solimena Francesco Armitti, Samantha Munasinha Mudiyanselage. Gli spettacoli, a capienza ridotta, si svolgeranno nel pieno rispetto delle normative anti-Covid con obbligo di indossare la mascherina per tutta la durata dello spettacolo.  Read the full article
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fondazioneterradotranto · 4 years ago
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Il presente del verbo 'essere'
di Giammarco Simone
Analogamente a quanto fatto con il verbo ‘avere’, adesso l’attenzione si sposta sul verbo ‘essere’. Anche qui, la diversità linguistica del dialetto salentino è oggetto di analisi, in quanto esistono varie forme verbali dipendenti dalla zona geografica di riferimento. Per questo studio, ricorre la Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (1966) del linguista G. Rolhfs. Sulla base delle sue considerazioni, propongo di seguito un elenco delle persone del presente indicativo del verbo essere e la relativa spiegazione:
1°pers. sing: suntu/sontu/sù/sò: la forma verbale è un caso di confusione. Mi spiego: se dovessimo dire che suntu/sontu derivano dalla 1° pers. sing. del verbo latino esse, che ha dato nel latino volgare *essere, dovremmo pronunciare sugnu, come nel siciliano, in quanto essa proviene sì dalla 1°pers.sing. latina che era sum. Tuttavia, la forma verbale del nostro dialetto non si origina da sum, bensì da sunt, cioè la 3° pers. plur. del verbo latino. Per questa ragione, come vedremo in seguito, la 1°pers. sing. e la 3°pers.plur. coincidono (jo suntu/sontu; iddhri suntu/sontu). Per quanto riguarda l’utilizzo delle varie forme, si può dire che suntu, con la sua corrispettiva forma abbreviata sù, si usa in tutto il Salento, fatta eccezione dei paesi limitrofi a Nardò e nel brindisino dove si utilizza la forma sontu e quella abbreviata sò che si ritrova anche in tutte le parlate del Meridione.
2°pers.sing: sinti/si: in linea generale, la forma dialettale deriva dal latino es, che probabilmente ha dato *sees nel latino volgare. Tuttavia, nel Salento si può anche osservare la forma sinti, la quale è il risultato di un adattamento su sontu. Anche per la 2° pers. sing. l’uso di si è piuttosto generalizzato, in quanto è una forma ricorrente in tutti i dialetti meridionali. La forma riadattata sinti sembra essere più rara, anche se nel neretino e nei territori di Galatone ed Aradeo è attestata (cce si scemu!/ cce sinti scemu!).
3°pers.sing: è/ete: la forma più attestata è senza dubbio è, anche per l’analogia con la lingua italiana. Tuttavia, la forma ete presuppone un piccolo chiarimento. Questa forma deriverebbe dall’antico italiano edè formatosi dal latino quid est > ched’è. Rolhfs (1966) ce ne parla in riferimento ai dialetti settentrionali toscani, ad alcuni marchigiani e al romanesco, dove la 3° pers. sing. è proprio edè. Nel dialetto salentino, si sarebbe poi avuto un suono dentale in t al posto di d ed un arretramento dell’accento, da cui la forma ète. In ogni modo, si tratta di una forma anch’essa abbastanza generalizzata in tutto il Salento.
1°pers.plur: simu: non esistono altre forme per esprimere la 1° pers. plur. Interessante, però, è sapere che la sua origine si deve al *simus volgare, proveniente a sua volta dal sumus
2° pers. plur: siti: anche per questa persona esiste una sola forma. Per quanto riguarda la sua possibile origine, si potrebbe pensare ad un antico latino volgare in *setis che sostituì la forma classica estis.
3° pers. plur: suntu/sontu/sù/so: come anticipato precedentemente, la 1° pers. sing. e la 3° pers. plur. sono uguali, così come le zone dove vengono utilizzate.
All’interno del discorso sul verbo essere, c’è da palare di un fatto curioso: l’utilizzo alla 3°pers.sing. della forma bbè/bbete. In questo caso, siamo davanti ad un fenomeno fonologico[1] che prevede l’aggiunta di un elemento non etimologico, in questo caso la consonante b, per armonizzare il suono e renderlo più facile da pronunciare. Questo raddoppiamento è presente, come vedremo anche in futuri interventi, nell’imperfetto (bbera) e nel congiuntivo (bbessa).
Una personale osservazione del nostro modo di parlare mi porta a dire che l’uso di bbè/bbete è più frequente con la negazione nu (nu bbè/bbete filu ca no mi piace; nu bbè/bbete calanteria quista; nu bbè/bbete iddhru lu problema) e quando il verbo essere è preceduto da una parola terminante in e/u o dalla congiunzione e (ce bbè beddhru; nu bbè degnu cu bbessa fijusa; ca d’energia pulita nci nnè tanta e bbè tutta utilizzabile).  La zone in cui si registra l’uso di bb è quella del Salento centrale, con Lecce e i paesi limitrofi al nord.
Ben diversa, invece, è la situazione in altre parti del Salento come Nardò, Copertino Aradeo, Galatone, Galatina, Gallipoli, Scorrano, Spongano, ecc. In queste zone si tende a pronunciare gg/ggh/ddh. Ad esempio: cce ggè? /cce gghiè? /cci ddhrè? /cce ggè successu? /cce gghiè successu? /cci ddhrè successu?
Se per la consonante b gli studi permettono una facile interpretazione puramente fonologica, lo stesso non si può dire sull’origine di gg/ggh/ddhr. Gli studi fatti da Rolhfs (1966) sono certamente fondamentali per poter capire come si siano svolti i fatti o quanto meno per poter formulare delle ipotesi. Infatti, egli osserva il ghe presente nei dialetti settentrionali della Liguria, Lombardia, Emilia e Veneto. In questi vernacoli, l’avverbio di tempo e di luogo ghe, originatosi dall’hic latino, accompagna il verbo ‘avere’ e sostituisce gli avverbi ci/vi della lingua italiana. Nonostante ciò, Rolhfs attesta anche la sua presenza in compagnia del verbo ‘essere’, con il significato equivalente all’italiano c’è . A tal proposito, riporto una frase scritta nel 1592, dell’allora sindaco di Lecce d’origine veneziana, Pietro Mocinego, il quale parlando di Lecce affermava: “Non ghe se al mondo cità più bea”[2], dove ghe >ci e se > è.
Dunque, mi verrebbe da formulare due ipotesi: che sia un lascito dei dialetti settentrionali nel Meridione o, piuttosto, si tratta di un fenomeno linguistico evolutosi in parallelo sia nei vernacoli settentrionali sia in quelli meridionali.
In riferimento alla prima ipotesi, direi che, dal punto di vista storico, precisamente intorno al 1482, la penisola salentina fu territorio di conquista da parte della Repubblica Veneziana e che, negli anni successivi, proprio per la sua importanza strategica nel Mar Adriatico e Mediterraneo si produssero numerose guerre di predominio territoriale contro i francesi che di tanto in tanto occupavano le terre italiane. In questo caso, come già espresso nel mio primo intervento sul “Vocalismo e consonantismo del dialetto salentino”, la storia è una utile alleata per poter rispondere a quelle che sono le domande e i dubbi di tipo linguistico, in quanto la formazione del lessico e le modificazioni delle parlate di un territorio possono avere come causa scatenante proprio il passato storico e le eventuali dominazioni susseguitesi nel corso dei secoli, in quanto portatrici di innovazioni e lasciti linguistici. Tuttavia, l’ipotesi storica credo che qui sia un po’ forzosa, soprattutto perché non ho prove certe di una possibile eredità linguistica diretta dei dialetti settentrionali sul salentino.
Per quanto riguarda, invece, la seconda ipotesi, la teoria di un’evoluzione in parallelo nei due vernacoli appare alquanto più probabile soprattutto se pensiamo che le forme gg/ggh/ddh sono presenti nel dialetto salentino sia alla 3° pers. sing. dell’indicativo ma anche nell’imperfetto (ggera/ gghiera/ddhera) e nel congiuntivo (ddheggia/ eggia ecc.). Secondo una ricostruzione, tali forme potrebbero provenire da hic + est latino, da cui si è avuta un’evoluzione fonetica e grafica che ha portato l’avverbio hic a trasformarsi in ghe, a perdere la sua funzione grammaticale di avverbio e unirsi al verbo essere[3]. Ciò si vede in cce gghè beddhru, dove ghe ha perso la sua funzione avverbiale. L’unico esempio dove l’avverbio si è mantenuto è nella domanda cce gghè? dove ghe ha significato di “adesso, in questo momento”, proprio come in italiano che c’è?
Anche per questa forma come già detto per quelle del leccese, da una mia osservazione posso affermare che il loro uso è più frequente con la negazione no e quando il verbo essere è preceduto da una parola che termina in e/u o congiunzione e.
Per concludere, abbiamo visto come anche il verbo ‘essere’ possiede alcune caratteristiche meritevoli di approfondimenti. Personalmente, ritengo molto importante soffermarsi a pensare sul perché e sul come della nostra lingua, in quanto essa è capace di raccontare storia, fenomeni, cause e ragioni che difficilmente riusciremmo a sapere se non ci fermassimo ad osservare.
  Note
[1]Pròtesi o pròstesi.
[2] Rucco N., Greco C. “Uci salentine”, Galatina, 1992.
[3] Bertocci, D., Damonte, F. “Distribuzione e morfologia dei congiuntivi in alcune varietà salentine”, 2007.
  Per il verbo avere nel dialetto salentino vedi qui:
Dialetto salentino. Il presente del verbo “avere” – Fondazione Terra D’Otranto
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lavoroconstile · 5 years ago
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Quali libri regalare a Pasqua 2020
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A ognuno il suo titolo
In questo articolo ho preparato per te una selezione di libri che potrai regalare per la prossima Pasqua 2020. Su Lavoro con Stile, La poltrona racconta, è dedicata alle recensioni e ai consigli editoriali. Attualmente, ci troviamo in un momento storico in cui la nostra quotidianità è assolutamente stravolta. Regalare un libro rappresenta un’opportunità per accorciare le distanze. Un gesto semplice ed immediato per raggiungere l’Altro e fargli vivere un’esperienza di evasione, di crescita, un viaggio d’esplorazione. Ho deciso di individuare dei titoli e suddividerli in 3 aree d’interesse: personal branding, comunicazione digitale e social media, crescita personale. Sono sicura che troverai un libro per i tuoi cari ma anche per te. Mai come adesso ti meriti una coccola letteraria.
Libri sul Personal Branding
Il personal branding è un tema caldo sul quale non ci si stanca mai di confrontarsi e apprendere. Nessuno può tirarsi indietro. Ognuno di noi qualunque sia il suo ruolo sociale e professionale è chiamato ad occuparsene con cura e serietà. Siamo tutti personaggi pubblici, dunque, dotati di una web reputation. Ecco alcuni titoli che ti potrebbero essere molto utili per dare un nuovo slancio allo standing digitale della tua persona o azienda.Inizierei dai contributi di Luigi Centenaro, padre del PB in Italia e ideatore dello strumento PB Canvas: Personal branding. Promuovere se stessi online per creare nuove opportunità; Personal branding per l'azienda: Valorizzare l'azienda posizionando le sue persone chiave Inizierei dai contributi di Luigi Centenaro, padre del PB in Italia e ideatore dello strumento PB Canvas: Personal branding. Promuovere se stessi online per creare nuove opportunità; Personal branding per l'azienda: Valorizzare l'azienda posizionando le sue persone chiave Entrambi editi dalla Hoepli. Non puoi che iniziare da queste risorse soprattutto se, come me, sei attratto dal design thinking e dai visual tools.Segnalo della collana Professioni Digitali della Franco Angeli editori, Social Ceo: Reputazione digitale e brand advocacy per manager che lasciano il segno, di Stefano Chiarazzo e della stessa casa editrice, Nasce lo «human-centered branding» di Roberto Grandicelli. Gli Autori esplorano la dimensione umana e relazionale dell’azienda che non può e non deve identificarsi esclusivamente con il proprio core business (prodotto o servizio). Nell’era di Glassdoor i dipendenti, CEO compreso, devono fare i conti con la propria reputazione online non lasciando nulla al caso. Sapevi di essere anche tu un Ambassador? Per rimanere in tema ti segnalo il nuovo libro di Riccardo Scandellari, Dimmi chi sei, che ritorna sull’argomento, dopo Fai di te stesso un brand, ponendo l’accento su alcuni ingredienti fondamentali quali l’autenticità, il dono ma anche la costanza e l’impegno in una generosa condivisione di contenuti e valore.
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shoesggdb-blog · 6 years ago
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shopcheaponline-blog · 6 years ago
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