#vieni prima del resto
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tizianacerralovetrainer · 2 years ago
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traaforismierotismoeironia · 5 months ago
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La leggenda dell’albero della vita
Un bel giorno, un giovane ragazzo, mentre camminava, vide un albero, completamente isolato. Ripensò allora a ciò che aveva appreso lungo il suo cammino, ovvero che esisteva una connessione tra lui e il resto del mondo, e che per questo doveva essere in grado di comunicare anche con gli alberi.
Decise allora di rivolgersi proprio a quell’albero che se ne stava solitario su quel campo. Gli si avvicinò, e cominciò a parlargli, chiedendogli il permesso di avvicinarsi ancor di più, per condividere con lui il proprio campo di energia.
L’albero acconsentì con gioia. “Sono venuto a condividere le mie esperienze con te”, gli disse. “Vuoi vedere quello che ho visto nella mia vita?” “Certo, sono felice di questo dono.”
Il corpo del ragazzo si avvicinò e abbracciò l’albero. Non appena a suo agio, il ragazzo iniziò a portare alla sua mente tutte le immagini più amate nella sua vita. Il mare e le onde, le montagne e la neve, gli estesi campi che attraversano i paesi, le grandi città affollate da persone che corrono frettolose verso nessun luogo, gli animali liberi e quelli in cattività, i libri, la televisione. Il giovane mostrò all’albero i suoi percorsi di vita ed esperienze, accompagnate da intensi sentimenti, come amore, odio, paura, speranza, amicizia, condivisione e solitudine.
Improvvisamente il ragazzo si sentì in colpa: stava mostrando all’albero tutto ciò che è in grado di muoversi, di poter vedere altri paesaggi, altre parti del pianeta, mentre invece l’albero non poteva spostarsi da quel punto della terra, costretto a rimanere nel mezzo di un campo vuoto.
“Oh, mi dispiace albero, non volevo renderti triste!” “Triste? Oh, piccolo uomo, l’unico modo che ho di sperimentare la tristezza è attraverso i vostri sentimenti. Tutto ciò che hai condiviso con me, quello che hai visto e sentito con il cuore, non era affatto nuovo per me. Le mie radici sono nella terra e i miei rami nel cielo, il mondo non è un mistero, né lo sono i suoi mari e monti, le sue valli e i suoi cieli.
Le persone hanno pensieri e pensano molto. E grazie a questi pensieri, noi riusciamo a sentire. Noi sentiamo tutto ciò che viene da un uomo o un animale, da un vegetale o dal cielo. Piccolo uomo, tu hai bisogno di viaggiare per vedere il mondo, noi abbiamo bisogno di toccare solo la brezza. Quello che non si vede, in realtà esiste Tutto ciò che esiste, esiste ovunque. Non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte per essere ovunque. Noi alberi siamo benedetti. Vai in pace giovane uomo e vieni da noi, se ti senti solo di nuovo”.
Il ragazzo, in soggezione, si scostò di qualche metro dall’albero. Quello che avrebbe dovuto rattristare l’albero in verità aveva reso triste lui. Quello che non conosceva prima, il bisogno di poter credere, la necessità di toccare, annusare, parlare, sentire … improvvisamente si rese conto che tutto quello che pensava di aver raggiunto, di fatto già esisteva nella natura di tutte le cose. Essere connessi non è un obiettivo da raggiungere, è sufficiente ricordare la natura di ognuno. L’albero della vita è uno dei simboli cabalistici più antichi ed importanti.
L’albero stabilisce la comunicazione fra i tre livelli dell’universo: la terra, tramite le sueradici; la superficie, tramite il tronco, ed il cielo, attraverso i propri rami. L’albero è quindi l’epicentro del mondo, che stabilisce la relazione tra terra e cielo. L’albero della vita sorge da un insieme che simboleggia la madre terra, dalla quale nasce la vita
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solovedreidue · 11 months ago
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Riempire l'inverno
È un inverno caldo, come fosse al mare, nella pianura che non trova nemmeno la forza di essere umida. Nel riposo dei campi che attendono il freddo placido.
L'inverno oggi è come fosse solo la primavera che dorme.
Ma l'inverno è il sesso lento sotto le coperte, il sesso di necessità, il sesso che scalda dentro un freddo che seppur non c'è, si sente. Il freddo che è bisogno nell'istinto delle pelli nude.
"Vieni vicina", le sussurra, "che riempiamo l'inverno". E intanto la penetra, duro e caldo, mentre la adagia, la dispone, ne dispone.
Perchè è cosi che fa Marcello, mentre le piega le gambe indietro e le guarda il sesso schiudersi, quasi prolassato nelle carni per il desiderio. Pregusta, le sbircia nell'umore viscido, prima di farla cagna, tenendoselo in mano, guardone di loro stessi.
Scopano, forma sublime d'amore, insulti e baci, fluidi, mischiati, basta e ancora, avvinghiati, caldi, si riempiono di sesso e di tutto il resto che li scalda nel cigolare ritmico del giaciglio.
L'inverno è fatto per rendere il sesso ancora più necessità. E si guardano, consapevoli dell'odore di cui si stanno riempiendo, mentre ancora non fa freddo attendono pazienti e sfiniti.
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spettriedemoni · 6 months ago
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Venerdì 17 più fortunato del previsto
Ieri mi ha contattato l’idraulico, il dipendente che da ora in poi per comodità chiamerò A.
Temevo mi dovesse dire che ci sarebbe stato un nuovo rinvio invece (rullo di tamburi please) mi ha chiesto se poteva venire prima tipo verso le 15:30/16:00.
Mi si sono inumiditi gli occhi al punto che non riuscivo quasi a digitare una risposta. Avrei voluto scrivergli: «Sì cazzo! Vieni prima, vieni quando vuoi se credi puoi pure pranzare da me» invece credo di avergli scritto solo: «Ti aspetto».
È arrivato un po’ più tardi, verso le 16:30 ma che vuoi che sia di fronte all’eternità? Ha fissato il nuovo WC e poi ha provato a rimettere il vecchio rubinetto al bidet. Qui sono iniziati i primi problemi perché il rubinetto, con la cartuccia nuova, ripulito è tutto il resto perdeva ancora un po’ di acqua. A quel punto ho optato per rimettere il rubinetto semplice che ha trovato lui. Rode un po’ il culo ma se continuiamo ad avere queste rogne preferisco sacrificare l’estetica per la funzionalità.
Il lavabo esterno non scaricava. Sono andati col sondino ma non sono riusciti a liberarlo così hanno fatto ricorso al compressore. Lo hanno liberato a circa 6 atmosfere e alla fine io scarico su è liberato, finalmente.
Per il rubinetto della cucina invece la soluzione che ci hanno prospettato è di cambiarlo totalmente. Mi è sembrata un po’ una cazzata, onestamente. Mi tengo questo finché non si rompe definitivamente ed eventualmente lo sostituirò.
Finalmente il bagno è a posto e va bene così.
Una volta tanto venerdì 17 non è stato così male.
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mybittersweet · 2 years ago
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Incontro
Subito è partito un abbraccio lungo. Quello che ho desiderato da tanto tempo. Quell'abbraccio che lui sempre ha voluto darmi.
"Bimba" - ho sentito vicino al mio orecchio - " è bellissimo, finalmente, avere la possibilità di toccarti"
"Posso dire lo stesso"
Sentivo il suo respiro sul mio collo. Poi un bacio leggero. Mi ha guardato e mi ha baciato la fronte. C'era molta tenerezza nel suo sguardo. 
"Andiamo, facciamo un giro. Spero che non sia molto stanco dopo il viaggio "
"Portami tu. Qui sei di casa. E no, non sono stanco. Soprattutto dopo averti vista."
Mi ha sorriso. Mi piace quando lo fa. Mi fa sentire bene e spensierata. 
Le strade del centro storico erano piene di persone che volevano approfittare di quella bella giornata di maggio. Si sentiva il rumore delle onde dietro il muro antico. Nell'aria si sentiva l'odore dell'estate che stava per cominciare. Mi ha seguito tra la gente tenendomi per mano. Ci siamo fermati vicino alla gelateria in una piazzetta. 
"Io cioccolato e pistacchio. E tu che gusti prendi?"
"Menta. Prendo solo questo."
La panchina era calda e il gelato troppo buono. Mi ha guardato attentamente come se stesse decidendo cosa fare o cosa dire. E poi la sua mano è partita verso le mie labbra per pulirle dal gelato che era rimasto. Ha leccato il pollice.
"Sinceramente volevo pulirti le labbra con la mia lingua però ho pensato che sarebbe stato inappropriato con tutta questa gente in giro" 
"Lo farai dopo"
Abbiamo preso la strada verso il b&b che aveva prenotato per questi tre giorni. La camera era molto carina e accogliente. Con le persiane che fanno entrare quel poco di luce che serve per vedere bene l'altra persona. 
"Vieni qui. Fatti baciare."
Ha messo le sue mani sulle mie guance. Mi ha baciato dolcemente ma la mia risposta era più passionale e la sua lingua è entrata nella mia bocca. Mi stringevo a lui e sentivo le sue mani esplorare il mio corpo.
"Voglio vedere la mia bimba godere. Voglio sentirti gemere"
"Voglio godere con te "
Tutto quel tempo di attesa mi aveva fatto crescere la voglia. Volevo le sue mani, la sua bocca e il suo sguardo addosso a me. Volevo, finalmente, fargli sentire come riesce a farmi godere. Mi ha tolto la maglietta continuando a baciarmi il collo. 
"Hai un seno bellissimo. Voglio tuffarmici dentro"
"Fallo"
Con un gesto ho accompagnato la sua testa verso il seno ancora con il reggiseno. Lo ha afferrato con le mani toccando i miei capezzoli duri. Stuzzicarli. Ho chiuso gli occhi. Sentivo soltanto come mi apre il reggiseno e lo toglie. Come lecca e poi succhia il mio capezzolo. Prima uno e poi l'altro. Fino a farmi male. Mi ha baciato di nuovo. Ho messo la mano sopra i suoi pantaloni.
"Come sei duro"
"Mi ecciti da morire"
Ci siamo spogliati rimanendo solo con le mutande.
"Voglio che ti stendi sul letto "
Obbediente, sono andata verso il letto e mi sono sdraiata sulla schiena. Si è avvicinato. Mi ha guardato. E si è sdraiato vicino a me. Le sue mani esploravano il mio corpo caldo e eccitato. Le labbra baciavano ogni parte che potevano raggiungere sentendo giù. Ogni tanto tornava su per baciarmi le labbra. Accarezzavo la sua testa.
"Voglio sentire come sei bagnata "
Ha spostato le mie mutandine e ha messo le sue dita tra le labbra bagnate. Non ho potuto trattenere un gemito. Era bello sentire le sue dita mentre mi guardava.
"Che brava bimba"
Con queste parole mi ha tolto le mutande e  allargato le mie gambe mettendosi in mezzo. Mi sono alzata un po' per guardarlo. Guardavo come mi baciava e leccava il mio interno coscia avvicinandosi alla fica. Le dita stuzzicavano il mio clitoride. Sentivo la lingua calda sulle labbra che affondava. La bocca che succhiava il clitoride. Voleva sentirmi gemere sempre di più e ha messo due dita dentro. Piano. Dentro e fuori. Con la lingua sul clitoride e l'altra mano che mi stringeva il seno. Mi faceva impazzire. Avevo tanta voglia.
"Ti voglio dentro di me"
"Prima la mia bimba deve venire e poi potrà avere il resto."
Ha continuato a leccarmi aumentando la velocità con le dita e la lingua. Dandomi qualche schiaffo sul clitoride fradicio. Non riuscivo più a resistere. Ho spinto la sua testa su di me, subito prima che il mio corpo cominciasse a tremare. Ho stretto le lenzuola con le mani. Questa volta potevo dire il suo nome ad alta voce mentre stavo venendo.
"Sei bellissima quando vieni. Bel visino soddisfatto "
"Mi hai fatto impazzire "
Mi ha baciato e ho sentito il mio sapore dalle sue labbra.
"Mettilo dentro. Ti prego."
Mi sentivo ancora tremare dopo questo orgasmo intenso.
"Lo vuoi dentro? Dimmelo bimba. Voglio sentire."
" Voglio il tuo cazzo dentro. Voglio che mi fai gridare."
Ha tolto le mutande e appoggiato la punta sul clitoride. Lo ha bagnato e spinto dentro. Una sensazione stupenda. Un gemito ancora, forte. Mi ha stretto la testa tra le mani mentre spingeva tutto dentro. Piano. Il suo respiro si è fatto pesante e i miei gemiti aumentavano. L'ho baciato. 
Il suo cazzo mi faceva impazzire. Ho sorriso, mordendomi le labbra.
"È bello vederti sorridere. Come in quel video. Però adesso sorridi a me. Sei mia."
"Si..."
Sempre più veloce, più forte. Il mio seno si muoveva e lui lo afferrava con la mano, mordendomi la spalla. Mi guardava, guardava come godevo. Come ogni movimento mi faceva gemere sempre più forte.
"Girati. Mettiti sulle ginocchia."
Ho fatto come mi ha detto e la prima cosa che ho sentito è stato un schiaffo forte sul mio culo che mi ha fatto un gridare. Poi un altro. Mi ha preso per i fianchi per farmi avvicinare a lui. Un bacio su ogni natica. Ha strofinato il suo cazzo sulle mie labbra bagnate prima di metterlo dentro. Ha preso le mie mani e le ha bloccate dietro la schiena. La mia faccia schiacciata sul cuscino. Altri schiaffi e subito dopo un movimento veloce che mi ha fatto gridare. Usava le mie mani come una leva per sbattermi ancora più forte. Poi si è fermato. Ha baciato la mia schiena.
"Guardami"
Mi sono girata verso di lui. Un colpo forte. Poi un altro. E un altro ancora.
"Sei troppo bella per stare in silenzio "
"Allora fammi gridare!"
Ha ricominciato con il movimento veloce. Dentro e fuori. Il contatto visivo mi eccitava sempre di più. Sculacciate, il suo modo di chiamarmi "bimba", il suo cazzo dentro di me. Avevo voglia di tutto questo. Di lui e di noi insieme in questa stanza.
" Ti dispiace se vengo dentro?"
"Non mi dispiace "
"Allora te la riempio "
Vedevo che non riusciva più a resistere. I suoi gemiti più forti e il cazzo che pulsava dentro di me. Lo ha tirato fuori e istintivamente mi sono girata per pulirlo e succhiarlo un po'. Mi ha tirato su e ci siamo baciati.
"Adesso mettiti come prima"
Mi sono rimessa nella stessa posizione e ho sentito la sua lingua a leccarmi da dietro. Succhiare i nostri umori mischiati. E farmi venire di nuovo.
Dopo si è messo vicino a me.
"È bellissimo vederti venire"
"È bellissimo venire per te"
"È stata una decisione giusta venire a trovarti!"
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malikmaluk · 1 month ago
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Notti indimenticabili con gente di cui non ricordo il nome
ubriachi fino a scordare le offese, ridendo fino a piegare l'addome
con lei che mi ritorna in mente
la mia nuova ragazza è una modella ma non è niente
ed arriviamo facendo rumore, tirando l'attenzione
con vestiti introvabili e pezzi d'autore
il fuoristrada non è mai lo stesso e manda fuori strada
chi ha pensato avessi perso
quando mangi sul mare quello che hanno appena pescato
con la città davanti, la guardi e resti incantato
e parli di cose inutili di cui non si vive senza
e sedere di fronte ad un ex è solo coincidenza
e chi mi odia e continua ad odiare
e le puttane continuano a posteggiare
e chiamare senza parlare
quindi spendo tutto ciò che ho in un paio di viola
per guardare a domani, guardarmi dentro e guardarmi attorno
Sai, ricordo tanto tempo fa quando, andavamo a vendere le cose col furgone per strada
eravamo costretto a lavarci con una bottiglia d'acqua in tre, dovevamo dividerci l'acqua
e mi ricordo che, sai, nel dietro il furgone loro si facevano, si bucavano
si facevano l'eroina e io guidavo la notte per tornare a casa.
Vivo la mia vita, l'ho vista mentre volo avanti e dietro
ho speso più tempo in aria che sul terreno
sentivo di essere il più coraggioso
e che si fotta chi sostiene che sorprendo ogni volta che stendo un testo
come se non avessi scritto la storia
dando a Napoli e le sue strade la giusta gloria
se osservi la mia immagine, non dovrò spiegare
perché anche quando ho torto riesco a farmi rispettare
voglio urlare, sentire l'eco da una montagna di soldi
chi ama ferire deve sapere incassare i colpi
messo a nudo da luce di riflettori
tu hai vissuto poco se non hai mai fatto errori
la paura che mi sentissi un fallito
per poi finire ad odiare chi ci è riuscito
ma ho due mani quindi due bicchieri
ed ho la faccia di chi ha fame
quindi vieni e brindiamo a chi eri ieri
Sai, la città da cui vengo, Napoli, è una città difficile, io la amo, è la città che mi ha cresciuto
però ti fa credere che il successo non sia possibile, e solo uno su un milione ce la fa
invece non è così, non devi mai arrenderti, mai piegarti
soprattutto bisogna difendere un amico quando sbaglia
Tutto questo vale poco se non hai qualcuno con cui condividerlo
io ho dovuto viverlo prima di scriverlo
sognavo un team basato sulla lealtà
e invece mi sono circondato di crudeltà
tu non provi ciò che provo, non ti piaccio fino a quando
non piaccio a tutto il globo, fin quando non prendo il volo, frà
rimarrò per sempre o rimarrò per sempre solo?
ed hanno il coraggio di dirmi che non rido mai
resto calmo perché solo chi ha torto alza la voce
ma quanti chiodi servono per mettermi in croce?
ho così tanta tristezza, sono aggrappato al mio passato
ma ogni volta che giro l'angolo sento uno sparo
è così facile farsi una pistola se è necessario
non è come nei film, non c'è mai un intermediario
dammi del tempo per ricominciare da capo
ma il tempo qui non aspetta, sa solo metterti fretta.
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ross-nekochan · 1 year ago
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Non so cosa scrivere eppure mi sento l'anima nebulosa con tante cose dentro che nemmeno so decifrare.
Mi sento stanca e insoddisfatta. Non so cosa sto facendo e mi sento persa in un mezzo a un vuoto: non vedo una direzione, un'obiettivo, qualcosa. Vivo le giornate a comandi: questo mese fai il training, rispondi alle telefonate, fai i colloqui ecc ecc. Per il resto niente più.
Penso alla mia non-famiglia: non sento nessuno da quando sono partita. Va bene così, era quello che volevo ma non vuol dire che mi faccia stare bene. Mia madre e mio fratello sono a fare le vacanze che lei sognava di fare per festeggiare i suoi 50 anni. Mio padre non lo so né mi interessa.
Chiamo e sento solo i nonni - qualche giorno fa li ho videochiamati e mi sono teletrasportata nel mio paesello. Preparavano le cose per il ferragosto, mentre qui è stata una settimana lavorativa normale (e pure pesante per sto training a orari del cazzo).
Con la coppia indiana stiamo organizzando di scalare il monte Fuji il mese prossimo. Era una cosa che non ho potuto fare 5 anni fa, quando le mie conoscenti lo avevano fatto e che io ho proposto. Vediamo.
Mi sento molto a casa con loro. Mi meraviglio di come il sud sia sud in tutto il mondo: danno grande spazio al cibo, condividono sempre, mi chiamano sempre ma allo stesso tempo criticano tutti, sono pettegoli, sono talmente legati al loro cibo da non volerne sapere di nient'altro. Il risvolto della medaglia è che è un sud molto arretrato: ieri abbiamo visto un film e, a quanto pare, è ancora necessario che la donna sia vergine al matrimonio, il matrimonio combinato è ancora comune, le donne devono servire il marito e badare ai figli, sono devotissimi alla religione e mille altre cose che forse non si vedono più dai tempi dei miei nonni.
Penso a quante persone diverse io abbia incontrato da gennaio. In Erasmus ho fatto amicizia con una polacca, una greca e oggi me la rido con degli indiani, oltre a convivere con persone cinesi, messicane, ceche, francesi, americane, italiane e così via.
Paradossalmente sono in Giappone ma il giapponese lo uso pochissimo. Tutti prima di partire mi hanno detto:"Chissà come migliorerai col giapponese adesso" e invece all'estero succede che entri in delle bolle per cui nel tuo quotidiano parli tutt'altra lingua. Parlo in inglese stentato perché noto che se non ho un interlocutore madrelingua non metto sforzo né in pronuncia né in grammatica e parlo come mangio.
Dicevo, ci sono persone di ogni tipo ed alcune si sono lanciate verso il vuoto in questo paese senza sapere niente della lingua. Mi sono ricordata che al primo anno di università rifiutai la borsa erasmus che avevo vinto perché non c'erano più paesi disponibili che parlassero in inglese e per me era impensabile buttarmi in un paese di cui non conoscessi la lingua. Ad oggi lo farei ma sono passati 7-8 anni di vita nel mezzo e sono ormai adulta. Qui ci sono ragazzini di 20 anni stentati e alla loro età non avrei avuto il coraggio.
Per molti, o forse per tutti, questo è un paese di passaggio. Vieni, prendi il visto studentesco di 1 anno e te ne vai a casa, con la possibilità di aver detto di aver vissuto dall'alta parte del globo. Nessuno rimane e a ben dire (anche perché i giapponesi fanno lo stesso). Questo è un posto unico al mondo dove le cose sono così diverse da tutto il resto della normalità che gli studiosi lo hanno definito "Galapagos syndrome": esistono cose solo per i giapponesi perché questa è una società tutta particolare con esigenze proprie. Se non sei abituato a questa vita non riesci a fartene un'abitudine e se ci sei nato non riesci a vivere altrove. È un posto difficile, ben oltre le aspettative della gente comune.
L'altra volta sentivo il podcast de Il Post sui libri giapponesi sempre più amati in Italia e mi fa sempre ridere quella patina di fascino che hanno tutti quando si parla di qui. Mi fa sempre sorridere e far incazzare questa cosa. Il prof Coci intervistato nel podcast ha detto cose storicamente vere ma per come le ha dette erano cagate per me. Eppure anche io ne sono stata vittima e vivo tuttora a mie spese le conseguenze di questa infatuazione.
Così come mi fanno ridere sia italiani e indiani che dicono:"A me interessa solo la lingua, la cultura non mi interessa". Come se le due cose si potessero separare così, all'acqua di rose.
Ripensandoci forse a Rovigo stavo meglio. Chissà se potrò trovare la serenità anche in questo paese.
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libero-de-mente · 1 year ago
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𝗗𝗶𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗔𝘃𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼
𝟭° 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟯
Caro diario,
questo mese di dicembre mi sta stremando, sembra non finire mai.
In piena notte ho fatto di necessità virtù, quindi essendo rimasto a piedi con l'auto ho fatto l'autostop. Mai fatto prima in vita mia
Devo dire che ho avuto un discreto successo con il pollice all'insù, visto anche l'orario e la mia faccia, alla terza automobile mi hanno caricato.
La prima era un'auto di lusso e sappiamo bene che con le auto di lusso non si danno passaggi in piena notte. A parte qualche caso che ho potuto vedere con i miei occhi, ma si trattava di signorine lungo il bordo delle strade, altrimenti non è etichetta dei benestanti fare queste cosa. Non si sa mai cosa rischiano.
All'interno della seconda auto c'era una coppietta, lei mi ha guardato quasi come a dire "seeeee certo, proprio a te diamo un passaggio", mentre lui ha volutamente girato lo sguardo dall'altra parte.
La terza auto si ferma, li raggiungo. Sono tre extracomunitari. Mi guardano fisso e seri, molto seri. Rimango di sasso. Poi quello davanti dal lato passeggero, rivolgendosi agli altri due, dice:
- Oh, sembra brava persona.
- E se ci ruba? - risponde quello seduto dietro.
- Tu cosa dici? - dice di nuovo quello davanti rivolto a chi guida.
- Mmh, così sembra Gesù, tutto bagnato. Dai vieni - risponde quello alla guida, che mi invita anche con un cenno della mano.
- Infatti sono un povero Cristo - rispondo d'istinto facendo il brillante... con dei, probabili, mussulmani. Che idiota sono stato.
Non capendo se fossero seri o se mi stessero prendendo in giro, decido di salire. Del resto non mancavano molti chilometri a casa mia.
- Grazie - dico con un filo di voce quasi in tono reverenziale - grazie mille
- Noi non dare passaggi agli sconosciuti, molto pericoloso - dice quello che guida e gli altri due si mettono ridere.
Noto che quello seduto con me continua a fissarmi con molta insistenza, è uno molto alto si vede. Si fanno quattro chiacchiere sul perché fossi a piedi, su che lavoro facevano loro e da dove venivano. Insomma discorsi di normale routine.
Ma il tizio al mio fianco non ha mai parlato e mi fissava sempre tra il serio, il perplesso e il pensieroso.
Poi a un certo punto spalanca gli occhi, me ne sono accorto perché al buio con la loro pelle scura gli occhi e i denti erano uno spettacolo pirotecnico.
- Adesso mi ricordo di te - mi dice puntandomi il dito
In quel momento non avevo compreso se fosse una minaccia, un'accusa o una rivelazione spirituale.
- D-di me? Ti ricordi di me? - chiedo
- Si, tu uscivi da una pisseria con pissa in mano. Io passavo a piedi e avevo chiesto un'informasione. Tu ricorda?
- Io? - rispondo come quando mia madre mi accusava di aver sbafato tutta la Nutella - sei sicuro?
- Si, mi ricordo di te. Poi tu messo pissa in bagagliaio e dato me passaggio a casa.
A quel punto come da un cassettino dei ricordi lontani mi esce un ricordo, di me che con una pizza calda nel cartone stavo per tornare a casa. Il tipo di colore sudato con un enorme zaino che mi incrocia sul marciapiede e mi chiede le indicazioni per un Comune della Val Seriana. Mi ricordo che con il dito gli indicai la direzione, quella che in effetti stava seguendo, salvo poi rendermi conto che a quella destinazione mancavano dodici chilometri.
Mi ricordo che glielo feci notare e alla domanda se avrebbe percorso tutta quella strada a piedi, lui rispose allargando una mano con uno sguardo che diceva "pensi che abbia altre alternative?".
Fu allora che buttai la "pissa" calda nel bagagliaio e gli diedi un passaggio. Mi ricordo che continuava a ripetermi che io ero davvero una brava persona, a mani giunte, durante tutto il tragitto.
- Ma si ora ricordo - gli dissi
La conversazione e i ricordi finiscono, sono davanti a casa.
Scendo li ringrazio e al tipo della "pissa" stringo forte la mano.
- Questo è karma - gli dico.
- Chi casso è karma? - mi risponde stranito.
Caro diario, siamo al primo giorno dell'Avvento e qui da me sono già passati i tre re Magi. Sotto il segno di una stella cometa di nome karma. Ma che non tutti conoscono.
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canesenzafissadimora · 10 months ago
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E il tuo sorriso sembrava quasi la felicità, perché io sapevo già che te lo saresti riportato via.
Oggi, ogni volta che mi vieni in mente, sento sempre lo stesso brivido.
Mi assale come fosse un guerriero a turbare
i miei anticorpi, e mi ammalo di te, con la febbre nel pensiero.
Mi commuovo più facilmente se scruto un’emozione in giro per le strade, ti sento
lì con me, te la regalo nel silenzio.
Ti stringo accanto, come fossi piccolissima
e mi stessi nella tasca della giacca vicino al cuore, a stretto contatto con il mio sentire.
E certo che no, non saremmo stati perfetti, anzi, avremmo litigato un casino, forse proprio perché siamo molto simili.
Al mio “grillo parlante”, quando torna
a bussare, non apro quasi mai, ma a volte
mi spiace lasciarlo fuori al freddo, così lo faccio entrare e mentre inizia a obiettare
gli chiedo una tregua, una tregua
fra la mia vita e il mondo, così si arrende
e si addormenta.
Beata incoscienza, dicono dei giovani.
Beata fortuna, dico io, è un’incoscienza preziosa.
Osservo i ragazzi per strada, quando si baciano, quando nei loro occhi c’è l’eternità, quando nei loro occhi c’è l’immortalità degli dei, la luminosità del :” Resto anche domani, ci sarò”, con una convinzione, una sicurezza che a stento ritroverai se non nei folli come me, perché io, alla mia età, la possiedo ancora.
A volte devo distogliere lo sguardo, perché
è troppo forte l’emozione, perché rivedo te, respiro il mare, mi entra nelle narici di prepotenza con un capogiro incontrollabile
e mi fa sentire insieme male e bene non averti mai dimenticata.
Allora quei ragazzi li fotografo di nascosto
e vale per tutte le fotografie che non abbiamo.
Ho dei rapporti meravigliosi con le donne con cui ho avuto una storia.
Ho visto nascere il bimbo della mia prima fidanzata, ho visto il matrimonio della donna che credevo avrei sposato io, molti anni fa.
Con te non ho voluto veder appassire un fiore mai sbocciato.
Non ti avrei mai regalato dei fiori strappati alla tua terra, perché tu meriti la vita.
Eppure, anche se non credo a un’altra vita dopo questa, l’energia di questo sentimento resterà, si mescolerà agli elementi naturali
e continuerà a vivere sì, anche dopo di noi.
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Massimo Bisotti
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moviemaniac2020 · 1 year ago
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LA ORCA, film "maledetto" del 1976, diretto da Eriprando Visconti, nipote del più noto Luchino, ambientato e girato a Pavia, quando la nostra città in quei decenni era una piccola "Hollywood di provincia", che vide grandi attori e registi aggirarsi per le strade del centro storico e paraggi. Fra le tante pellicole, molte di ambientazioni milanesi, MA girate a Pavia, per ricostruire scenografie caratteristiche o storiche, come "L'Albero degli Zoccoli" di Ermanno Olmi, vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes, anno 1978 (sequenze in corso Cavour e piazza Botta). Non dimentichiamo Dario Argento e il suo "Le Cinque Giornate", né il romantico "Fantasma d'Amore" di Dino Risi con Marcello Mastroianni e Romy Schneider. Tornando a LA ORCA, con tre giovanissimi Michele Placido, Flavio Bucci e Vittorio Mezzogiorno, opera sesta del Visconti Jr., che immortala la città di Pavia in numerose sequenze, riconoscibilissimi la stazione ferroviaria (interno e piazzale esterno), Piazza della Vittoria, Piazza del Duomo, Corso Garibaldi, Borgo Basso e poi l'immancabile scena al Ponte della Becca - vero e proprio "must" cinematografico in quegli anni (come non citare il duello finale fra il commissario Tomas Ravelli (Thomas Milian) e il capo della banda dei marsigliesi (Gastone Moschin) nell'epico duello de "Squadra Volante" di due anni prima?) - LA ORCA riprende quella sordida Pavia degli anni Settanta, la rende ancora più "poliziottesca" e inquietante dei film di Stelvio Massi ("Mark il poliziotto", "Cinque donne per l'assassino"), più intrisa di lotta politica, più impregnata di sangue, violenza e suspence, dove la delinquenza delle cosiddette "batterie" è di casa, anzi di sotto casa, perché appena esci da uno dei tanti palazzi di via San Giovanni in Borgo e sei figlia di una ricca famiglia borghese pavese vieni sequestrata da tre pochi di buono (nefasta anticipazione a quello che succederà poi, negli anni a venire, a un pavese vero e in carne e ossa come Cesare Casella, tanto da fare uno storico esempio di caso mediatico televisivo). In un claustrofobico casolare nelle campagne pavesi si svolge il resto del film: ruoli che si ribaltano, scene disturbanti fra sequestrante e sequestrata, atmosfere claustrofobiche da clima horror, eros onirico e reale, e un finale da pugno nello stomaco. Dopo la sua uscita nei cinematografi italiani fu la pellicola a essere sequestrata dal Tribunale di Roma per scene di stupro estremamente spinte. Soltanto nel 2006 il film fu rimesso in circolazione tramite trasposizione in DVD. Costato appena 40 milioni di lire, il capolavoro di Visconti incassò più di un miliardo al botteghino finché fu libero di circolare. Fu il maggior successo commerciale del regista, tanto che lo spinse un anno più tardi a dirigere un sequel ("Oedipus Orca"), anch'esso in gran parte girato e ambientato a Pavia (con Miguel Bosè e ancora la protagonista del primo, Rena Niehaus, nel ruolo principale). Senza nulla togliere a capisaldi come "Il Cappotto" di Alberto Lattuada, a "I sogni nel cassetto" di Renato Castellani o a "Paura e amore" di Margherethe Von Trotta, opere classiche girate in riva al Ticino, LA ORCA resta ancora oggi un capolavoro della "Cinematografia alla Pavese", una chicca da vedere e rivedere, per capire com'erano le città di provincia, tipo Pavia, durante i difficili e duri anni di piombo. Assolutissimamente consigliato. DVD ordinabile in edicola, film guardabile in streaming su Prime Video. Cult-movie di nicchia, per pochi, ma senza eguali nel suo genere. LA ORCA (Italia, 1976, drammatico/poliziottesco, 90') di Eriprando Visconti. Con Michele Placido, Rena Niehaus, Vittorio Mezzogiorno, Flavio Bucci.
(rece: Mirko Confaloniera)
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namelessalessandra · 2 years ago
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First Meeting
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Charles Leclerc x Reader
Sintesi: Durante una festa a Montecarlo, tua cugina ti presenta degli amici
Warnings: uso di alcohol, eccesso di velocità, Charles e Pierre
Allungo la mano fino al vassoio tenuto in bilico da un cameriere e afferro il primo drink che mi capita a tiro, se ho intenzione di sopravvivere a questa serata sicuramente non lo farò da sobria. Mi muovo per la folla guardandomi intorno alla ricerca di mia cugina che mi ha praticamente pregata di seguirla a questa festa di ricconi presuntuosi di Montecarlo, mi sento totalmente fuori luogo mentre sorseggio dal mio bicchiere con una finta aria sicura. Il vestito lungo, nero e aderente, di seta che ho deciso di indossare non mi aiuta a respirare meglio dato che il corsetto mi stringe la vita, e poi fa un caldo da morire.
-Oh, grazie al cielo ti ho trovata. Quando possiamo andare via?- domando avvicinandomi a lei, qualche ragazzo figlio di papà mi sbatte contro un braccio facendomi quasi rovesciare il drink e vorrei gridargli contro ma non conosco mezza parola di francese quindi mi contengo. Quando ho deciso di prendere l'aereo dall'Italia per arrivare a Montecarlo da mia cugina senza conoscere neanche una frase per presentarmi non mi sono preoccupata più di tanto. E non sarebbe stato un problema se avessi deciso di restare per un paio di giorni o una settimana, ma i tre mesi estivi si sono dimostrati un periodo molto lungo in un paese dove chiunque ti parli sembra che ti dia dello stupido in ogni situazione.
Mia cugina ride quando mi vede alzare gli occhi al cielo e mi circonda le spalle con un braccio
-vieni con me, ti presento dei miei amici. Sono arrivati questa mattina e staranno per qualche giorno- mi avvisa guidandomi verso il punto da cui l'ho vista apparire, come un angelo venuto a salvarmi.
-Ti ricordo che non so parlare francese, come pretendi che io comunichi coi tuoi amici se non so neanche presentarmi?- domando alzando un sopracciglio, la mia perfetta cugina accenna una risata che mi procura solo più confusione
-Eccoli! Ragazzi!- esclama alzando il braccio e muovendosi come una posseduta, seguo la direzione del suo sguardo con il viso totalmente in fiamme dall'imbarazzo dato che alcune persone intorno a noi si sono girate a guardarci, ma quando vedo i due ragazzi a cui si riferisce mia cugina il resto dei figli di papà intorno a noi scompaiono. Sento mia cugina dirmi "vieni con me" prima di tirarmi più velocemente e raggiungiamo i due.
-(Y/N), lui è Pierre- dice mia cugina indicando il primo dei due, ha gli occhi azzurri e le labbra carnose tirate in un sorriso malizioso circondato da una leggera barba incolta. Mi porge una mano che stringo velocemente
-piacere di conoscerti, (Y/N), tua cugina ci ha parlato molto di te, finalmente ti conosciamo- mi dice in un italiano perfetto, io boccheggio totalmente presa alla sprovvista.
-Lui, invece, è Charles- riprende mia cugina indicando l'altro ragazzo. I suoi occhi sono sempre chiari, ma di una sfumatura diversa da quella di Pierre, anche se a causa del sole che tramonta non riesco ad identificarla per bene. Le sue labbra sono meno carnose ma il suo sorriso è circondato da un paio di fossette molto tenere. Mi prende la mano e ne bacia il dorso senza mai staccare gli occhi dai miei, che ancora senza parole, mi limito ad arrossire come una stupida
-ci aveva detto che fossi bella, ma non così tanto- mi dice dopo aver lasciato andare la mia mano, mia cugina sbuffa una risata
-il solito casanova, Leclerc- la sento borbottare divertita, con la coda dell'occhio vedo Pierre circondarle i fianchi con un braccio prima di portarla verso la pista dove dei ragazzi hanno iniziato a ballare. Resto sola con Charles, che mi porge di nuovo la mano
-ti va di ballare? Queste feste non sono il massimo del divertimento, ma c'è alcol e cibo a volontà e ballare è una buona scusa per conoscerti- commenta facendomi ridere, accetto la sua proposta e in pochi attimi ci ritroviamo accanto a Pierre e mia cugina, a muoverci a tempo di un lento non particolarmente allettante. Totalmente l'opposto del ragazzo che mi stringe a sé, riesco a sentire i muscoli delle sue braccia toniche contro il busto e il suo profumo mi entra nelle narici e non so se è per l'alcol bevuto o per altri motivi, ma è così bello da farmi girare la testa.
-Allora, (Y/N), tua cugina ci ha detto che stai passando l'estate con lei, ma non sei di qui. Da dove vieni?- domanda Charles mentre ci muoviamo a tempo. A malincuore mi distraggo dal suo profumo buonissimo per cercare di dare una risposta sensata.
-Sono italiana. Mia madre e sua madre sono sorelle, entrambe italiane, poi però zia ha conosciuto un monegasco e si è trasferita mentre mia mamma è rimasta in Italia- rispondo scrollando le spalle. I nostri occhi si incontrano e il fiato mi si spezza. Sono io, o è il ragazzo più bello che abbia mai visto?
-E tu come fai a sapere così bene l'italiano?- domando di rimando, Charles alza le sopracciglia quasi sorpreso, ma dura un solo attimo perché poi torna a sorridermi
-lavoro con degli italiani e ho dovuto imparare per forza di cose- mi spiega e proprio quando sto per chiedergli che lavoro fa, la canzone finisce e mia cugina mi prende il polso esclamando qualcosa a proposito di stuzzichini. Il mio sguardo resta per un po' incatenato a quello di Charles mentre mi lascio trascinare verso il buffet, mi giro solo quando lo vedo venire verso di noi insieme a Pierre.
-Allora, cosa ne pensi?- chiede mia cugina prendendo una tartina ai gamberetti, io ne prendo una al salmone scrollando le spalle divertita
-i gamberetti non sono proprio il mio genere, sai che preferisco il salmone- scherzo facendole alzare gli occhi al cielo. Mi dà un leggero schiaffo sul braccio prima di sussurrare
-intendevo di Charles. Che ne pensi di Charles- specifica anche se sa che avevo capito. Vengo salvata in tempo dall'arrivo proprio del soggetto del discorso e del suo amico. Mia cugina porge una tartina a Pierre che afferra due flute di champagne. Charles ne porge una anche a me che accetto con piacere. Lo vedo prendere anche lui una tartina.
-Quindi è così che festeggiate voi?- domando ai tre, che mi guardano confusi. Io scrollo le spalle senza trattenere la mia espressione delusa -da voi così dediti al lusso mi aspettavo feste più divertenti. Insomma, ve ne andate in giro a bordo di Ferrari e Porche, fate il bagno ascoltando musica sui vostri enormi yacht e poi fate feste così noiose?- aggiungo, mia cugina ride divertita. Spesso ci prendiamo in giro sulle differenze di cultura che ci sono tra i nostri paesi.
-Dicci, allora, come festeggi tu, piccola ingrata italiana?- domanda Pierre senza trattenere un sorriso divertito, mia cugina mi guarda sgranando gli occhi e mi prega di non farlo scuotendo il capo. Io porgo la mano al biondo
-forza, dammele- dico divertita, al suo sguardo confuso riprendo: -le chiavi della tua Porche, o Ferrari o quello che è- faccio attenzione a muovere anche le dita della mano per evidenziare la mia attesa. Pierre lancia un'occhiata a mia cugina come a chiedere conferma di cosa stia accadendo. Lei sospira
-(Y/N), ti prego, non farlo. Non sai in cosa ti stai cacciando- il tono che usa è imbarazzato, io alzo le sopracciglia verso il biondo al suo fianco che ancora tentenna
-sai cosa? Ecco le chiavi della mia, vediamo di cosa sei capace- interviene Charles porgendomi le sue chiavi. Sorrido verso di lui, soddisfatta e lo ringrazio prima di muovermi verso il parcheggio seguita da loro. Premo il tasto alla ricerca dell'auto giusta. Una Ferrari grigio scuro opaca con una striscia rossa e una bianca sul cofano. Solitamente non sono brava a riconoscere le auto, ma lo stemma in bella vista mi ha dato l'indizio. Salgo dal lato del guidatore e mi giro verso il proprietario dopo aver messo la cintura di sicurezza.
-Allora, sali o no?- domando sorridendogli, mi sento piena di adrenalina e mia cugina lo capisce perché spinge Pierre verso l'auto accanto
-muoviti saliamo in macchina prima di perderla del tutto- gli dice a voce bassa. Charles prende posto al mio fianco e mette la cintura mentre io faccio accendere l'auto. Mi giro verso il guidatore accanto facendo attenzione a far rombare il motore.
-Il punto di incontro è la pizzeria sul lungomare. Credi di potermi battere?- domando non trattenendo il mio divertimento. Pierre assume uno sguardo come per dire "ma fai sul serio?" prima di partire entrambi. La distanza dalla terrazza della festa alla pizzeria non sarà più di dieci minuti, la macchina decappottabile di Charles fa svolazzare i miei capelli nel vento che si crea con la mia velocità e non riesco a non gridare dall'eccitazione. Pierre al nostro fianco sembra divertito tanto quanto me mentre ci sfidiamo a chi è più veloce. Charles al mio fianco ride incredulo mentre premo di più sull'acceleratore e porto una mano fuori dal finestrino per sentire l'aria scorrere. Pierre mi supera per un minuto, quando stiamo per arrivare, e lo lascio fare tranquilla. Charles mi intima a superarlo e gli lancio un'occhiata. Sorrido maliziosa e quando vedo il cartello della pizzeria premo di nuovo sull'acceleratore superando il suo amico per poi fermarmi proprio davanti all'entrata. Pierre ci affianca dopo un secondo e vedo mia cugina togliersi la cintura di sicurezza e venirmi incontro a grandi falcate.
-Prima di gridarmi contro, come la vuoi la pizza?- domando infilando la mano nella scollatura del mio vestito. Il lato positivo dell'indossare il reggiseno è che non sono costretta a portare la borsa perché posso infilare i soldi al suo interno. Mia cugina alza gli occhi al cielo prima di scrollare le spalle.
-Bene, faccio io. Ragazzi voi avete preferenze?- domando girandomi verso i due amici che mi osservano ancora sconvolti ma divertiti. Entrambi scuotono la testa e così entro nella pizzeria. Nel giro di qualche minuto salgo di nuovo in auto, e passo a Charles i cartoni e le birre.
-Hey Pierre, credi di poter tenere il mio passo? Stiamo per raggiungere la spiaggia libera alla fine del lungomare- alzo la voce per parlare al biondo che fa rombare l'auto in risposta. Così partiamo di nuovo, sfidandoci nei tre minuti di distanza che ci servono per raggiungere il punto designato. Ci fermiamo esattamente nello stesso momento, fortuna che non ci sono auto in giro perché c'è una festa in centro, così riusciamo a parcheggiare con calma e scendiamo dalle macchine.
-Dove hai imparato a guidare, piccola italiana?- domanda Pierre divertito, io scoppio a ridere scrollando le spalle
-se te lo dicessi dove sarebbe il divertimento?- domando prima di togliermi i tacchi perché abbiamo raggiunto la spiaggia. Mia cugina intreccia il suo braccio col mio lasciando che i due vadano d'avanti. Sta per arrivare la ramanzina.
-Adoro il tuo ego smisurato, cugina, e sembra proprio che ti abbia portato fortuna. Davvero non hai capito chi sono quei due?- domanda sgridandomi a voce bassa per non farci sentire, io scuoto il viso prima di guardarla curiosa.
-I tipici figli di papà che mi presentavi anche qualche anno fa quando venivo a trovarti?- domando incerta. Lei sospira alzando gli occhi al cielo, si colpisce la fronte con il palmo della mano.
-Charles Leclerc e Pierre Gasly sono due piloti della Formula 1- esclama sempre a voce bassa e il mio cuore perde un battito. Sgrano gli occhi boccheggiando come un pesce e lei annuisce. Scoppiamo entrambe a ridere perché questa è esattamente una delle cose che entrambe ci aspetteremmo da me, e raggiungiamo i due. Passiamo il resto della serata a mangiare la pizza e bere le nostre birre, parlando del più e del meno, fino a quando Pierre propone di buttarci a mare. Lui e mia cugina si sfilano subito i vestiti e vanno in acqua, lasciamo me e Charles da soli. Mi ricordo della notizia che mia cugina mi ha dato prima di sederci a mangiare e decido di dire qualcosa.
-Non lo avrei mai sfidato se avessi saputo che correte in macchina per lavoro. Non volevo sembrare una buffona o altro, credevo solo che foste i tipici figli di papà che mia cugina mi presentava da piccole- dico a voce bassa, imbarazzata. Charles, che si è appena tolto giacca e camicia, si gira a guardarmi. Il suo busto tonico mi distrae per un attimo mentre lo vedo avvicinarmisi.
-Non credo che l'ego di Pierre sia stato scalfito minimamente, anzi credo che si sia divertito- risponde per rassicurarmi, così io annuisco e gli do le spalle spostando i capelli dalla schiena fino alla spalla
-potresti slacciarmi il vestito?- domando e non devo ripetermi due volte perché un secondo dopo le sue dita mi sfiorano la schiena. Mia cugina grida, poi si sente rumore di acqua e la risata di Pierre.
-Hey voi due piccioncini, vi muovete? L'acqua è bellissima- grida verso di noi proprio lui mentre mia cugina riemerge e gli si getta sulle spalle. Mi giro verso Charles ringraziandolo
-ora sbrighiamoci, o Pierre ci viene a prendere per i capelli- scherza il castano facendomi ridere. Mi sfilo il vestito e lui i pantaloni e corriamo verso l'acqua, dove ci scontriamo in una guerra di schizzi tutti contro tutti.
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buscandoelparaiso · 1 year ago
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Ciao Anna! So che tu vivi a Londra e trasferirmi in Inghilterra è uno dei desideri che mi porto dietro da anni (avevo intenzione di fare la magistrale lì anni fa ma alla fine la cosa non è più andata in porto, adesso invece ci andrei per lavorare), avresti per caso dei consigli per chi ci si volesse trasferire? Grazieeee 🩵 e scusami per la domanda un po’ così dal nulla!
Io vivo qui da quasi 10 anni e un consiglio sincero che posso dare é che vivere in Inghilterra/a Londra, é molto molto diverso dal visitarla per turismo (come tutti i paesi alla fine eh, anche per italia e spagna per esempio vale lo stesso discorso, con tutte le differenze del caso ma turismo e vita quotidiana sono due cose diverse). Diciamo che Brexit, COVID e guerra in Ucraina non hanno giovato per nulla al paese (specialmente Brexit e guerra) e hanno reso tutto molto complicato per chi si trasferisce (anche dall'europa). Tutto questo ha alzato il costo della vita a livelli spropositati. E' vero che rispetto ai salari europei (e italiani soprattutto) si guadagna di piu e c'e piu offerta di lavoro, ma fare colloqui e trovare lavoro e' difficile come ogni altro paese, tutta sta differenza io personalmente non l'ho mai vista... ci sono piu proposte perche Londra é sede di grandi colossi aziendali diciamo, ma c'e tantissima concorrenza e a chi e' immigrato a paritá di curriculum, preferiscono sempre e comunque i nativi inglesi, talvolta anche quando tu hai piu qualifiche di loro (cioe quasi sempre perche livello di istruzione e' molto basso anche per chi esce dalle universita). Qualitá e costo della vita non e' nemmeno paragonabile ai paesi dell'europa del sud, che seppur coi loro problemi sono 100 volte meglio in questo aspetto. Specialmente a Londra, l'inflazione ha raggiunto livelli record che 5 anni fa nessuno avrebbe mai immaginato e fidati che partivamo da una base gia alta perche e' sempre stata una cittá molto cara (tipo Parigi o Edinburgo). Se vivi fuori Londra, dove gli affitti sono sicuramente pu decenti, ma lavori/studi a Londra, ci devi aggiungere i costi degli spostamenti che sono comunque alti perché i treni qui costano quanto/di piu di un volo di linea per qualche motivo a noi ignoto. Inoltre i paesi fuori le grandi citta tipo Londra, Manchester e Liverpool non hanno praticamente nulla se non un centro commerciale e pub. Ovviamente, ci sono i lati positivi anche eh, vivere qui e' un'esperienza formativa assoluta, Londra e' una citta che ti da tantissimo, ti insegna tantissimo e dalla quale puoi trarre molti benefici a livello anche di curriculum, ma bisogna sempre ricordarsi che tutto il mondo e' paese, non esiste uno stato perfetto (tanto meno l'Inghilterra) e che anche qui ci sono profondi problemi sociali in primis, ed economici, cosi come da noi e nel resto del mondo.
Se e' sempre stato un tuo sogno come dici e hai la disponibilitá economica per farlo ti consiglio di fare questa esperienza, anche solo per un anno, perche ogni esperienza di vita all'estero vale sempre la pena per un motivo o un altro, ma detto molto francamente, bisogna avere un fondo economico molto ampio se si decide di trasferirsi qui oltre che un contratto di lavoro giá firmato prima di arrivare, altrimenti non ti fanno nemmeno passare i controlli dell'aeroporto e ti rimandano da dove vieni.
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danilacobain · 2 years ago
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Ossigeno - 11
11. Casa Ibrahimovic
I ragazzi arrivarono a casa di Zlatan per ora di cena. Sveva aveva parlato poco per tutto il viaggio ed era ancora di cattivo umore. Serena, la ragazza di Stephan, aveva parlato di Ibrahimovic per tutto il viaggio. Aveva detto di essere una sua grande fan e di essere impaziente di incontrarlo. Stephan a poco a poco si era rabbuiato, evidentemente non gradiva questo eccessivo entusiasmo da parte della sua ragazza. Ignazio e Valentina erano stati per tutto il viaggio da soli con Matteo a coccolarlo. Sveva non aveva sopportato a lungo quella vista. Non che fosse gelosa del fratello, era felice per Ignazio e Valentina, ma il ricordo delle parole di Logan sulla famiglia che voleva creare con lei era ancora troppo fresco e non ce la faceva a vedere altre persone felici. Mark di tanto in tanto le aveva rivolto qualche domanda ma si era accorto presto della sua poca disponibilità al dialogo e l'aveva lasciata in pace.
Quando arrivarono, Zlatan era tutto sorridente. Sveva ebbe un tuffo al cuore quando lo vide. Non si era mai resa conto di quanto fosse bello il suo sorriso. Era ipnotizzante. Per la prima volta in quella giornata si ritrovò a sorridere per pura voglia di farlo e non per circostanze. E si sentì ancora meglio quando lui pronunciò il suo nome e le diede due baci sulle guance. ‹‹Ciao Zlatan.›› ‹‹Come stai? Sei stanca dal viaggio?›› ‹‹Un po'.›› ‹‹Vuoi una mano con la valigia?›› ‹‹N...›› ‹‹No, lascia stare, ci penso io.›› intervenne Mark. ‹‹Oh mio dio! Zlatan!›› Il taxi con a bordo Stephan e Serena era appena arrivato e la ragazza stava correndo incontro a Zlatan. Lui la guardò perplesso. ‹‹Tu devi essere la fidanzata di Stephan.›› ‹‹Esatto. Sono Serena.›› ‹‹Ciao Serena.›› ‹‹Sono una tua grandissima fan! Vieni qui, fatti abbracciare!›› Non gli diede neanche il tempo di respirare, si gettò su di lui e lo strinse forte. Zlatan, imbarazzato, ricambiò l'abbraccio ridendo e guardò Stephan che si avvicinava con le valigie in mano e la faccia rossa per l'imbarazzo. ‹‹Wow quanto sei alto›› continuò Serena, squadrandolo dalla testa ai piedi. ‹‹Sei bellissimo.›› ‹‹Serena smettila dai, lascia stare Zlatan›› intervenne Stephan. Lei si avvicinò al fidanzato e gli diede un bacio. ‹‹Oh amore, sono così felice di essere qui.›› ‹‹Ma dove l'ha trovata questa scema?›› Disse Mark in tedesco a Sveva, sapendo che lei lo avrebbe capito. Sveva rise e rispose nella stessa lingua. ‹‹È una ragazza che ha appena incontrato il suo idolo, è comprensibile che sia così euforica.›› ‹‹Sarà, ma a me sembra tanto una scema.›› Un po' lo pensava anche Sveva e, a giudicare dall'espressione del suo volto, anche Zlatan. Quando anche Ignazio e la compagna furono arrivati, Zlatan mostrò loro le camere. Erano tutte grandissime, con una vetrata ampia che affacciava su un balconcino con vista sul giardino. ‹‹Se hai bisogno del bagno ce ne sono due su questo piano o puoi utilizzare quello in camera mia, che è questa porta di fronte alla tua›› disse Zlatan a Sveva dopo averle mostrato la sua stanza. ‹‹Grazie Zlatan.›› Lui le sorrise. ‹‹Quando hai finito di sistemarti scendi giù che ti faccio vedere il resto della casa.›› ‹‹Arrivo subito›› disse lei, ma Zlatan era già scomparso. Lo sentì chiacchierare con Mark e poi sentì la voce inconfondibile di Serena che lo chiamava. Si guardò intorno, la camera era bella, come il resto della casa di Zlatan per quel poco che aveva visto. Si avvicinò al balcone e scrutò fuori. Anche se era buio, le luci nel giardino erano accese e riusciva a vedere il gazebo illuminato e il bordo di una piscina. Disfece le valigie e andò a rinfrescarsi. Si cambiò d'abito e scese. Nel salotto c'erano già tutti, seduti sul divano che chiacchieravano. Lei si sedette accanto al fratello. Mark le fece un sorriso e continuò a parlare con Serena. ‹‹Quindi state insieme da quattro mesi›› stava dicendo ‹‹Strano, Stephan non ci ha mai parlato di te.›› ‹‹È un ragazzo riservato›› rispose lei, sorridendo al fidanzato. ‹‹Non è vero che non vi ho mai detto nulla, lo sapevate che uscivo con una ragazza.›› ‹‹È vero›› disse Zlatan. ‹‹E quanti anni hai?›› continuò Mark. ‹‹Diciotto.›› ‹‹Una bambina, praticamente.›› ‹‹Mark non è educato chiedere l'età ad una signora›› disse scherzando Valentina. ‹‹Hai ragione, scusatemi.›› ‹‹Stasera volevo portarvi a cena in un posto dove si mangia benissimo, ma quando ho telefonato per prenotare mi hanno detto che non c'era posto. Perciò ho ordinato a domicilio.›› ‹‹Mangeremo roba tipica svedese?›› domandò Ignazio. ‹‹Sì›› Zlatan rise ‹‹È d'obbligo›› si alzò dal divano ‹‹Vado a preparare la tavola, aspettatemi qui.›› ‹‹Aspetta, ti do una mano›› disse Sveva alzandosi. ‹‹Anche io!›› disse subito Serena. Zlatan guardò prima l'una e poi l'altra. ‹‹Okay, venite.››
Zlatan condusse le ragazze in cucina e insieme iniziarono ad apparecchiare la tavola. La fidanzata di Stephan era una ragazzetta tutto pepe e spesso l'aveva beccata a guardarlo con insistenza. Non era insolito che le persone lo guardassero così, ma questa ragazza, per essere così piccola, era veramente sfacciata. Ma probabilmente il mondo della moda, del quale lei faceva parte, faceva perdere l'innocenza troppo presto. Sveva invece era triste. Lo aveva capito dal primo momento in cui aveva incontrato il suo sguardo quando era scesa dal taxi. Mark non le staccava gli occhi di dosso e lei non sembrava nemmeno curarsene. Quando fuori le aveva parlato in tedesco a lui aveva dato profondamente fastidio non sapere cosa si erano detti. Vederla ora così concentrata su quello che stava facendo gli fece desiderare di essere solo con lei e di potersi soffermare a guardare ogni suo gesto, le espressioni del suo volto, le sue movenze... magari poi l'avrebbe fermata e l'avrebbe attirata a sé per un bacio... ‹‹E quindi ti sei lasciato con Megan.›› La voce di Serena lo riportò bruscamente alla realtà e si rese conto che, ancora una volta, stava fantasticando su Sveva. Lei alzò gli occhi dal tovagliolo che stava piegando e lo guardò. ‹‹Sì›› rispose senza guardare nessuna. ‹‹E come mai?›› ‹‹Non andavamo d'accordo.›› ‹‹Quindi adesso sei single... o c'è già qualcuna?›› ‹‹No, non c'è nessuna. Mi stai facendo il terzo grado?›› Serena rise. ‹‹Scusami, ero curiosa. E tu invece Sveva? Ce l'hai il fidanzato?›› Questa volta fu Zlatan a guardare nella sua direzione. Sicurmente c'era un ragazzo nella sua vita, quello che aveva visto con lei in clinica... ‹‹No›› fu la sua risposta. Involontariamente, Zlatan sorrise. Era sola. Dunque, chi era quel tipo dell'ospedale? ‹‹E come mai? Sei così bella›› continuò Serena. Già, vero. Era bellissima, pensò Zlatan. ‹‹Sono uscita da poco da una relazione.›› ‹‹Oh... era una storia importante?›› ‹‹Serena perché non vai a chiamare gli altri di là?›› la interruppe Zlatan, allarmato dalla reazione di Sveva a quelle parole. ‹‹Okay›› rispose la ragazza rivolgendogli un ampio sorriso, ed uscì dalla stanza. ‹‹È tutto okay?›› chiese poi a Sveva, che era rimasta silenziosa e a testa bassa. ‹‹Sì. Tutto okay.›› Voleva chiederle di più, ma gli altri arrivarono un secondo dopo e per il resto della serata non ebbe più occasione di rimanere solo con lei.
Cenarono e trascorsero la serata in giardino, al fresco, tra risate e birre. Zlatan ogni tanto rivolse qualche occhiata fugace a Sveva che sembrava essersi ripresa. Sorrideva e lui pensò che gli sarebbe piaciuto tanto poterla conoscere meglio. Che peccato che presto sarebbe andato via da Milano e lei sarebbe tornata alla sua vita a New York.
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drheinreichvolmer · 4 months ago
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IL CUORE DEL KAISER- PARTE 2
Estela , poco lontana , si concentrava, raccogliendo l'energia intorno a sé. Con un gesto delle mani, evocò un campo di forza invisibile che respingeva i proiettili e le frecce, proteggendo i compagni di Karl Franz . Le sue labbra mormoravano incantesimi antichi, e una luce pallida brillava attorno a lei, rendendola un'ombra luminosa nel tumulto.
Ad un certo punto, Karl Franz fu circondato da tre soldati francesi, pronti a sopraffarlo . Uno di loro sferrò un colpo diretto al suo petto, ma prima che potesse raggiungerla, Estela intervenne. Con un grido, estese le mani e una scarica di energia luminosa esplose dalle sue dita, colpendo i soldati e scaraventandoli a terra, incapaci di muoversi.
Karl Franz ripreso dallo stupore , guardò Estela con gratitudine e ammirazione. Ma non c'era tempo per le parole: la battaglia infuriava ancora. I soldati francesi, notando l'insolita alleata magica , tentarono di colpire Estela . Uno di loro riuscì a sfuggire al campo di forza e si avvicinò con un coltello.
Vedendo il pericolo, Karl Franz si precipitò verso di lei , ma il soldato fu più veloce. Quando sembrava che la donne fosse in pericolo, ella alzò di nuovo le mani, e una barriera di fuoco apparve improvvisamente tra lei e l'attaccante, costringendolo a ritirarsi con un urlo di dolore.
Estela , usò il momento di pausa per lanciare un potente incantesimo. Alzando le braccia al cielo, richiamò una tempesta di vento che si abbatté sui soldati francesi, confondendoli e costringendoli a ritirarsi. Alcuni furono sollevati da terra e gettati a distanza, mentre altri furono semplicemente sopraffatti dalla forza della magia.
Karl Franz , tornando a fianco di Estela , la guardò con occhi pieni di riconoscenza. << Sei incredibile! >> disse, ansimando per lo sforzo.
<< Non ce l'avremmo mai fatta senza di te. >> continuava l'austriaco
Estella con un lieve sorriso, annuì.
<< Adesso siamo pari , Kaiser >> sorrise lei un po' beffarda.
Dopo la caotica battaglia nel villaggio , Karl Franz, sapeva di dover riprendere la sua missione. Il pericolo rappresentato dai soldati francesi era solo un assaggio delle sfide che avrebbe affrontato. Doveva assolutamente ricongiungersi con il resto dell'esercito , che nel frattempo aveva ripreso la marcia .
Estela rimase in silenzio per un momento, poi parlò, con una nuova determinazione nei suoi occhi. << Devo venire con te >> disse, lasciando l'uomo sorpreso . << I francesi stanno distruggendo tutto ciò che incontrano, e la mia magia può fare la differenza.
<< Se vieni con me , devi sapere che sarà pericoloso. I francesi non sono l'unico problema. Gli stessi nostri compagni potrebbero non accettare facilmente una strega tra loro. >> replicava Karl Franz.
Estela annuì con fermezza. << Sono pronta a correre il rischio. Se posso aiutare a fermare questa guerra e proteggere gli innocenti, lo farò. E... voglio assicurarmi che tu stia bene. Karl Franz , hai bisogno di protezione e supporto. E io sarò lì per te. >>
Con questa nuova determinazione, i due si prepararono a lasciare il villaggio. Estella saluto la madre dopo essersi munita di poche provviste e delle sue risorse magiche, mentre l'uomo riprese l'equipaggiamento militare, mantenendo il suo travestimento da soldato. Partirono insieme all'alba, lasciandosi alle spalle il villaggio ferito e le memorie di una battaglia vinta a caro prezzo.
Mentre camminavano verso la strada principale per ricongiungersi con l'esercito il nobile si sentiva rinvigorito dalla presenza di Estela . Sapeva che con la donna al suo fianco, avrebbe affrontato con coraggio ogni sfida, consapevole che la sua doppia vita come soldato e donna avrebbe potuto complicarsi ancora di più, ma anche certa di avere accanto qualcuno di cui fidarsi e che credeva in lei.
Il sole stava calando all'orizzonte, tingendo il cielo di sfumature arancioni e rosate. Karl Franz e Estela cavalcavano lungo una stretta strada di campagna, circondate dal silenzio e dal fruscio delle foglie mosse dal vento. La tensione della battaglia e la fretta di lasciare il villaggio avevano lasciato spazio a una calma riflessiva. Era il momento perfetto per parlare, per conoscersi meglio.
Mentre procedevano, Estela guardò il soldato di sbieco, come se cercasse il momento giusto per iniziare a parlare.
Estela sospirò, giocando con una ciocca di capelli. << Sai, non mi sarei aspettata che avresti scoperto che sono una strega così presto. >>
Estela aveva lo sguardo perso tra i colori del crepuscolo. << Avevo otto anni quando accadde per la prima volta. Ero sola nella foresta vicino casa, giocando con alcune pietre e fiori. Ero arrabbiata con i miei genitori per una stupida lite, una di quelle cose insignificanti che sembrano così grandi a quell'età. Mentre stavo seduta lì, persa nei miei pensieri, sentii una strana sensazione dentro di me, come se qualcosa stesse rispondendo alla mia rabbia. >> spiegava la donna.
Fece una pausa, cercando di spiegare con parole semplici ciò che era accaduto. << Senza volerlo, ho fatto sollevare le pietre dal suolo. Giravano attorno a me, lentamente all'inizio, poi sempre più velocemente. Ero spaventata, non sapevo cosa stesse succedendo. Quando i miei genitori mi trovarono, mia madre , che aveva sempre sospettato qualcosa, capì immediatamente. Mi portò via in fretta, spiegandomi che dovevo nascondere i miei poteri, perché le persone non avrebbero capito e mi avrebbero trattata come un mostro. >>
Karl Franz ascoltava con attenzione, il cuore che si stringeva per la giovane Estela di allora. << Deve essere stato difficile sentirsi così.. diversa. >> disse l'uomo con empatia.
La donna dai capelli rossi annuì, lo sguardo ancora lontano. << Sì, lo è stato. Crescere sapendo di essere diversa, sentendo il peso di un segreto così grande. Non potevo parlarne con nessuno, non potevo mostrarmi per quello che ero davvero. Ero sempre isolata, anche tra la mia famiglia e i pochi amici che avevo. Dovevo nascondere la mia vera natura, comportarmi come tutti gli altri, anche se sapevo di non essere come loro. >> spiegava Estela
Karl Franz sentì un nodo alla gola. Per la prima volta, trovava qualcuno che comprendeva il peso di vivere nascondendo una parte fondamentale di sé. Poi ammise di sì con voce bassa.
<< Anche io mi sono sempre sentito fuori posto. Come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me, perché non riesco a conformarmi a ciò che ci si aspetta da una principe. Ho sempre desiderato più di quello che mi è stato concesso, e ho dovuto nasconderlo per non deludere le aspettative degli altri. >> rispose l'austriaco.
I due rimasero in silenzio per un momento, condividendo un'intima comprensione. La loro diversità, che gli aveva sempre fatte sentire isolati , ora gli univa in un legame di empatia e complicità. Il principe sentiva per la prima volta una connessione autentica con qualcuno che, come lui , aveva dovuto lottare contro le aspettative della società.
<< Non sei solo. >> disse Estela , rompendo il silenzio con un tono dolce ma deciso. << E non lo sono nemmeno io. Possiamo essere diversi e va bene così. Anzi, è ciò che ci rende speciali. >> concluse la rossa.
Con una nuova determinazione, i due proseguirono il cammino, sapendo che, nonostante tutte le difficoltà e le incertezze, avevano trovato l'una nell'altro un'alleato e un amico . Una nuova speranza si accese nei loro cuori, una promessa di accettazione e forza reciproca in un mondo che cercava di soffocare la loro autenticità.
Nella tranquillità della notte, il Palazzo reale giaceva immerso nel silenzio, rotto solo dal sussurro del vento tra gli alberi e dal lontano rumore dei grilli. Tutti dormivano, tranne una figura inquieta che si agitava nel suo letto. Maja , la sorella minore di Astrid , stava avendo un incubo.
Nel sogno, Maja vedeva sua sorella maggiore, Astrid , in un campo di battaglia. Ella era circondata da nemici, il volto coperto di fango e sangue. Cercava disperatamente di difendersi, ma i soldati francesi avanzavano, implacabili. Maja sentiva la paura, la disperazione e la vulnerabilità della sorella come se fossero sue. Poi, all'improvviso, Astrid cadeva, e Maja si svegliava con un grido soffocato, il cuore che batteva all'impazzata
Il respiro era affannoso e la fronte coperta di sudore. La giovane principessa si alzò in fretta, cercando di calmarsi. Ma il senso di urgenza non diminuiva, anzi, cresceva sempre di più. Aveva un brutto presentimento, una paura profonda che qualcosa di terribile stesse per accadere ad Astrid . Non poteva semplicemente ignorarlo.
Decisa, Maja si alzò dal letto e iniziò a vestirsi in fretta. Indossò abiti semplici e un mantello scuro per passare inosservata. Non aveva un piano preciso, ma sapeva che doveva fare qualcosa. Doveva trovare sua sorella e assicurarsi che fosse al sicuro.
Con il cuore pesante ma determinato, sgattaiolò fuori dal palazzo, evitando con attenzione le guardie. Una volta all'esterno, si diresse verso le stalle, dove i cavalli erano custoditi. Scelse uno dei cavalli più veloci, un purosangue nero di nome Nacht, e lo sellò in fretta. Il cavallo sembrava percepire l'urgenza della situazione e rimase calmo, mentre Maja finiva di prepararsi.
Prima di montare in sella, Maja guardò un'ultima volta verso il palazzo, le torri illuminate dalla luna. Sapeva che una volta partita, non ci sarebbe stato modo di tornare indietro facilmente. Ma sentiva che era la cosa giusta da fare, che doveva essere al fianco della sorella, nonostante i rischi.
<< Ti troverò, Astrid. >> sussurrò al vento, e con un ultimo sguardo determinato, montò sul cavallo.
Mentre cavalcava attraverso la campagna oscura, il cuore di Maja batteva forte. Le stelle brillavano sopra di lei, e l'aria fredda della notte le schiariva la mente. Era spaventata, sì, ma anche risoluta. Doveva trovare Ingrid, doveva proteggerla. Non importava quanto fosse pericoloso o difficile, era disposta a fare tutto il necessario per salvare sua sorella e dimostrarle che, nonostante la sua timidezza e insicurezza, era capace di essere coraggiosa e determinata quando contava davvero.
Con ogni battito degli zoccoli del cavallo, Maja si avvicinava sempre di più al suo destino, ignorando il freddo, la paura e l'oscurità. E nel suo cuore, una preghiera silenziosa si alzava, sperando che fosse ancora in tempo.
Ingrid ed Emma continuavano il loro viaggio attraverso la campagna, sempre vigili e consapevoli dei pericoli che potevano incontrare lungo il cammino. Il paesaggio attorno a loro si faceva più selvaggio, con colline boscose e sentieri tortuosi che rendevano difficile prevedere chi o cosa avrebbero potuto incontrare.
Una sera, mentre si avvicinavano a un piccolo accampamento nascosto tra gli alberi, notarono un uomo seduto vicino a un fuoco. Il suo abbigliamento, sebbene consunto e logoro, suggeriva che fosse stato un soldato. Estela e Karl Franz si scambiarono uno sguardo di intesa, decidendo di avvicinarsi con cautela.
L'uomo alzò lo sguardo quando sentirono il rumore dei passi sulle foglie secche. Era un giovane poco più grande di loro , con barba incolta e occhi marroni stanchi, ma vigili. Quando vide Karl Franz e la donna accanto a lui, si irrigidì leggermente, mantenendo però un atteggiamento neutro.
<< Buona sera! >> salutò Estella , mantenendo la voce bassa e pacata per non spaventarlo. << Non volevamo disturbarti, ma abbiamo visto il fuoco e ci siamo chiesti se potessimo condividere il calore per un momento. >> aggiunse poi l'austriaco
Non appena Karl Franz, iniziò a parlare, l'ex soldato ungherese notò qualcosa di strano. C'era un accento particolare nel modo in cui pronunciava certe parole, un timbro che riconosceva fin troppo bene. Gli occhi dell'uomo si fecero più stretti, studiando attentamente ogni dettaglio del giovane di fronte a lui. Era abituato a leggere le persone e, nonostante il tentativo di Karl Franz di sembrare un semplice soldato, qualcosa non tornava.
Il silenzio calò pesante, interrotto solo dal crepitio del fuoco. L'uomo si sporse leggermente in avanti, con uno sguardo sospettoso. << Mi sembri troppo raffinato per essere un comune soldato. >> disse con voce bassa e tagliente.
<< E quell'accento... Tu sei austriaco, non è vero? >> continuava l'ungherese.
Karl Franz avvertì una fredda tensione attraversarle la schiena. Non poteva rivelare la sua vera identità, ma doveva trovare un modo per placare la situazione. << Sono qui per servire l'impero, come tutti. >> disse con cautela, cercando di mantenere una facciata convincente.
Il volto dell'uomo si indurì ulteriormente, e nei suoi occhi brillava una luce di disprezzo.
<< L'impero. >> ripeté con amaro disprezzo. << Sempre l'impero. Immagino che il tuo 'servizio' sia più importante di quello di un semplice contadino o di un soldato qualunque, vero? Ma lasciami indovinare... Non sei solo un soldato. Scommetto che sei qualcosa di più, qualcosa di speciale. Forse... un nobile? O addirittura un principe? >> replicava l'ungherese
Estela si rivolse all'uomo. << Come ti chiami ? >> chiese, notando i dettagli del suo abbigliamento e l'aria marziale che lo circondava.
L'uomo sospirò profondamente, guardando le fiamme. << Antal. Un tempo facevo parte dell'esercito ungherese. Ma ora sono solo un uomo in cerca di un posto dove appartenere. >>
L'uomo girò lo sguardo verso Karl Franz i suoi occhi che si accendevano di un'ombra di risentimento. << Avete preteso la fusione forzata del mio paese all'Impero Austriaco! >> disse con un tono duro.
<< Ci hanno promesso rispetto e autonomia, ma alla fine siamo diventati solo un altro territorio sotto il loro controllo. Il Kaiser ci ha trattato come una conquista, non come alleati. E quando l'Ungheria ha cercato di ribellarsi, ci hanno schiacciato senza pietà! >> aggiungeva duramente Antal.
Estela , percependo l'imminente scontro, si alzò rapidamente, ponendosi tra i due. << Calma, per favore! >> disse con un tono rassicurante. << Non siamo qui per litigare tra di noi. La situazione è già abbastanza complicata senza che ci mettiamo gli uni contro gli altri. >> continuava la rossa.
Il soldato ungherese guardò Estela , il suo sguardo ancora duro ma meno ostile. << Non puoi capire. >> disse, più calmo ma ancora carico di risentimento.
<< Gli austriaci hanno schiacciato il mio paese, hanno imposto il loro volere su di noi. E ora vedo uno di loro, persino un principe, qui, a fingere di essere uno di noi. È un insulto! >> ribatteva l'ungherese.
<< Ma anche se non lo fossi, cosa cambierebbe? Siamo tutti qui per combattere lo stesso nemico. >> replicava l'austriaco
L'ungherese si alzò in piedi, la sua espressione dura come la pietra poi disse con voce ferma. << Sei uno di quegli aristocratici che credono di essere al di sopra degli altri, che possono decidere le sorti di popoli e nazioni comodamente dalle loro sale dorate. E ora sei qui, travestito da soldato, a giocare al piccolo eroe. Ma non mi inganni! >> dichiarava solenne Antal.
Karl Franz non rispose, ma lo sguardo di Antal restò gelido. Egli allontanò dal fuoco, camminando verso la sua tenda senza aggiungere altro. Estela si voltò verso Karl Franz , visibilmente sollevata che la situazione non fosse degenerata.
Quando Karl Franz, Emma e l'ex soldato ungherese giunsero alla locanda, erano stanchi e affamati. La giornata era stata lunga e piena di tensioni, e tutti desideravano solo un po' di riposo. La locanda era una struttura modesta ma accogliente, con luci soffuse e l'odore invitante di cibo caldo.
Mentre si sedevano a un tavolo vicino al camino , Karl Franz, non poteva fare a meno di notare un volto familiare tra gli avventori. Maja , la sua sorella minore, era lì, ma travestita da comune viaggiatrice. Karl Franz sentì il cuore accelerare, ma mantenne la calma, consapevole della necessità di non rivelare la sua identità.
Poco dopo, mentre il locandiere serviva loro la zuppa, uno degli avventori, un uomo dall'aria burbera e probabilmente ubriaco, si alzò in piedi, gridando furioso quando Maja accidentalmente gli rovesciò addosso la sua zuppa.
<< Stupida ragazza! >> urlò l'uomo, afferrando Maja per il braccio con forza. "Hai idea di chi io sia?"
Karl Franz si alzò rapidamente, il suo cuore battendo furiosamente. << Lascia stare quella ragazza! >> disse con voce autoritaria, intervenendo tra l'uomo e Maja .
L'uomo guardò l'austriaco con occhi colmi di rabbia. << E tu chi saresti per dirmi cosa fare? >>
Karl Franz senza esitazione, afferrò il braccio dell'uomo e lo allontanò con forza. "Sono il Kaiser Karl Franz! >> dichiarò , il suo sguardo fisso su quello dell'uomo.
Maja guardò il soldato , riconoscendo finalmente sua sorella sotto il travestimento. << Grazie. >> disse, il suo sguardo pieno di gratitudine e di un'incredula ammirazione.
Lui annuì, cercando di mantenere la sua copertura. << Stai bene? >> chiese, mantenendo il tono di Karl Franz.
<< Sì, sto bene, >> rispose Maja , cercando di non rivelare la loro relazione.
Più tardi, nella loro stanza alla locanda, Maja si avvicinò a Karl Franz mentre Estela e l'ungherese erano occupati e sussurrò, << So che sei tu.>>
Karl Franz la guardò con sorpresa e preoccupazione. << Maja , non devi dire niente a nessuno e poi non dovresti essere qui! È troppo pericoloso.>>
Maja annuì, la determinazione nei suoi occhi. << Non preoccuparti, non ti farò scoprire. Ma sono qui per aiutarti, “fratello” >> ridacchiava la giovane.
Nel frattempo, Antal , osservando la scena da lontano, fraintese la vicinanza tra Maja e Karl Franz. << Sembra che tu abbia una fidanzata, Franzi >> disse con un tono che celava un misto di scherno e curiosità.
Karl Franz non rispose, ma Maja , colta di sorpresa, decise di chiarire subito la situazione. "Mi chiamo Maja. >> disse, rivolgendosi all'ungherese. << Sono la sorella minore del principe ereditario e futuro Kaiser d'Austria. >>
L'ungherese rimase per un momento senza parole, poi il suo volto si fece scuro. << Sei qui a giocare al soldato mentre è in corso una guerra?! >>
Maja rimase calma, nonostante la tensione crescente. << Non sono qui per giocare! >> rispose con fermezza.
<< Sono qui per proteggere il mio paese e la mia famiglia, proprio come chiunque altro. Non per complicare le cose! >>
Estela intervenne rapidamente, percependo che la situazione stava per degenerare. << Dobbiamo lavorare insieme, non contro di noi.>> disse con tono pacificatore.
<<Abbiamo tutti i nostri motivi per essere qui, e dobbiamo concentrarci su ciò che è davvero importante: fermare l'avanzata nemica e proteggere le nostre terre.>> concluse poi la rossa.
Con la tensione momentaneamente alleviata, si prepararono per la notte, consapevoli che il cammino davanti a loro sarebbe stato lungo e pieno di sfide. Ma ora, con Maja al loro fianco, Karl Franz sentiva una nuova forza e determinazione. Insieme, avrebbero affrontato qualsiasi ostacolo, sperando di costruire un giorno un futuro migliore per tutti.
Il mattino seguente, dopo una notte di riposo tormentato, Karl Franz , Estela , Maja e Antal si prepararono a rimettersi in marcia. Il sole era appena sorto, tingendo il cielo di un pallido rosa, mentre la locanda si risvegliava lentamente alla vita.
Karl Franz, radunò le sue cose con efficienza, gettando occhiate preoccupate verso Maja La sua sorella minore sembrava determinata a seguirli , e non c'era modo di dissuaderla. Estela , sempre attenta, notò la tensione tra i due e cercò di mantenere un'atmosfera calma e rassicurante.
L'ungherese , osservava il gruppo con un misto di curiosità e risentimento. Nonostante la sua avversione per l'impero austriaco, non poteva fare a meno di sentirsi attratto da Maja , la cui forza di carattere e bellezza lo avevano colpito fin dal primo incontro.
<< Sembra che siamo pronti. >> disse il principe controllando che tutto fosse in ordine.
<< Dobbiamo muoverci in fretta se vogliamo raggiungere il resto dell'esercito.>> replicava Estela
Antal annuì, ma il suo sguardo rimase fisso su Maja << Vi accompagnerò. >> disse con voce ferma. << Non per te , Kaiser , ma perché ho un conto in sospeso con i francesi.
<< Poi finalmente è arrivata buona compagnia qui. >> La sua ultima frase era indirizzata chiaramente a Maja, che arrossì leggermente ma mantenne il suo sguardo sicuro.
Il gruppo si mise in marcia, lasciandosi alle spalle la locanda e avventurandosi nel paesaggio montuoso. Durante il cammino, Antal si avvicinò a Maja , cercando di conoscerla meglio Cosa ti ha portato fin qui, così lontano dalla tua casa , principessa? >>
Maja sospirò, guardando il sentiero davanti a sé. << La mia famiglia, >> rispose semplicemente. << Non potevo restare a casa sapendo che Karl Franz, era in pericolo. Dovevo fare qualcosa. >>
Antal annuì, apprezzando la sua sincerità. << Capisco. La famiglia è importante , anche se a volte può essere difficile. >>
Maja lo guardò, curiosa. << E tu? Cosa ti ha portato a unirti a noi? >>
L'ungherese si fermò un momento, riflettendo. << Ho perso molte persone care nella guerra, >>
disse con voce bassa.
<< E l'annessione all'impero austriaco ha distrutto ciò che restava della mia patria. Ho cercato un nuovo scopo, e ora... beh, credo che combattere i francesi sia un modo per trovare una sorta di redenzione. >>
Il gruppo aveva ripreso il cammino. Avevano una missione da compiere, e sapevano che avrebbero dovuto affrontare molte sfide. Ma con la determinazione e il supporto reciproco, erano pronti a combattere per un futuro migliore.
Durante il viaggio, Antal dimostrava sempre più interesse per Maja , facendo molta attenzione a lei. Le offriva una mano quando il terreno diventava difficile, le porgeva il suo mantello quando il vento si faceva troppo freddo e condivideva con lei racconti delle sue avventure passate. Maja apprezzando la gentilezza e la compagnia, rispondeva con sorrisi sinceri e risate melodiose.
Karl Franz osservava tutto questo con un crescente senso di gelosia e protezione. Non poteva fare a meno di preoccuparsi per la sorella minore e di nutrire sospetti verso l'ungherese , il quale aveva già dimostrato di non avere simpatia per l’impero austriaco.
Una sera, mentre si accampavano sotto un cielo stellato, Il principe vide Antal e Maja seduti vicini, impegnati in una conversazione animata. Lui raccontava una storia, gesticolando e facendo ridere la fanciulla. Karl Franz sentì una fitta al cuore, il che lo spinse a voltarsi verso il fuoco con un'espressione cupa.
Estela , che aveva notato il cambiamento nell'umore dell'austriaco , si avvicinò e si sedette accanto a lui . << Sembra che qualcosa ti stia turbando, >> disse con dolcezza.
Lui scosse la testa, ma non poté nascondere la sua preoccupazione. << È solo che... non mi fido completamente di lui. >> ammise.
<< Maja è mia sorella, e non posso fare a meno di preoccuparmi per lei. >> proseguiva lui.
Estela sorrise comprensiva.
<< Capisco il tuo punto di vista, Ma forse dovresti dare a Ad Antal una possibilità. Ha le sue ragioni per essere risentito, ma finora non ha fatto nulla per metterci in pericolo. E sembra sinceramente interessato a Maja. >> replicava la rossa.
Estela poi posò una mano rassicurante sul braccio del nobile.
<< Prova a conoscerlo meglio. Non è detto che tutte le persone con cui abbiamo delle divergenze siano necessariamente nostre nemiche. >>
Nel frattempo, Antal stava raccontando a Maja un'altra delle sue storie di battaglia.
<<Sai, non è stato facile per me lasciare l'esercito ungherese >> disse, il tono della sua voce diventando più serio.
Maja annuì, i suoi occhi pieni di empatia. << Deve essere stato terribile,Ma ora sei qui, e forse questo viaggio potrà portare qualcosa di buono. >>
Antal sorrise leggermente, guardando Maja con calore.
<< Spero solo di poter fare la differenza in qualche modo... >>
Karl Franz osservando da lontano, si sentì combattuto. Forse Estela aveva ragione. Forse Antal non era il nemico che immaginava. Ma rimaneva vigile, deciso a proteggere la sorella minore ad ogni costo.
Il gruppo si preparò per la notte, con Karl Franz che continuava a riflettere sulle parole di Estela. Forse era giunto il momento di dare una possibilità all'ungherese , di conoscerlo meglio e di comprendere le sue motivazioni. Solo allora avrebbe potuto davvero decidere se fidarsi di lui o meno.
Mentre i giorni passavano e il gruppo continuava il loro viaggio, Karl Franz, non riusciva a scuotere il senso di gelosia e preoccupazione che provava per la sorella . L'interesse crescente di Antal era sempre più evidente, Karl Franz quindi si trovava costantemente a voler intervenire, a mettersi in mezzo, cercando di proteggere la sua sorella minore.
In ogni occasione, Karl Franz si posizionava tra lui e Maja . Quando l'ungherese offriva una mano a Maja per superare un ostacolo, Karl Franz arrivava per primo, prendendo la mano della sorella. Quando Antal raccontava una storia a Maja durante le pause, Karl Franz interrompeva con qualche commento o domanda, cambiando l'argomento. E quando si accampavano per la notte, si assicurava che Maja fosse sempre vicina a lui, impedendo ad Antal di avvicinarsi troppo.
Antal , inizialmente paziente, cominciò a mostrare segni di irritazione.
Una sera, mentre stavano accampando sotto un cielo tempestoso, egli si avvicinò all'austriaco , il viso scuro di frustrazione. << Franz, dobbiamo parlare. >> disse con tono brusco.
Il principe lo guardò seccato. << Cosa c'è adesso ? >> chiese.
<< Non capisco perché ti intrometti sempre?! >> disse Antal incrociando le braccia sul petto. << Maja è tua sorella, sì, ma non è una bambina. Sa badare a se stessa. >>
Karl Franz strinse i denti, cercando di mantenere il controllo.
<< Sto solo facendo il mio dovere di fratello maggiore, proteggendola. >> rispose con freddezza.
L'ungherese scosse la testa. << Non è protezione, è soffocamento! << disse Antal.
<< E francamente, sta diventando insopportabile. >> aggiunse frustato l'ungherese.
Estela intervenne, vedendo l'escalation della situazione. << Calmatevi tutti! >> disse con voce ferma.
<< Non c'è bisogno di litigare. Siamo tutti qui per lo stesso motivo: proteggere le nostre terre e le persone che amiamo. >> aggiunse poi Maja
Antal sospirò, cercando di rilassare le spalle. << Hai ragione, Maja. >> disse subito dopo.
La tensione si dissolse, ma l'antipatia di Antal per Karl Franz era solo aumentata .
Continuava a essere sospettoso e guardingo, ma decise di seguire il consiglio di Estela.
Il gruppo riprese il viaggio, pronti alle sfide che li aspettavano.
Durante il viaggio, il gruppo trovò rifugio per la notte lungo le rive di un fiume scintillante, illuminato dalla luce argentea di una luna piena. Il suono dell'acqua che scorreva creava un'atmosfera tranquilla e magica, ideale per rilassarsi dopo una lunga giornata di cammino.
Antal e Maja si allontanarono leggermente dal gruppo, trovando un posto appartato sulla riva del fiume. Maja , incantata dalla musica e dalla bellezza della notte, si sentiva in qualche modo più vicina ad Antal.
Si sedettero uno accanto all'altro, guardando la luna riflettersi sull'acqua.
Estela , con la sua voce dolce e angelica , iniziò a cantare una canzone d'amore, le note fluttuando nell'aria come un incantesimo. La sua voce catturò l'attenzione di tutti, creando un momento di pace e serenità.
<< Questa notte è davvero magica. >> disse Maja , guardando Antal negli occhi.
Lui sorrise, annuendo. << Sì , davvero e sono felice di poterla condividere con te. >>
Antal le prese delicatamente la mano, i suoi occhi erano pieni di affetto. << Maja.. fin dal primo momento in cui ti ho vista, ho sentito qualcosa di speciale. Qualcosa che non avevo mai provato prima. >>
Lei sentì il cuore battere più velocemente.
Poco distante Karl Franz, osservava la scena con un misto di sentimenti. Era felice per la sorella, ma al contempo sentiva una strana fitta di gelosia e solitudine.
Non poteva fare a meno di notare quanto Estela fosse stata determinante in quel momento, con la sua voce che aveva creato un'atmosfera così speciale.
Mentre continuava a guardare, Karl Franz sentì il proprio cuore battere più forte. Realizzò che i suoi sentimenti verso Estela erano più profondi di quanto avesse voluto ammettere. Estela era sempre stata una fonte di conforto e saggezza, e lui si era trovata attratta dalla sua forza e dalla sua gentilezza. Ma sapeva che non poteva permettersi di distrarsi. Aveva una missione da compiere.
Estela finendo la sua canzone, si avvicinò al principe , sedendosi accanto a lui .
<< Stai bene? >> chiese con un sorriso gentile.
Lui annuì, cercando di nascondere i suoi sentimenti.
<< Sì, sto bene. >> rispose.
<< Questa notte davvero speciale... >> commentava la rossa.
La luna piena illuminava il cielo, creando ombre morbide tra gli alberi. Dopo aver acceso un piccolo fuoco e consumato una cena frugale, ognuno si preparò per riposare.
Tuttavia, Maja e Antal si allontanarono silenziosamente quando Estela e Karl Franz erano ormai addormentati , desiderosi di trascorrere del tempo insieme in privato.
Antal prese la mano di Maja , guidandola attraverso il bosco fino a una radura nascosta, dove la luce della luna filtrava attraverso le fronde degli alberi, creando un'atmosfera incantevole e intima. Si sedettero su un letto di muschio, circondati dal profumo della terra e del fogliame.
<< È così tranquillo qui. >> sussurrò lei , osservando le stelle che scintillavano sopra di loro.
<< Sì , è un posto perfetto per stare insieme. >> rispose lui accarezzandole dolcemente la guancia. << Tu sei diventata così importante per me. Ogni momento passato con te è prezioso. >>
Maja sentì il cuore battere forte nel petto.
<< Anche tu sei importante per me, Antal >> " disse, avvicinandosi a lui.
<< Non avrei mai immaginato di trovare qualcuno come te in un momento così difficile.>> replicava l'ungherese.
Le loro labbra si incontrarono in un bacio appassionato, carico di emozione e desiderio. Le mani di Antal si muovevano con delicatezza lungo il corpo di Maja , mentre lei gli rispondeva con la stessa intensità. Il bacio si fece più profondo, e il mondo intorno a loro sembrava scomparire.
Lui la prese per mano e la condusse sotto un grande albero, dove la luna illuminava un piccolo spazio erboso. Si sdraiarono sull'erba, le mani di Antal che esploravano il corpo di Maja con dolcezza e passione.
La ragazza si sentiva viva come mai prima, ogni tocco di Antal era come una scintilla che accendeva il fuoco dentro di lei.
<< Ti amo, Maja. >> sussurrò lui la sua voce tremante di emozione.
<< Anch'io ti amo, Antal. >> rispose lei , guardandolo negli occhi. "
Con quelle parole, si abbandonarono completamente l'uno all'altra, lasciando che l'amore e la passione li travolgessero. La notte passò in un battito di ciglia, e quando finalmente si addormentarono nel bosco , erano stretti l'uno all'altra, il cuore battente all'unisono.
All'alba, i due furono svegliati bruscamente dai rumori di zoccoli di cavalli e voci concitate. Aprirono gli occhi, trovandosi circondati da alcuni soldati francesi. Antal si alzò rapidamente, afferrando la sua spada, pronto a difendere la ragazza .
<< Dobbiamo tornare dagli altri, subito. >> sussurrò lui , il suo sguardo era determinato.
Maja annuì, il cuore battendo all'impazzata mentre si alzava. Insieme, riuscirono a fuggire dai soldati francesi, correndo tra gli alberi per tornare al loro accampamento. Quando arrivarono, trovarono Estela in preda al panico.
<< Dove siete stati?! Karl Franz è partito all'inseguimento dell'imperatore francese da solo! >> esclamò la rossa , la preoccupazione evidente nel suo sguardo.
Maja sentì il cuore stringersi. << Dobbiamo trovarlo prima che sia troppo tardi, >> disse guardando Antal.
Si misero immediatamente sulle tracce del principe , seguendo i segni lasciati sul terreno. Dopo una breve corsa, raggiunsero un'area aperta vicino al fiume, dove videro Karl Franz in lontananza, impegnato in uno scontro con l'imperatore francese. La tensione era palpabile mentre osservavano la scena, incapaci di intervenire subito.
L'imperatore francese, vedendo Karl Franz avvicinarsi troppo, estrasse una pistola e sparò. L'austriaco colpito , cadde da cavallo e finì nel fiume. Maja gridò, vedendo il corpo del fratello portato via dalla corrente.
<< No! Karl non sa nuotare! >> urlò cercando di correre verso il fiume, ma fu trattenuta da Antal.
<< Stai indietro, è troppo pericoloso! >> disse lui cercando di mantenere la calma nonostante la situazione.
Maja lo guardò disperata, le lacrime agli occhi. << Devo salvarlo! Non posso perdere mio fratello! >> gridava lei.
Antal esitò per un attimo, i suoi sentimenti contrastanti ben visibili sul volto. Il risentimento che provava verso Karl Franz come principe ereditario era ancora forte, ma l'amore che provava per Maja superò ogni altra emozione. Senza più esitare, l'ungherese si gettò nel fiume, nuotando con tutte le sue forze verso l'austriaco.
La corrente era forte, ma l'uomo riuscì a raggiungere Karl Franz proprio mentre la corrente li trascinava verso una cascata. Con uno sforzo supremo, afferrò l'austriaco e cercò di tenerlo a galla, ma la forza dell'acqua era troppo potente. Entrambi furono trascinati oltre il bordo della cascata, scomparendo.
Antal si svegliò lentamente sulla riva del fiume, il corpo dolorante e la mente confusa. Ricordava di essersi lanciato nella corrente per salvare Karl Franz e di essere stato trascinato oltre la cascata. Sentì un gemito vicino a lui e si voltò, vedendo il principe sdraiato poco distante, visibilmente ferito.
Strinse i denti e si alzò, camminando con passo incerto verso di lui. << Franz. >> chiamò con voce roca, inginocchiandosi accanto al corpo immobile. " Ehy , mi senti?! >> insisteva alzando il tono di voce.
Antal iniziò a esaminare le ferite di Karl Franz, notando un profondo taglio sulla spalla e varie contusioni. Con mani esperte, cercò di fermare l'emorragia e di stabilizzare il ferito. Ma nel sollevare la camicia insanguinata per accedere meglio alla ferita, scoprì qualcosa che lo lasciò senza fiato.
Sotto i vestiti da uomo, il corpo di Karl Franz rivelava chiaramente le caratteristiche di una donna. Antal si fermò, incredulo, fissando il volto pallido di Karl Franz.
<< Ma come...? >> mormorò lui cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle.
Karl Franz aprì lentamente gli occhi, il volto contorto dal dolore. Vide lo sguardo sconvolto di Antal e capì immediatamente che il suo segreto era stato scoperto.
<< Io.. >> sussurrò con voce flebile, cercando di sollevarsi.
<< Non parlare , risparmia le forza. >> disse l'ungherese con la voce gentile come non aveva mai usato con Karl Franz.
L'austriaco annuì debolmente, lasciandosi ricadere sull'erba. Antal si prese cura delle sue ferite con delicatezza e precisione, usando tutto ciò che aveva a disposizione per garantire che le condizioni di Karl Franz migliorassero.
Quando finalmente terminò, l'uomo si sedette accanto al principe osservando il fiume che scorreva placidamente.
<< Perché? >> chiese infine, il tono era serio.
Karl Franz lo guardò, i suoi occhi ancora lucidi di dolore, ma anche di determinazione.
<< Non potevo permettere che mio padre partisse per la guerra in quelle condizioni! >> spiegò.
<< Dovevo proteggere la mia famiglia e il mio impero. >> aggiunse l'austriaco.
Antal rimase in silenzio. << Sono senza parole.. >> disse sinceramente l'ungherese.
<< Franz , io capisco la tua gelosia e ostilità nei miei confronti. Ma devi sapere che i miei sentimenti per Maja sono sinceri. La amo con tutto il mio cuore, e farei qualsiasi cosa per proteggerla , anche salvare un austriaco. >> dichiarava un po' sarcastico.
Karl Franz alzò lo sguardo al cielo sbuffando.
<< Se tu mi capissi sapresti che.. >> proseguiva l'ungherese.
<< Fammi indovinare.. Maja è una donna davvero speciale , la donna della tua vita e quando Maja è con te ti senti abbastanza.. perchè è così che lei ti vede. >> replicava il principe diventando lentamente serio.
Antal a fissò, sorpreso. << Come fai a saperlo? … >> disse, il tono era incredulo.
Karl Franz rivolse lo sguardo altrove.
<< Perchè con Elisabeth era la stessa cosa , lei era tutto il mio mondo.. >> replicava l'austriaco.
Karl Franz iniziò a raccontare all'uomo seduto al suo fianco il suo più grande segreto , un segreto che nemmeno la adorata sorella Maja conosceva.
Molti anni or sono , quando Karl Franz era solo una giovane principessa Astrid conobbe una ragazza del paese del suo impero.
Si chiamava Elisabeth , aveva gli occhi neri come la notte e i capelli castano scuro un po' arruffati ma allo stesso tempo morbidi come la seta.
Ogni giorno che Karl Franz andava nel bosco per cavalcare o fare altre attività lo faceva sempre in compagnia di Elisabeth.
Ma quello che per la giovane donna era una profonda amicizia che unisci due ragazze , per Karl Franz era qualcosa di diverso.. qualcosa che non credeva che una donna potesse far provare ad un'altra donna.
Per tantissimo tempo aveva avuto paura di quei sentimenti , sentendosi sporco e sopratutto in ansia all'idea che avrebbe potuto deludere o perdere i suoi cari.
<< E non le hai mai detto che l'ami? >> chiese l'ungherese ad un tratto.
Karl Franz sospirò con un velo di malinconia nella sua voce.
Lo aveva fatto , ma non c'era stata la reazione che si aspettava di ricevere.
Elisabeth era rimasta sconvolta da quella dichiarazione , non poteva concepire quello che per lei era qualcosa di innaturale e disgustoso.
Vano ogni tentativo di vedere oltre la sua apparenza , per Elisabeth Astrid era una donna e nulla poteva cambiare questa cosa.
Con quelle parole, la ragazza quel giorno si allontanò, lasciando Astrid sola nel giardino, il cuore spezzato. Astrid rimase lì, guardando l'ombra di Elisabeth svanire, sentendo un vuoto crescere dentro di lei.
Da quel giorno, Elisabeth evitò Astrid , trovando scuse per non incontrarla e rifiutando ogni tentativo di spiegazione o riconciliazione. Astrid si sentiva sempre più isolata, il dolore della perdita mescolato alla vergogna e alla confusione.
Una settimana dopo, Astrid vide un gruppo di persone vicino alla ferrovia . Tra di loro c'era Elisabeth , vestita con un abito da viaggio, mentre un uomo che la stava aiutando a salire sul treno a vapore.
Astrid si fermò, il cuore che batteva dolorosamente. Avvicinandosi lentamente, riuscì a cogliere uno sguardo della ragazza , che sembrava fredda e distaccata.
<< Elisabeth! >> chiamò Astrid , cercando di attirare la sua attenzione.
La ragazza si voltò, ma il suo sguardo era glaciale . prima di salire sulla carrozza e partire con quello che probabilmente avrebbe definito un vero uomo.
Antal ascoltava in silenzio , provando sempre di più un senso di empatia verso l'austriaco anche se non lo avrebbe ammesso mai.
<< Da quel momento capì una cosa importante , nessuno mi avrebbe mai potuto amare per quello che sono e sopratutto che l'amore è qualcosa che si trova solo nei libri per fanciulle innamorate. >> concluse l'austriaco cinicamente.
L'ungherese rimase in silenzio , sapendo che qualche frase sarebbe stata inascoltata dal principe.
Karl Franz sospirò mentre Antal non distoglieva lo sguardo dal fiume.
<< Beh io ormai ti conosco come Karl Franz , non ho voglia di mettermi ad imparare un nome diverso. >> disse poco dopo Antal.
Karl Franz lo guardò per un attimo confuso , non era chiaro ma qualcosa gli diceva che in quello strano modo velato , Antal stava comunicando di accettare l'austriaco per il suo vero essere , indipendentemente da quello che aveva nei pantaloni.
Continuarono ad osservare il fiume in silenzio , le difficoltà iniziali sembravano ormai placate dalla condivisione delle loro storie e dai sentimenti comuni di amore e protezione per Maja , ma sopratutto dal desiderio comune di avere la testa dell'imperatore francese come trofeo.
Mentre Antal e Karl Franz riposavano lungo la riva del fiume, furono improvvisamente circondati da un gruppo di soldati francesi. L'aria era tesa, e i soldati, armati e pronti, non lasciavano alcuna possibilità di fuga.
<< Mani in alto! >> ordinò il capitano francese, la voce tagliente come un coltello.
I due si scambiarono uno sguardo rapido, ma obbedirono, sapendo che qualsiasi tentativo di resistenza sarebbe stato inutile e pericoloso. Furono legati e portati via sotto la minaccia delle baionette, il cuore di Karl Franz stava battendo furiosamente.
I soldati francesi li condussero attraverso il bosco fino a una piccola stazione ferroviaria, dove un treno a vapore stava aspettando. Il treno, con i suoi vagoni neri e fumanti, sembrava un presagio di destino infausto.
<< Portateli a bordo! >> ordinò il capitano, e i soldati obbedirono senza esitazione. Antal e Karl Franz furono spinti all'interno di un vagone prigione, le porte di ferro che si chiudevano con un frastuono pesante e definitivo.
Il treno iniziò a muoversi, il fischio del vapore riempiendo l'aria mentre il paesaggio fuori dai finestrini cambiava rapidamente. Antal guardò Karl Franz , vedendo la preoccupazione sul suo volto.
Mentre il treno continuava la sua corsa, diretto verso l'accampamento francese, l'ungherese e l'austriaco sapevano che avrebbero dovuto trovare una soluzione per fuggire e salvare le loro vite.
Il treno sfrecciava attraverso la campagna , il suo fischio acuto che si mescolava con il rumore costante dei binari. Nel vagone prigione, i due uomini sedevano spalla a spalla, le menti in costante movimento per trovare una via di fuga. La situazione sembrava disperata, ma entrambi sapevano che arrendersi non era un'opzione.
<< Deve esserci un modo. >> sussurrò Karl Franz , osservando la robusta porta di ferro che li separava dalla libertà.
Antal osservò il vagone, cercando qualcosa che potesse essere utile. I suoi occhi si fermarono su una cassa di legno vicino a loro, apparentemente piena di attrezzi per la manutenzione del treno.
<< Lì dentro potrebbero esserci degli strumenti utili! >> disse, indicando la cassa.
Karl Franz si alzò lentamente, cercando di non attirare l'attenzione dei soldati all'esterno del vagone. Aprì la cassa e, con un sorriso di soddisfazione, tirò fuori un piede di porco. << Perfetto! >> disse, passando l'attrezzo ad Antal.
Antal prese il piede di porco e iniziò a lavorare sulla serratura della porta del vagone, cercando di fare il meno rumore possibile. Dopo qualche istante di tensione, la serratura cedette con un click.
<< Fatto! >> sussurrò, aprendo la porta di pochi centimetri per sbirciare fuori.
Due guardie stavano parlando vicino alla locomotiva, inconsapevoli del pericolo imminente. I due uomini si scambiarono uno sguardo, sapendo che dovevano agire in fretta. Antal prese una profonda inspirazione, preparandosi a quello che sapeva essere un momento cruciale.
<< Pronto? >> chiese, la sua voce appena udibile.
L'austriaco annuì. << Pronto. >>
In un attimo, Antal aprì la porta del vagone con un colpo secco e i due si lanciarono fuori, correndo verso il bordo del treno in movimento. Le guardie si girarono, sorprese, ma l'ungherese le affrontò senza esitazione, atterrando il primo soldato con un pugno ben assestato mentre l'austriaco bloccava il secondo con un colpo rapido al fianco.
Saliamo sul tetto del vagone!" gridò Karl Franz afferrando la mano di Antal e aiutandolo a scalare la struttura metallica.
Sopra di loro, il vento sferzava con forza mentre si arrampicavano sul tetto del treno. La vista era mozzafiato e terrificante allo stesso tempo, con il paesaggio che scorreva veloce sotto di loro.
<< Dobbiamo saltare alla prossima curva! >> gridò il principe , cercando di farsi sentire sopra il rumore del treno.
Antal guardò avanti, vedendo la curva che si avvicinava rapidamente.
<< Sei pazzo Kaiser?! Ci ammazzeremo! >> replicava Antal in panico.
<< Preferisci essere ucciso dai francesi? >> chiedeva beffardo l'austriaco.
Quando il treno iniziò a curvare, Antal strinse la mano di Karl Franz più forte. << Mai! >> gridò, saltando insieme a lui verso il terreno sottostante. Rotolarono lungo la scarpata, sentendo il dolore dell'impatto ma mantenendo la concentrazione sulla fuga.
Si alzarono rapidamente, guardando il treno allontanarsi. << Ce l'abbiamo fatta.. >> disse Karl Franz , il respiro era affannoso ma gli occhi brillanti di determinazione.
Antal annuì, un sorriso stanco ma soddisfatto sul volto. << Pazzo bastardo ci siamo riusciti! >>
I due scoppiarono a ridere guardandosi in faccia , la loro fuga rocambolesca aveva segnato l'inizio della loro amicizia,
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sounds-right · 11 months ago
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Giorgio V. (Acetone): “Così è iniziata la mia avventura in console”
“Ho iniziato a comprare tanta musica ben prima di avere l’idea di fare il dj”, racconta Giorgio V. a chi gli chiede com’è iniziata la sua carriera in console. “La mia paghetta era intorno alle 50.000 lire, con cui compravo 5 dischi. Se gli amici andavano a mangiare la pizza, andavo a trovarli dopo, perché finivo quasi sempre tutti i soldi in dischi. Perché? Semplice. Non sapevo certo che avrei fatto il dj nella vita, ma senza quel disco lì non potevo mica stare“, spiega.
Giorgio V. è un professionista della console affermato, dj resident, tra gli altri de Le Vele di Alassio e da qualche tempo pure un produttore di successo con il team di Acetone, la label di Maurizio Nari e Jens Lissat. Quest’etichetta italiana dà spazio prima di tutto alla creatività di Steve Tosi, Giorgio V., Max Magnani e  Sandro Puddu. L’Acetone Radio Show, insieme alle tante tracce della label, fa ballare mezzo mondo e pure l’Italia, presto sulle frequenze di Radio Studio Più. Tra le più recenti release di questa realtà: Nari & Stylus Rob – “Funky Chop” e Sandro Puddu – “Play that Game”… e pure “Out of Touch“. di Giorgio V., un pezzo perfetto per mettere insieme passato e futuro della dance… come tutte le release di Acetone, che è specializzata in funky house di qualità assoluta.
Ma che deve per per Giorgio V. un ragazzo che sogna la console?
“Non voglio dare consigli ‘concreti’ a chi vuol provare a fare il dj, non mi sembra servano. Credo invece serva prima di tutto una passione assoluta per la musica, che è la base per farsi una vera cultura musicale. La tecnica conta, la cultura musicale è più importante”.
Come hai iniziato tu?
“Per caso. Perché si può diventare dj per caso, purché la musica sia una parte fondamentale per la tua vita. Quella è la scelta, consapevole o meno. Ero a Bali, dove avevo lavorato a lungo in centro immersioni come istruttore sub. Avevo comprato un bel po’ di parei, bellissimi, per poterli poi rivendere. Già che c’ero, come quando ero ragazzino, avevo comprato un sacco di cd, che allora lì costavano pochissimo, appena 1500 lire. Quando sono tornato in Italia ho spedito tutto… e avevo un bel po’ di parei bellissimi da vendere. Una mia amica, che ha un bel disco bar a Vulcano, una delle isole Eolie, mi dice: perché non vieni a vendere i tuoi parei a Vulcano? L’idea mi sembrava buona e sono partito. Visto che ero lì e visto che avevo un sacco di musica, ho iniziato a proporla, la sera. Di giorno parei, la sera musica. Non era affatto male. Ripeto: tutto è successo un po’ per caso ma è tutto partito dalla musica. Non dal glamour della console e da chissà quali guadagni “.
Come mai credi che la cultura musicale sia fondamentale per un dj?
“Il palcoscenico, come è capito a me, può arrivare per caso… Ma se non sei davvero preparato dal punto di vista musicale, fallisci. Infatti non te la danno mai due volte la console. Gli orizzonti musicali devono sempre essere aperti, anche prima di iniziare a lavorare davvero. In un negozio di strumenti musicali qualche giorno fa ho incontrato un ragazzo che mi dice: ‘devo fare una serata anni ’70 – ’80’, puoi armi qualche titolo?’. Sono rimasto spiazzato. Ovviamente gli ho detto di guardare i primi posti delle classifiche dei vari anni e comprarsi le varie tracce… ma è grave. Se vuoi fare il dj e non conosci affatto due decadi così importanti, non può andar bene. Vuol dire partire dal terzo gradino. E oggi, come ieri del resto, bisogna almeno essere al primo e per poi provare a fare sempre meglio”.
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tarditardi · 11 months ago
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Giorgio V. (Acetone): “Così è iniziata la mia avventura in console”
“Ho iniziato a comprare tanta musica ben prima di avere l’idea di fare il dj”, racconta Giorgio V. a chi gli chiede com’è iniziata la sua carriera in console. “La mia paghetta era intorno alle 50.000 lire, con cui compravo 5 dischi. Se gli amici andavano a mangiare la pizza, andavo a trovarli dopo, perché finivo quasi sempre tutti i soldi in dischi. Perché? Semplice. Non sapevo certo che avrei fatto il dj nella vita, ma senza quel disco lì non potevo mica stare“, spiega.
Giorgio V. è un professionista della console affermato, dj resident, tra gli altri de Le Vele di Alassio e da qualche tempo pure un produttore di successo con il team di Acetone, la label di Maurizio Nari e Jens Lissat. Quest’etichetta italiana dà spazio prima di tutto alla creatività di Steve Tosi, Giorgio V., Max Magnani e  Sandro Puddu. L’Acetone Radio Show, insieme alle tante tracce della label, fa ballare mezzo mondo e pure l’Italia, presto sulle frequenze di Radio Studio Più. Tra le più recenti release di questa realtà: Nari & Stylus Rob – “Funky Chop” e Sandro Puddu – “Play that Game”… e pure “Out of Touch“. di Giorgio V., un pezzo perfetto per mettere insieme passato e futuro della dance… come tutte le release di Acetone, che è specializzata in funky house di qualità assoluta.
Ma che deve per per Giorgio V. un ragazzo che sogna la console?
“Non voglio dare consigli ‘concreti’ a chi vuol provare a fare il dj, non mi sembra servano. Credo invece serva prima di tutto una passione assoluta per la musica, che è la base per farsi una vera cultura musicale. La tecnica conta, la cultura musicale è più importante”.
Come hai iniziato tu?
“Per caso. Perché si può diventare dj per caso, purché la musica sia una parte fondamentale per la tua vita. Quella è la scelta, consapevole o meno. Ero a Bali, dove avevo lavorato a lungo in centro immersioni come istruttore sub. Avevo comprato un bel po’ di parei, bellissimi, per poterli poi rivendere. Già che c’ero, come quando ero ragazzino, avevo comprato un sacco di cd, che allora lì costavano pochissimo, appena 1500 lire. Quando sono tornato in Italia ho spedito tutto… e avevo un bel po’ di parei bellissimi da vendere. Una mia amica, che ha un bel disco bar a Vulcano, una delle isole Eolie, mi dice: perché non vieni a vendere i tuoi parei a Vulcano? L’idea mi sembrava buona e sono partito. Visto che ero lì e visto che avevo un sacco di musica, ho iniziato a proporla, la sera. Di giorno parei, la sera musica. Non era affatto male. Ripeto: tutto è successo un po’ per caso ma è tutto partito dalla musica. Non dal glamour della console e da chissà quali guadagni “.
Come mai credi che la cultura musicale sia fondamentale per un dj?
“Il palcoscenico, come è capito a me, può arrivare per caso… Ma se non sei davvero preparato dal punto di vista musicale, fallisci. Infatti non te la danno mai due volte la console. Gli orizzonti musicali devono sempre essere aperti, anche prima di iniziare a lavorare davvero. In un negozio di strumenti musicali qualche giorno fa ho incontrato un ragazzo che mi dice: ‘devo fare una serata anni ’70 – ’80’, puoi armi qualche titolo?’. Sono rimasto spiazzato. Ovviamente gli ho detto di guardare i primi posti delle classifiche dei vari anni e comprarsi le varie tracce… ma è grave. Se vuoi fare il dj e non conosci affatto due decadi così importanti, non può andar bene. Vuol dire partire dal terzo gradino. E oggi, come ieri del resto, bisogna almeno essere al primo e per poi provare a fare sempre meglio”.
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