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"et toute votre vie on dira: le poète" (denis roche)
Denis Roche, lors de la sortie du volume La poésie est inadmissible, au Seuil, déclarait ceci à Arnaud Viviant dans Libé : «Et j’ai toujours trouvé saugrenu qu’on ne dise pas d’un poète que c’est un écrivain. Au fond, c’est très étrange. Si vous écrivez un seul roman dans votre vie, nul ne songe à vous appeler romancier. Mais faites un livre de poésie, et toute votre vie on dira: le poète. C’est…
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#Charles Pennequin#décoration sociale#Denis Roche#La Poésie est inammissible#messaggi ai poeti#poesia#Seuil#utili sussidi#vediamo se riesco a spiegarmi
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(...) Il merito principale del presidente argentino Javier Milei non è tanto quello di aver vinto le elezioni, quanto l’aver creato un movimento, una figura e soprattutto un messaggio capace di dare il via a un cambiamento culturale (...). Già le sue manovre iniziali hanno provocato un vero e proprio sconquasso (...) e pure la paura di molti leader populisti che l’esempio argentino, in caso di successo, possa provocare un effetto domino di prospettive per ora non quantificabili (...), sensazione che si percepisce (...) anche in alcuni Paesi europei e specialmente in Italia (...).
È curioso notare come la stampa mainstream nostrana lo ha perseguitato nel corso dell’intera campagna elettorale e anche dopo, attribuendogli politiche di estrema destra e addirittura ipotizzando una dittatura (...). Ma anche se Milei si è tolto il vestito da Beppe Grillo (...), continua la persecuzione a suon di interpretazioni fasulle di certe sue decisioni iniziali e attuali.
(I) ben 340 decreti presidenziali emessi già la prima settimana di lavoro , mettono in moto un cambiamento radicale di un universo politico, economico e sociale che ha permesso a quella che, fino al 1947, era la terza potenza del mondo anche a livello di riserve auree nelle casse dello Stato, già nel 1953 di non avere in pratica nulla (...), proseguito fino ad arrivare a portare la nazione (a) default continui, ma anche di tracolli sempre più grandi come l’ultimo (:) la povertà è salita al 50% con un’indigenza infantile che ha raggiunto il 67%. Bei risultati, non c’è che dire.
La stampa italiana rispondente al Pensiero Unico Radical-Chic ZTL ha immediatamente parlato (...) di tutta una serie di “scioperi generali” dichiarati nei prossimi mesi dai sindacati legati al peronismo (...), ma anche sbandierando il licenziamento di ben 7.000 dipendenti pubblici, privatizzazioni “selvagge” delle aziende statali e cessioni di terre ai grandi investitori stranieri.
A parte che quest’ultima affermazione è una gigantesca bufala (o fake se preferite), pure le altre sono frutto di una interpretazione totalmente (deviata). È da giorni che chi scrive riceve telefonate da persone che lavorano presso i Ministeri, dove pare che (...) risulti impossibile trovare sedie nei vari uffici (...), scrivanie e strutture utili al lavoro.
No, non c’è stato un furto di massa di suppellettili, bensì una presenza totale del personale (:) da un giorno all’altro si sono presentati al lavoro migliaia di persone che negli ultimi 4 anni non si erano fatte vedere, ma si è pure scoperto che circa 159.919 di loro percepivano stipendio (e) ricevevano pure sussidi che spendevano in viaggi all’estero con aerei, navi, auto. Una truffa resa possibile da un sistema che elargiva benefit a persone vicine a partiti o organizzazioni sindacali in cambio di (...) “militancia”. (...) Tra questi si registrano pure coloro i quali (i famosi 7.000), per decreto, sono stati (assunti) dall’ex presidente nell’anno elettorale (...).
Altro particolare non di poco conto, inserito nel decreto definito “omnibus” (...) è quello che prevede che i Parlamentari e tutte le cariche dello Stato provvedano al pagamento dei propri viaggi privati di tasca propria (...). Milei ha firmato la settimana scorsa un decreto dove ha sottoscritto di non ricevere alcun compenso da parte dello Stato, cosa già da lui attuata da deputato. (...)
Il citato Decreto Omnibus (...) prevede tutta una serie di decisioni che configurano cambi epocali nella gestione non solo dello Stato ma anche dei suoi doveri nei riguardi della cittadinanza. Saranno privatizzate 41 aziende pubbliche (quasi tutte con deficit colossali o attivi “pompati”), riformata la legge sulla concorrenza, creata l’Agenzia per i mercati, liberalizzate le tariffe delle compagnie assicurative (...). Si introduce la sentenza diretta per reati inferiori ai 5 anni, la legge sulla legittima difesa (dove se chi commette un reato muore non ha diritto a nessun risarcimento), la possibilità di divorzio senza intervento giudiziario.
Per quanto concerne l’istruzione, le Università potranno tariffare la presenza di studenti stranieri non residenti e i professionisti non insegnanti potranno partecipare al processo educativo. È altresì vietato l’ingresso nelle scuole superiori di alunni che non abbiano completato con un diploma la scuola secondaria.
L’Argentina inoltre ha comunicato la sua uscita dal gruppo Brics, la sua adesione agli accordi di Parigi sul clima e alla Convenzione internazionale sulla protezione delle nuove varietà vegetali, stabilita nel 1991.
Come si vede si tratta di un vero giro a 180 gradi di una nazione che vuole uscire al più presto dalla gigantesca crisi nella quale il populismo peronista e kirchnerista l’ha inserita da decenni, in un processo nazional-popolare che ha aumentato la ricchezza della casta politica e i suoi privilegi e portato la povertà a livelli inaccettabili (...).
Ed è anche chiaro che questa serie di riforme (che al contrario di quanto annunciato anche dai media italiani ha provocato manifestazioni ben poco “spontanee” e partecipate) se potrà essere attuata, lo ripetiamo, provocherà un effetto domino che potrebbe investire anche il nostro Paese.
via https://www.ilsussidiario.net/news/diario-argentina-la-cura-anti-crisi-di-milei-che-non-piace-alla-nostra-stampa-mainstream/2639760/
SPERIAMO.
Applausi a scena aperta per Milei, un Grillo che ce l'ha fatta (perché non é gretto come Grillo, si basa non sui mal di pancia ma su un (anzi IL) sistema di riferimento positivo socioeconomico scientifico solido a supporto, non la boita Casaleggio&Associati).
Il 2024 si presenta come anno di crescenti pianti mainstream e forge di fake per i medioman su Milei: un anno tutto da godere.
Mica solo sul piano economico sociale, anche su quello della politica estera: supporto a Israele in primis, fanculo Cina e ciaone al satrapo retrò Putin, en attendant dello sciacquone pulisci Biden a fine anno che tutto quanto sopra risolverà (le sue lavanderine ucraine seguiranno automaticamente).
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Finiti i sussidi, ecco che tutti i nodi vengono al pettine. Niente solare sul tetto (chi è il folle che spende 30 mila euro per pannelli FV che non restituiranno nemmeno la metà della somma spesa?), fine delle auto elettriche. I sussidi sono una distorsione del mercato, ma anche un modo legale per dirottare ingenti somme di denaro verso le lobby che speculano... Rammento che GM sta perdendo, in media, 10 mila dollari per ogni veicolo elettrico prodotto, tanto da arrivare a perdite nel settore per oltre 9 miliardi di dollari, un vero e proprio salasso economico.
Luglio 2024 drammatico per le auto elettriche in Germania: 30.762 unità vendute, con un crollo del 37% rispetto a luglio 2023. Tutto in tendenza, così che la crisi si aggrava nel più importante mercato di vetture d’Europa. Il calo più pesante da dicembre 2023, quando il governo tedesco ha improvvisamente eliminato i sussidi per i veicoli elettrici, evidenza Automotive News, in base ai numeri dell’autorità federale tedesca per i trasporti a motore KBA rivelati il 5 agosto. Di contro, le immatricolazioni dei veicoli senza spina sono aumentate del 7%.
Senza ecobonus statali, neppure i tedeschi, come gli altri abitanti del Vecchio Continente, comprano le elettriche, sempre molto costose per via degli investimenti delle Case. La situazione spinge a far dire a Constantin Gall, consulente di EY, che “l’aumento della mobilità elettrica si sta rivelando finora insostenibile. Il mercato ha perso tutto lo slancio e molti clienti dubitano delle prospettive delle auto elettriche”.
Chi cerca consolazione in altre statistiche ne resta deluso: la quota di vendite di veicoli elettrici in Germania a luglio è precipitata a poco meno del 13% dal 20% dell’anno precedente. Proprio quando i costruttori si aspettavano una rapida adozione di veicoli alimentati a batteria. Un problema sovrannazionale e trasversale, un virus che colpisce addirittura la Svezia, leader dei veicoli elettrici: consegne giù del 15%. In Svizzera -19%.
Il più grande, il Gruppo Volkswagen, ha dichiarato la scorsa settimana di aver tagliato la capacità negli stabilimenti ad alto costo in Germania e potrebbe anche cambiare i tempi di avvio della produzione di batterie. Mercedes e BMW meditano sul da farsi innanzi alla Caporetto del full electric.
Adesso, i colossi teutonici (come tutte le Case) fanno i conti con lo spettro delle multe dell’Unione europea, decisa a confermare il bando termico del 2035: o viene proposta una certa quota di elettriche, o scattano sanzioni pesantissime. In alternativa, si spende tantissimo per comprare ancora i crediti ecologici di Tesla.
Il tutto, mentre VW rischia di affrontare un impatto negativo di 2 miliardi di euro sugli utili il prossimo anno, secondo l’analista UBS Patrick Hummel. Come un effetto domino, le aziende chiedono meno batterie per elettriche ai fornitori, che vanno in “debito d’ossigeno” avendo meno commesse: la francese Valeo sta cercando acquirenti per due stabilimenti che non producono a sufficienza. Uno di questi era già stato ristrutturato per produrre parti di auto elettriche. OPmobility, un altro produttore francese di componenti, ha affermato che la produzione di veicoli elettrici è circa la metà rispetto alle attese.
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Nvidia spinge il Nasdaq
Seduta volatile per le Borse europee, che dopo una serie di oscillazioni, viaggiano all’insegna della cautela. Del resto, gli investitori sono combattuti sulla linea da tenere, dopo i conti stellari pubblicati da Nvidia, con ricavi in volata del 262%, le indicazioni da falco contenute nei verbali dell’ultima riunione del Fomc, il braccio operativo della Fed, nei quali non viene escluso un ulteriore rialzo dei tassi qualora l’inflazione continuasse a rimanere elevata e gli ultimi dati positivi sull’economia Usa che allontanano la prima sforbiciata. Wall Street in ordine sparso, Nvidia spinge il Nasdaq Viaggia in ordine sparso Wall Street, dopo un’apertura in rialzo. Il Nasdaq si muove in territorio positivo grazie alla spinta di Nvidia Corp +8,39% che ha superato per la prima volta i 1.000 dollari per azione. Il gigante tech è reduce da una trimestrale record, con utili e ricavi migliori delle attese e la conferma dei rumor che circolavano su un nuovo split azionario. Nel dettaglio, l’azienda tech ha annunciato un piano di frazionamento azionario di 10 a 1, una guidance positiva e un aumento del 150% delle cedole trimestrali, che saliranno a 10 centesimi per azione, rispetto agli attuali 4 centesimi. Considerando gli effetti del frazionamento azionario, le nuove cedole – che saranno pagate agli azionisti il prossimo 28 giugno – avranno un valore pari a 1 centesimo per azione. Sul fronte macro, negli Usa le nuove richieste di sussidi di disoccupazione sono scese a 215.000, più delle attese. L’attività nazionale ad aprile ha però rallentato il passo, secondo l’indice stilato dalla Federal Reserve di Chicago. L’indice sull’attività manifatturiera è aumentato a maggio a 50,9 punti, più delle attese, segnalando che il settore è in espansione e lo stesso vale per l’indice Pmi servizi, che si attesta a 54,8 punti. Dati positivi sull’economia Usa che potrebbero convincere la Fed ad aspettare ancora a lungo prima di tagliare i tassi d’interesse, visto che l’inflazione resta alta. Migliorano le attività europee della manifattura e del terziario Nella zona euro l’indice composito Pmi, che misura l’andamento delle attività della manifatura e del terziario, a maggio è migliorato a 52,3 punti, aggiornando un massimo da 12 mesi. Rimanendo però al di sotto della soglia dei 50 punti, la fotografia è quella di un settore della manifattura in contrazione. La Banca centrale europea, inoltre, ha annunciato che le retribuzioni europee oggetto di rinnovo sono salite del 4,7% nel primo trimestre 2024 su base annua. La crescita dei salari è dunque tornata ai livelli del quarto trimestre 2023 quando si era registrato un rialzo del 4,7%. A Piazza Affari ancora in rialzo St, Mps in altalena A Piazza Affari continua la corsa di Stmicroelectronics +1,64% dopo la buona performance della vigilia, sulla scia del buon andamento del settore tech, al quale ha dato la carica Nvidia. In altalena Banca Monte Paschi Siena -0,15% , dopo il rialzo della vigilia, in quanto il Mef starebbe preparando l’uscita dal capitale. Il Tesoro potrebbe vendere le azioni sul mercato oppure procedere a una cessione diretta a soggetti terzi, come le Fondazioni. Sullo sfondo rimane la speranza di un matrimonio, che tuttavia per adesso appare di difficile realizzazione, con gli eventuali pretendenti fermi nelle posizioni, da Unicredit +1,05% , a Banco Bpm -0,52% passando per Bper Banca +0,68% . Tra le big, sono ben impostate le Finecobank +2,46% e le Prysmian +2,83% , mentre perdono quota le Saipem -0,38% le Snam -1,75% e le Diasorin -2,03% dopo l’ingresso della rivale Roche nel mercato dei test per la tubercolosi. Fuori dal paniere principale, Webuild -9,17% accusa una delle performance peggiori del mercato, dopo collocamento di bond Salini scambiabili con sue azioni per un controvalore di 225 milioni. Vanno male anche le Bioera -3,79% in attesa della decisione del giudice sulla richiesta della Procura per l’istanza di liquidazione giudiziale per la società. Il greggio rimbalza, sale anche il valore del gas Sul valutario, l’euro si attesta attorno a quota 1,085 dollari (1,083 alla vigilia). Torna a salire il petrolio, con il Brent che supera gli 82 dollari al barile e il Wti a oltre 78 dollari. In rialzo anche il gas naturale ad Amsterdam che punta ai 36 euro al MWh. Scende lo spread attorno ai 127 punti base. Read the full article
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Rivoluzionare il Riscaldamento Condominiale: i Benefici dell’Installazione di Pompe di Calore
In un'epoca in cui il risparmio energetico e l'efficienza sono al centro delle preoccupazioni ambientali e economiche, le pompe di calore emergono come soluzioni promettenti per i condomini. Questo articolo esplora la loro installazione, gestione, potenziali problemi e incentivi disponibili, offrendo una panoramica completa per i condomini interessati a questa tecnologia.
Pompe di Calore - Una Panoramica
Le pompe di calore sono sistemi che trasferiscono calore da una sorgente a un'altra, sfruttando l'energia dell'aria esterna per riscaldare o raffreddare gli ambienti. Questa tecnologia non solo riduce l'uso di combustibili fossili ma offre anche un'operazione più silenziosa e una maggiore efficienza energetica rispetto ai sistemi di riscaldamento tradizionali.
Installazione nelle Strutture Condominiali
L'installazione di pompe di calore in un condominio richiede un'analisi dettagliata dello spazio disponibile, delle esigenze di riscaldamento e di raffreddamento, e della compatibilità con l'infrastruttura esistente. È fondamentale valutare la capacità di ciascuna unità e la necessità di eventuali modifiche strutturali per l'installazione.
Vantaggi Economici e di Efficienza
Uno dei maggiori vantaggi delle pompe di calore è il loro potenziale di risparmio energetico. Riducono significativamente i costi operativi grazie alla loro alta efficienza, particolarmente in condizioni climatiche moderate. Inoltre, la distribuzione uniforme del calore migliora il comfort generale degli abitanti.
Possibili Problemi e Soluzioni
Nonostante i benefici, le pompe di calore possono presentare alcune sfide. Queste includono il costo iniziale di installazione, la necessità di manutenzione regolare e possibili problemi di prestazioni in condizioni climatiche estreme. Tuttavia, una corretta installazione e manutenzione possono mitigare questi problemi.
Incentivi e Agevolazioni Fiscali
Molti governi offrono incentivi per promuovere l'installazione di pompe di calore in condomini, come detrazioni fiscali o sussidi. Queste iniziative possono ridurre significativamente i costi iniziali e accelerare il ritorno sull'investimento.
Gestione Condominiale delle Pompe di Calore
La gestione delle pompe di calore in un contesto condominiale richiede una pianificazione e una comunicazione efficaci. È importante stabilire accordi chiari su spese e manutenzione, oltre a sensibilizzare i residenti sui vantaggi e sull'uso ottimale di queste unità.
Caso Studio - Successi e Lezioni
Un'analisi di casi di successo in diversi condomini può fornire insight utili. Questi esempi dimostrano come la corretta implementazione e gestione delle pompe di calore possano tradursi in risparmi significativi e miglioramenti nella qualità della vita.
Conclusione
L'adozione di pompe di calore nei condomini rappresenta un passo importante verso un futuro più sostenibile. Sebbene ci siano sfide da affrontare, i benefici in termini di risparmio energetico, riduzione dell'impatto ambientale e miglioramento del comfort abitativo sono indiscutibili. Con una pianificazione attenta e l'accesso agli incentivi disponibili, i condomini possono fare una scelta vantaggiosa per l'ambiente e per il proprio portafoglio.
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25 nov 2023 18:24
FACILE FARE GLI UTILI CON I FINANZIAMENTI PUBBLICI – JOHN ELKANN SOSTIENE CHE FIAT NON HA “MAI AVUTO BISOGNO DI AVERE LO STATO NEL CAPITALE”. MA TRA INCENTIVI, LINEE DI CREDITO AGEVOLATE, ROTTAMAZIONI E CASSE INTEGRAZIONI, IL GRUPPO HA OTTENUTO QUALCOSA COME 220 MILIARDI DI EURO DAL 1975 A OGGI. EPPURE, LA PRODUZIONE E I POSTI DI LAVORO IN ITALIA ARRANCANO E VENGONO RIDIMENSIONATI SEMPRE DI PIÙ, SPECIE DA QUANDO È NATA STELLANTIS (CHE HA COME AZIONISTA LO STATO FRANCESE…) -
Estratto dell’articolo di Lodovica Bulian per “il Giornale”
«Nella nostra storia non abbiamo mai avuto nessun bisogno di avere lo Stato nel nostro capitale», ha detto pochi mesi fa il presidente di Stellantis John Elkann, a proposito di un eventuale ingresso dello Stato italiano attraverso Cdp. «Gli Stati entrano nelle imprese quando vanno male e Stellantis va molto bene», ha aggiunto.
Ma se lo Stato italiano è sempre rimasto fuori dal capitale, in compenso miliardi di soldi pubblici sono entrati nelle casse dell’azienda che oggi è il risultato della fusione tra Fca (ex Fiat) e la francese Psa. Decenni di incentivi, aiuti, linee di credito. Difficile fornire una cifra precisa. Nel 2012 Federcontribuenti ha fatto un calcolo complessivo: dal 1975 ad oggi la casa Torinese «ha ottenuto dallo Stato italiano l’incredibile somma di 220 miliardi di euro tra varie casse integrazioni, prepensionamenti, rottamazioni, nuovi stabilimenti in gran parte finanziati con risorse pubbliche e contributi statali sotto varia forma». Numeri mai smentiti dalla casa torinese.
Del resto era stato il quotidiano Domani, di Carlo De Benedetti, a contestare le dichiarazioni di Elkann con un editoriale di Salvatore Bragantini: «Che non abbia mai dovuto far entrare lo stato in azienda è una mezza verità legale e, se non una reale balla, una sicura burla. Nella sua storia Fiat ha avuto più volte bisogno di una partecipazione statale ma, potendo scegliere, ha preferito incassare in modi meno vincolanti». E poi dentro Stellantis uno Stato c'è, ed è quello francese, che detiene il 6%.
Una partecipazione attenzionata dal Copasir, che nel febbraio 2022 aveva avvertito del rischio di uno «spostamento del baricentro di controllo sul versante francese […] », e aveva invitato il governo Draghi a valutare l’ipotesi di un ingresso di Cdp per «controbilanciare». Scenario respinto seccamente da Stellantis.
Ma torniamo ai “supporti“ dello Stato. L’ultimo è stato la maxi linea di credito da 6,3 miliardi concessa dal secondo governo Conte […] nel 2020, durante la pandemia, per «preservare e rafforzare la filiera automotive italiana». Il prestito è stato restituito in anticipo da Stellantis nel 2022, ma la produzione non è ancora tornata ai livelli pre-Covid, mentre dal 2021 il gruppo ha lasciato a casa quasi 8mila lavoratori.
Una recente analisi del Sole 24 Ore rileva che dopo la fusione con i francesi, il nostro Paese è stato sempre meno centrale nei volumi di produzione. […] Eppure negli ultimi mesi l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, non ha esitato a chiedere nuovi «sussidi diretti nelle tasche dei consumatori». […]
Sia chiaro, che sostegni e incentivi pubblici vengano elargiti a realtà imprenditoriali che rappresentano posti di lavoro e producono Pil è più che ragionevole. Anzi doveroso […]. Ma lo scopo non era certo arricchire l’azionista di controllo in un futuro che lo avrebbe visto rinunciatario di fronte alla sfida globale. Cosa che invece è avvenuto nel momento in cui si è trattato di stabilire la dinamica della fusione con la francese Psa. Per questo la richiesta di nuovi sostegni allo Stato italiano da parte di Stellantis suona come una beffa per molti contribuenti.
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Povertà alimentare in Italia: il rapporto di ActionAid
L'ultimo rapporto di ActionAid, pubblicato nei giorni scorsi, ha evidenziato un aumento della povertà alimentare in Italia. Secondo il rapporto, nel 2022 sono state 3,2 milioni le persone che hanno fatto ricorso all'assistenza alimentare, in aumento del 20% rispetto al 2021. Povertà alimentare in Italia: dati e preoccupazioni Il rapporto ha analizzato la situazione di 2.000 famiglie che si sono rivolte a enti di assistenza alimentare in 14 città italiane. I risultati hanno evidenziato che le persone in povertà alimentare sono prevalentemente donne con figli, famiglie monoparentali, famiglie migranti e persone con disabilità. Le principali cause della povertà alimentare sono la perdita del lavoro, la precarietà lavorativa, il basso reddito e l'aumento del costo della vita. La pandemia di COVID-19 ha contribuito ad aggravare la situazione, aumentando il numero di persone che hanno perso il lavoro o che hanno visto ridursi il proprio reddito. Cosa si può fare? Il rapporto di ActionAid ha anche evidenziato che la povertà alimentare ha un impatto negativo sulla salute, sulla partecipazione sociale e sull'inclusione. Le persone in povertà alimentare hanno maggiori probabilità di soffrire di malnutrizione, di avere problemi di salute mentale e di isolamento sociale. Per contrastare la povertà alimentare, ActionAid ha proposto una serie di misure, tra cui: - Aumento dei sussidi di disoccupazione e di inclusione sociale; - Introduzione di un reddito di base universale; - Interventi per ridurre il costo della vita; - Promozione di una cultura del cibo sostenibile e accessibile a tutti. Il rapporto di ActionAid è un importante campanello d'allarme sulla situazione della povertà alimentare in Italia. È necessario intervenire urgentemente per contrastare questo fenomeno, che ha un impatto negativo sulla vita di milioni di persone. Il ruolo delle organizzazioni del terzo settore Le organizzazioni del terzo settore svolgono un ruolo fondamentale nel contrasto alla povertà alimentare. In Italia, sono migliaia le realtà che offrono assistenza alimentare a persone in difficoltà. Il rapporto di ActionAid ha evidenziato che il 70% delle persone che si rivolgono a enti di assistenza alimentare sono assistite da organizzazioni del terzo settore. Queste organizzazioni forniscono non solo beni alimentari, ma anche servizi di supporto, come consulenza legale, assistenza psicologica e percorsi di inserimento lavorativo. Il ruolo delle organizzazioni del terzo settore è fondamentale per garantire il diritto al cibo a tutte le persone. È necessario che queste organizzazioni siano sostenute e valorizzate, in modo da poter continuare a svolgere il loro prezioso lavoro. Il problema della povertà alimentare La povertà alimentare è un fenomeno complesso che richiede interventi di natura economica, sociale e culturale. È necessario un impegno condiviso da parte di tutti gli attori della società, per garantire a tutti il diritto al cibo. Il rapporto di ActionAid è un importante contributo al dibattito sulla povertà alimentare in Italia. Il documento fornisce dati e analisi che possono essere utili per elaborare politiche e interventi efficaci per contrastare questo fenomeno. Foto di Frantisek Krejci da Pixabay Read the full article
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"Ristoratori, se non trovate camerieri è perché non pagate abbastanza" “Se non trovi i camerieri è perché non li paghi abbastanza”. Entra a gamba tesa nel dibattito sulla penuria del personale nel settore della ristorazione, Jacopo Ricci, chef e co-titolare del ristorante “Dopo Lavoro Ricreativo” a Frascati. “Io non ho avuto difficoltà a reperire le risorse - ci racconta -. Se offri un contratto con tutti i contributi, tredicesima e quattordicesima comprese, non avrai problemi a trovare gente che voglia lavorare per te”. Non è colpa delle nuove generazioni ‘sfaticate’, insomma: “La pandemia ha fatto venire a galla un sistema malato da anni. Un giorno è venuta da noi una ragazza, si è proposta come cameriera. Le ho offerto un contratto, è rimasta a bocca aperta. È un cane che si morde la coda: l’imprenditore offre poco, il lavoratore accetta svalutandosi. Ma qualcosa sta cambiando: la gente oggi preferisce un sussidio statale a una forma di schiavismo moderna”. “Sembra che il mondo della ristorazione o, più in generale, il settore turistico abbia dimenticato una regola di base, ovvero che ad un tot di ore lavorate corrisponda un determinato salario. Siamo vittime della narrazione tossica del ‘chi è bravo lavora tante ore’, del cuoco eroe che si fa turni di 12 ore, del cameriere che lavora sette giorni su sette senza riposo. Gli stagionali, nelle spiagge, negli alberghi, fanno turni massacranti anche per 3-4 euro all’ora. Il surplus di lavoro è troppo spesso invisibile e non retribuito”. “Oggi in Italia c’è la retorica malata del ‘veniamoci incontro’, del ‘siamo tutti sulla stessa barca’, del ‘chiudiamo un occhio’, del ‘ci vuole flessibilità’. L’imprenditore non investe sul dipendente e il dipendente, da parte sua, tende a svalutarsi. La ragazza a cui ho offerto il contratto si aspettava di prendere 400 euro al mese perché era questa la media che le era stata offerta in altri ristoranti in cui aveva lavorato (senza contratto). Io le ho proposto una cifra onesta: da me si lavora sei ore al giorno per sei giorni alla settimana, non di più, sono molto rigido sul fatto che ognuno debba rispettare il proprio orario lavorativo, senza andare oltre. I dipendenti prendono tredicesima e quattordicesima e si dividono gli utili tra lo staff. Nulla di eccelso, credo semplicemente che sia opportuno offrire a chi fa questo lavoro la giusta ricompensa e le giuste tutele. Il problema è che quello che dovrebbe essere scontato viene accolto con sorpresa proprio perché non così comune”. “I lavoratori non sono più educati a dire ‘io lavoro, io devo essere retribuito’. La retorica di accontentarsi, di accettare tutto è sbagliata, ma è radicata. La pandemia ha avuto il merito di accendere la miccia della rabbia: i lavoratori hanno visto che a pagare la crisi nella maggior parte dei casi non sono gli imprenditori, ma i dipendenti, soprattutto quelli in nero, che neanche hanno potuto percepire i sussidi. C’è bisogno di un cambio di mentalità: i lavoratori non dovrebbero più sottostare ai ricatti morali del tipo ‘ti posso dare solo 600 euro al mese, prendere o lasciare’, e gli imprenditori, da parte loro, dovrebbero farsi un piccolo esame di coscienza. Perché si troverà sempre quella persona disperata che deve dare da mangiare alla famiglia disposta a spaccarsi la schiena per 400 euro al mese, che preferisce lavorare al ristorante piuttosto che andare alla Caritas. Ma non è socialmente accettabile. Se tutti rifiutassero queste offerte indecenti, i ristoratori si ritroverebbero senza dipendenti e sarebbero costretti a chiudere e a capire finalmente la loro importanza. Perché senza dipendenti non c’è ricchezza, perché sono loro che la producono, sono loro le risorse da valorizzare e da ‘trattenere’”. Ilaria Betti
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"Ristoratori, se non trovate camerieri è perché non pagate abbastanza"
di Ilaria Betti 23/06/2021) nextquotidiano.it
Jacopo Ricci, chef a Frascati: "Io offro un contratto con tredicesima e quattordicesima comprese e non ho problemi a trovare personale"
JACOPO RICCI:
“Se non trovi i camerieri è perché non li paghi abbastanza”. Entra a gamba tesa nel dibattito sulla penuria del personale nel settore della ristorazione, Jacopo Ricci, chef e co-titolare del ristorante “Dopo Lavoro Ricreativo” a Frascati. “Io non ho avuto difficoltà a reperire le risorse - ci racconta -. Se offri un contratto con tutti i contributi, tredicesima e quattordicesima comprese, non avrai problemi a trovare gente che voglia lavorare per te”. Non è colpa delle nuove generazioni ‘sfaticate’, insomma: “La pandemia ha fatto venire a galla un sistema malato da anni. Un giorno è venuta da noi una ragazza, si è proposta come cameriera. Le ho offerto un contratto, è rimasta a bocca aperta. È un cane che si morde la coda: l’imprenditore offre poco, il lavoratore accetta svalutandosi. Ma qualcosa sta cambiando: la gente oggi preferisce un sussidio statale a una forma di schiavismo moderna”.
Sono introvabili 150mila tra camerieri, cuochi e barman, così come i bagnini e gli altri stagionali che lavorano nel turismo. Ma non c’è da stupirsi, secondo Jacopo Ricci. “Sembra che il mondo della ristorazione o, più in generale, il settore turistico abbia dimenticato una regola di base, ovvero che ad un tot di ore lavorate corrisponda un determinato salario. Siamo vittime della narrazione tossica del ‘chi è bravo lavora tante ore’, del cuoco eroe che si fa turni di 12 ore, del cameriere che lavora sette giorni su sette senza riposo. Gli stagionali, nelle spiagge, negli alberghi, fanno turni massacranti anche per 3-4 euro all’ora. Il surplus di lavoro è troppo spesso invisibile e non retribuito”.
Ristorazione e accoglienza sono ambiti che registrano irregolarità superiori al 70 per cento. Ma c’è anche chi cerca di fare le cose “fatte bene”, investendo sul personale. “Oggi in Italia c’è la retorica malata del ‘veniamoci incontro’, del ‘siamo tutti sulla stessa barca’, del ‘chiudiamo un occhio’, del ‘ci vuole flessibilità’. L’imprenditore non investe sul dipendente e il dipendente, da parte sua, tende a svalutarsi. La ragazza a cui ho offerto il contratto si aspettava di prendere 400 euro al mese perché era questa la media che le era stata offerta in altri ristoranti in cui aveva lavorato (senza contratto). Io le ho proposto una cifra onesta: da me si lavora sei ore al giorno per sei giorni alla settimana, non di più, sono molto rigido sul fatto che ognuno debba rispettare il proprio orario lavorativo, senza andare oltre. I dipendenti prendono tredicesima e quattordicesima e si dividono gli utili tra lo staff. Nulla di eccelso, credo semplicemente che sia opportuno offrire a chi fa questo lavoro la giusta ricompensa e le giuste tutele. Il problema è che quello che dovrebbe essere scontato viene accolto con sorpresa proprio perché non così comune”.
Offrire un contratto serio è funzionale anche alla fidelizzazione del dipendente, un fattore non trascurabile per il successo di un locale. “I datori di lavoro si lamentano perché il personale ‘scappa’ non appena si presenta un’occasione migliore. Ma se tu a quel dipendente dici ‘lavorerai 7 giorni su 7, ti darò 800 euro al massimo perché, sai, c’è la crisi’, tu quel dipendente prima o poi lo perdi o comunque non lo incentivi a restare. Se, invece, su di lui investi, se lo paghi adeguatamente, se gli offri una prospettiva di crescita, vedrai che non ti lascerà a piedi. Quando ho aperto la mia attività ho parlato con un consulente del lavoro. Mi ha prospettato la possibilità di fare stage, tirocini: insomma, scorciatoie per pagare meno contributi per i dipendenti. Io mi sono opposto: qui abbiamo tra i 38 e i 20 anni, voglio che tutti abbiano un contratto che li tuteli in pieno, voglio che possano investire su loro stessi, che possano chiedere un prestito, un mutuo. Il lavoro nobilita l’uomo solo quando gli restituisce dignità, quando non è degradante, quando non si trasforma in schiavismo”.
Ma perché nessuno vuole più fare il cameriere? Non è affatto un mestiere di serie B. Piuttosto a renderlo poco appetibile è il trattamento svilente riservato dai datori di lavoro. Eppure c’è un esercito di giovani là fuori che studia per svolgere questa professione: “Ci sono tanti ragazzi che sognano di diventare caposala, che frequentano scuole, che prendono diplomi da sommelier, imparano le lingue. C’è differenza tra un portapiatti e chi per questo lavoro ha studiato, fatto corsi, si è formato sul campo. Il cameriere bravo è colui che invoglia il cliente, conosce il prodotto, è quello che fa fare l’incasso. Perché il cameriere deve lavare il bagno? Io non mi sognerei mai di chiedere ad un professore universitario di sistemare la presa rotta del proiettore. Lo stesso trattamento deve essere riservato a questa figura”.
Baristi, camerieri, cuochi che non si trovano: contro il lavoro, stagionale e non, retribuito con stipendi da fame si stanno sollevando i primi no. Che stia cambiando qualcosa? Secondo Jacopo Ricci, la pandemia ha squarciato il velo: “I lavoratori non sono più educati a dire ‘io lavoro, io devo essere retribuito’. La retorica di accontentarsi, di accettare tutto è sbagliata, ma è radicata. La pandemia ha avuto il merito di accendere la miccia della rabbia: i lavoratori hanno visto che a pagare la crisi nella maggior parte dei casi non sono gli imprenditori, ma i dipendenti, soprattutto quelli in nero, che neanche hanno potuto percepire i sussidi. C’è bisogno di un cambio di mentalità: i lavoratori non dovrebbero più sottostare ai ricatti morali del tipo ‘ti posso dare solo 600 euro al mese, prendere o lasciare’, e gli imprenditori, da parte loro, dovrebbero farsi un piccolo esame di coscienza. Perché si troverà sempre quella persona disperata che deve dare da mangiare alla famiglia disposta a spaccarsi la schiena per 400 euro al mese, che preferisce lavorare al ristorante piuttosto che andare alla Caritas. Ma non è socialmente accettabile. Se tutti rifiutassero queste offerte indecenti, i ristoratori si ritroverebbero senza dipendenti e sarebbero costretti a chiudere e a capire finalmente la loro importanza. Perché senza dipendenti non c’è ricchezza, perché sono loro che la producono, sono loro le risorse da valorizzare e da ‘trattenere’”.
Elementare,vero Briatore e Santanche'
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Antiche cure e rituali del tarantismo presso il mare, le sorgenti e i corsi d'acqua
di Gianfranco Mele
Oggi l’immagine più popolare del tarantismo è quella del ballo al chiuso delle mura domestiche, essendo stata una delle due forme rituali più recenti (l’altra, come noto, instauratasi in una fase successiva, è quella del pellegrinaggio nella chiesa galatinese dedicata a S. Paolo, che giunge anche a sostituire del tutto il rituale musicale domiciliare). Ma non sempre è stato così: forme più antiche son descritte da vari autori del passato e hanno come scenario a volte le strade e i crocevia, altre volte, e ancor più anticamente, ambienti arborei e/o acquatici. Come vedremo, il rituale domiciliare ha poi conservato questi elementi introducendoli (sia pur in modo rimaneggiato) all’interno delle mura domestiche. In “La terra del rimorso”, nella parte della trattazione dedicata agli scenari e all’ambientazione del rito, il De Martino ha ampiamente descritto questi aspetti. In questo scritto ripercorreremo e descriveremo in particolare gli scenari legati all’ambiente acquatico (e ai suoi “surrogati” domiciliari) cercando, per quanto possibile, di risalire ai significati e alle motivazioni del rito in acqua o con la presenza dell’elemento acqua.
E’ lo stesso De Martino, a riferirci che lo studioso orietano Quinto Mario Corrado, nel suo De copia latini sermonis (1581) ricorda come i tarantati “ad aquam, ad fontes, ad ramum viridem, ad umbras, ad amaena omnia rapiuntur”[1]
Sempre il De Martino, ci fa notare che
“Atanasio Kircher […] attesta che nel luogo destinato alla danza venivano spesso collocate conche colme d’acqua, addobbate con erbe e rami verdeggianti: e dall’acqua e dalle fronde i tarantati traevano grandissimo diletto, sino al punto di tuffarsi nella conca, e di guazzarvi a mò di anitre”[2]
Epifanio Ferdinando nel 1621 riferisce una serie di comportamenti dei tarantati, fra cui quelli di “giovani donne che si buttano nei pozzi” e di altri che “si lanciano in mare”;[3] i tarantati sembrano trovare conforto alla vista del mare e dell’acqua, traggono giovamento dall’immergervisi, manifestano desiderio ardente di bagnarsi nel mare, e gioia al solo sentir parlare di mare o di acqua. Epifanio si dà una spiegazione di questo comportamento, sostenendo che
“il veleno della tarantola non agisce esso solo in tutto e per tutto, ma essendo la sua costituzione secca, [i tarantati] amano quello che è opposto al secco, cioè l’acqua. Infatti nei tarantati l’immaginazione non è alterata a tal punto, come in quelli che sono stati morsi da un cane rabbioso, i quali hanno l’idrofobia e perciò, rabbiosi, rifiutano quel rimedio che a loro potrebbe giovare”[4]
Ma, altra cosa importante, Epifanio è a conoscenza del fatto che già secondo Dioscoride l’acqua del mare sana le persone morse dai ragni (e lo cita), così come cita il medico persiano Rasis (854-930) il quale raccomanda l’immersione in acqua del mare per le persone avvelenate dai ragni.[5]
I tarantati trovano sollievo dall’acqua in genere, non solo quella del mare ma anche quella di conche e pozzi:
“Perché alcune fanciulle tarantate si lanciano nei pozzi, esibiscono le parti intime, si strappano i capelli e gridano? La causa deve ritenersi la stessa, ma più intensa: infatti, quanto più secca sarà la tarantola, più intensi diventeranno questi sintomi. “[6]
Come le tarantole amano l’umidità, così secondo Epifanio la prediligono le persone che ne son state morse:
“Perché alcuni gioiscono a sentire nominare il mare e i canti che fanno riferimento al mare? La causa risiede in quello che si è detto: in conseguenza della secchezza del temperamento, sembrano amare l’umidità sia le tarantole, sia le persone che sono state morse da esse. Noi conosciamo molti che non trovano sollievo se non si immergono nell’acqua delle conche o nei pozzi, legati ad una fune per non annegare.” [7]
Epifanio descrive anche i rimedi balneoterapici indicati dal Rasis:
“Rasis ha prescritto molti rimedi utili, come il bagno in acqua calda, teriaca, succo di foglie di mora, vino puro, aglio, cumino, agnocasto, l’immersione nell’acqua del mare riscaldata, la sudorazione abbondante”.[8]
Cita poi il medico greco Rufo di Efeso (I sec.-II sec. d.C.):
“Rufo raccomanda più di tutto la teriaca, il bagno e il vino vecchio”.[9]
Ancora, sui bagni:
“Ezio, nel libro XIII, cap. 18 e Paolo, libro V, cap. 7, fra gli altri rimedi, lodano molto l’aglio, il vino e i bagni; ugualmente nel libro V, cap. 27. “[10]
Anche il medico Giorgio Baglivi parla, nel 1696 (Dissertatio de anatome, morsu et effectibus tarantulae), della presenza dell’acqua nel rituale, e, in questo caso, di fosse scavate all’esterno, nel terreno, nelle quali i “malati” si immergevano. Nell’acqua, i tarantati immergevano anche fronde e rami verdi che poi si ponevano in testa. De Martino ne fornisce sunto:
“… il medico dalmata Giorgio Baglivi, non manca di accennare ai pampini e ai rami fronzuti che i tarantati agitavano e immergevano nell’acqua, per adornarsene poi il capo; e accenna anche al ricorrente gesto che i tarantati eseguivano di immergere nell’acqua mani e capo. Non parla a dir vero di tino o conca apprestati al centro dell’ambiente, ma di un fosso scavato nel terreno, e colmato d’acqua, onde l’immergersi in esso richiama al Baglivi non già, come nel Kircher, l’immagine di anitre che starnazzano, ma quella di maiali che si voltolano nel fango”.[11]
Dei balli nell’acqua, e in questo caso nel mare, parla dettagliatamente anche il naturalista seicentesco Paolo Silvio Boccone, che scrive:
“Una delle forze, e fatiche incomprensibili, che hanno, e che ci assicura non esservi finzione, si è quella, che per un quarto d’hora, e più di seguito girano intorno, come un Arcolaio, con impeto, e furore; l’altra è di voler ballare in Mare, e però vi si gettano con violenza, e cecità tale, che gli astanti sono obbligati a legare i Pazienti alla poppa della Barca in mezzo alle acque, e li Sonatori di dentro suonano, e in quella forma resta satisfatta l’imaginazione depravata, e corrotta degl’Infermi.” [12]
Il De Martino, proprio in riferimento a questi passi del Boccone, scrive:
“… il suicidio per eros precluso, l’impulso di morte per disperato amore, la corsa verso il mare per scomparire nelle onde trovavano orizzonte in un rito ch’era praticato a Taranto e a Brindisi: il tarantato in crisi, legato con una fune alla poppa di una barca, veniva fatto baccheggiare a suo agio nelle acque del mare, mentre i suonatori in barca cercavano di imporre al disperato il ritmo delle loro melodie”[13]
Nel passo suddetto il De Martino non sembra sottolineare tanto il ruolo curativo dell’acqua, quanto il gesto disperato della corsa verso il mare, e rispetto al quale i parenti del tarantato si adoperavano a “limitare i danni” legandolo alla poppa o ricreando per lui il contesto acquatico in ambiente più “protetto”: rimarca questo aspetto quando in un passo successivo descrive la presenza delle conche d’acqua come surrogati casalinghi del mare, e, a seguire, parla, riprendendo i Kircher, dell’episodio di un cappuccino di Taranto il quale, morso dalla tarantola, corre con impeto verso il mare e là vi trova la morte:
“C’è da chiedersi se la tradizionale conca colma d’acqua nella quale diguazzavano i tarantati non assolvesse almeno in dati casi la funzione di modesto surrogato casalingo in cui spegnere simbolicamente un ardore che nel suo cieco trasporto poteva sospingere a disperate fughe verso il mare e a pericolosi salti in acqua: come fu il caso di quel cappuccino di Taranto, cui i superiori avevano proibito di eseguire l’esorcismo musicale e che un giorno, irresistibilmente stimolato dal suo impulso di immersione, fuggì dal convento come folle e con tanto impeto si inoltrò nel mare da trovarvi non già refrigerio al suo male, ma miserabile morte per annegamento”.[14]
Eppure il De Martino, nel capitolo della sua trattazione intitolato “Tarantismo e cattolicesimo”, affronta il tema dell’acqua risanatrice e “miracolosa” del pozzo di San Paolo, ma evidentemente non la mette in stretta relazione con questi altri aspetti del rituale acquatico.
Laddove non era presente o non era immediatamente raggiungibile un ambiente acquatico (ed arboreo, altra caratteristica dell’ambientazione più antica del rito), questo veniva ricreato “artificialmente”, anche tra le mura domestiche: ancora una volta, è il De Martino a notarlo, riportando passi del De Phalangio Apulo di Ludovico Valletta (monaco della congregazione dei Celestini al convento di Lucera). Scrive il De Martino:
“Ludovico Valletta […] conferma che talora i tarantati gioivano «alla vista di limpide acque, e di fonti artificiali che con soave mormorio scorrevano in un tino apprestato alla bisogna», compiacendosi di verdi fronde spiccate di fresco dagli alberi e disseminate qua e là nell’ambiente destinato alla danza, e ciò «per rappresentare in qualche modo una selva».”[15]
Successivamente, il Valletta descrive le spese che le famiglie dei tarantati son costrette a sostenere per l’organizzazione dell’intero rituale di cura (compensi in denaro, regali e vitto per i musicisti; ingaggio di giovinette abbigliate in abiti nuziali con il compito di danzare con i tarantati; spese varie per l’arredo – compreso il fitto di armi da appendere alle pareti o l’ acquisto di drappi multicolori -), e fa riferimento anche alle spese per la ricostruzione dello scenario acquatico-arboreo:
“E faccio grazia di molti altri sussidi e opportunità di cui si servono gli intossicati sia al fine di sollevare e rallegrare gli animi mesti durante la danza, sia perchè di queste cose hanno bisogno per qualche motivo: come, per esempio, fonti artificiali di limpida acqua congegnate in modo che l’acqua, raccolta, torna sempre di nuovo a versarsi: le quali fonti son ricoperte e circondate di verdi fronde, di fiori e di alberelli […]”[16]
Anche il Valletta descrive il rituale della sospensione al soffitto con una fune (pratica che ai tempi delle indagini sul campo di De Martino è già in disuso e della quale, come lui osserva, gli intervistati conservano solo il ricordo): al termine del dondolio con le mani strette alla fune, e ad essa aggrappata con tutto il corpo, la tarantata, sudata, si immergeva in acqua:
“A motivo di questa agitazione e dell’incredibile fatica sopportata, tutto il corpo e soprattutto il volto della donna erano coperti di sudore copioso, finchè infiammata da così strenua agitazione correva anelante al gran tino colmo d’acqua apprestato a sua richiesta, e vi immergeva completamente il capo, onde trarre con l’acqua fredda qualche lenimento al dolore che l’avvampava”.[17]
illustrazione dal testo del Valletta
Il Serao fa riferimenti sia ai balli in mare che alla presenza dell’acqua nel rituale domiciliare. Riferendosi alla ricerca di Epifanio Ferdinando, scrive:
“Cerca egli, verbigrazia, perchè i Tarantati si compiacciano di farsi seppellire fino al mento nella terra: perchè amino di cercar luoghi ermi , e desolati, e sogliano fin anche aggirarsi volentieri intorno a’ sepolcri, e cimiteri : perchè altri si gettino in mare; altri urlino; altri si avventino per mordere questo e quell’altro: perchè il sono delle campane loro ecciti passione, e mestizia: perchè cerchino di esser sospesi da una fune; o messi in una culla, e quivi dimenati, come si fa co’ fanciulli. Perchè le giovinette si sieno talora precipitate nei pozzi; perchè le medesime senza alcuno ritegno facciano altre sconcezze: si strappino i capelli: vogliano sentir le canzoni, in cui sia nominato il mare.” [18]
In riferimento al rituale domiciliare, il Serao così descrive il ruolo e le funzioni dell’acqua:
“Ben credo d’intendere, perchè vogliano che loro si pongano avanti degli specchi; e molto meglio e più facilmente perchè cerchino de tinelli, e de’ bacini pieni d’acqua; o almeno perchè i pietosi spettatori arrechino di questi ordigni in vicinanza de Tarantolati che danzano: poichè vanno essi di tanto in tanto a tuffar la testa nell’acqua, e ripigliano perciò lena, quando sono più trafelati e molli di sudore.”[19]
frontespizio del testo del Serao
Il Berkeley, nel suo “Diario di viaggio in Italia” (primi del ‘700), descrive tra le altre cose l’abitudine dei tarantati di gettarsi nel mare di Taranto:
“A Taranto vivono diverse famiglie nobili. Anche qui abbiamo assistito alla danza di un tarantato. […] Il console ci ha detto che tutti i ragni, ad eccezione di quelli con le zampe più lunghe, se ti mordono, provocano i tipici sintomi, benché non così forti come quelli dei ragni più grandi di campagna. Ha poi aggiunto che la tarantola provoca un forte dolore e un livido che si estende su tutta la zona circostante il morso ed anche oltre. Non credo che fingano, la danza è davvero faticosa. Inoltre, ha raccontato che i tarantati siano vittime di una pazzia febbrile e che a volte, conclusa la danza, si gettavano in mare e finivano per annegare se qualcuno non li avesse salvati. “[20]
Il leccese Nicola Caputi nel suo De tarantulae anatome et morsu, descrive gli scenari del rito e la presenza costante dell’acqua anche in ambito domiciliare:
“La camera da letto destinata al ballo dei tarantati sogliono adornare con rami verdeggianti cui adattano numerosi nastri e seriche fasce di sgargianti colori. Un consimile drappeggio dispongono per tutta la camera; e talora apprestano un tino, o una sorta di caldaia molto capace, colma d’acqua, e addobbata con pampini di vite e con verdi fronde di altri alberi; ovvero fanno sgorgare leggiadre fonticelle di limpida acqua, atte a sollevare lo spirito, e presso di queste i tarantati eseguono la danza, palesando di trarre da esse, come dal resto dello scenario, il massimo diletto. Quei drappi, quelle fronde e quei rivoli artificiali essi vanno contemplando, e si bagnano mani e capo al fonte: tolgono anche dal tino madidi fasci di pampini, e se ne cospargono il corpo interamente, oppure – quando il recipiente sia abbastanza capace – vi si immergono dentro, e così più facilmente sopportano la fatica della danza.”[21]
Questa la descrizione che il ricercatore ottocentesco Giovan Battista Gagliardo offre delle danze delle tarantate presso il podere Malvaseda nei pressi di Taranto:
“Succede al promontorio della Penna il podere Malvaseda nome di un’estinta famiglia Tarentina, il quale è innaffiato da’ varj canaletti di acqua perenne. Qui nelle belle giornate d’inverno concorrono i Tarentini per mangiarvi il pesce fresco, le ostriche, ed altre conchiglie.
Il vedere in quei giorni tutta questa campagna, la quale è piena di agrumi, e di ogni specie di alberi da frutto, popolata da famiglie sparse qua, e la, tutte intente a preparare il pranzo, e quindi sdrajate per terra divorarselo, ricordano le belle adunanze greche che terminavano colla danza, come finiscono anche le moderne. Dopo il pranzo unisconsi le varie compagnie e ballano al suono della chitarra la pizzica pizzica, ballo che esprime tutta la forza dell’entusiasmo, e di quel clima, che diede occasione ad Orazio di chiamarlo molle.
Concorrevano anche qui una volta le Tarantolate. Credevano quelle maniache, e facevano crederlo anche ai loro amanti, che senza rivoltarsi nell’acqua, ciò che dicevano Spupurare, non sarebbero guarite. Grazie alla filosofia, alla quale le femmine debbono ora la libertà che prima era loro negata, non vi sono più tarantolate né in Taranto, né nel resto della Provincia. “[22]
La ricercatrice inglese Janet Ross intraprende intorno al 1888 un viaggio in Italia: nella sua tappa pugliese è accompagnata dal manduriano Giacomo Lacaita. Assiste al ballo della “pizzica-pizzica” presso la masseria di Leucaspide a Statte (Taranto), e successivamente conosce un altro manduriano, Eugenio Arnò, al quale rivolge una serie di domande sul tarantismo.[23] La descrizione che Eugenio Arnò offre del tarantismo è molto particolare, come la stessa ricercatrice osserva, poiché l’ Arnò distingue fra “tarantismo secco” e “tarantismo umido”, indicando con quest’ultimo termine l’usanza di ballare presso sorgenti d’acqua. Vediamo, a seguire, uno stralcio del testo della Ross:
“Le informazioni che mi diede Don Eugenio, spettatore di centinaia di casi, differiscono da quelle avute da altri. Egli mi diceva: Esistono varie specie di quest’insetto che ha differenti colori, e vi sono due specie di tarantismo, quello umido e quello secco. Le donne, quando lavorano nei campi di grano, sono più soggette ad essere morsicate a causa delle poche vesti che portano addosso, durante il caldo eccessivo. Il male si annunzia con una febbre violenta, e la persona colpita di dimena furiosamente in tutti i versi gridando e lamentandosi. Allora subito si fanno venire dei musicanti, e se la musica che si suona non incontra la fantasia della tarantata (o tarantato, vale a dire la persona morsicata), la donna ( o l’uomo) si contorce e si lamenta più forte, gridando ”no, no, no questa canzone“. I musicanti allora cambiano immediatamente motivo, e il tamburello strepita e picchia furiosamente per indicare la differenza del tempo. Finalmente quando la tarantata trova la musica che fa per lei, si slancia d’un balzo e si mette a ballare freneticamente.
Se poi si tratta di ”tarantismo secco“, i parenti cercano il colore dell’insetto che l’ha morsicata, e le adornano le vesti e i polsi di nastri dello stesso colore dell’insetto, bianco o celeste, verde, rosso o giallo. Se nessun colore risponde a quello che si cerca, allora vien coperta da strisce di ogni colore, che svolazzano intorno a lei come essa balla, si dimena, si agita con le braccia per aria, da vera indemoniata. La funzione o cerimonia si comincia generalmente in casa; ma va a finire sempre per la strada, sia per il caldo, sia per la tanta gente che si raccoglie. Quando finalmente la “tarantata” si calma, vien messa in un letto caldo, dove dorme qualche volta sino a diciotto ore di seguito. Pel “tarantismo umido“, i musicanti vanno a sedere per lo più vicino ad un pozzo, dove la tarantata viene irresistibilmente attratta; e mentre la disgraziata balla, un numero straordinario di parenti e di amici la inondano d’acqua, per cui, diceva Don Eugenio, ”è incredibile la quantità d’acqua benedetta che viene consumata“. E ne parlava con vero dispiacere, perché in Puglia non è difficile il caso, che il bestiame muoia in estate per mancanza d’acqua. Pare che il “tarantismo umido” sia quello peggiore, perché talvolta la febbre si prolunga a sino a settantadue ore; ma in tutti e due i casi, fui assicurata che se i musicanti non sono chiamati, la febbre continua indefinitivamente, e viene qualche volta seguita da morte.[24]
Albero millenario Leucaspide (disegno Carlo Orsi) dal testo di Janet Ross
Antoine Laurent Castellan, riportando osservazioni sul tarantismo compiute durante un suo viaggio a Brindisi nel 1897, scrive:
“Qui si crea l’opinione che i malati fuggano dalla società, cerchino l’acqua con avidità e ne approfittino anche se non sono osservati; si crede anche che a loro piaccia essere circondati da oggetti i cui colori sono molto vivaci.”[25]
illustrazione dal testo di Antoine-Laurent Castellan Lettres sur l’ Italie (1819)
Sempre in un contesto di fine Ottocento, anche il manduriano Giuseppe Gigli riferisce della presenza di acqua durante i balli:
“Alcuni usano ballare nelle case; altri nei crocicchi delle vie; alcuni vestiti a festa, altri quasi seminudi; alcuni tenendo in mano i fazzoletti, o simili adornamenti femminili, altri reggendo pesanti arnesi della casa. Uno dei più barbari balli è quello che taluni fanno nell’acqua. E non solamente nell’acqua si agitano per mezza persona, ma continuamente se ne versano con un catino sul capo e sulle spalle. E’ una cosa che muove a pietà, a sdegno per così orribile pregiudizio!”[26]
Esula dal tema di questo scritto l’occuparci in modo approfondito degli altri dettagli tipici dell’ambiente del rito domiciliare, tuttavia ne faremo un accenno, per completezza espositiva: come ci ricorda il De Martino, altri oggetti rituali sono le spade per il combattimento rappresentato durante la danza, gli specchi (nei quali i tarantati di tanto in tanto si contemplavano),[27] i nastri multicolori, i drappi, e fazzoletti, scialli, monili con i quali spesso le tarantate si adornavano.
Un ruolo particolare come abbiamo evidenziato più volte lo avevano anche le fronde e i rami degli alberi (una delle funzioni di questi addobbi posti nelle case dove si svolgeva il rito, era, secondo il De Martino, quella di ricostruire l’ambiente arboreo (insieme a quello acquatico), erbe varie, e/o, come riferisce Anna Caggiano a proposito dei tarantolati tarantini, vasi con piante vive. Nella descrizione della Caggiano, ritorna (e siamo già nel 1931) l’acqua:
“tutte le comari offrono – in prestito s’intende – fazzoletti, scialli, sciarpe, sottane, tovaglie d’ogni colore, vasi di basilico, di cedrina, di menta, di ruta, specchi e gingilli ed infine un gran tino pieno d’acqua. L’ambiente viene così addobbato e quando tutto è pronto la morsicata, vestita di colori vistosi, sceglie a suo gusto nastri, fazzoletti, sciarpe, che le ricordano i colori della tarantola, e se ne adorna in attesa dei suonatori” [28]
Le piante poste a “decorazione” dell’ambiente del rito, secondo alcune interpretazioni fungevano anche da stimolo olfattivo, ai fini di una sorta di aromaterapia: è lo stesso De Martino a dedurlo e specificarlo,[29] anche se non specifica che molte di esse, e in particolare quelle che vengono nominate nel passo della Caggiano, nella medicina antica erano impiegate come rimedio specifico contro i veleni e contro i morsi di animali velenosi (ma affronteremo questo tema in altro scritto).
La “cura con l’acqua” (per i morsi delle tarantole, degli aracnidi e degli animali velenosi in genere) sia con l’acqua dolce che con l’acqua di mare, risale alla medicina antica (abbiamo già accennato a Dioscoride), e viene indicata come rimedio specifico sino ai tempi della letteratura medica ottocentesca, e difatti scrive nel 1859 il medico Achille Vergari:
“In certi luoghi la stufa secca forma l’unico mezzo curativo de tarantolati. I bagni d’acqua calda possono adempiere al la stessa indicazione. Si crede che l’acqua di mare sia meglio per più ragioni. […] Quando forti dolori vessano i tarantolati, conviene l’ uso dei bagni d’acqua calda, le stufe secche, e le vaporose. Quindi Mercuriale sull’avviso di Avicenna e di Aezio diceva, che gli avvelenati dalle tarantole con dolori deggiono essere posti ne bagni (Merc. de morbis venenosis. L. Il. C.V. p.39.)” [30]
Dunque i bagni nell’acqua (e spesso nell’acqua calda) costituiscono un rimedio e una usanza di tipo strettamente medico contro i veleni, sin dai tempi antichi, e si ritrovano, come abbiamo accennato e come vedremo più avanti, nelle prescrizioni di Dioscoride (I sec. d.C.), Rufo di Efeso (I – II sec. d.C.), Aezio (VI sec.), Avicenna (980-1037), Girolamo Mercuriale (1530-1606), Andrea Mattioli (1501-1578), Ambrogio Parco (XVI sec. anche costui) fino alla medicina ottocentesca.
La medicina popolare, come noto, è fortemente intrisa di conoscenze sia empiriche che nozionistiche, trasmesse e accumulate oralmente attraverso la tradizione, nei secoli, e provenienti, in genere, dalla medicina più antica. Ad una cura contro i veleni a base di balneazioni nota e praticata da millenni, si aggiunge, nel rituale del tarantismo, la musica come complemento, contenimento e rimedio ad uno stato di eccitazione motoria provocato dal veleno (reale o immaginario che fosse), che gradualmente va a soppiantare totalmente la cura balneare (della quale tuttavia restano residuati o reminiscenze simboliche inserite nel rito terapeutico domiciliare).
Come abbiamo anticipato, anche Dioscoride individua i bagni nell’acqua come rimedio contro i veleni. Nelle indicazioni del medico greco si ritrova, fra i vari rimedi, come indicazione per la cura degli avvelenamenti in genere, il bagno in acqua calda. Ma come vedremo più avanti, il Dioscoride indica proprio nei bagni dell’acqua di mare il rimedio specifico per punture di ragni e scorpioni.
La cura per i morsi di animali ritenuti velenosi tramite l’ acqua (in questo caso di sorgenti, aventi anche la caratteristica di essere “calde”) era praticata anche nella Sardegna di alcuni secoli fa. In un manoscritto anonimo (intitolato “Delle tarantole”) della fine del XVII secolo – inizi XVIII, edito da Crsec Galatina si legge:
“La Tarantola solfuga, che nasce nell’ isola della Sardegna, ha pure di proprio li sovradetti sintomi, il nome di Serpente, ed il suo veleno ha per controveleno i medesimi medicamenti; afferma Giulio Salino, famosissimo ed antichissimo scrittore, nelle sue Istoriche descrizioni del Mondo, dove tratta dell’Isola di Sardegna: «la Sardegna è priva di serpenti, vi è soltanto, in vari luoghi nei campi della Sardegna, la “solfuga”, insetto molto piccolo privo di ali, simile ai ragni; è chiamata “sol fuga” poiché evita la luce e preferisce stare nelle miniere d’argento: si muove in modo poco visibile e, se uno senza vederla le si siede sopra, ne è morso»; e poco dopo, parlando del modo di curare questo veleno, soggiunge: «in alcuni posti vi sono sorgenti molto calde e salutari, che sono medicamentose: saldano le fratture ossee, annullano gli effetti del veleno della “solfuga” o quelli di punture di varie piante e animali».[31]
Lo stesso Epifanio aveva parlato della Solfuga e delle fonti di acqua risanatrice:
“Quante sono le specie di ragni? Rispondo che noi troviamo 21 specie, infatti oltre le diciassette enumerate sopra, secondo le Storie delle Indie di Oucto, libro XV, cap. 3, c’è un’altra specie di tarantola che prospera a Ispaniola, isola del Nuovo Mondo, che è tanto grande da gareggiare col cancro gigante, della quale fino ad oggi non abbiamo nessuna conoscenza diretta. La diciannovesima è quella che secondo Solino e Isidoro, cap. 2, libro XI, si chiama solfuga e vive in Sardegna. È una specie di ragno e odia la luce, per questo di chiama solfuga; con il suo morso procura all’uomo un danno mortale, ma la natura o Dio Ottimo Massimo, per non lasciare niente senza uguale, ha prodotto lì delle fonti, la cui acqua bevuta da chi è stato morso funge da bezoartico”[32]
La Solfuga o Solìfuga cui fanno riferimento questi autori, nonostante il nome generico e improprio, è da identificarsi nel Latrodectus tredigimguttatus, il ragno il cui morso sta probabilmente alle origini delle credenze sviluppatesi attorno alla “tarànta”, al suo veleno e ai sintomi del suo morso, e che ha un suo corrispettivo mitico-rituale nell’ Argia sarda.[33]
Tornando al ruolo dell’acqua, un cenno va fatto anche all’acqua del Fonte Pliniano manduriano, che, sembra di capire dalle parole di un altro medico, il Pasanisi, doveva essere utilizzata, almeno sino al Settecento, per la cura del tarantismo. Il Pasanisi ne accenna, tuttavia, per confutare l’idea che l’acqua del fonte mandurino possa contrastare gli effetti del veleno:
“Può essere preservativo del tarantismo? Se il tarantismo, secondo il pensare di molti moderni, anche leccesi (fra gli autori leccesi è il cavalier Carducci nell’ annotazioni sopra il libro intitolato Delizie tarantine), non è effetto del morso velenoso della tarantola, ma un particolare morbo de’ pugliesi e del genere dei deliri melancolici, farebbe certamente un grande preservativo. Ma se poi sia effetto del veleno della Tarantola, come altri sostengono, sarebbe inutile fidarsi all’acqua di Manduria“. [34]
Nel Dioscoride del Mattioli si legge:
“Dell’acqua marina. […] E’ veramente salutifera alle punture velenose, specialmente degli scorpioni, di quei ragni che si chiamano phalangi, e degli aspidi, i quali inducono tremore, e frigidità nelle membra: il che fa anchora entrandosi in essa calda”.[35]
Ancora, Il Mattioli cita Aezio, medico bizantino del VI secolo, scrivendo:
“Dei segni universali dei morsi dei Phalangi, e parimenti della cura, scrisse complicatamente il medesimo Aezio nel luogo sopradetto, così dicendo. […] si causa frigidità nelle ginocchia, ne i lombi, nelle spalle: aggravasi alle volte tutto il corpo: i dolori punto non cessano, il sonno si perde, e fassi la faccia non poco pallida, e smarrita. In alcuni nasce nella verga non poco stimolo del coito, con prurito di testa, e di gambe: fanno gli occhi lacrimosi, torbidi, concavi: il ventre inegualmente si gonfia, e gonfiasi oltre a ciò tutta la persona, la faccia, e massimamente quelle parti, che sono intorno alla lingua, di modo che non poco impediscono la loquela. Sono alcuni pazienti, che non possono orinare, quantunque n’habbiano desiderio, se non con dolore: e quantunque pure orinino, fanno l’orina acquosa, nella quale si veggono alcune cose simili alle tele dei ragni: il che similmente si vede nei vomiti loro, e nelle feccie, che vanno del corpo. Messi i pazienti nell’acqua, s’alleggeriscono d’ogni dolore: ma come se ne vengono fuori, si dogliono non pco nelle parti vergognose, e lor tira la verga fuori di modo, come che ne i vecchi intervenga tutto il contrario perciocchè in loro quelle membra del tutto si rilassano. […] Giovano ne i morsi di tutti i continui bagni […]”.[36]
Successivamente il Mattioli parla anche della cura del “veleno delle tarantole” “con la musica dei suoni, e col lungo ballare”[37] ma risultano particolarmente interessanti le citazioni di cui sopra, per capire come tutta la sintomatologia attribuita al morso e al veleno dei “falangi” non solo abbia un riscontro in quella che nel Salento è attribuita al morso della “tarantola” (nome generico dato a un non meglio identificato ragno: non è assolutamente detto che ci si riferisse alla Lycosa piuttosto che non al Latrodectus oppure a tutte le specie di ragni più o meno velenosi), ma soprattutto che sin dall’antichità i bagni e l’acqua (e in particolare l’acqua calda e l’acqua marina) sono considerati strumenti terapeutici al fine di contrastare gli effetti del veleno.
Continuando con le citazioni sugli elementi acquatici nel rito e nel ballo, facciamo alcuni cenni sulla presenza costante dell’acqua e del mare anche nelle canzoni: a parte i numerosi versi che parlano di malinconiche storie d’amore (in genere perduto) e d’attesa in cui son presenti mari, naufragi, partenze per mare, almeno due canti in particolare sembrano delineare o quantomeno rievocare il quadro del rituale acquatico. Uno è quello pervenutoci tramite il De Simone, l’altro ci perviene tramite il Kircher. Il primo:
Mariola Antonia! Mariola te lu mare!
Taranta Mariola pizzica le caruse tutte quante !
Pisce frittu e baccalà e recotta cu lu mele,
maccaruni de Simulà.
(nota del De Simone): “… la tarantata risponde, esclamando”:
Ohimme! Mueru! Canta! Canta!
Il canto “allu mari”, citato dal Kircher nel Magnes sive, è ripreso anche dal De Martino:
Allu mari mi portati,
se volete che mi sanati!
Allu mari, alla via!
Così m’ama la donna mia!
Allu mari, allu mari:
mentre campo t’aggio amari!
Come abbiamo già visto, Epifanio Ferdinando nel 1621 ci fa sapere che i tarantati amavano udire il nome del mare, e “canti che narravano episodi in cui aveva parte il mare”[38] : “tarantati gaudent audire nomen maris, et cantilenas de mare mentionem facientes”.[39]
In conclusione, l’elemento acqua ricorre sin dall’antichità come cura specifica per i morsi di una serie di animali ritenuti velenosi, così come anche nelle forme e nei riti più antichi ascrivibili al tarantismo.
Il rituale dell’acqua non solo è, dunque, antichissimo e precedente, nella cura del tarantismo, a quello domiciliare (che tuttavia ne conserva elementi come la presenza di tinozze o bacinelle), ma ha evidentemente una origine e una motivazione prettamente “medica”: sin dall’antichità si ritiene che i bagni in acqua, e specie nell’acqua del mare, giovino e siano rimedio alle morsicature da aracnidi e altri animali velenosi o ritenuti tali.
Antidotum Tarantulae, dal Magnes sive de magnetica arte (1644)
NOTE
[1] Q. Marii Corradi Uretani, De copia latini sermonis, libri quinque. Ad Camillum Palaeotum, cum eius ipsius vita & aliis, quae versa pagina indicabit, Venetiis, apud Franciscum Zilettum, Venezia, 1581, V, pag. 171; vedi anche Ernesto Ernesto De Martino, La Terra del Rimorso, Il saggiatore, Milano, 1961, pag. 127
[2] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 128; qui De Martino traduce e riassume da Athanasius Kircher, Magnes sive de Arte Magnetica opus tripartitum, Colonia, 1643 (1a ed. Roma 1641), pag. 759
[3] Epifanio Ferdinando, Centum historiae, Venezia, 1621, storia LXXXI “De morsu tarantulae”, trad. da Silvana Arcuti, Epifanio Ferdinando e il morso della tarantola, Edizioni Pensa Multimedia, Lecce, 2002. Epifanio descrive anche altri comportamenti bizzarri, come quello dell’aggirarsi tra i sepolcri, del calarsi in una tomba e stendersi in un feretro in compagnia del defunto, ma anche di donne che mostrano i genitali, si strappano i capelli; riferisce di altri che cantano nenie, son tristi, desiderano essere dondolati in un letto pensile, altri che chiedono di essere ricoperti di terra fino al collo, altri che si rotolano per terra, altri che supplicano di essere frustati
[4] Silvana Arcuti, Epifanio Ferdinando e il morso della tarantola, Edizioni Pensa Multimedia, Lecce, 2002, pag. 64
[5] Ibidem
[6] Ibidem
[7] Ivi, pag. 65
[8] Ibidem
[9] Ibidem
[10] Ibidem
[11] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 129; cita qui Giorgio Baglivi, Dissertatio de anatome morsu et effectibus tarantulae, in Opera Omnia, Venezia, 1754; Dissertatio VI, pag. 314. Il De Martino, citando il Baglivi ed Epifanio Ferdinando, evidenzia anche l’utilizzo dell’altalena nel tarantismo antico, e più in generale di funi di sospensione appese agli alberi (nel rito domiciliare appese al soffitto) ricollegandolo (come del resto fa il Kircher) all’imitazione del comportamento del ragno che sta appeso ai fili della ragnatela oscillante al vento. La pratica dell’altalena è ritenuta dal De Martino parte integrante e originatasi dal rito all’aperto (nel duplice scenario arboreo ed acquatico):“La pratica dell’altalena, come è evidente, è legata all’esorcismo all’aperto, presso alberi e fonti; nell’esorcismo a domicilio si cercava di imitare lo scenario vegetale e acquatico e l’altalena si tramutava in una fune sospesa al soffitto, alla quale i tarantati si reggevano nel corso della loro danza...” (De Martino, cit., pag. 129)
[12] Paolo Boccone, Intorno la Tarantola della Puglia, in: Museo di Fisica e di Esperienze variato, e decorato di Osservazioni Naturali, Note Medicinali e Ragionamenti secondo i Princìpi de’ Moderni, Venezia, 1697, pag. 103
[13] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 145
[14] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 145. Qui il De Martino cita il Kircher, Magnes sive, pag. 768
[15] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 128; con citazione di Ludovico Valletta, De phalangio apulo, Napoli 1706, pp. 77 e sgg.
[16] Ludovico Valletta, op. cit., pag. 92; cit. in Ernesto De Martino, op. cit., pag. 128
[17] Ludovico Valletta, op. cit., pag. 76
[18] Francesco Serao, Della Tarantola o sia Falangio di Puglia, Lezioni Accademiche, Napoli, 1742, pag. 156. Sul farsi seppellire nella terra, citato in questo passo, vedi anche paralleli con il rito dell’argia sarda (in De Martino, op. cit. pag. 196): “L’esorcismo è effettuato a suonatori e ballerini, mentre l’avvelenato viene sepolto sino al collo nel letame o in una fossa ricoperta poi di terra, oppure lasciato al suolo in preda alla crisi: in quest’ultimo caso può aver luogo o meno la sua partecipazione al ballo”
[19] Francesco Serao, op. cit., pp. 5-6
[20] George Berkeley, Diario di viaggio in Italia (1717 – 1718), trad. it. a cura di Nicola Nesta, Ed. Digitali CISVA 2010, pp. 53-54
[21] Nicola Caputi, De tarantulae anatome et morsu, Lecce, 1741, pag. 201
[22] Giovanni Battista Gagliardo, Descrizione topografica di Taranto, pp. 64-65, Napoli, 1811
[23] Janet Ross racconta di queste esperienze ella sua opera The Land of Manfred prince of Tarentum, edita a Londra nel 1889. Vi riporta anche i testi di tre canzoni popolari che ha raccolto: trascrive tre canzoni: Riccio Riccio, Larilà e La Gallipolina.
[24] Janet Ross, La Terra di Manfredi ( La Puglia nell’800), trad. I. Capriati, Tip. Vecchi, Trani, 1899, pp. 138- 140
[25] Antoine Laurent Castellan, Lettres sur l’ Italie, faisant suite aux lettres sur la morée, l’ Hellespont et Costantinople, Tomo I, Parigi, 1819, Lettre IX, pag. 82
[26] Giuseppe Gigli, Il ballo della tarantola. In “Superstizioni, pregiudizi, credenze e fiabe popolari in Terra d’Otranto” Firenze 1893.
[27] Nelle varie descrizioni e interpretazioni relative alla presenza degli specchi, questi oggetti vengono identificati come funzionali a una non meglio specificata auto-contemplazione, a volte specificamente interpretati come funzionali ad una sorta di auto-ammirazione narcisistica; da parte di alcuni autori si dice che nello specchio (e/o anche nell’acqua o nella bacinella d’acqua fungente da specchio) i tarantati “vedevano” la Tarantola che li aveva morsi, ma non è da escludersi una funzione dello specchio di tipo medico-diagnostico: nella antica medicina, difatti, lo specchio (e anche lo specchiarsi nell’acqua) era utilizzato per verificare il grado di avvelenamento e di malattia, e la compromissione delle facoltà del paziente. Nel Sesto Libro di Dioscoride del Mattioli, si legge: “Riferisce Avicenna, che quantunque temano i pazienti l’acqua, si può tenere nondimeno speranza di salute, pur che rimirando nello specchio, riconoscano se stessi. Il che dimostra, che si possa havere speranza di curare nel timor dell’acqua, quando il veleno non sia di tal forte confermato, che restino ancora i pazienti con qualche conoscimento” (Pietro Andrea Mattioli, I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli, Sanese, Medico Cesareo, nelli sei libri di Pedacio Dioscoride Anazarbeo della materia Medicinale, Venezia, 1573, pag. 947)
[28] Anna Caggiano, La danza dei tarantolati nei dintorni di Taranto, in Folklore italiano: archivio trimestrale per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari, VI, 1931, pag. 72
[29] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 131
[30] Achille Vergari, Tarantismo o malattia prodotta dalle tarantole velenose, Napoli, stamperia Società Filomatica, 1859, pp. 34-35. Il Vergari prosegue citando anch’egli l’uso delle funi, ma in riferimento al morso della tarantola in Dalmazia: “Assicurava il Fortis « che nel Contado di Traù in Dalmazia i contadini che nella stagione ardente agir deggiono in campagna, sono soggetti frequentemente al morso della tarantola, Pauk nell’ idioma illirico; e che il rimedio che usano per calmare a poco a poco, e far poi cessare del tutto i dolori dal veleno del pauk prodotti, si è il mettere gli ammalati a sedere sopra d’una fune non tesa, ben raccomandata tra due capi alle travi, e dondolarveli per cinque o sei ore (Michelangelo Manicone, Fisica appula, vol. V pag 81. )” (Vergari, cit., pag. 35)
[31] AA.VV., Sulle Tracce della Taranta, Documenti inediti del Settecento, Crsec Galatina, Crsec San Cesario – Regione Puglia, 2000, pp. 57-58
[32] Silvana Arcuti, Epifanio Fernando e il morso della tarantola, Pensa Multimedia, Lecce, 2002, pp. 43-44
[33] Propriamente, con il termine Solifugae si intende, nella attuale classificazione, un ordine di aracnidi (peraltro non velenosi), e non già un genere e tantomeno una determinata specie. Tuttavia il Serao identifica, con una lunga dissertazione, la Solìfuga sarda con la “tarantola di Puglia” (Serao, op. cit., pp. 80-89); e Giovanni Spano, nel suo Vocabolario Sardu-Italianu (1851) riferisce che questo ragno è da identificarsi con la taràntola citata dal Berni nel suo Orlando innamorato (Francesco Berni Orlando innamorato, XLI, ottava 6, vv. 5-8; ottava 7, vv. 1-4 ), e, propriamente, con l’ Arza o Argia sarda ( Giovanni Spano, Vocabolario Sardu-Italianu, a cura di Giulio Paulis, Ilisso Edizioni, Nuoro, 2004, pag. 110 e pag. 119). L’ Argia sarda altro non è che il Latrodectus tredigimguttatus, volgarmente detto malmignatta o anche vedova nera mediterranea.
[34] Salvatore Pasanisi, Saggio chimico – medico sull’acqua minerale di Manduria, Napoli, Stamperia Nicola Russo, 1790, pp. 32 – 33
[35] Pietro Andrea Mattioli, I Discorsi di Pietro Andrea Mattioli nei Sei Libri di Pedacio Dioscoride Anarzabeo nella Materia medicinale, Venezia, 1573, V Libro, pag. 825
[36] Pietro Andrea Mattioli op. cit. pag. 958-959
[37] Pietro Andrea Mattioli op. cit. pag. 959
[38] Ernesto De Martino, op. cit., pag. 145
[39] Epifanio Ferdinando, Centum historie seu observationes, Venezia, 1621, pag. 258
#Aezio#Ambrogio Parco#Andrea Mattioli#Atanasio Kircher#Avicenna#Dioscoride#Epifanio Ferdinando#Ernesto De Martino#Gianfranco Mele#Girolamo Mercuriale#Paolo Silvio Boccone#Quinto Mario Corrado#Rufo di Efeso#taranta#tarantismo#Spigolature Salentine#Tradizioni Popolari di Terra d’Otranto
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Più Partecipazione
Ritornano le Commissioni Comunali
organi di promozione della partecipazione dei cittadini alla vita politico – amministrativa a carattere propositivo e consultivo . Vengono così istituite le sotto elencate
Commissioni Comunali permanenti:
1. POLITICHE SOCIALI
2. SCUOLA E ISTRUZIONE
3. OSSERVATORIO GIOVANI
4. CULTURA E BIBLIOTECA
5. COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI
6. AMBIENTE ED ECOLOGIA
7. COMMERCIO ARTIGIANATO INDUSTRIA
8. VIABILITA’ E SICUREZZA
ALLEGATO A
COMMISSIONE POLITICHE SOCIALI
La Commissione Politiche Sociali si propone di esaminare e approfondire argomenti di natura sociale ritenuti di particolare interesse, esprimendo al riguardo pareri e proposte.
In dettaglio, la stessa di occupa di:
1) promuovere iniziative di prevenzione e di sostegno ai singoli, ai minori, agli anziani, ai casi di grave marginalita’, di disabilita’ e al nucleo familiare; 2) indicare e proporre interventi di tipo programmatorio e organizzativo in campo sociale quali, a titolo di esempio, segretariato sociale, interventi socio-assistenziali, di orientamento e supporto per l’accesso ai servizi territoriali, alle strutture residenziali e semiresidenziali e ai contributi economici previsti per legge, supporto domiciliare nella gestione delle attività della vita quotidiana, progetti di reinserimento, collaborazione con i servizi territoriali specialistici, interventi socio-assistenziali di base ed educativi; 3) promuovere azioni per la realizzazione delle pari opportunità e dell’inclusione.
COMMISSIONE SCUOLA E ISTRUZIONE
La Commissione per la Scuola e l'Istruzione, è un organo consultivo e propositivo, esprime parere non vincolante ma orientativo sulle materie di sua competenza per quanto riguarda le problematiche specifiche e attinenti al mondo della scuola. Sono compiti specifici della Commissione Scuola la formulazione di proposte e pareri all’Amministrazione Comunale su tutte le tematiche afferenti alla scuola, allo scopo primario di contribuire al miglioramento qualitativo del servizio scolastico nel territorio del Comune. In particolare, formula proposte volte:
1) alla redazione del Piano annuale del Diritto allo studio;
2) a proporre e collaborare con gli Istituti Scolastici per la realizzazione di progetti mirati da individuare di volta in volta sulla base delle priorità;
3) al miglioramento dei servizi scolastici;
4) ad iniziative volte a favorire il Diritto allo Studio;
5) alla risoluzione di eventuali problemi relativi alle scuole di ogni ordine e grado;
6) a promuovere la sensibilizzazione nelle scuole verso temi ritenuti fondamentali quali l’educazione civica, alimentare, ambientale, stradale , ecc..
COMMISSIONE OSSERVATORIO GIOVANI
La Commissione intende affrontare le questioni emergenti quali reali esigenze del mondo giovanile della nostra comunità cittadina. In particolare la stessa:
1) cercherà di individuare, nei modi ritenuti opportuni, quali sono le primarie esigenze dei giovani Solbiatesi che chiedono di essere soddisfatte dall’azione della Amministrazione Comunale;
2) procederà all’identificazione di un insieme di progetti atti a soddisfare le esigenze espresse, tenendo in considerazione il contenuto di fattibilità degli stessi;
3) cercherà di dare vita ad un gruppo di attività che concorrano con il loro contributo alla realizzazione dei progetti individuati e autogestiti;
4) terrà stretti rapporti con gli assessorati pertinenti per l’implementazione di un determinato progetto, anche al fine del reperimento delle eventuali risorse finanziarie, privilegiando, comunque, il rapporto con l’Assessorato allo Sport, al Tempo Libero e alle Politiche giovanili;
5) promuoverà e favorirà la partecipazione alle proprie riunioni di tutti i giovani; il presidente ha facoltà di dare la parola ai giovani presenti nel pubblico durante le sedute;
6) Individuerà, d’accordo con la Giunta comunale, uno spazio dedicato ai giovani.
COMMISSIONE CULTURA E BIBLIOTECA
La Commissione ha i seguenti compiti:
1) vigilare sul buon andamento della Biblioteca;
2) elaborare e proporre le linee e gli indirizzi della politica culturale della Biblioteca;
3) predisporre, entro il mese di Ottobre di ogni anno, e presentare alla Giunta Comunale una relazione previsionale contenente le proposte di attività da realizzare all’interno della Biblioteca nel corso dell’anno successivo, che verrà consegnata all’Amministrazione comunale. Tale relazione dovrà contenere le proposte di spesa relative alle attività culturali e agli acquisti per migliorie dei locali, per arredamenti ed attrezzature, per collezioni librarie e sussidi didattico-educativi da attivare nel corso dell’anno successivo;
4) proporre eventuali modifiche all’organizzazione delle attività della Biblioteca, tenuto conto delle esigenze dei lettori;
5) favorire in ogni modo gli apporti di enti, associazioni, gruppi di studiosi in grado di fornire concrete prestazioni di animazione culturale;
6) proporre le iniziative opportune per interessare la comunità alla vita della Biblioteca e per farne conoscere i progressi e le necessità;
7) promuovere il Museo Socio Storico;
8) proporre l’acquisto di nuovo materiale (libri e multimediale) e promuovere la raccolta di libri, a titolo gratuito da privati, ove ritenuti di particolare interesse.
COMMISSIONE COORDINAMENTO ASSOCIAZIONI
La Commissione per il coordinamento delle Associazioni quale organo consultivo e di collaborazione coadiuva l’Amministrazione nelle scelte attinenti la promozione della pratica delle attività sportive e ricreative, sotto il profilo della funzione sociale, dell’educazione e della formazione della persona, coordinando l’attività delle associazioni locali che intendono collaborare in modo sinergico per contribuire al miglioramento dell’offerta di servizi sportivi e ricreativi a favore della cittadinanza.
Principali finalità ed obiettivi della Commissione sono:
1) collaborare con l’Amministrazione comunale per il miglior utilizzo delle strutture e degli impianti comunali esistenti sul territorio, tenendo conto delle specifiche norme regolamentari;
2) favorire e promuovere attività ricreative e di educazione sportiva rivolte alla Cittadinanza e alle scuole;
3) fornire indicazioni e proposte per la definizione di un calendario annuale di manifestazioni sportive e ricreative;
4) sviluppare forme di collegamento e di collaborazione con altre realtà e Commissioni comunali;
5) presentare alla Giunta Comunale, entro il 31 Ottobre di ogni anno, una relazione programmatica, inclusiva degli eventuali impatti finanziari sul bilancio comunale, delle attività che si intendono sviluppare nell’anno successivo.
COMMISSIONE AMBIENTE ED ECOLOGIA
La Commissione Ambiente ed Ecologia ha il compito di esaminare le modalità operative in atto nella gestione ambientale, di identificarne le eventuali carenze e problematiche, di indicare le possibili soluzioni e le priorità di intervento.
Compiti:
1) valutazione e catalogazione dei fattori di impatto ambientale piu’ significativi, come emissioni, rifiuti, rumori, ecc.;
2) esame delle attività in essere o in corso di realizzazione, per definire i punti critici rispetto alla salvaguardia dell’ambiente;
3) verifica degli obblighi imposti da Leggi e regolamenti;
4) individuazione e valutazione delle possibilità di miglioramento ambientale: piano dell’energia sostenibile;
5) formulazione di proposte di intervento per la riduzione o l’eliminazione delle fonti di disagio ambientale;
6) promozione di interventi per diffondere le tematiche ambientali nella cittadinanza;
7) elaborare proposte per sensibilizzare, specialmente le Scuole, sull’argomento Ambiente ed Ecologia;
8) studiare nuovi progetti per rivalutare l’ambiente della Valle Olona;
9) tutela animali e relativo regolamento.
COMMISSIONE COMMERCIO ARTIGIANATO INDUSTRIA
Lo scopo della Commissione Commercio Artigianato Industria è quello di realizzare la promozione di iniziative utili allo sviluppo, nel territorio comunale, delle attività produttive.
In particolare la Commissione persegue le finalità di studio e analisi tendenti a:
1) valorizzare le imprese commerciali, artigianali e industriali esistenti nel territorio solbiatese, con particolare attenzione agli esercizi di vicinato operanti nel centro del Paese;
2) promuovere l'integrazione fra le diverse attività economiche per migliorare i servizi offerti alla popolazione;
3) indicare aree urbane vitali in cui il commercio, l’artigianato e le attivita’ industriali possano rappresentare un elemento di qualificazione;
4) favorire gli insediamenti commerciali, artigianali e industriali destinati allo sviluppo e al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di aumentare i livelli occupazionali.
COMMISSIONE VIABILITA’ E SICUREZZA
La commissione Viabilita’ e Sicurezza ha funzioni propositive e di supporto alla programmazione di attività e azioni volte alla funzionalita’ del sistema viario del Paese e alla prevenzione e al controllo in materia di sicurezza pubblica. In particolare ha il compito di:
1) Contribuire alla programmazione annuale degli interventi in materia di sicurezza e verificare il buon esito degli interventi proposti;
2) Avanzare proposte per la promozione e la sensibilizzazione civica concernente la sicurezza della persona, del territorio e della viabilità;
3) Portare all’attenzione dell’Amministrazione comunale situazioni di pericolo per i cittadini o eventuali fenomeni che possano destare preoccupazione a livello viario e sociale;
4) Esaminare i problemi normativi ed organizzativi in relazione alla gestione di particolari emergenze in materia di pubblica sicurezza;
5) Promuovere programmi di collaborazione tra Enti e Istituzioni attraverso lo scambio di esperienze nei diversi ambiti di intervento che riguardano la viabilita’ e la pubblica sicurezza.
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discorso sull'anice / differx. 2014 [ediz. 2024]
differx, discorso sull’anice, 2014 testo installativo (liberamente scaricabile, freely downloadable, pp. 1207) (CC) 2014 differx _ attribution – no derivs – no commercial use _
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Cari cittadini, l’Amministrazione comunale di Muro Lucano ha dato il via al processo di transizione al digitale, un passaggio importante per la Città in attuazione del decreto Semplificazioni (DL 76/2020) e seguendo le indicazioni del Codice per l’Amministrazione Digitale. Il processo, che consentirà di accorciare le distanze fra Comune e cittadini, muove i suoi primi passi attraverso l’Applicazione “Smart.PA”: una App gratuita, facile da usare, comoda e sicura, che si installa in pochi click. L’Applicazione è disponibile su Google Play Store e App Store IOS. L’App SmartPA consente al cittadino di navigare liberamente nella mappa del Welfare, presentare domande per contributi e sussidi, informarsi e consultare le notizie più rilevanti, effettuare pagamenti, integrare documenti, richiedere e ottenere certificazioni direttamente sul proprio dispositivo, usufruire di agevolazioni presso negozi e servizi. Per scaricare la APP e conoscere le modalità di utilizzo qui i tutorial: - Download e configurazione https://youtu.be/WzslxuHMqQQ - Come utilizzare l’app: https://youtu.be/iTPTm7anX88 🏫 🧒🏼 🚌 L’Amministrazione ha deciso di inaugurare questo percorso di digitalizzazione rendendo operativi prima di tutto i SERVIZI SCOLASTICI. A partire da quest’anno scolastico 2021-22 la gestione delle iscrizioni e dei pagamenti dei Servizi di: 1.REFEZIONE SCOLASTICA (servizio mensa) 2.TRASPORTO SCOLASTICO Le iscrizioni ai servizi sono semplici e gratuite e dovranno essere effettuate esclusivamente tramite l’Applicazione “SMART.PA” TRASPORTO SCOLASTICO, IL PRIMO PASSO. Attraverso l’App sarà possibile regolarizzare l’adesione al servizio di Trasporto Scolastico per l’anno 2020/2021 mediante pagamento PAGO-PA, direttamente dalla sezione “News” dell’applicazione SMART.PA o presentando copia del bollettino/bonifico di pagamento effettuato. ⚠️ Entro domani, troverete tutte le informazioni utili sul portale web ufficiale del Comune: www.murolucano.eu (presso Muro Lucano) https://www.instagram.com/p/CTei8srDMDq/?utm_medium=tumblr
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Coronavirus, a Piacenza il dramma dei disoccupati come Greta, senza contributi né reddito di cittadinanza
Greta è disoccupata. Ha preso per due mesi la naspi e non ha diritto al reddito di cittadinanza. Vive a Piacenza e scopre che l'emergenza coronavirus non prevede contributi dai Comuni, che i termini per i buoni spesa sono scaduti il 15 aprile e che non può fare l'isee. Che futuro l'aspetta? La globalizzazione ci ha inglobati. Non più individui e soggetti ma oggetti utili o non utili. Sputerà fuori qualcosa di indigeribile la globalizzazione ? Credo di si: il totale controllo sociale. Greta è disoccupata e fa parte di una parte di realtà sociale ed economica che non tocca tutti oggi, ma è una fetta di una stessa medaglia: il diritto alla dignità personale. Qui sotto un esempio di cosa sia stato messo in campo in questo caso a Piacenza a sostegno di quanti non godono nè di un lavoro nè di un beneficio (reddito naspi ecc). Non è così complesso capire come sia possibile che questo accada perché se leggete bene il percorso che ti porta a non poter usufruire di un minimo di sussistenza vi accorgerete che basta stabilire di non essere più uno Stato sociale et voilà, les jeux sont fait. Così rispondono dal Comune di Piacenza alla domanda quando si chiede se siano previsti contributi per la disoccupazione in questo periodo: Buongiorno, al momento contributi specifici legati allo stato di disoccupazione per l'emergenza covid-19 non ce ne sono (le domande di buoni spesa sono terminate il 15 aprile u.s), sappiamo che il Governo sta lavorando al reddito di emergenza ma al momento non ci sono ulteriori informazioni, la invito a contattarci nei prossimi giorni o tenere controllato il sito Inps. Cordiali saluti Domanda numero 2: Si può richiedere isee corrente essendo variata la mia situazione dal 2018? Sono disoccupata. Buongiorno, se ricorre in una di queste casistiche sotto elencate si: “Le variazioni della situazione lavorativa che vengono considerate ai fini della richiesta dell’ISEE CORRENTE sono le seguenti: A) lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta una risoluzione del rapporto di lavoro o una sospensione dell’attività lavorativa o una riduzione della stessa; B) lavoratori dipendenti a tempo determinato ovvero impiegati con tipologie contrattuali flessibili, che risultino attualmente non occupati, essendosi concluso il rapporto di lavoro, e che possano dimostrare di essere stati occupati nelle forme di cui alla presente lettera per almeno 120 giorni nei dodici mesi precedenti la conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro; C) lavoratori autonomi, non occupati alla data di presentazione della DSU, che abbiano cessato la propria attività, dopo aver svolto l’attività medesima in via continuativa per almeno dodici mesi.” Distinti saluti. Greta ha lavorato 4 mesi nel 2018 e ha preso la naspi per 2 mesi... non ha diritto al reddito di cittadinanza: questo perché potreste porvi in effetti la domanda. Quindi di Greta DISOCCUPATA che non trova reali soluzioni di sussidi non importa a nessuno principalmente allo Stato che dovrebbe tutelarne la dignità. Quale sarà il suo futuro? Non siamo mai stati uguali nei diritti sotto questo cielo, ma l'idea di usare termini come "Distanziamento Sociale" al posto di un più corretto "Distanziamento Sanitario" o "Prudenziale" ci fa presagire l'insufficienza con cui le fragilità, le differenze, le mancanze di opportunità, siano trattate e saranno viste in questo incerto futuro. L'idea che la distanza sociale mi rende è quella della mancanza di comunicazione tra le persone in nome di un pensiero unico emergenziale, l' idea che come diceva il grande Alberto Sordi ne il Marchese del Grillo, che "Io sò io e voi nun siete un..." prenda forma istituzionale. Per chiarire il pensiero rubo un'altra frase famosa, da cinema, questa volta urlata con disperazione "Le parole sono importanti" e aggiungerei non solo quando fanno comodo a qualcuno. Se provate a dirlo, "distanziamento sociale" o " distanziamento sanitario" nel suono stesso, il concetto rappresentato cambia in modo percettibile il senso della realtà che stiamo vivendo. “Distanza sociale”, insieme a "Decisore politico", altro termine estraniante, sembrano creati per una nuova realtà, indicano una terzietà, un gioco a scaricabarile di chi prende le decisioni che riguardano la nostra vita. Nuovi termini per creare nuove distanze, per creare un ben conosciuta "Acquiescenza" questo sì è un termine vecchio, che la dice lunga proprio perché vecchio sul come si può indurre la gente a stare tranquilla nella propria tana, senza che neanche se ne accorga. https://www.youtube.com/watch?v=SSkNRaXfcZo Perché al 54% degli italiani piace Conte? Perché invece per gli altri ciò che ci dice è nebuloso e inconcludente? Con grandissima probabilità questo 54% è quella parte di italiani che non ha perso nulla di rilevante, di primario per intenderci, lavoro, salute, affetti, e crede oltretutto di non aver perso la libertà perché dice che fondamentalmente bisogna solo stare un po’ in casa, ma lo dice mentre si reca al lavoro. Non hanno una percezione così forte del cambiamento, hanno continuato a lavorare e ad uscire. Sicuramente hanno dovuto variare organizzazioni e quotidianità ma possono farlo, ne hanno gli strumenti, si stanno sacrificando per la città e lo Stato che li governa perché sono comunque in qualche modo accuditi. Altri invece si fanno scudo di paure anche illogiche e immaginano un virus che arrivi dal cielo e si sentono sicuri solo a sapere che gli altri siano sotto controllo, gli altri, non loro. Le parole del governo fanno leva sui pensionati, lavoratori, imprenditori, che non perdono in questa situazione, anzi qualcuno ne guadagna e si sta costruendo il futuro. E non dimentico la paura che provo anche io oggi che sembra abbia innescato più che altro isteria e abboccamenti. Immaginiamo come poi il senso di panico guidi la massa ad accogliere benevolmente anche decisioni raffazzonate purchè presentate come decisioni paterne. Abbiamo sempre amato il paternalismo, come italiani, ora finalmente ci guida. Come bimbi piccoli ci hanno portati a sentirci dipendenti da altri per gestire i nostri bisogni, assolutamente non cresciuti, non responsabili per essere individui liberi. Ci hanno colpevolizzati per coprire le loro mancanze, hanno ignorato e silenziato le maggiori fragilità perché non in grado di fronteggiarle adeguatamente: siamo più soli che mai, ma se ne accorge soltanto chi lo era già. Penso che il controllo sociale stia vincendo sulla capacità di discernimento, e che tutto questo ha uno scopo di lucro e di potere totalizzante. La globalizzazione ci ha inglobati e sputerà fuori qualcosa di indigeribile? Credo di si: il controllo sociale facilita il potere finanziario ed economico. Ho delle domande insoddisfatte. Quali bisogni fondamentali sta soddisfacendo il nostro Governo perché possiamo trovare come individui singoli e come di nazione una possibilità di sopravvivenza? Si sta occupando della nostra salute chiudendoci in casa. Questo T.S.O. è l'unica misura utile o serve anche a coprire il pericolo di ospedali al collasso? Quali ammortizzatori sociali utili e veloci per permetterci di sopravvivere sono arrivati? Ieri non domani che oggi è già tardi. Si stanno occupando di verificare che le misure precauzionali rispetto al contagio nei luoghi di lavoro che nel frattempo sono sempre stati aperti siano state rispettate? Potranno le Aziende che riapriranno sopportare i costi dovuti alla sanificazione e ai nuovi protocolli di sicurezza senza indebitarsi ulteriormente? Chi pagherà questo aumento inevitabile di costi? Il consumatore finale? Sarà sbagliata l'idea che dietro alla decisione di riaprire, a gradi certo, le vostre attività ci sia la possibilità di farvi riprendere il lavoro, specie quello di piccoli esercenti, per potervi così escludere da possibili aiuti? Un esempio: il 4 maggio apre il commercio all’ingrosso mentre per il dettaglio data prevista il 18 maggio. La famiglia quali soluzioni può attuare se non può scegliere di stare a casa a curare figli a discapito del lavoro? Ovvero toccherà sempre e solo alle donne rinunciare al lavoro per curare i figli? E le famiglie monoparentali? Divide et Impera dicevano i romani. Difficile avere un pensiero alto senza poter avere i mezzi per sostenerlo! Simona Tonini Read the full article
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Hanno ragione quanti scrivono e dicono che a prescindere dalla composizione del prossimo governo, è scontato il rafforzamento del Reddito di inclusione (Rei) come misura atta a contrastare la dilagante e crescente miseria. La forbice si va allargando, parliamo delle differenze tra quanti detengono una ricchezza in aumento e chi invece ha sempre maggiore difficoltà ad arrivare in fondo al mese. Il Rei ha sostituito il vecchio Sostegno per l’inclusione attiva (Sia) ma le cose non sono cambiate e i soldi continuano a mancare solo per garantire un reddito (o un sussidio?!) ai circa 4.7 milioni di uomini e donne che vivono in condizioni di assoluta povertà. di autentica indigenza. L'ultima legge di stabilità non ha stanziato i soldi necessari prevedendo da qui al 2020 progressivi aumenti per il Rei, aumenti tuttavia che risultavano da mesi del tutto inadeguati a fronteggiare l'emergenza miseria. Ma quanti sono i poveri in Italia e poi quale è il parametro che misura e attesa la povertà? Intanto il Governo Gentiloni ha sentenziato che i poveri sono circa 2,5 milioni , ossia meno della metà del loro numero effettivo stando almeno ai dati relativi ai redditi deNunciati, quindi la dotazione del Rei pari a 1,5 miliardi l’anno è ben poca cosa per affrontare questa emergenza sociale Il Reddito di cittadinanza sbandierato da piu' parti avrebbe un costo di 30 miliardi se erogato in maniera piu' o meno seria, cifre corrispondenti al Reddito di dignità proposto a destra. Intanto è bene fornire dei numeri, giusto per non cadere nell'equivoco. I lavori sottopagati sono sempre piu' numerosi, basti pensare che ormai l'economia digitale dei lavoretti prevede salari da 5\700 euro a fronte di orari giornalieri di 7\8 ore. Attualmente sono circa 300 mila i beneficiari (110.138 famiglie) del Rei con un assegno che non arriva a 300 euro al mese. A questi aggiungiamo quanti percepiscono la Sia (http://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/poverta-ed-esclusione-sociale/focus-on/Sostegno-per-inclusione-attiva-SIA/Pagine/default.aspx) ormai in scadenza, erano circa 477mila nel 2017 per un importo mensile di 244 euro. Sono cifre decisamente basse con le quali si puo' pagare al massimo una bolletta e fare la spesa per una settimana, sono misure destinate ad una platea alquanto ridotta a fronte di una miseria che ormai colpisce anche le famiglie con un lavoro che non riescono a far fronte al costo della vita (per esempio i ritardi nel pagamento delle bollette sono sempre piu' lunghi con il pagamento della mora per non parlare poi degli sconfinamenti dei fidi in banca con relativi interessi da pagare). Il Rei partirà a pieno regime dal 1° luglio (per saperne di piu'..http://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/poverta-ed-esclusione-sociale/focus-on/Reddito-di-Inclusione-ReI/Pagine/default.aspx) . Incontrovertibile è il fatto che le misure Governative non hanno gli strumenti e le cifre necessarie a combattere la miseria e l'impoverimento crescente, l'importo che aumenta in base alla composizione familiare si avvale di cifre irrisorie. In un paese dove i redditi da lavoro sono sempre piu' bassi, nel paese dove sta per arrivare il salario minimo come regola assoluta a cui attenersi, la questione lavoro\reddito\povertà\inclusione è diventata dirimente e non solo nell'ottica di tamponare la miseria con sussidi o redditi . Quello che serve è altro: un investimento pubblico per creare lavoro (da non contrapporre al reddito), per migliaia di posti socialmente utili destinati ad opere di ammodernamento del paese, di manutenzione del territorio, di ricostruzione dei territori colpiti dai terremoti, ma per raggiungere questo scopo occorrerebbe rompere la gabbia dell'Ue di Maastricht. In caso contrario continueremo a parlare di misure tampone per contrastare una povertà che ormai attanaglia anche quelle famiglie fino a 15 anni fa ceto medio ed oggi cosi' impoverite e indebitate da essere sempre piu' risucchiate nel mare magnum della indigenza.
FEDERICO GIUSTI – REDAZIONE LOTTA CONTINUA PISA
https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.it/2018/04/rei-lavoro-o-salario-minimo.html
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Ma che è cretina??!!={bloccare la spesa per 5 anni, così il debito scenderà sotto il 110%
figure of aside
Che pensa della proposta di un ministro delle Finanze europeo? Gentiloni e Padoan dicono che non può essere un controllore di conti ma deve manovrare un bilancio comune e investimenti.
Se il ministro delle Finanze europeo è al tempo stesso commissario agli affari economici e monetari, i conti degli Stati membri li deve controllare, perché questo è il ruolo che il Trattato dà alla Commissione. Per il resto, concordo pienamente con Padoan e Gentiloni: ci vuole un serio bilancio dell’Unione. Sono anni che propugno una federazione leggera, con un bilancio pari al 4-5% del Pil europeo che finanzi beni pubblici come la difesa, la diplomazia, il controllo delle frontiere, grandi programmi federali di ricerca scientifica – che non si limiti, quindi, a distribuire sussidi, come fa il magro bilancio (1% del Pil) odierno.
Si fida del Pd sulla Ue? Renzi prima ha detto di tornare a Maastricht con deficit al 3%, ora ha un atteggiamento più vicino al sentiero stretto di Padoan, in attesa di modificare le regole Ue.
Se Renzi, o chiunque altro, si illude di modificare le regole Ue in senso lassista va a sbattere contro un muro. Se ad esempio si riuscisse a strappare minore attenzione al deficit, si avrebbe sicuramente in cambio maggiore attenzione al debito – e non mi pare che col debito stiamo messi meglio, anzi. Ma il punto fondamentale è che mettere in sicurezza i nostri conti, raggiungere subito il pareggio di bilancio, ridurre il debito è nel nostro interesse, al di là del giudizio della Commissione o dei partner.
Quali misure proponete per ridurre il debito? La legge Fornero va modificata?
Per ridurre il debito proponiamo di congelare la spesa pubblica primaria in termini nominali al livello 2017 per tutta la durata della prossima legislatura. Così facendo il bilancio andrebbe in pareggio già nel 2019. Il debito pubblico scenderebbe tra 5 anni sotto il 110% del Pil, contro l’attuale 132. La prima cosa che fa una famiglia responsabile che si è troppo indebitata è, se non ridurre le proprie spese, perlomeno evitare di aumentarle ancora. E questo deve fare la famiglia Italia. La legge Fornero va lasciata così: un euro su tre di spesa pubblica va in pensioni e non si può rischiare di far saltare il banco. Se per avere la pensione qualche mese prima rischiamo di avere in mano carta straccia, meglio lasciar perdere.
Anche voi proponete una riforma dell’Irpef ma aumentando imposte indirette e sulla casa. Sembra una proposta con poche possibilità di passare.
Cerchiamo di non parlare, appunto, alla pancia ma al cervello. Meglio alleggerire e semplificare il carico fiscale sul proprio lavoro piuttosto che quello sulla propria casa. Infatti nella nostra proposta il taglio di Irpef e Ires vale circa 50 miliardi, la reintroduzione dell’Imu 4,5. Il resto della copertura avverrebbe con l’abolizione dell’aliquota Iva intermedia del 10% e il taglio di diverse agevolazioni fiscali. La crociata contro le tasse sulla casa è demagogia pura. Alleggerire il carico fiscale diretto significa incentivare produzione e occupazione, e far respirare i ceti medi, la spina dorsale di qualunque società avanzata. Noi cerchiamo di proporre cose utili e ragionevoli e non ci scoraggiamo mai quanto alla prospettiva di farle passare - altrimenti io, Emma Bonino, non sarei radicale.
Rilanciate il tema della concorrenza. Ci dice tre titoli di misure concrete e prioritarie?
Privatizzazione delle imprese pubbliche che operano in mercati concorrenziali. Messa a gara dei servizi pubblici locali, come il trasporto pubblico a Roma sul quale il 3 giugno ci sarà un referendum promosso da noi radicali. Messa a gara delle concessioni a privati del patrimonio pubblico secondo criteri trasparenti, in attuazione della direttiva servizi.
Avete incluso il piano Calenda-Bentivogli nel vostro programma. Perché? E perché siete gli unici ad averlo fatto?
Perché non vogliamo nascondere agli elettori quanto sia difficile la strada dell’aumento dell’innovazione e della produttività per vincere la sfida della globalizzazione e dell’automazione. Occorre non essere all’ultimo posto negli investimenti industriali in ricerca, sviluppo e innovazione, innovare i modelli produttivi e organizzativi del lavoro, anticipare le future esigenze di competenze del mercato del lavoro e colmare il divario tra i mondi dell’istruzione e del lavoro, anche attraverso una proposta storica dei radicali, recepita dal Piano: la crescita ambiziosa e straordinaria dei “laureati” dagli Istituti tecnici superiori}
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