#un minuto per volta
Explore tagged Tumblr posts
Text
l'obiettivo di oggi è di smetterla di ferire i miei stessi sentimenti
#“oh che voglia di andare a fare una visitina ad Ariccia..... il ciclo deve star arrivando presto!” NO QUESTO MESE IL CICLO NON VINCERÀ#una frase per volta#un minuto per volta#personal
1 note
·
View note
Text
Non l'ho dimenticato. Nonostante sia passato un sacco di tempo. Sono cambiata, sono sicura che anche lui è cambiato. Ma una cosa è rimasta la stessa: l'effetto che mi fanno i suoi occhi. Quello non cambia, mai. Anche se fingiamo di non conoscerci, fingiamo che non sia mai successo niente, ci guardiamo di sfuggita, come fanno due estranei, e nemmeno ci salutiamo. Ma quando ci guardiamo cambia tutto, mi crolla il mondo, anche se magari in quel momento ho in testa un altra persona. I suoi occhi, in ogni caso, mi abbattono sempre, completamente. E mi ci vuole qualche minuto per tornare allo stato iniziale. Solo un ricordo. Il migliore, il più bello, quello che ancora continua a fare male. No, non l'ho dimenticato e qualche sera ripenso a lui. E mi rinnamoro ogni volta e ogni volta mi tortura un po'. E non l'ho dimenticato, sul serio. Non potrei mai.
#love#love quotes#love letters#aforismi#frasi#frasi belle#frasi bellissime#frasi dolci#frasi tumblr#frasi vere#frasi vita#frasi canzoni#frasi tristi#frasi italiane#frasi amore#frasi e citazioni#frasi pensieri#le migliori frasi#poesiadistrada#poesia#citazione tumblr#citazioni#amore tumblr#amore a distanza#ti amo#amore#pensieri#tumbrl#malinconia#frase bella
76 notes
·
View notes
Text
Ti amo...anche se non siamo e non saremo. eravamo le persone giuste, con la vita sbagliata.
Lo so e lo sai..
Sei il mio amore per un'altra vita, il mio amore per un'altra volta..
Mi capivi più di chiunque altro e non c'era nessuno che ti amasse più di me.
A volte mi sento come se fossimo stati impuntuali..o che il destino si è innamorato tanto con noi...che ha deciso di farci incontrare tardi...un minuto di ritardo
Noi eravamo tutto... e non eravamo niente..
cit.
50 notes
·
View notes
Text
Il croccante alle mandorle è davvero un dolce semplice e goloso! Ecco la la ricetta, perfetta per creare questa delizia:
Ingredienti:
- 250g di mandorle pelate 🌰
- 3 cucchiai di miele 🍯
- 170g di zucchero 🍬
- Succo di limone q.b. 🍋
### Procedimento:
1. **Tostare le mandorle:** Inizia tostando le mandorle pelate in una padella antiaderente per qualche minuto, fino a quando diventano leggermente dorate. Tienile da parte.
2. **Preparare il caramello:** In una pentola a fuoco basso, sciogli lo zucchero con il miele, mescolando continuamente finché lo zucchero non si caramella e raggiunge un colore dorato intenso. Aggiungi qualche goccia di succo di limone per aiutare a mantenere il caramello fluido.
3. **Unire le mandorle:** Aggiungi le mandorle tostate al caramello e mescola bene, rivestendo tutte le mandorle uniformemente.
4. **Stendere il composto:** Versa immediatamente il composto su un foglio di carta da forno e livellalo con una spatola o un cucchiaio di legno, facendo attenzione a non scottarti.
5. **Raffreddare e tagliare:** Lascialo raffreddare per qualche minuto e, mentre è ancora caldo ma non troppo duro, taglialo a pezzi con un coltello leggermente unto.
6. **Servire:** Una volta raffreddato completamente, il croccante alle mandorle è pronto da gustare o conservare in un contenitore ermetico!
Questo dolce è perfetto per uno spuntino o come regalo goloso!
21 notes
·
View notes
Text
Ash si appoggiò pesantemente sulla spalla di Misty.
Ti preeeego!
La ragazza fece una smorfia poco contenta, guardando l’amico Ash con quell’espressione disperata, tipica di un bambino capriccioso.
Ash, avevamo fatto un patto…- disse lei per l’ennesima volta, cercando di nascondere l’imbarazzo di avere il suo viso così vicino. Anche dopo anni, quel ragazzo non smetteva di farla sentire come una bambina alla sua prima cotta.
Ok, ok… ma perché proprio uno spettacolo di Rudy?- brontolò lui, comodamente appoggiato sulla spalla di lei, quasi a cercare rifugio in quella stretta intima, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Perché sua sorella ci ha regalato i biglietti.
Ma lo sai che è così noooioso!
Solo perché non ti piace ballare, non vuol dire che il ballo sia noioso.
D’accordo, allora è Rudy a essere noooioso! E borioso!- la guardò con un’espressione tanto tragica da essere buffa- Dai, anche tu alzi gli occhi al cielo quando inizia a parlare di sé.
Misty cercò di rimanere seria, ma pensando alle parole di Ash non poté evitare di farsi sfuggire un sorriso complice.
Hai ragione, a volte Rudy è così… pieno di sé…
Visto?- disse trionfante Ash guardando l’amica che con difficoltà cercava di non ridere.
… Ma ho promesso a sua sorella che ci saremo andati.
Ash fece uno sbuffo indispettito e si staccò dalla spalla di Misty.
Va bene, ma non sorprenderti se dormirò durante tutto lo spettacolo- incrociò le braccia dietro la testa.
Non sarebbe una novità- commentò lei e salì per prima le scale per entrare nel teatro. Ash le fu subito dietro.
I due ragazzi si avvicinarono ai loro posti riservati, quando una ragazzina li notò e andò incontro a loro.
Misty! Sei venuta!- disse la ragazzina raggiante, per poi notare anche il ragazzo dai capelli nero corvino dietro di lei- … E Ash- aggiunse con un tono meno entusiasta.
Te l’avevo promesso- disse gentilmente Misty con un sorriso.
Ti ringrazio, mio fratello sarà felice di sapere che sei… siete qui- si corresse all’ultimo- Godetevi lo spettacolo- li salutò e andò a sedersi da un’altra parte.
Sempre felice di vedermi, eh?- commentò sarcastico Ash, mentre entrambi si sedevano nelle poltroncine vicino al palco.
Ancora con questa storia?- disse Misty stancamente, ignorando che la ragazzina stava guardando da lontano il ragazzo con uno sguardo poco amichevole- Non ha niente contro di te, non hai visto che era contenta di vederti?
Oh sì… era contenta di vedere te… - precisò lui- Immagino di aver rovinato i suoi piani…- borbottò con un susurro che Misty non sentì, perché in quel momento le luci si spensero e il tendone si aprì, facendo entrare gli artisti con un sottofondo di musica.
Misty osservò i ballerini muoversi con grazia sul palco, ma non poté evitare di notare che il ragazzo accanto a lei ridacchiava di nascosto. Lei gli diede una gomitata per farlo smettere. Erano così vicini al palco che avrebbero potuto vederlo.
Ash, ti sentiranno- sussurrò lei indispettita.
Ehi, non è colpa mia se è vestito in quel modo ridicolo- si giustificò lui con voce bassa.
Misty si limitò a sospirare, anche se non poteva dare torto a Ash… Rudy sembrava davvero buffo con quella calzamaglia. Ma non poteva certo ammetterlo davanti a Ash… era stata lei a insistere che ogni tanto dovevano provare dei passatempi più culturali.
Notò però che Ash la stava guardando con un’espressione gongolante.
… cosa?
Stai ridendo.
No, non è vero- si difese lei, cercando nuovamente di sembrare seria. Era dura cercare di essere la persona più matura nel gruppo- Ora fa silenzio.
Come vuoi…- lui si limitò ad alzare le spalle, sussurrando mentre si sistemava nella poltroncina- Quasi invidio Pikachu che è rimasto con Brock.
Misty evitò di commentare per concentrarsi sul balletto. Nel giro di qualche minuto però, avvertì un delicato peso sulla sua spalla. Girò la testa lentamente, e il suo sguardo si scontrò con la dolcezza di Ash che aveva posato la testa sulla sua spalla, cedendo al sonno.
Per un istante sentì un brivido leggero, una sensazione di intimità familiare, che cercò ovviamente di scacciare velocemente.
Ecco, lo sapeva… Ash e il teatro erano due cose incompatibili.
Avrebbe volentieri svegliato Ash con una forte gomitata, ma un mormorio assonnato simile al suo nome uscì dalle sue labbra mentre si sistemava meglio sulla spalla di lei. La mano di lui sfiorò le dita di Misty, quasi intrecciandosi in un legame invisibile.
Un leggero rossore colorò le guance di Misty, ma non era dovuto alle luci del palco.
Ash, beatamente immerso nel sonno, era così vicino a lei che, nonostante la leggera frustrazione, Misty si lasciò andare a un sospiro rassegnato.
Un piccolo sorriso affiorò sulle labbra di Misty e decise di accomodarsi anch’essa vicino ad Ash.
Solo per quella volta avrebbe lasciato correre. In fondo, erano poche le occasioni di stare così vicini senza che sembrasse imbarazzante per entrambi… senza che i sentimenti incasinassero la loro complicata amicizia.
E in quel buio avvolgente del teatro, i loro cuori battevano all'unisono, forgiando un legame che andava oltre le parole.
°*°*°*°*°*°
Ok, dovevo scrivere due righe per accompagnare il disegno, ma io noooo... devo sempre esagerare 🙄
E per chi se lo chiedesse... ho fatto prima il disegno e poi mi sono fatta ispirare per scrivere, non viceversa 😅 Mi viene più difficile disegnare in base alla storia.
71 notes
·
View notes
Text
Ultima notte di un campo intenso ma molto molto bello. Adesso stiamo dormendo con le lupette sotto le stelle sul balcone che c’è fuori dalla nostra stanza, il clima secco lo permette senza stare alla guazza dell’umidità. Domani anzi, ormai oggi essendo le due passate, arriveranno i genitori a prenderli e torneremo alla nostra quotidianità.
In queste vdb ho capito, per l’ennesima volta, quanto io tenga ai miei bambini. Quanto vedermeli appiccicati addosso in cerca di un abbraccio, di conforto, in cerca di ascolto, di comprensione sia meraviglioso. Nonostante il caldo intenso, nonostante fiumi di lacrime al giorno, nonostante nasi sanguinanti, nonostante rimproveri, nonostante momenti in cui bisognava contare fino a cento è stato un bel campo e sono, e siamo, molto soddisfatti del risultato del nostro impegno e delle mille corse dell’ultimo minuto. Con Ake e Kaa ci siamo supportati tutto il tempo e siamo arrivati cotti ma soddisfatti e contenti. Tra di noi di staff non tutto è andato perfettamente, o meglio, tra noi tre tutto è andato bene e abbiamo continuato a lavorare esattamente come abbiamo fatto fino ad ora, ma con il quarto membro abbiamo avuto la conferma che c’è qualcosa che non va e che ciò non può fermare una staff e deve essere discusso.
Fare il capo scout non è semplice, stare con i ragazzi, stare con i bambini non è semplice. Ti risucchia a livello emotivo e a livello fisico al 110% tutto il tempo, devi pensare prima di parlare in modo da usare le parole giuste, devi saper usare il tono della voce in modo da non farli sentire sempre sotto attacco, devi saper gestire crisi di rabbia, pianti da nostalgia, pianti da coccole, pianti da influenza, pianti da stanchezza, momenti di tristezza, momenti di invidia, momenti di debolezza e tutto questo non mostrando mai loro la tua stanchezza. Devi gestire il risultato di genitori assenti, di genitori iperprotettivi, di genitori che non li vogliono rendere autonomi e quindi fanno tutto al posto loro ma al tempo stesso li vorrebbero già maturi e grandi da potersela cavare da soli senza intralciare le loro vacanze, i loro aperitivi o le loro serate fuori. Per fortuna non tutti i genitori che abbiamo sono così, ci sono anche quelli che dedicano il tempo ai figli, che sono protagonisti alla loro crescita, che li supportano in tutto. E quest’ultimi sono i miei preferiti e quelli con i quali ho un rapporto più stretto ed onesto.
Essere un educatore è stancante, ti mette alla prova, ti fa tirare fuori tutta la creatività che possiedi, ti fa pensare per buona parte del tuo tempo ai bisogni dei bambini ed alle attività da proporre per aiutarli a crescere. Essere un educatore ti mette anche in crisi, ti fa venire paure, dubbi, incertezze e devi molte volte migliorare te stesso per offrire loro sempre una versione migliore di te e per dar loro il buon esempio.
Queste vdb stanno per giungere al termine ed è stata proprio una cosa ben fatta.
23 notes
·
View notes
Text
Ieri sono andata di nuovo dalla mia amica giapponese.
Sono arrivata da lei nel pomeriggio di sabato e siamo andate insieme al 銭湯 (sentō), ossia i bagni pubblici giapponesi. Questa volta mi ha fatto meno effetto ma è sempre in qualche modo liberatorio essere letteralmente nuda assieme a tanta altra gente nella tua condizione. Ci si guarda però non c'è troppo giudizio, perché ci sono così tanti corpi diversi che il giudizio sembra perdere di senso.
Dopo essere stata a rilassarmi nella vasca super calda con le turbe idromassaggio (che relax madonna), la mia amica mi ha proposto di immergermi nella vasca fredda:"Vedrai che bella sensazione!". Io inizialmente le dicevo che avrei voluto evitare perché non mi sembrava troppo sensato far fare uno sbalzo di temperatura così forte al corpo; in più conosco la mia polla (ossia me stessa). Alla fine però mi sono lasciata convincere e l'ho fatto: Mix perfetto per un cazzo di capogiro che così forte penso di non averlo mai avuto nella mia vita. Fortuna che è passato dopo qualche minuto e quindi vabbè tutto a posto.
Poi mi chiede del lavoro e del perché ho cambiato: le spiego che ho il doppio delle ferie di prima e mi fa:"Vabbe ma 20 giorni di ferie sono normali no?". È la seconda volta che me lo ha detto e io ogni volta le dico, no, la normalità in Giappone è 10 e mi stupisce sempre che lei, giapponese, anche se anziana, viva così fuori dal mondo e mi rendo conto che chi lavora nella scuola pubblica è privilegiato non solo in Italia, ma pure qui.
A cena abbiamo mangiato 冷やし中華 (hiyashi chūka - foto 1) ovvero noodles freddi cinesi con verdure e carne e una salsa fatta di salsa di soia, aceto, zenzero e sesamo. Poi aveva preso anche dei salamini francesi: buoni, ma peccato fossero letteralmente dolci - poco sale e pochissimo pepe rispetto ai nostri. Da bere una lattina di birra e del vino bianco (scarso).
La notte un inferno: mi sono svegliata forse alle 4/5 con una nausea e un mal di testa fortissimo. Ho temporeggiato girandomi da un lato all'altro per ore e ore, svegliandomi e riaddormentandomi di continuo, finché non ho sentito la mia amica sveglia. Mi sono alzata e le ho detto:"Yuki che guaio, mi viene da vomitare...", mentre lei mi suggeriva di tornare a dormire, ho preso un sorso di acqua... tempo 2 sec e sono corsa al bagno a vomitare. La causa penso sia stata il fatto che sono stata troppo indulgente col vino, che secondo me era pure di scarsa qualità.
Sono tornata a dormire finché non era ora di pranzo, intorno alle 12.
Questa volta però non siamo andate a pranzo dai suoi genitori, ma la mia amica ha organizzato un pranzo a casa sua in cui ha invitato: la sua insegnante di italiano (che è di Salerno e io, quando l'ho saputo, le ho chiesto di presentarmela), suo marito giapponese, un suo compagno di classe (che frequenta la stessa insegnante), la moglie e una sua collega molto giovane che insegna inglese nella stessa scuola media dove insegna anche lei.
L'insegnante di italiano è simpatica, però è la tipica signora italiana con un carattere forte che sta sempre in mezzo a fare le cose al posto degli altri, un po' ignorante e banale (che cazzo mi vieni a dire a fare: che palle D'Annunzio, che palle Manzoni, che palle tutti - dì che non ti piace la letteratura senza fare sceneggiate, no?), insomma, tipica signora italiana. Però ha preparato la parmigiana di melanzane quindi un po' la perdono ahahah.
Il marito invece super tranquillo e straeuridito: prima della pensione era un professore di storia romana e ha vissuto in Italia per svariati anni. Conosce un sacco di aneddoti italiani che manco io sapevo (tipo sul palio di Siena, su Matera etc) ed è il tipo che una volta che parte non lo fermi più. Non ricordo come se n'è uscito con questo argomento, ma dopo aver detto che c'era stato un momento in cui era senza lavoro e senza soldi e che non poteva nemmeno tornare in Giappone, ha detto anche che mentre stava facendo un lavoro prendeva uno stipendio sia in Italia che dal Giappone, nello stesso momento. Io sempre più convinta che chi ha vissuto in quegli anni ha avuto un culo della Madonna perché i soldi si buttavano come non è mai più successo (esempio plateale: mio nonno baby pensionato che ha vissuto metà della sua vita in pensione... METÀ).
Detto questo, fortunatamente sono riuscita a godermi il pranzo nonostante la vomitata.
28 notes
·
View notes
Text
HAI ABBASTANZA TEMPO?
Gli antichi greci avevano due parole per "tempo":
Chronos,
che rappresenta la sequenza esatta e regolare di unità uguali. Un giorno ha 24 ore, ogni ora ha 60 minuti, ogni minuto ha 60 secondi. Chronos è il tempo che misuriamo.
Kairos,
che descrive invece il momento giusto, il favore dell'ora, o la sensazione di essere al posto giusto nel momento giusto. Kairos arriva e se ne va; non risponde agli uomini. Kairos non si lascia programmare, arriva per caso.
Chronos
è rappresentato come un vecchio con una clessidra e le ali di pipistrello sui piedi; è il corso inesorabile del tempo, che segna la grazia e la decadenza.
Kairos
è raffigurato come un giovane con le ali ai piedi, che corre, afferra e poi sparisce. Una lancetta dell'orologio non può afferrare Kairos; solo la mente lo può fare. Pensa al tuo giorno medio. Tutte le ore sono uguali? Offrono tutte le stesse opportunità? No, ovviamente no.
Alcune ore sono insignificanti, riempite da riunioni, pasti e lavori di routine. E poi ci sono quelle ore che contano davvero, e che accadono solo una volta: la nascita di un bambino, un esame, un bacio, una decisione importante, una vittoria, una conversazione profonda, un rigore.
Ogni essere umano è fatto di minuti, ore e giorni, ma solo alcuni hanno momenti che danno significato a una vita intera.
Gli autori dell'articolo sono Mikael Krogerus e Roman Tschäppeler.
Mikael Krogerus è un giornalista e scrittore svizzero-finlandese. È noto per il suo lavoro su argomenti che spaziano dalla psicologia alla sociologia e alla comunicazione. Insieme a Tschäppeler, ha scritto diversi libri su come migliorare il pensiero critico e prendere decisioni efficaci. Il loro libro più famoso, The Decision Book, è una guida pratica per aiutare le persone a comprendere e risolvere problemi complessi con l'uso di vari modelli mentali.
Roman Tschäppeler è un creativo e produttore svizzero. Ha collaborato con Krogerus su più progetti, combinando la sua esperienza in comunicazione visiva e creatività per rendere i loro libri accessibili e pratici. Oltre al suo lavoro di scrittore, Tschäppeler ha un background in arte e design, che contribuisce all'approccio visivo unico dei loro libri.
Insieme, Krogerus e Tschäppeler hanno creato una serie di libri noti per la loro capacità di sintetizzare concetti complessi in modo chiaro e accessibile, spesso usando grafici e diagrammi per facilitare la comprensione.
9 notes
·
View notes
Text
Per favore quanto ci ho azzeccato
Leo Adriani si molla con Beatrice ma è il 2013:
#lui se fosse stato u adolescente nel 2013: SAI CHE NON LO CAPISCO DA QUANT'È CHE TI CONOSCO IO NON LO SO PIÙ ME NE ACCORGO DA COME TI FISSO#CHE NON MI BASTANO DROGHE PER TIRARMI SU NON MI BASTANO DONNE DI PIZZO PER NON BUTTARMI GIÙ NEL PRECIPIZIO#VOLANO GLI ANNI E GLI INSULTI OGNI VOLTA PENSIAMO CHE È L'ULTIMO E INVECE È L'INIZIO#no raga l'inizio#POSSO SPEGNERE LA LUCE POSSO CHIUDERE GLI OCCHI MA IN TESTA HO TE OGNI MINUTO DIECI RINTOCCHI MANTIDE MI MANDI GIÙ COME ATLANTIDE PRENDI IL#MIO CUORE IN MANO E CI GIOCHI UNO SGUARDO TUO È COME UN DESTRO DI ROCKY TUTTO QUESTO E NEMMENO MI TOCCHI#CHE È L'AMORE STESSO CHE CI SPARA IN PETTO IL CORPO OLTRE IL PARAPETTO SAREBBE CHE TI REGALO LA MIA VITA PER ME NON È SOLO ANDARE A LETTO#LUI PER CONVINCERTI CHE TI AVRÀ DETTO È LA SETTIMA MI CHIEDO SE FARÀ EFFETTO EMPATIA PURA NON ESISTE UN MODO CON CUI LA SI CURA LA PISTOLA#CARICA SENZA LA SICURA A CENTO ALL'ORA CONTRO IL MURO SENZA LA CINTURA#POTEVI AVERE CHIUNQUE MA TU HAI SCELTO ME ORA SONO URBICO E SONO LE 3 TI CHIAMO PERCHÉ TU SAI CHE SEI LA MIA BLUESKY#STANOTTE STO CON LEI MA TU SAI CHE SEI LA MIA BLUESKY#shake in tag
2 notes
·
View notes
Text
IL RAGAZZO E LA MONTAGNA
C'era una volta un giovane esploratore, la cui più grande passione era addentrarsi in tundre, scendere in ghiacciai e percorrere deserti alla ricerca della Gemma Preziosa.
Ogni luogo della terra aveva una propria Gemma Preziosa - scintillante, tenebrosa, rubescente o lattiginosa - e lui aveva viaggiato già mezzo mondo ed esplorato mille lande impervie per trovarle e collezionarle tutte.
Nella sua casa aveva una stanza intera piene di tali meraviglie, tutte racchiuse in teche di cristallo, ma il giovane esploratore non amava tornare nella propria casa, se non per riporvi i suoi tesori.
Intendiamoci, adorava la propria casa e la propria città, voleva bene ai suoi genitori e stava bene con i suoi tanti amici, ma il suo animo inquieto lo portava puntualmente a guardare le nuvole fuori dalla finestra, desiderando di poterle cavalcare e andarsene via col vento.
Un giorno sentì parlare dell'Ultima Montagna e di come al suo interno fosse la celata la pietra più preziosa di tutte: il Cuore di Gea.
L'Ultima Montagna si trovava nel paese di Finisterrae e il suo vecchio mappamondo non aveva ancora finito di girare che lui si era già messo in cammino.
Non fu un viaggio facile, né per le gambe né per il cuore, perché dovette salutare molte persone - Finisterrae era lontana - e parte del suo percorso lo dovette fare a piedi, passo dopo passo, senza mai più incontrare anima viva (tranne i ragni, che gli tennero compagnia nelle lunghe notti insonni ma che però non erano gran conversatori).
Quando arrivò all'Ultima Montagna rimase con la bocca spalancata per qualche minuto (i ragni controllarono preoccupati se ci fossero delle carie ma uscirono soddisfatti): un'enorme montagna scintillante di materiale translucido giallo paglierino svettava fino a quasi bucare la volta del cielo.
Ma il suo stupore si tramutò ben presto in preoccupazione quando, a un esame più attento, il giovane esploratore si rese conto che la montagna era in realtà un enorme conglomerato di Crisoberillo come non se n'erano mai visti in alcun libro di geologia.
Molto bene - pensò con stanca autoironia, guardando il suo piccone - sulla Scala delle Durezza di Mohs il crisoberillo ha un punteggio di 8,5 ma volendo considerare il bicchiere mezzo pieno mi è andata anche bene... la montagna poteva essere fatta di Rubino o di Zaffiro!
E cominciò a scavare una galleria per raggiungere il Cuore di Gea.
Man mano che avanzava a fatica all'interno della montagna, egli si rese conto di una cosa molto strana: per ogni colpo di piccone e di scaglia di crisoberillio che cadeva a terra lui sentiva di perdere qualcosa.
Ma cosa? - si chiese.
Non lo so - si rispose.
E allora pensò di riempire quei vuoti nel cuore immaginando il momento in cui avrebbe finalmente scalzato dalla roccia il Cuore di Gea... la gioia di sentirlo pulsare tra le proprie mani, gli occhi socchiusi per schermarsi dal bagliore di mille soli di puro cristallo, lo stupore delle persone al suo ritorno, la teca gigante già pronta al centro della sua collezione.
Quello di cui in un primo momento il Giovane Esploratore non si rese conto è che ogni picconata stava sottraendo un minuto alla sua vita e le picconate erano tante e il tempo scorreva avanti in una sola direzione, dritto come la galleria che sventrava la montagna.
Le mani che impugnavano il piccone invecchiavano, come invecchiavano le domande che lui si faceva...
Perché? Da dove? Verso cosa?
Quando le domande diventano opprimenti, i colpi del piccone rallentavano, salvo poi riprendere forza al pensiero della gemma che ogni giorno si avvicinava.
E poi, dopo mille eternità l'ultima picconata, la parete che crolla ed ecco il Cuore di Gea, sospeso nel buio luminescente di un antro nel ventre della colossale montagna.
Ma il Giovane Esploratore non poteva più definirsi tale.
Non stava più esplorando nulla e di certo non era più giovane.
Con passo incerto e polverose mani tremanti si avvicinò al Cuore di Gea e fece per prenderlo.
Ma si fermò.
Verso cosa? E perché?
E poi la domanda giusta.
Da dove?
Da dove vengo? Cosa ho lasciato? Chi ho lasciato?
E voltandosi vide che la lunga galleria che portava all'esterno era disseminata di corpi, congelati nell'atto di colpire la roccia.
Erano tutti lui, metro dopo metro sempre più vecchio, bloccati nell'attimo in cui aveva deciso di cancellare un ricordo per fare spazio al pensiero della Gemma Più Preziosa.
Sono morto? - si chiese.
Sì, ogni volta - si rispose.
Il Cuore di Gea lo guardava con occhio pulsante ma la mano, dimagrita e raggrinzita, scese sul fianco.
Non era quello che voleva... quello era ciò che aveva deciso di volere per cancellare i veri desideri, quelli che lo tenevano vivo in attesa del domani.
E il vecchio ragazzo si voltò e tornò indietro, accarezzando con una mano sempre più giovane tutti i sé che aveva lasciato morire per non aver voluto ricordare come vivere.
E li perdonò tutti, uno a uno, finché la luce del sole non gli baciò le palpebre socchiuse e lui non ritrovò la voglia di esplorare, mai perduta ma solo addormentata sotto a una pesante coperta di tristi rimpianti.
E come il mappamondo tornò a girare, il vero Cuore di Gea riprese a battergli nuovamente nel petto, perché Finisterrae è quel luogo che comincia nel punto in cui appoggi il piede per iniziare il viaggio verso il domani.
Questo post è dedicato a @seiseiseitan, per me il più grande esploratore <3
24 notes
·
View notes
Text
Lo scarno alfabeto del nostro rapporto
Per le caratteristiche del mio lavoro io sono impegnato dal lunedì al sabato compreso. In genere, se non ci sono problemi particolari, stacco alle due e mezzo e quindi alle tre del pomeriggio sono già a casa. Lei invece ha un lavoro veramente impegnativo, che le richiede un continuo confronto coi suoi collaboratori, per risolvere i problemi e dar loro le giuste direttive. Ha sulle sue spalle - solo apparentemente fragili - le responsabilità e il peso della direttrice del punto auto-nolo di un noto marchio in aeroporto.
Arriva a casa alle sette di sera, quando va bene. Toglie il giaccone, bacetto sulla guancia, due chiacchiere rapidissime e poi si siede a gambe incrociate sul tappeto, apre il portatile sul tavolinetto basso, non troppo lontana da me che spignatto nell’angolo cottura. Continua con telefonate, e-mail e impegno. In genere, lei va avanti fino a che non la prelevo di forza e la faccio sedere al tavolo per mangiare. Il patto è che massimo alle otto comunque stop e basta. Non transigo. Però, siccome è una donna bellissima, spesso al solo sentirla rientrare mi prende un sacrosanto durello. La osservo, le sorrido malizioso e le consento di sbrigare le ultime e-mail.
Subito a seguire, spengo i fornelli, le vado vicino e inizia la nostra intima danza dell’alfabeto: con le mani le faccio il segno della “T” di timeout, che tra noi vuol dire “adesso basta: ti voglio scopare, mi urge.” Se continua, dopo un ulteriore minuto le faccio il segno della “V” che significa “vieni subito a fare il tuo dovere di femmina.” Se ancora non molla il pc o non attacca il telefono, allora alzo l’indice, che sarebbe una “I” a significare che "sono infoiato” o, in altre occasioni, anche “incazzato come una biscia.”
Lei quindi capisce. Chiude tutto, s’alza, va in camera e si dispone come sa che mi piace trovarla: nuda e a natiche ben alte sul letto. La fica deve essere aperta e già lavorabile. A volte prova ad andare in bagno, per farsi un bidet dopo una giornata di lavoro e prima di farsi leccare, ma io la blocco: il suo odore naturale intimo, i suoi sapori dopo tante ore sono la cosa che mi piace e mi eccita di più! Divarico le sue natiche, le metto un dito nel culo, la stimolo e intanto inizio appunto a lavorarla.
Poi le lecco la fica lentamente, con impegno e concentrazione. Gliela lavoro con gusto. La aspiro e la mordicchio, trattengo le sue labbra nella mia bocca, le succhio il clitoride, che ha bello sviluppato: ci gioco. Poi mollo tutto e inghiotto i suoi succhi. Amo quel sapore. Sento che ora anche il suo ano inizia a rilassarsi e di sicuro la stimolazione la fa godere. Continuo a leccarle le labbra inferiori.
Affondo la lingua e sento che lei preme le chiappe totalmente aperte contro il mio viso. Perché lei si apre al massimo possibile, per farsi leccare ovunque. Inizia a gemere e a eccitarsi. Finalmente. Questo di solito è il momento in cui inizia davvero il mio vero divertimento: lascio l’area fica e passo a leccarle l’ano. Che ha un gusto completamente diverso. Quanto ci gode! Però non me l’ha mai confessato. È un suo adorabile vezzo, dirmi ogni volta, immancabilmente: “no, che fai! Lo sai che non mi va, lì dietro” ma il corpo regolarmente la tradisce.
Spudorata e bugiarda donna. Contrae l’ano e lo rilascia di continuo. Io approfitto e vi infilo la lingua dentro al massimo possibile. La assaporo rapito. Continua a pronunciare dei no formali a raffica, con una voce ormai debole, roca ed eccitante, ma intanto apre al massimo possibile le natiche, reggendole con le sue mani e infine premendo l’ano fortemente contro la mia bocca. Me lo offre senza più vergogna o scrupolo.
Ci sto dieci minuti o anche più, troppo mi piace leccarle il culo. Quasi vengo, dal piacere di essere a contatto intimo e proibito con quel gran pezzo di fregna della mia compagna, felice di farla godere eccitandola. Sento le sue gambe che si aprono sempre un millimetro di più. A volte penso sia sovrumana, che abbia dei superpoteri. Resto lì a consumare lingua e saliva, insisto fino a che la natura in qualche modo le fa compiere un vero miracolo. Una cosa mai vista prima in nessun’altra femmina: il suo ano si schiude. Le si allarga da solo! E a quel punto lei perde ogni dignità, mi porge l’anima, mette ai miei piedi tutto il suo pudore di donna, aperto come un libro e mi sussurra, calda e rossa in viso: “inculami, presto. Ti prego.”
A questo punto io appoggio il glande contro il suo sfintere che offre zero resistenza, anzi quasi mi risucchia e in mezzo secondo affondo tutta l’asta dentro quel corpo di pantera giovane. Lei dapprima lancia un urlo soffocato di dolore, sparando un dolce “noooo. che mi fai fare...” poi inarca la schiena ed esplode in un sonoro “siiiiii, dammelo tutto, sfondami, dòmami, cavalcami. Devo godere. Incula la tua femmina, stallone: forza, daiiii...” e per me è un vero onore, servirla.
Capisco che essendo una manager rispettata e temuta ogni tanto senta il bisogno di essere messa in riga, scopata e gestita in modo appropriato, come ogni uomo deve saper fare con la propria metà. Perché io la amo, la desidero di continuo. Mi piace osservarla: quando si veste, quando si spoglia, quando sorride, quando è triste. Ma soprattutto quando lo prende in culo e allora diventa una cazzo di vera troia. Le afferro i lunghi capelli, la tiro verso di me e vedo di traverso che sorride, che gode nell’essere domata. Moltissimo.
La mia puttana preferita. Addirittura... pagherei, per poterla scopare e soddisfare. A un tratto non ce la faccio più, glielo dico e sborro. Veniamo insieme. Lei si ferma, si apre tutta e mi preme il culo contro per farmi godere. Stiamo così, in silenzio per due minuti: io mi butto sul suo collo e glielo divoro, reggendole i seni con le mani e strizzandole i capezzoli gentilmente. Le piace da morire.
La mia donna, vinta totalmente ma mia unica padrona, si lascia mangiare. È docile e morbida, adesso: completamente stordita dal piacere. Poi mi si sfila da sotto, va in bagno e subito torna. Si inginocchia ai piedi del letto e aspetta a testa bassa. Capisco che in lei ora c’è una geisha colta, servile e desiderosa di gratificare il suo uomo.
Io la rispetto al massimo. Vado in bagno anche io, mi lavo accuratamente, prendo il latte dal frigo. Ne verso due bicchieri e torno in camera. Beviamo, ci sorridiamo e capisco che in lei è tornato un po’ di pudore, di imbarazzo; però si rimette subito in posizione geisha. Io allora mi siedo a cosce larghe sul bordo del letto. Bagno il mio uccello nel bicchiere di latte e quindi le offro il mio bacino nudo.
La regina del mio godere inizia a slinguare il mio glande. Ci gioca, ogni tanto guardandomi e sorridendo. Dolcissima puttana: la adoro. Poi pian piano si infila tutto il cazzo in bocca e inizia la sua danza esperta. Mi fa sborrare di nuovo dentro di lei. Ha un’esperienza e un tiraggio veramente notevoli. Ci alziamo sfiniti, ci baciamo come solo due che si amano fanno: in un modo disdicevole, osceno e a lungo.
Non stacchiamo le lingue e le labbra anche se cola la saliva. Un vero bacio d’amore. Poi, mentre finalmente le consento di lavarsi come si deve, apparecchio, metto in tavola e possiamo iniziare a parlare della giornata, di ciò che ci è accaduto. E mi piace tantissimo il vederla sollevata, presente e interessata soprattutto a noi due. Sorride. Mi viene voglia di scoparla...
RDA
8 notes
·
View notes
Text
Ragazza che non ho, ti ho già scritto una volta. Ero più giovane dentro e fuori, sognavo che dal buio fiammante della radio potessi uscire tu, con il mio S.O.S. di carta fra le dita,e uno di quei sorrisi che sembrano dire “Perché ti meravigli tanto? Non hai mai visto uscire una ragazza da una radio?”. Avrei guardato le tue gambe svelte scavalcare la finestra nera della radio, ti saresti lasciata ammirare quel vestitino di carta giapponese, con i fiori d’ acqua e tutti i miei problemi si sarebbero accucciati in un angolo come un cane pentito, perché avevo osato dubitare della materia dei sogni. Vedi, ragazza, credere nell’impossibile è stato la causa dei miei guai e delle mie grandezze. Ho puntato su tutte le roulette, sono andato in spiaggia con le scarpe d’inverno e mi sono steso in cappotto davanti al mare bruciante. Disprezzavo i luoghi comuni. Così non ho mai smesso si credere che esisti, che esistono ragazze che escono dalle radio con i vestiti a fiori. Ecco perché ti ho scritto e imbuco questa lettera nell’universo. Non sono così sciocco da credere che tu non verrai mai ( i miracoli sono più reali dei soldi), la verità è che temo di deluderti. Sono scorbutico, gonfio di dubbi e non ho mai imparato a ballare. Ti annoieresti, temo, e dopo qualche minuto di silenzio mi diresti “Usciamo?”. Ma non mi va di uscire, stasera in televisione c’è il mio documentario preferito, di la cena è apparecchiata per uno. E poi ho l’ansia da prestazione, va bene? Tu hai fatto l’amore fra le stelle, io in letti di serie B, che la sigaretta dopo era l’orgasmo. Non credermi, ragazza che non ho, questo è un vecchio gioco: provocare i miracoli e smettere di stupirsi l’attimo seguente. Se a questo punto te ne andassi via, sarei perduto.Siamo mezzi uomini,mezzi maghi, eterni bambini. Non credermi basta, portami fuori. E’ una serata così dolce. Ci sarà pure da qualche parte una balera deserta dove potrai insegnarmi il ritmo semplice e misericordioso della vita. Ragazza che non ho, stanotte saremo in tanti ad attenderti, lo sai? Fai così, non pensare a me, a forza di credere nei miracoli io ho imparato a reggerne l’assenza. Ma uno, questa notte, uno almeno di noi fallo felice.
15 notes
·
View notes
Text
Se hai paura di avermi dato
poche carezze, sappi che
non ne ho scordata nemmeno una.
Se sei pentito di avermi sgridato
anche solo una volta,
sappi che io nemmeno me la ricordo.
Se pensi di avermi lasciato troppo tempo
da solo, sappi che io ti ho sempre aspettato.
Se temi di avermi dedicato poco tempo,
sappi che io, anche di quel poco,
ne ho goduto ogni istante.
Se credi di aver giocato poco con me,
sappi che io non ho mai contato
le volte in cui mi hai lanciato la pallina.
Se pensi che io abbia dimenticato il tuo
profumo, sappi che anche adesso lo sto
annusando nel vento.
Se tu volessi rinascere in un’altra vita,
sappi che io vorrei essere il tuo cane
anche in quella.
Se sei convinto di avere qualche difetto,
sappi che per me tu sei stato
la perfezione.
Se credi che l’amore possa avere una fine,
sappi che nel mio cuore il posto
per l’amore è infinito.
Se pensi di nutrire dei rimpianti
verso me, sappi che io non cambierei
un solo secondo della vita che ho
trascorso con te.
Se credi che io non senta più la tua voce
quando mi chiami, basta che tu affidi
alla brezza della sera il compito
di portarmi le tue parole.
Se pensi che io possa scordare il tuo viso,
sappi che avrei voluto vivere solamente
per godere di un tuo sguardo.
Se credi che avrei potuto amare
qualcuno più di te, sappi che io ti ho
amato più di me stesso.
Se pensi che mi sarebbe piaciuto
sdraiarmi su di un morbido divano,
sappi che con te avrei dormito
anche sui sassi.
Se credi che io volessi più di ciò
che mi hai dato, sappi che io mi sono sempre sentito il cane più felice
e ricco del mondo.
Se a volte ti sei sentita solo, sappi che io
non ho mai lasciato il mio posto accanto
a te.
Se pensi che la mia vita sia stata breve,
sappi che io non avrei voluto vivere
nemmeno un minuto in più se non lo
avessi passato al tuo fianco.
Se temi che io non sia più vicino a te,
sappi che appena chiuderai gli occhi
io mi addormenterò al tuo fianco.
Se pensi di non aver fatto la scelta giusta,
sappi che io mi sono sempre fidato di te.
Sempre.
Se sogni un giorno di potermi rivedere,
sappi che sarò lì ad aspettarti,
come ho sempre fatto.
~ Emanuele Grandi ~
35 notes
·
View notes
Text
La morte di un amore è come la morte d’una persona amata. Lascia lo stesso strazio, lo stesso vuoto, lo stesso rifiuto di rassegnarti a quel vuoto. Perfino se l’hai attesa, causata, voluta per autodifesa o buonsenso o bisogno di libertà, quando arriva ti senti invalido. Mutilato. Ti sembra d’essere rimasto con un occhio solo, un orecchio solo, un polmone solo, un braccio solo, una gamba sola, il cervello dimezzato, e non fai che invocare la metà perduta di te stesso: colui o colei con cui ti sentivi intero. Nel farlo non ricordi nemmeno le sue colpe, i tormenti che ti inflisse, le sofferenze che ti impose. Il rimpianto ti consegna la memoria d’una persona pregevole anzi straordinaria, d’un tesoro unico al mondo, né serve a nulla dirsi che ciò è un’offesa alla logica, un insulto all’intelligenza, un masochismo. (In amore la logica non serve, l’intelligenza non giova e il masochismo raggiunge vette da psichiatria.) Poi, un po' per volta, ti passa. Magari senza che tu sia consapevole lo strazio si smorza, si dissolve, il vuoto diminuisce e il rifiuto di rassegnarti ad esso scompare. Ti rendi finalmente conto che l’oggetto del tuo amore morto non era né una persona pregevole anzi straordinaria, né un tesoro unico al mondo, lo sostituisci con un’altra metà o supposta metà di te stesso e per un certo periodo recuperi la tua interezza. Però sull’anima rimane uno sfregio che la imbruttisce, un livido nero che la deturpa e ti accorgi di non essere più quello o quella che eri prima del lutto. La tua energia si è infiacchita, la tua curiosità si è affievolita e la tua fiducia nel futuro s’è spenta perché hai scoperto d’aver sprecato un pezzo d’esistenza che nessuno ti rimborserà. Ecco perché, anche se un amore langue senza rimedio, lo curi e ti sforzi di guarirlo. Ecco perchè, anche se in stato di coma boccheggia, cerchi di rinviare l’istante in cui esalerà l’ultimo respiro: lo trattieni e in silenzio lo supplichi di vivere ancora un giorno, un’ora, un minuto. Ecco infine perché, anche quando smette di respirare, esiti a seppellirlo o addirittura tenti di resuscitarlo.
Oriana Fallaci
16 notes
·
View notes
Text
non si tratta di fare i salti mortali, di investire più soldi di quelli che hai e nemmeno di dedicarmi ogni momento libero. Per me si è sempre trattato di fare capire all'altro quanto è importante per me ogni volta in cui potevo farlo, perché un sentimento ha bisogno di parlare ogni tanto, non in ogni minuto- secondo, perché non deve essere mica un'ossessione eh, ma ogni volta in cui lo sento, senza una ragione, ho bisogno io in primis di farti sentire speciale. Per me, è solo una questione di comprensione, vicinanza, di supporto, di un amore che mi va di darti anche se oggi non hai fatto niente per "meritartelo". Per me, si tratta di farti capire quanto è diventato parte di me amarti e, come ogni cosa spontanea che si rispetti, non esistono schemi o logiche dietro, non ci sono obblighi o pretese: c'è solo tutto il bene che ci vogliamo a coprire tutto, ogni cosa. Quindi no, non si tratta di fare i salti mortali, i rapporti veri e belli sono fatti di due cuori che si parlano senza copioni, che possono non capirsi delle volte, ma che non smettono mai di esistere un po' anche nel battito dell'altro.
zoe, così.
#frammentidicuore#frasi#frasi di vita#riflessioni#frasi profonde#parole#amore#pensieri#vita#cit#frasi d'amore#frasi dolci#frasi amore#frasi amicizia#amicizia#legami#ti voglio bene#quanto avrei bisogno anche solo della metà di quello che ho scritto#dolore#emozioni#sentimenti#amare#frasi e citazioni#citazioni d'amore#frasi belle#frasi tumblr#persone speciali#sincerità#emotività#abbraccio
10 notes
·
View notes
Text
Fra' devi arrivare puntuale oggi. Ho un impegno", dico al telefono al mio collega che solitamente arriva in ritardo.
"Tranquilla, sto arrivando" mi risponde, e stavolta mantiene la parola.
Dopo pochi minuti arriva tutto trafelato. Mi squadra dalla testa ai piedi e, sorridendo maliziosamente, mi dice: " Immagino che oggi non pranzeremo insieme". Sorrido, il bacio di congedo e scappo. In strada mi chiedo se si capisca che oggi vedrò il mio Padrone. Mi rispondo: sì. Sempre molto attenta al mio aspetto, indubbiamente quando devo incontrare il mio uomo ho una luce particolare negli occhi, difficile da non cogliere. Raggiungo rapidamente il ristorante cinese dove pranzeremo. Inaspettatamente sono in anticipo e quindi rimango qualche minuto fuori dal locale ad aspettare. Quando lo vedo arrivare mi dico che l' effetto che mi fa è sempre lo stesso: lo ammiro nella sua eleganza e compostezza e mi eccito pensando a come cambierà totalmente in poco tempo. Entriamo nel ristorante e scegliamo, non a caso, un tavolo lontano da occhi indiscreti. Tolgo il cappotto mostrandogli un abitino nero che subito nota e apprezza. "Non hai visto ancora niente, amore" mi dico sorridendogli maliziosa mentre lo ringrazio per i primi complimenti. Non passa molto tempo e lui tira fuori dalla sua elegante giacca un plug blu, fiero delle dimensioni del giocattolo, e mi ordina di andare in bagno e indossarlo. Accetto ben volentieri, lo indosso e tengo in mano il perizoma appena sfilato. Si sa che un regalo deve essere sempre contraccambiato. Torno al tavolo tenendomi il culo: le dimensioni di quel Toy sono infatti modeste per il mio culo e ridendo glielo faccio presente. Sorpreso, mi dice che la prossima volta indosserò quello cattivissimo e subito mi pento della mia spavalderia: il plug in vetro di cui parla, infatti, è una vera e propria arma bianca. Ci raggiunge la titolare del locale che ci domanda in un italiano molto approssimato cosa vogliamo mangiare: lascio decidere a lui, adoro farlo. Rimasti soli, in attesa dei ravioli al vapore, mi bacia. Mi rendo conto che ormai quello che era un azzardo oggi è un bisogno. Gli consegno il perizoma. Il mio messaggio è chiaro e lui lo coglie al volo: inizia a frugare nella mia fica fradicia apprezzandone lo stato. Allungo anch'io le mani: il suo cazzo è meravigliosamente duro e vorrei scivolare sotto il tavolo per succhiarlo ma sono una signora e devo rimanere composta, seppur a gambe aperte e col culo pieno.
"Ma ti sembra una posizione da signora?" mi chiede eccitatissimo mentre gioca con il mio clitoride.
"No, ma io sono la tua Troia e adoro stare a gambe aperte quando sono con te" rispondo io. Ci baciamo ancora una volta, dopo di che assaggia quanto raccolto in mezzo alle mie gambe. Il pranzo è servito, iniziamo a mangiare i ravioli, parliamo tantissimo, ridiamo, ci provochiamo, programmiamo il nostro ormai prossimo incontro in albergo e lui continua a scoparmi la fica con la mano. Dopo un' ora devo andare in bagno per togliere il plug e indossare nuovamente il perizoma. Lo lascio seduto al tavolo in attesa, un' attesa che dura più del previsto, giusto il tempo di un orgasmo: giunta in bagno, infatti, devo assolutamente esplodere, attendo qualche istante un suo eventuale arrivo ma lui, si sa, è in pubblico un uomo tutto d'un pezzo, e allora sfilo il plug dal culo, lo appoggio sul wc e mi impalo fino all' esplosione. Tornata al tavolo mi scuso immediatamente per la prolungata attesa spiegando quello che mi ha trattenuta nel cesso. Mi guarda sorpreso.
"Lo hai fatto davvero?" Mi chiede con tono fermo.
"Ecco, ti sei beccata una bella punizione" mi dico tra me e me mentre annuisco fiera.
Sorride, è eccitato, molto eccitato e promette di devastarmi lunedì prossimo. Ci avviciniamo alla cassa per pagare il conto. La signora ci ringrazia e ci chiede se siamo stati bene.
7 notes
·
View notes