#ulisses and the sirens
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someday-dreamlands · 10 months ago
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𝑼𝒍𝒊𝒔𝒆𝒔 𝒚 𝒍𝒂𝒔 𝒔𝒊𝒓𝒆𝒏𝒂𝒔 (𝑳é𝒐𝒏 𝑩𝒆𝒍𝒍𝒚, 1867)
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lunamarish · 6 months ago
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Vi ricordate le sirene del mito Ulisse? È uno passi più belli e famosi di tutta l’Odissea. Ma perché? Perché dietro questo mito è racchiusa una grande verità.
«Nessuno è mai passato di qui senza fermarsi ad ascoltare il dolce suono del nostro canto,» dicono le sirene ad Ulisse. E non gli stanno mentendo: con il loro canto seducono i marinai e li spingono a gettarsi in mare. Ulisse però adotta uno stratagemma per sopravvivere: si fa legare all’albero maestro della sua nave e copre le orecchie dei suoi uomini con la cera, così che non sentano il loro canto. Ecco, che cosa vi sta dicendo Omero? Che l’uomo è facile da ingannare. Chi parla con sincerità viene spesso deriso e frainteso e la massa da la sua preferenza a chi invece lo seduce e lo lusinga con un dolce canto, tanto dolce quanto velenoso e fatale.
Ma perché le sirene riescono ad incantare i marinai? Perché le loro parole sono così persuasive che riescono ad ingannare gli uomini. Ricordate il latinorum di Don Abbondio, il linguaggio forbito dell’Azzeccagarbugli? Tutti questi personaggi hanno una cosa in comune: distraggono, sviano, ingannano. Sono come le sirene di Ulisse. Ma riescono ad avere la meglio sugli altri perché sanno parlare.
Fateci caso, gli uomini più potenti del mondo che cosa fanno? Parlano! Vi persuadono a sostenere le loro idee soltanto con le parole. Non vi puntano un fucile contro la testa, non vengono nelle vostre case, non vi fanno assolutamente nulla, si limitano a parlare! Conoscono le parole giuste e sanno come usarle!
Dietro i momenti più importanti e più significativi della storia umana, la distruzione di Cartagine, il concilio di Nicea, la riforma protestante, l’ascesa di Hitler, non vi furono le armi ma delle parole! «Carthago delenda est», disse Catone. Furono queste piccole, semplici parole a segnare la fine di uno degli imperi più grandi del mondo antico. E ricordatevi sempre, come diceva Don Milani, un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone.
Guendalina Middei
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luigiviazzo · 2 years ago
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Sirena un nome che rievoca, fra le molte creature mitologiche concepite dalla fantasia umana, una delle più rappresentate nell’immaginario collettivo, visto che le acque hanno sempre affascinato gli esseri umani e quindi, come avrebbe detto Michele Lubrano, la domanda sorge spontanea: che cosa si nasconde nei recessi più remoti degli abissi?
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mask131 · 2 months ago
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Other Odysseys: 1954's Ulysses
When it comes to a cinematic adaptation of The Odyssey there is only one movie to know, THE movie, I am speaking of course about the 1954 Ulisse (or Ulysses in English).
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In the middle of the 20th century, Italian cinema absolutely dominated the world when it came to peplums, adaptations of Roman history, or of Greek mythology. It is from this era that came so many famous, cult, classic or influential movie that later ended up creating this same craze in the USA (for example, the huge wave of Hercules movies that later led to the series of American Hercules movies - I made a post about it a loonngg time ago I never followed upon). And this specific movie still remains to this day a big name in the list of Odyssey adaptations.
Directed by Mario Camerini (with Mario Bava also being involved!), this movie had quite an international fame due to not being exclusively Italian. Most notably, it has quite an amount of Americans involved, Kirk Douglas even playing Ulysses! (or Odysseus if you prefer the Greek name) You also have Anthony Quinn as Antinous. France also had its share in the movie, with actors like Daniel Ivernel or Jacques Dumesnil playing men part of Ulysses's crew.
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What to say that hasn't been said before? If you enjoy the Odyssey you must watch this movie. I prefer the French dub over the English one because it clarifies some details that are more vague and left to interpretation in the English dub, but that's just me. The costumes of the movie were designed by a French haute couture house: they were the works of Madame Grès. Some scenes were originally planned on Ithaca itself, but an earthquake prevented the shooting. And some of the weapons and armors were historical pieces, lended by museums from Greece and Italy.
If you are interested by how this movie handled the Odyssey, I'll let you discover this by youself (given it is a movie from the 50s it is easy accessible around, even on Youtube you've got several free versions in various languages), but I will tell you that the movie had to condense the Odyssey as much as it could, due to the limits of being a single movie AND a 50s production, while still producing a story that felt satisfactory and complete. I believe it did, though I might be biased because this was literaly the first time I saw the Odyssey on screen after reading about it, and it was one of my childhood movies.
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The most striking part of this piece being the synthesis of Ulysses' many trials into three specific steps, with the Nausicaa segment being the first third of the movie: it is a slow opening mimicking how the Odyssey itself begins, but with the additional detail that if Odysseus stays so long by Nausicaa's island, it is because he lost his memory. The sea adventures are actually Odysseus' narration as he finally starts to remember who he was - and this leads to the three iconic segments that marked the "Greek mythology cinema" of the time.
The Polyphemus segment, which was THE marking depiction of a cyclop on the silver screen ; the Siren segment, which explored this movie's tactic of purposefully not showing the most supernatural or gruesome elements of the tale, by the old theater trick (this movie has a strong theater vibe to it in terms or choices and staging) ; and finally the Circe segment. A segment where Circe is also Calypso and Charybdis all at once, and that chose to depict this mysterious enchantress as supernatural double of Penelope (both played by Silvana Mangano), forever clad in a green aura and acting in an eerily ambiguous and unnatural way which leaves you wondering if she is truly a divine witch loving in an unhealthy way Odysseus, or a malevolent agent of the god simply fooling him all along...
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All in all, this is THE classic of the Odyssey adaptations that needs no introduction.
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t-annhauser · 4 months ago
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Il destino vuole che io, uomo del nord, con le mie ombre tipicamente settentrionali, abbia sempre trovato udienza e conforto presso le femmine meridionali, un richiamo ancestrale mi chiama, la loro voce come il coro delle sirene di Ulisse m'incatena. Sarà anche che l'accento del nord, in una donna, mi raggela, ogni discorso amoroso in lombardo appare come una fredda transazione, mentre l'inflessione meridionale mi parla di calore e di corpi rugiadosi e sudati, di passioni concentrate come pomodori, mi parla in definitiva d'amore. E così fu.
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susieporta · 1 month ago
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Regina di Spade.
"La solitudine del Saggio".
Non è il momento di "fare gli eroi" e nemmeno di assumersi scelte avventate, che non abbiano ampiamente attraversato i mesi di riflessione precedenti.
Il carico emotivo e la voce interiore che affiorano dall'Inconscio individuale e collettivo ci parlano di "squilibrio" e di decadenza ed è nefasto abbracciare l'Oscurità nei mesi della purificazione sottile.
Occorre "stare un passo indietro" ... ed uno "dentro".
La realtà percepita sta compiendo il suo viaggio di "non ritorno".
E' nella fase di pre-contemplazione e sgretolamento delle primissime credenze.
Non va accelerato il tempo della Manifestazione.
Ma l'Umano, si sa, vorrebbe tutto e subito.
Magari si accontenta di coprire le sue miserie dentro un abito vecchio e sgualcito, ma sempre meglio che affrontare le mani vuote e il cuore nudo.
I processi di maturazione di questo Autunno caldo ci permettono di conoscere a fondo i nostri aspetti traumatici, le nostre zone "scoperte", i nostri automatismi di perdita e di mancanza, di povertà e di rinuncia.
E non è prudente agire in maniera avventata e immatura nella direzione del "risolvere".
Occorre accogliere con pazienza e amorevolezza le ansie e le tentazioni. E poi restare fermi ad ascoltare, a cullare quella voce interiore che urla, che si sente così arrabbiata, così sola, così anticamente ferita.
Senza cercare appigli e abbagli.
Senza voler anestetizzare il dolore.
Senza rincorrere chimere o soluzioni sostitutive e compensative.
Chi si arrende ora, è in pericolo.
Perché dare forza al trauma e viverlo nella sua forma più potente, all'oggi è davvero da guerrieri senza spada e senza armatura.
Anche Ulisse, navigatore saggio ed esperto, per non perdersi nel canto ammaliatore delle sirene, si fece legare all'albero della nave, poiché percepiva che la sua volontà di resistere avrebbe potuto vacillare e non essere sufficientemente forte.
La tremenda trappola delle sirene andava a toccare le sue vulnerabilità più profonde legate alla "mancanza" e alle "ferite irrisolte", formulando tentazioni e promesse apparentemente irrinunciabili e sensibili al linguaggio dell'Ego.
Ma la maturità e il radicamento, hanno permesso ad Ulisse di salvarsi da se stesso e dalle proprie debolezze interiori.
Il viaggio dell'Eroe non è mai fuori. Ma dentro se stessi.
E se noi oggi cediamo alla fatica, pensando in modo assolutamente fanciullesco e presuntuoso, di avere il pieno controllo sui nostri traumi e sulle nostre zone d'ombra, non abbiamo compreso ancora il senso di questa traversata autunnale.
Abbattere gli automatismi fisici e psichici non è come aprire le connessioni spirituali.
L'Essere umano fa parte della Natura e delle sue leggi.
Ha un funzionamento diverso. Ha dei tempi. Ha delle memorie di dolore molto radicate nel Corpo e nella Mente ed esse sono al loro volta associate a codici di trauma che faticano a dissolversi.
Siamo aiutati. Ma dobbiamo smetterla di credere che il pensiero magico del bambino risolva tutto quanto.
Occorre essere presenti, vigili, disciplinati, concentrati.
Le sirene stanno cantando a squarciagola.
Non è tempo di lasciarsi incantare dall'apparenza. Dedicarsi ai piaceri compensativi è assai pericoloso. Tornare al piacere dissoluto e paradisiaco, stile baccanale, e dissolversi in esso, con tutti questi traumi che stanno affiorando e cercando "casa", è pericoloso.
Restate un passo indietro.
Siete affaticati, stanchi, depressi, nervosi.
E' comprensibile che il cedimento sia dietro l'angolo.
Può essere davvero difficile questo Autunno Caldo.
Ma abbiate sempre la saggezza e la fermezza di non abbandonarvi al trauma originale.
Manca poco.
Non distruggete tutto ora.
Non lasciate che la Mente governi un comportamento dissoluto e impotente.
Restate nell'Amore per voi stessi.
Soli. Arrabbiati. Nervosi.
Certo.
Ma "al sicuro".
Mirtilla Esmeralda
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petalididonna · 1 year ago
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Uomo,che ti ritrovi viandante,e vai a ritroso nel tempo.
Sei attratto da lusinghe e ricordi...che ti han fatto soffrire.
Lasciati chiusi nel cuore,adesso riemergono in un mare di tempesta..dove tu stai issando le vele,e ti accorgi come Ulisse di molte sirene che cantano per te.Mentre la tua Penelope aspetta piena di dubbi,tu sperimenti e ti confondi.
D.P.©
Notte❤️
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nell-ombra-blog · 8 months ago
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Il gioco è come una droga, colpisce solo chi lo prova. Una volta che lo prendi in mano, non puoi più andare lontano. Ti prende davvero tanto, come in Ulisse delle sirene il canto.
Max
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mastrogrossothick · 9 months ago
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Ulisse, le sirene, una scopata a Roma e un belcazzone.
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proartsblog · 1 year ago
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Ulisses and the Sirens 1891 by John William Waterhouse (1849-1917)
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winckler · 1 year ago
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Fu il ramarro e non tu smunta formica a udire le sirene
Chi lo vide Ulisse? forse l’occhio del polipo attratto dalla luna
ma fauna d’acqua ne udì la chiglia per sentito dire.
— Goffredo Parise
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luigiviazzo · 2 years ago
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Sirene è il nome di creature che rappresentano, grazie a Ulisse e all'Odissea, le creature per eccellenza della mitologia marina ma sono anche in cielo.
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altrovemanonqui · 1 year ago
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Già che siamo pronti, io lo farei così…
Sopra transito muli.
Sotto transito carri bestiame.
Al centro…l'alta velocità, cioè le diligenze. Sono, del resto, gli unici mezzi che possono andare sulle nostre strade e ferrovie, fulgido esempio di conservazione dato che nessuno ci ha messo mano da 80 anni.
Ed infine, credo indubbia l’idea che queste volute aeree col vento di scirocco suoneranno persino, così il canto delle nostre sirene di Ulisse lo facciamo sentire dagli Appennini Calabri alle Langhe.
Tiè.
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ughword · 2 years ago
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Watching you calling about 7 people in a day was soo satisfying. You looked amazing last night. All them charms were all out; the smile, cheerful expression, and gentle voice you have is totally so calming that could make me fall asleep it’s like a siren and ulisse. You are a magnetic and charismatic man. Sadly, I can’t have you for eternity not even in another universe.
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conilsolenegliocchi · 2 years ago
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~ L' anima affine ~
Difficilmente ci si appacia e si rinuncia ad intercettare quella frequenza, quella vibrazione cosmica, quell'arcano richiamo, quella connessione che ti aggancia al centro del respiro e ti spinge a cercare e cercare, come il richiamo delle sirene di Ulisse.
Tu lo senti che c'è, lo percepisci chiaramente che esiste, ma non ne riesci ad identificare la fonte.
Aneli a tutto ciò come chi l'ha vissuto già in un'altra vita, sai che quell'incontro sarà fiato corto, sarà brivido, sarà pelle, sarà meraviglia, sarà incoscienza, sarà rifugio, sarà liberazione, sarà intesa, sarà casa. Il pezzo mancante che combacia alla perfezione, che dà un senso e completa.
Da questa inconscia consapevolezza nasce la perpetua inquietudine, il silenzioso tormento interiore, gli occhi spalancati di notte.
@conilsolenegliocchi 🐞
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jacopocioni · 2 months ago
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Dante e il suo fantastico viaggio 8: Dante e i personaggi del Purgatorio
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Prima parte Seconda parte Terza parte Quarta parte Quinta Parte Sesta Parte Settima Parte
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Sono circa le sei del mattino, l'aurora da bianca e vermiglia diviene colore dell'oro, Virgilio e Dante camminano lungo un litorale, loro hanno terminato il loro viaggio all'Inferno, noi quello alla ricerca dei fiorentini o di personaggi e situazioni legate a Firenze negli inferi. Per loro, come per noi è ora di arrivare in Purgatorio. Una creatura alata sempre più luminosa si avvicina, è impossibile sostenere lo sguardo al cospetto di una luce così intensa. Con lei c’è una barca che sfiora l'acqua e che sta raggiungendo la riva con il suo carico di anime che cantano quel salmo che solitamente accompagna i morti in chiesa.
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Tra le tante anime giunte con l’ imbarcazione ce n'è una in particolare che Dante riconosce subito, è Casella, un musicista fiorentino suo grande amico e al quale è ancora molto legato. Casella spiega a Dante che le anime destinate al Purgatorio si radunano alla foce del Tevere, l’angelo sfolgorante che ha visto prima le accoglie sulla sua barca solo quando hanno dimenticato tutto ciò che le lega agli interessi terreni. Casella spiega ancora che l'anno precedente durante il giubileo, venne concessa l’ indulgenza plenaria. Così tutte le anime che ne avevano fatto richiesta, beneficiando di uno sconto di pena potevano proseguire il loro viaggio nell’aldilà. Dante rammenta di aver scritto una canzone che lo stesso Casella aveva interpretato, e prega dunque l’amico di cantarla nuovamente per lui: “ Amor che mi parla nella mente…” Tutte le anime presenti rimangono incantate nell’ascoltare quella voce così soave.
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Appare però Catone, che vedendo quelle anime ipnotizzate dall’esibizione, le redarguisce aspramente paragonandole ad Ulisse che rimane incantato dal canto delle sirene. Catone prende in mano la situazione e decide di distogliere quelle anime dalla distrazione canora, spingendole energicamente verso il monte antistante dove potranno raggiungere Dio. Casella nasce nel 1250 a Firenze e muore nel 1300. È stato un compositore amico intimo di Dante. Si sa poco di lui se non quello che ci racconta il poeta, qualcuno ritiene che fosse però di origine pistoiese. Musicò un madrigale di Lemmo da Pistoia, come risulta dal Codice Vaticano 3214: “Casella dedit sonum” (lo musicò Casella). Di Casella si fa menzione anche in un sonetto di Niccolò de’ Rossi. L’artista musicò alcune poesie di Dante come la canzone, tratta dal Convivio, “Amor che ne la mente mi ragiona”.
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Dante incontra poi Jacopo del Cassero, un discendente di una famiglia nobile di Fano nato pochi anni prima di lui. Era un magistrato che fu alleato di Firenze, anche lui aveva combattuto contro Arezzo nella battaglia di Campaldino. In seguito era stato ucciso con un colpo di roncone all'inguine per mano dei sicari del marchese di Ferrara Azzo VIII, suo nemico giurato. Jacopo era stato ucciso mentre si dirigeva a Milano per essere eletto podestà della città. Per timore di essere riconosciuto e fermato dai suoi rivali, aveva malauguratamente optato  una via che passava attraverso una poco frequentata zona paludosa nel territorio di Padova. Fu una scelta fatale, perché  la folta vegetazione palustre, l’acqua e soprattutto la melma, ne rallentarono la marcia. Lo sventurato cadde poi accidentalmente da cavallo e venne facilmente raggiunto dagli uomini del marchese e ucciso.
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L’anima chiede a Dante di ricordarlo nelle sue preghiere; questo gli avrebbe permesso di lasciare prima il Purgatorio. Nel sentire questa richiesta, si avvicina anche Bonconte da Montefeltro della casata dei signori di Urbino, sperando che Dante interceda anche per lui.
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Bonconte era morto nella battaglia di Campaldino, ma il suo corpo non venne mai trovato. L’uomo apparteneva alla fazione ghibellina particolarmente avversa ai fiorentini. Ferito alla gola nello scontro, era riuscito a fuggire a piedi e a raggiungere il fiume Archiano nel punto in cui confluisce con l’Arno. Prima di perdere i sensi a causa del dissanguamento, era riuscito però ad invocare il perdono della Madonna. Così la sua anima che stava per essere rapita da un demone, venne tratta in salvo da un angelo. Il demone gabbato si vendicò allora sul corpo, scatenando una forte pioggia che ingrossando il fiume Archiano trascinò via la salma disperdendola per sempre. Ecco che in lontananza si vede arrivare una bellissima creatura celeste vestita di bianco e con il volto splendente. La presenza invita Dante a dirigersi verso un ripido sentiero composto di gradini. Nel vederlo al poeta torna in mente quella scalinata che porta in cima al Monte delle Croci vicino a Firenze, dove sorge la chiesa di San Miniato.
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Dante e Virgilio cominciano a salire i gradini della scala per continuare il loro viaggio, quando incontrano Sapìa Salvani. Il nome Sapìa significa “colei che ha senno”, ma la donna rivela invece ai due di aver al contrario dimostrato di non averne affatto. Nata e vissuta a Siena ormai sessantenne, la donna era da sempre in forte attrito con il nipote. Così quando i senesi guidati dall’inviso nipote affrontarono i fiorentini a Colle di Val d’Elsa, lei  dalla torre più alta volle assistere alla battaglia pregando Dio che i suoi concittadini venissero sconfitti dai fiorentini. Sicuramente non grazie alle sue preghiere, ma i senesi vennero sconfitti.
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Cenni storici: Dopo la battaglia di Montaperti del 1260, la Siena ghibellina aveva prevalso sulla Firenze guelfa. Colle Val d’Elsa che parteggiava per i guelfi, divenne luogo d’esilio di molti guelfi senesi e perseguita per questo.
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Nella battaglia di Tagliacozzo del 1268 vide Carlo d’Angiò correre in difesa del pontefice Clemente IV, contro il nipote di Federico II Corradino, che era alla guida dei ghibellini. Tutta questa battaglia accadeva sotto gli occhi della speranzosa Sapìa Salvani, che dalla torre su cui era salita, pregava ardentemente sperando nella vittoria di Carlo d'Angiò.   .
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Riccardo Massaro Read the full article
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