#tutto accade per una ragione
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chiamamicosi · 19 days ago
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Tutto ciò che serve è un atto di coraggio ♥️
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pensieri-di-dea · 4 months ago
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"Un giorno tutto avrà un senso... quindi, per il momento, ridi di fronte alla confusione, sorridi attraverso le lacrime e ricorda sempre che tutto accade per una ragione."
Paulo Coelho
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Buondì ☕
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angelap3 · 6 months ago
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Lettera dell'ex all'ex:
Cara, ti scrivo per dirti che ti lascio. Sono stato un buon marito per 7 anni. Le ultime due settimane sono state un inferno. Il tuo capo mi ha chiamato per dirmi che avevi dato le dimissioni e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La settimana scorsa, non hai nemmeno notato che non ho guardato il calcio. Ti ho portato nella churrascaria che ti piace di più. Sei arrivata a casa, non hai mangiato e sei andata a dormire dopo la telenovela. Non dici che mi ami. Mi stai ingannando o non mi ami più. P.S. Se vuoi trovarmi, rinuncia. Julia, quella tua ‘migliore amica’ della palestra, e io andremo in viaggio nel nord-est e ci sposeremo! Firmato: Il tuo ex marito.
Risposta:
Caro ex marito, nulla mi ha reso più felice che leggere la tua lettera. È vero, siamo stati sposati per 7 anni, ma dire che sei stato un buon marito è un'esagerazione. Guardo le telenovelas per non sentirti brontolare continuamente. Ho notato che non hai guardato il calcio, ma sicuramente è perché la tua squadra ha perso e tu eri di cattivo umore. La churrascaria deve essere la preferita dell'amica Julia, perché non mangio carne da due anni. Sono andata a dormire perché ho visto che i tuoi boxer erano macchiati di rossetto. Ho pregato che la domestica non lo vedesse. Ma, nonostante tutto questo, ti amavo ancora e pensavo che avremmo potuto risolvere i nostri problemi. Così, quando ho scoperto di aver vinto alla lotteria, ho lasciato il mio lavoro e ho comprato due biglietti aerei per Tahiti, ma quando sono arrivata a casa eri già andato via. Cosa fare? Tutto accade per una ragione. Spero che tu abbia la vita che hai sempre sognato. Il mio avvocato mi ha detto che, a causa della lettera che hai scritto, non avrai diritto a nulla. Quindi, prenditi cura di te! P.S. Non so se te l'ho detto, ma Julia, la mia ‘migliore amica’, è incinta di Jorginho, il nostro personal trainer. Spero che questo non sia un problema.
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occhietti · 6 months ago
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Invece di dire: "So cosa si prova",
diciamo: "Non posso immaginare il tuo dolore".
Invece di dire: "Sei forte, ce la farai",
diciamo: "Soffrirai, e io ti sarò accanto".
Invece di dire: "Sembri stare bene",
diciamo: "Come stai oggi?".
Invece di dire: "La guarigione richiede tempo"
diciamo: "Presto guarirai".
Invece di dire: "Tutto accade per una ragione",
diciamo: "Non sempre c'è una spiegazione, ma io sono qui con te".
E quando non ci sono parole da dire, non devi cercarle. Anche il silenzio può esprimere amore.
web
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angela-miccioli · 7 months ago
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Lettera dell'ex all'ex:
Cara, ti scrivo per dirti che ti lascio. Sono stato un buon marito per 7 anni. Le ultime due settimane sono state un inferno. Il tuo capo mi ha chiamato per dirmi che avevi dato le dimissioni e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La settimana scorsa, non hai nemmeno notato che non ho guardato il calcio. Ti ho portato nella churrascaria che ti piace di più. Sei arrivata a casa, non hai mangiato e sei andata a dormire dopo la telenovela. Non dici che mi ami. Mi stai ingannando o non mi ami più. P.S. Se vuoi trovarmi, rinuncia. Julia, quella tua ‘migliore amica’ della palestra, e io andremo in viaggio nel nord-est e ci sposeremo! Firmato: Il tuo ex marito.
Risposta:
Caro ex marito, nulla mi ha reso più felice che leggere la tua lettera. È vero, siamo stati sposati per 7 anni, ma dire che sei stato un buon marito è un'esagerazione. Guardo le telenovelas per non sentirti brontolare continuamente. Ho notato che non hai guardato il calcio, ma sicuramente è perché la tua squadra ha perso e tu eri di cattivo umore. La churrascaria deve essere la preferita dell'amica Julia, perché non mangio carne da due anni. Sono andata a dormire perché ho visto che i tuoi boxer erano macchiati di rossetto. Ho pregato che la domestica non lo vedesse. Ma, nonostante tutto questo, ti amavo ancora e pensavo che avremmo potuto risolvere i nostri problemi. Così, quando ho scoperto di aver vinto alla lotteria, ho lasciato il mio lavoro e ho comprato due biglietti aerei per Tahiti, ma quando sono arrivata a casa eri già andato via. Cosa fare? Tutto accade per una ragione. Spero che tu abbia la vita che hai sempre sognato. Il mio avvocato mi ha detto che, a causa della lettera che hai scritto, non avrai diritto a nulla. Quindi, prenditi cura di te! P.S. Non so se te l'ho detto, ma Julia, la mia ‘migliore amica’, è incinta di Jorginho, il nostro personal trainer. Spero che questo non sia un problema.😌
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darktimemachinechaos · 2 months ago
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[della mia bassissima capacità di sopportazione dei disfattisti] 🠇
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Se noto che un soggetto posti in quantità industriale sui social messaggi solo sconfortanti in cui dichiari che "il mondo fa schifo" (senza un briciolo nemmeno di sana ironia sui propri malesseri) il mio input da cittadina responsabile che non resta mai solo a guardare ciò che non va, tenta di capire, in primo luogo, il perché quella persona lo faccia: potrebbe essere soltanto un momento di reale sconforto a cui dare peso oppure uno dei tanti account che non avendo grandi idee per la testa, non trova di meglio da fare che divertirsi nell'alimentare un'idea del mondo solo disfattista per guadagnare attenzione malsana.  
Non facendolo io per prima, non sopporto chi ami crogiolarsi nel vittimismo (giovane o adulto che sia) e non sono affatto interessata a chi non faccia altro che lamentarsi nella vita per partito preso, mostrando una demenza senile talvolta pure precoce per l'età che si ha; il mondo non è solo un posto marcio: il mondo è solo un posto marcio per tutti coloro che hanno deciso di restare passivi a ciò che (gli) accade; chi non reagisce a ciò che non va non detiene alcun diritto di lamentarsi di una realtà che non ami, perché non puoi lamentarti di nulla se nel contempo non fai assolutamente nulla per cambiare manco un pezzettino piccolo della realtà che ti circonda - il minimo sindacale che ti è richiesto da persona Adulta!
Una persona giovane ha bisogno di essere sostenuta quando continua a vomitare scemenze sul mondo che fa solo schifo e non che gli si dica "Si, ok, hai ragione, il mondo fa schifo e pure io trovo che fa schifo": la realtà non è composta solo da soggetti passivi che sopportando situazioni assurde pensandosi eroiche, ma anche da ottime persone che ogni giorno, pure incazzandosi di brutto, si impegnano per portare Progresso attorno a loro - e non ci guadagnano un cazzo nell'andare a dormire ogni giorno con l'idea che il giorno successivo dovranno affrontare un'altra battaglia contro conservatori e giovani pessimisti dell'ultima ora - giovani pessimisti dell'ultima ora che si aggregano ai pessimisti anziani della prima ora, da cui non si deve assolutamente prendere esempio.
E' molto facile fermarsi alle prime righe di uno scritto (alle impressioni a pelle di ogni questione), ma non si potrà mai avere una percezione corretta della realtà senza nemmeno viverla a fondo (leggendo tutto il libro e non soffermandosi alla copertina); tutto ciò che leggiamo oppure osserviamo oppure soltanto ascoltiamo, sarà continuamente inteso in modo parziale e scorretto sia se si è caratterialmente pessimisti ma anche e soprattutto se si è PIGRI.
Non esistono pensieri isolati pessimisti originali: negli anni, tra realtà e social - senza contare la marea di poeti e scrittori di romanzi attuali e del passato da "mattonata sui coglioni" - di persone che si arrendono al primo ostacolo ne ho incontrate a centinaia e di qualsiasi età, perché arrendersi e dare degli idioti agli altri è facilissimo: non costa alcuna fatica; colpevolizzare i terzi in continuazione della propria costante resa sociale non rende intelligente e manco interessante qualcuno; gli arresti momentanei sono sani solo se momentanei: in giovinezza, tutti proviamo davanti ad una realtà complessa una naturale fatica a capire e dominare gli avvenimenti, perché la realtà è complessa e difficile da dominare per tutti, anche quando non sei più un giovane adulto (non c'è nulla di originale o straordinario in questo stato d'animo). 
Se non sarà così, se non sarà un arresto momentaneo quello che viva il giovane pessimista dell'ultima ora, il futuro che lo attende prossimo è di invecchiare prestissimo, moltiplicando esternazioni degne di un anziano fallito e non di una persona giovane dentro e fuori, CHE HA TUTTA UNA VITA DAVANTI. 
La mia risposta ai giovani pessimisti potrebbe suonare dura e priva di compassione rispetto ad una madre pancina: ma sono una persona adulta razionale e non una madre pancina e non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di offrire ad una persona giovane scusanti per arrendersi al tutto, piangersi addosso, invece di far emergere la vitalità del DESIDERARE.
C'è una realtà che da attivisti affrontiamo in ogni minuto della nostra esistenza: non possiamo aiutare chi non vuole essere aiutato - ma questo non vuol dire non provarci, almeno! Non significa non tentare nemmeno a comunicare con la dovuta forza a chi sia più giovane di noi e troppo facilmente arrendevole alla complessità, che il passato non è affatto migliore del presente come i vecchi stolti sostengono; che ognuno fa parte della Storia; che gli altri attorno a noi sono responsabili fino ad un certo punto del malessere che viviamo: il resto dipende soltanto dall'essere pigri o meno in un mondo che ti offre migliaia di strumenti per risolvere e non per disfare.
Se sei un disfattista, se sei un pessimista, è perché vuoi esserlo e non perché non esistano strumenti offerti dalla scienza, oggi più di prima alla portata di tutti, per non esserlo affatto: per voler contribuire con gioia, con costruttività, a ciò che sta al di fuori del recinto del tuo giardino deprimente nel quale tu hai voluto chiuderti; nessuno può metterti all'angolo quando tu non lo vuoi è la corretta trasposizione nella realtà di un Dirty Dancing in cui non verrà un ballerino sexy a ricordarti che arrendersi è solo un atteggiamento da bambini che non vogliono crescere mai.
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libero-de-mente · 3 months ago
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Spesso si ha un problema nella propria vita, a volte anche più di uno. Quello che potrebbe aiutarci è l'avere a fianco una persona, un'anima che vuole aiutarci nel risolvere questi problemi. Non a condannarci come spesso accade, per farci sprofondare. Questo avviene quando una persona con noi vuole condividere, comprendendo la solitudine che spesso una persona può avere nell'affrontare i problemi della vita.
Diversamente si è soli. La solitudine, alla lunga, accende il bisogno primario di avere qualcuno che ci ascolti. Anche se si vive in una società di "sordi". Quelli peggiori, quelli che non vogliono ascoltare.
Un "io ci sono per te" può essere uno dei doni più belli che si possa avere.
Anche quando la tua nomea non è la migliore. Ecco, questo è un punto fondamentale che fa la differenza. Quella che ci sta tra chi crede nel giudizio altrui e chi, invece, vuole conoscere veramente una persona. Così da comprendere se la cattiva reputazione è reale oppure una calunnia. Sapendo che oggi il principio secondo cui una persona è innocente, fino a prova contraria, è stato sostituito dall'opinione certa di colpevolezza.
Ci sono momenti della vita, poi, in cui le certezze crollano. Come quelle che si hanno su se stessi. Ecco allora l'importanza di avere vicino qualcuno che aiuti a ritrovare se stessi. A comprendersi e a non perdere il lume della ragione. Altrimenti si può passare per pazzi, per deboli o per degli incapaci.
Avere dei sogni nel cassetto, voler realizzare un'idea. Immaginate se, nel voler intraprendere una nuova strada, non fossimo soli. Se al nostro fianco ci fosse qualcuno disposto a seguirci e, importante, a fare parte del sogno. I progetti di vita condivisi credo siano quelli più appaganti. Perché a ogni traguardo raggiunto ci si può fermare per abbracciarsi.
Una persona così al proprio fianco, però, necessita a sua volta di un aiuto. Quello di non fargli passare mai la voglia di restare al nostro fianco. Anzi, di rendere questa persona sempre grata della condivisione e del ritorno che può avere da noi.
Perché tutto quello che di buono si può ricevere da una persona, gli va restituito con tutta la nostra anima. Do ut des: io do (a te) perché tu dia (a me). Diversamente de nihilo nihilum, con il nulla non si fa nulla. Può sembrare cinico e speculativo, vero, ma credetemi, per esperienza personale, quando vi dico che dopo tanto dare senza niente chiedere ti svuoti. Rimanendo senza energie.
Nessuno è perfetto, d'accordo, per questo secondo me bisogna imparare ad accettare alcune imperfezioni, a comprenderle e a conoscerne la natura. Già l'ammettere i propri difetti è un passo importante per agevolare chi ci sta vicino, perché spesso quelli definiti "difetti" in realtà sono delle fragilità. Le fragilità vanno rafforzate e protette, così che non si vedano e percepiscano più.
Così si imparerà davvero ad amarci e amare.
P.S. tranquilli, questi pensieri mi capitano una o due volte all'anno. Siete salvi per quest'anno.
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susieporta · 7 months ago
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Sì, sono tempi difficili,
ma soltanto se non ne comprendi il significato profondo
Allora tutto diviene più facile
E semplice
Tutto quello che accade ha una motivazione,
tutto quanto
Non sei vittima di nulla,
Semmai stai facendo esperienza di quello che ti serve per crescere
Ed è importante ricordare che ti trovi esattamente dove devi essere
Dove vivi, dove lavori, sono i luoghi che la tua Anima ha scelto per portare te stesso e le tue capacità
Ovunque vai porti la tua energia, le tue conoscenze, la tua sensibilità, la tua forza, il tuo cuore
Non è mai a caso .. dove ti trovi
Non è mai a caso .. chi incontri
Non è mai a caso .. il lavoro che svolgi
Tutto quello che ti accade ha un ruolo fondamentale per il tuo cammino
E se rimani con il cuore aperto e la mente lucida saprai cogliere ogni occasione, ed ogni esperienza diverrà magica
Te lo assicuro.
I momenti di difficoltà servono soltanto a prepararti per altre esperienze: dalle quali potrai ottenere grandissimi risultati e, a volte, regali inaspettati
Tu sei qui per cambiare le cose, non dimenticarlo mai
Sei venuto in questo mondo per una ragione ben precisa
E se a volte la vita ti porta dove non vorresti e ti porta ad allontanarti dal tuo percorso, sappi che lo sta facendo soltanto per farti capire meglio le tue potenzialità
Perché è esattamente dove non vuoi essere che puoi trovare gli stimoli più utili e più importanti per tirare fuori la tua luce
È nel buio che impari a brillare di più
E per farlo ...
Sii semplicemente te stesso
E non preoccuparti più di tanto, perché sarai aiutato sempre
Troverai Anime affini, incontrerai persone che sapranno essere supporto, e sapranno essere "casa" ovunque ti troverai
Le connessioni tra Anime si stanno attivando,
è un richiamo inarrestabile
Perché è tempo di fare squadra
È tempo di ampliare la sinergia
E quando meno te lo aspetti .. troverai al tuo fianco chi saprà comprenderti, chi saprà indicarti la strada quando ti sentirai perso, chi avrà a cuore i tuoi obiettivi, chi saprà accogliere ciò che vuoi condividere, chi saprà riconoscere la tua luce
Marika Moretto
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be-appy-71 · 4 months ago
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"Monsieur, ho un dubbio, ma davvero una bugia può proteggere qualcuno?"
"Dipende dalla bugia, Chérie. A volte la verità può ferire più del silenzio."
" Ma una bugia resta una bugia, Monsieur. Non pensa che, alla fine, il dolore di scoprirla sia peggiore? non è comunque un tradimento della fiducia?"
"Tradimento, dici? O è solo un compromesso? A volte, Chérie, la verità ha il suo prezzo. Forse mentiamo per paura che non tutto possa essere accettato così com'è."
" La verità può spaventare, lo so, Monsieur. Ma preferisco il dolore di una verità sincera alla dolcezza di un inganno."
" E se la verità facesse crollare tutto ciò che abbiamo costruito Chérie? Non sempre si è pronti a sostenerne il peso."
"Forse ha ragione. Ma alla fine, Monsieur, la verità trova sempre il modo di farsi strada. E quando accade, è devastante. Più della bugia che l'ha nascosta."
"Forse... o forse la bugia era solo un tentativo disperato di allungare il tempo prima dell'inevitabile. Chérie.".. ♠️🔥
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magicnightfall · 6 months ago
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IN MY ERAS ERA: LONG LIVE ALL THE MAGIC WE MADE
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Our song is the slamming screen door
Un pomeriggio di circa quindici anni fa ho acceso la tv a caso su MTV e sono rimasta folgorata da una chitarra sbrillucicosa che faceva bella mostra di sé nel video di Our Song. Della proprietaria della chitarra ricordo di aver pensato “Carina ‘sta ragazza”. In quel momento devono essersi ricablati tutti i fili, i cavi e gli ingranaggi del mio cervello, perché Taylor Swift, da quella volta, io non l’ho più mollata.
“You know, it's been thirteen years since I got to see you in Milan..."
Quando ho preso i biglietti per lo Speak Now World Tour, che faceva tappa al forum di Assago il 15 marzo 2011, era febbraio. Altro che gli Hunger Games un anno prima. Eravamo pochi, è vero, soltanto metà palazzetto, ma posso dire che eravamo entusiasti. In fila, prima che aprissero i cancelli, si cantava a squarciagola e persino ci si spintonava. 
To live for the hope of it all
Nonostante ciò (e nonostante Taylor stessa in un’intervista in un programma americano ci avesse definiti fantastici), il Belpaese è stato cancellato dalle mappe. Siamo spariti dai radar come una nave nel triangolo delle Bermude, e di conseguenza abbiamo passato i successivi tredici anni a sperare che tornasse in Italia, a chiedere che tornasse in Italia, un po’ pure a insultarla perché non tornava in Italia. Fast forward al 2023 quando, così de botto senza senso, siamo stati messi di fronte alla più improbabile delle evidenze: sarebbe tornata in Italia, con l’Eras Tour. 
First reaction sciok.
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“Welcome to the Eras Tour”
Il The Eras Tour è figlio, tra le altre cose, di un momento storico peculiare: la pandemia. Il Lover Fest, che avrebbe dovuto fare da supporto all’album Lover, era stato annullato, e negli anni delle restrizioni, Taylor, siccome è so productive, ha sfornato folklore, evermore, Midnights, Fearless Taylor’s Version e Red Taylor’s Version. 
Tornati finalmente alla vita normale, tutto ciò non poteva che tradursi in un tour che riflettesse a pieno, e più di ogni altro, quel bisogno di aggregazione e di condivisione che solo la musica può soddisfare. 
L’Eras Tour, infatti, non nasce per promuovere, come normalmente accade, un album specifico, ma per celebrare un viaggio lungo diciotto anni, in compagnia di chi c’era dall’inizio (it’s me, hi) e di chi si è aggiunto strada facendo. Un effetto farfalla, se vogliamo, nato da circostanze irripetibili, e che ha condotto a un tour irripetibile a sua volta. Sono convinta che non staremmo qui a fare questi esatti discorsi se quattro anni fa le cose fossero andate diversamente. 
Si tratta di una premessa necessaria da fare, perché già questa sola dovrebbe bastare a inquadrare l’Eras Tour e a spiegare le ragioni dell’esaltazione di massa che gli sono ruotate attorno da quando è iniziato, a marzo dell’anno scorso, e gli ruotano attorno tuttora. Insomma, è evidente che sia qualcosa di più di una semplice tournée come ce ne sono sempre state e sempre ce ne saranno (sebbene difficilmente di queste dimensioni colossali), e qualcosa, per noi fan (a maggior ragione per noi italiani, dimenticati per tredici anni), di davvero speciale: di condivisione, di aggregazione, di comunità, di una sorta di “riconoscersi”, e di cui i friendship bracelets, che ormai ne costituiscono il simbolo, non sono che la mera e tangibile estrinsecazione. Nella recensione di TTPD accennavo proprio a questo, a come Taylor sia capace di unire persone di età, genere, etnie, nazionalità le più diverse tra loro, e di creare una bolla in cui ognuno riesce a essere se stesso e a suo agio, e a Milano ho avuto modo di rendermene conto di persona: dalla ragazza col velo e il braccio pieno di braccialetti che ho superato all’uscita della metro a quei ragazzi latini davanti a noi sulla strada del ritorno, alla coppia di Toronto con cui mi sono scambiata i braccialetti alla fine del concerto. E, ovviamente, tutti noi italiani provenienti dall’Alpe a Sicilia.
Ora, su questo tour hanno detto e stanno dicendo di tutto: la maggior parte dei giornalisti si sofferma sull’enorme indotto economico generato; per altri è l’occasione per l’ennesimo, banalissimo, servizio di costume; altri ancora, da profani, cercano di cogliere (e pretendono di spiegare a tavolino) il Taylorismo (spesso e volentieri cannando in scioltezza addirittura i titoli delle canzoni: ho già avuto modo di incrociare “Love Song” e “The Moment You Know”: che siano delle vault track?). E poi ci sono loro, i veri eroi dei nostri tempi: i Gianfranchi e le Patrizie nei loro abiti della domenica che insistono e giurano che proprio non sanno chi cazzo sia (who’s Taylor Swift anyway? Ew). Nel dubbio, comunque gli fa cagare (e si sforzano di ribadirlo con quanta più violenza verbale possibile, tanto verso di lei quanto verso i fan), perché vedi te che degrado culturale questi giovani d’oggi, signora mia, dove andremo mai a finire.
Così sono arrivata a un’incontrovertibile verità: mi sento di dire, con buona approssimazione, che su questa materia l’unica opinione che conta è la mia. La mia, e quella degli altri centotrentamila swiftie che insieme a me hanno fatto esplodere San Siro il 13 e il 14 luglio (per non parlare di quelli fuori nel parcheggio). 
E siccome è mia abitudine fissare qui sul blog le cose che vorrei poter ricordare anche quando sarò vecchia e rinco in casa di riposo, questo è il resoconto delle varie e delle eventuali della seconda serata milanese dell’Eras Tour. 
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Silenced as the soul was leaving
Ora che scrivo queste righe è passata una settimana esatta, e in tutta onestà sembrano trascorsi contemporaneamente sia ottantaquattro anni sia tredici minuti. In realtà è quasi come se non ci fossi stata. Secondo me, ed è un fenomeno che andrebbe studiato dalla scienza, la mia anima ha lasciato il corpo appena Taylor è comparsa sul palco. Allora riguardo i video che ho fatto e sentendomi starnazzare in sottofondo mi dico che sì, non solo c’ero, ma mi sono pure divertita un casino, nonostante adesso mi paia di star facendomi gaslighting da sola.
“Piacere di conoscervi”
In ogni caso, anche se dal secondo anello verde la vedevo alta suppergiù due micron e poco più, averla lì davanti è quanto di più affine alla trascendenza che abbia vissuto in tutta la mia stinfia esistenza: l’energia che emana, la sua mostruosa presenza scenica e l’altrettanto mostruosa padronanza del palco e di ogni singolo istante di spettacolo sono cose che non si vedono tutti i giorni e che non si vedranno ancora per molto tempo, checché ne dica l’ultima strofa di Clara Bow.  Ugualmente, il modo che ha di interagire con la folla rendono quella enorme macchina che è l’Eras Tour qualcosa di intimo e, pur seguendo delle formule prestabilite, qualcosa di unico, come se fosse tagliato a misura di ogni singolo pubblico. 
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Sono convinta, and I’ll die on this hill, che chiunque fosse al concerto non da fan ne sia uscito conquistato, se non proprio convertito. 
Per non parlare, poi, del modo sciolto e disinvolto con cui gestisce i contrattempi.
“You know what — we finally broke it. We have finally broken this thing”
Perché sebbene l’Eras Tour sia un meccanismo dagli ingranaggi perfettamente oliati, non per questo è esente da quei momenti da “bello della diretta” tipici dei live. Sui social e su YouTube è pieno di compilation di video denominati Errors Tour, che comprendono malfunzionamenti vari della strumentazione, inciampi, insetti ingoiati, lyrics dimenticate, problemi coi cambi d’abito, e che a me fanno sempre spisciar dal ridere. La night 2 milanese non è stata da meno, con la tastiera elettronica surriscaldata al punto da smettere di funzionare (un po’ come il mio cervello durante tutte le tre ore, se devo dirvi la verità). E quindi è stato sia divertente sia speciale (e, appunto, in qualche misura intimo) assistere a un blooper.
“Did I choose correctly, Milan?”
Ora, giusto per rendere l’idea di quanto poco il mio cervello funzionasse in quel momento, lì per lì mi ero completamente scordata che doveva ancora arrivare il set acustico e le surprise song (a mia discolpa, è perché non vedevo l’ora di sentire Anti-Hero; sennonché, arrivata poi proprio Anti-Hero, non ne avevo riconosciuto l’intro. Avete presente quando sul cruscotto della macchina si accendono tutte le spie e non funziona niente e non avete la minima idea di cosa stia succedendo? Ecco, benvenuti nella mia testa quel 14 luglio). 
Per quei fan presenti a loro stessi e che quindi si ricordano cosa sta per succedere, le surprise song sono uno tra i momenti più attesi della serata. Noi, anche per merito della folla spettacolare del giorno prima, quella che le ha cantato Sei Bellissima (si può dire una sorta di surprise song all’inverso) e che le ha fatto decidere di ripensare l’intero set, ci siamo beccati delle signore canzoni a sorpresa: Getaway Car — una tra le mie preferite di sempre — in mashup con Out of The Woods al piano, e poi Mr. Perfectly Fine in mashup con Red alla chitarra. Peraltro, e voglio credere che sia voluto, tutte canzoni facenti parti di Ere con le quali non è venuta in tour da noi (reputation, 1989, Fearless e Red). È stato un po’ come ricevere il trattamento da figli preferiti.
The crowds in stands went wild
Anche perché siamo stati belli e rumorosi. Mi perdonerà Stanis La Rochelle, ma siamo stati… italiani, ecco. Il fragore della standing ovation prima e dopo champagne problems sarà qualcosa che porterò con me per il resto della vita. Che tra l’altro, e questo le lobby dei proprietari delle palestre non ve lo dicono, un paio di sessioni di applausi così e ti tiri fuori dei bicipiti da supereroe Marvel. Poi vabbè, è toccato smettere quando Taylor è riuscita a riprendere la parola (“Vi amo tutti”), perché si stava facendo ‘na certa.
As the crowd was chanting “More!”
Già da aprile in macchina cantavo I Can Do It With A Broken Heart come se ne andasse della mia vita, e avere l’occasione di cantarne il ritornello a pieni polmoni, con particolare insistenza su quel “More!”, insieme a uno stadio stracolmo di gente che faceva altrettanto è stata l’esperienza più bella, elettrizzante e liberatoria della mia vita. Così come il bridge di Cruel Summer, il “Fuck the patriarchy” di All Too Well (cantata quasi con la mano sul cuore come un inno nazionale), il “1, 2, 3, let’s go bitch” come intermezzo in Delicate, il “What a shame she's fucked in the head” di champagne problems, e poi il ritornello di Who's Afraid Of Little Old Me e il bridge di The Smallest Man Who Ever Lived e, da bimba di Anti-Hero, l'iconico “It’s me, hi”. Per non parlare dei cuori durante Fearless e il battito di mani in You Belong With Me, una tradizione così inveterata che ormai mi viene naturale quanto respirare (pure quando guido: due colpetti sul volante e sto).
Il sovraccarico di emozioni mi avrà pure lasciato coi ricordi annebbiati — mi consola vedere come sia un’esperienza comune a parecchie altre persone — ma ‘sta roba ce l’avrò impressa a fuoco nel cervello in saecula saeculorum. Magari per far spazio a questi ricordi, stante la ram limitata della mia testa, come Peter Griffin dimenticherò come ci si siede, ma ne varrà la pena.
“And I don't even want you back, I just want to know — Aiudade lei per favore — If rusting my sparkling summer was the goal — Aiudar… — And I don't miss what we had, but could someone give — Please, some help over there, please — a message to the smallest man who ever lived?”
Un altro momento degno di nota della night 2 — in uno spettacolo che in fin dei conti è tutto degno di nota — è stato quando, durante The Smallest Man Who Ever Lived, qualcuno nel parterre si è sentito male e Taylor ha attirato l’attenzione della sicurezza chiedendo di intervenire. Non è la prima volta che accade durante l’intero tour, e ogni volta mi colpiscono l’attenzione e la responsabilità che dimostra verso i fan (a Rio de Janeiro il caldo e la gestione criminale degli organizzatori brasiliani hanno portato alla morte di una ragazza, e credo che la cosa un pochino l’abbia segnata), così come il fatto che riesca a portare avanti l’esibizione senza perdere un colpo. Io, che riesco si è no a respirare e contemporaneamente a formulare un pensiero senza perdere un colpo, non posso che guardarla ammirata anche sotto questo aspetto.
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I counted days, I counted miles, to see you there
Mi sono preparata per questo Eras Tour con una cura per il particolare che non ho mai messo e che non intendo mettere in nient’altro nella vita (prossimi concerti di TS esclusi): dal b&b prenotato il giorno stesso dell’acquisto dei biglietti alle Vans con ricamato sul tallone sinistro Anti e sul destro Hero; dalla t-shirt ufficiale che mi sono regalata a Natale alle caramelle per contrastare gli eventuali cali di zuccheri (comprati: quattr’etti — stavano in offerta – mangiate: nessuna); dai palloncini per chiudere la bottiglia in caso di sequestro del tappo al ventaglio (finalmente i matrimoni a cui sono andata sono serviti a qualcosa), e fino alla quantità strabocchevole di friendship bracelets preparati nel corso di sei mesi. Sebbene, ovviamente, l’attesa del concerto non fosse essa stessa il concerto, e un anno è davvero un fracco di tempo da far trascorrere, l’aver avuto qualcosa da progettare e da pianificare ha reso l’intera esperienza ancora più intensa.
Slipped away into a moment in time
Se non fosse, però, che quelle tre ore e un quarto di spettacolo — che pure sono tante — sono volate via in un niente. Un niente, raga, n i e n t e.  Quando, prima di Karma, Taylor ha detto “We had the most amazing time with you, Milan, you have given us so much. Would you possibily give us… one more song? Andiamo!” ho pensato no, fermi tutti, one more song cosa che saran venti minuti appena che è iniziato il concerto, suvvia non facciamo scherzi. A me di ore ne sarebbero servite almeno diciotto, tipo maratona Mentana Swift edition. E che dire delle quarantasei canzoni in scaletta? Sebbene siano oggettivamente un bel po’, per una che è in astinenza da tredici anni quelle quarantasei canzoni sono la quantità minima che userebbe una nonna per farti capire se il concerto è cotto.
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So make the friendship bracelets, take the moment and taste it
Da questo concerto sono tornata con la testa vuota e il cuore pieno. A parte aver visto Taylor, a cui io comunque voglio proprio bene (lo so che è la mia relazione parasociale con lei che parla, ma questo è) ed è sempre un onore e un privilegio poter passare una serata in sua compagnia, le interazioni che ho avuto con tutti gli altri fan sono alcuni dei ricordi più belli che conservo di quei due giorni a Milano. Menzione d’onore all’interazione più improbabile di tutte, con quel “Ma tu sei quella che ha scritto l’articolo su Tumblr?” sparato così de botto senza senso all’ingresso del stadio (ciao Mariano, scusa se in quel momento devo esserti sembrata completamente inabile alla vita ma proprio non me l’aspettavo). Ben più probabile, ma altrettanto appagante, la reunion del gruppo whatsapp composto di amiche vecchie e nuove, provenienti da regioni, province, città diverse e che conosco ognuna per ragioni differenti ma accomunate tutte dall’entusiasmo per Nostra Signora dei Sold Out: è stato anche grazie a loro, con gli scleri e i meme girati nell’etere, che l’anno di attesa in fin dei conti è volato.
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E poi i braccialetti, il cui scambio sembrava un po’ un’edizione di Giochi senza frontiere, visto che li ho regalati a persone provenienti da ogni angolo del globo, a partire dalla ragazza che in zona Duomo mi ha bussato su una spalla e mi ha offerto il suo (“Would've, Could've, Should've”), per passare a quelli scambiati in metro, nel parcheggio dello stadio (dove ho beccato, tra gli altri, un glorioso “Minnesota Soccer Mom” — io ne avevo preparato uno con “This Dang Deer”), sulle gradinate, e poi il giorno dopo in stazione e sul treno del ritorno. 
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You like like Clara Bow
È buffo come, usciti dalla bolla della perfezione dell’Eras Tour, ci siamo dovuti confrontare subito con questo paese di musichette: l’unica metro aperta dopo il concerto guasta, la pula locale che sì, boh, forse, quelli dell’ATM che andate a Cadorna e poi da lì siete nelle mani di Dio (che, ochéi, ho capito l’onnipotenza e tutto, ma pretendere che riesca addirittura a cambiare le sorti del trasporto pubblico italiano mi pare francamente eccessivo. E comunque era scesa dal palco mezz’ora prima, credo avesse altro da fare). 
Io e la mia compare ci siamo quindi ficcate su un tram a caso — e qui c’è da sottolineare per forza il senso di tranquillità che si prova a stare in mezzo agli swiftie all’una di notte inoltrata nella periferia milanese, roba che neanche a casa mia mi sento così scialla — su cui è salita un’anziana signora tanto elegante e distinta quanto scafata. Dopo qualche convenevole e averle detto perché il tram fosse pieno di gente decorata coi glitter (“Ah, il concerto di quella ragazza che canta…” vi prego, proteggete questa signora a tutti i costi) non solo ci ha spiegato le linee, le coincidenze e il senso della vita ma, scesa alla nostra stessa fermata, ha anche aspettato che salissimo sul tram che ci aveva consigliato di prendere e intanto, all’angolo della strada, faceva da palo per vedere se arrivasse prima l’autobus. La sua gentilezza e disponibilità mi hanno commossa al punto che le ho detto di pescare un braccialetto dal sacchetto. “Ma così se ne priva lei…” mi ha risposto. Quando le ho raccontato della tradizione sottesa al concerto, e che per me sarebbe stato solo un piacere potergliene regalare uno, ha tirato fuori quello con scritto “Clara Bow” (attratta dal fatto che fosse nero e oro, che a detta sua conferiva un tocco di eleganza). Ed è stranamente e cosmicamente appropriato: non essendoci presentate e non sapendo come si chiamasse, ad uso e consumo dei miei ricordi lei la chiamerò proprio Clara Bow. (L’aneddoto sarebbe stato un po’ meno poetico se avesse preso il braccialetto con scritto “No its Becky”)
Leaving me bereft and reeling
Lavorando in ragioneria credevo di essere ferratissima sugli argomenti “notte oscura dell’anima” e “morte spirituale”, ma questo era prima di sperimentare il lutto post concerto. Che tragedia incommensurabile essere stati for a moment heavenstruck e poi dover tornare alla vita stinfia di tutti i giorni. Oh, è anche vero che col corpo sarò pur in ufficio, ma con la testa sto ancora al ristorante.
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Bring you peace
Non saprei dire se sono io strana, o se invece sia successo anche a qualcun altro, ma quel che mi ha lasciato questo concerto è stata una sensazione di assoluta serenità e pace interiore. Una roba così zen che Buddha stesso ha detto “Ma famme prende appunti, toh”. Il fatto è che quando in giro leggevo di gente che ha dato fondo a tutte le lacrime, al netto delle iperboli tanto care alle narrazioni internettiane, oppure che è rimasta preda di euforia incontenibile, di quel tipo che pensi che potresti andare a scalare l’Everest senza ossigeno, necessariamente mi veniva da pensare: “Ma è così che dovrebbe essere? Mi sarebbe dovuto venir da piangere — almeno una lacrimuccia — durante marjorie, considerando che quattro anni fa durante il primissimo ascolto mi ci son quasi disidratata? Oppure mi sarei dovuta sentire carica a pallettoni?”. In realtà, più prendevo coscienza, anche nei giorni immediatamente successivi, di quell’inusitata assenza di perturbazioni mentali, più mi rendevo conto che in altre circostanze in quello stesso momento sarei stata attanagliata dalla tachicardia che appare dal nulla, dall’agitazione, dal mio solito cortocircuito di pensieri che spiralizzano fino ad arrivare, puntuali, alle conclusioni più negative nella storia delle conclusioni negative. Perché, davvero, io non mi ricordo mica quando è stata l’ultima volta che ho provato un tale senso di così pura quiete, col cuore che batte a velocità congrue, i pensieri che per una volta non fanno a gara a immaginare gli scenari più catastrofici possibili e nessuna vocina che ti dice che in fin dei conti stai buttando via l’esistenza. In generale non dovrebbe stupirmi, perché la musica di TS ha sempre avuto su di me un effetto rasserenante, eppure mi sono stupita lo stesso, perché a un livello tale di pace non ci ero mai arrivata.
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I hate it here so I will go to secret gardens in my mind
Ora, mi rendo conto che sessioni settimanali di concerti live di Taylor Swift non siano una terapia sostenibile, però già il fatto di poterci tornare con la mente aiuta. Anche il sentirmi starnazzare senza pietà e cannare tutte le note di Anti-Hero, paradossalmente, aiuta. Un po’ imbarazza, ochèi, ma per lo più aiuta. 
Hold on to the memories, they will hold on to you
E allora, cara me del futuro vecchia e rinco in casa di riposo, quando rileggerai questo post (o magari qualche gentile infermiere lo leggerà per te) spero ti sovverrà alla mente che for a moment I knew cosmic love e che, anche se solo per una manciata di ore, il mondo è stato davvero bello.
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fee-ling · 8 months ago
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Sono stanco del "tutto accade per una ragione" ma non scopro mai il perché.
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allaazz2024 · 7 months ago
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So che tutto accade per una ragione. Ma a volte vorrei sapere quale fosse quel motivo.
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soltantounaragazza · 4 months ago
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CAPITOLO FINALE
Volevo solo dirti grazie, perché grazie a te ho imparato una grande lezione.
Grazie a te ho imparato che devo amarmi, di non accontentarmi del minimo solo perché è l'unica opzione disponibile al momento.
Ho imparato ad aspettare e a cogliere gli aspetti più belli di una relazione e di non criticare quelli brutti.
Perché è grazie a questo che si cresce.
Tutto accade per una ragione e tu sei stata la mia più grande vittoria perché trovandoti mi sono riscoperta e perdendoti mi sono ritrovata.
Grazie
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untuffonelpassato · 10 months ago
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C'è una ragione per tutto ciò che accade.
E non ha importanza che tu la conosca: importa solo che tu sappia che è lì per te.
Perché se è vero che tutto può finire, è vero anche che tutto può rinascere.
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lunamagicablu · 1 year ago
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“A questo mondo nulla accade per caso. Un bel giorno tutto avrà un senso. Quindi, per il momento, non farti deprimere dalla confusione, sorridi attraverso le lacrime e cerca di comprendere che tutto ciò che succede ha una ragione.“
– Paulo Coelho ************************* “In this world nothing happens by chance. One day everything will make sense. So for now, don't let the confusion get you down, smile through the tears, and try to understand that everything that happens has a reason.”
– Paulo Coelho 
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bicheco · 1 year ago
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Dalla mela alla pesca
La guerra per la Striscia di Gaza ci aveva un po’ distratti da quella, ben più decisiva per le sorti dell’umanità, per Striscia la Notizia. Ora che è chiusa con un blitzkrieg (il post della Meloni che molla Giambruno), possiamo trarne alcune provvisorie conclusioni. Non sugli aspetti privati della Guerra dei Melones. Ma su quelli pubblici, politici.
1. Chi di famiglia tradizionale ferisce di famiglia tradizionale perisce. Nessuno può dare lezioni di vita privata a nessuno. Ma qui crolla l’arrogante e ipocrita propaganda delle tre destre sulla famiglia tradizionale, dai Family Day alle intrusioni anche normative nei rapporti affettivi, dalla difesa di Vannacci e della sua “normalità” all’uso politico-elettorale dello spot della pesca. E viene smascherato il servilismo della stampa di destra (e non solo) che da 30 anni prende sul serio questi maestri di famiglia tradizionale capitanati prima dal puttaniere B. (che, va detto, faceva tutto in onda, non fuori), poi dal plurimaritato e plurifidanzato Salvini, infine dai Melones. Chissà che ora i sepolcri imbiancati non si decidano a vivere come pare a loro e a lasciarci vivere come pare a noi.
2. Chi di conflitto d’interessi ferisce di conflitto d’interessi perisce. Il post scriptum della Meloni contro “tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa”, fa il paio col “non sono ricattabile” a B. durante le trattative sulla Giustizia, ed è indirizzato anche a Mediaset. Che è stata fondamentale per la crescita vertiginosa del brand Meloni e che, morto B., continua a detenere la cassa e dunque le chiavi di Forza Italia. Noi sappiamo che ciò che fa Antonio Ricci lo decide solo lui: Striscia è l’unica repubblica separata nel Regno del Biscione (a parte il fatto di non attaccare la proprietà). Ma, finché non verrà risolto quel conflitto d’interessi e spezzato quel mostruoso trust finanziario-editoriale, tutto ciò che accade fra Mediaset e il governo sarà letto in chiave politica. Così come la resistibile ascesa di Giambruno in parallelo a quella della fidanzata e la sua repentina discesa agli inferi in sincronia con la separazione da lei. Ora forse la premier capirà l’errore di aver giustificato il conflitto d’interessi del suo ex (e pure il proprio), difeso i suoi deliri e attaccato i pochi giornali critici tirando in ballo la libertà di stampa,che è l’opposto.
3. Chi di Veronica ferisce di Veronica perisce. Quando la Lario piantò B. perché andava a minorenni, la destra politico-mediatica si schierò con lui e lapidò lei come “velina ingrata”. Ora che Giorgia pianta Andrea, sono tutti con lei. E non perché ha ragione lei (come l’aveva Veronica), ma perché comanda lei. La destra italiana è passata dal Banana ai Meloni, ma resta sempre una barzelletta: prima quella vecchia della mela, ora quella nuova della pesca.
Marco Travaglio
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