#Eras Tour Milan
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The Eras Tour in Milan, Italy (July 13 & 14, 2024)
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Taylor Swift takes over Milan, Italy for her 2 shows of The Eras Tour in the city TOMORROW!
"A city I've been looking forward to playing for so long!" - Taylor
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THE ERAS TOUR
MILAN, ITALY N1🇮🇹
#taylorswift#taylor swift#taylornation#the eras tour#eras taylor swift#taylor swift eras#eras tour taylor swift#eras tour#lover#fearless taylor’s version#red taylor’s version#speak now taylor’s version#reputation#folklore#evermore#everlore#1989 taylor's version#the tortured poets department#midnights#eras tour milan#eras tour italy
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Eras tour Milan let’s go!!! Taylor said she has been excited to play here👀
#taylor swift#i love you taylor#swifties#taylornation#taylorstans#the eras tour#eras tour#eras tour milan
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I'm copying my partner in crime @orlissa and posting my friendship bracelets for Eras Tour Milan. I can't wait!!! This is for my 40 new besties 🥰
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A NEW FEARLESS DRESS?????? WHAT DOES IT ALL MEAN
#taylor swift#the eras tour#the eras tour milan#eras tour milan#eras tour Milan n1#fearless#fearless taylor’s version#fearless era
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IN MY ERAS ERA: LONG LIVE ALL THE MAGIC WE MADE
Our song is the slamming screen door
Un pomeriggio di circa quindici anni fa ho acceso la tv a caso su MTV e sono rimasta folgorata da una chitarra sbrillucicosa che faceva bella mostra di sé nel video di Our Song. Della proprietaria della chitarra ricordo di aver pensato “Carina ‘sta ragazza”. In quel momento devono essersi ricablati tutti i fili, i cavi e gli ingranaggi del mio cervello, perché Taylor Swift, da quella volta, io non l’ho più mollata.
“You know, it's been thirteen years since I got to see you in Milan..."
Quando ho preso i biglietti per lo Speak Now World Tour, che faceva tappa al forum di Assago il 15 marzo 2011, era febbraio. Altro che gli Hunger Games un anno prima. Eravamo pochi, è vero, soltanto metà palazzetto, ma posso dire che eravamo entusiasti. In fila, prima che aprissero i cancelli, si cantava a squarciagola e persino ci si spintonava.
To live for the hope of it all
Nonostante ciò (e nonostante Taylor stessa in un’intervista in un programma americano ci avesse definiti fantastici), il Belpaese è stato cancellato dalle mappe. Siamo spariti dai radar come una nave nel triangolo delle Bermude, e di conseguenza abbiamo passato i successivi tredici anni a sperare che tornasse in Italia, a chiedere che tornasse in Italia, un po’ pure a insultarla perché non tornava in Italia. Fast forward al 2023 quando, così de botto senza senso, siamo stati messi di fronte alla più improbabile delle evidenze: sarebbe tornata in Italia, con l’Eras Tour.
First reaction sciok.
“Welcome to the Eras Tour”
Il The Eras Tour è figlio, tra le altre cose, di un momento storico peculiare: la pandemia. Il Lover Fest, che avrebbe dovuto fare da supporto all’album Lover, era stato annullato, e negli anni delle restrizioni, Taylor, siccome è so productive, ha sfornato folklore, evermore, Midnights, Fearless Taylor’s Version e Red Taylor’s Version.
Tornati finalmente alla vita normale, tutto ciò non poteva che tradursi in un tour che riflettesse a pieno, e più di ogni altro, quel bisogno di aggregazione e di condivisione che solo la musica può soddisfare.
L’Eras Tour, infatti, non nasce per promuovere, come normalmente accade, un album specifico, ma per celebrare un viaggio lungo diciotto anni, in compagnia di chi c’era dall’inizio (it’s me, hi) e di chi si è aggiunto strada facendo. Un effetto farfalla, se vogliamo, nato da circostanze irripetibili, e che ha condotto a un tour irripetibile a sua volta. Sono convinta che non staremmo qui a fare questi esatti discorsi se quattro anni fa le cose fossero andate diversamente.
Si tratta di una premessa necessaria da fare, perché già questa sola dovrebbe bastare a inquadrare l’Eras Tour e a spiegare le ragioni dell’esaltazione di massa che gli sono ruotate attorno da quando è iniziato, a marzo dell’anno scorso, e gli ruotano attorno tuttora. Insomma, è evidente che sia qualcosa di più di una semplice tournée come ce ne sono sempre state e sempre ce ne saranno (sebbene difficilmente di queste dimensioni colossali), e qualcosa, per noi fan (a maggior ragione per noi italiani, dimenticati per tredici anni), di davvero speciale: di condivisione, di aggregazione, di comunità, di una sorta di “riconoscersi”, e di cui i friendship bracelets, che ormai ne costituiscono il simbolo, non sono che la mera e tangibile estrinsecazione. Nella recensione di TTPD accennavo proprio a questo, a come Taylor sia capace di unire persone di età, genere, etnie, nazionalità le più diverse tra loro, e di creare una bolla in cui ognuno riesce a essere se stesso e a suo agio, e a Milano ho avuto modo di rendermene conto di persona: dalla ragazza col velo e il braccio pieno di braccialetti che ho superato all’uscita della metro a quei ragazzi latini davanti a noi sulla strada del ritorno, alla coppia di Toronto con cui mi sono scambiata i braccialetti alla fine del concerto. E, ovviamente, tutti noi italiani provenienti dall’Alpe a Sicilia.
Ora, su questo tour hanno detto e stanno dicendo di tutto: la maggior parte dei giornalisti si sofferma sull’enorme indotto economico generato; per altri è l’occasione per l’ennesimo, banalissimo, servizio di costume; altri ancora, da profani, cercano di cogliere (e pretendono di spiegare a tavolino) il Taylorismo (spesso e volentieri cannando in scioltezza addirittura i titoli delle canzoni: ho già avuto modo di incrociare “Love Song” e “The Moment You Know”: che siano delle vault track?). E poi ci sono loro, i veri eroi dei nostri tempi: i Gianfranchi e le Patrizie nei loro abiti della domenica che insistono e giurano che proprio non sanno chi cazzo sia (who’s Taylor Swift anyway? Ew). Nel dubbio, comunque gli fa cagare (e si sforzano di ribadirlo con quanta più violenza verbale possibile, tanto verso di lei quanto verso i fan), perché vedi te che degrado culturale questi giovani d’oggi, signora mia, dove andremo mai a finire.
Così sono arrivata a un’incontrovertibile verità: mi sento di dire, con buona approssimazione, che su questa materia l’unica opinione che conta è la mia. La mia, e quella degli altri centotrentamila swiftie che insieme a me hanno fatto esplodere San Siro il 13 e il 14 luglio (per non parlare di quelli fuori nel parcheggio).
E siccome è mia abitudine fissare qui sul blog le cose che vorrei poter ricordare anche quando sarò vecchia e rinco in casa di riposo, questo è il resoconto delle varie e delle eventuali della seconda serata milanese dell’Eras Tour.
Silenced as the soul was leaving
Ora che scrivo queste righe è passata una settimana esatta, e in tutta onestà sembrano trascorsi contemporaneamente sia ottantaquattro anni sia tredici minuti. In realtà è quasi come se non ci fossi stata. Secondo me, ed è un fenomeno che andrebbe studiato dalla scienza, la mia anima ha lasciato il corpo appena Taylor è comparsa sul palco. Allora riguardo i video che ho fatto e sentendomi starnazzare in sottofondo mi dico che sì, non solo c’ero, ma mi sono pure divertita un casino, nonostante adesso mi paia di star facendomi gaslighting da sola.
“Piacere di conoscervi”
In ogni caso, anche se dal secondo anello verde la vedevo alta suppergiù due micron e poco più, averla lì davanti è quanto di più affine alla trascendenza che abbia vissuto in tutta la mia stinfia esistenza: l’energia che emana, la sua mostruosa presenza scenica e l’altrettanto mostruosa padronanza del palco e di ogni singolo istante di spettacolo sono cose che non si vedono tutti i giorni e che non si vedranno ancora per molto tempo, checché ne dica l’ultima strofa di Clara Bow. Ugualmente, il modo che ha di interagire con la folla rendono quella enorme macchina che è l’Eras Tour qualcosa di intimo e, pur seguendo delle formule prestabilite, qualcosa di unico, come se fosse tagliato a misura di ogni singolo pubblico.
Sono convinta, and I’ll die on this hill, che chiunque fosse al concerto non da fan ne sia uscito conquistato, se non proprio convertito.
Per non parlare, poi, del modo sciolto e disinvolto con cui gestisce i contrattempi.
“You know what — we finally broke it. We have finally broken this thing”
Perché sebbene l’Eras Tour sia un meccanismo dagli ingranaggi perfettamente oliati, non per questo è esente da quei momenti da “bello della diretta” tipici dei live. Sui social e su YouTube è pieno di compilation di video denominati Errors Tour, che comprendono malfunzionamenti vari della strumentazione, inciampi, insetti ingoiati, lyrics dimenticate, problemi coi cambi d’abito, e che a me fanno sempre spisciar dal ridere. La night 2 milanese non è stata da meno, con la tastiera elettronica surriscaldata al punto da smettere di funzionare (un po’ come il mio cervello durante tutte le tre ore, se devo dirvi la verità). E quindi è stato sia divertente sia speciale (e, appunto, in qualche misura intimo) assistere a un blooper.
“Did I choose correctly, Milan?”
Ora, giusto per rendere l’idea di quanto poco il mio cervello funzionasse in quel momento, lì per lì mi ero completamente scordata che doveva ancora arrivare il set acustico e le surprise song (a mia discolpa, è perché non vedevo l’ora di sentire Anti-Hero; sennonché, arrivata poi proprio Anti-Hero, non ne avevo riconosciuto l’intro. Avete presente quando sul cruscotto della macchina si accendono tutte le spie e non funziona niente e non avete la minima idea di cosa stia succedendo? Ecco, benvenuti nella mia testa quel 14 luglio).
Per quei fan presenti a loro stessi e che quindi si ricordano cosa sta per succedere, le surprise song sono uno tra i momenti più attesi della serata. Noi, anche per merito della folla spettacolare del giorno prima, quella che le ha cantato Sei Bellissima (si può dire una sorta di surprise song all’inverso) e che le ha fatto decidere di ripensare l’intero set, ci siamo beccati delle signore canzoni a sorpresa: Getaway Car — una tra le mie preferite di sempre — in mashup con Out of The Woods al piano, e poi Mr. Perfectly Fine in mashup con Red alla chitarra. Peraltro, e voglio credere che sia voluto, tutte canzoni facenti parti di Ere con le quali non è venuta in tour da noi (reputation, 1989, Fearless e Red). È stato un po’ come ricevere il trattamento da figli preferiti.
The crowds in stands went wild
Anche perché siamo stati belli e rumorosi. Mi perdonerà Stanis La Rochelle, ma siamo stati… italiani, ecco. Il fragore della standing ovation prima e dopo champagne problems sarà qualcosa che porterò con me per il resto della vita. Che tra l’altro, e questo le lobby dei proprietari delle palestre non ve lo dicono, un paio di sessioni di applausi così e ti tiri fuori dei bicipiti da supereroe Marvel. Poi vabbè, è toccato smettere quando Taylor è riuscita a riprendere la parola (“Vi amo tutti”), perché si stava facendo ‘na certa.
As the crowd was chanting “More!”
Già da aprile in macchina cantavo I Can Do It With A Broken Heart come se ne andasse della mia vita, e avere l’occasione di cantarne il ritornello a pieni polmoni, con particolare insistenza su quel “More!”, insieme a uno stadio stracolmo di gente che faceva altrettanto è stata l’esperienza più bella, elettrizzante e liberatoria della mia vita. Così come il bridge di Cruel Summer, il “Fuck the patriarchy” di All Too Well (cantata quasi con la mano sul cuore come un inno nazionale), il “1, 2, 3, let’s go bitch” come intermezzo in Delicate, il “What a shame she's fucked in the head” di champagne problems, e poi il ritornello di Who's Afraid Of Little Old Me e il bridge di The Smallest Man Who Ever Lived e, da bimba di Anti-Hero, l'iconico “It’s me, hi”. Per non parlare dei cuori durante Fearless e il battito di mani in You Belong With Me, una tradizione così inveterata che ormai mi viene naturale quanto respirare (pure quando guido: due colpetti sul volante e sto).
Il sovraccarico di emozioni mi avrà pure lasciato coi ricordi annebbiati — mi consola vedere come sia un’esperienza comune a parecchie altre persone — ma ‘sta roba ce l’avrò impressa a fuoco nel cervello in saecula saeculorum. Magari per far spazio a questi ricordi, stante la ram limitata della mia testa, come Peter Griffin dimenticherò come ci si siede, ma ne varrà la pena.
“And I don't even want you back, I just want to know — Aiudade lei per favore — If rusting my sparkling summer was the goal — Aiudar… — And I don't miss what we had, but could someone give — Please, some help over there, please — a message to the smallest man who ever lived?”
Un altro momento degno di nota della night 2 — in uno spettacolo che in fin dei conti è tutto degno di nota — è stato quando, durante The Smallest Man Who Ever Lived, qualcuno nel parterre si è sentito male e Taylor ha attirato l’attenzione della sicurezza chiedendo di intervenire. Non è la prima volta che accade durante l’intero tour, e ogni volta mi colpiscono l’attenzione e la responsabilità che dimostra verso i fan (a Rio de Janeiro il caldo e la gestione criminale degli organizzatori brasiliani hanno portato alla morte di una ragazza, e credo che la cosa un pochino l’abbia segnata), così come il fatto che riesca a portare avanti l’esibizione senza perdere un colpo. Io, che riesco si è no a respirare e contemporaneamente a formulare un pensiero senza perdere un colpo, non posso che guardarla ammirata anche sotto questo aspetto.
I counted days, I counted miles, to see you there
Mi sono preparata per questo Eras Tour con una cura per il particolare che non ho mai messo e che non intendo mettere in nient’altro nella vita (prossimi concerti di TS esclusi): dal b&b prenotato il giorno stesso dell’acquisto dei biglietti alle Vans con ricamato sul tallone sinistro Anti e sul destro Hero; dalla t-shirt ufficiale che mi sono regalata a Natale alle caramelle per contrastare gli eventuali cali di zuccheri (comprati: quattr’etti — stavano in offerta – mangiate: nessuna); dai palloncini per chiudere la bottiglia in caso di sequestro del tappo al ventaglio (finalmente i matrimoni a cui sono andata sono serviti a qualcosa), e fino alla quantità strabocchevole di friendship bracelets preparati nel corso di sei mesi. Sebbene, ovviamente, l’attesa del concerto non fosse essa stessa il concerto, e un anno è davvero un fracco di tempo da far trascorrere, l’aver avuto qualcosa da progettare e da pianificare ha reso l’intera esperienza ancora più intensa.
Slipped away into a moment in time
Se non fosse, però, che quelle tre ore e un quarto di spettacolo — che pure sono tante — sono volate via in un niente. Un niente, raga, n i e n t e. Quando, prima di Karma, Taylor ha detto “We had the most amazing time with you, Milan, you have given us so much. Would you possibily give us… one more song? Andiamo!” ho pensato no, fermi tutti, one more song cosa che saran venti minuti appena che è iniziato il concerto, suvvia non facciamo scherzi. A me di ore ne sarebbero servite almeno diciotto, tipo maratona Mentana Swift edition. E che dire delle quarantasei canzoni in scaletta? Sebbene siano oggettivamente un bel po’, per una che è in astinenza da tredici anni quelle quarantasei canzoni sono la quantità minima che userebbe una nonna per farti capire se il concerto è cotto.
So make the friendship bracelets, take the moment and taste it
Da questo concerto sono tornata con la testa vuota e il cuore pieno. A parte aver visto Taylor, a cui io comunque voglio proprio bene (lo so che è la mia relazione parasociale con lei che parla, ma questo è) ed è sempre un onore e un privilegio poter passare una serata in sua compagnia, le interazioni che ho avuto con tutti gli altri fan sono alcuni dei ricordi più belli che conservo di quei due giorni a Milano. Menzione d’onore all’interazione più improbabile di tutte, con quel “Ma tu sei quella che ha scritto l’articolo su Tumblr?” sparato così de botto senza senso all’ingresso del stadio (ciao Mariano, scusa se in quel momento devo esserti sembrata completamente inabile alla vita ma proprio non me l’aspettavo). Ben più probabile, ma altrettanto appagante, la reunion del gruppo whatsapp composto di amiche vecchie e nuove, provenienti da regioni, province, città diverse e che conosco ognuna per ragioni differenti ma accomunate tutte dall’entusiasmo per Nostra Signora dei Sold Out: è stato anche grazie a loro, con gli scleri e i meme girati nell’etere, che l’anno di attesa in fin dei conti è volato.
E poi i braccialetti, il cui scambio sembrava un po’ un’edizione di Giochi senza frontiere, visto che li ho regalati a persone provenienti da ogni angolo del globo, a partire dalla ragazza che in zona Duomo mi ha bussato su una spalla e mi ha offerto il suo (“Would've, Could've, Should've”), per passare a quelli scambiati in metro, nel parcheggio dello stadio (dove ho beccato, tra gli altri, un glorioso “Minnesota Soccer Mom” — io ne avevo preparato uno con “This Dang Deer”), sulle gradinate, e poi il giorno dopo in stazione e sul treno del ritorno.
You like like Clara Bow
È buffo come, usciti dalla bolla della perfezione dell’Eras Tour, ci siamo dovuti confrontare subito con questo paese di musichette: l’unica metro aperta dopo il concerto guasta, la pula locale che sì, boh, forse, quelli dell’ATM che andate a Cadorna e poi da lì siete nelle mani di Dio (che, ochéi, ho capito l’onnipotenza e tutto, ma pretendere che riesca addirittura a cambiare le sorti del trasporto pubblico italiano mi pare francamente eccessivo. E comunque era scesa dal palco mezz’ora prima, credo avesse altro da fare).
Io e la mia compare ci siamo quindi ficcate su un tram a caso — e qui c’è da sottolineare per forza il senso di tranquillità che si prova a stare in mezzo agli swiftie all’una di notte inoltrata nella periferia milanese, roba che neanche a casa mia mi sento così scialla — su cui è salita un’anziana signora tanto elegante e distinta quanto scafata. Dopo qualche convenevole e averle detto perché il tram fosse pieno di gente decorata coi glitter (“Ah, il concerto di quella ragazza che canta…” vi prego, proteggete questa signora a tutti i costi) non solo ci ha spiegato le linee, le coincidenze e il senso della vita ma, scesa alla nostra stessa fermata, ha anche aspettato che salissimo sul tram che ci aveva consigliato di prendere e intanto, all’angolo della strada, faceva da palo per vedere se arrivasse prima l’autobus. La sua gentilezza e disponibilità mi hanno commossa al punto che le ho detto di pescare un braccialetto dal sacchetto. “Ma così se ne priva lei…” mi ha risposto. Quando le ho raccontato della tradizione sottesa al concerto, e che per me sarebbe stato solo un piacere potergliene regalare uno, ha tirato fuori quello con scritto “Clara Bow” (attratta dal fatto che fosse nero e oro, che a detta sua conferiva un tocco di eleganza). Ed è stranamente e cosmicamente appropriato: non essendoci presentate e non sapendo come si chiamasse, ad uso e consumo dei miei ricordi lei la chiamerò proprio Clara Bow. (L’aneddoto sarebbe stato un po’ meno poetico se avesse preso il braccialetto con scritto “No its Becky”)
Leaving me bereft and reeling
Lavorando in ragioneria credevo di essere ferratissima sugli argomenti “notte oscura dell’anima” e “morte spirituale”, ma questo era prima di sperimentare il lutto post concerto. Che tragedia incommensurabile essere stati for a moment heavenstruck e poi dover tornare alla vita stinfia di tutti i giorni. Oh, è anche vero che col corpo sarò pur in ufficio, ma con la testa sto ancora al ristorante.
Bring you peace
Non saprei dire se sono io strana, o se invece sia successo anche a qualcun altro, ma quel che mi ha lasciato questo concerto è stata una sensazione di assoluta serenità e pace interiore. Una roba così zen che Buddha stesso ha detto “Ma famme prende appunti, toh”. Il fatto è che quando in giro leggevo di gente che ha dato fondo a tutte le lacrime, al netto delle iperboli tanto care alle narrazioni internettiane, oppure che è rimasta preda di euforia incontenibile, di quel tipo che pensi che potresti andare a scalare l’Everest senza ossigeno, necessariamente mi veniva da pensare: “Ma è così che dovrebbe essere? Mi sarebbe dovuto venir da piangere — almeno una lacrimuccia — durante marjorie, considerando che quattro anni fa durante il primissimo ascolto mi ci son quasi disidratata? Oppure mi sarei dovuta sentire carica a pallettoni?”. In realtà, più prendevo coscienza, anche nei giorni immediatamente successivi, di quell’inusitata assenza di perturbazioni mentali, più mi rendevo conto che in altre circostanze in quello stesso momento sarei stata attanagliata dalla tachicardia che appare dal nulla, dall’agitazione, dal mio solito cortocircuito di pensieri che spiralizzano fino ad arrivare, puntuali, alle conclusioni più negative nella storia delle conclusioni negative. Perché, davvero, io non mi ricordo mica quando è stata l’ultima volta che ho provato un tale senso di così pura quiete, col cuore che batte a velocità congrue, i pensieri che per una volta non fanno a gara a immaginare gli scenari più catastrofici possibili e nessuna vocina che ti dice che in fin dei conti stai buttando via l’esistenza. In generale non dovrebbe stupirmi, perché la musica di TS ha sempre avuto su di me un effetto rasserenante, eppure mi sono stupita lo stesso, perché a un livello tale di pace non ci ero mai arrivata.
I hate it here so I will go to secret gardens in my mind
Ora, mi rendo conto che sessioni settimanali di concerti live di Taylor Swift non siano una terapia sostenibile, però già il fatto di poterci tornare con la mente aiuta. Anche il sentirmi starnazzare senza pietà e cannare tutte le note di Anti-Hero, paradossalmente, aiuta. Un po’ imbarazza, ochèi, ma per lo più aiuta.
Hold on to the memories, they will hold on to you
E allora, cara me del futuro vecchia e rinco in casa di riposo, quando rileggerai questo post (o magari qualche gentile infermiere lo leggerà per te) spero ti sovverrà alla mente che for a moment I knew cosmic love e che, anche se solo per una manciata di ore, il mondo è stato davvero bello.
#Taylor Swift#The Eras Tour#Taylor Swift The Eras Tour#Eras Tour Milan#Eras Tour Milano#TSTheErasTourMilan
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CHARLES LECLERC AT THE ERAS TOUR, MILAN
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Everybody moved on but I'm still stuck at Kam Saunders saying "Col cazzo!" at my show when no one thought he'd actually cuss 😔🤚
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LATELY SHE'S BEEN DRESSING FOR REVENGE
#taylor swift#taylurking#my edit#tswiftedit#candy swift#ts edit#tsedit#the eras tour#tstheerastour#eras tour milan#vigilante shit#midnights#midnights era
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Tonight is the first of two nights of the Eras Tour at San Siro Stadium in Milan, Italy.
If you’re going, have a wonderful night.
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So, I made this for someone to gift them because I wanted to have something a little bit more personal to remember the eras tour that we went to.
I did my best to ensure that all the pictures were for the Milan Night 1 show. I am certain that they are all from that night, but mistakes can still happen.
In case you were there, I hope you enjoy.
#eras tour milan night 1#the eras tour#eras tour#taylor swift#eras tour poster milan n1#eras tour milan#eras tour milano#taylor swift milano#milan n1#milano n1#milan night 1
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Chomping at the bit for an hq picture of the beadwork
#taylor swift#the eras tour#enchanted#speak now#eras tour: speak now#eras tour#beadwork#eras tour milan#milan n2#eras tour milan 2
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just between us i remember it all too well...
#my video#eras tour milan#eras tour milan 1#taylor swift#i miss youuu#i cried so so much#in the start and in the end#my first time ever seeing taylor it was so magical
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Eras Tour Milan Surprise Songs:
Night 1
🎸: the 1 & Wonderland mashup
🎹: I Almost Do & The Moment I Knew mashup
Night 2
🎸: Mr. Perfectly Fine & Red
🎹: Getaway Car & Out Of The Woods
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NEW FEARLESS DRESS !!! REP TV ????
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