#ti prego torna a casa ho bisogno di te
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timorrow ill see my mothers dead body at the morgue and say my goodbyes. im still waiting for her to come home and give me a hug. i dont think ill stop waiting for her. i cant understand shes gone. i keep thinking im gona wake up from this bad dream. i keep thinking she'll call me. i keep thinking she'll text me. i keep texting her to come home. i keep thinking she'll never tell me "ti voglio bene" again. i keep thinking ill never hear her voice again. i keep thinking all she still has to teach me. i keep thinking about her laugh.
im still waiting for her to hug me.
#it just happens#it#just#happens#ti prego torna a casa ho bisogno di te#non ce la faccio ma ti prego
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sei la sigaretta messa al contrario dentro il mio pacchetto.
#ti amo#mi manchi#abbraccio#sigarette#fumo#torna a casa#ti prego#manchi tanto#manchi da morire#ho bisogno di baciarti#ho paura di perderti#ho bisogno di te#home#sei speciale#sei bellissimo#fumare#distanza#amore a distanza#mare#i need you
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Caro Roberto,
Da quando non ci sei più ho messo a posto la testa e mi sono data delle regole, come: non supplicare o elemosinare attenzioni, niente stupide ripicche, niente messaggi inutili e altri mille propositi che non posso prometterti riuscirò a rispettare.
Uno di questi ultimi è quello di scrivere tanto, tutte le lettere e i testi che mi pare, ma senza inviarli. Numero di lettere concesse: 1, per questo devo fare attenzione a scegliere con cura le parole da usare.
É finita, me lo hai detto tu. Qualche giorno senza sentirti e ora vedo tutto più chiaramente.
Se ripenso a come ho reagito quel giorno mi picchierei da sola, rispetto la tua scelta e mi spiace che tu abbia dovuto assistere a quella scena pietosa. Potevo decisamente andarmene con molta più dignità, perché per quanto possa fare male non si può obbligare una persona a rimanere.
Ora che ho messo la testa a posto e vedo le cose con lucidità, mi sono resa conto che in fondo non eravamo poi così speciali come credevamo, perché se lo fossimo stati non ci saremmo fatti del male, e che forse hai ragione tu, magari non ci amavamo più da tempo e non l’avevamo neanche capito.
Non fraintendermi, speciali lo siamo stati eccome, mi basta pensare alle serate passate nel pandino sotto la pioggia mentre ascoltavamo la musica a tutto volume, alle volte in cui senza dirmi niente ti presentavi sotto casa mia solo perché morivi dalla voglia di vedermi, al modo in cui ci guardavamo ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di divertente o alle farfalle nello stomaco ogni volta che ci baciavamo. Non so perché ma in questi giorni mi é riaffiorato questo ricordo di te che mi chiami, quando ancora ero a Belfast, canticchiando felice in macchina “la tata torna presto” o qualcosa di simile, e mi si scalda il cuore.
Poi però penso all’ultimo periodo, l’ultimo mese più o meno, e a come spesso e volentieri non mi sentissi capita, come se non valessi più il tuo tempo, mentre tutto ciò che volevo io era stare con te e non pensare a nulla se non a guardarti. Sono certa che a quel punto già ci fossero altri problemi, magari anche per colpa mia, ma non lo saprò mai, perché nonostante te lo chiedessi ogni giorno, non hai mai trovato il coraggio di affrontarli.
Mi dispiace per tutto quello che è successo, per i miei errori, perché ho detto di amarti e poi ho agito come se tu non ci fossi, e per i tuoi di errori, perché non sei stato in gradi di capire i miei bisogni.
Quando ho perso te ho perso tutte le certezze che avevo, già ragionavo per due, e pensavo a tutte le cose che avremmo potuto fare insieme una volta finito il lockdown. Volevo organizzare viaggi, vedere Parigi, andare ai concerti, andare a ballare, invitarti fuori a cena, fare lunghi giri in moto, imparare a guidare bene la barca per portarti in giro e fare l’amore nei luoghi più impensabili. Avrei voluto portarti in tanti posti, ma ormai non ci siamo più.
E ora ti odio da morire. Ti odio per la tua indifferenza. Perché se quella domenica mi avessi urlato contro, mi avessi guardato negli occhi o anche solo mi avessi dato l’abbraccio che meritavo, almeno avrei capito che te ne fregava qualcosa di me.
Non fraintendermi, con questo non intendo dire che tu non ci sia stato male, ti conosco abbastanza ormai, ma la differenza è che non sei mai stato capace di farti vedere debole davanti a me. Esageri un po’ con le birre, magari prendi a pugni qualche porta, ma renderti vulnerabile davanti a qualcun’altro proprio non ce la fai.
Fa male da morire perché non ti sei domandato come mi sentissi io, perché non hai mai chiesto ai miei amici come sto, non hai mai passato una serata a casa a chiederti cosa stessi facendo io in quel momento, che canzone stessi ascoltando o a cosa stessi pensando.
Non hai mai avuto l’istinto di scrivermi? Di chiedermi come sto? Se mangio e se continuo a lavarmi i capelli regolarmente? Io ci ho pensato almeno un milione di volte ma mi sono fermata, so che mi risponderesti solo che va tutto bene e che hai bisogno dei tuoi spazi, e io non so se potrei sopportarlo. E allora lo chiedo a tutti i tuoi amici, mentre aspetto che sia tu a scrivermi un semplice “come stai?” e che ti senta pronto per dirmi come ti senti, e invece niente.
Dimmi che non sono così facile da dimenticare come il tuo silenzio mi fa sentire.
Speravo che la fine arrivasse un po’ più tardi, anche di un solo minuto, una sola ora, un solo giorno. Vorrei non averti spinto a dirmi “ti lascio”, ma so che se non lo avessi detto domenica, le cose sarebbero solo peggiorate e probabilmente sarebbe successo comunque. Perché io incasino sempre tutto, anche le cose che mi fanno stare bene, e non perché non siano abbastanza, ma perché spesso sono io quella che non si sente abbastanza.
So che adesso devi sembrare freddo e orgoglioso, ma sappi che non c’è niente di sbagliato nell’esprimere le proprie emozioni e farsi vedere deboli di fronte a chi ti vuole bene. Parla con i tuoi amici, con la tua famiglia, con la psicologa, non sentirti mai un peso, perché sei circondato da persone che a te ci tengono tanto. Se hai paura di non essere capito, o addirittura giudicato, “tu chiamami se senti i mostri, che se ci sto ti vengo a prendere, nonostante tutto” come direbbe Gemitaiz, perché nonostante non siamo più quelli di una volta, ciò che ti ho promesso per me resta vero, io rimango sempre un porto sicuro per te, in cui puoi essere te stesso al 100% e non verrai mai giudicato, questo voglio che sia chiaro.
Comunque andranno le cose io sarò sempre la tua cheerleader, la tua più grande fan. Non ti augurerò mai il male, anzi, ti auguro di lottare e (più avanti) di ricominciare ad amare, senza bisogno di accontentarti. Spero che troverai qualcuno che sappia darti ciò in cui io ho sempre fallito, o che impari a stare bene anche senza. Prego che tu sia felice almeno la metà di quanto io lo sono stata insieme a te.
Mi distrugge pensare che lentamente diventeremo sconosciuti, che ci dimenticheremo del profumo dell’altro e delle nostre espressioni facendo l’amore. Quella camera non sarà più il nostro angolo di intimità e presto ti scorderai del mio corpo, delle mie curve e dei miei nei, e magari un giorno io scorderò i tuoi tatuaggi e le cicatrici che tanto ho amato.
Non saremo più Roby e Laura, la gente non ci guarderà più con invidia, mia mamma smetterà di fare la spesa anche per te e mio papà sarà felice di non dover mai fare le presentazioni ufficiali. Tutti quelli che ci conoscono avevano puntato tutto su di noi, ma forse alla fine siamo stati proprio noi quelli che non ci hanno creduto abbastanza.
Non sopporto l’idea di averti perso, un po’ per volta però so che mi passerà, giorno dopo giorno il dolore diminuirà, la mancanza svanirà e i ricordi non mi faranno più piangere, e forse quando questo succederà potremo addirittura essere amici.
So che tu non credi nell’amicizia tra ex e che ti sembra la cosa più sbagliata del mondo, ma io invece credo che l’errore più grande che due persone che si sono volute bene come noi possano fare sia quello di diventare sconosciuti, di comportarsi come nulla fosse e magari iniziare a parlare male dell’altro alle spalle.
Non dico oggi, non dico domani, e neanche tra un mese, quando sarà il momento lo sapremo, magari quando tornerò dalla Spagna, visto che non mi verrai a trovare. So che funzionerà e che non sarà nulla di strano se anche tu lo vorrai.
Avevamo idee diverse sull’amore è vero, ma ti ringrazio per tutti i ricordi che rimarranno per sempre. Non era il nostro momento e va bene così.
Spero che dopo aver ricevuto questa lettera mi chiamerai, o mi manderai almeno un messaggio, per farmi sapere che l’hai letta, cosa ne pensi e, se te la senti, anche per dirmi come stai o semplicemente per fare due chiacchiere.
Anche se non te ne accorgi io sono lì con te a tenerti per mano.
Per sempre dalla tua parte.
Laura
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22/02/22 - 08:32.
Ciao amore mio, ti scrivo qui perché non so che altro fare... Piove. Tanto. E il cielo sta piangendo insieme a me. Ogni volta che abbiamo avuto una discussione pesante ha sempre piovuto ma mai come oggi. Oggi piove tantissimo e il rumore della pioggia non fa altro che ricordarmi quando sono venuta da te e pioveva tanto e mentre mi preparavo hai detto "speriamo che stanotte piove così" e quando ti ho chiesto il perché, mi hai risposto che avresti voluto fare l'amore con il rumore della pioggia... E così è stato.
Oggi è un giorno in cui il dolore che provo ha superato il limite e il vuoto che sento è diventato incolmabile. Ieri sera ci siamo salutati e ti ho detto che sto male e non voglio annullare anche te. Non posso addossarti tutto questo mio dolore ma sappi che con te avrei voluto vivere una vita sana e adesso che ti ho lasciato andare non ho più una ragione per vivere. Ti prometto sul nostro amore che lotterò con tutta me stessa per ritornare ad essere la persona che hai conosciuto, ti verrò a prendere, in un giorno in cui pioverà e ti dimostrerò che sei l'amore della mia vita, sei il mio ossigeno, la mia casa e solo con te voglio un futuro. Ho tanta paura adesso e mi sento persa... Ho paura che la vita ci riservi un futuro diverso, due strada opposte e sarò felice se sarai felice, ma non posso essere contenta e gioire se tutto ciò che ci siamo sempre detti lo realizzerai con un'altra persona. Adesso sto tremando, tremo e urlo perché non doveva andare così. Vorrei tanto venissi qui a prendermi, a dirmi che tu da sola non mi lasci, che mi rimani accanto nonostante tutto. Vorrei non ti fossi arreso nemmeno tu e vorrei tanto essere stretta forte. Senza te non riesco a trovare un senso a niente e vorrei poterti urlare che sei tutta la mia vita e che da sola non ce la faccio a resistere. Vorrei urlarti che per me sei stato come la luna piena di notte e mi hai illuminato la strada, mi hai fatto battere forte di nuovo il cuore, mi hai stretta e protetta sempre e adesso perché mi stai lasciando andare? Perché non mi tieni stretta a te senza lasciami cadere? Amore mio io senza te non ce la faccio e vorrei dirtelo ma non posso farti male... Non posso rovinare un'anima meravigliosa come la tua... Amo io ho bisogno di te per vivere... Perché mi lasci così da sola? Non farlo, ti prego. Torna, vieni qua e stringimi forte... Ho perso tutto e non mi rimane più nulla..ho sempre detto che sei stato la ragione della mia vita e adesso non ho nessun motivo per vivere. Mi manchi e non riesco a stare senza di te... Se mai dovessi leggere queste cose sappi che io ti aspetto sempre, ti aspetto a braccia aperte e non voglio altro se non te. Vieni e portami via... Ti amo, sempre.
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rossoscarlatto.net
Tatuata
"Allora hai deciso..."
"Sì".
"E se poi ti stancassi ? Volessi levarlo ? Non ti piacesse più..."
"Non credo...e in ogni modo, lo sai, non do peso al mio corpo, non mi guardo allo specchio..., non m'importa cosa ne penserò domani o fra vent'anni, ho solo bisogno di un segno..."
"Un segno...?"
"Devo segnare questo tempo...ricordarlo..."
"Ricordarlo ? Puoi farlo comunque...perché sulla pelle ?"
"Definitivo..., questa fuga non è con la testa nel sacco, so che sto fuggendo e da cosa..."
"Tu hai troppi uomini..."
"In questo periodo ? Sì...sempre... quando sono così..."
"Tu li usi..."
"E loro usano me...normale...".
"Non sei innamorata, è vero...?"
"Ho bisogno di sogni, lunghissimi, interminabili..."
.................
Ore 16.35. Sono in anticipo.
"Ciao..."
"Ho appuntamento alle 17.00..., posso aspettare ?"
"Accomodati, lui è di là...nel frattempo puoi guardare i cataloghi, hai già un'idea ?"
"No. Nessuna."
Il divanetto è molto piccolo, e davanti una tendina trasparente, nera su un vetro. Dietro intravedo un'ombra. E un rumore, quasi un ronzio. Forte, insistente. Che cosa succede di là ? Nessuno parla...solo il ronzio.
Sfoglio le pagine piene di simboli scuri, linee, curve, punte, e piccoli totem, simbologie di mondi passati, qualche animale, e piume, ali. Che fare ? Che tipo di segno sul mio povero polso ? Un sole ? Questo piccolo pesce ? Questa spirale appuntita ?
"Hai bisogno d'aiuto ?"
Lei è vestita di nero, come me. Al naso, sopracciglia, e labbro inferiore anelli e altri piccolissimi oggetti.
"Fra poco tocca a te... è quasi pronto..."
Arriva. E' qui vicino. Mi guarda. Lo guardo.
Alto. Magro abbastanza. Le maniche corte della maglietta blu, larga, scoprono ogni forma incisa, e incredibile, sulle sue braccia. E colori. Anelli ad ogni suo dito. E il viso. Rugoso, ma giovane, con occhi chiari e una bocca grande, non ben delineata. Senza barba.
"Ciao...che cosa posso fare per te...?"
Huuummm, che cosa puoi fare per me ?...devo dirtelo subito... o dopo?
"Credo che un occhio...forse...ma molto stilizzato...una forma semplice, pulita...non troppo grande..."
"Ok, vieni..."
Si muove piano e sparge in giro un po' del suo profumo di muschio. La sala degli orrori ora è davanti ai miei occhi. Arrivandoci senza sapere cos'è può essere scambiata per lo studio di un dentista. Ma la musica ovunque, e forte, i disegni alle pareti, le sue foto nudo con esibizione d'ogni piccola e grande opera d'arte, mi fanno sentire finalmente a casa.
"Siediti qui...vicino a me..."
Mi accomodo, un po' timorosa sulla poltroncina vicino al tavolo, dove lui sta disegnando il mio occhio. Con la matita su una velina trasparente.
"Così... ti piace ?"
"Sì.....va bene..."
Si alza. Più in là la poltrona da esecuzione, il patibolo, quasi un lettino, di pelle imbottita rossa. Mi allungo, e lui prende il mio polso. Non parla, e da un cassetto tira fuori un rasoio. In un attimo graffia via i pochi peli sul mio braccio fino alla mano. Io tremo, sono già spaventata.
"Posso... scappare... se...?"
"Scappare ? e dove...stai tranquilla... ci penso io... non sentirai male... non troppo...sopporterai...vedrai..."
La decalcomania ora è sul mio polso, bella disegnata, e blu.
"Ecco...questa è la giusta posizione... potranno vederlo bene, tutti..."
Comincio a sudare, la ghigliottina è lì davanti a me, e sta iniziando il suo ronzio terribile.
L'ago. Mio dio. L'ago.
Punge. Punge e colora la mia pelle. E lui preme, e striscia per seguire il tratto del suo disegno, il mio occhio.
Non voglio scappare. Sono immobile e senza respiro.
Il mio braccio sulla sua gamba, e lui curvato a tenerlo fermo. E incidere.
"Ti fa male...?"
La sua voce adesso è bassa, e lenta. Tutta la pelle del mio capo freme.
So che la mia spina dorsale sta iniziando a gioire. La sento.
Il piacere che sale dai miei fianchi sino alla nuca, e poi scende sino all'interno delle mie cosce.
Ancora immobile.
Ma con la mente sono già ad accarezzare la lampo dei suoi pantaloni, e tutta la meraviglia che gli sta sotto.
"Ti fa male...?"
Sì. Mi fa male. Tu sai che mi stai facendo male. E anche come.
Conosci il tipo di dolore che procuri alle tue vittime.
E sono certa che la tua erezione è già cominciata.
Non mi chiedi se voglio sospendere per un attimo. No. Non lo fai.
E io non vorrei. Non devi fermarti, ora. Non più.
Che bello. E' bellissimo. Non potevo immaginarlo, sai ? Proprio non ne avevo sospetto.
Il segno che lasci sulla mia pelle vergine, è il tuo segno.
Il passaggio di te, su di me.
Molto più di una prima penetrazione. Altro tipo di verginità persa.
Quella di un angolo della mia testa, che ti lascia entrare dentro di me, e modificare il mio corpo.
Perché ho sempre sfuggito ogni mostra di body art ?
Stupida. Molto stupida. Ora capisco il piacere infinito.
E ne sto vivendo solo una piccola goccia.
E il senso di potere. Gigantesco. Voglio coprire il mio corpo di segni. Non smettere mai.
Aaaahhh... il tuo ago...come spinge... e striscia....e colora...
Ancora. Non fermarti. Non smettere mai. Fammi bruciare, ancora.
E incidi. Segnami. E segnami ancora...
"Ancora... un po' di grigio...qui...è troppo vuota...questa forma..."
Sì...ancora. Grigio...azzurro...rosso...verde....Tutti i colori che vuoi. Riempi i miei pori. Senti che vuoti ? Senti che voglia di essere pieni... di te... e dei tuoi colori...?
Perché non mi tagli, ora ? Potresti...sai ? Non scapperei. No.
Qualsiasi lama nelle tue mani.
Oltre ogni pene, oltre ogni lingua e ogni mano.
Potresti farmi scoppiare, sai ? E sono già molto vicina. E la schiena mi trema.
E le gambe sono spalancate sai? Senti come sono bagnata ?
Allagata. Per te.
Potresti tirare fuori il tuo pene mentre continua il ronzio ?
Oppure allungare la tua terza mano, quella con le dita sensibili, e infilarmele tutte, una per una, e riempirmi ? Le sento già tutte dentro di me. Vuoi farmi venire ? Così ?
E allora anche la tua lingua. Ti prego. Non risparmiarti. Dammi tutto di te.
Lo prenderei, sai ? Il tuo tutto, e anche di più...
Ma...non hai ancora finito ? Allora anche tu non vuoi smettere. Ti piace.
Allora... sei sadico... è per questo che il tuo pantalone è così gonfio, qui proprio davanti a me ? E io sono masochista ? non so... Ma che piacere sottile... e inciso sulla mia pelle...
"Ti rifaccio questa riga... perché..."
Perché ? Hai capito quanto mi piace ? Grazie. Sei buono. Continua allora. Forse riesci a farmi venire. Mi piacerebbe sai ? Cosa direbbero quelli di là, che stanno aspettando, se ad un tratto oltre al ronzio del tuo ago, sentissero anche l'urlo ? Il mio urlo, quello più forte, e lungo. Quello che stai costruendo sulla pelle del mio povero polso. Lo vuoi ? Vuoi sentire il mio urlo ? E poi che faresti ? Lasceresti ogni cosa...? Smetteresti... per allargare le mie gambe ancora di più ? E affonderesti dentro di me ? Lo vorresti ? O forse è già troppo il piacere che senti nella tua mente mentre mi incidi... incidi il tuo segno su di me ?
"Ti piace ?"
"Sì...è bellissimo...sei stato bravo"
"Posso fotografarti ?"
Puoi fare quello che vuoi, lo sai.
Sei il mio cavaliere, ora... il cavaliere degli aghi.
E asciugami ora. Non posso uscire da qui, tutta bagnata.
"Torna, per ogni eventuale... io sono sempre qui...".
Sono troppo bagnata. Aspetta. Non mandarmi via, adesso, solo perché c'è qualcuno che deve entrare ora, e al mio posto.
"Ciao, ti aspetto allora..."
Esco. Ma piano. E i sogni sono ancora con me.
Sta piovendo una pioggia discreta, e non ho ombrelli da aprire.
Cosa faccio ? Vado subito in auto ? O forse è meglio camminare un po'. Sì magari sulla riva del mare. E' sempre bello in inverno, e con la pioggia tutto sembra più morbido.
La piccola ferita che brucia sotto la fasciatura... non stavo sognando, ora c'è un tatuaggio sul mio povero polso. Povero ? Superbo, come dice il mio amante migliore, "superba giornata amica mia".
E sono bagnata, è vero. E non solo di pioggia. Bagnata di me.
E ho voglia. La reprimo ? Perché...?
Ricordo una volta, da ragazzina...l'amore sulla spiaggia, sotto una barca capovolta. Era sera come ora. E le luci lontane da noi, passavano appena da sotto, giusto per farci vedere le nostre mani che si toccavano. E le risate. "Ci avrà visto qualcuno...? ...e se ci fosse qualcuno qui fuori...?" Nessuna paura allora. Ma adesso ? Mi infilerei sotto una barca capovolta per darmi piacere ? No. E non ci sono più le barche dei pescatori su questa spiaggia. Ora è un porto di lusso. Ma le panchine, quelle sì, ci sono.
Vado più in là, dopo l'ultimo lampione. Quella panchina isolata proprio vicino allo scoglio.
Eccola. Perfetta.
E la pioggia mi aiuta. Questa mano destra, così libera, che mi cerca. Se la lascio entrare sotto lo slip, potrà aiutarmi ? Sì. Penso di sì. Di solito è il mio letto il posto migliore, e meglio sotto il piumone d'inverno. Posso allargare le gambe nude e sentirmi tutta. Riconoscere ogni pelo, e bagnarmi le dita di miele. Ma ora arrivo subito e soltanto alla mia clito. E' qui, proprio qui sotto, e già mi fa male. La scopro, la apro, nel punto più impazzito di tutto il mio corpo. Da lì è impossibile tornare indietro. Quando arrivo su quella punta di piccolo cazzo infuocato, la testa mi scoppia.
E allora, sì. Mi lascio scoppiare.
E' stata una bella giornata.
E qui la pioggia è diversa dal solito. Calda, caldissima tra le mie cosce.
Dedicato ad Alex Tatu, tatuante in Sanremo.
FalcoSirene
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- L’angelo caduto - cap.9
"Le persone legate dal destino si troveranno sempre a vicenda" THE WITCHER
Splendenti raggi solari bucano la fitta coltre di nuvole bianche, squarciando il cielo con la loro intensa luce. La nebbia che avvolge l'alta collina si dissolve, lasciando che il grande maniero del conte Straud sia visibile in tutta la sua oscura perfidia. I tetti appuntiti neri, le mura di un grigio antracide e le alte finestre oscurate osservano la bellezza di quella mattinata assolata, dove la luce si riflette contro la bianca neve emanando un'aura brillante, quasi accecante.
Il comandante Cullen cammina da solo nel fitto bosco di abeti, il rumore della neve che si infrange sotto i suoi passi. Non sembra sentire freddo, riscaldato dall'astro infuocato che governa un cielo ora terso. Il suo animo è tranquillo, serenamente contento. Non c'è timore sul suo viso, non c'è più la paura della lotta. Sorride alla vista della sua amata che lo saluta da lontano, pronta a correre verso di lui e gettarsi tra le sue braccia. L'idillio perfetto dopo anni di sanguinosa lotta per la sopravvivenza dell'umanità, anni di rinunce, di paure, di progetti rinviati. La luce che inonda il piccolo borgo oscuro di Forgotten Hollow è il simbolo della rinascita, del non temere più il buio della notte e le sue creature che si aggiravano tra quelle strade, pronte a porre fine ad un'altra vita umana senza pietà. Ed eccoli lì, gli eroi silenziosi di quella battaglia, la ragazza prescelta dal destino per porre fine a quel lungo capitolo di crudeltà, e il giovane comandante di un insolito esercito, compagno nella guerra e nella vita. Sono a pochi passi l'una dall'altro, si guardano, sorridono, una nuova vita pronta per essere scritta tra le pagine bianche di un altro libro dove non c'è più il male ad affliggere il mondo. Ancora un passo...
Un istante e il mondo idilliaco va in pezzi. La nebbia torna ad avvolgere la collina che sovrasta il piccolo borgo di Forgotten Hollow, il sole scompare dietro una fitta coltre di nuvole scure e il buio torna a dipingere le strade. Come un fuoco che divampa all'improvviso, la lunga chioma rossa appare alle spalle del comandante. Lo sguardo di lui si tramuta, il sorriso si dissolve e il terrore riempie i suoi occhi chiari. Un grido squarcia il silenzio della grande vallata. La cacciatrice tenta invano di muoversi in soccorso dell'uomo che ama, ma è tutto inutile. La vampira afferra il collo del comandante e in un secondo è tutto finito. I denti affilati affondano nella pelle dell'uomo in profondità bucando i tessuti e i muscoli fino alla giugulare dissanguandolo in pochi attimi. Il corpo freddo e inerme dell'uomo cade a terra con un tonfo sordo nella neve fredda e opaca, mentre la risata della vampira sovrasta il grido della cacciatrice sconfitta. L'uomo che ama non c'è più. Ne resta solo una carcassa vuota, senza più battiti, senza più anima.
Le sue urla di terrore riecheggiarono nella grande casa vittoriana. "Svegliati!" sussurrò una voce maschile scuotendola dal torpore. "No, ti prego. Cullen..." mormorò la cacciatrice in preda ai deliri. Un sussulto e i suoi grandi occhi celesti si aprirono. Le luci tenui della piccola stanza da letto la aiutarono a mettere a fuoco i dintorni non riconoscendoli. "Dove mi trovo?" domandò Helena guardandosi attorno. "Sei a villa Vatore, cacciatrice" rispose la stessa voce maschile che aveva tentanto di svegliarla pochi istanti prima. Helena accortasi di indossare soltanto la biancheria intima, tentò di coprirsi con le mani, ma una fitta di dolore al braccio la fece desistere.
"Chi sei?" domandò ancora osservando il suo misterioso interlocutore "Cosa è successo?" "Mi chiamo Caleb Vatore, cacciatrice. Non ricordi cosa è accaduto qualche notte fa?" chiese di rimando. "Io ricordo di essere stata attaccata da un gruppo di vampiri e poi quella rossa...tu...tu sei venuto ad aiutarmi?!" domandò retoricamente. Caleb fece cenno di assenso senza aggiungere altro. "Grazie, Caleb. Sarei probabilmente morta senza il tuo aiuto" concluse la cacciatrice. "E' stato un onore, cacciatrice." rispose l'uomo abbozzando un sorriso. La sua pelle era stranamente molto pallida, quasi lucida sotto le luci tenui della stanza. Gli occhi avevano la stessa tonalità del ghiaccio che contrastavano sotto i folti capelli scuri. Helena lo osservò attentamente, ma non disse una parola, benchè un dubbio si fosse insinuato nella sua mente. "Io ora ti lascio tranquilla. I tuoi abiti sono su quella poltrona lì" annunciò Caleb indicando la seduta nell'angolo. "Se hai fame scendi pure al piano inferiore. C'è del cibo in cucina appositamente per te. Io sarò nel salone, se avrai bisogno di qualcosa" "Caleb, dove siamo?" domandò Helena confusa. "A casa mia, te l'ho detto" rispose Caleb. "Intendevo in che posto" incalzò Helena, mentre i suoi dubbi si facevano sempre più pressanti. Caleb con un sospiro confessò "A Forgotten Hollow..."
La cacciatrice sussultò mentre i pezzi di un puzzle invisibile andavano ad incastrarsi alla perfezione. Le tende tirate e scure nella stanza, l'arredamento antiquato e la carnagione di Caleb potevano significare soltanto una cosa. "Sei un vampiro" annunciò Helena con lo sguardo attonito, fisso su Caleb. "Si, ma non temere. Non ho intenzione di farti del male. Se avessi voluto ucciderti lo avrei fatto quella notte e non mi sarei preso cura delle tue gravi ferite" dichiarò il vampiro sorridendo appena e mettendo in mostra i canini allungati. "Suppongo di dovermi fidare di te..." mormorò Helena abbassando lo sguardo e notando le pesanti fasciature che avvolgevano il suo corpo in più punti. Sull'addome la macchia di sangue era ancora visibile sulle bende, segno che in quel punto aveva subito forse il danno maggiore. "Caleb...da quanto tempo sono qui?" domandò poi. "Tre notti. Le ferite erano molto gravi quando ti ho trovata e non sei stata cosciente fino a questa mattina, ma le cure stanno dando i loro effetti. Presto potrai tornare a cacciare" rispose Caleb, in piedi davanti a lei come una statua di marmo. "Tre notti? Io devo tornare. Mi staranno cercando!" disse Helena mettendosi a sedere sul bordo del letto e tentando di alzarsi. Un capogiro la colse all'improvviso facendola ricadere di peso sul morbido materasso cigolante.
"Sei ancora debole per affrontare tutta quella strada da sola ed io adesso non posso uscire di qui" mormorò Caleb che era andato a sedersi accanto a lei con uno scatto fulmineo. "Ma io devo tornare a casa..." sussurrò lei accigliandosi. "Ascolta, ora riposa un altro pò. Intanto ti preparerò qualcosa da mangiare che possa rimetterti in forze e stanotte ti promettò che ti aiuterò a tornare a casa, se lo desideri." concluse Caleb aiutandola a stendersi. Helena asserì con la testa e si sdraiò di nuovo sul comodo letto abbandonandosi totalmente alla richiesta di riposo che il suo corpo necessitava.
Quando il sole fu alto nel cielo di metà pomeriggio la cacciatrice si ridestò dal suo sonno ristoratore, sentendosi finalmente più in forze e pronta per tornare a casa. Erano passati tre giorni dall'attacco della vampira ed Helena si domandava se i membri dell'Organizzazione l'avessero data ormai per morta e il suo pensiero volò inevitabilmente a Cullen. Aveva bisogno di far sapere a tutti che stava bene, che era viva e che aveva ricevuto un aiuto prezioso dall'ultima persona che si sarebbe mai aspettata. Come era possibile che un vampiro avesse aiutato proprio lei la cacciatrice, colei scelta dal destino per distruggerli tutti? Poteva davvero fidarsi di lui? Si mise a sedere sul bordo del materasso a molle che cigolò sotto il suo peso. La stanza era nella penombra ed Helena desiderò ardentemente aprire le tende per far filtrare un pò di luce esterna. Così si alzò lentamente per paura di un nuovo capogiro e andò verso una delle finestre coperte da pesanti drappi scuri. Afferrò un lembo e tirò, lasciando così che una flebile luce di metà pomeriggio entrasse ad illuminare la grande stanza da letto. Amava il sole e non poteva immaginare come fosse vivere per l'eternità senza più godere di quella meraviglia, benchè anche la sua vita si svolgesse per la maggior parte del tempo nell'oscurità. Raccolse i suoi vestiti sulla poltrona nell'angolo accanto alla porta e iniziò ad indossarli, facendo attenzione a non strapparsi le bende che Caleb le aveva accuratamente messo per coprire le sue ferite. Osservò la sua figura vestita nello specchio da terra dal vetro un pò appannato e pensò a quanto fosse sciocco tenere un oggetto simile in una casa abitata da un vampiro, dal momento che le creature della notte non potevano vedere la loro immagine riflessa su nessuna superficie.
Quando fu completamente vestita, Helena osservò i segni ancora visibili sul suo viso, domandandosi se sarebbero rimaste le cicatrici e fu allora che la sua attenzione cadde su una fotografica incorniciata sulla toeletta in legno chiaro. Ritraeva quattro persone, due donne, un uomo e una bambina di circa 7 anni, sorridenti e vestiti con abiti che, molto probabilmente, risalivano ai primi anni del novecento. La foto era ingiallita dal tempo, ma Helena riconobbe Caleb vestito con una giacca e un paio di pantaloni stretti sul ginocchio. Un berretto copriva i suoi capelli pettinati e il suo sguardo era autoritario, ma al contempo dolce e affabile. Accanto a lui c'era una donna, capelli chiari raccolti in uno chignon e un abito lungo che le fasciava il corpo esile. Un'altra donna coi capelli corti e scuri era in piedi sul lato opposto, anche lei in abito lungo e uno sguardo profondo. La bambina era adorabile con la sua treccia lunga e il vestitino corto e sembrava felice. Helena osservò quei volti domandandosi chi potessero essere le persone accanto a Caleb e se, anche loro, fossero vampiri e si aggirassero tra le mura di quella casa. Non aveva mai visto dei vampiri-bambini e neppure il suo Osservatore ne aveva mai fatto menzione alcuna. Il pensiero di quella bambina trasformata in un mostro immortale fece rabbrividire la cacciatrice. I suoi pensieri però vennero interrotti quando la porta della camera si aprì e la figura di Caleb apparve sull'uscio. La vista del sole che filtrava dalla finestra lo fece rizzare come un gatto spaventato ed Helena si affrettò a tirare di nuovo la tenda. "Perdonami. Volevo solo far entrare un pò di luce naturale" annunciò voltandosi verso il vampiro. "A volte piacerebbe anche a me vedere ancora il sole" dichiarò Caleb rabbuiandosi in volto, più di quanto non fosse già tenebroso. "Caleb, non ho potuto fare a meno di notare quella foto" disse Helena indicando la cornice sulla toeletta "Le altre persone ritratte con te, sono in questa casa adesso?" domandò poi di getto senza pensare alle conseguenze di quella sua richiesta. "Solo mia sorella Lilith...la donna coi capelli scuri" rispose Caleb abbassando lo sguardo. Helena non domandò dove fossero la donna e la bambina fotografate accanto al vampiro, temendo di porre un quesito scomodo all'uomo. Fu Caleb a prendere la parola, asserendo che le avrebbe raccontato una storia, se avesse avuto voglia di ascoltarla. La cacciatrice annuì silenziosamente mentre Caleb le faceva segno di seguirla.
Scesi al piano inferiore della villa, Caleb fece strada ad Helena e l'accompagnò verso il salotto dove il crepitio del fuoco riecheggiava tra le mura. Seduta su una comoda poltrona c'era la donna della fotografia, ma era molto diversa a vederla di persona. Era vestita con un abitino aderente che le fasciava le curve mettendo in risalto i muscoli ben definiti, un paio di calze a rete e tacchi talmente alti che solo a guardarli facevano venire le vertigini. I capelli lunghi e neri erano tirati dietro le spalle lasciando il viso completamente scoperto a metterne in mostra i piccoli occhi color ghiaccio come quelli di Caleb. Il trucco pesante incorniciava il tutto. Non aveva più nulla della donna della fotografia, quell'aria un pò ingenua e l'aspetto delicato di quei tempi andati. Come il fratello il susseguirsi inesorabile dell'eternità con i suoi eventi storici, le guerre, le carestie e le epidemie avevano indurito i suoi lineamenti. "Cacciatrice, lei è mia sorella Lilith" annuciò Caleb. "Salve" disse Helena cercando di trovare qualcosa ad effetto da dire in quella circostanza così anomala. La vampira non rivolse nessun tipo di saluto alla cacciatrice, ma si limitò a guardare il fratello con aria truce. "Lilith non essere maleducata" mormorò il vampiro ricambiando lo sguardo della sorella. "Perdona la sua mancanza di educazione. Mia sorella è sempre stata una ribelle" disse poi rivolgendosi ad Helena. "Magari tua sorella non gradisce la presenza della cacciatrice in casa sua e ne ha tutto il diritto" asserì Helena guardando la vampira. "Esattamente, ma mio fratello fa sempre di testa sua senza mai chiedere nulla. Non è vero Caleb?!" parlò Lilith. La sua voce era profonda, per nulla stridula. "Ne abbiamo già discusso, Lilith. La cacciatrice aveva bisogno di aiuto" ringhiò Caleb. Helena iniziò a sentirsi a disagio in quella discussione tra fratelli, e soprattutto tra vampiri. "E per aiutare lei hai ucciso Lauren, la tua creatrice!" disse Lilith di rimando. "Ho dovuto farlo..." intervenì Caleb, ma non terminò la frase perchè Helena si intromise chiedendo chi fosse Lauren. "Siediti Helena" disse poi il vampiro tornando ad un tono calmo e vellutato chiamandola per la prima volta con il suo nome e non con il ruolo che il destino le aveva imposto "Voglio raccontarti quella storia".
Nel frattempo lontano da villa Vatore e da Forgotten Hollow, a Tiamaranta's Fortress i membri dell'Organizzazione non si davano pace. Da giorni non avevano mai interrotto le ricerche di Helena, mentre i due maghi avevano tentato qualsiasi incantesimo di localizzazione, senza avere successo. Alcuni di loro avevano ormai perso le speranze di ritrovare la cacciatrice viva e vegeta, benchè Amelia continuasse ad insistere che se fosse stata uccisa, avrebbe percepito l'aura di una nuova prescelta. Chi non aveva mai smesso di sperare era il comandante. Non dormiva da quella mattina in cui era andato a Forgotten Hollow in cerca di Helena e aveva ritrovato soltanto il suo ciondolo. A malapena mangiava e le forze lo stavano abbandonando. Jo continuava a ripetergli di riposare, di mangiare o si sarebbe ammalato presto, ma Cullen era inamovibile e continuava a dire che se non avesse ritrovato Helena tanto valeva morire. Si era recato spesso a Forgotten Hollow alla ricerca di tracce che potevano essergli sfuggite quel giorno e, durante le ronde notturne, aveva affrontato diversi vampiri domandando se sapevano qualcosa a riguardo della sparizione della cacciatrice, prima di ucciderli. Ma di Helena nessuna traccia. Era come svanita nel nulla, mentre lei era sempre stata lì, a pochi passi da loro, al sicuro in una delle camere da letto di villa Vatore.
Mentre Helena ascoltava la storia che Caleb le stava narrando, a Tiamaranta's Fortress Cullen sedeva alla sua scrivania. Un foglio di carta bianca era poggiato davanti a sè e il comandante fissava il suo candore cercando le parole giuste da incidere. La speranza di rivedere Helena viva era ancora lì, aggrappata con le unghie alla sua anima e Cullen volle esternare i suoi sentimenti su quel pezzo di carta, augurandosi di poterle dare quella lettera una volta che fosse tornata.
"Senza dubbio questa mia lettera ti confonderà. Devo ammetterlo, non ho avuto molte opportunità di comporre nulla di natura personale. Forse è sciocco. Sei impegnata nella tua lotta, come lo sono anche io. Il nostro lavoro sembra non finire mai, ogni passo in avanti sembra finisca con quattro passi indietro. Ti ho vista oltrepassare quel cancello ogni notte per andare a combattere, tornando sempre. In queste notti ho atteso. La testa premuta contro le fredde pietre della finestra, aspettando di vedere la tua sagoma comparire all'orizzonte. Sembra patetico ora che lo scrivo, come se fossi una fanciulla in una torre che si strugge per un cavaliere. Non ho mai pensato che tu potessi non farcela. Al contrario, in ogni fase di questa missione, ho sempre creduto con fervore nel tuo successo. Le mie intenzioni con questa lettera non erano di attirare dubbi sulle tue capacità. La verità, la ragione di questo spreco di tempo è che ti amo. Sto qui chino sulla scrivania e osservo il consumarsi delle candele e tutto ciò che scorre nelle mie vene è una paura infernale che non potrei mai dirti. Non in futuro, ma adesso con te così lontana da me. Tu sei molto di più di quanto avrei potuto desiderare, sperato, necessitato. Hai distrutto le mie difese con uno sguardo. Mi hai fatto tremare in ginocchio e mi hai rialzato in piedi. Non mi sono mai sentito così vulnerabile come lo sono tra le tue braccia. La tua semplice presenza è un balsamo per la mia anima ferita, la stessa che darei per tenerti con me per sempre. Ti desidero. Baciare le tue labbra, perdermi nel tuo abbraccio, assaporare le tue cosce che tremano a cavalcioni sopra di me e sorridere mentre ti muovi sotto di me. La promessa dei tuoi sussulti che implorano di più infiamma il mio cuore e mi distoglie dalla sconforto della guerra. I miei sogni possono essere costellati per sempre da incubi, ma i miei pensieri, i miei momenti di veglia, sono dedicati a te. Sei un vino profumato che inebria la mia mente e la mia lingua, e libera l'uomo che temevo fosse perso per sempre dalle sue catene. Non avrei mai immaginato di essere diventato il tipo d'uomo che scrive una lettera d'amore. Di devozione. Una dichiarazione che ciò che voglio di più da questo mondo, dal Creatore stesso, sei tu. So che tornerai da me, passando per quel cancello e tra le mie braccia. E avevo bisogno che tu sapessi che mi troverai con la fronte premuta contro la fredda pietra che ti aspetta. Ti amo. Cullen"
Terminò di scrivere quella confessione che il sole aveva iniziato a discendere dietro la linea del mare. Poggiò la fronte contro il pugno chiuso, adagiando il gomito sul foglio di carta non più immacolato e chiuse gli occhi, mentre una smorfia di dolore gli tirò le labbra. "So che tornerai..." mormorò poi abbandonandosi totalmente ad una silenziosa disperazione che lo aveva accompagnato in quei giorni, senza lasciarlo mai, benchè la speranza del ritorno di Helena gli avesse dato la forza di non cedere.
Le ombre fuori Tiamaranta's Fortress iniziarono ad allungarsi col passare dei minuti, mentre la linea dell'orizzonte si tingeva delle tonalità del rosso del tramonto. Fu allora che una figura scura sopraggiunse oltre il fitto degli alberi che coprivano la scogliera dove si ergeva la fortezza. Passi veloci corsero tra i corridoi, sempre più affrettati. Senza bussare contro il battente di legno dello studio, Leliana aprì la porta di scatto trovando il comandante perso nei suoi pensieri malinconici. "Comandante" lo chiamò cercando di attirare la sua attenzione, ma Cullen non si mosse. "Cullen" chiamò ancora "La cacciatrice...è tornata!".
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six months [HS]
summary: dove Harry si accorge di quanto abbia veramente bisogno di Y/N solo quando se n’è andata
inspired by: “you broke me first” di Tate McRae
written by: me
word count: 783
enjoy
Non pensava che sarebbe andata a finire così. Lui, Harry Styles, cantante di fame mondiale, disperato per la sua ex-ragazza, mentre la guarda divertirsi con i suoi amici in un bar, ignara di essere fissata dal ragazzo che le aveva spezzato il cuore. Non sapeva a cosa andava veramente in contro quando la tradì, ma pensava di non aver così bisogno di lei, questo fino a quando, di lei, nella sua vita, non c’era più traccia, come se non gli avesse mai cambiato l’esistenza. Aveva cercato di contattarla più volte, ma lei ormai non voleva più avere niente a che fare con lui,e non poteva incolparla. Dopotutto, è stata colpa sua.
SEI MESI PRIMA
erano state settimane difficili quelle per Y/N, Harry era diventato sempre più freddo con lei, ma pensava che fosse per via del suo primo album da solista, che stava per essere rilasciato. Non credeva che in realtà il problema fosse l’infedeltà del suo ragazzo, questo fino a quando tornò a casa prima dall’università. Non appena varcò la porta, solo il silenzio l’accolse, ma ormai ci era abituata. Sapeva che Harry fosse a casa, e presumendo stesse dormendo, si avviò al piano superiore per cambiarsi. Solo quando si avvicinò alla camera, iniziò a sentire dei rumori
allora Harry non stava dormendo
si avvicinò lentamente alla porta, aprendola senza far rumore, solo per avere una completa visuale del suo ragazzo, che spingeva senza sosta dentro a una biondina. Y/N si congelò all’istante sul posto, una mano sulla bocca e le lacrime agli occhi. Non ci volle molto prima che la biondina si accorgesse di lei, gettando la testa all’indietro per il piacere che Harry le stava dando. A quel punto spalancò anche lei la bocca e spinse via Harry, che finalmente si accorse la presenza della sua ragazza nella stanza. Si passò una mano trai capelli prima di scendere dal letto e mettersi un paio di boxer, per poi raggiungere Y/N che intanto era corsa in sala. Appena la sua figura si fece spazio nel campo visivo di Y/N, una domanda lasciò spontanea le sue labbra tremolanti.
“perché? cosa ho fatto per meritarmi questo?”
“non hai fatto niente, Y/N. è colpa mia. non avrei dovuto tradirti, ma credo di non sentire più quello che provavo all’inizio della nostra relazione, non sento più la scintilla, e mi dispiace, Dio se mi dispiace, ma non ho più bisogno di te. Ti ho amata, ma ora non c’è più niente”
PRESENTE
credeva davvero a quelle parole quando le pronunciò, ma già due settimane dopo, non ci credeva più, e si sentiva terribilmente in colpa per averle dette,soprattutto all’amore della sua vita, ma ormai era troppo tardi. Più di un mese dopo, si rese conto di quanto avesse veramente bisogno di lei e la chiamò centinaia di volte, si presentò anche a casa sua, ma lei non rispondeva e non gli apriva mai la porta, nemmeno quando passò la notte sul suo portico.Harry sapeva di meritarselo, ma aveva passato così tanto tempo a ottenere tutto quello che voleva, che ora questa situazione era strana per lui, la odiava, odiava come si sentiva, e non sapeva cosa fare per bloccare il dolore nel petto. Ora, dopo sei mesi passati a piangersi addosso, era stato convinto da Mitch a uscire per andare a un bar, soltanto per poi ritrovarsi Y/N davanti. Senza nemmeno accorgersene, iniziò a camminare verso la sua direzione, fino a quando non le fu davanti, facendo ammutolire i suoi amici, che lo avevano riconosciuto.
“possiamo parlare?”
“no”
“Y/N, ti prego, ho bisogno di parlarti”
“non credo. hai detto tu stesso che non hai bisogno di me, no?”
“ti prego”
Y/N sbuffò, ma acconsentì a uscire fuori dal locale con lui per parlare senza essere sommersi dalle persone.
“volevi parlarmi, parla”
“Y/N, ti prego, devi perdonarmi. Mi odio per quello che ti ho detto, me ne pento ogni giorni,e mi manchi. mi manchi fottutamente tanto, non riesco neanche più a respirare senza di te,e fa dannatamente male. ti prego, ti prego torna da me”
ormai stava quasi per piangere, e per quando odiasse mostrarsi debole davanti agli altri, sperava che questo convincesse Y/N a credergli, ma lei rimase immobile
“non mi interessa quanto possa far male, Harry, perché è lo stesso che tu hai fatto provare a me, se non peggio, perché invece di lasciarmi subito hai preferito tradirmi, e non ti perdonerò mai per questo. Ho aspettato per più di un mese che il tuo nome apparisse sulle schermo del mio telefono, che mi dicessi che ti mancavo e ti dispiaceva, ma non è successo finché ormai non sapevo cosa dire o fare, e non m’importava più. ora è troppo tardi.”
“sei stato tu a rompermi per primo, ora raccogli ciò che hai seminato”
disse, per poi rientrare nel locale, lasciando Harry solo e con il cuore spezzato, proprio come aveva fatto lui.
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SKAMIT:
3.3. VENERDÌ 29 MARZO 2019, 22:08
(For English translations 👉 @skamitaliasubs)
F: Amo’? Come mi sta? È nuova.
Ele: Bene.
F: Dai, manco mi hai guardato! Levi ‘sto cellulare? Stai sempre con questo.
Ele: Ma stai uscendo tu?
F: Sì, perché?
Ele: Allora, se ti chiamano le mie amiche, mi raccomando, digli che noi stiamo a casa con mamma, ok?
F: Sì, sì, sì.
Ele: No, Filo, è importante.
F: Ho capito, ho capito.
Ele: Ci stai bene. Fica la giacca.
F: Ok. Senti, ma perché non esci con me anche tu?
Ele: Non mi va.
F: E dai, e dai.
Mi vogliono tutti più bene quando esci con noi.
Ele: Addirittura?
F: Sì.
Ele: Non mi va. Sono stanca.
F: Uffa. Ma passi la serata a guardarti i tutorial di giardinaggio pure oggi?
Ele: Stronzo. Vai.
F: Ok. Ciao.
Ele: Stai benissimo. Sei bellissimo.
F: Sì, ciao.
Ele: Ciao.
[Nota vocale di Ev: Ele, non puoi capire, cioè ti prego, qua è successo un casino. Silvia ha parlato con Edo, adesso si è chiusa in bagno. Non fa entrare nessuno, sta piangendo da un’ora. Richiamami quando ascolti, Ele!]
[Risponde la segreteria telefonica]
Ragazzo: Tiralo fuori tutto, tiralo fuori tutto!
Ele: Cosa?
Elia, Elia! Dov’è Silvia? Silvia, Silvia! Silvia.
El: Su una bici in fondo alle scale mobili.
Ele: Eva!
Ev: Oi, Ele!
Ele: Che sta succedendo?
Ev: Questi due stronzi non mi vogliono far andare a salutare Gio.
M: No, no. Io ho detto, non lo salutare mentre si pacca la ragazza.
Ev: Ma se io lo voglio salutare, ma che ti frega a te! Scusami, eh. No?
Ele: Perché non mi hai risposto alle chiamate?
Ev: Perché c’ho il telefono in silenzioso, Ele.
Ele: Ho capito, ma non importa. Silvia? Silvia?
Ev: Silvia se n’è andata. Ma da mo che se n’è andata Silvia, eh. Con le altre.
Ele: Cos’è successo?
Ev: Allora praticamente è andata là a parlare con Giovan- con Edoardo, scusa. Gio! Oi. Ciao!
G: Oh.
Eva, ti ricordi Sofia?
Ev: Certo che me lo ricordo. Indimenticabile.
G: Sì.
Ev: Senti se te lo perdi, comunque, non ti preoccupare, perché lui sta in bagno con qualche amico suo a fumare l’erba.
G: No, no, non fumo più.
Ev: Sì che fumi.
G: No, non fumo più.
Ele: Eva, non fa niente. Mi tieni la giacca, per favore?
Ev: Certo. Abituati perché lui...
Ed: Ei. Sei venuta alla fine.
Ele: Si può sapere che le hai detto?
Ed: A chi?
Ele: A Silvia! Se ne è andata in lacrime.
Ed: Che le ho detto, che ne so.
Ele: Eh.
Ed: È venuta da me, mi ha chiesto se ero tornato con la mia ex di Milano.
Ele: E?
Ed: E niente le ho detto di no, che ci eravamo solo visti. Poi ha provato a baciarmi e le ho detto che non ci stavo.
Ele: E di me?
Ed: Di te?
Ele: Di me che le hai detto?
Ed: E te chi sei, scusa?
Chicco: Oh, c’abbiamo le guardie alla porta.
Ed: Cazzo dici?
Ch: Due guardioni.
Ed: Ma che cazzo dici?
Ch: Non sto scherzando, zi’.
Ed: Vai a dire di spegnere la musica.
Ch: Ok.
Poliziotto: Buonasera.
Ed: Buonasera.
Pol.: Lei è il padrone di casa?
Ed: Sì.
Pol.: Abbiamo ricevuto delle telefonate dai suoi vicini.
Ed: Sì. Sì, scusate. Abbiamo già spento la musica. Quindi...
Pol: Allora non ci siamo spiegati.
Ed: Va bene, ok. Ho capito. Adesso mando via tutti.
Pol: Bene. Noi aspettiamo là.
Ed: Ok. Grazie, scusate.
Rega’. Festa finita, tutti fuori, su!
Tutti: No!
Ed: Eh, lo so. Mi dispiace, dai.
Dai, veloci!
Ele: Eva dove sei?
Ch: Stiamo andando all’EUR, stai a veni’?
Ed: Sì mo vedo.
Ele: Eva? Eva? Eva?
Eva? Eva dove sei?
Ed: Oh, zi’.
F.o: Se beccamo all’EUR, ok?
Ed: Sì, sì. Ciao.
Ele: Oddio, Eva.
Ed: Ei. Sei ancora qua?
Ele: Sì, Eva se ne è andata con la mia giacca, col cellulare, le chiavi, tutto.
Ed: Aia. Vabbè, come ti posso aiutare?
Non risponde?
[Ele scrive: Filo, sono Ele. Mi chiami a questo numero appena leggi?]
Ele: No, gli sto scrivendo un messaggio.
Ed: Quindi?
Ele: Senti, posso chiederti se puoi prestarmi venti euro così prendo un taxi e me ne vado?
Ed: Se non te li do?
Dai, sto scherzando. Certo.
Ele: Grazie.
Ed: Però scusa come fai a entrare a casa se non hai le chiavi?
Ele: Aspetto mio fratello che torna.
Ed: Dove?
Ele: Sotto casa?
Ed: Sì e secondo te ti lascio andare alle due di notte così da sola?
Ele: Non ho bisogno del tuo permesso.
Ed: Però hai bisogno dei miei soldi.
Dai, scherzo.
Senti, facciamo così.
Cosa fai lì in piedi? Siediti.
Facciamo così: aspettiamo che risponda tuo fratello e poi ti accompagno io a casa.
Mh?
Ele: Ok.
Ed: Intanto ti va un po’ di vino?
Ele: No.
Ed: Non ti fidi?
Ele: No.
Ed: Ok.
Ele: Beh, posso aiutarti a sistemare un po’ di cose.
Ed: No, vai tranquilla, sistemo io domani.
Ele: Ma non tornano i tuoi?
Ed: No.
Ele: Abiti da solo?
Ed: Sì, più o meno.
Ele: Cioè?
Ed: Cioè che mio padre lavora fuori, mio fratello vive fuori e tornano ogni tanto.
Ele: Grazie.
Ed: Prego.
Ele: E... Senti, io devo chiederti scusa per una cosa.
Ed: Addirittura?
Ele: Sono seria.
Ed: Ok, dimmi.
Ele: Io non sapevo che... Che tua madre...
Altrimenti non avrei mai detto quelle cose, veramente, scusa.
Ed: Tranquilla.
Però grazie.
Dai, fatti offrire qualcosa. Anche di non alcolico.
Ele: No.
Ed: Dai! Che cosa ti va?
Ele: Grazie.
Ed: Tisanina?
Scusa.
Ele: Ha risposto Filippo?
Ed: No. Non ti fidi? Guarda.
[Video di F.o che dici: Oh, ma ‘ndo cazzo sei? ‘Ndo sei? Chicco Rodi! Chicco Rodi!]
Ele: No, ma se vuoi vai cono loro, veramente. Io mi prendo un taxi.
Ed: Limone o zenzero?
Ele: Non lo so.
Ed: Vai, limone.
Ele: No!
Ed: Ti sta bene.
Ele [imitandolo]: Ciao, sono Edoardo Incanti e mi fate tutti un po’ schifo!
Ed: Sei uguale.
Ele: Lo so. Però mi manca qualcosa.
Ed: Cioè?
Ele: I tuoi meravigliosi riccioli.
Ed: Ti piacciono proprio i miei capelli, eh?
Ele: Di’ la verità. Tu alle medie eri pazzo di “Tre metri sopra il cielo” e hai copiato il look a Scamarcio.
C’ho preso?
Ed: Beccato, sì.
Ele: Questa?
Ed: Sembrerebbe una chitarra.
Ele: No. Questa è l’arma finale.
Ed: Per che cosa, scusa?
Ele: Certo. Tu prima fai lo stronzo con le ragazze, poi te le porti a casa, gli canti una bella canzoncina dolce così loro poi dicono: “Oddio! Edoardo Incanti - che lato sensibile! Ha anche un cuore!”
Sì, sì.
Ed: E tu per chi suoni invece?
Ele: Non so suonare.
Ed: Neanche cantare da quello che mi ricordo.
Ele: E vabbè.
Ed: Posso suonare io per te.
Ele: Sì, ma non sono una ragazza da portarti a letto.
Ed: Tranquilla, ho dei brani per ogni tipo di ragazza.
Ele: Vediamo, vai.
Ed: Ok.
Ele: Così le ragazze le fai addormentare però.
Ed: Vabbè, un attimo.
Ele: Ah. Aspetto.
[Ed canta “Creep” - Radiohead]
[Squilla il telefono]
Ed: Credo che sia per te.
Ele [al telefono]: Filo? Filo?
F: Ei, io sto tornando a casa, tu?
Ele: È successo un casino, poi ti spiego.
F: Ma sei alla festa? Se vuoi ti passo a prendere.
Ele: Tranquillo, ci sentiamo dopo. Ciao.
Ed: Qualche problema?
Ele: Niente, sta a una festa a Viterbo. Non ho capito.
Ed: Ok. Vuoi dormire qua?
Ele: Sì. Ma non con te.
Ed: Ok, forse è meglio che tu non dorma qua.
Ele: Mh. Mi sa.
Camera di tuo padre?
Ed: È chiusa a chiave. Dall’ultima festa.
Però, dai, dormi da me io vado sul divano.
Ok?
Ele: Ok.
Ed: Le lenzuola sono pulite. Io non c’ho dormito, quindi... Non lo so, se vuoi una maglietta, pantaloncini...?
Ele: No, no. Tanto dormo sopra.
Ed: Ok. Allora... Buonanotte.
Ele: Buonanotte.
No, dai.
Ed: Che c’è?
Ele: Niente, mi dispiace che dormi giù.
Ed: Non è che adesso ci stai provando tu con me?
Ele: No, assolutamente. Però non mi va di cacciarti dalla tua camera.
Ma mi fai istituire delle regole.
Ed: Ok. Di che tipo?
Ele: Tipo... Tipo che questa è la tua parte, questa è la mia. Ecco. Suggerisco anche di fare una piccola barriera di cuscini. Giusto per stare più sicuri, ecco. Vedi.
Ed: Ok.
Domani che cosa vuoi per colazione?
Ele: Non faccio colazione qui domani.
Ed: Ok. Cappuccino e cornetto, mi sembra un’ottima idea.
Ele: Quanto sei banale.
Ed: Lo sai, sono molto prevedibile.
Ele: No, sei solo un meraviglioso cliché.
Ed: Che ci vuoi fare, la mia infanzia è stata difficile... Mio papà non veniva mai alle partite di calcio... Lo scotch da pacchi.
[Arriva messaggio]
Ele: Chi è, qualcun altro che devi picchiare?
Ed: No. Veramente è tuo fratello che chiede quando torni perché si è stancato di aspettarti.
Ok, rispondo io.
“Sono talmente innamorata di Edoardo che non riesco a uscire dal suo letto...”
Ele: No. No!
Dammi il telefono.
Ed: No.
Ele: Sì. Rispondo io.
Ed: Cosa stai facendo? Sei nella mia metà del letto. Vai nella tua. Così violi le regole. Vai. Vai.
Ele: Fammi rispondere.
Ed: No.
Ele: È mio fratello.
Ed: No.
Ele: Voglio rispondere io.
Ed: No, torna nella tua metà. Vai.
Ele: No.
Ed: Vai.
Ele: Digli che torno domani.
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Caro K.
Caro K.,
Odio le lettere, soprattutto se poi non so a quale indirizzo inviarle e devo tenerle dentro un cassetto, tra quei sogni sgualciti che hanno perso ormai colore. Non volevo, ho riscritto questa lettera e buttata mille volte finché non ho convinto me stessa che non mi mancavi più, che era il ricordo di me con te a mancarmi, però poi tre giorni fa, con la febbre a 40 e mezzo parlavo a mio padre chiamandolo con il tuo nome ed è impossibile per me oggi credere che quel vuoto che ho dentro può essere nascosto da questo falso sorriso. Scrivere, scriverti e sapere che non leggerai mai le mie parole ha quel sapore amaro e acido che si avvicina troppo a un addio che non sono pronta a pronunciare, un addio che non sento mio.
"Io che agli addio ho sempre detto ciao", ecco forse è questa la frase che più mi rispecchia, così breve e così piena.
Caro K, ti scrivo perché non conosco un modo diverso per poter parlare, per poter esprimere ciò che ho dentro, quel sapore di felicità andata a male che continuo ad avere tra le labbra; ti scrivo per tutte le volte in cui ti ho trovato nelle mie giornate, nella mia quotidianità che inizia ad essere estranea anche a me stessa, però tu ci sei: ci sei sul treno, nelle mani stanche di quel ragazzo che si siede sempre accanto a me (ha il tuo stesso accento e sentirlo parlare con la mamma che l'aspetta a Napoli è un tonfo al cuore, ogni giorno che lo vedo prendere il treno spero di vederlo cambiare tratta per tornare a casa), tu ci sei tra quei carabinieri che fecero il giuramento e vennero ad ubriacarsi allo stesso bar in cui io sola bevevo la mia birra ormai calda, ci sei nelle sigarette che ho riniziato a fumare, nelle canne con gli amici, nella pizza che non mi mette mai fame quanto quella della foto che mi mandasti tu al ristorante.
Caro K, ti scrivo per le notti in bianco a guardare quella chat in cui sono certa di vedere quel "online" che chissà a chi le dedichi tutte quelle ore in cui lavori per rendere fiero chi hai intorno; ti scrivo per quella foto di natale con tuo nipote in cui ti dissi che sarai un ottimo padre e non sai quanto pagherei per poterti vedere un giorno, al supermercato, con tuo figlio nel carrello mentre compri le cioccolate che ti piacciono tanto. Sta sera scrivo anche per me, per quel nodo in gola che oggi si è fatto più stretto del solito quando tra la playlist della musica è partito quel tuo audio in cui "JA t'agg da fa n'audio mentre te dico ja", un pugno in pieno petto con un ricordo che non sapevo più di avere, della sera in cui mi dicesti che ero una persona come poche, che meritavo di essere felice (e quasi ci ho creduto) con la tua voce che è stata la prima cosa che ho dimenticato di te.
Scrivo, perché so che mi odi e mi odierai ancora di più dopo questo, ma scrivo perché ho bisogno di dirlo a qualcuno, di dirlo al mondo che a me manchi, mi manchi a 360°, nelle incazzature, nelle litigate, nelle discussioni e nei rimpianti, nei sogni, nel viaggio a Roma che non farai mai e in quello a Napoli in cui io non ti incontrerò.
Caro K, ti scrivo perchè la mia vita sta andando a rotoli,e tu forse questi miei casini un po' sapevi calmarli.. Sai? Sto pensando di lasciare università, ma significherebbe deludere anche l'ultima cosa bella che mi rimane di me, l'ultima cosa bella che ti rimane di me..
Ti scrivo, tanto non lo leggerai, ma lo faccio perché credo che da un paio di mesi io ti scriva ogni giorno senza risposta, chissà se mi noti mai, chissà se pensi mai "cazzo, ora gli rispondo", chissà se mi hai bloccata e neanche più i miei messaggi ti arrivano ed io che con ostinata speranza continuo a scriverti con un sorriso sulle labbra che sa tanto di "forse un giorno torna". Forse un giorno, ma ti prego fallo prima che io mi perda del tutto, perché non so più neanche ritrovar la strada di casa..
L'unico demone che ho saputo guardare negli occhi, l'unico a cui darei la mia anima.
Sempre qui e sempre tua..
-Eseildomanifosseieri.
😈❄️
#eseildomanifosseieri#tumblr#frasi#lacrime#io#dolore#autolesionismo#frasi belle#frase#frasi tumblr#manchi#dopo di te#te#testo#paura#ricordo#scusa#sola#lui#mi manchi#ricordati di me#vita#vivimi#tu#parole#ricordami#stringimi#pensami#pianto#abbraccio
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How do you sleep?
Come fai a dormire? Il tuo mondo non fa troppo rumore? Perché il mio si e mi impedisce di addormentarmi. È come se dentro di me avessi una voce e la sento parlare, mi raccontano storie. Alcune parlano di te sai? Raccontano del nostro amore, raccontano di noi, raccontano di come ci siamo amati, raccontano di come ho perso la testa per un ragazzo come te. E fanno troppo rumore, sento solo quello e sono stanca. Vorrei chiudere gli occhi e ignorare tutto questo rumore ma la mia testa è sveglia, sempre. La tua no? Come riesci a non pensare a noi, non c’è una voce nella tua testa che dice le stesse identiche cose che dice la mia? Ho sonno, ma senza di te non riesco a dormire. Ho sonno, ma tu qua non ci sei. Ho bisogno di te per far tacere quelle voci. Mi stanno distruggendo, dicono che non mi ami, prima mi raccontano di noi, dicono che mi ami poi mi dicono il contrario. Dicono che menti, dicono che mi hai lasciata. Ho bisogno di te, ho bisogno di te che mi dici che mi ami. Come fai a dormire? Come ci riesci? Vieni qui, un ultima notte, ti giuro che poi riuscirò a dormire da sola, ma solo per un’altra notte, ti prego resta con me. Aiutami a chiudere gli occhi, stringimi e cullami tra le tue braccia. Ti giuro che poi darò retta alla voci, lo capirò che non mi ami più. Ma ti prego questa ultima notte resta con me. Lasciami dormire un’ultima notte con te, poi ti giuro ti lascio andare. Sono troppo stanca per stare un altro giorno senza di te, torna abbracciami, dormi questa ultima notte con me. Poi me ne andrò, dormirò te lo prometto ma fai tacere queste voci, un ultima notte. Lascia che ti ami un’altra notte, amami un’altra notte. Poi basta, dormirò come fai tu. Come fai a dormire? Come ci riesci? Ti prego passa un’ultima notte con me e resta. Ti prego resto, ho paura, non so più dormire senza di te. E mi fa paura tutto, dal gatto in corridoio alla macchina che passa sotto casa. Mi fa paura la mia dipendenza da te ma te lo prometto un’ultima notte poi guarirò. Andrò avanti ma ti prego tu non farlo. Andrò avanti solo dopo quest’ultima notte e ti prego concedimela. Una sola notte...
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Clip 3.3 - Digli che torno domani
F: Amo'. Come mi sta? È nuova.
E: Bene.
F: Dai, neanche mi hai guardato. Levi sto cellulare? Stai sempre con questo.
E: Ma stai uscendo tu?
F: Sì, perché?
E: Allora, se ti chiamano le mie amiche, mi raccomando, digli che noi stiamo a casa con mamma, ok?
F: Sì, sì, sì.
E: No, Filo, è importante.
F: Ho capito, ho capito.
E: Stai bene. Figa la giacca.
F: Ok. Senti, ma perché non esci con me anche tu?
E: Non mi va.
F: E dai, e dai. Mi vogliono tutti più bene quando esci con noi.
E: Addirittura?
F: Sì.
E: Non mi va. Sono stanca.
F: Uffa. Ma passi la serata a guardarti i tutorial di giardinaggio pure oggi?
E: Che stronzo. Vai.
F: Ok. Ciao.
E: Stai benissimo. Sei bellissimo.
F: Sì, ciao.
E: Ciao.
EVA: Ele, non puoi capire, cioè ti prego, qua è successo un casino. Silvia ha parlato con Edo, adesso si è chiusa in bagno. Non fa entrare nessuno, sta piangendo da un'ora. Richiamami quando ascolti, Ele.
[ Segreteria telefonica... ]
[ Informazione gratuita: la chiamata è stata trasferita... ]
RAGAZZO: Tiralo fuori tutto, tiralo fuori tutto!
E: Cosa?
Elia, Elia! Dov'è Silvia? Silvia? Silvia? Silvia?
ELIA: Sulla bici in fondo alle scale mobili.
E: Eva! Eva!
EVA: Oi, Ele?
E: Che sta succedendo?
EVA: Questi due stronzi non mi vogliono fare andare a salutare Gio.
M: No, no. Io ho detto, non lo salutare mentre si pacca la ragazza.
EVA: Ma se io lo voglio salutare, ma che ti frega a te? Scusami, eh. No?
E: Perché non mi hai risposto alle chiamate?
EVA: Eh, perché c'ho il telefono in silenzioso, Ele.
E: Ok, non importa. Silvia? Silvia?
EVA: Silvia se n'è andata. Ma da mo che se n'è andata Silvia, eh. Con le altre.
E: Che è successo?
EVA: Allora praticamente è andata là a parlare con Giovanni...con Edoardo, scusa. Gio! Oi.
G: Ciao.
EVA: Ciao.
G: Eva, ti ricordi Sofia?
EVA: Certo che me la ricordo. Indimenticabile Sofia.
G: Sì.
EVA: Senti, se te lo perdi, comunque, non ti preoccupare, perché lui sta in bagno con qualche amico suo a fumare l'erba.
E: Eva.
G: No, no, non fumo più.
EVA: Sì che fuma.
G: No, non fumo più.
E: Non fa niente. Mi tieni la giacca, per favore?
EVA: Certo. Abituati perché lui...
EDO: Ehi. Sei venuta alla fine.
E: Si può sapere che le hai detto?
EDO: A chi?
E: A Silvia! Se n'è andata in lacrime.
EDO: Che le ho detto? Che ne so.
E: Eh.
EDO: È venuta da me, mi ha chiesto se ero tornato con la mia ex di Milano.
E: E?
EDO: E niente, le ho detto di no, che ci eravo solo visti. Poi ha provato a baciarmi e le ho detto che non ci stavo.
E: E di me.
EDO: Di te?
E: Di me che le hai detto?
EDO: E tu chi sei, scusa?
C: Edo. Zì, c'abbiamo le guardie alla porta.
EDO: Che cazzo dici?
C: Due guardioni.
EDO: Ma che cazzo dici?
C: Non sto scherzando, zí.
EDO: Oh, vai a dire a Fede di spegnere la musica.
C: Ok.
Ci stanno le guardie. Togli la musica.
POLIZIOTTO: Buonasera.
EDO: Buonasera.
P: Lei è il padrone di casa?
EDO: Sì.
P: Abbiamo ricevuto delle telefonate dai suoi vicini.
EDO: Sì, scusate. Abbiamo già spento la musica, quindi...
P: Allora non ci siamo spiegati.
EDO: Va bene, ok. Ho capito. Adesso mando via tutti.
P: Bene. Noi aspettiamo là.
EDO: Ok. Grazie. Scusate, eh.
Regà. Festa finita, tutti fuori, su!
[ No! ]
EDO: Eh, lo so. Mi dispiace, dai. Dai, veloci!
E: Eva! Eva! Eva!
C: A zì, stiamo andando all'EUR, stai a venì?
EDO: Sì, mo vedo.
C: E dai. Daje, daje.
E: Eva! Eva! Eva! Eva! Eva, dove sei?
EDO: Oh, zì. Veloce, dai.
FE: Dai sì, frà. Vado. Se beccamo all'EUR, ok?
EDO: Sì, sì. Ciao.
E: Oddio, Eva
EDO: Ehi. Sei ancora qua?
E: Sì, Eva se n'è andata con la mia giacca, col cellulare, le chiavi, tutto.
EDO: Ahia. Vabbè, come ti posso aiutare?
Non risponde?
E: Filo, sono Ele. Mi chiami a questo numero appena leggi?
E: No, gli sto scrivendo un messaggio.
EDO: Quindi?
E: Senti, posso chiederti se puoi prestarmi venti euro così prendo un taxi e me ne vado?
EDO: E se non te li do?
Dai, sto scherzando. Certo.
E: Ok.
EDO Però scusa come fai a entrare a casa se non hai le chiavi?
E: Aspetto mio fratello che torna.
EDO: Dove?
E: Sotto casa.
EDO: Sì e secondo te ti lascio andare alle due di notte così da sola?
E: Non ho bisogno del tuo permesso.
EDO: Però hai bisogno dei miei soldi.
Dai, scherzo. Senti, facciamo così. Cosa fai lì in piedi? Siediti. Facciamo così: aspettiamo che risponda tuo fratello e poi ti accompagno io a casa. Mh?
E: Ok.
EDO: Intanto ti va un po’ di vino?
E: No.
EDO: Non ti fidi?
E: No.
EDO: Ok.
E: Be', posso aiutarti a sistemare un po’ di cose.
EDO No, ma tranquilla, sistemo io domani.
E: Ma non tornano i tuoi?
EDO: No.
E: Abiti da solo?
EDO: Sì, più o meno.
E: Cioè?
EDO: Cioè che mio padre lavora fuori, mio fratello vive fuori e tornano ogni tanto.
E: Grazie.
EDO: Prego.
E: Ehm… Senti, io devo chiederti scusa per una cosa.
EDO: Addirittura?
E: Sono seria.
EDO: Ok, dimmi.
E: Io non sapevo che…che tua madre…altrimenti non avrei mai detto quelle cose, veramente, scusa.
EDO: Tranquilla. Però grazie. Dai, fatti offrire qualcosa. Anche di non alcolico.
E: No.
EDO: Dai! Che cosa ti va?
E: Grazie.
EDO: Tisanina? Scusa.
E: Ha risposto Filippo?
EDO: No. Non ti fidi? Guarda.
[FE: Edo, ma ‘ndo cazzo sei? ‘Ndo sei? Chicco Rodi!]
E: No, ma se vuoi vai cono loro, veramente. Io mi prendo un taxi.
EDO: Limone o zenzero?
E: Non lo so.
EDO: Vai, limone.
E: No!
EDO: Ti sta bene.
E: Ciao, sono Edoardo Incanti e mi fate tutti un po’ schifo!
EDO: Sei uguale.
E: Lo so. Però mi manca qualcosa.
EDO: Cioè?
E: I tuoi meravigliosi riccioli.
EDO: Ti piacciono proprio i miei capelli, eh?
E: Di’ la verità. Tu alle medie eri pazzo di “Tre metri sopra il cielo” e hai copiato il look a Scamarcio. C’ho preso, eh?
EDO: Beccato, sì.
E: Questa?
EDO: Sembrerebbe una chitarra.
E: No. Questa è l’arma finale.
EDO: Per che cosa, scusa?
E: Certo. Tu prima fai lo stronzo con le ragazze, poi te le porti a casa, gli canti una bella canzoncina dolce così loro dicono: “Oddio, Edoardo Incanti! Che lato sensibile, ha anche un cuore!”
EDO: Dai.
E: Sì, sì.
EDO: E tu per chi suoni invece?
E: Non so suonare.
EDO: Neanche cantare da quello che mi ricordo.
E: E vabbè.
EDO: Posso suonare io per te.
E: Sì, ma non sono una ragazza da portarti a letto.
EDO: Tranquilla, ho dei brani per ogni tipo di ragazza.
E: Vediamo. Vai.
EDO: Ok.
E: Così le ragazze le fai addormentare però.
EDO: Eh, un attimo.
E: Ah. Aspetto.
-
EDO: Credo che sia per te.
E: Filo. Filo.
F: Ehi, io sto tornando a casa, tu?
E: È successo un casino, poi ti spiego.
F: Ma sei alla festa? Se vuoi ti passo a prendere.
E: Tranquillo, ci sentiamo dopo. Ciao.
EDO: Qualche problema?
E: Niente, sta a una festa a Viterbo. Non ho capito.
EDO: Ok. Vuoi dormire qua?
E: Sì. Ma non con te.
EDO: Ok, forse è meglio che tu non dorma qua.
E: Mh. Mi sa. Camera di tuo padre?
EDO: È chiusa a chiave. Dall’ultima festa.
Però, dai, dormi da me io vado sul divano.
Ok?
E: Ok.
EDO: Le lenzuola sono pulite. Io non c’ho dormito, quindi… Non lo so, se vuoi una maglietta, un pantaloncino?
E: No, no. Tanto dormo sopra.
EDO: Ok. Allora… Buonanotte.
E: Buonanotte. No, dai.
EDO: Che c’è?
E: Niente, mi dispiace che dormi giù.
EDO: Non è che adesso ci stai provando tu con me?
E: No, assolutamente. Però non mi va di cacciarti dalla tua camera. Ma mi fai istituire delle regole.
EDO Ok. Di che tipo?
E: Tipo… Tipo che questa è la tua parte, questa è la mia. Ecco. Suggerisco anche di fare una piccola barriera di cuscini. Giusto per stare un po' più sicuri, ecco. Vedi.
EDO: Ok.
Domani che cosa vuoi per colazione?
E: Non faccio colazione qui domani.
EDO: Ok. Cappuccino e cornetto, mi sembra un’ottima idea.
E: Quanto sei banale.
EDO: Lo sai, sono molto prevedibile.
E: No, sei solo un meraviglioso cliché.
EDO: Che ci vuoi fare? La mia infanzia è stata difficile, mio papà non veniva mai alle partite di calcio…lo scotch da pacchi.
E: Chi è? Qualcun altro che devi picchiare?
EDO: No. Veramente è tuo fratello che chiede quando torni perché si è stancato di aspettarti. Ok, rispondo io. “Sono talmente innamorata di Edoardo che non riesco a uscire dal suo letto.”
E: No. No! No, fermo, scusami.
EDO: Aspetta.
E: No, no. Dammi il telefono.
EDO: No.
E: Sì. Rispondo io.
EDO: Cosa stai facendo? Sei nella mia metà del letto. Torna nella tua. Così violi le regole. Vai. Vai.
E: Fammi rispondere.
EDO: No.
E: È mio fratello.
EDO: No.
E: Voglio rispondere io.
EDO: No, torna nella tua metà. Vai.
E: No.
EDO: Vai.
E: Digli che torno domani.
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21/10/2019
Dov'ero? Dov'eri? Cosa stavo facendo? Cosa stavi facendo? Sei scomparso, svanito, non ci sei più. Come posso placare la tua assenza, come posso vivere senza di te che hai reso magici momenti tristi? Per me sei qualunque cosa e mi manchi, vorrei che tu tornassi perché ho bisogno di starti al fianco, di volerti bene, di sentirmi bene, di vedere il mondo con i tuoi occhi innocenti. Ti sento respirare, sento il rumore delle tue zampe sul pavimento, sento il tuo profumo, il tuo muso poggiato sulla mia gamba. Ti immagino scondinzolare appena mi vedi arrivare, ti immagino saltare appena vedi il cibo, giocare con il gatto e purtroppo ti immagino anche fuori da questa casa, indifeso, senza di me. Non so dove sei, non so dove sono, cosa sto facendo, cosa stai facendo. Non puoi vivere senza di me e nemmeno io posso senza di te. Non ho avuto paura, sapevo che prima o poi sarebbe successo, in qualche modo mi sentivo già pronta ad affrontare qualcosa del genere. Dentro di me non sento quasi niente. C'è poca rabbia, poca commozione, un po' di ricordi che scorrono nella testa uno dopo l'altra. Tante volte mi sono detta: perché? Adesso dico: non posso tenere qualcosa che amo vicino a me, rischio di perderlo ed io non voglio perdere per questo non voglio nemmeno avere. Se non ho, non posso perdere. Sarò costretta a vivere nell'immaginazione, in una bolla di ricordi, con un dolore soffocato nello stomaco, con le lacrime affondate negli occhi. Oggi ho perso, ho fallito anche con te come ho fallito in passato. Avrei fallito in ogni modo. Non ti lascerò andare così facilmente, non lascerò che i ricordi sfumino. Ti prometto che proteggerò sempre i nostri momenti come qualcosa che va custodito in una teca che vale miliardi perché per me tu vali miliardi. Vali quanto la vita. Potrei piangermi addosso ma questo non ti riporterà da me. Ho imparato come reagire dalle esperienze, ho imparato che si può sempre ricominciare, che si torna a sperare dopo un po', quando avrai ingoiato il boccone amaro. Ti prego di pensarmi ovunque sei perché io farò lo stesso, non posso evitare di farlo. Pregherò che tu stia bene e che possa tornare da me. Voglio avere fiducia, pensare positivo, forse solo così potrò salvarti la vita sperando che qualcuno non te l'abbia già portata via. Ti amo. Ciao Tommy. ❤️
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Intreccio i miei capelli, lasciando che le ciocche ribelli mi incornicino il viso.
Le stesse che tu arrotolavi attorno alle tue dita, prima di posarmi un bacio morbido sulle mie labbra costantemente screpolate.
I miei occhi scuri diventano lucidi e il mio riflesso assume la forma di una massa sfocata.
Lego la treccia col solito elastico, rovinato, che tengo sempre al polso.
Mi stringo forte nella felpa; improvvisamente mi é venuto freddo.
Mi siedo alla scrivania.
Penso, lasciandomi avvolgere da quel senso di vuoto che improvvisamente ha riempito il mio petto.
Eppure, dopo di te, sono cambiate così tante cose.
Anche se gli altri non se ne accorgono quando mi vedono arrivare, con in spalla lo zaino pieno di scritte, e nei piedi le mie Nike scolorite, nulla é più lo stesso.
È cambiato il mio modo di camminare, perché dopo di te ogni mio passo é diventato incerto; mi sono persa.
E il color nocciola che mi riempie gli occhi é diventato così denso da non permettere a nessuna emozione di trapelare.
È cambiata la mia playlist, ma tutte le canzoni continuano a ricondurmi a te.
Ed anche il mio sorriso, che una volta disegnava una ragnatela di rughe agli angoli della bocca e degli occhi, ora è sempre forzato, tanto da sembrare una smorfia.
Apro il mio diario, lasciando che le mie dita assaporino le pagine impregnate di inchiostro e di lacrime.
Anche il mio modo di scrivere é mutato; le mie parole sono così irregolari e tremolanti che danno l'impressione di star per precipitare nel vuoto e frantumarsi in mille pezzi.
Ed ecco, ad un certo punto, la nostra ultima foto insieme.
L’unica che stampai.
I bordi rovinati, la carta sgualcita e stropicciata.
Con l'indice ripercorro lentamente la tua immagine, nell'illusione di poter risentire la morbidezza delle tue labbra e il modo in cui si piegavano per pronunciare il mio nome.
Proseguo, verso i tuoi zigomi spruzzati di lentiggini e, se solo potessi tornare indietro, giuro che mi imparerei a memoria ogni singola costellazione che formavano.
Continuo, fino a giungere ai tuoi capelli, e il ricordo di quanto mi piaceva arruffarli mi fa tremare il cuore.
Tutto diventa troppo sfocato e tremolante, perciò stringo forte la foto al mio petto e inizio a piangere come una bambina.
La mia testa é piena di domande senza risposte, e di ansie.
E so che nessuno verrà ad abbracciarmi e riuscirà a fare ordine in quel groviglio di pensieri, proprio come invece sapevi fare te.
Fra il terrore di dimenticare il suono della tua risata e di alterare il tono della tua voce, non mi rendo conto di quanto le mie mani stiano stringendo la nostra foto, e la paura di aver potuto rovinare anche un singolo fotogramma di te mi pietrifica.
La poggio sulla scrivania e resto a guardarla.
Due anni.
Due anni dall’ultima volta che mi era rimasto addosso il tuo profumo.
Dall’ultima volta che i tuoi occhi chiari mi guardarono, in quel modo che solo tu riuscivi fare; come se nonostante tutti i miei errori, per te continuassi ad essere perfetta.
Perché per tutti gli sbagli che commettevo, tu riuscivi a farmi sentire giusta.
Due anni dall’ultima volta che le mie dita strinsero le tue, che le tue labbra assaporarono le mie, che mi sussurrasti all’orecchio “ti amo".
Due anni da quando noi siamo finiti.
Due anni che continuo ad essere bloccata nel passato, rifiutando di vivere in un presente senza di te.
Nel mio cellulare il tuo ultimo messaggio è una nota vocale. Stavi dicendo “fra 10 minuti sono sotto casa tua”. E non sai quante sono state le notti passate ad ascoltarlo, e riascoltarlo, e riascoltarlo.
Non sai quante volte ti ho aspettato, fuori dal cancello, proprio come l’ultima volta.
Per 10 minuti.
Che poi sono diventati 20.
Poi 30.
Poi un’ora.
Ma tu non arrivavi mai.
Quando seppi dell’incidente, tutto divenne scuro e silenzioso, e io non sentivo più niente.
Ricordo la corsa in macchina con papà.
Ricordo le imprecazioni per trovare le chiavi e accendere l’auto il più velocemente possibile.
Ricordo le mie mani sudate che strofinavo imperterrita sui miei jeans e il battito del mio cuore che martellava contro la mia gabbia toracica, così forte che pensai potesse romperla.
Ricordo la strada che sembrò più lunga del solito e la pioggia che cadeva troppo forte.
Poi ricordo le luci dell’ambulanza.
L’ auto della polizia.
E un’altra auto dentro al fosso.
E infine la tua auto, col cofano accartocciato e i vetri frantumati.
Ricordo che quando aprii lo sportello, un forte senso di nausea incominciò a risalirmi dallo stomaco e che le mie gambe erano troppo fragili per reggere il peso del mio corpo.
Ricordo che i miei occhi erano così gonfi e avevo perso talmente tante lacrime da non piangere più.
Dentro me il gelo.
Non saprò mai quel è stato l’ultimo pensiero che ti ha abbracciato la mente prima di spegnersi con te.
Non saprò mai l’ultima cosa che videro i tuoi occhi, o la canzone che stavi ascoltando, o le ultime parole che dicesti prima di uscire di casa.
Tutto ciò che so è che dentro me qualcosa si ruppe, creando una voragine, che da quell’istante iniziò a crescere in me.
Chiusi il mio cuore in cassaforte, e poi me sessa, al mondo intero.
Una volta la domenica mattnina mi portavi sempre una rosa, con un piccolo biglietto color crema legato da un candido nastrino al gambo. C'era scritta sempre la stessa frase "Ogni volta che avrai bisogno di me, ed io non potrò esserci, respira il profumo di questa rosa, e io sarò in te. E non ti sentirai più sola. "
Adesso, ogni domenica mattina mi dirigo al cimitero, stringendo una rosa.
Chi l'avrebbe mai detto che alla fine sarei stata io a portare fiori a te ogni settimana, eh?
Nel mio biglietto, con la mia terribile calligrafia, scrivo sempre la stessa frase "Neanche nel profumo di questa rosa ti ho trovato. Mi sento così sola. Ti prego, torna a riempire i miei polmoni, perché senza te, persino respirare, é diventato difficile".
-Alessia Alpi, scritta da me.
(Volevoimparareavolare on Tumblr)
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15.02.2019
E’ in momenti come questi che capisco di quanto io non riesca a rendermi conto di che cosa sto facendo.
In momenti in cui rimango sveglia ore nel cuore della notte a chiedermi che cosa ne sarà di noi, in cui sogno come sarebbe bello tornare ad essere quelli che eravamo, fare cose insieme solo io e te. Nei momenti in cui prego di non vederti, di non incontrarti e poi ci rimango male quando non ci sei. Nei momenti in cui ancora spero che il messaggio che mi fa vibrare il cellulare sia il tuo. Quando il mio cuore ha un momento di panico se rispondi nella chat del gruppo.
E’ quando penso in tutti i modi a come evitare di invitarti alla mia festa di laurea quando sei una delle uniche persone con cui mi interesserebbe davvero stare. Quando penso a come evitare di partecipare alle uscite di gruppo e poi mi faccio i film mentali immaginandomi come potrebbe avvenire la svolta che aspetto da mesi. Secoli. Mi sembra siano passati anni dall’ultimo bacio che ti ho dato, dall’ultima volta che mi hai scritto, dall’ultima volta che mi hai guardata invece che fingere che non esistessi, che non fossi a meno di un metro di distanza da te.
E’ quando mi immagino insieme ad un’altra persona, quando ti immagino insieme a lei. Quando mi dicono che sono bellissima, che sono interessante, intelligente. Quando non so che cosa pensare di te, quando mi accorgo che non mi fido più, che mi infastidisci.
Questi sono i momenti in cui capisco che quello che mi salva è una minuscola parte di me che ti odia. Sei riuscito a conquistarmi passo dopo passo, pezzettino dopo pezzettino. Ne hai lasciato indietro uno.
Non è nel mio carattere sapermi proteggere. Sono solo menefreghista di natura su tutte le cose. Una persona appena conosciuta non mi stimola interesse e quindi risulto essere sempre la solita stronza snob apatica del cazzo che si crede chissà chi. Non rispondo ai messaggi sui gruppi, archivio le chat, non partecipo alle battute, non rido, sto in silenzio. Questo è il modo in cui il mio essere ha deciso di difendersi dagli attacchi esterni. Ma tu hai buttato giù tutto, piano piano, giorno dopo giorno. Mi hai fatta parlare, ridere, uscire di casa, rispondere sul gruppo, in chat privata, alle storie su instagram.
Quando ho chiuso con A. il lato dolce della mia personalità, si è messo le mani sul volto e ha cominciato a frignare disperatamente. La snob menefreghista ha sbuffato, si è alzata roteando gli occhi al cielo e con un movimento svogliato si è spostata il ciuffo sul lato sinistro. Si è avvicinata con la sua solita camminata da stronza che sa cosa vuole e sa che può prenderselo e ha dato un colpetto sulla spalla dell’altra. “siediti un momento” le ha detto dandole una spintarella. Poi l’ha seguita guardandola schifata. Ha aspettato che prendesse posto dove lei era stata fino ad un momento prima, poi ha aggiunto. “Adesso lascia fare a me”. Dopo quattro anni che non aveva più di tanto voce in capitolo, adorava l’idea di avere di nuovo il potere.
Ha amato vedere quanto la nuova ragazza di A. non fosse alla sua altezza. Quanto le stavano bene i jeans di tre taglie più piccoli. Quanto i capelli corti la facessero sembrare più grande. Quanto gli occhiali nuovi fossero esattamente come li voleva lei. Quanto i voti agli esami rispecchiassero le sue aspettative. Quanto fosse bello sentirsi all’altezza.
E non ha chiesto aiuto a nessuno, non si è mai voltata a guardare la ragazza seduta dietro di lei. Non si è mai preoccupata se le servisse qualcosa, se avesse bisogno di un abbraccio e forse solo di un giorno in cui avere la sua libertà.
Non ha mai avuto bisogno di nulla se non si se stessa.
Quando ti ha visto non ti ha nemmeno notato. Da Mc ha fatto i complimenti ai tatuaggi di un altro ragazzo mentre tu mostravi i tuoi. Il giorno dopo, quando ha saputo che ti era piaciuta ha roteato gli occhi al cielo. “Che palle, un altro”. Al compleanno di M. quando ti ha rivisto ti ha ignorato tutta le serata, non ha ballato con te quando ti sei avvicinato e non ha nemmeno accettato lo shot che le hai offerto. Non ti ha accettato su facebook, non ti ha risposto su instagram, non ti ha dato la minima possibilità di fare qualcosa.
“Amo, guarda che mi ha scritto”
E lei sbuffava. “Che cosa vuole?”
“Vederti, usciamo stasera?”
“Tu gli piaci davvero tantissimo”
“Se vuole possiamo scopare”
“Guarda che mi ha scritto ieri” “propone sempre un miliardo di cose pur di vederti” “Ieri mi ha fatto una tenerezza, povero ci sta davvero male” “Hai visto come ti guardava?” “Mi ha detto che eri bellissima”
“Mi ha appena scritto in privato che ti adora”
“Solo perché sono brilla?”
“Sì” “Ma poi lo sai che lui ti adora sempre”
E a furia di roteare gli occhi al cielo, giorno dopo giorno, si è resa conto che qualcosa dietro di lei stava mutando. Che la sedia si era liberata e che la parte dolce e innamorata dell’amore, le si era fatta vicina. E guardava, si interessava. “Che carino che è” “Mi dispiace così tanto farlo soffrire” “Guarda come sta bene vestito così” “Che dolce però”. Rideva, e a furia di divertirsi si è fatta un passo avanti, l’ha affiancata e poi superata.
E lei si è fatta un passo indietro, perché anche se non è nella sua natura essere convinta, si fidava. E’ rimasta lì con le braccia incrociate ad aspettare che tu facessi una mossa sbagliata, ma non l’hai fatta.
“Siamo sicure di volerlo fare?”
“Sì!” ha risposto entusiasta l’altra.
“Non lo so”
“Proviamoci ad uscirci una volta”
L’ha lasciata fare, le ha dato il permesso di baciarti, però poi ha ricominciato a sbuffare.
“Non lo so”
“Ma come no?!”
“Non ho voglia di stare di nuovo dietro a qualcuno”
“Dopo tre anni, possiamo anche darcela una possibilità!”
Ha sospirato e poi ha annuito. Si sono vestite, truccate, sistemate. Hanno mangiato la chocoppa insieme a te, hanno accettato il peluche e poi si sono sedute con te nei sedili posteriori della tua auto.
Quando il portone della palazzina si è chiuso alle loro spalle, si sono guardate per un lungo secondo. “Lo vedi?” Ha chiesto quella carina che quella sera aveva dato il meglio di sé.
“sì” ha risposto lei con un sorriso. Ha sciolto le braccia e si è andata a sedere.
Due settimane dopo aver lasciato tutto nella mani dell’altra, lo scatto che ha dovuto fare per sorreggerla gli è costato molto. “Che cazzo sta dicendo” ha chiesto con un filo di voce la ragazza dolce che stava aggrappata a lei come fosse stata la sua unica via di salvezza.
Sono rimaste ad ascoltare entrambe senza proferire parola, poi si sono piano piano rimesse dritte e hanno trovato il modo più semplice per uscirne in fretta. Quando sono arrivate a casa una ha pianto e l’altra l’ha consolata, poi con il tempo hanno cominciato di nuovo a staccarsi.
Una ha continuato a piangere e l’altra ha ricominciato a disprezzarla.
“Che cosa devo fare?” Le ha chiesto due mercoledì fa, con le guance rigate dalle lacrime e il cuore in frantumi.
“Cancellarlo” Ha risposto lei fredda come il ghiaccio. “Siediti che faccio io”. L’ha spinta e lei è andata senza farselo ripetere due volte.
L’ha guardata mentre si sedeva poi si è voltata dandole le spalle e si è trovata davanti te. Ti ha guardato con disprezzo, perché tante volte avevano deluso la dolcezza ma senza mai andare ad intaccare l’orgoglio. Tu non l’hai guardata. Lei ha continuato a farlo per interi minuti e alla fine si è chiesta come cazzo facessi ad essere così bello.
E adesso, spesso si alternano. Un po’ stanno in piedi a dominare la situazione, un po’ se ne stanno sedute sulla sedia a pensare. Spesso si ritrovano vicine. Quando quella forte domina e regge l’idea di odiarti e non volerti vedere, poi viene avvicinata dall’altra che chiede. “C’è?” e ti cerca, perché vuole vederti. E lei si arrabbia, ma poi la consola perché sa che la colpa è anche sua.
Questi sono i momenti in cui non so che cosa sto facendo. Che non so che cosa devo fare. Sono i momenti in cui per farle stare bene entrambe serviresti tu ma non ci sei e io non ho il coraggio di chiederti di darmi una mano. Ne a te ne a nessun altro. Perché ho paura, entrambe hanno paura di che cosa potrebbe succedere. Una ha paura che gli dirai di nuovo di no, l’altra non sopporta di essere di nuovo rifiutata. E si aggrappa a quel poco di caratteraccio che le è rimasto per poter affermare con certezza che non la meriti, e che non vede l’ora che tu te ne renda conto.
Ci gode un sacco a pensarci, a immaginarsi la scena e la racconta a voce alta ridendo e facendo ridere anche la dolcezza che tra le lacrime poi domanda, ogni volta. “Ma se torna lo perdoniamo, vero?”.
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Amando e lottando
Accusando e negando
Non posso immaginare un mondo senza di te
La gioia ed il caos
I demoni dei quali siamo fatti
Sarei perso se tu mi lasciassi solo
Tu ti sei chiusa in bagno
Sdraiata sul pavimento quando sono entrato
ti ho tirato e ho sentito il battito cardiaco
Riesci a sentirmi urlare "perfavore non lasciarmi"?
Aspetta, ti voglio ancora
Torna indietro, ho ancora bisogno di te
Lascia che ti prenda e ti farò stare bene
Giuro, ti amerò per tutta la vita
Aspetta, ho ancora bisogno di te
lungo questo corridoio, tacita difianco a me
guidando in un incubo dal quale non posso scappare
pregare è inutile
La luce non sta svanendo
Nascondo lo shock e il freddo dentro le mie ossa
Ti hanno portata via su un tavolo
Camminavo avanti e indietro mentre eri ferma
Loro ti hanno preso e fatto sentire il tuo battito cardiaco
Riesci a sentirmi urlare "ti prego, non lasciarmi"?
Aspetta, ti voglio ancora
Torna indietro, ho ancora bisogno di te
Lascia che ti prenda e ti farò stare bene
Giuro, ti amerò per tutta la vita
Aspetta, ho ancora bisogno di te
Non voglio lasciare andare
So di non essere così forte
Voglio solo sentirti dire "tesoro, andiamo a casa"
Andiamo a casa
Sí, voglio solo portarti a casa
Aspetta, ti voglio ancora
Torna indietro, ho ancora bisogno di te
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Le notti insonni
Il dolore atroce
Il non averti qui al mio fianco
Ti prego
Non riesco così
Ho bisogno di te
Del tuo buongiorno
Della tua buonanotte
Ho bisogno delle tue carezze
Dei tuoi schiaffi
Ho bisogno delle tue risate
Ho bisogno dei tuoi occhi con quel tuo sguardo che mi innamora
Ho bisogno tutto di te
Le coccole nel letto
Le passeggiate all'aperto
Ti supplico amore mio
Ritorna da me
Ti supplico
Ritorna a vivere questa vita insieme
Progettata per anni
Torniamo a decidere dove vivere
Come arredare la casa
Torniamo a scegliere il nome per nostro figlio
Rivoglio tutto questo....
Mi manchi amore mio
Torna da me💛...
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