#stati d’animo
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Mia figlia, come tanti ragazzi non ha vissuto un facile 2023: tutte le tensioni e le ansie del post COVID, e covate negli ultimi mesi del 2022, sono esplose agli inizi di quest’anno mostrandola e rendendola fragile, vacillando nel vivere e dovendo richiedere aiuto e sostegno psicologico e purtroppo farmacologico.
Ha lottato tanto, é caduta e si è rialzata e sembra finalmente, con non poca fatica, essere uscita dal tunnel. Si è fidanzata, ha ripreso gli studi, si è trovata un lavoro part-time. Passi enormi, da gigante, per chi vacillava e veniva divorata da attacchi di panico.
Ma non è un caso che usi la parola “sembra”. So bene, per mia esperienza, che il processo di “guarigione” è lungo, molto lungo e laborioso. Ed i facili entusiasmi possono portare a ricadute, perché ancora non si è saldi sulle proprie gambe. Io la osservo, quel poco tempo che è qui con me, la ascolto, cerco di leggere i piccoli grandi segnali che le sue espressioni e il suo fisico fanno trasparire. E, come stasera, la rivedo esposta, particolarmente fragile, camminare su un filo di confine molto labile. E tremo, in silenzio ma tremo, per il suo stato, per la sua possibile ricaduta e per l’allontanarsi del momento in cui potremmo dire con certezza “finalmente ne sei fuori”
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Amici miei, non smarrite il cuore.
Noi siamo stati fatti per questi tempi. Ultimamente ho sentito che molti sono profondamente confusi, e con ragione.
Sono preoccupati per le vicende del nostro mondo di oggi. Sono tempi, i nostri, di stupori quotidiani e di rabbia spesso giustificata per il degrado ultimo di ciò che maggiormente sta a cuore alle persone civili e idealiste.
Avete ragione nelle vostre valutazioni. Il prestigio e la presunzione alle quali alcuni si sono ispirati nell’approvare atti efferati contro bambini, vecchi, la gente semplice, i poveri, gli indifesi, i bisognosi, toglie il fiato. Nonostante ciò, vi sollecito, vi chiedo, vi domando per favore di non inaridire lo spirito piangendo questi tempi difficili.
Non perdete la speranza, perché siamo stati fatti per questi tempi. Sì. Per anni abbiamo imparato, praticato, ci siamo allenati proprio in attesa d’incontrarci esattamente sul campo di questo impegno.
… Guardate oltre la prua, ci sono milioni di barche di anime virtuose con voi in acqua. Anche se la vostra superficie è sferzata da ogni onda in questa tempestosa agitazione, vi assicuro che le lunghe assi di legno che compongono il vostro scafo provengono da una foresta più grande. È risaputo che il legno ben venato tiene testa alle tempeste, resiste, regge e avanza nonostante tutto.
In ogni periodo buio c’è la tendenza a perdersi d’animo per quanto è sbagliato o non guarito nel mondo. Non focalizzatevi su questo.
C’è anche la tendenza a indebolirsi indugiando su ciò che è fuori dalla propria portata, su ciò che non può ancora esserci. Non focalizzatevi lì. Questo è mancare il vento e non alzare le vele.
Noi siamo necessari,
ecco tutto quello che possiamo sapere ora.
Il nostro compito è quello di prodigarci per migliorare la parte del mondo nel nostro raggio d’azione. Ogni piccola e pacifica cosa che un’anima può fare per aiutare un’altra anima, per assistere una parte di questo povero mondo sofferente, sarà d’immenso aiuto.
Ciò di cui c’è bisogno per un cambiamento sostanziale è una miriade di azioni, aggiungendo, aggiungendo ancora, aggiungendo di più, in continuazione. Sappiamo che non tocca a "tutti sulla Terra" portare giustizia e pace, ma solamente a un piccolo e determinato gruppo che non si arrenderà alla prima, alla seconda, o alla centesima raffica di vento.
E una delle azioni più rasserenanti e potenti che potete fare per intervenire in un mondo in tempesta è stare in piedi e mostrare la vostra anima. Un’anima sul ponte nei momenti bui risplende come l’oro. La luce dell’anima lancia scintille, emette bagliori, fa segnali di fuoco, attizza ciò che è appropriato.
Spero che scriverete questo sulla vostra parete:
"Una grande nave ormeggiata nel porto
è indubbiamente al sicuro.
Ma non è per questo che le grandi navi
sono state costruite"
- Clarissa Pinkola Estés
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"La malinconia non saprei davvero come collocarla nella famiglia degli stati d’animo. Somiglia alla tristezza ma più raffinata ed elegante.
E' timida celandosi dietro un accenno di sorriso. Cammina fiera, petto in fuori ma sbircia alle sue spalle sperando di essere seguita dal ricordo.
La riconosci all’istante nello sguardo di chi hai di fronte perché ti trapassa.
La maliconia non è per tutti.
E' un fregio complesso per gli animi semplici".
Michelangelo Da Pisa
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Un po di Poesia
...
Ti amo in in modo inspiegabile.
In modo inconfessabile.
In modo contraddittorio.
Ti amo.
Con i miei stati d’animo che sono tanti.
E mutano di umore continuamente.
Per quello che già sai, il tempo, la vita, la morte.
Ti amo.
Con il mondo che non capisco,
con la gente la gente che non capisce,
con l’ambivalenza della mia anima,
con l’incoerenza delle mie azioni,
con la fatalità del destino,
con la cospirazione del desiderio,
con l’ambiguità dei fatti.
Anche quando ti dico che non ti amo
ti amo,
persino quando ti tradisco, non ti tradisco
nel profondo, porto avanti un piano,
per amarti di più.
Ti amo.
Senza riflettere, incoscientemente,
irresponsabilmente, spontaneamente,
involontariamente, per istinto,
per impulso, irrazionalmente.
In effetti non ho argomenti logici,
nemmeno improvvisati
per fondare questo amore che sento per te,
che sorse misteriosamente dal nulla,
che no ha risolto magicamente nulla,
e che miracolosamente, poco a poco, con poco e niente
ha migliorato il peggio di me.
Ti amo,
ti amo con un corpo che non pensa,
con un cuore che non ragiona,
con una testa che non coordina.
Ti amo,
incomprensibilmente,
senza chiedermi perché ti amo,
senza importarmi perché ti amo,
senza pormi dei dubbi sul perché ti amo.
Ti amo.
Semplicemente perché ti amo,
io stesso non so perché ti amo.
Pablo Neruda
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Sono infastidito dalla mia incapacità di controllare i miei stati d’animo.
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Stati d’animo e continenti d’ansia.
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Il sesso perde ogni potere quando diventa esplicito, meccanico, ripetuto, quando diventa un’ossessione meccanicistica... Diventa una noia. Non prospera nella monotonia. Senza sentimento.. invenzioni.. stati d’animo.. non ci sono sorprese a letto. Deve essere annaffiato di lacrime.. di risate.. di parole.. di promesse.. di scenate di gelosia.. di tutte le spezie della paura.. di sogni.. di fantasia.. di musica.. di danza.. di vino... Solo il battito unito del sesso e del cuore può creare l’estasi...
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Lasciati cadere, impara a osservare i serpenti. Pianta giardini impossibili. Invita qualcuno di pericoloso a bere un tè. Fai piccoli segnali che dicono di “sì” e diffondili ovunque. Diventa amico della libertà e dell’incertezza. Rallegrati di sognare. Piangi al cinema. Vai più in alto che puoi su un’altalena, al chiaro di luna. Coltiva stati d’animo diversi. Rifiutati di sentirti “responsabile”, fallo per amore. Fai un sacco di pisolini. Regala soldi. Fallo ora. I soldi ritorneranno. Credi nella magia. Ridi molto. Fai bagni al chiaro di luna. Fai sogni selvaggi, sogni fantasiosi. Dipingi sui muri. Leggi ogni giorno. Immagina di essere incantato. Ridi insieme ai bambini. Ascolta i vecchi. Apriti. Immergiti. Sii libero. Loda te stesso. Lascia andare la paura. Gioca con tutto. Preserva il bambino che è in te. Sii innocente. Costruisci un castello di coperte. Bagnati. Abbraccia gli alberi. Scrivi lettere d’amore.
-Joseph Beuys-
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momento di riflessione su quanto esprimano determinati quadri e l’arte in se come rappresentazione sentimentale/psicologica/emotiva. vero e proprio mezzo di comunicazione per emozioni e stati d’animo.
ogni dipinto mi innesca una serie di dialoghi introspettivi dove in un modo o nell’altro mi domando cosa il pittore avrebbe voluto esprimere e ci sono sempre diverse opinioni contrastanti. capita che un quadro mi esprima gioia e dolore, e mi chiedo che sensazione lui debba aver avuto dentro dipingendo. anche se in fondo, dell’arte (di qualsiasi forma) è bella proprio la consapevolezza che ad ogni persona susciti una cosa diversa.
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Stati d’animo su pelle.
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Se non puoi farci niente
lascia andare.
Non essere prigioniero
delle cose
che non puoi cambiare.
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Mai...assolutamente mai, giudicare un disagio. A volte mi sento perduta... inquieta? Bene... devo accogliere questi stati d’animo... stanno svolgendo una funzione. Sono come la bava del baco che prima fa il bozzolo e poi diventa farfalla
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Coco Chanel è rimasta orfana molto presto nella vita. Se pensiamo alla certezza dell’amore materno prima e paterno dopo come a delle ali che ci permettono il volo, potremmo dire che Coco è certamente il simbolo di un miracolo. Coco prima di essere Chanel, come dice il titolo di un film sulla sua vita, è stata una donna di servizio, una soubrette, e poi una sarta. Cosa quindi le ha permesso di volare e diventare chi desiderava essere? Potremmo fare molte ipotesi e nessuna ci potrebbe convincere fino in fondo. Quello che è certo è che Coco, come disse lei stessa, ha avuto la forza d’animo di accettare la sua realtà, la realtà di essere nata senza qualcosa, e proprio in virtù di questa accettazione ha saputo sfruttare ogni occasione che la vita le dava per costruire le ali di cui aveva bisogno. E questo è possibile proprio quando accettiamo di non essere stati amati senza scadere nel vittimismo, senza farlo diventare un alibi. Le ali germogliano dalle nostre scapole, quando iniziamo a credere fortemente che le nostre origini, né il nostro passato siano motivi validi per continuare a vivere nel disamore. Coco ha potuto diventare Chanel perché ha saputo amarsi fidandosi dell’unico timone che aveva per orientarsi. Il bene per sé stessa.
Gloria Volpato
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OLGA DE AMARAL
Fino alla fine di marzo, chi si trovasse a Parigi, non può mancare una raffinata esposizione che per comodità chiameremo di texil art, ma che è francamente qualcosa di più: si tratta della mostra sull’opera di Olga de Amaral, ospitata alla “Fondation Cartier pour l’art contemporaine”. In realtà, l’artista colombiana sembra occuparsi più di sentimenti e di stati dell’anima che di tessuti o, piuttosto, il tessuto e i materiali in generale sono solo un pretesto, anzi un “pre/testo”, per occuparsi di sensazioni, umori, stati d’animo, pulsazioni, illuminazioni. C’è chi lo ha fatto attravero la scultura, chi attraverso la pittura o l’architettura e chi attraverso la materia, soprattutto la materia tessile. Benché Olga de Amaral sia parecchio conosciuta, è assai raro vedere sue opere esposte in Europa e quindi questa va considerata un’occasione piuttosto ghiotta e interessante. “Mentre costruisco superfici, creo spazi di meditazione, contemplazione e riflessione. Ogni piccola unità che forma la superficie non è solo significativa in sé, ma è anche profondamente risonante del tutto. Allo stesso modo, il tutto è profondamente risonante di ogni singolo elemento”, queste le parole con cui la de Amaral descrive la sua poetica. Se fossimo in campo semiologico, potremmo azzardarci a dire che l’artista è creatrice di grandi “patterns” visivi che non sono formati da singoli materiali, ma da materiali interagenti tra loro o, addirittura, anche da opere o interi ambienti interagenti tra loro (e quello che è esposto alla Fondation Cartier ne è la lampante testimonianza). Dagli anni Sessanta l’artista colombiana lavora sui materiali tradizionali e sugli ambienti della sua terra natale, che ispirano le due serie di opere le Estelas (Stelle) e le Brumas (Nebbia), in particolare gli altipiani della cordigliera andina, le valli e le vaste pianure tropicali che vengono qui evocate in forme e toni. Dagli anni Settanta, l’artista adotta la tecnica giapponese del kintsugi, ovvero l’utilizzo dell’oro per riparare un’oggetto evidenziandone la faglia. La tecnica, acquisita dalla frequentazione con la ceramista Lucei Rie, le permetteva di donare al tessuto quell’effetto di iridescenza tipico dell’oro e ben presto, la sua produzione amplia i suoi orizzonti, anche oltre il Sudamerica. Da un punto di vista tecnico la grande novità è l’abbattimento dell’idea di lavoro tessile come intreccio di trama e di ordito, concentrandosi sul solo ordito, lasciato fluttuare liberamente e rendendolo creatore di mondi: alchimie, cestini lunari, immagini perdute, tessuti cerimoniali, scritti, foreste, fiumi, montagne, lune e soli, quadrati, ombre e stele, un mondo segnico e allusivo molto complesso, benché assolutamente intellegibile attraverso le nostre singole sensibilità. Senza adottare un ordine strettamente cronologico, la mostra mette in luce i diversi periodi che hanno caratterizzato la sua carriera artistica: dalle sue prime esplorazioni formali (uso della griglia, colori) alle sue sperimentazioni (con materiali e scala), così come le influenze che hanno nutrito il suo lavoro (arte costruttivista, artigianato latinoamericano, era precolombiana). Magnifico lo spazio espositivo, progettato dall'architetto franco-libanese Lina Ghotmeh che si è immersa nelle fonti di ispirazione della de Amaral: al piano terra dell'edificio di Jean Nouvel, circondato dal giardino di Lothar Baumgarten, è stato creato un ambiente di gigantesche pietre di ardesia che mette in collegamento l'interno, l'esterno e le opere, come se fossero incastonate in un paesaggio pietroso e accidentato. Mostra di rara e discreta bellezza, in un luogo sempre di indiscutibile fascino.
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In questi giorni si sono alternati tutti gli stati d’animo che la mia stanca testa possa immaginare
Ma c’è stato un solo momento di grazia, uno solo. Quella fase mistica dove il benessere scende dal cielo e si impossessa della tua vita di merda
Tu eri li davanti a me, guardavi la scorza d’arancia dentro il tuo aperitivo e sicuramente pensavi al nulla assoluto.
Io ero invasa da quella prima volta che ti ho visto ed ho pensato “che bello” e tutta la tua bellezza mi ha pervasa.
Ecco, io vorrei vivere solo lì, nella tua bellezza e niente altro… e infine morire di bellezza che tanto con la minchia rotta dove posso andare?
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